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MEMBRANE BOLOGICHE

Le membrane definiscono i confini esterni delle cellule e regolano il traffico delle


molecole attraverso questi confini; nelle cellule eucariote esse dividono lo spazio
interno in compartimenti discreti, segregando al loro interno componenti e processi
specifici.
Le membrane organizzano complesse sequenze di reazioni e hanno una funzione
determinante sia nella conservazione dell’energia biologica, sia nella comunicazione
tra cellule.
Le attività biologiche delle membrane dipendono dalle loro notevoli proprietà fisiche.
Infatti, le membrane sono:
● resistenti ma flessibili;
● autosigillanti;
● selettivamente permeabili a soluti polari.

La loro flessibilità consente le modificazioni nella forma della cellula che hanno
luogo durante la crescita e il movimento. Poichè le membrane sono selettivamente
permeabili, esse consentono di mantenere alcuni composti o ioni all’interno della
cellula o all’interno di specifici compartimenti e di escluderne altri. Le membrane
non sono soltanto barriere passive, esse contengono una serie di proteine
specializzate che promuovono o catalizzano un gran numero di processi cellulari.
Nelle cellule eucariotiche possiedono una struttura membranosa molte componenti,
come la membrana cellulare, il reticolo endoplasmatico, gli apparati di Golgi, la
membrana nucleare, oltre a diversi organuli, quali i mitocondri, i cloroplasti, i
centrioli, i lisosomi, i vacuoli ed i perossisomi.

COMPOSIZIONE E ARCHITETTURA DELLE MEMBRANE

Per comprendere la funzione delle membrane è necessario conoscere la loro


composizione, per esempio determinare quali componenti sono comuni a tutte le
membrane e quali invece sono tipici di membrane con funzioni specifiche.

Ogni tipo di membrana ha una composizione in lipidi e proteine caratteristica. Il


rapporto tra la concentrazione proteica e quella lipidica è in genere di circa 1:1, ma in
alcune situazioni si discosta da questo valore in maniera significativa; in alcune
situazioni è più alto il contenuto proteico, in altre quello lipidico, come indicato nella
tabella sottostante.

Fig 1: Composizione chimica percentuale di alcune membrane di cellule eucariotiche


Proteine Lipidi Glucidi
Membrana plasmatica di 49 43 8
eritrociti umani

Membrana plasmatica di 44 52 4
fegato di topo

Membrana plasmatica di 54 42 4
ameba

Membrana interna 76 24 0
mitocondriale

Membrana mielinica 18 79 3

La dimensione delle molecole proteiche è nettamente superiore a quella delle


molecole lipidiche; ne consegue che, a parità di concentrazione, il numero delle
proteine è inferiore a quello dei lipidi. In genere il rapporto tra il numero delle
proteine e quello dei lipidi è di circa 1/50.

I LIPIDI DI MEMBRANA

Le membrane cellulari contengono diversi tipi di lipidi come:

Glicerofosfolipidi: sono i più abbondanti e sono formati da: glicerolo – acidi grassi –
gruppo fosfato.

In questi lipidi di membrana i due acidi grassi sono legati con legame estere al primo
e al secondo atomo di carbonio del glicerolo, mentre un gruppo molto polare, o
carico, è legato tramite un legame fosfodiestere al terzo atomo di carbonio.

I fosfogliceridi prendono il nome dal composto precursore, l’acido fosfatidico, che


non è presente nelle membrane e, a seconda della natura del gruppo alcolico della
testa polare. Per esempio, la fosfatidilcolina (lecitine) e la fosfatidiletanolammina
(cefaline) contengono la colina e l’etanolammina come teste polari. In tutti questi
composti la testa polare è unita al glicerolo tramite un legame fosfodiestere (o
fosfoesterico), in cui il gruppo fosforico ha una carica negativa a pH neutro.

I gruppi legati al fosfato sono idrofili ed insieme al fosfato ed al glicerolo, formano la


testa idrofila del fosfolipide. In genere, i fosfogliceridi contengono un acido grasso
saturo a 16 o 18 atomi di carbonio in posizione C-1 e un acido grasso insaturo a 18 o
a 20 atomi di carbonio in C-2.
La fluidità di fosfolipidi dipende dalla lunghezza delle catene idrocarboniose e dal
numero dei doppi legami. Minore è la lunghezza delle catene carboniose o più alto è
il numero dei legami insaturi, più i fosfolipidi sono fluidi.

Fig 2: Struttura di un generico fosfolipide.


Sfingolipidi: sono molecole anfipatiche come i glicerofosfolipidi (o
fosfoacilgliceroli), rispetto ai quali sono meno abbondanti. Sono formati da:
sfingosina – acidi grassi – gruppo fosfato (sfingofosfolipidi) oppure sfingosina –
acidi grassi – zucchero (glicosfingolipidi).

Nella categoria degli sfingofosfolipidi sono importanti le sfingomieline che


costituiscono le guaine mieliniche delle fibre nervose.

Fig 3: Sfingomielina contenente fosfocolina e fosfoetanolammina

Nella categoria dei glicosfingolipidi sono importanti i cerebrosidi, che possiedono


uno zucchero semplice e i gangliosidi, che contengono uno oligosaccaride.

Fig 4: Glucocerebroside e galattocerebroside.


Fig 5: Il ganglioside GM2.

Colesterolo: è formato da 4 anelli ed una coda idrocarboniosa apolare. E’ presente


nelle membrane delle cellule animali. Nelle cellule vegetali sono presenti i fitosteroli
le cui strutture molecolari sono molto simili a quelle del colesterolo. Il colesterolo
possiede dimensioni inferiori a quelle di altri lipidi. E’ una molecola
prevalentemente idrofobica meno abbondante rispetto ai fosfolipidi, ma la sua
presenza fa aumentare la fluidità del doppio strato fosfolipidico, oltre a
diminuire la permeabilità delle membrane.

Fig 6: struttura del colesterolo

La fluidità della membrana cellulare dipende da diversi fattori come:

● la lunghezza degli acidi grassi;


● il grado di insaturazione degli acidi grassi presenti nei fosfolipidi;
● le caratteristiche della testa polare;
● la concentrazione di colesterolo.

LE PROTEINE DI MEMBRANA

Le proteine di membrana hanno caratteristiche diverse a seconda se sono localizzate


sul versante extracellulare o sul versante citoplasmatico. In base al modo in cui le
proteine sono associate alla membrana plasmatica si possono distinguere tre tipi di
proteine:

● proteine integrali;
● proteine periferiche;
● proteine ancorate covalentemente ai lipidi.

Proteine integrali: sono strettamente associate al doppio strato lipidico e possono


essere rimosse solo mediante un trattamento con agenti che interferiscono con le
interazioni idrofobiche, come detergenti, solventi organici o composti denaturanti.
L’associazione molto forte delle proteine integrali con le membrane dipende da
interazioni idrofobiche tra i lipidi di membrana e i domini idrofobici delle proteine. In
alcune proteine vi è una sola sequenza idrofobica al centro della proteina, oppure
nella regione amminoterminale o carbossiterminale; altre proteine di membrana
hanno diverse sequenze idrofobiche, ognuna abbastanza lunga da attraversare il
doppio strato lipidico quando è nella conformazione ad α-elica.

Fig 7: Proteine integrali di membrana: Nei tipi I e II la proteina ha una sola elica transmembrana; il dominio N-
terminale è all’esterno della cellula nel tipo I e all’interno nel tipo II. Nel tipo III le eliche transmembrana sono
numerose, ma fanno parte tutte della stessa catena polipeptidica. Nel tipo IV i domini transmembrana di diverse catene
polipeptidiche si uniscono per formare un canale che attraversa la membrana. Nel tipo V le proteine sono legate
covalentemente ai lipidi che le ancorano al doppio strato. Nel tipo VI le proteine hanno sia eliche transmembrana sia
ancore lipidiche.

La presenza di sequenze non interrotte di più 20 residui idrofobici in una proteina di


membrana è in genere considerata una prova del fatto che quella sequenza attraversa
il doppio strato lipidico, agendo come un’ancora idrofobica o creando canali
transmembrana.
Una sequenza ad α-elica di 20-25 residui è sufficientemente lunga per attraversare lo
spessore di un doppio strato lipidico (30 Å). Poichè una catena polipeptidica
circondata da lipidi non ha molecole di acqua con cui formare legami a idrogeno,
tenderà a ripiegarsi in conformazioni ad α-elica o a foglietto-β, in cui i legami a
idrogeno intercatena sono più numerosi. Se le catene laterali di tutti gli amminoacidi
di un’α-elica sono non polari, le interazioni idrofobiche che si instaurano con i lipidi
circostanti stabilizzano ulteriormente la struttura a elica.
Non tutte le proteine integrali di membrana sono composte da α-eliche
transmembrana. Un altro motivo strutturale ricorrente nelle proteine di membrana dei
batteri è la struttura a barile β, in cui i 20 o più segmenti transmembrana si
dispongono in modo da formare foglietti β che rivestono un cilindro. Lo stesso fattore
che favorisce la formazione di eliche nell’interno idrofobico di un doppio strato
lipidico stabilizza anche il barile β.

Fig 8: dominio misto: Tin barrel formato da 8 filamenti β paralleli connessi ad altrettante α eliche.

Proteine periferiche: sono localizzate nella superficie esterna della membrana o


nella parte rivolta verso il citoplasma. Sono legate alle membrane con interazioni
elettrostatiche deboli e legami a idrogeno che coinvolgono i domini idrofili delle
proteine e le teste idrofile del doppio strato fosfolipidico. Le proteine periferiche di
membrana possono essere estratte dalla membrana con blandi trattamenti, come
quelli che rompono i legami ad idrogeno, senza alterare il doppio strato fosfolipidico.
Possono essere solubilizzate estraendole con soluzioni saline. Svolgono importanti
funzioni; alcune di esse formano una fitta rete che agisce da supporto meccanico per
l’ancoraggio delle proteine integrali, altre fungono da enzimi, da rivestimenti
specializzati o da trasmettitori di segnale.

Proteine ancorate covalentemente ai lipidi: alcune proteine di membrana sono


ancorate covalentemente a uno o più lipidi di tipo diverso: acidi grassi a catena lunga,
isoprenoidi o derivati glicosilati del fosfatidilinositolo (GPI). Questi lipidi si
comportano da ancore idrofobiche che si inseriscono nel doppio strato lipidico e
mantengono la proteina esposta sulla superficie di membrana. La forza di interazione
tra il doppio strato lipidico e una singola catena idrocarburica legata ad una proteina
sarebbe di per sè sufficiente per l’ancoraggio, tuttavia molte proteine hanno più di un
lipide legato. Nella membrana plasmatica le proteine ancorate a GPI sono presenti
soltanto sulla faccia esterna e talvolta si trovano raggruppate in regioni specifiche.
Altri tipi di proteine ancorate per mezzo di lipidi (con gruppi farnesilici o
geranilgeranilici) si trovano esclusivamente sulla faccia interna. L’attacco di lipidi
specifici su una membrana neosintetizzata ha quindi una funzione di “bersaglio”,
poichè dirige la proteina verso la sua corretta posizione sulla membrana.
Aggregati lipidici

I glicerofosfolipidi, gli sfingolipidi e gli steroli sono praticamente insolubili in acqua.


Quando vengono dispersi in acqua raggruppano le parti idrofobiche tenendole a
contatto le une con le altre, mentre le teste polari idrofiliche invece si dispongono
sulla superficie per interagire con il solvente acquoso. Le interazioni idrofobiche tra
le molecole dei lipidi forniscono la forza termodinamica trainante per la formazione e
la stabilizzazione di questi raggruppamenti. A seconda della natura chimica dei lipidi,
i lipidi anfipatici possono formare tre tipi di aggregati.

Le micelle sono strutture sferiche che contengono da una decina a qualche centinaio
di molecole disposte con le regioni idrofobiche raggruppate all’interno della sfera e
quindi non a contatto con l’acqua, e con le teste polari idrofiliche esposte sulla
superficie, a contatto con l’acqua.

Un secondo aggregato lipidico è il doppio strato, in cui i due monostrati (foglietti)


formano un foglio bidimensionale. In ogni monostrato le parti idrofobiche escluse
dall’acqua interagiscono le une con le altre. Le teste polari idrofiliche sono a contatto
con l’acqua su entrambe le superfici del doppio strato. Poichè il doppio strato ha
comunque i margini esposti all’acqua, questa struttura risulta instabile e forma
spontaneamente un terzo tipo di aggregato lipidico; si ripiega su se stessa generando
una sfera, detta vescicola o liposoma. Con la formazione della vescicola, il doppio
strato non ha più margini idrofobici esposti e acquista la massima stabilità in
ambiente acquso.
Fig 9: Caratteristiche del fosfolipide a formare micelle a), doppi strati b) e vescicole o liposomi c).

Asimmetria della membrana

Le superfici esterna ed interna della membrana plasmatica attuano processi


biochimici diversi; tutto questo è reso possibile dalla diversa organizzazione delle
componenti proteiche e lipidiche e dalle diverse proprietà chimico-fisiche delle due
superfici. Si può affermare che la membrana plasmatica presenta una marcata
asimmetria; in particolare, per quanto riguarda i fosfolipidi, nello strato esterno
della membrana prevale la fosfatidilcolina, mentre in quello interno vi è una
maggiore concentrazione di fosfatidilserina, fosfatidiletanolammina e
fosfatidilinositolo.

La fosfatidilserina possiede una carica netta negativa che produce un gradiente


elettrico negativo sulla superficie interna della membrana plasmatica; compare sulla
superficie esterna dei linfociti, soltanto durante il loro invecchiamento. Si ritiene che
la presenza della fosfatidilserina sulla superficie esterna di questi elementi cellulari,
rappresenti un segnale che porta la cellula alla distruzione mediante morte
programmata. La comparsa della fosfatidilserina sulla superficie membranale esterna
delle piastrine costituisce, invece, un segnale che attiva la coagulazione.

Il fosfatidilinositolo possiede anch’esso una carica netta negativa. Benchè sia


contenuto in concentrazioni molto modeste, svolge un ruolo particolarmente
importante nella genesi del segnale intracellulare.

I glicolipidi si trovano esclusivamente sulla superficie esterna, dove fungono da


recettori per le molecole-segnale extracellulari.

Modello a mosaico fluido

Le membrane sono impermeabili alla maggior patre dei soluti carichi o polari, ma
sono permeabili ai composti non polari; hanno uno spessore che varia da 5 a 8 nm e
quando si osserva una loro sezione trasversale al microscopio elettronico appaiono
trilamellari. Sulla base di dati sperimentali ottenuti al microscopio elettronico, di
studi sulla composizione chimica e di studi fisici sulla permeabilità e sugli
spostamenti di singole molecole proteiche o lipidiche all’interno della membrana, si è
arrivati alla formulazione del modello a mosaico fluido per la struttura delle
membrane biologiche. I fosfolipidi formano un doppio strato in cui le regioni non
polari dei lipidi sono disposte all’interno della struttura e le teste polari guardano
invece verso l’esterno, interagendo con la fase acquosa su entrambi i lati. Le proteine
sono immerse in questo foglietto lipidico a doppio strato a intervalli irregolari e sono
mantenute nella posizione corretta da interazioni idrofobiche tra i lipidi di membrana
e i domini idrofobici delle proteine. Alcune proteine sporgono solo da un lato o
dall’altro della membrana; altre hanno domini esposti su entrambi i lati del foglietto
lipidico. Le subuniàt proteiche e lipidiche presenti in una membrana formano un
mosaico fluido che quindi è libero di modificarsi continuamente. La fluidità del
mosaico di membrana è dato dal fatto che le interazioni tra i suoi componenti sono
non covalentim, cioè deboli.

Fig 10: Modello a mosaico fluido di una membrana biologica che mostra il doppio strato lipidico e le proteine di
membrana disposte sia sulla superficie interna che su quella esterna, attraversando l’intero spessore della membrana.
Le funzioni della membrana cellulare

In tutti gli organismi eucarioti e procarioti la membrana plasmatica ha il ruolo di


delimitare fisicamente le strutture cellulari dall’ambiente esterno e di regolare gli
scambi della cellula in entrata ed in uscita; tuttavia, le funzioni della membrana
plasmatica sono ben più complesse e si differenziano in modo sostanziale tra
procarioti ed eucarioti. Negli organismi procariotici, la membrana plasmatica attua
quei processi che nella cellula eucariota sono propri degli organuli membranosi,
quindi la respirazione cellulare, la fotosintesi, la sintesi della parete, la replicazione
del DNA, il movimento. Negli eucarioti pluricellulari, oltre al ruolo strutturale e di
regolazione degli scambi, la membrana plasmatica stabilisce complesse connessioni
fisiche e chimiche con le cellule circostanti partecipando alla coordinazione di tutte le
attività proprie dell’organsimo. Tra le funzioni della membrana plasmatica eucariota
si ricordano:

● funzione di trasporto: in quanto possiede complessi molecolari che


consentono il passaggio di sostanze specifiche, assicurando così l’apporto di un
gran numero di molecole necessarie allo svolgimento delle attività cellulari;
● trasduzione del segnale: per la presenza di complessi molecolari in grado di
legarsi in modo specifico con molecole segnale extracellulari (adrenalina,
insulina, ecc) e di avviare i processi che inducono lo sviluppo di meccanismi
biochimici intracellulari;
● funzione enzimatica: la membrana cellulare contiene un elevato numero di
enzimi, alcuni dei quali sono coinvolti nella produzione di messaggeri
intracellulari (AMP ciclico e adenilociclasi);
● adesione intracellulare: in quanto le proteine membranali di cellule adiacenti
possono legarsi tra di esse per formare strutture di giunzione;
● riconoscimento: molte molecole glicoproteiche contenute nella membrana
agiscono da segnale di identificazione per altre cellule deputate a questa
funzione. Sono come “impronte digitali” poste sulle superfici cellulari di un
organismo. Sono essenziali per riconoscere gli antigeni ed impedire che siano
prodotti danni da parte del sistema immunitario;
● connessione tra il citoscheletro e la matrice extracellulare (MEC): nelle
cellule animali microfilamenti ed altre componenti del citoscheletro sono
legate alla MEC attraverso le proteine di membrana. La MEC influenza
conformazione e movimenti cellulari;
● altre funzioni: esocitosi (secrezione), endocitosi (ingestione di sostanze
esterne, virus ecc.).

IL PASSAGGIO DEI SOLUTI ATTRAVERSO LA MEMBRANA


La membrana plasmatica è una barriera selettiva compresa tra il citosol e
l’ambiente extracellulare in grado di regolare il passaggio dei soluti in modo
molto efficace. Sono poche le molecole che possono superare per diffusione la
membrana plasmatica. Le componenti lipoproteiche della membrana (in
particolare il doppio strato lipidico) costituiscono una barriera praticamente
insormontabile per tutte le molecole idrofile. Il passaggio delle molecole
idrosolubili e degli ioni è possibile solo per la presenza di proteine di trasporto
(carriers) specifiche e di canali ionici.

Diffusione semplice

E’ un meccanismo che permette il passaggio di un soluto tra due comparti separati da


una membrana ad esso permeabile. Se tra i due comparti è presente una diversa
concentrazione del soluto, si stabilisce un flusso del soluto dal compartimento a più
alta concentrazione a quello a più bassa concentrazione. La diffusione si arresta
quando il soluto raggiunge la medesima concentrazione nei due comparti. In
questo meccanismo non sono impiegate proteine
trasportatrici (carriers) e non è richiesto alcun dispendio
energetico (∆G°<0).
Per oltrepassare la membrana mediante diffusione, le molecole devono superare
l’idrofobicità del doppio strato lipidico. Le sole molecole che hanno questa capacità
sono quelle apolari e quelle polari non cariche di piccole dimensioni. Il doppio strato
fosfolipidico permette la diffusione dell’acqua e dei gas (come O 2, CO, CO2 e N2), di
piccole molecole polari senza carica (come urea e glicerolo), di molecole idrofobiche
(come benzene e steroidi).

La velocità di diffusione delle molecole attraverso la componente fosfolipidica della


membrana plasmatica dipende da diversi fattori; in particolare è influenzata dal
gradiente di concentrazione che si stabilisce tra i compartimenti intra- ed
extracellulari, oltre che dalle dimensioni e dai caratteri idrofobici della molecola.

Si ritiene che il passaggio delle molecole attraverso la membrana cellulare avvenga


negli spazi tra le catene degli acidi grassi del doppio strato fosfolipidico. La
formazione di questi spazi è favorita in particolare dalla presenza di legami insaturi
nelle catene degli acidi grassi, che tendono a ripiegarne le molecole. I segmenti degli
acidi grassi posti in vicinanza delle teste idrofile, sono più rigidi ed offrono una
maggiore resistenza alla diffusione delle molecole idrofobe. I segmenti degli acidi
grassi più lontani dalle teste idrofile, in cui si localizzano i doppi legami, sono più
mobili ed offrono una minore resistenza alla diffusione delle molecole.

I meccanismi di trasporto

I composti polari più grandi del glicerolo non possono passare per diffusione
attraverso il doppio strato fosfolipidico apolare. Pertanto, il passaggio di molte
molecole idrofile attraverso la membrana avviene mediante proteine integrali di
membrana (permeasi o carriers).

Si riconoscono due tipi di trasporto mediato da permeasi: la diffusione facilitata (o


trasporto passivo), che avviene secondo gradiente, quindi senza dispendio
energetico; il trasporto attivo, che avviene contro gradiente, quindi con dispendio
energetico.

Fig 11: Meccanismi di trasporto attraverso la membrana

In base alle varietà delle molecole ed ai meccanismi impiegati, i sistemi di trasporto


possono essere suddivisi in uniporto, simporto ed antiporto. Nell’uniporto
attraverso la membrana plasmatica si ha il trasporto di un solo soluto. Nel simporto e
nell’antiporto si ha il trasporto di due soluti; nel primo caso il trasporto dei due soluti
avviene nella stessa direzione, mentre nell’antiporto avviene in direzioni opposte.

Fig 12: Classificazione dei sistemi di trasporto in relazione al numero ed alla direzione del trasporto dei substrati.
Diffusione facilitata

E’ un processo favorevole dal punto di vista termodinamico,


quindi è esoergonico (∆G°<0). La diffusione facilitata è definita anche
trasporto passivo.

Consente il passaggio attraverso la membrana di molecole idrosolubili secondo il


gradiente di concentrazione e, nel caso di molecole elettricamente cariche, secondo il
gradiente elettrico. Termina quando la concentrazione della sostanza o dello ione è la
medesima sui due lati della membrana. A differenza di quanto avviene nella
diffusione semplice, la diffusione facilitata è resa possibile dalla presenza di
meccanismi di trasporto che abbassano l’energia necessaria per il passaggio
attraverso il doppio strato fosfolipidico idrofobico. La diffusione facilitata si basa
sulla presenza di permeasi o trasportatori e canali ionici selettivi. Qualsiasi
permeasi o canale ionico è selettivo, poichè permette il passaggio di specifici ioni o
molecole.

Fig 13: Diffusione semplice e diffusione facilitata confrontate in relazione all’energia di attivazione. Nella diffusione
facilitata l’energia di attivazione appare nettamente inferiore.

Permeasi o trasportatori: permettono il trasporto di piccole e medie molecole


idrofile, come monosaccaridi, amminoacidi e nucleotidi, all’interno della cellula.
Sono proteine transmembranali che riducono l’energia di attivazione necessaria al
trasporto di uno specifico soluto idrofilo. Il meccanismo di trasporto prevede un
iniziale legame tra il trasportatore ed il soluto deidratato mediante la formazione di
interazioni non covalenti che sostituiscono i legami ad idrogeno persi nella
deidratazione, quindi la formazione di un passaggio idrofilo attraverso la membrana. I
trasportatori di molecole o ioni legano i loro substrati con stereospecificità,
catalizzano il trasporto a velocità inferiori rispetto a quella della diffusione semplice e
sono saturabili come gli enzimi: vi è una certa concentrazione di substrato al di sopra
della quale ulteriori aumenti non producono un aumeno della velocità di trasporto.

Canali ionici: si differenziano dalle permeasi in quanto:

● presentano una specificità per uno ione, ma non sono saturabili, quindi la
velocità di flusso degli ioni tende ad un massimo;
● possiedono una maggiore velocità di flusso rispetto a quella prodotta dai
trasportatori;
● possono essere aperti o chiusi sulla base di eventi cellulari .

Esistono tre tipi di canali ionici: a controllo di voltaggio, a controllo di ligando


ed a controllo meccanico. Sono formati da proteine integrali che circondano un
poro acquoso. L’apertura o la chiusura dei diversi tipi di canali ionici è mediata
rispettivamente:

● da variazioni della carica tra i due versanti della membrana plasmatica;


● da ligandi (neurotrasmettitori);
● da variazioni meccaniche (pressione).

Alcuni esempi di canali ionici sono il canale per il K+ è costituito da quattro subunità
identiche che attraversano la membrana e danno origine ad un poro a forma di cono
circondato da una struttura proteica anch’essa a forma di cono, con la base posta sulla
faccia extracellulare della membrana. Ogni subunità ha due α eliche transmembrana e
una terza elica, più corta delle altre, che contribuisce a formare la regione del poro.

Dalla struttura del canale si possono comprendere la sua specificità ionica e l’alta
velocità del passaggio di ioni al suo interno. Sulla superficie interna ed esterna della
membrana plasmatica i punti di ingresso al canale contengono alcune catene laterali
di residui cariche negativamente; queste probabilmente servono ad aumentare la
concentrazione locale di cationi. A circa due terzi del percorso, nella regione del filtro
di selettività, il canale si restringe, forzando lo ione a lasciare le sue molecole di
acqua di idratazione. Questa interazione favorevole con il filtro non è possibile per lo
ione Na+, che ha dimensioni troppo piccole.

Fig 14: Struttura del canale per il K+.

Un altro canale ionico ben caratterizzato è il recettore nicotinico dell’acetilcolina,


che svolge un ruolo primario nel passaggio dei segnali elettrici dai neuroni motori
alle fibre muscolari, attraverso le giunzioni neuromuscolari (che segnalano al
muscolo che deve contrarsi).

L’acetilcolina rilasciata da un neurone motorio percorre uno spazio di pochi


micrometri fino a raggiungere la membrana plasmatica di un miocita, dove si lega al
suo recettore. Questo legame determina una modificazione conformazionale del
recettore, che causa l’apertura del canale ionico intrinseco al recettore stesso. Il
movimento risultante di cariche positive verso l’interno della cellula depolarizza la
membrana plasmatica innescando la contrazione. Il recettore dell’acetilcolina
consente il passaggio agli ioni Na+, Ca2+ e K+ con la stessa facilità, invece altri
cationi o anioni non sono in grado di attraversare il canale.

Questo recettore è il prototipo di molti altri canali ionici che producono o


rispondono a segnali elettrici: ha un “cancello” che si apre in risposta alla
stimolazione da parte di una molecola segnale (in questo caso l’acetilcolina) e un
meccanismo a tempo intrinseco che chiude di nuovo il cancello in un tempo
brevissimo.

Trasporto attivo

Nel trasporto passivo la specie trasportata si sposta sempre secondo gradiente e non si
ha accumulo oltre la concentrazione di equilibrio. Il trasporto attivo, al contrario,
accumula il soluto su un lato della membrana oltre il punto di equilibrio. Il trasporto
attivo è termodinamicamente sfavorito (endoergonico) e si verifica soltanto se è
accoppiato (direttamente o indirettamente) a un processo esoergonico, come
l’assorbimento della luce solare, una reazione di ossidazione, la scissione di ATP
oppure il flusso concomitante di un’altra specie nella direzione del suo
gradiente. Le membrane cellulari, a causa della porzione idrocarburica centrale, si
caratterizzano per un’alta resistenza elettrica, che impedisce agli ioni di attraversarla.
Questo fatto genera una diversa distribuzione delle cariche elettriche, dentro e fuori la
cellula, e ciò si traduce in una differenza di potenziale, nota come potenziale di
membrana, che ha numerose e importanti implicazioni sulla funzionalità cellulare
quali, le attività di nervi e muscoli.

Nel trasporto attivo primario l’accumulo del soluto è accoppiato direttamente ad


una reazione esoergonica, come la conversione di ATP in ADP + Pi.

In questo tipo di trasporto le proteine, che trasportano i soluti contro gradiente


elettrochimico, utlizzano, come detto, l’energia prodotta dall’idrolisi dell’ATP. I
trasportatori con attività ATPasica sono denominati ABC transporter; intervengono
nel trasporto attraverso le membrane endo ed extracellulari di numerose sostanze,
come farmaci, prodotti metabolici, lipidi e steroli. Il legame dell’ATP con la proteina
di trasporto ne causa la modificazione conformazionale che permette il trasferimento
dello specifico soluto.

La famiglia delle ATPasi di tipo P comprende trasportatori attivi di cationi, che


vengono reversibilimente fosforilati dall’ATP. La fosforilazione induce una
variazione conformazionale, essenziale per il meccanismo di trasporto dei cationi
attraverso la membrana.

Le ATPasi di tipo P sono ampiamente rappresentate negli eucarioti, ma anche nei


batteri.

● L’ATPasi Na+ K+ delle cellule degli animali (un antiporto per gli ioni sodio e
potassio).
● L’ATPasi H+ della membrana plasmatica delle piante e dei funghi
determinano il potenziale elettrochimico transmembrana nelle cellule,
generando gradienti ionici tra le due facce della membrana plasmatica.
● Nei tessuti animali, la pompa ATPasi per il calcio del reticolo
endoplasmatico e sarcoplasmatico (SERCA)
● La pompa Ca2+-ATPasi della membrana plasmatica sono uniporti per gli ioni
Ca2+ che mantengono il livello citosolico del calcio al di sotto di 1μM.

Fig 15: Struttura generale delle ATPasi di tipo P. Sono presenti tre domini citoplasmatici (A, N, e P) e due
dominitransmembrana (T ed S) costituiti da molte eliche. Il dominio N (nucleotide) lega l’ATP e il Mg ++e possiede
un’attività protein chinasica che fosforila il residuo di Asp specifico che si trova nel dominio P (fosforilato) di tutte le
ATPasi di tipo P. Il dominio A (attuatorio) ha un’attività di proteina fosfatasi che rimuove il gruppo fosforico dal
residuo Asp a ogni ciclo catalitico della pompa. Un dominio di trasporto con sei eliche transmembrana (T) comprende
la struttura di trasporto dello ione, mentre quattro ulteriori eliche transmembrana formano il dominio di trasporto, ma
può svolgere anche altri tipi di funzioni specializzate in alcuni tipi di ATPasi di tipo P.

Le ATPasi di tipo P hanno strutture e meccanismi di azione molto simili. Il


meccanismo ipotizzato per le ATPasi di tipo P comporta una considerevole
variazione conformazionale e la fosforilazione – defosforilazione di un residuo di
aspartato del dominio P a ogni ciclo catalitico.

Nelle pompe SERCA, ad ogni ciclo catalitico si trasferiscono due ioni Ca 2+ attraverso
la membrana e si converte un ATP in ADP e P i. L’ATP ha due ruoli in questo
meccanismo, uno catalitico e uno di modulazione. La funzione del legame e del
trasferimento del gruppo fosforico all’enzima è quella di indurre l’interconversione di
due conformazioni (E1 ed E2) del trasportatore. Nella conformazione E1 i due siti per
il legame del Ca2+ sono esposti verso il lato citosolico dell’ER o del reticolo
sarcoplasmatico e legano il calcio con grande affinità. Il legame dell’ATP e la
fosforilazione dell’aspartato provocano una variazione conformazionale di E 1 in E2,
in cui i siti di legame del calcio sono esposti verso il lato luminale della membrana e
la loro affinità per il calcio viene fortemente ridotta, provocando il rilascio del Ca 2+
nel lume.

Fig 16: Probabile meccanismo della pompa SERCA

Pompa Sodio e Potassio

La pompa sodio – potassio è uno dei meccanismi più noti di trasporto attivo, in
cui lo ione Na+ è spinto fuori dalla cellula, mentre lo ione K + è pompato al suo
interno. Dal momento che i due ioni sono veicolati in direzioni opposte, la pompa
forma un antiporto. La pompa è tanto efficace che la concentrazione intracellulare di
K+ è superiore di oltre dieci volte rispetto a quella esterna.
Ione Concentrazione Concentrazione
intracellulare (mM) extracellulare (mM)
Sodio 5-15 145
Potassio 150 4
Cloro 5-15 110
Calcio 10-4 2,5-5

L’enzima che permette lo scambio di questi ioni tra la cellula e l’ambiente circostante
è detto Na+ K+ ATPasi. Tale proteina di membrana è formata da due subunità e
fa parte della classe delle pompe i cui peptidi sono fosforilati durante il
trasporto.

L’Na+ K+ ATPasi accoppia le reazioni di fosforilazione – defosforilazione di un


residuo essenziale di Asp al trasporto simultaneo di entrambi gli ioni Na + e K+ contro
il loro gradiente elettrochimico. Per ogni molecola di ATP trasformata in ADP e
Pi, il trasportatore trasferisce attraverso la membrana due ioni K + all’interno e
tre ioni Na+ all’esterno. Il cotrasporto è quindi elettrogenico, poichè crea una netta
separazione di cariche attraverso la membrana. Negli animali, questo produce un
potenziale di membrana compreso tra -50 e -70 mV (negativo all’interno rispetto
all’esterno), caratteristico di quasi tutte le cellule ed essenziale per la conduzione del
potenziale d’azione nei neuroni.

Il processo inizia con il legame di tre ioni Na + intracellulari con tre siti specifici ad
alta affinità del carrier rivolto verso l’interno; questo legame causa la fosforilazione
da parte dell’ATP della pompa e ne modifica la conformazione, per cui i siti di
legame per il Na+ sono spinti all’esterno della membrana. Questa conformazione del
carrier ha una ridotta affinità per gli ioni Na+ che, in seguito, sono liberati
nell’ambiente extracellulare.

Mentre i tre ioni Na+ sono liberati all’esterno, due ioni K+ si legano con due siti
specifici presenti sul carrier rivolto verso l’ambiente extracellulare; questo comporta
la defosforilazione del carrier che riacquista la conformazione originale che consente
il rilascio degli ioni K+ all’interno della cellula. La pompa Na+ K+ produce una
differenza di potenziale tra l’ambiente intra ed extracellulare (pari a 50 – 70 mV).
Riassumendo: quando tre ioni Na+ si legano con la porzione del carrier rivolta sulla
superficie interna si ha l’idrolisi dell’ATP e la fosforilazione del carrier stesso. Il
carrier cambia la sua conformazione libera all’esterno della cellula i tre ioni Na +. A
questo punto due ioni K+ si legano con il carrier causandone la defosforilazione. La
perdita del fosfato cambia la conformazione del carrier che ritornando nella
situazione originaria. I due ioni K+ sono liberati nel citosol. Il processo è
schematizzabile in questo modo:

ATP + EnzimaI → ADP + P-EnzimaII (3Na+ ↑ extracellulare)

P-EnzimaII → EnzimaI + Pi (2 K+ ↓ intracellulare)

Fig 17: Schema della pompa sodio e potassio. Quando tre ioni Na+ si legano con la porzione del carrier rivolta sulla
superficie interna (1), si ha l’idrolisi dell’ATP e la fosforilazione del carrier stesso (2). Il carrier cambia la sua
conformazione che sposta all’esterno della cellula tre ioni Na+ (3). A questo punto due ioni K+ si legano con il carrier
(4) causandone la deformazione (5), che cambia la conformazione del carrier e sposta all’interno due ioni K + (6).

Il trasporto attivo secondario avviene quando il trasporto endoergonico (contro


gradiente) di un soluto è accoppiato ad un flusso esoergonico (nella direzione del
gradiente) di un soluto diverso.
Nel trasporto attivo secondario, oltre al carrier della sostanza specificatamente
trasportata, è richiesta una pompa ionica che, idrolizzando ATP, accumula uno ione
in direzione contraria, quindi all’esterno della membrana. Nella pompa ionica sono
coinvoli ioni trainanti (driver), in genere Na + o H+. L’energia liberata dal flusso di
rientro del driver (secondo gradiente) permette il trasporto di una seconda sostanza
contro gradiente di concentrazione. Il flusso nella stessa direzione è prodotto da
carriers che riconoscono i due composti coinvolti.

Fig 18: Trasporto attivo primario e secondario.

Acquaporine

Le acquaporine sono una famiglia di proteine integrali di membrana che permettono


il passaggio dell’acqua attraverso le membrane plasmatiche. Le acquaporine sono
state trovate in tutti gli organismi e generalmente sono presenti molti geni ceh
codificano proteine simili ma non identiche alle acquaporine. Gli eritrociti, la cui
forma cambia rapidamente in risposta a brusche variazioni dell’osmolarità
extracellulare, quando il sangue attraversa la midollare renale, hanno numerosissime
acquaporine nella loro membrana plasmatica. Le acquaporine non consentono il
passaggio di protoni (ioni idronio, H3O+) che potrebbero annullare i potenziali
elettrochimici transmembrana. Una carica positiva di un residuo di arginina altamente
conservato a livello di una strozzatura nel canale impedisce il passaggio di cationi,
come lo ione idronio H3O+).
Osmosi

Come visto in precedenza solo le sostanze che si sciolgono nei lipidi possono
attraversare le membrane cellulari; l’acqua costituisce un’importante eccezione a
questa regola. Infatti, essa, pur non essendo liposolubile, può attraversare facilmente
la maggior parte delle membrane biologiche.

La diffusione dell’acqua attraverso una membrana a permeabilità selettiva viene


detta osmosi.

L’osmosi è il flusso spontaneo di acqua che si ha da una soluzione più diluita verso
quella più concentrata fino al raggiungimento dell’equilibrio. Quando l’acqua passa
per osmosi attraverso una membrana cellulare genera una pressione, detta pressione
osmotica, che in alcuni casi può essere tanto forte da far scoppiare la cellula. Questo
è dovuto al fatto che il citoplasma di una cellula tipica è una soluzione ricca di sali,
zuccheri e altre sostanze. Pertanto, quando una cellula viene a contatto con una
soluzione più diluita rispetto a quella del suo citoplasma, cioè una soluzione
isotonica, si verifica il rapido passaggio di acqua dalla soluzione esterna verso
l’interno della cellula. Se questo processo non viene in qualche modo controllato la
cellula continua a gonfiarsi fino a scoppiare. Quando una cellula, invece, viene a
contatto con una soluzione più concentrata rispetto al suo citoplasma (soluzione
ipertonica) si ha la fuoriuscita di acqua dalla cellula verso la soluzione esterna. La
cellula si raggrinzisce e, se il processo continua, si può arrivare al suo collasso. Se
una cellula viene posta in una soluzione che ha la stessa concentrazione del suo
citoplasma (soluzione isotonica) l’acqua entra ed esce dalla cellula in uguale misura
e quindi non si osserva un trasporto netto di acqua.

Endocitosi

L’endocitosi è un processo mediante il quale materiali extracellulari vengono


introdotti all’interno della cellula in modo massivo. Richiede un elevato consumo
energetico, ma permette l’assunzione in tempi rapidi di notevoli quantità di materiali
non altrimenti utilizzabile. Compende meccanismi con i quali vengono assunte grosse
particelle solide (fagocitosi) e di liquidi o macromolecole (pinocitosi).
La fagocitosi viene innescata quando i recettori di membrana si legano con le
componenti superficiali di una particella esterna alla cellula. Consiste nell’emissione
di prolungamenti citoplasmatici, denominati pseudopodi che circondano il materiale e
lo racchiudono in una vescicola, rivestita da membrana denominata fagosoma.

La finalità di questo processo varia notevolmente dal tipo cellulare coinvolto. Negli
organismi unicellulari svolge un ruolo nutrizionale in quanto mediante la fagocitosi
vengono internalizzate particelle che forniscono materia ed energia, come batteri,
alghe e lieviti. Negli organismi pluricellulari più complessi ha il compito di eliminare
gli elementi cellulari invecchiati o alterati e di costituire un’efficace difesa nei
confronti di agenti microbici esterni. E’ presente solo nei fagociti (macrofagi e
microfagi).

La pinocitosi, a differenza della fagocitosi, è attuata solo da tipi cellulari specializzati,


ed è molto comune tra le cellule eucariote. Comprende diversi processi tra i quali più
conosciuto è l’endocitosi mediata da recettori. Con questo processo vengono
acquisite macromolecole in modo selettivo. Per essere internalizzate le
macromolecole vengono inizialmente legate a recettori cellulari posti in regioni
specifiche della membrana denominate fossette rivestite da clatrina. In seguito queste
fossette si introflettono per formare piccole vescicole contenenti i recettori e le
macromolecole ad essi legate (ligandi). Infine, le vescicole rivestite da clatrina si
fondono con endosomi precoci che poi confluiscono nei lisosomi.

Un modello di riferimento per la comprensione dell’endocitosi mediata da recettori è


rappresentata dall’assorbimento del colesterolo da parte delle cellule dei mammiferi.
Il colesterolo è trasportato nel circolo sanguigno mediante particelle lipoproteiche
come le HDL e le LDL. E’ stato dimostrato che l’assorbimento delle LDL da parte
delle cellule, richiede il legame delle LDL con specifici recettori di superficie
cellulare rivestite di clatrina. Quando le LDL si legano agli specificie recettori di
membrana, sono internalizzate mediante endocitosi. La comprensione di questo tipo
di meccanismo è stata possibile esaminando pazienti con malattia ereditaria
denominata ipercolesterolemia familiare. Questa patologia si manifesta con alti livelli
di colesterolo nel sangue e con la tendenza a sviluppare malattie cardiache in età
giovanile. E’ stato dimostrato che la causa dell’ipercolesterolemia è dovuta alla
alterazione dei recettori per le LDL che impediscono l’assorbimento del colesterolo.
Vi sono due tipi di alterazioni: una è di tipo strutturale, in quanto è in relazione alla
mancanza di recettori per le LDL; l’altra è di tipo funzionale in quanto sulle superfici
cellulari dei pazienti vi sono i recettori, ma vi è l’incapacità ad internalizzare le LDL.
Per estensione il termine lume viene altresì utilizzato per riferirsi al compartimento interno di
una cellula (lume cellulare) o di un singolo organulo (ad esempio il lume del reticolo endoplasmatico)[

Il reticolo sarcoplasmatico (RS) o reticolo sarcoplasmatico di Veratti è un sistema di tubuli, a


sviluppo prevalentemente longitudinale, delimitati da membrana, presente nel citoplasma che circonda
le miofibrille delle fibrocellule muscolari; corrisponde al reticolo endoplasmatico
liscio delle cellule eucariotiche, e ha la funzione di regolare la concentrazione degli ioni calcio (Ca2+)
attorno alle miofibrille.

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