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Scienze biologiche

Biologia
La biologia è la scienza che studia gli organismi viventi vegetali e animali, le loro caratteristiche, i
fenomeni e le relazioni che li riguardano, per comprendere i processi fisici e chimici alla base della
vita e individuarne le leggi universali. Come scienza autonoma rispetto alla medicina, la biologia si
definisce a partire dal XVII sec., grazie all’invenzione di microscopi sufficientemente potenti, e
compie i propri maggiori sviluppi dopo la scoperta del DNA a metà del XX sec.
Questi studi hanno individuato alcune caratteristiche condivise da tutti gli organismi definibili
viventi: complessa organizzazione interna, uso delle molecole organiche fondamentali (proteine,
carboidrati, lipidi, acidi nucleici) per compiti specifici, capacità di omeostasi (cioè di mantenersi a
condizioni costanti di temperatura, pH, pressione, concentrazione di acqua), risposta agli stimoli,
assunzione e trasformazione di energia, riproduzione, adattamento all’ambiente.

Le specializzazioni della biologia


La biologia è strettamente legata alla medicina alla quale ha trasferito discipline come l’anatomia, la
fisiologia, la patologia, l’epidemiologia, l’immunologia, l’istologia.
Altre discipline si sono praticamente staccate dalla biologia e, pur essendo di fatto sottodiscipline di
essa, ormai si devono considerare autonome:
• biochimica
• genetica
• micologia
• microbiologia
• paleontologia
• ecologia
• etologia
• botanica
• zoologia
• farmacologia.
Le prime sette discipline saranno trattate in questa sede, in quanto necessarie alla comprensione del
funzionamento della cellula (genetica e biochimica) o alla descrizione del comportamento degli
esseri viventi in relazione all’ambiente e ad altre forme di vita. Le ultime tre saranno trattate a parte
perché godono di una maggiore autonomia, soprattutto a livello culturale.
Infine, alcune discipline della biologia sono decisamente specialistiche, come l’aerobiologia (studio
delle particelle biologiche sospese nell’aria), la biologia sintetica (studio di funzioni biologiche non
esistenti in natura) ecc.
Biochimica
La biochimica studia le complesse reazioni chimiche che danno origine alla vita; la biologia, infatti,
non può fare a meno della chimica per studiare gli atomi, le molecole, i legami chimici e i vari
composti, organici e inorganici. La biochimica nasce verso la fine del Settecento quando se ne
stabilirono le basi grazie alle ricerche di Lavoisier e di Spallanzani sulla respirazione degli
organismi viventi.
Il progresso della conoscenza continuò nel XIX sec., ma grandi progressi furono fatti dalla metà del
XX sec. grazie soprattutto a scoperte tecnologiche (cromatografia, la diffrattometria a raggi X, la
spettroscopia NMR) che permisero di indagare molto approfonditamente le dinamiche molecolari.

Composti organici
Fondamentale per la biologia è in particolare la chimica del carbonio, che permette di studiare i
composti organici.
I glucidi (detti anche glicidi, zuccheri o carboidrati) sono composti di carbonio, idrogeno e
ossigeno e in base alla complessità chimica si distinguono in monosaccaridi, disaccaridi e
polisaccaridi: i monosaccaridi o zuccheri semplici sono molecole inscindibili (per esempio,
glucosio e fruttosio), i disaccaridi (per esempio, lattosio e saccarosio) derivano dall’unione di due
molecole di monosaccaridi tramite un ponte di ossigeno e i polisaccaridi (per esempio, glicogeno e
amido) derivano dall’unione di molte molecole di uno stesso monosaccaride.
I lipidi (anche grassi) sono composti diversi accomunati dalla caratteristica di essere insolubili in
acqua e solubili nei solventi organici (per esempio, il cloroformio). I lipidi semplici sono composti
solo da idrogeno, carbonio e ossigeno, quelli complessi anche da azoto, zolfo e fosforo. A seconda
della loro struttura essi si distinguono in trigliceridi (riserve di energia), fosfolipidi (costituenti della
membrana cellulare), cere e steroidi. I trigliceridi, in particolare, sono composti da glicerolo e acidi
grassi e sono liquidi se gli acidi grassi sono insaturi (con doppi legami di carbonio), solidi se gli
acidi grassi sono saturi (senza doppi legami di carbonio).
Le proteine (o protidi) sono macromolecole costituite da catene polipeptidiche, cioè formate da
molecole di amminoacidi unite da legami peptidici tra l’azoto di una e il carbonio dell’altra. Tra gli
amminoacidi presenti in natura sono 20 quelli che, combinandosi, formano tutte le proteine
esistenti. Esse sono fondamentali per tutti i processi vitali, in particolare per le funzioni cellulari e di
supporto meccanico.
Gli acidi nucleici sono macromolecole composte da combinazioni di nucleotidi, si trovano nel
nucleo delle cellule e sono fondamentali per la trasmissione dell’informazione genetica. Esistono
due acidi nucleici: il DNA (acido desossiribonucleico), i cui nucleotidi sono composti da zucchero
desossiribosio, acido fosforico e una base azotata (adenina, guanina, citosina o timina), e l’RNA
(acido ribonucleico), i cui nucleotidi sono composti da zucchero ribosio, acido fosforico e una base
azotata (adenina, guanina, citosina o uracile). L’RNA è formato da un singolo filamento di
nucleotidi e può essere di tre tipi: RNA messaggero, cioè un filamento di RNA complementare a uno
di DNA, di cui trascrive e trasporta le informazioni nel citoplasma, RNA di trasporto, cioè un
filamento nel citoplasma in cui alcune basi si appaiano (adenina-uracile, citosina-guanina) e che
trasporta gli amminoacidi per metterli nella sequenza indicata dalle informazioni del DNA per
costruire le proteine, e infine RNA ribosomiale, che forma i ribosomi, cioè le particelle sferiche
dove avviene la sintesi delle proteine.
Le vitamine sono sostanze di vario tipo indispensabili per molte funzioni vitali, prodotte dalle
piante, ma non dall’uomo, che quindi deve assumerle tramite l’alimentazione. Esse si distinguono in
idrosolubili (solubili in acqua) e liposolubili (solubili nei grassi), queste ultime sono tossiche se si
accumulano nel grasso corporeo. Molte vitamine hanno la funzione di coenzimi, cioè aiutano gli
enzimi a innescare le reazioni chimiche fondamentali per i processi vitali.

Reazioni e trasformazioni chimiche


Per garantire le funzioni vitali, all’interno delle cellule di tutti gli organismi viventi si svolgono
continuamente reazioni chimiche che mettono in relazione due o più atomi o molecole di una
sostanza (reagenti) per ottenerne un’altra (prodotto). Si ha una reazione di sintesi quando si
uniscono due o più reagenti per formare un unico prodotto, mentre si ha una reazione di
decomposizione quando si scompone un reagente per ottenerne gli elementi costituenti separati.
Tutte le reazioni chimiche generano scambi di energia, studiati dalla termodinamica, per la quale la
cellula si comporta come un sistema aperto, che scambia energia e materia con l’ambiente esterno.
Negli organismi viventi, infatti, le reazioni chimiche possono essere sia esoenergetiche sia
endoenergetiche: nel primo caso i reagenti hanno più energia dei prodotti, quindi la reazione può
avvenire spontaneamente senza bisogno di apporti dall’esterno e l’energia in eccesso viene dispersa
come calore; nel secondo caso invece i prodotti hanno più energia dei reagenti, quindi per ottenerli
è necessario l’apporto di energia dall’esterno. Le reazioni esoenergetiche perciò possono essere
usate per fornire energia per quelle endoenergetiche. Anche le reazioni spontanee, tuttavia, a causa
della temperatura corporea relativamente bassa, spesso hanno bisogno di un supporto per
realizzarsi, cioè di catalizzatori proteici (gli enzimi) che forniscano alle molecole reagenti la
velocità necessaria per urtarsi in maniera efficace e stabilire i legami chimici. Ogni enzima è
specifico per una reazione o per un gruppo di reazioni, perché ciascuno possiede una cavità, detta
sito attivo, che contiene gruppi chimici a cui si può legare solo una molecola o alcune molecole
specifiche.
L’insieme delle reazioni chimiche in un organismo vivente è detto metabolismo. Esso si divide in
catabolismo, la fase di demolizione delle sostanze assimilate, degradate in molecole semplici, e
anabolismo, la fase di sintesi di nuove sostanze. Vi è infine il metabolismo energetico, che produce
composti ricchi di energia per le funzioni della cellula, come l’ATP (adenosintrifosfato), una
molecola specializzata nel trasporto di energia dai siti dove è liberata dalle reazioni esoenergetiche a
quelli dove è necessaria per le reazioni endoenergetiche. L’ATP infatti è formato da adenosina e da
tre gruppi fosfato legati da molta energia, e con la fosforilazione può cedere uno di questi gruppi e
parte dell’energia a essi associata alle molecole che ne hanno bisogno per compiere una reazione
chimica. L’ATP viene poi riformato con l’energia prodotta dal catabolismo nella combustione degli
alimenti (reazione esoenergetica) e il ciclo ricomincia.
Le reazioni chimiche del metabolismo possono essere raggruppate in vie metaboliche, cioè
sequenze in cui i prodotti di una reazione fungono da reagenti per quella successiva. Questo avviene
per esempio nella fotosintesi, processo attraverso cui gli organismi autotrofi (in grado di produrre da
soli il proprio nutrimento) ricavano energia dal Sole, e nella glicolisi, processo attraverso cui
l’energia delle sostanze nutritive viene resa disponibile alle cellule.
La cellula
La cellula è l’unità strutturale di base di tutti gli organismi viventi. Una prima suddivisione basilare
distingue le cellule in eucarioti (tipiche di funghi, piante e animali) e procarioti (batteri): le prime
hanno un nucleo ben definito, che contiene il DNA racchiuso da una membrana, separato dal
citoplasma con i vari corpuscoli che svolgono le altre funzioni cellulari, mentre nelle seconde il
DNA è sparso nel citoplasma e non ci sono organuli specifici per le diverse funzioni cellulari. Negli
organismi unicellulari una singola cellula svolge tutte le funzioni necessarie alla vita, mentre in
quelli pluricellulari molte cellule diverse sono specializzate per le singole funzioni. Quando una
cellula si differenzia dalle altre per specializzarsi non può più cambiare e spesso perde alcune
strutture generali delle cellule per acquisirne altre specifiche della propria funzione. In un
organismo pluricellulare tutte le cellule adibite a una stessa funzione si uniscono a formare i tessuti,
i quali a loro volta si uniscono per costituire un organo; più organi costituiti dallo stesso tessuto
formano un sistema, mentre più organi costituiti da tessuti diversi formano un apparato, entrambi
deputati a funzioni più complesse. Fondamentale per la vita è la coordinazione tra le attività di tutte
queste strutture.
Sia le cellule eucarioti sia quelle procarioti presentano una membrana plasmatica, un involucro
che le delimita e ne regola i rapporti con l’esterno, formato da lipidi, proteine e carboidrati. I lipidi
che formano la membrana sono di tre tipi: i fosfolipidi si dispongono in una barriera a doppio strato,
il colesterolo garantisce a questo doppio strato stabilità, infine i glicolipidi si trovano sul lato
esterno della membrana e gestiscono i rapporti fra cellule.
Solo le cellule eucarioti, come si è visto, presentano invece il nucleo, che contiene il DNA e regola
tutte le attività cellulari. Esso è formato dalla membrana nucleare, che lo separa dal citoplasma e
regola il passaggio fra essi di grosse molecole quali proteine e RNA, dal plasma nucleare, la
materia liquida interna, e dalla cromatina, sostanza granulare composta da filamenti di DNA e
proteine, che addensandosi costituisce i cromosomi. Nel nucleo si trovano inoltre i nucleoli,
corpuscoli adibiti alla formazione dell’RNA ribosomiale.

La cellula – Fonte: SciencePrimer (National Center for Biotechnology Information)


Il citoplasma è costituito da organuli cellulari dispersi in una matrice fluida (citosol); nelle cellule
eucarioti esso contiene organuli preposti alle diverse funzioni cellulari, che in particolare nelle
cellule animali sono il reticolo endoplasmatico, l’apparato di Golgi, i mitocondri, i centrioli, i
ribosomi, i lisosomi, il citoscheletro, le ciglia e i flagelli.
Il reticolo endoplasmatico è una rete di tubi e canali adiacente alla membrana nucleare, e viene
detto ruvido quando presenta sulla superficie esterna i ribosomi e quindi svolge la sintesi delle
proteine, liscio quando ne è privo e svolge la sintesi dei lipidi.
I ribosomi, organuli preposti alla sintesi delle proteine, possono trovarsi sia legati al reticolo sia
liberi nel citoplasma, e sono formati da due subunità di RNA e proteine.
L’apparato di Golgi è un insieme di tubuli attraverso i quali materiali di vario tipo vengono
trasportati in altre zone della cellula o inseriti in vescicole ed espulsi.
Da questo apparato derivano i lisosomi, organuli dotati di enzimi con funzione digestiva o di riciclo
di componenti cellulari usurate o di altri organismi, come i batteri.
I mitocondri sono organuli tondeggianti che svolgono la respirazione cellulare, cioè demoliscono
tramite l’ossigeno le sostanze nutritive ricavate dagli alimenti (zuccheri e grassi) per ottenerne
energia sotto forma di ATP.
I centrioli sono strutture cilindriche formate da fasci di microtubuli che hanno la funzione di
garantire la corretta ripartizione dei cromosomi durante la divisione cellulare. Tutte queste
componenti del citoplasma sono inserite in una rete di fibre proteiche, il citoscheletro, che
costituisce l’intelaiatura interna della cellula regolandone il sostegno e il movimento.
Ciglia e flagelli, infine, sono protrusioni curve e mobili della membrana plasmatica, formate
anch’esse da tubuli, che permettono lo spostamento della cellula nell’ambiente circostante.
Le cellule vegetali possiedono alcune strutture specifiche in più rispetto a quelle animali: una
parete cellulare di sostegno esterna alla membrana plasmatica e particolari tipi di organuli, i
plastidi e i vacuoli. Questi ultimi sono cavità rivestite da membrana che possono contenere acqua,
sostanze nutritive o di secrezione. I plastidi invece si distinguono in base al colore in cloroplasti,
contenenti un pigmento verde, la clorofilla, che compie la fotosintesi, cromoplasti, contenenti
pigmenti arancioni come il carotene, che attirano gli insetti nei fiori per l’impollinazione, e
leucoplasti, bianchi perché privi di pigmenti, che trasformano il glucosio in amido da tenere di
riserva.

L'attività della cellula


La cellula necessita da un lato di introdurre sostanze da cui ricavare energia per le proprie funzioni e
dall’altro di eliminare gli scarti prodotti dall’espletamento di tali funzioni. La membrana plasmatica
regola questi passaggi, che possono avvenire senza consumo di energia (trasporto passivo) o con
dispendio di energia (trasporto attivo).
Il trasporto passivo è il movimento spontaneo di particelle dall’esterno all’interno della cellula
dovuto alla differenza di concentrazione, alta all’esterno e bassa all’interno, che genera energia
potenziale per lo spostamento. Quando poi la situazione si rovescia e la concentrazione diventa alta
all’interno e bassa all’esterno, la direzione di spostamento si inverte. Esistono tre tipi di trasporto
passivo: la diffusione semplice, che riguarda gas e molecole liposolubili che si spostano attraverso la
membrana finché la differenza di concentrazione tra l’interno e l’esterno non si annulla, la
diffusione facilitata, che riguarda ioni, amminoacidi e monosaccaridi che si spostano da un lato
all’altro della membrana legandosi a proteine dette appunto trasportatori, e l’osmosi, che riguarda il
passaggio dell’acqua attraverso pori presenti sulla membrana.
Il trasporto attivo invece è un movimento di particelle che richiede energia perché contrasta la
differenza di concentrazione, procedendo da zone a bassa concentrazione verso zone ad alta
concentrazione. Lo spostamento può riguardare sostanze di rifiuto dall’interno all’esterno e sostanze
nutritive dall’esterno all’interno. Questo tipo di trasporto viene svolto da proteine della membrana
che funzionano da pompa e utilizzano l’energia fornita dall’ATP per assumere la forma necessaria
di volta in volta per legarsi alle molecole da spostare in direzione contraria a quella spontanea.
Esistono anche due tipi di trasporto attivo specifici per materiali molto grandi: l’endocitosi, per cui
la cellula avvolge con la propria membrana la molecola da introdurre inglobandola in un lisosoma
che poi la demolisce, e l’esocitosi, l’espulsione di materiale dall’interno della cellula attraverso
l’inserimento in un vacuolo e la fuoriuscita di quest’ultimo dalla membrana.
Le cellule ricavano nutrimento attraverso le reazioni chimiche delle vie metaboliche. Le cellule
vegetali, in particolare, producono da sole il proprio nutrimento grazie alla fotosintesi clorofilliana,
cioè all’assorbimento di energia solare da utilizzare per produrre glucosio da acqua e anidride
carbonica. Nella fase luminosa della fotosintesi la luce solare fornisce l’energia per rompere le
molecole di acqua, liberando ossigeno, e per sintetizzare ATP, dal quale, nella fase oscura, si ricava
l’energia necessaria per ottenere glucosio dall’anidride carbonica e dall’acqua rimanente (ciclo di
Calvin). I legami del glucosio sono ricchi di energia chimica e sono la prima fonte di ATP, cioè di
energia per le attività cellulari; per questo gli organismi autotrofi come le piante lo ricavano dalla
fotosintesi, mentre gli eterotrofi, come l’uomo, incapaci di farlo, lo assumono tramite le sostanze
alimentari, ed entrambi ne liberano l’energia attraverso la glicolisi e la respirazione cellulare o la
fermentazione.
La glicolisi è la demolizione del glucosio che avviene nel citoplasma senza bisogno di ossigeno:
attraverso l’energia di 2 molecole di ATP il glucosio viene trasformato in acido piruvico e libera
energia per costruire 4 molecole nuove di ATP. Per demolire ulteriormente l’acido piruvico e
ricavare altra energia è necessario l’intervento dell’ossigeno nella respirazione cellulare.
Quest’ultima avviene nei mitocondri, dove prima l’acido piruvico si trasforma in acetil-CoA
(acetaldeide + coenzima A) che entra nel ciclo di Krebs, nel corso del quale viene ulteriormente
demolito producendo altro ATP. Infine, gli ioni idrogeno prodotti da tutta questa serie di reazioni
chimiche formano, sulle creste della membrana mitocondriale, un flusso di elettroni (catena di
trasporto degli elettroni) che fornisce energia per produrre altro ATP. In assenza di ossigeno la
respirazione cellulare viene sostituita dalla fermentazione, che permette di ricavare energia, anche
se in quantità minore, con reazioni anaerobiche (senza ossigeno). Un esempio è la fermentazione
lattica, che avviene nei muscoli quando uno sforzo troppo intenso causa insufficienza di ossigeno:
l’acido piruvico viene trasformato in acido lattico per produrre energia.
I meccanismi energetici del corpo umano. L’energia è prodotta dai processi rappresentati dalle
ellissi

Evoluzione dei viventi


La teoria dell’evoluzione è stata elaborata nella sua forma compiuta dai naturalisti Charles
Darwin e Alfred Russell Wallace nel XIX sec. ed è uno dei fondamenti della biologia. Il concetto
fondamentale di questa teoria è che la moltiplicazione degli organismi viventi non avviene in modo
indiscriminato, ma per il meccanismo della selezione naturale: poiché l’ambiente non permette una
crescita infinita, sia all’interno della singola specie sia nel confronto fra le specie tendono a
sopravvivere gli individui che sviluppano caratteristiche che li rendono più adatti all’ambiente in
cui vivono; per questo si osserva che nel corso del tempo le specie evolvono manifestando in
maniera casuale caratteristiche nuove, e fra queste le più adatte all’ambiente vengono trasmesse dai
genitori ai figli. Tutte le specie di organismi viventi perciò derivano da forme di vita preesistenti che
nel tempo hanno subito graduali variazioni per adattarsi all’ambiente e predominare, nella lotta per
l’esistenza, su altre specie che invece si sono estinte. L’estinzione può essere causata, oltre che dalla
competizione fra specie, anche da eventi catastrofici, dalla comparsa di nuovi predatori, dalla
distruzione di un habitat naturale, o dall’eccessiva specializzazione di una specie, che diventa così
incapace di adattarsi a eventuali mutamenti ambientali.
La teoria dell’evoluzione è suffragata dai fossili, che mostrano la variazione graduale di alcuni
organismi nel tempo, dalla presenza di strutture anatomiche simili in specie diverse che abitano lo
stesso ambiente (convergenza evolutiva), dalla presenza, in alcune specie, di strutture residuali di
una fase precedente dell’evoluzione (per esempio il coccige umano, residuo della coda tipica dei
Mammiferi), dalla somiglianza fra animali di specie diverse nella fase embrionale, dalla
distribuzione geografica specifica di molte specie, dalle modificazioni adattative delle specie
osservabili nel presente (per esempio in conseguenza dell’industrializzazione dell’ambiente). Infine
il fatto che il DNA sia alla base di tutte le forme di vita dimostra come esse abbiano un’origine
comune e si siano differenziate per progressive variazioni. L’avanzamento delle conoscenze
scientifiche in questo campo ha permesso di specificare, con lo sviluppo della genetica, che tali
variazioni e la loro ereditarietà avvengono nei geni, a causa delle loro mutazioni e ricombinazioni
casuali durante la riproduzione.
Le caratteristiche genetiche degli individui appartenenti a una popolazione, cioè a una stessa specie
nella stessa area, formano il pool genico di quella popolazione che presenta una certa frequenza e
una certa distribuzione dei geni. Esse possono cambiare a causa delle migrazioni, cioè degli
spostamenti di geni tra le diverse popolazioni di una specie, e a causa della deriva genetica, un
cambiamento della frequenza di un particolare gene o di un suo allele, dovuto a un evento casuale
come la drastica diminuzione del numero degli individui di una popolazione o l’isolamento di un
gruppo di una popolazione. La variabilità genica di una popolazione è infine determinata dalla
selezione naturale, infatti gli individui che possiedono le caratteristiche con maggiore valore
adattativo hanno più possibilità di sopravvivere e di riprodursi, quindi di generazione in generazione
aumenta progressivamente la frequenza di quei caratteri fra gli esemplari di quella popolazione.
Le variazioni che avvengono all’interno di una specie possono portare alcune popolazioni di essa a
sviluppare caratteristiche così diverse da quelle originarie da definire una nuova specie, con un
meccanismo che prende il nome di speciazione. Si ha speciazione quando i cambiamenti genetici in
una popolazione sono tali (divergenza) da rendere impossibile l’accoppiamento con il resto della
specie (isolamento riproduttivo). Questo può avvenire a causa di un isolamento geografico di due
popolazioni della stessa specie, della radiazione adattativa, cioè dell’insediamento di due
popolazioni di una specie in ambienti diversi, che richiedono caratteristiche adattative diverse,
oppure della poliploidia, cioè lo sviluppo in alcuni individui di una specie (può avvenire nelle
piante) di un numero di cromosomi superiore al normale, che rende possibile solo la riproduzione
asessuata.
La classificazione dei viventi
Gli organismi viventi sono suddivisi in due domini. I procarioti non hanno un sistema di
membrane endocellulari, in particolare un nucleo strutturato, al contrario delle cellule degli
eucarioti, l’altro dominio.
Ogni organismo vivente è descritto da sette categorie gerarchiche, delle quali ognuna comprende
tutte quelle inferiori: regno, phylum (per gli animali) o divisione (per le piante), classe, ordine,
famiglia, genere, specie. La nomenclatura scientifica di identificazione degli organismi tuttavia fa
riferimento solo al genere e alla specie, indicati con nomi latini.
La classificazione moderna individua cinque regni principali (due sono di controversa definizione),
valutati in base anche alla capacità (autotrofi) o no (eterotrofi) di sintetizzare le proprie molecole
organiche autonomamente, partendo da altre molecole organiche, per esempio l’anidride carbonica:
• Monere (procarioti unicellulari);
• Protisti (eucarioti unicellulari);
• Funghi (eucarioti eterotrofi, unicellulari o pluricellulari, individuati da alcune particolarità
strutturali e metaboliche);
• Piante (eucarioti pluricellulari autotrofi);
• Animali (eucarioti pluricellulari eterotrofi).
Da questi regni restano esclusi i virus, considerati una categoria a parte. I virus sono particelle prive
di una struttura cellulare, formate da un involucro proteico contenente RNA o DNA e da numerose
subunità proteiche. Essi possono moltiplicarsi solo all’interno della cellula che infettano, grazie alle
proteine del loro involucro che sono in grado di legarsi a molecole presenti sulla membrana delle
cellule: la cellula infettata assimila il materiale genetico del virus e lo riproduce insieme al proprio,
generando nuovi virus che la distruggono e poi infettano le cellule vicine
Le Monere sono i batteri, gli organismi più numerosi sulla Terra, dotati di un unico filamento di
DNA libero nel citoplasma e di una parete cellulare rigida che ricopre la membrana; alcuni
possiedono dei flagelli, per muoversi o attaccarsi alle superfici. La riproduzione dei batteri è
asessuata: avviene per divisione cellulare oppure per la germinazione delle spore, formazioni
protettive dotate di materiale genetico che si sviluppano nel batterio in condizioni sfavorevoli e una
volta trasportate in una situazione ambientale favorevole producono nuove cellule batteriche.
I Protisti si suddividono in autotrofi fotosintetici (le alghe unicellulari, acquatiche e assimilabili a
piante), eterotrofi o protozoi (organismi per lo più acquatici, per esempio le amebe, assimilabili a
prime forme di animali, che vivono come parassiti o in simbiosi con altri), e saprofiti (organismi
assimilabili ai funghi, che si nutrono per assorbimento).
La scienza che studia gli organismi microscopici (non visibili a occhio nudo) è la microbiologia.
I Funghi sono organismi eterotrofi che vivono in ambienti umidi e si nutrono per assorbimento di
sostanze in decomposizione dall’esterno attraverso la parete cellulare rigida che avvolge il loro
corpo filamentoso, detto micelio.
La scienza che studia i funghi è la micologia.
Le Piante sono organismi autotrofi e si distinguono in primitive o inferiori, cioè con struttura
indifferenziata, come le alghe, ed evolute o superiori, cioè con struttura differenziata in radici, fusto
e foglie. Le piante primitive si riproducono tramite spore come i batteri, le evolute invece tramite i
semi o il polline. Queste ultime si dividono ulteriormente in gimnosperme, prive di strutture di
protezione per il seme, e angiosperme, dotate di fiori e frutti a protezione del seme. Le alghe si
distinguono in rosse, brune e verdi, in base al tipo di pigmento che contengono associato alla
clorofilla, che determina la loro collocazione a diverse profondità con diversa sensibilità alla luce.
La scienza che studia le piante è la botanica.
Il regno degli Animali comprende una grande varietà di organismi che si sono differenziati nel
tempo sviluppando gradi sempre maggiori di complessità strutturale e organizzativa. Gli aspetti che
principalmente li distinguono tutti dalle piante sono l’eterotrofia, la riproduzione sessuale, la
mobilità e la mancanza di parete nelle cellule.
L’evoluzione degli Animali è avvenuta secondo una tendenza alla complessità, che si è manifestata
in particolare nell’organizzazione delle cellule (in tessuti, organi, apparati), nella disposizione
simmetrica degli organi, nella concentrazione degli organi di senso e nervosi a un’estremità (la
testa), nella predisposizione di una cavità interna separata per gli organi, nello sviluppo di strutture
di sostegno (l’endoscheletro, che permette di distinguere gli animali in vertebrati, che lo
possiedono, e invertebrati, che ne sono privi). Quindi gli animali più semplici sono più primitivi,
quelli più complessi sono più recenti.
La scienza che studia gli animali è la zoologia.

Ecologia
L’ecologia studia i complessi rapporti fra gli organismi e l’ambiente, definito dalle condizioni
chimico-fisiche da un lato e biologiche dall’altro. Questo insieme di condizioni sono i fattori
ecologici di un ambiente e influenzano la distribuzione, la riproduzione, i comportamenti di una
specie.
L’insieme di un ambiente e degli organismi che lo abitano è definito ecosistema. L’habitat è
l’ambiente fisico proprio di una specie all’interno di un ecosistema. L’equilibrio di un ecosistema si
basa sullo scambio di energia tra gli organismi e con l’ambiente fisico, con la produzione e il
consumo di materia organica e inorganica regolati dalla catena alimentare: essa indica una
successione in cui ciascun organismo si nutre di quello successivo ed è nutrimento per quello
precedente. In ogni catena alimentare si distinguono i produttori, cioè gli organismi autotrofi, come
le piante, in grado di produrre energia da sé e renderla disponibile al resto dell’ecosistema, i
consumatori (erbivori, carnivori che si nutrono di erbivori, carnivori che si nutrono di altri
carnivori), e i decompositori, organismi che si nutrono di altri organismi morti e li trasformano in
materia riutilizzabile nei processi vitali dell’ecosistema.
Ogni ecosistema può sostenere un numero massimo di individui che dipende dalle risorse
disponibili (capacità biologica), perciò esistono meccanismi di resistenza ambientale (variazioni
climatiche, interazioni fra popolazioni e fra specie) che si oppongono alla crescita costante ed
esponenziale del numero di individui per mantenere l’equilibrio demografico.
Le popolazioni di individui della stessa specie o di specie diverse all’interno di uno stesso
ecosistema instaurano relazioni di tre tipi principali: competizione per le risorse, per il territorio o
per il partner, predazione, cioè uccisione a scopo alimentare, e simbiosi, cioè associazione tra due
organismi di specie diverse, con vantaggi per entrambi o uno solo.
L’insieme di tutti gli ecosistemi della Terra costituisce la biosfera, che può essere suddivisa in
raggruppamenti di ecosistemi con caratteristiche fisico-climatiche omogenee, detti biomi. Essi si
distinguono in biomi terrestri (tundra, foreste, prateria e deserto) e biomi acquatici (marini e di
acqua dolce).
La biosfera possiede una capacità di autoregolazione che le permette di mantenere un equilibrio tra
l’energia consumata e quella apportata e prodotta, ma l’azione dell’uomo altera questo equilibrio e
non rispetta i tempi di risanamento, determinando la distruzione di molti habitat e la riduzione della
biodiversità (numero di specie diverse presenti in un ambiente), soprattutto con l’inquinamento.

Etologia
L’etologia è la scienza che studia il comportamento animale, cioè il modo in cui gli animali
rispondono agli stimoli interni ed esterni e si relazionano con l’ambiente. Esso è determinato
innanzitutto dalle caratteristiche di ogni specie, cioè dal tipo di strutture nervose e di organi di senso
con cui ogni specie percepisce e gestisce le informazioni interne ed esterne. Su questa base si
distinguono poi comportamenti innati, cioè geneticamente ereditari, e comportamenti appresi con
l’esperienza.
I comportamenti innati sono più significativi per le specie meno evolute e si manifestano in
quattro forme:
• cinesi (variazioni di velocità di un movimento in risposta a uno stimolo ambientale);
• tassia (avvicinamento o allontanamento rispetto alla fonte di uno stimolo);
• riflesso (movimento rapido e involontario di una sola parte del corpo);
• modulo di azione fissa (sequenza fissa di movimenti generata da uno stimolo determinato e
portata a termine anche in caso di cessazione dello stimolo chiave).
I comportamenti appresi con l’esperienza, invece, determinano l’acquisizione di un modo di
agire che in passato si è rivelato utile o efficace in risposta a un certo stimolo, e si manifesta in sei
forme:
• imprinting (apprendimento determinante per il riconoscimento della specie, che si verifica
durante i primi giorni di vita e riguarda un elemento visivo, olfattivo o acustico nei confronti
del quale l’animale sviluppa un attaccamento particolare e una reazione istintiva);
• condizionamento (classico, quando un comportamento viene messo in atto come risposta a
uno stimolo che gli viene associato ripetutamente, operante, quando un comportamento
viene ripetuto perché seguito da una ricompensa);
• apprendimento per prove ed errori (comportamento appreso per tentativi);
• assuefazione (graduale scomparsa della reazione a uno stimolo non vantaggioso né dannoso,
quindi ignorabile);
• intuito (capacità di agire in maniera immediata per risolvere una situazione basandosi su
esperienze precedenti);
• apprendimento per imitazione (acquisizione di un comportamento osservato in altri membri
della propria specie).
Il comportamento animale, come dimostrano per esempio l’imprinting e l’apprendimento per
imitazione, ha anche un aspetto sociale, poiché la maggior parte degli animali vive in comunità e
deve sviluppare capacità di comunicazione sociale. Quest’ultima è fondamentale per garantire la
sopravvivenza e l’organizzazione della comunità (difesa, divisione delle risorse, gerarchizzazione,
riproduzione) e presenta diverse modalità:
• comunicazione chimica (emissione di sostanze chimiche, come per esempio i ferormoni,
utilizzati per marcare il territorio o manifestare un comportamento sessuale);
• comunicazione visiva (movimenti, posizioni, decorazioni del corpo, espressioni facciali);
• comunicazione uditiva (emissione di suoni);
• comunicazione tattile (contatto fisico).

Genetica
La genetica studia i geni, l’ereditarietà e la variabilità genetica negli organismi viventi. I
meccanismi che regolano questi fenomeni furono spiegati nel XIX sec. da Gregor Mendel,
considerato il padre della genetica. Pur non avendo molte informazioni (come l’esistenza dei
cromosomi), Mendel intuì l’ereditarietà di alcune caratteristiche dell’individuo. La genetica
spiegherà successivamente che il genotipo di un individuo è dato dal suo corredo genetico, mentre i
vari genotipi possibili producono un effetto visibile attraverso il fenotipo. Sebbene il fenotipo sia
importante, l’aspetto complessivo di un soggetto è completato dall’interazione con l’ambiente. Per
questo motivo due gemelli identici, pur con lo stesso patrimonio genetico, possono avere diverse
personalità.
Già nel 1869 il chimico tedesco Miescher estrasse dalle cellule un materiale vischioso che chiamò
nucleina poiché proveniva dal nucleo cellulare. Nel 1944 l’americano Avery dimostrò che il DNA è
responsabile dell’ereditarietà. La struttura a doppia elica del DNA fu scoperta nel 1953 da Crick e
Watson che segnarono così una tappa fondamentale nella biologia.

I cromosomi
All’interno del nucleo della cellula si trovano i cromosomi, all’interno dei quali le proteine della
cromatina organizzano il DNA, avvolgendolo in strutture ordinate.
L’aploidia è la condizione in cui nelle cellule è presente un unico set cromosomico, cioè un solo
cromosoma per ogni tipo. Nelle cellule diploidi sono due i patrimoni genetici, ereditati solitamente
dal padre e dalla madre.
Nell’uomo i cromosomi sono 46, suddivisi in 23 coppie, ovvero 22 coppie di autosomi (cioè non
contenenti informazioni genetiche specifiche alla caratterizzazione sessuale dell’individuo) e una di
cromosomi sessuali (cromosomi X e Y). L’ultima coppia determina il nostro sesso, a seconda che
sia XX (femmine) o XY (maschi).

Il DNA
Il DNA è un polimero formato da due lunghe catene di monomeri detti nucleotidi, a forma di elica,
intrecciate nella cosiddetta doppia elica a spirale.
Ogni nucleotide è formato a sua volta da unità alternantisi in carboidrati e gruppi fosforici con una
base azotata unita a unità di carboidrato. Nel DNA il carboidrato è il desossiribosio; le quattro basi
azotate sono l’adenina (A), la guanina (G), la timina (T) e la citosina (C). Le quattro basi in una
catena di acido nucleico si uniscono alle quattro basi dell’altra al fine di permettere l’appaiamento
dell’adenina con la timina e della guanina con la citosina. Le due catene sono unite da legami
idrogeno formatisi tra le coppie di basi azotate. Le basi in sequenza sono le componenti del codice
genetico (tre miliardi circa di unità di base).

DNA – Fonte: National Human Genome Research Institute’s Talking Glossary


Il DNA è caratterizzato dalla capacità di replicarsi per trasmettersi alle cellule figlie durante la
divisione cellulare. La replicazione viene avviata dall’enzima DNA-elicasi, che spezza la doppia
elica di DNA separando le coppie di basi azotate, in modo che ciascun filamento possa costituire il
modello per un nuovo filamento complementare: l’enzima DNA-polimerasi lega alle basi rimaste
libere di ciascun filamento i nucleotidi complementari tratti dal citoplasma, formando due nuove
doppie eliche di DNA. Quando l’enzima DNA-polimerasi compie un errore nella replicazione
cambia la sequenza delle basi azotate e avviene una mutazione genetica.

I geni
Ogni gruppo di 3 nucleotidi del DNA (tripletta o codone) indica un determinato amminoacido, la
sequenza di triplette che codifica una proteina intera è detta gene. Il “significato” di ogni tripletta di
nucleotidi è uguale in tutti gli organismi viventi, per questo si dice che il codice genetico è
universale.
Il genoma è il corredo aploide dei cromosomi di una cellula, con i geni in essa contenuti. Il genoma
è stato studiato nell’ultimo decennio del XX sec. e la mappa del genoma umano è stata resa
pubblica nel 2001. Per chiarire il concetto di genoma si ricorre spesso all’analogia del libro.
Ogni cellula umana contiene in una zona specifica (il nucleo) un’intera libreria (il genoma) formata
da 23 coppie di libri (i cromosomi) divisi in capitoli (i geni) scritti in una lingua speciale (il DNA).
Ciascuna cellula dell’organismo contiene almeno una copia del genoma; nell’uomo l’unica
eccezione è rappresentata dai globuli rossi, che perdono il nucleo durante il loro sviluppo e perciò
sono privi di genoma.

La sintesi proteica
Il processo di creazione delle sequenze di amminoacidi indicate dal codice genetico viene detto
sintesi proteica; esso avviene nel citoplasma, dove le informazioni del DNA devono essere
trasportate dall’RNA. Innanzitutto quindi il DNA deve essere “trascritto”: la doppia elica di
nucleotidi si apre e un enzima, l’RNA-polimerasi, lega a uno dei due filamenti i nucleotidi liberi
complementari presenti nel citoplasma e forma l’RNA messaggero, che una volta terminata la
trascrizione si stacca e si sposta nel citoplasma. Qui esso si lega alla subunità minore di un
ribosoma per la traduzione: nella subunità maggiore l’RNA di trasporto conduce gli amminoacidi
indicati uno dopo l’altro dall’m-RNA, unendoli con il legame peptidico fino a formare una proteina
completa.

La riproduzione della cellula


Quando una cellula cresce, il suo volume aumenta fino a che la membrana plasmatica non ha più
una superficie sufficiente per il passaggio di tutte le sostanze nutritive necessarie, perciò la cellula
deve dividersi. La divisione di una cellula segna l’inizio di un nuovo ciclo cellulare e la fine di un
ciclo precedente. Negli organismi unicellulari la divisione coincide con la riproduzione della specie,
mentre in quelli pluricellulari essa è parte di un ciclo vitale più ampio determinato da numerose
divisioni cellulari, che hanno la funzione di far crescere l’organismo e di ripararne parti
danneggiate. In questi organismi solo l’attività e la divisione di cellule specifiche, le cellule
sessuali, hanno come scopo la riproduzione.
L’identità tra le due cellule figlie originate da una divisione è garantita dalla duplicazione del DNA;
esso durante la divisione passa dalla forma dispersa (cromatina) alla forma organizzata dei
cromosomi, corpi a due bracci (cromatidi) uniti da un centromero, che si trovano in ogni cellula
animale a coppie, in numero specifico per ogni specie (nell’uomo 23 coppie). La divisione cellulare
perciò è preceduta da una fase di duplicazione dei cromosomi, in modo che le cellule figlie ne
contengano sempre lo stesso numero della cellula madre.
La divisione cellulare avviene in due fasi: la divisione nucleare o mitosi e la divisione del
citoplasma o citodieresi. Nella mitosi ogni cromosoma si divide a metà e le due metà di ognuno
vengono spostate agli estremi opposti della cellula e poi separate dalla formazione di nuova
membrana nucleare, che delimita due nuovi nuclei, dove i cromosomi tornano allo stato di
cromatina. La citodieresi nelle cellule animali avviene tramite il restringimento della zona centrale
della cellula fino alla separazione delle due cellule figlie, mentre nelle cellule vegetali avviene
tramite la formazione di una placca cellulare al centro di esse.
Le cellule sessuali (gameti) invece contengono i cromosomi singoli, non a coppie, perciò ne hanno
la metà delle altre cellule, perché nella riproduzione sessuale il gamete maschile (spermatozoo) e
quello femminile (cellula uovo) si uniscono sommando i propri cromosomi; in questo modo la
cellula risultante dall’unione, lo zigote, avrà di nuovo il numero di coppie di cromosomi tipico della
specie. Il processo che dà origine ai gameti è la meiosi, durante la quale ogni coppia di cromosomi
di una normale cellula si separa, in modo che le due cellule figlie ricevano solo un cromosoma
ciascuna. Successivamente in ciascuna cellula figlia ogni cromosoma si divide ulteriormente in due
e si formano perciò altri due gameti. Il fatto che la separazione e la distribuzione dei cromosomi nei
gameti avvengano in modo casuale e indipendente è la causa della variabilità genetica degli
organismi che si riproducono per via sessuale, ognuno diverso dall’altro.

L'eredità genetica
I meccanismi di trasmissione dell’informazione genetica da una generazione all’altra vennero
studiati solo nella seconda metà dell’Ottocento grazie agli studi del biologo Mendel condotti
tramite esperimenti sulle piante di pisello. Queste ultime erano particolarmente adatte perché si
autoimpollinano, perciò non mescolano le proprie caratteristiche con quelle di altre piante, e perché
differiscono tra loro per alcuni caratteri che si presentano in due sole forme diverse, quindi con una
variabilità facilmente osservabile.
Mendel incrociò innanzitutto due piante di pisello che differivano per un solo carattere (generazione
P, pura perché non frutto di alcun incrocio), e ottenne una generazione filiale F1 (ibridi) formata da
piante tutte uguali, che presentavano il carattere di uno solo dei due genitori. Incrociando a loro
volta le piante figlie, Mendel ottenne invece una generazione filiale F2 formata per tre quarti da
piante con lo stesso carattere dei genitori, definito perciò dominante, e per un quarto da piante con
l’altro carattere della generazione P, che non si era manifestato in F1, definito perciò recessivo.
Da questi esperimenti Mendel dedusse che ogni carattere è determinato da una coppia di geni
ereditari, presenti nei cromosomi e trasmessi uno da ciascun genitore, in una forma (allele)
dominante oppure recessiva (che tende o meno a essere visibile nell’individuo). Ogni spermatozoo e
ogni cellula uovo possiedono solo un allele per ogni carattere, perciò la manifestazione di un
carattere dipende dalla combinazione casuale degli alleli a coppie con l’unione dei due gameti.
Grazie a queste conclusioni Mendel formulò le tre leggi di base della genetica, che valgono sia per
le piante sia per gli animali:
• legge della dominanza dei caratteri o dell’uniformità degli ibridi (incrociando due
individui che differiscono per un solo carattere si ottiene una prima generazione di ibridi
tutti uguali per quel carattere, perché possiedono tutti sia l’allele recessivo sia quello
dominante);
• legge della segregazione (incrociando fra loro gli ibridi si ottiene una seconda generazione
filiale in cui gli alleli dominante e recessivo si separano e si mescolano, perciò alcuni
esemplari hanno coppie di alleli dominanti, altri coppie di recessivi, altri ancora entrambi);
• legge dell’assortimento indipendente (incrociando individui che differiscono per più di un
carattere, gli alleli di ciascun carattere si distribuiscono in maniera indipendente da quelli
degli altri).
Quando un individuo possiede nel genotipo (insieme di alleli posseduti) sia l’allele recessivo sia
quello dominante di un carattere, manifesta quello dominante nel fenotipo (insieme dei caratteri
visibili). Perché si manifesti nel fenotipo la forma recessiva di un carattere è necessario che
l’individuo possieda due alleli recessivi per quel carattere.
Ci sono però alcune eccezioni alle leggi di Mendel: i casi di dominanza incompleta, in cui nessuno
dei due alleli domina sull’altro perciò il carattere si manifesta nei figli in una forma intermedia tra le
due dei genitori, la vicinanza di due geni sullo stesso cromosoma, per cui essi vengono trasmessi
insieme, in opposizione alla terza legge, e l’esistenza di caratteri determinati da più di due alleli.
Un meccanismo particolare di trasmissione dei caratteri riguarda la determinazione del sesso per la
specie umana (ma non solo): fra le 23 coppie di cromosomi caratteristiche dell’uomo ce n’è una
diversa tra maschi e femmine, infatti nei primi è costituita da un cromosoma a forma di X e uno a
forma di Y, nelle seconde invece da due X. Poiché i gameti possiedono solo metà dei cromosomi, le
cellule uovo avranno sempre il cromosoma X, mentre gli spermatozoi avranno metà il cromosoma
X e metà Y, perciò il sesso dell’individuo che nasce dall’unione di due gameti dipende dal
cromosoma dello spermatozoo.

Micologia
La micologia è la branca della biologia che studia i Funghi. Il campo di studio della micologia è
l’intero regno dei funghi: dai macromiceti, che possono raggiungere ragguardevoli dimensioni, ai
micromiceti, molto più numerosi dei primi ed infinitamente più piccoli.
Vivono come saprofiti, su sostanze organiche in decomposizione, o parassitamente su piante o
animali o in simbiosi con altri vegetali. Il loro corpo vegetativo è filamentoso, unicellulare o
pluricellulare; il singolo filamento fungino, più o meno ramificato e di lunghezza variabile, è detto
ifa e il loro complesso costituisce il micelio. Si riproduce agamicamente per frammentazione del
micelio o tramite spore (neutrospore) di vari tipi; la riproduzione sessuata può avvenire in diversi
modi a seconda dei vari gruppi, ossia con l’unione di gameti uguali o differenti, mobili o immobili,
di due cellule del tallo non differenziate in cellule sessuali.
I Funghi erano stati classificati da Linneo come Piante; ancora oggi la loro classificazione non è
definita e si tende generalmente a suddividerli in quattro divisioni: Ascomiceti, Basidiomiceti,
Chitridiomiceti e Zigomiceti. Le prime due comprendono funghi comunemente detti, mentre le
ultime due comprendono organismi inferiori (come per esempio molte specie di muffe e molti
parassiti).

Ascomiceti
Gli Ascomiceti sono una divisione che comprende i Funghi che producono spore in un caratteristico
tipo di sporangio chiamato asco. Sono Ascomiceti gran parte dei funghi che si associano ad alghe o
a cianobatteri per formare i licheni e parte dei funghi che mancano di evidenze morfologiche
relative alla riproduzione sessuale. Le specie più conosciute sono le morchelle (volgarmente dette
spugnole; tutte le specie sono commestibili solo dopo bollitura e velenose da crude), i tartufi,
i lieviti (se lo sviluppo dei microorganismi è spontaneo, il lievito viene detto naturale, se sono
coltivati, artificiale, differenti dal lievito minerale, costituito da sostanze chimiche si ha il lievito
minerale. I primi due tipi di lievito sono responsabili, per esempio, della lievitazione della birra,
dell’orzo e del pane) e i Penicillium (fra cui quelli utili per la fermentazione dei formaggi e quello
che produce l’antibiotico penicillina). I tartufi vengono anche coltivati, soprattutto in Francia e in
Italia, in tartufaie in boschi di piante opportune (querce, noccioli, salici ecc.). Sul terreno si
spargono corpi fruttiferi maturi con ascospore; la raccolta avviene solo a completa maturazione del
tartufo, essendo impossibile la maturazione artificiale del prodotto. I tartufi si raccolgono
utilizzando cani o maiali addestrati appositamente. In cucina il tartufo bianco si consuma crudo,
tagliato a fette sottilissime su risotti o piatti a base di formaggi; il tartufo nero (meno pregiato, in
quanto meno profumato) si consuma cotto, generalmente con secondi o in salse.

Basidiomiceti
I Basidiomiceti sono i Funghi che hanno micelio settato, riproduzione sessuata e asessuata con
produzione di basidi (strutture che portano all’esterno da una a quattro spore legate a piccole
appendici situate al loro apice) e spore non mobili.
I Basidiomiceti sono molto importanti per l’alimentazione, alcuni hanno anche proprietà medicinali,
altri sono impiegati per la produzione di aromi e nell’industria della carta e nei processi di
biorisanamento.
Importanti generi dei Basidiomiceti sono l’Amanita e il Boletus.
Al genere Amanita appartengono sia funghi estremamente velenosi (la falloide, gemmata, la
muscaria –anche detta ovolo malefico-, la verna, la virosa) sia funghi commestibili come l’Amanita
caesarea, che è considerata come il miglior fungo europeo.
Amanita falloide – Fonte: Wikimedia – by Amanita muscaria – Fonte: Wikimedia – by
Hankwang Chrumps

Al genere Boletus appartengono alcune specie commestibili molto note, fra cui il celeberrimo
porcino (Boletus edulis), commestibile di gusto prelibato, caratterizzato da un gambo cilindrico e
un cappello a due colori: bruno nella parte superiore, giallo in quella inferiore. Un altro porcino, il
Boletus satanas (porcino malefico), è invece velenoso.

Boletus edulis (porcino) – Fonte: Wikimedia – by Dezidor


Altri funghi commestibili sono il gallinaccio (cantarello o finferlo), la mazza di tamburo
(bubbola), il champignon, il prataiolo, il chiodino, il pioppino (piopparello), gli orecchioni
(fungo ostrica), la lingua di bue, il prugnolo.
Altri funghi velenosi sono il Lactarius, l’Entoloma (simile al prugnolo), la spugnola falsa, il fungo
dell’ulivo, la manina pallida, la colombina rossa e la rossola fetida.
Microbiologia
La microbiologia è una branca della biologia che studia la struttura e le funzioni dei microrganismi,
cioè gli organismi viventi non visibili ad occhio nudo: le Monere (principalmente batteri), alcuni
tipi di funghi, di lieviti, di alghe unicellulari e i Protozoi. Inoltre studia anche organismi non definiti
viventi in senso stretto, i virus e i prioni.
Si sovrappone parzialmente alla micologia (lo studio dei funghi, dai macromiceti, che possono
raggiungere ragguardevoli dimensioni, ai micromiceti, molto più numerosi dei primi e infinitamente
più piccoli) e sue suddivisioni sono la batteriologia (studio dei batteri), la virologia (studio dei
virus) e la protozoologia (studio dei protozoi).
La microbiologia nacque praticamente nella prima metà del XIX sec. (teoria microbica delle
malattie di Robert Koch), anche se l’esistenza dei microrganismi era nota fin dal XVII sec., grazie
all’invenzione del primo microscopio dovuta a Robert Hooke.

I batteri
I batteri sono piccolissimi esseri viventi visibili solo all’ingrandimento microscopico, il cui corpo
risulta formato da una sola cellula; le loro dimensioni vanno da 0,2 a 30 micron di larghezza;
presentano una parete cellulare e non sono dotati di clorofille.
A seconda della loro forma si suddividono fondamentalmente in cocchi, se di forma ovulare, e
bacilli, se allungati e sottili a guisa di bastoncino. Entrambi i tipi frequentemente non sono isolati
poiché al momento della divisione cellulare la scissione di ogni cellula può dimostrarsi non
completa, dando luogo a diplococchi (cocchi in coppia), streptococchi (cocchi a catena),
stafilococchi (cocchi a grappolo) o a cocchi a tetrade. Anche i bacilli possono avere forme diverse:
a bastoncino, streptobacillari (raggruppamento di bacilli che si moltiplicano senza disgiungersi,
formando agglomerati simili a canne di bambù), fusiformi (con i lembi assottigliati), con una o due
curve o spirali (vibrioni o spirilli), con varie curve (spirochete).
I batteri si sviluppano generalmente per scissione binaria, cioè una cellula ne origina due con lo
stesso genotipo; questo tipo di generazione facilita la trasmissione immutata delle caratteristiche
ereditarie.
Rispetto al modo in cui si nutrono, si dividono in Schizomiceti autotrofi, che si servono di carbonio
e azoto, e Schizomiceti eterotrofi, che richiedono invece composti organici; di quest’ultima
categoria fanno parte tutti i batteri patogeni e alcuni batteri non patogeni. Le necessità nutritive sono
alla base di un’ulteriore differenziazione dei batteri in saprofiti, che conducono la loro vita su
sostanze inanimate e sono assai frequenti nel terreno, nelle acque e nella natura in genere, e
parassiti, che vivono su organismi viventi dai quali ricavano nutrimento. I parassiti si dividono a
loro volta in commensali (simbionti), se non causano malattie all’organismo ospite, e patogeni, se
provocano malattie o intossicazioni.
Un’altra importante suddivisione considera l’optimum di temperatura alla quale possono crescere.
Si suddividono in criofili (fra 0 e 20 °C), mesofili (fra 25 e 45 °C) e termofili (oltre i 45 °C fino a
circa 120 °C).
I batteri sono presenti su tutta l’area terrestre e rivestono grande importanza; possono vivere anche
in assenza di ossigeno, mentre molti di quelli che vivono su sostanze organiche, impiegano i
prodotti di scarto del metabolismo di altri organismi e, attraverso processi di fermentazione,
rilasciano carbonio, azoto e idrogeno.

I protozoi
I Protozoi sono animali unicellulari di dimensioni microscopiche (2-3 micron), appartenenti al
regno dei Protisti. Si nutrono di materiale organico e prediligono gli ambienti acquatici; alcuni sono
parassiti. La riproduzione dei Protozoi avviene per via sessuale e asessuale; alcuni sono dotati di
scheletro (interno o esterno).
La classificazione dei Protozoi è in continuo divenire; pertanto a livello generale è corretto
distinguere semplici gruppi tassonomici come Flagellati, Ciliati, Sporozoi, Sarcodini ecc.
I Flagellati vivono in colonie, altri sono parassiti dell’uomo, trasmessi dalle zanzare. Sono provvisti
di lunghe fruste chiamate flagelli che utilizzano per muoversi. Vivono in quasi tutti gli ambienti
acquatici e sono un importante anello della catena alimentare marina. Si distinguono organismi
autotrofi che hanno caratteristiche tipiche dei vegetali; eterotrofi con caratteristiche tipiche degli
animali e saprofiti con caratteristiche tipiche dei funghi. Esistono anche i dinoflagellati che
presentano caratteristiche a metà tra animali e vegetali (esempio tipico sono alcuni tipi di alghe).
Fra i Flagellati è tristemente famoso il tripanosoma, l’agente che trasmette la malattia del sonno.
I Ciliati hanno un corpo unicellulare con due nuclei; il micronucleo della riproduzione e il
macronucleo che si occupa dell’alimentazione. Di dimensioni microscopiche, sono provvisti di una
membrana, rivestita da ciglia vibratili che servono per il movimento, di un’apertura boccale e di
un’apertura anale. La riproduzione avviene sia per coniugazione che per fissione. Alcune specie di
Ciliati vivono nell’intestino di altri animali: a questi appartengono il paramecio e il balantidio;
quest’ultimo provoca nell’uomo un’infiammazione chiamata balantidiasi.
Gli Sporozoi sono organismi dotati di ciglia e flagelli quali organi per la locomozione e per la
fissazione agli organismi di cui sono parassiti; il plasmodio è l’agente patogeno della malaria.
Hanno riproduzione mista, ora agamica ora gametica con produzione di spore.
I Sarcodini sono specie munite di pseudopodi per la locomozione, quali le Amebe, specie
unicellulari tra cui anche parassiti dell’uomo, i Foraminiferi, protetti da un guscio calcareo, e i
Radiolari, muniti di guscio siliceo il cui accumulo forma i fanghi pelagici.
L’ameba è un organismo unicellulare che non ha una forma costante in quanto emette speciali
propaggini protoplasmatiche (pseudopodi) che utilizza per muoversi e per inglobare particelle
nutritive. Si trova, libera, nelle acque stagnanti; può essere parassita dell’uomo e di animali,
innocuo, come quella ospitata nell’intestino umano, oppure patogeno, come quella che provoca la
dissenteria amebica nelle zone tropicali.
I Radiolari hanno corpo sferico, divisibile in una parte intracapsulare con i nuclei, in una capsula
centrale con numerosi pori e in una extracapsulare con pseudopodi protoplasmatici filiformi.
Comprende animali marini appartenenti al microplancton. I loro scheletri formano sedimenti sui
fondali oceanici di tipo roccioso (radiolariti) o fangoso (farine fossili).
I Foraminiferi sono Protozoi la cui origine risale all’epoca della formazione del pianeta; vengono
perciò considerati fossili guida (nummuliti), soprattutto per quel che riguarda la ricerca delle
formazioni del petrolio. Sono formati da un guscio calcareo molto duro e resistente, con tanti fori
dai quali fuoriescono sottilissimi pseudopodi. Il loro ambiente è il mare, ove possono svolgere la
funzione di deposito dei loro gusci.

I virus
I virus (il termine deriva dal latino e significa tossina, veleno) possono avere svariate forme
(sferica, filamentosa, poliedrica) e i più semplici sono costituiti da un’unica molecola di acido
nucleico racchiusa da un involucro proteico. Sono parassiti obbligati.
Normalmente i virus sono fortemente specie e tessuto specifici (la replicazione virale si svolge cioè
preferenzialmente in un organo o apparato di esemplari di una specie); soltanto pochi virus causano
malattie sia nell’uomo che in alcuni animali, mentre sono pochissimi quelli in grado di infettare sia
animali che vegetali.
Le dimensioni dei virus variano da poche decine a poche centinaia di nanometri (milionesimi di
centimetro); per questo motivo non sono visibili al microscopio ottico, ma solo a quello elettronico.
Nell’uomo causano malattie come AIDS, epatite, herpes, mononucleosi, morbillo, parotite,
poliomielite, rosolia, vaiolo, varicella, alcuni tipi di tumori ecc. Negli animali provocano la rabbia,
l’afta epizootica e il colera suino. Tra i virus vegetali, che colpiscono le piante, il più noto è l’agente
del mosaico del tabacco (il primo virus scoperto alla fine del XIX sec.).
Ancora più semplici dei virus sono i prioni, glicoproteine prive di materiale genetico e costituite da
una sola molecola; furono scoperti negli anni ‘70 del XX sec. da Prusiner, dopo la morte di un suo
paziente per la malattia di Creutzfeldt-Jakob. Il prione può resistere a temperature elevate, fino a
360 °C. Nell’uomo è responsabile delle encefalopatie spongiformi.

Paleontologia
La paleontologia (il termine è derivato dal greco e significa studio delle creature antiche) è una
scienza che si situa a metà fra la biologia e la geologia. Mediante le loro spoglie (fossili), studia le
piante e gli animali vissuti sulla Terra in epoche anteriori alla presente.
La paleontologia è nata nel XVII e nel XVIII sec. grazie agli studi di Niccolò Stenone sulla natura
dei fossili e sulla stratigrafia e agli studi di anatomia comparata di Georges Cuvier.
Oltre ai fossili, la paleontologia studia anche tutte le altre possibili testimonianze relative alla vita
sulla Terra nel passato, le cosiddette tracce fossili (orme di locomozione e tane scavate nel suolo,
coproliti, cioè escrementi fossili, e segni lasciati dai pasti, (per esempio morsi su ossa).

La datazione dei reperti


Per datare i fossili si usano metodi di datazione relativa e metodi di datazione assoluta.
La datazione relativa dei fossili impiega la biostratigrafia e in particolare il principio geologico della
sovrapposizione di Stenone, secondo il quale strati inferiori del terreno sono più antichi di quelli
soprastanti. Grazie a tale principio si possono confrontare fossili rinvenuti in luoghi diversi e
stabilire se appartengano o no allo stesso periodo. In genere si usano fossili guida, caratterizzati da
una rapida evoluzione (sono vissuti in un tempo relativamente breve).
La datazione assoluta (di solito comunque meno precisa della datazione relativa) utilizza invece il
decadimento di isotopi radioattivi (per esempio il carbonio 14) di particolari elementi; a seconda
dell’elemento considerato e del suo isotopo (e quindi del tempo di dimezzamento, il tempo
necessario perché una certa massa di un isotopo radioattivo si riduca a metà) si ottiene un intervallo
di tempo massimo valido per la datazione. Per il carbonio 14 (14C) si arriva al massimo a 40.000
anni fa, mentre per esempio con altri isotopi meno comuni si può arrivare al miliardo di anni.

I fossili
I principali processi di fossilizzazione sono la mineralizzazione (sostituzione delle sostanze
originali dell’organismo da parte di altre, causata dall’acqua circolante nel sedimento),
l’incrostazione (causata dai depositi lasciati dall’acqua ricca di bicarbonato di calcio sugli
organismi), la mummificazione (dovuta all’essicamento, cioè alla perdita di liquidi), l’inglobamento
(un elemento inglobante, per esempio ambra o ghiaccio, racchiude l’organismo prima che abbia
inizio la decomposizione) e la carbonizzazione (causata dalla decomposizione della materia
organica che lascia un residuo composto principalmente da carbonio).
Lo studio dei fossili ha permesso di ricostruire l’evoluzione della vita sul pianeta e la successiva sua
diffusione a partire dalle acque degli oceani fino a conquistare tutti i continenti emersi. Il processo
di trasformazione di un organismo vivente in un fossile può durare diversi milioni di anni.
I fossili si trovano inglobati nelle rocce sedimentarie abbondantemente presenti nella parte superiore
della crosta terrestre e risultano utilissimi per la datazione delle rocce calcaree mesozoiche. Le
rocce ignee sono invece sono prive di fossili mentre quelle vulcaniche effusive ne contengono
raramente.
Si parla di fossili viventi a proposito di specie che si sono mantenute inalterate fino ai nostri giorni
da ere geologiche remote; nel mondo vegetale un esempio è il Ginkgo biloba.

Lo sviluppo della vita sulla Terra


Secondo le ipotesi più plausibili, la comparsa della vita sulla Terra è stata resa possibile da un
processo, detto evoluzione prebiotica, avvenuto nel primo miliardo di anni dopo la formazione del
nostro pianeta, durante il quale i fulmini e le radiazioni solari avrebbero spezzato i legami delle
molecole inorganiche che componevano l’atmosfera (idrogeno, metano, ammoniaca, vapore acqueo,
anidride carbonica), formando molecole organiche; queste ultime si sarebbero poi accumulate in
acqua calda, costituendo il brodo primordiale, e aggregate in microsfere dotate di membrana, le
prime cellule. Queste erano procarioti (batteri), anaerobiche (poiché l’ossigeno era quasi assente) ed
eterotrofe, cioè ricavavano il proprio nutrimento dalle altre sostanze organiche presenti nel brodo
primordiale. Quando le sostanze a disposizione iniziarono progressivamente a scarseggiare, alcune
cellule diventarono autotrofe sviluppando la capacità di nutrirsi con le radiazioni solari tramite la
fotosintesi; questo processo libera ossigeno, perciò l’atmosfera si arricchì di questo elemento
rendendo possibile la formazione di batteri aerobici, in grado di compiere la respirazione cellulare.
Le prime cellule eucarioti si sarebbero quindi formate dalla simbiosi tra questi diversi tipi di batteri:
uno, inglobando l’altro per nutrirsi, sviluppa dentro di sé le strutture della cellula eucariote.
Da queste prime cellule si formarono successivamente gli organismi pluricellulari, inizialmente
nel mare perché l’atmosfera non presentava ancora le condizioni necessarie alla vita. I primi
organismi pluricellulari erano molli, alghe per quanto riguarda i vegetali e organismi simili a
meduse per quanto riguarda gli animali, poi un cambiamento di composizione dell’acqua del mare
favorì la formazione di organismi duri dotati di gusci e conchiglie.
Quando nell’atmosfera aumentarono i livelli di ossigeno e si formò lo strato protettivo dell’ozono,
la terraferma divenne adatta alla vita: per primi passarono a essa gli organismi vegetali, sviluppando
le radici e strutture riproduttive adatte al nuovo ambiente, più tardi seguirono gli animali. I primi fra
questi furono gli Artropodi (Crostacei, Insetti ecc.), perché avevano un esoscheletro, adatto a essere
usato come struttura di sostegno esterna per contrastare la forza di gravità. A essi seguirono
particolari tipi di pesci che generarono gli Anfibi, legati però ancora all’acqua per la riproduzione.
Dall’adattamento degli Anfibi alla mancanza di acqua derivarono i Rettili, dotati di squame
impermeabili e con fecondazione interna, fra cui i dinosauri. Questi ultimi, insieme a molti altri
Rettili e ad altre specie, scomparvero per un evento climatico improvviso, che si ipotizza legato
all’impatto di un meteorite sulla Terra circa 65 milioni di anni fa. Altri Rettili intanto svilupparono
le penne e strutture adatte a volare, diventando Uccelli, mentre alcuni svilupparono i peli e modalità
riproduttive prive di uova, diventando Mammiferi.
Dai Mammiferi ebbe inizio l’ominazione, cioè l’evoluzione della specie umana, con lo sviluppo, in
Africa, dei Primati: animali dotati di mani e piedi in grado di svolgere l’azione di afferrare, di occhi
frontali in grado di percepire la profondità e successivamente anche i colori, e di una struttura
vertebrale adatta alla vita sugli alberi e allo spostamento in sospensione tra i rami. Da questa
struttura derivò la postura eretta dei primi ominidi, gli Australopithecus, capaci di locomozione
bipede e quindi in grado di impiegare gli arti superiori per l’interazione con gli oggetti e l’ambiente:
dal perfezionamento di tale interazione ebbero origine Homo habilis e successivamente Homo
erectus, via via più avanzati nella fabbricazione di utensili. L’Homo erectus si spostò dall’Africa in
Eurasia, imparò a usare il fuoco, a cacciare e organizzarsi in accampamenti, sviluppò i rudimenti del
linguaggio e quindi la socialità, poi venne sostituito da Homo sapiens, prima nella specie
Neanderthal, poi Sapiens sapiens. Quest’ultimo sviluppò ulteriormente l’organizzazione sociale,
introdusse tradizioni artistiche e rituali, imparò ad allevare gli animali e la pratica dell’agricoltura.
L’intero processo di sviluppo dell’uomo moderno si colloca fra i 70 milioni di anni fa e i 90.000
anni fa circa.

I dinosauri
I dinosauri sono un gruppo estinto di Rettili dell’era mesozoica suddiviso nei due ordini dei
Saurischi (simili ai coccodrilli) e degli Ornitischi (simili agli Uccelli). Molti esemplari erano di
dimensioni enormi (lunghi fino a 30 m) con arti posteriori sviluppati, coda lunga e robusta, testa
molto piccola e il corpo ricoperto di squame e spine. Vissero sia sul terreno che nell’acqua. Le
specie più note sono l’iguanodonte, il brontosauro, il tirannosauro. Scomparvero
improvvisamente e misteriosamente circa 65 milioni di anni fa, forse in seguito alle trasformazioni
geofisiche del pianeta. Un’altra ipotesi di estinzione si rifà all’impatto di un grosso meteorite sul
pianeta: ciò avrebbe sconvolto il clima a causa delle grandi quantità di polveri sollevate in
atmosfera, che rimasero in sospensione per un tempo così lungo da abbassare la temperatura
terrestre; i dinosauri e molte altre specie non sarebbero riusciti ad adattarsi ai cambiamenti che ne
derivarono.

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