Ad avercelo
A questo punto ci vorrebbe davvero un governo di Salute Pubblica. L’espressione è assai pertinente
sul piano lessicale ma altrettanto inquietante sul piano storico. Perché il primo e più famoso
governo di Salute Pubblica fu varato dai giacobini di Robespierre nell’aprile del 1793 e fu Terrore
dopo la Rivoluzione di quattro anni prima.
E qui vengono i dolori. Perché un governo di Salute pubblica dovrebbe unire in un’agile cabina di
comando i migliori del nostro paese, al di là delle posizioni politiche, le intelligenze più lucide e
lungimiranti, le competenze più serie, le personalità più autorevoli. Non più mezze calzette,
nullivendoli, servetti, saltimbanchi e pulcinella.
Allora il primo dubbio è: dove sono? Il secondo è: chi li seleziona? Il terzo è: chi li sostiene? Il
quarto è: con che legittimazione popolare? E infine, chi fa da collante politico dei Migliori? La
prima domanda è difficile anche perché di solito i nomi invocati non sono i migliori ma quelli che
passa il convento mediatico: ne abbiamo avuti di santoni e supercommissari che si sono poi
sgonfiati o sono stati di fatto svuotati e gettati via. Ora il nome-farmaco è MarioDraghi ma chiedo:
oltre l’indubbia competenza e autorevolezza economica, potrà guidare un’efficace strategia sanitaria
e soprattutto potrà garantire la nostra sovranità o sarà piuttosto la transizione verso un passaggio di
poteri, tramite l’economia, ai guardiani dell’Eurarchia (non mi sento di chiamarla Europa)? Poi, chi
li seleziona gli Ottimi, gli stessi politici che non destano affidabilità di governo, Mattarella, il Papa,
X factor, la Lotteria? Compiuto il miracolo di insediare almeno una dozzina di Migliori, il
Parlamento dovrebbe poi votarli se non vogliamo sospendere del tutto la democrazia. E poi finito il
loro compito di raddrizzare la barca andranno a casa, lasciando al paese la facoltà di scegliersi il
prossimo governo (già, con quale sistema elettorale?) oppure chiederanno direttamente loro il voto,
ma non saprei in che modo, se non cambiando sistema costituzionale, oltre la democrazia
rappresentativa, mediata dai partiti. Insomma, un percorso difficile. Senza dire che chi ventila un
governo Draghi lo vede come garanzia per il Mes o lo agita come spauracchio per mantenere in vita
il gabinetto Conte e sventare svolte politiche a destra.
In questa fase, la gente sembra dare consenso a Conte anche perché è la faccia dello Stato (delle
cose): accade così nei momenti di paura, si cerca sicurezza stringendosi intorno a chi ci governa;
tanto più se c’è un martellante spot-no-stop propagandistico in video, oggi unica finestra sul mondo.
Allo stesso tempo c’è la sconfitta della politica: i leader politici hanno meno consenso e meno
ascolto, si vogliono azioni di governo e non discorsi. (Curioso il caso di Zingaretti che da malato e
assente raccoglie più consensi che da leader e comunicatore).
Ma non sappiamo a lungo andare se quel consenso non si capovolgerà. Comunque questa tragedia, i
cui numeri effettivi non corrispondono a quelli ufficiali, mostra che la competenza e l’autorevolezza
sono requisiti necessari. Non possiamo più permetterci di avere grillini per la testa. Se la politica
deve tornare deve crescere di statura. Per ricostruire ci vorranno statisti, non figuranti, figurine o
piazzisti.
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