INDICE San Benedetto e la Regola………………………………………...........................pag.3 Monaci……………………………………………………………………………………………..pag.3 Monasteri…………………………………………………………………………………………pag.3 La Regola cap.48……………………………………………………………………………….pag.4 Conclusione………………………………………………………………………………………pag.5 Bibliografia……………………………………………………………………………………….pag.6 LA REGOLA DI SAN BENEDETTO Cos’è la regola di San Benedetto? Ma soprattutto chi era San Benedetto? San Benedetto da Norcia, fratello di Santa Scolastica, nacque verso il 480 d.C., da un'agiata famiglia romana. A Norcia egli trascorse gli anni dell'infanzia e della fanciullezza. Adolescente fu mandato a Roma a compiere i suoi studi, ma, sconvolto dalla vita dissoluta della città abbandonò la casa e i beni paterni e cercò l'abito della vita monastica perché desiderava di piacere soltanto a Dio. I monaci erano gruppi di religiosi che volevano vivere il Vangelo attraverso la povertà, la preghiera, lo studio, il lavoro manuale e l’aiuto al prossimo. La più antica forma di monachesimo è l’eremitismo, che nasce in Egitto sulle orme di Giovanni Battista. Benedetto da Norcia porta il monachesimo in occidente creando la cosiddetta Regola che si può riassumere nell’espressione Ora et labora, cioè “prega e lavora”. Questo testo elenca tutte le regole per essere un buon monaco e per seguire le orme di Cristo, sotto la guida dell’abate, considerato padre dei monaci, ma anche capo di quell’organizzazione sociale ed economica che è il monastero. I MONASTERI I Monasteri, come quello fondato da San Benedetto a Montecassino, assolvono compiti di primaria importanza per tutta la popolazione. In caso di carestie e invasioni, essendo strutture sicure e autosufficienti, accolgono pellegrini e viandanti. Sono, inoltre, centri di cultura perché al loro interno si studia la Bibbia e gli amanuensi ricopiano i testi degli antichi autori pagani e cristiani. CAP. 48 DELLA REGOLA DI SAN BENEDETTO In questo capitolo della Regola San Benedetto scrive come gestire il lavoro quotidiano, viene, inoltre, rappresentata perfettamente la frase “ora et labora” poiché Benedetto divide il lavoro quotidiano dei monaci tra studio o lavoro agricolo e preghiera. Benedetto ripete più volte di non infastidire gli altri monaci; ma soprattutto condanna chi non lavora chi vive nell’ozio. Benedetto afferma la dignità del lavoro come fuga dall’ozio e mezzo di ascesi. Benedetto prescrive ai monaci il lavoro manuale e da uguale peso alla vita attiva e a quella contemplativa, queste novità ribaltano l’esaltazione dell’idea romana di OTIUM (nella cultura romana era il tempo in cui si era liberi dalle occupazioni politiche e durante le quali era possibile dedicarsi allo studio e all’esercizio delle lettere) e la conseguente visione degradante del lavoro manuale, ereditata dall’aristocrazia imperiale. San benedetto in questo capitolo prescrive ai monaci di ospitare i bisognosi senza lamentarsi e di occuparsi dei lavori manuali, come facevano gli apostoli, perché solo così facendo potranno essere considerati monaci. Anche i monaci infermi non devono vivere nell’ozio, ma al contrario l’abate, che conosce le loro debolezze, deve assegnargli dei compiti, ovviamente non troppo stancanti perché non deve spingerli ad andarsene ma solamente a non vivere nell’ozio. CONCLUSIONE Mi piacerebbe sapere cosa ci potrebbe dire Benedetto in una situazione come questa, dove la cosa più ovvia che ci viene da fare è dormire o perdere tempo, quando anche nelle case più piccole è possibile, con un po’ di fantasia, fare ciò che vogliamo, certo non una partita di calcio, ma neanche dormire tutto il giorno. Forse un giorno tutto quello che stiamo passando ci tornerà utile, come è ci è tornato utile il lavoro dei monaci amanuensi. BIBLIOGRAFIA http://ora-et-labora.net/RSB_it.html#Cap48 http://www.abbaziadifarfa.it/san-benedetto.asp Antonello Famà, La Strada Con L’Altro, De Agostini Scuola, Milano 2017.
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