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c asa b e l l a 870 19 9 6 –2 016 i n d i c i n u ova e d i z io n e
i n d i c e s 6 32 – 8 6 9 n e w e d i t io n
du e mo di i n u n a c asa
di inte rpretare M a ss i m o Fe r r a r i 90—93
44
l a c h iesa . BIBLIOTECA
14 Pedro Domin gos
90
Casa a O e iras, Por toga l l o
E lisa Vale ro R amos r e c e n sio n i
44
C h i e sa d i P l aya G ra n a da 92
A l l a l u c e d i Barragá n Di p i n g e r e i l p e n si e ro. I l l as c i t o
a M o t ri l , S pag n a Fe d e r i c o Tr a n f a d e l l’Uma n e simo
15
A l b e r t o G i o r g i o C a ss a n i
V e rso l’e ss e n zia l e
G i ova n n a C r e s p i 52—67
24
Eduardo Souto 94—97
Boris Pod recca
Com p l e sso parro c c h ia l e
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R e c u p e ro, r e s tau ro, 94
P e n t e c os t e a M i l a n o
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25
U n gio c o d i c o l ori, l u c e, 54
No n s e m p r e l a sim u l a zio n e
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è b u gia . I l r e c u p e ro d e l l a t e n u ta
Jean-Marie Martin
São Lo u r e n ç o d o Barro c a l
Marco Mulazzani
Urko Sanc h ez
68—75
Rio de Janeiro:
Refettorio Gastromotiva
S OS C h i l d r e n ' s Vi l l ag e
a Tagi u ra , G i b u t i
69
R e i n t e r p r e tar e l a M e d i n a
Metro +
Camillo Magni
Massimo Bottura
Ilana Bessler
SOMMARIO casa b e l l a 8 7 0 3
Archives, Columbia University, New York
1 2 3
3 Courtesy SOM
che ha portato a SOM
il Pritzker Prize.
Il nome di alcuni architetti evoca già un luogo e un’epoca: è sufficiente sentirlo per visualizzarne subito il mondo. L’archi-
tetto americano Gordon Bunshaft è uno di questi: quando lo si cita viene subito in mente la New York del dopoguerra che
sperimentava l’espressionismo astratto, dominata dalle grandi corporations e immersa nei ritmi del cool jazz. Nella Grande
Mela sorsero gli edifici moderni “pelle e ossa” di Gordon Bunshaft: la Lever House (1952) e le sedi della Manufacturers Trust
Company Bank (1954) e della Chase Manhattan Bank (1961). E quella fu la città in cui visse Bunshaft:
1 un uomo caustico, laconico, brusco, apparentemente a proprio agio sia con i capitani d’industria del
—Gordon Bunshaft all’età di circa tempo sia con i sistemi produttivi moderni. Bunshaft lavorava per Skidmore, Owings & Merrill (SOM),
otto anni
—Gordon Bunshaft, ca. aged 8 uno dei principali studi d’architettura dell’epoca.
2 Benché dal 1939 al 1983 abbia firmato ufficialmente solo trentotto edifici, la sua mano è rico-
—Gordon Bunshaft all’epoca del noscibile in moltissimi altri progetti1. Bunshaft fu responsabile della progettazione architettonica di
Padiglione del Venezuela, «Buffalo SOM dal suo ritorno negli Stati Uniti dopo la guerra fino al 1962 circa, quando altri colleghi (Bruce
Courier-Express», 14 maggio 1939
—Gordon Bunshaft at the time of Graham, Walter Netsch, Chuck Bassett) assunsero ruoli di rilievo all’interno dello studio. Tuttavia, la
the Venezuela Pavilion, «Buffalo sua influenza si avvertì anche dopo quella data. Fu autore di edifici di tipologie diverse (residenze,
Courier-Express», 14 May 1939
biblioteche, fabbriche e musei) realizzati a New York come a New Orleans, Pittsburgh e Gedda e co-
3 struiti nei centri delle città, nei sobborghi o in aperta campagna. Il riconoscimento dell’alta qualità
—Gordon Bunshaft, ritratto,
1958 ca. del suo lavoro è attestato dai premi conquistati nel corso della sua carriera, tra cui l’Arnold W. Brun-
—Gordon Bunshaft, portrait, ner Memorial Prize dell’American Academy of Arts and Letters (1955), la Gold Medal dell’American
ca. 1958
Institute of Architects (1984) e il Premio Pritzker per l’architettura (1988), per il quale, a quanto si rac-
conta, si autocandidò.
Nato a Buffalo, nello stato di New York, in una famiglia di immigrati relativamente modesta, Bunshaft frequentò il Mas-
sachusetts Institute of Technology (MIT), dove conseguì la laurea e un master in architettura rispettivamente nel 1933 e nel
19352. Ottenne la Rotch Traveling Scholarship (1935–37) che gli consentì di visitare l’Europa dove ebbe modo di vedere di-
versi esempi della nuova architettura. Tornato a New York, iniziò a lavorare per SOM, diventando socio nel 1949 e, fatta ec-
cezione per il periodo della guerra (1942–46), rimase nello studio fino al 1979, anno in cui andò in pensione. La sua quaran-
tennale carriera si svolse parallelamente alla crescita di SOM: dal primo studio a Chicago (1936) a una partnership con più
sedi: quella di New York aprì nel 1937, seguita dagli studi di San Francisco (1947), Portland (1951), Washington (1967), Bo-
ston (1971), Los Angeles (1974), Houston (1976) e Denver (1977)3.
La formazione al MIT si svolse nell’ambiente relativamente moderno che più tardi avrebbe accolto Alvar Aalto. Bunshaft
non era né un gran lettore né un attento studente di storia dell’architettura, e neppure un disegnatore particolarmente do-
tato. Come lui stesso riconosceva: «Non sono un intellettuale. Sono solo una persona diretta»4. Le esperienze formative cru-
a cura di Chiara Baglione ciali furono legate ai compagni di studio e alla biblioteca. Riferendo una conversazione con uno dei colleghi di Bunshaft al
MIT, l’architetto Ambrose Richardson ha fornito un’indicazione utile sul metodo di progettazione che avrebbe adottato in se-
guito: «L’uomo mi raccontò: “Gordon era il tipo che se ne andava in giro –e mi sembra ancora di vederlo– a guardare i dise-
76 casa b e l l a 8 7 0 77
4 5 6 7 8 9
New York
Courtesy of SOM
gni degli altri. Non rubava necessariamente la tua idea ma ru- Museum of Modern Art di New York9. Una volta completato, era diventato il punto di riferimento. E per quanto la sua ar- pena avevamo buttato giù qualche idea, il progettista senior,
bava il meglio di ogni progetto”. E quando dico “rubava” cito l’edificio divenne un’attrazione turistica, soprattutto per il si- chitettura fosse più gioiosa e colorata (e solo di rado altret- Paul e io –soprattutto Paul e io– ci consultavamo»14. Come
esattamente le sue parole. “Rubava il meglio di ogni progetto, stema di lavaggio delle finestre con un ponteggio mobile. tanto coerente in senso estetico), anche Bunshaft fu etichet- ricordano i colleghi, Weidlinger diventò “un vero collabora-
metteva insieme il tutto e vinceva il premio”. Gordon aveva una Dopo la clamorosa accoglienza riservata alla Lever House, tato come “miesiano”12. tore”, una figura di cui il giovanile Bunshaft non aveva avuto
straordinaria capacità di selezionare le aziende si misero in fila per richiedere il lavoro di Bunshaft: Sulla scia del Seagram (e dei bisogno fino ad allora. Anche il nuovo linguaggio architetto-
4 gli aspetti migliori di un lavoro»5. la Manufacturers Trust Company Bank (1954), l’Hilton Hotel 7 nuovi edifici di calcestruzzo di Le nico gli si rivelò congeniale; dalla collaborazione con l’inge-
—Gordon Bunshaft, Seymour
—Gordon Bunshaft, veduta del Bunshaft aveva bisogno dello (1955), la Connecticut General Insurance (1957), la Reynolds Corbusier), SOM e Bunshaft cerca- gnere nacquero edifici importanti come la Beinecke Library
H. Knox Jr. e Gordon M. Smith,
Pont Neuf, Parigi; acquerello, 1935
—Gordon Bunshaft, view stimolo degli altri e utilizzava quegli Metal (1958), la Pepsi Cola (1960), la Union Carbide (1960), direttore della Albright-Knox Art rono una nuova direzione. Nel gen- (1963), la Banque Lambert (1965) e la sede dell’American Re-
Gallery, studiano l’ampliamento
of the Pont Neuf, Paris, spunti per valutare diverse alterna- la First City National Bank (1961) e la Chase Manhattan Bank della Albright-Knox Art Gallery di
naio del 1958, Nathaniel Owings di- public Insurance Company (1965).
watercolor, 1935 tive. Sempre stando ai ricordi di Ri- (1961). Grazie al progetto per la sede della Chase Manhattan chiarò in un’intervista: «Lo studio non Come capita spesso con le teste coronate, gli ultimi anni
Buffalo; New York, 14 dicembre
5 chardson, anche in seguito, nell’am- Bank di New York, ancora una volta ottenuto con l’interme- 1961 è fermo allo “standard dell’acciaio da SOM non furono facili. Una nuova generazione di proget-
—Gordon Bunshaft, veduta di San —Gordon Bunshaft, Seymour
Francesco, Assisi; acquerello, 1936 biente di lavoro: «Gordon ci usava diazione di Owings, Bunshaft e SOM diventarono gli archi- H. Knox, Jr., and Albright-Knox Art
inossidabile” come lo chiama la no- tisti acquisì posizioni di potere all’interno dello studio e per
—Gordon Bunshaft, view come fossimo mani a sua disposi- tetti di riferimento della famiglia Rockefeller, una delle più Gallery Director Gordon M. Smith stra concorrenza. Ciò che ci interessa quanto le opinioni di Bunshaft fossero pungenti come sem-
of San Francesco, Assisi, study addition to the Albright- è la plasticità ed esploriamo tutte le pre, il suo stile non era più in sintonia con i tempi: le pru-
zione. Era fantastico. Era una sorta di potenti (e ricche) degli Stati Uniti. Nei racconti sulla scelta
watercolor, 1936 Knox Art Gallery, Buffalo, New
piovra. Lui si occupava dell’ideazione delle opere d’arte per il nuovo edificio, venne sottolineato strade per ottenerla»13. SOM assunse denti decisioni collegiali delle aziende misero fine alle ini-
6 York, 14 December 1961
—Gordon Bunshaft, veduta di del progetto e poi faceva eseguire a il ruolo di Bunshaft10. Bunshaft diventò anche l’architetto 8 l’ingegnere di origini ungheresi Paul ziative coraggiose dei capitani d’industria che lo avevano as-
Tarragona; sanguigna, 1936 noi giovani bei disegni o qualsiasi al- dell’élite politica e fu incaricato di progettare la Lyndon Bai- —Gordon Bunshaft e Walter Weidlinger (1914–99) per una serie sunto negli anni del dopoguerra. Il crescente disprezzo da
—Gordon Bunshaft, view of Severinghaus, socio dello studio
Tarragona, red chalk, 1936
tra cosa di cui avesse bisogno»6. nes Johnson Memorial Library della University of Texas (1971). di edifici originali di calcestruzzo a lui manifestato per le torri di uffici («Non sono neppure si-
SOM, osservano il plastico del
Ciò che contava per Bunshaft Cosa ottenevano i suoi clienti? Innanzitutto, avevano la Convention Center di New York, forma di scatola collocati su piccoli curo che un edificio di uffici sia architettura. In realtà è solo
erano l’ampiezza, la varietà e la mol- certezza di un progetto originale e ben studiato. SOM era 1973 piloni di forma piramidale. Per rea- un calcolo matematico, un investimento tridimensionale…»)
teplicità degli spunti architettonici. celebre per la sua capacità di reinterpretare attività tradizio- —Gordon Bunshaft with SOM lizzare i nuovi edifici anche Bunshaft era frutto di questi cambiamenti15. Gli capitò ancora di in-
Partner Walter Severinghaus
La Lever House, l’edificio grazie a cui Bunshaft con- nali e ripetitive (come quella bancaria o assicurativa) dando study the model for the New York doveva in qualche modo rinnovarsi. contrare uomini forti convinti che valesse la pena spendere
quistò la fama, cambiò la sua vita per sempre. Nathaniel A. loro espressione con edifici originali e sempre degni di at- Convention Center, 1973 Le tecnologie dell’acciaio e del cur- tanto per l’alta qualità dei suoi progetti (per esempio l’im-
Owings (1903–84), socio fondatore dello studio, aveva vinto tenzione da parte della stampa. La sede della Manufacturers 9 tain wall di vetro non avevano segreti prenditore immobiliare Sheldon Solow per il grattacielo al 9
l’incarico con una partita a dadi e aveva fornito il parti della Trust fu presentata sul «New Yorker» e sul «Saturday Eve- —Gordon e Nina Bunshaft con lo per lui, ma il calcestruzzo, che cono- di West 57th Street, 1974), realizzò altri edifici pubblici (LBJ
scultore Isamu Noguchi, 1969
“perfetta torre per uffici” che Bunshaft aveva poi sviluppato7. ning Post»; l’edificio della Connecticut General Insurance —Gordon and Nina Bunshaft with sceva molto meno, lo obbligava ad Library, 1971; Hirschhorn Museum, 1974) e lavorò per nuovi
L’opera ebbe un successo straordinario: la Lever House rap- comparve su riviste come «Time», «Newsweek», «Business the sculptor Isamu Noguchi, 1969 andare coi piedi di piombo. Negli anni uomini potenti all’estero (National Commercial Bank, Gedda,
presentava al contempo un imponente simbolo pubblicita- Week» e «Fortune» e sul «Saturday Evening Post». Il grat- Cinquanta Bunshaft era solito riman- 1983; the Hajj Terminal, 1981). Si trattava di costruzioni mo-
rio per l’azienda di saponi e prodotti per la pulizia, una solu- tacielo della Chase Manhattan Bank fu pubblicato pratica- dare la consultazione con gli ingegneri fino a quando il pro- numentali e con strutture robuste, astratte e moderniste,
zione al problema delle strade buie e sporche della città e mente ovunque11. Più specificamente, i clienti ottenevano getto non fosse in fase piuttosto avanzata. Negli anni Ses- erette a mo’ di baluardo contro le prime manifestazioni di
un’opera d’architettura davvero notevole8. Benché la sua co- un’opera architettonica perfettamente in linea con l’estetica santa e Settanta, però, preferiva anticipare il coordinamento postmodernismo. In quel contesto Bunshaft appariva fuori
struzione non fosse ancora ultimata, il suo plastico costituì del dopoguerra, improntata all’efficienza e alla modernità con Weidlinger: «Sapevamo di poter fare di tutto con il cal- luogo, un dinosauro proveniente da un altro mondo, un eroe
l’elemento centrale della mostra dedicata a SOM allestita al per le quali Mies van der Rohe, grazie al Seagram Building, cestruzzo… ma avevamo bisogno di studiarlo bene. Non ap- nell’epoca degli antieroi, un uomo d’azienda quando anda-
Note
vano di moda gli individualisti e soprattutto un vecchio in una 1 Carol Krinsky, Gordon Bunshaft of Skidmore, Owings & Merrill, MIT Nicholas Adams
Press e Architectural History Foundation, Cambridge e New York 1988, è l’autore del libro
società che aveva deciso di non credere più in chi aveva su-
J. Alex Langley
164-169 e 228-229; Joe Alex Morris, It’s Nice to Work in the Country, in
rietà di cui era capace e attestano la sua attenzione per le «Saturday Evening Post», 5 luglio 1958, pp. 21, 70-72. «Architectural
Forum» dedicò ben ventinove pagine alla Chase Manhattan Bank
linee ampie e i particolari eleganti, per la monumentalità e (Chase, portrait of a giant; report on the biggest office building in
Manhattan in 25 years, in «Architectural Forum», 115, luglio 1961, pp. 66- 10 12 14
l’astrazione, per lo humour e i materiali. Oggi che gli archi- 95. L’edificio fu pubblicato sulle principali riviste d’architettura, d’arte e di
—Gordon Bunshaft (SOM), Pepsi- —Gordon Bunshaft (SOM), —Gordon Bunshaft (SOM),
arredamento d’interni americane, francesi («Architecture Aujourd’hui», 6,
tetti guardano di nuovo con interesse alla ricca tradizione dicembre 1961, pp. 82-91; «L’Oeil», 87, marzo 1962, pp. 80-87) e Cola Corporation, sede mondiale, Lever House, New York, 1952 Beinecke Rare Book & Manuscript
del movimento moderno, il lavoro di Bunshaft va conside- tedesche («Bauen und Wohnen», 11 aprile 1957, pp. 122-123; 16 gennaio New York, 1956–60 —Gordon Bunshaft (SOM), Library, Yale University, New Haven,
1962, pp. 9-21; «Baukunst und Werkform», 15, 1962, pp. 30-36,
—Gordon Bunshaft (SOM), Lever House, New York, 1952 1963
rato con maggiore (e non minore) attenzione. Bunshaft fu, supplemento 2-4).
Pepsi-Cola Corporation, World —Gordon Bunshaft (SOM),
12 Nicholas Adams (con Nicola McElroy), Column and Frame: Mies van
13
senza vergognarsi di esserlo, un architetto commerciale che der Rohe and Skidmore, Owings & Merrill, in La Colonne: Nouvelle histoire Headquarters, New York, 1956–60 —Gordon Bunshaft (SOM), Beinecke Rare Book & Manuscript
de la construction, a cura di Roberto Gargiani, Presses polytechniques et
lavorò negli ambienti più commerciali e tuttavia riuscì a im- universitaires romandes, Lausanne 2008, pp. 484-493. 11 Manufacturers Trust Company Library, Yale University, New
13 Vedi The Architects from Skid’s Row, in «Fortune», 57, gennaio 1958,
—Gordon Bunshaft (SOM), Bank, New York, 1954 Haven, 1963
porsi con un'identità propria, ricercando i livelli qualitativi pp. 137-140; 210, 212, 215. Citazione a p. 215.
14 Krinsky, Gordon Bunshaft, cit., p. 138. Albright-Knox Art Gallery, —Gordon Bunshaft (SOM),
più elevati, tanto nella progettazione quanto nella costru- 15 Citato in Walter McQuaid, A Daring New Generation of Skyscrapers, nuova ala, Buffalo, 1958–62 Manufacturers Trust Company
zione dei suoi edifici. in «Fortune», 87, febbraio 1973, p. 81.
—Gordon Bunshaft (SOM), Bank, New York, 1954
Albright-Knox Art Gallery
Traduzione italiana di Irene Inserra Extension, Buffalo, 1958–62
per Scriptum, Roma.
1/5
Il padiglione del Venezuela all’Esposizione Universale di New York del 1939
Nicholas Adams
L’Esposizione Universale di New York del 1939–40 fu la medicina e alla salute pubblica. L’unico padiglione nazionale
prima fiera mondiale esplicitamente dedicata al futuro. L’o- firmato dallo studio, il padiglione del Venezuela, era uno dei
belisco Trylon, alto 185 metri, e la Perisphere progettati da progetti che Bunshaft non includeva tra i “pessimi”, o quanto
Wallace Harrison (1895–1981) e André Fouilhoux (1879–1945) meno considerava “quasi buono”. Fu la prima opera su cui ap-
simboleggiavano l’entusiasmo per “il mondo di domani” che pose anche la sua firma3, cogliendo l’occasione per cominciare
animava la manifestazione. Seguendo il loro esempio, gli ar- a sperimentare la nuova architettura moderna che lo aveva
chitetti incaricati di realizzare i vari padiglioni si sentirono in- colpito durante i viaggi in Europa, compiuti grazie alla Rotch
coraggiati a proporre idee sperimentali e innovative. Il Futu- Travelling Fellowship. Nella foto che accompagnava un articolo
rama di Norman Bel Geddes, con il suo sistema di percorsi pubblicato sul quotidiano della sua città natale, Bunshaft è raf-
su più livelli e la simulazione del rumore di aerei che volavano figurato mentre osserva con attenzione un disegno del padi-
a bassa quota, fu una delle costruzioni di maggior successo. glione; nel testo viene citata una sua descrizione dell’Esposi-
Tra i padiglioni dei vari paesi alcuni erano interessanti, altri zione come «un pallone sonda lanciato nel futuro»4.
meno. Quello italiano, firmato da Michele Busiri Vici, non era Il padiglione del Venezuela fu un piccolo segnale della
particolarmente memorabile e presentava una statua della ripresa delle relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e l’A-
dea Roma assisa su un piedistallo alto 60 metri, che si er- merica del Sud5. Nel 1933 il presidente Franklin Delano Ro-
geva su una fontana dedicata a Guglielmo Marconi. La rivi- osevelt aveva lanciato l’iniziativa “Good Neighbor” (“Il buon
sta «Architectural Forum» lo descrisse come: «Una curiosa vicino”) che stabiliva una nuova politica di non intervento
perversione delle convenzioni classiche»1. Molto elogiati fu- e non interferenza nell’area da parte degli Stati Uniti. Da
rono i progetti della Finlandia (Alvar Aalto), della Svezia (Sven quel momento i rapporti con l’America del Sud sarebbero
Markelius) e del Brasile (Lucio Costa e Oscar Niemeyer)2. In stati improntati allo sviluppo economico e alla crescita de-
Museum of the City of New York
genere, poi, le aziende commerciali cercarono di sfruttare la gli scambi commerciali. Uomini come Nelson A. Rockefeller
situazione per dare risalto ai loro prodotti di punta, a disca- (1908–79) avevano tutto l’interesse a promuovere un’imma-
pito dell’architettura dei loro stessi padiglioni. La Continen- gine progressista e moderna dell’America Latina all’Esposi-
tal Baking, per esempio, volle replicare sull’esterno dell’edifi- zione. A quanto pare l’intervento di Rockefeller –che aveva
15 cio, progettato da Skidmore e Owings con John Moss, il mo- lavorato per la Creole Petroleum in Venezuela e la cui madre
—Gordon Bunshaft, proposta per il
Padiglione del Venezuela, veduta
tivo che decorava le confezioni del popolare “Wonder Bread”. era tra i fondatori del Museum of Modern Art di New York–
dall’interno del giardino incorniciato Skidmore e Owings (ai quali non si era ancora unito Mer- ebbe un suo peso nell’assegnazione dell’incarico a Skid-
da una mela, disegnatore John rill) svolsero un ruolo importante all’Esposizione, sia come con- more & Owings (l’unico altro padiglione nazionale con pro-
Moss, 1938
—Gordon Bunshaft, proposal for
sulenti sia come progettisti. Affiancati da John Moss, ottimo di- getto americano fu quello del Cile, ideato da T. Smith-Mil-
the Venezuela Pavilion, view from segnatore, realizzarono nove padiglioni: Swift Premium Meats, ler, Sanders & Breck). Benché due anni prima a Parigi i ve-
interior to the garden framed by an Continental Baking, Radio Corporation of America (RCA), il pa- nezuelani avessero presentato un padiglione neocoloniale
apple, John Moss renderer, 1938
diglione delle Gas Industries, il padiglione Westinghouse, l’edi- di loro progettazione (architetti Luis Malaussena e Carlos
ficio Standard Brands, il Glass Building e lo stand dedicato alla Raúl Villanueva), gli americani pensavano fosse più oppor-
tuno rivolgersi a un architetto del posto6. È possibile, inol- zata da travi a doppia T a flangia larga, lungo la facciata sud9.
tre, che Rockefeller sia stato in qualche modo sollecitato Sul lato inferiore della copertura inclinata, Luis Alfredo López
dai tanto ammirati progetti di Costa e Niemeyer per il padi- Méndez e Miguel Arroyo dipinsero scene di vita quotidiana in
glione del Brasile. Probabilmente Rockefeller e Bunshaft eb- Venezuela, anticipando, secondo Joan Ockman, «l’elegante
bero la possibilità di vederli (Co- integrazione di arte e architettura che segnò i lavori del do-
16 sta e Niemeyer erano entrambi poguerra di Bunshaft»10. Orchidee racchiuse in sfere di ve-
—Gordon Bunshaft, Padiglione del a New York nell’estate del 1938) tro punteggiavano il giardino antistante il padiglione e all’in-
Venezuela, pianta
—Gordon Bunshaft, Venezuela in tempo sufficiente per rendersi terno decoravano delle installazioni simili ad alberi. Il tetto,
Pavilion, plan conto della necessità di proporre comunque, era il motivo architettonico dominante della fac-
qualcosa di moderno per i vene- ciata sud: la gioiosa connessione tra esterno e interno ri-
zuelani, un progetto che, sulla falsariga dell’idea brasiliana, specchiava il clima tropicale del Venezuela, mentre la linea
coniugasse l’architettura moderna e l’espíritu venezolano7. astratta indicava la modernità in via di sviluppo del paese. Le
Di conseguenza, pur includendo stand e allestimenti de- altre facciate erano meno rilevanti. Come rivelano i disegni
dicati a prodotti come il caffè, il cacao e il petrolio «destinati a di Moss, visto da est e da ovest, l’edificio aveva le caratteri-
rappresentare le grandi risorse del Venezuela», il padiglione stiche di una moderna stazione ferroviaria o degli autobus, o
proponeva anche elementi di cultura moderna rappresentati magari di un ufficio postale; richiamava persino il padiglione
dalle decorazioni degli artisti venezuelani dell’epoca. Come d’ingresso progettato da Gunnar Asplund per l’Expo di Stoc-
sottolineato dal console generale all’inaugurazione del padi- colma del 1930. Bunshaft aveva particolarmente ammirato
Note
espresse la necessità di mantenere il controllo su tutti gli 1 «Architectural Forum», 70, giugno 1939, p. 456.
2 «Architectural Forum», 70, giugno 1939, p. 459:
aspetti del progetto). Il «New York Times» descrisse la scena sono riportati i risultati di un sondaggio secondo
cui il padiglione preferito dal pubblico era quello
come un insieme di «bellezza e affari». Particolari consensi ot- dell’Unione Sovietica di Boris Iofan e Karo S.
Alabian.
tennero le orchidee che, stando al quotidiano, «facevano bat- 3 Carol Herselle Krinsky, Gordon Bunshaft:
tere più forte il cuore di tutte le donne»12. Skidmore, Owings & Merrill, Architectural History
Foundation, New York 1988, p. 9.
21 Benché il padiglione avesse un discreto 4 «Buffalo Courier Express», 15 maggio 1939, p. 3.
5 Tra i paesi dell’America del Sud solo il Venezuela,
—Joseph Binder, poster successo –e contribuisse a rinsaldare il rap- il Brasile, l’Argentina e il Cile avevano un loro
dell’Esposizione Universale di New padiglione.
York del 1939–40 raffigurante il porto tra SOM e la famiglia Rockefeller, de- 6 Vedi Lorenzo González Casas, Nelson A.
Ro c kef e l l e r y l a m o d e r n i d a d v e n e z o l a n a :
Trylon e la Perisphere progettati da stinato a durare altri vent’anni– in Venezuela intercambios, empresas y lugares a mediados del
Wallace Harrison e André Fouilhoux fu accolto con qualche polemica13. I costi siglo XX, in Petróleo Nuestro y Ajeno: La illusión del
—Joseph Binder, poster of the modernidad, a cura di Juan José Martín Frechilla e
New York World’s Fair of 1939–40 elevati –sia di manodopera (artisti e musi-
Yolanda Texera Arnal, Universidad Central de
Ve n e z u e l a , C a r a c a s 2 0 0 4 , p p . 1 7 3 - 2 3 4 .
depicting the Trylon and the cisti venezuelani, infatti, non erano iscritti Ovviamente, tra gli architetti venezuelani c’erano
anche esponenti del movimento moderno come
Perisphere designed by Wallace
ai potenti sindacati newyorkesi) sia di ma- Cipriano Domínguez, che aveva lavorato nello
Harrison and André Fouilhoux studio di Le Corbusier a Parigi, Villanueva stesso e
nutenzione– costrinsero il governo a chiu- Manuel Mujica Milán.
7 Vedi Zilah Quezado Deckker, The Brazilian
dere il padiglione dopo il primo anno. Pro- Pavilion at the New York World’s Fair 1939, in Brazil
babilmente anche gli architetti venezuelani non gradirono l’as- Built: The Architecture of the Modern Movement in
Wurts Brothers, Museum of the City of New York
Web
Sergio Polano