1Il mito
o 1.1L'identità
o 1.2La versione di Igino
o 1.3La versione di Diodoro Siculo
o 1.4L'Odissea
1.4.1Esegesi
o 1.5L'Eneide
2Note al testo
3Note
4Bibliografia
5Voci correlate
6Altri progetti
7Collegamenti esterni
Il mito[modifica | modifica wikitesto]
L'identità[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Eolo (figlio di Poseidone) ed Eolo (figlio di Elleno).
Sull'identità di Eolo non c'è accordo tra i mitografi. I principali Eolo citati nella mitologia
greca sono i seguenti:
Secondo Diodoro Siculo, quando Melanippe rivelò al padre di aver avuto i due gemelli
Eolo e Beoto, egli non accecò la donna, ma la affidò a uno straniero che viveva nella città
di Metaponto perché la portasse via con sé, insieme ai suoi bambini. L'uomo, consigliato
da un oracolo, decise di adottare i due piccoli, portando con sé anche la loro madre,
nonostante avesse già una moglie chiamata Autolita o Siri. Melanippe e i bambini
andarono quindi a vivere a Metaponto.[3]
Diventati adulti, grazie ad una sommossa popolare Eolo e Beoto riuscirono a ottenere il
trono di Metaponto, tuttavia in seguito si macchiarono di un terribile delitto: uccisero
Autolita, moglie del loro padre adottivo, rea solo di aver avuto un diverbio con la loro
madre Melanippe. Eolo e Beoto dovettero quindi fuggire: il secondo si rifugiò in una terra
che in seguito fu chiamata Beozia, mentre il primo, insieme a un drappello di seguaci, si
imbarcò e arrivò nell'isola di Lipari.[3]
Qui Eolo conobbe Liparo, sovrano dell'isola, e si mostrò subito amichevole e collaborativo
con lui, esortando i suoi seguaci a fare altrettanto. Così Eolo e Liparo fecero amicizia, al
punto che si fecero uno scambio: Eolo aiutò Liparo a tornare nel continente, da cui
proveniva e di cui aveva nostalgia, occupando una zona nei pressi di Sorrento; in cambio
Liparo cedette a Eolo il dominio sulle isole Eolie, che da lui presero il nome. Eolo sposò la
figlia di Liparo, Ciane, regnò per molti anni ed ebbe sei figli, che divennero sovrani di vari
territori siciliani. Il più importante di essi fu Giocasto, eroe fondatore di Reggio Calabria.[3]
Secondo Diodoro Siculo, col passare del tempo Eolo si fece la fama di avere il potere di
controllare i venti, ed è quindi per questo che nell'Odissea è così presentato. Tuttavia, in
realtà non aveva questa capacità: a dare a Eolo tale fama fu piuttosto la sua abilità
nell'uso delle vele e il fatto che, osservando il fumo dei vulcani delle isole Eolie, sapesse
prevedere la direzione del vento senza mai sbagliare.[3]
L'Odissea[modifica | modifica wikitesto]
In un famoso episodio dell'Odissea (libro X), Ulisse approda sull'isola di Eolia, dove
incontra Eolo, descritto come il re dei venti e padre di dodici figli (sei figli e sei figlie), che
ha fatto sposare tra loro.[Nota al testo 1] Egli, saggio e ospitale, consegna a Ulisse un otre che
racchiude tutti quanti i venti ad eccezione di uno, che lo condurrà a casa. Ulisse riparte e
dopo nove giorni di navigazione, quando già è in vista di Itaca, viene colto dal sonno.
Allora i suoi compagni ne approfittano per aprire l'otre, credendolo pieno di oggetti
preziosi. In questo modo, tutti i venti si liberano e si scatena una grande tempesta, che
allontana Ulisse e l'equipaggio da Itaca e li spinge di nuovo nei pressi dell'isola di Eolia.
Essi si rivolgono quindi nuovamente a Eolo, questa volta però il re dei venti,
considerandoli invisi agli dei, li manda via senza più aiutarli.[1]
Fin dall'antichità parecchi autori (per esempio Diodoro Siculo) hanno considerato l'Eolo
fratello di Beoto e l'Eolo dell'Odissea come una sola persona, altri come due personaggi
distinti.[Nota al testo 2] Tuttavia esiste un'ulteriore incertezza: ci sono autori secondo cui si tratta
invece dell'altro Eolo, il padre di Melanippe.[4]
Esegesi[modifica | modifica wikitesto]
Poiché gli dei non condannarono l'incesto che perpetravano i dodici figli di Eolo, è
probabile che il mito racconti di tribù pelasgiche che erano rimaste fedeli al culto titanico, il
cui pantheon era costituito da sei titani maschi e sei titani femmine, tra di loro fratelli e,
nonostante ciò, sposi. Ciò spiegherebbe i privilegi, di tipo divino, di cui godettero, cioè di
abitare, felici, su isole serene e libere.[5]
L'Eneide[modifica | modifica wikitesto]
Note[modifica | modifica wikitesto]
1. ^ Salta a:a b Grimal, pp. 210-211; Omero, Odissea, libro X, vv. 1 ss.
2. ^ Salta a:a b c Grimal, p. 210; Igino, Fabulae, 157 e
186; Strabone, Geografia, 6, 265.
3. ^ Salta a:a b c d Grimal, pp. 210-211; Diodoro Siculo, Bibliotheca
historica, 4.67.3, 4.7.6, 4.8.3.
4. ^ Grimal, pp. 210-211; Graves, p. 143; Diodoro
Siculo, Bibliotheca historica, 4.67.3, 4.7.6, 4.8.3.
5. ^ Graves, p. 145.
6. ^ Virgilio, Eneide, libro I, vv. 77-78: "Il mio compito è / di eseguire
i tuoi comandi".
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
Pierre Grimal, Mitologia, Garzanti, 2005, ISBN 88-11-
50482-1.
Robert Graves, I miti greci, Longanesi,
2018 [1963], ISBN 978-88-304-0923-1.
V · D · M
Personaggi dell'Odissea
mostra
V · D · M