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Il palazzo[modifica | modifica wikitesto]
La reggia, definita l'ultima grande realizzazione del Barocco italiano[9], fu terminata
nel 1845 (sebbene fosse già abitata nel 1780), risultando un grandioso complesso di 1 200
stanze e 1 742 finestre, per una spesa complessiva di 8 711 000 ducati. Nel lato
meridionale, il palazzo è lungo 249 metri, alto 37,83, decorato con dodici colonne. La
facciata principale presenta un avancorpo centrale sormontato da un frontone; ai lati del
prospetto, dove il corpo di fabbrica longitudinale si interseca con quello trasversale, si
innestano altri due avancorpi. Secondo il progetto vanvitelliano quattro statue colossali,
mai realizzate, avrebbero dovuto ornare l'ingresso principale, rappresentanti quattro
Principesche Virtù, disposte in quest'ordineː Magnificenza, Giustizia, Clemenza, Pace[10].
La facciata sul giardino è uguale alla precedente, ma presenta finestre inquadrate
da lesene scanalate.
Il palazzo ricopre un'area di circa 47.000 m²;[11] dispone di 1 026 fumaroli e 34 scale[12].
Oltre alla costruzione perimetrale rettangolare, il palazzo ha, all'interno del rettangolo, due
corpi di fabbricato che s'intersecano a croce e formano quattro vasti cortili interni di oltre
3.800 m² ciascuno.
Oltre la soglia dell'entrata principale alla reggia si apre un vasto vestibolo ottagonale del
diametro di 15,22 metri, adorno di venti colonne doriche. A destra e a sinistra si
inseriscono i passaggi che portano ai cortili interni, mentre frontalmente un triplice
porticato immette al centro topografico della reggia.
In fondo, un terzo vestibolo dà adito al parco. Su un lato del vestibolo ottagonale si apre il
magnifico scalone reale a doppia rampa, un autentico capolavoro di architettura tardo
barocca, largo 18,50 metri alto 14,50 metri e dotato di 117 gradini, immortalato in
numerose pellicole cinematografiche. Ai margini del primo pianerottolo della scalinata si
trovano due leoni in marmo di Pietro Solari e Paolo Persico, mentre il soffitto,
caratterizzato da una doppia volta ellittica, fu affrescato da Girolamo Starace-
Franchis con Le quattro Stagioni e La reggia di Apollo; sulla parete centrale è addossata
una statua di Carlo di Borbone, opera di Tommaso Solari, affiancata da La verità e Il
merito, realizzate rispettivamente da Andrea Violani e Gaetano Salomone. Di fronte alla
scalinata fu collocato nel 1807 l’Ercole latino, celebre statua classica detta anche Ercole
Farnese in riposo rinvenuta nell’agosto 1545 nelle Terme di Caracalla insieme al più
famoso Ercole Farnese, oggi conservato al Museo Archeologico di Napoli. La statua,
restaurata dallo scultore Angelo Brunelli, è posta sul piedistallo con il motto Gloria virtutem
post fortia facta coronat, in luogo di una fontana con Ercole incoronato dalla Gloria
prevista dal Vanvitelli e mai realizzata[13].
Cappella Palatina
Il Presepe Reale è allestito nella Sala Ellittica della reggia. La tradizione del presepe
natalizio venne inaugurata da Carlo di Borbone e poi ripresa dai suoi successori: è
soprattutto Francesco I, vero appassionato delle figure presepiali, che si rivelerà un
grande collezionista di pastori. Nell'archivio storico della reggia si ha testimonianza di
come la realizzazione del presepio ogni Natale coinvolgesse non solo artisti e artigiani di
corte, tra i quali i due pittori e scenografi Salvatore Fergola e Giovanni Cobianchi, ma
anche le principesse e le dame di Corte, abilissime nel confezionamento degli abiti delle
figure.[15] La struttura di base, detta “Lo scoglio”, è realizzata in sughero ed occupa una
superficie di 40 metri quadri; su questa sono collocate le 1200 figure secondo rigide regole
e nel rispetto delle scene canoniche. Le più importanti sono realizzate interamente in
terracotta, mentre quelle minori sono composte di un'anima di stoppa, sorretta da un fil di
ferro, con solo la testa, le mani e i piedi in terracotta. Quello che si può vedere oggi
esposto nella Sala Ellittica è una ricostruzione del 1988 del maestoso presepe del 1844
voluto da Ferdinando II: l'originale andò tragicamente perduto a seguito del furto subito nel
1985.[16] Oltre alle scene tradizionali della Natività con l'Adorazione dei Magi si possono
vedere altre scene, come il Pascolo delle bufale, la Sosta alla fontana, il Mercato e
la Taverna Napoletana con figure di musici e avventori, utili ai fini della ricostruzione della
vita quotidiana dell'epoca. Notevole è l'utilizzo di minuterie, tipiche del presepe napoletano
settecentesco.
Terrae Motus[modifica | modifica wikitesto]
Si tratta di una collezione di arte contemporanea, voluta da Lucio Amelio, donata alla
reggia nel 1994: comprende circa una settantina di opere di autori come Joseph
Beuys, Keith Haring, Anselm Kiefer, Andy Warhol e artisti italiani[17].
Parco[modifica | modifica wikitesto]
Veduta del parco
Il parco della reggia si estende per 3 chilometri di lunghezza, con sviluppo sud-nord, su
120 ettari di superficie. In corrispondenza del centro della facciata posteriore del palazzo si
dipartono due lunghi viali paralleli fra i quali si interpongono una serie di suggestive
fontane che, partendo dal limitare settentrionale del giardino all'italiana, collegano a
questo il giardino all'inglese:
la Fontana Margherita;
la Vasca e Fontana dei Delfini;
la Vasca e Fontana di Eolo;
la Vasca e Fontana di Cerere;
Cascatelle e Fontana di Venere e Adone;
La fontana di Diana e Atteone, sovrastata dalla Grande
Cascata.
Le vasche sono popolate da numerosi pesci, specialmente carpe e carassidi, e vi
vegetano piante acquatiche delle specie Myriophyllum spicatum e Potamogeton crispus.
La Fontana Margherita, o del Canestro, chiude il giardino all'italiana e apre il percorso
verso l'inglese con la prima delle vasche a sviluppo longitudinale.
La Fontana dei tre delfini rappresenta la figura di un mostro marino con la testa e il corpo
di un delfino. L'opera fu eseguita da Gaetano Salomone. Quella dei Delfini, presenta una
vasca misurante 470 metri per una larghezza di 27 e una profondità di 3 metri. Prende il
nome dalla soprastante fontana formata da giganteschi delfini di foggia grottesca dalle cui
bocche proviene l'acqua che l'alimenta.
Fontana di Eolo e alle spalle la cascata
Nell'area del Giardino all'italiana si giunge alla Peschiera Vecchia, costruita nel 1769 e
voluta da Ferdinando IV per dilettarsi con piccole battaglie navali, mentre la Castelluccia,
prima che fosse adibita ad abitazione per scampagnate, era il centro delle finte battaglie
terrestri. Nella vasca, si allevavano i pesci che venivano serviti alla mensa reale. Tale
vasca, venne realizzata sotto la direzione dall'architetto Collecini, durante l'assenza del
maestro, che realizza come responsabile generale dei lavori. Collecini si dedica alla
costruzione della Peschiera nel parco e rimoderna l'edificio della Castelluccia,
nell'estremità orientale del bosco, trasformandolo in padiglione di giochi per il diciottenne
re Ferdinando. Nel 1789 termina la costruzione della grande vasca con un isolotto al
centro che per le sue dimensioni (270 x 105 m) è chiamata poi Peschiera Grande.La
vasca presenta una pianta rettangolare delimitata da un parapetto interrotto da
imbarcaderi che si affacciano sullo specchio d'acqua.
Il luogo era destinato alle esercitazioni per le battaglie navali del piccolo Ferdinando IV e
prevedeva l'impiego di modellini appositamente costruiti. Al centro della vasca si distingue,
sotto la folta vegetazione, un isolotto detto la “pagliara”, che doveva contenere un
padiglione con frecce e cannoncini, poi trasformato in luogo per l'intrattenimento degli
ospiti. Le battaglie navali si svolgevano nella Peschiera Grande e consistevano in un
assalto che il re in persona, a capo di una flottiglia di barche, conduceva contro la
"pagliara" che sorgeva sull'isolotto, munita come un fortino di "saettiere" e cannoncini. Per
la manutenzione della "flotta" erano stati trasferiti appositamente un congruo numero di
marinai, i "Liparoti" originari dell'isola di Lipari per i quali era stato costruito un apposito
quartiere nei pressi della "peschiera". Durante le simulazioni militari, seppur in piccola
dimensione, furono utilizzati dei veri e propri cannoncini, fucili e mortai.
Si tratta di un lago artificiale costruito nel Parco della Reggia nell'anno 1769 dall'architetto
Collecini. Il lago, con un isolotto al centro, è lungo 270 metri, largo 105 e profondo 3,50.
Tra il 1769 e il 1773, progettato per il divertimento del Re Ferdinando IV, vi si svolgevano
finte battaglie terrestri e marittime con modelli di navi in scala ridotta. Vennero anche
insediati in alcune abitazioni, nei pressi della vasca, dei marinai con le loro famiglie;
"Liparoti" per poter organizzare i giochi nautici.
Poco distante si trova la Castelluccia, una sorta di fortezza in miniatura edificata nel 1769
per il divertimento e, forse, l'istruzione militare dei Principi reali. In origine, la torre
ottagonale, il ponte levatoio, e soprattutto, una cinta bastionata, rendevano chiaro il
carattere militare (sia pure di gioco) della struttura. Ma, nel 1819 la trasformazione dei
bastioni in giardini ha modificato il disegno iniziale.
Giardino all'inglese[modifica | modifica wikitesto]
Scorcio del giardino inglese
All'interno del parco fu realizzato da John Andrea Graefer un giardino voluto dalla
regina Maria Carolina d'Asburgo-Lorena, moglie di Ferdinando IV, secondo i dettami
dell'epoca che videro prevalere il giardino detto "di paesaggio" o "all'inglese",
sottolineatura dell'origine britannica di spazi il più possibile fedeli alla natura (o almeno alla
sua interpretazione secondo i canoni del Romanticismo).
La regina fu convinta da sir William Hamilton, inviato straordinario di sua maestà britannica
presso il Regno delle Due Sicilie il quale, per individuare l'esperto progettista del giardino,
si rivolse a sir Joseph Banks, noto per gli studi botanico-naturalisti e per aver partecipato
con il capitano James Cook alla leggendaria spedizione dell'Endeavour. La scelta cadde
su John Andrew Graefer, figura di spicco tra i botanici anglosassoni, allievo di Philip Miller.
Graefer era noto nell'ambiente botanico internazionale anche per aver introdotto in
Inghilterra numerose piante esotiche, alcune delle quali dal remoto Giappone.
L'opera di John Andrea Graefer cominciò nel 1786 e consentì al giardino di formarsi, di
anno in anno, con piante e sementi individuate a Capri, Maiori, Vietri, Salerno, Cava de'
Tirreni, Agnano, Solfatara, Gaeta. Nel 1789, mentre proseguiva il suo lavoro al Giardino
Inglese, Graefer pubblicò in Inghilterra il Catalogo descrittivo di oltre millecento Specie e
Varietà di Piante Erbacee e Perenni.
Il giardino è caratterizzato dall'apparente disordine "naturale" di piante (molte le essenze
rare e, comunque, non autoctone), corsi d'acqua, laghetti, "rovine" secondo la moda
nascente derivata dai recenti scavi pompeiani. Di spicco, il bagno di Venere,
il Criptoportico, i ruderi del Tempio dorico.
Le fontane del parco sono alimentate dall'acquedotto Carolino, che fu inaugurato
nel 1762 da re Ferdinando IV. Quest'opera che attinge l'acqua a 41 km di distanza è, per
la maggior parte, costruita in gallerie, che attraversano 6 rilievi, e 3 viadotti (molto noto
quello denominato "I ponti della Valle" sito in Valle di Maddaloni, di 60 metri di altezza e
528 metri di lunghezza, ispirato agli acquedotti di epoca romana).
Il suo autore, John Andrea Graefer, lasciò la Reggia di Caserta il 23
dicembre 1798 imbarcandosi sulla nave dell'ammiraglio Horatio Nelson insieme con la
famiglia reale in fuga dall'arrivo dei francesi. Il giardino fu curato negli anni successivi dai
tre figli di Graefer che presero in fitto il giardino dal Direttorio francese di Napoli e lo
curarono salvandolo dalla rovina.
Curiosità[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1861, con la nascita del Regno d'Italia, funzionari sabaudi censirono quanto contenuto
nella Reggia. Il bidet fu così inventariato: "strano oggetto a forma di chitarra"[19].
Nel 2019 ha ospitato le gare di tiro con l'arco della XXX Universiade.
Note[modifica | modifica wikitesto]
1. ^ 2017. Tutti i numeri dei musei italiani, su beniculturali.it. URL
consultato l'8 gennaio 2018..
2. ^ Ferrand.
3. ^ (EN) Lista dei patrimoni dell'umanità, su Whc.unesco.org. URL
consultato il 5 gennaio 2016.
4. ^ Cfr. DM 23 gennaio 2016, n. 43.
5. ^ Giancarlo Alisio, Urbanistica napoletana del Settecento, 1993
6. ^ Gravagnuolo Benedetto, Architettura del Settecento a Napoli -
dal barocco al classicismo, 2010.
7. ^ Defilippis: Il Palazzo reale di Caserta e i Borboni di Napoli, pág.
32. La regina aveva già decorato per sua iniziativa i suoi
appartamenti privati a Capodimonte e Portici
8. ^ Defilippis: Il Palazzo reale di Caserta e i Borboni di Napoli, pág.
32.
9. ^ N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura,
Torino 1981, voce Vanvitelli, Luigi.
10. ^ R. Cioffi, "Sovranità e Grazia nelle sculture della reggia di
Caserta", in "Terra di Lavoro: i luoghi della Storia", a cura di L.
Mascilli Migliorini, Avellino, Sellino, 2009, pp. 233-251.
11. ^ CampaniaBeniCulturali - Reggia di Caserta,
su reggiadicaserta.beniculturali.it. URL consultato il 29 marzo
2012 (archiviato dall'url originale il 30 aprile 2012).
12. ^ Royal Palace of Caserta guide, page 6, box: "I numeri della
Reggia di Caserta", su issuu.com.
13. ^ Valentina Maderna, Civiltà del ‘700 a Napoli, Catalogo della
Mostra in Napoli e Caserta, dicembre 1979
14. ^ Le notizie sulla Quadreria sono tratte da: Carmine Negro La
Reggia di Caserta riapre al pubblico con un nuovo allestimento
“Maestà Regia - Arte a Palazzo sul sito [1] (PDF)
15. ^ La sala del presepe, su reggiadicaserta.beniculturali.it. URL
consultato il 4 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2017).
16. ^ Rubato dalla Reggia l'intero presepe settecentesco, in Archivio
- la Repubblica.it. URL consultato il 3 ottobre 2017.
17. ^ Collezione "Terrae Motus", su arte.it. URL consultato il 24 giugno
2016.
18. ^ In origine la Reggia di Caserta non doveva essere inserita nella
lista delle location destinate alle riprese del film, ma vi è entrata
dopo che la Diocesi di Roma ha negato al cast il permesso di
filmare all'interno delle chiese romane di Santa Maria del
Popolo e di Santa Maria della Vittoria.
19. ^ Erminio De Biase, L'Inghilterra contro il Regno delle Due
Sicilie: vivi e lascia morire, 2002, p. 159.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
Franck Ferrand, Dictionnaire amoureux de Versailles,
Parigi, EDI8, 2013, ISBN 978-22-592-2267-9.
(A cura di) Rosanna Cioffi Casa di Re - Un secolo di
storia alla Reggia di Caserta 1752 - 1860, 2004, Milano
- Firenze, Skira editore - Artificio srl, ISBN 88-7624-
207-4.
(A cura di) Gian Marco Jacobitti e Anna Maria
Romano, Il Palazzo Reale di Caserta, Napoli, Electa,
2003, ISBN 88-510-0185-5.
Felice Defilippis Il Palazzo reale di Caserta e i Borboni
di Napoli - Di Mauro Editore, 1968, Cava dei Tirreni.
Carlo Knight (con introduzione di Harold Hacton), Il
Giardino Inglese di Caserta, Un'avventura
settecentesca, Sergio Civita Editore, 1986.
Norberto Hadrava, Ragguagli di vari scavi e scoverte di
antichità fatte nell'isola di Capri, Napoli 1793, Ristampa
Napoli 1984
Touring Club Italiano-La Biblioteca di
Repubblica, L'Italia: La Campania, Touring editore,
2004.
Hersey, George. Architecture, Poetry, and Number in
the Royal Palace at Caserta, (Cambridge: MIT Press)
1983. Caserta interpreted through the Neapolitan
philosopher Giambattista Vico
V · D · M
Luigi Vanvitelli
mostra
V · D · M
V · D · M
UNESCO — Patrimoni dell'umanità in It
mostra
V · D · M