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Le origini della reggia[modifica 

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Luigi Vanvitelli, l'architetto della reggia

Il Palazzo reale di Caserta fu voluto dal Re di Napoli Carlo di Borbone, il quale, preso da


una "competizione" con i reali francesi e desideroso di donare a Napoli strutture tali da
poter svolgere un ruolo di città-capitale di livello europeo[5], decise di inaugurare una
reggia che potesse rivaleggiare in magnificenza e imponenza con quella di Versailles[6].
Per motivi di sicurezza, la località prescelta fu Casertavecchia a circa 15 km a nord dalla
capitale (vedi spedizione navale britannica contro Napoli del 1742).
Dopo il rifiuto di Nicola Salvi, afflitto da gravi problemi di salute, il sovrano si rivolse
all'architetto Luigi Vanvitelli, a quel tempo impegnato nei lavori di restauro della basilica di
Loreto per conto dello Stato Pontificio. Carlo di Borbone ottenne dal Papa di poter
incaricare l'artista e nel frattempo acquistò l'area necessaria, dove sorgeva il palazzo
cinquecentesco degli Acquaviva, dal loro erede duca Michelangelo Caetani, pagandola
489.343 ducati, una somma che seppur enorme fu certamente oggetto di un forte sconto:
Gaetani, infatti, aveva già subìto la confisca di una parte del patrimonio per i suoi trascorsi
antiborbonici.
Il re chiese che il progetto comprendesse, oltre al palazzo, il parco e la sistemazione
dell'area urbana circostante, con l'approvvigionamento da un
nuovo acquedotto (Acquedotto Carolino) che attraversasse l'annesso complesso di San
Leucio. La nuova reggia doveva essere simbolo del nuovo stato borbonico e manifestare
potenza e grandiosità, ma anche essere efficiente e razionale.
Il progetto si inseriva nel più ampio piano politico di re Carlo di Borbone, che
probabilmente voleva anche spostare alcune strutture amministrative dello Stato nella
nuova Reggia, collegandola alla capitale Napoli con un vialone monumentale di oltre
15 km. Questo piano fu però realizzato solo in parte; anche lo stesso palazzo reale non fu
completato della cupola e delle torri angolari previste inizialmente.
Vanvitelli giunse a Caserta nel 1751 e diede inizio subito alla progettazione del palazzo,
commissionatogli con l'obbligo di farne uno dei più belli d'Europa. Il 22 novembre di
quell'anno l'architetto sottopose al re di Napoli il progetto definitivo per l'approvazione. Due
mesi dopo, il 20 gennaio 1752, genetliaco del re, nel corso di una solenne cerimonia alla
presenza della famiglia reale con squadroni di cavalleggeri e di dragoni che segnavano il
perimetro dell'edificio, fu posta la prima pietra. Tale momento viene ricordato dall'affresco
di Gennaro Maldarelli che campeggia nella volta della Sala del Trono.
L'opera faraonica che il re di Napoli gli aveva richiesto spinse Vanvitelli a circondarsi di
validi collaboratori: Marcello Fronton lo affiancò nei lavori del palazzo, Francesco
Collecini in quelli del parco e dell'acquedotto, mentre Martin Biancour, di Parigi, venne
nominato capo-giardiniere. L'anno dopo, quando i lavori della reggia erano già a buon
punto, venne cominciata la costruzione del parco. I lavori durarono complessivamente
diversi anni e alcuni dettagli rimasero incompiuti. Nel 1759, infatti, Carlo di Borbone di
Napoli era salito al trono di Spagna (con il nome di Carlo III) e aveva lasciato Napoli
per Madrid.
I sovrani che gli succedettero, Gioacchino Murat, che all'abbellimento della reggia diede
un certo contributo, Ferdinando IV (divenuto poi dopo il congresso di Vienna Ferdinando I
delle Due Sicilie), Francesco I, Ferdinando II e Francesco II, col quale ebbe termine
in Italia la dinastia dei Borbone, non condivisero lo stesso entusiasmo di Carlo di Borbone
per la realizzazione della Reggia. Inoltre, mentre ancora nel XVIII secolo non era difficile
reperire manodopera economica grazie ai cosiddetti barbareschi catturati dalle navi
napoletane nelle operazioni di repressione della pirateria praticata dalle popolazioni
rivierasche del Nordafrica, tale fonte di manodopera si azzerò nel secolo successivo con il
controllo francese dell'Algeria.
Infine, il 1º marzo 1773 morì Vanvitelli al quale successe il figlio Carlo: questi, anch'egli
valido architetto, era però meno estroso e caparbio del padre, al punto che trovò notevoli
difficoltà a compiere l'opera secondo il progetto paterno.
Nel 1787 giunse alla Reggia lo scrittore Goethe mentre eseguiva il suo Grand Tour, il
quale meravigliato dai giardini così descrisse quella visita:
«La posizione è di eccezionale bellezza, nella più lussureggiante piana del mondo, ma con estesi giardini che
si prolungano fin sulle colline; un acquedotto v'induce un intero fiume, che abbevera il palazzo e le sue
adiacenze, e questa massa acquea si può trasformare, riversandola su rocce artificiali, in una meravigliosa
cascata. I giardini sono belli e armonizzano assai con questa contrada che è un solo giardino.»
(Johann Wolfgang von Goethe, Viaggio in Italia)
Residenza reale[modifica | modifica wikitesto]
Re Ferdinando IV di Napoli elesse la reggia di Caserta a propria residenza di caccia,
convincendosi a lasciare il Palazzo Reale di Portici dopo l'eruzione del Vesuvio del 1767.
Sua moglie, Maria Carolina, si prese a cuore la decorazione del nuovo palazzo
dimostrando un gusto particolare,[7] riunendo a Caserta un'importante pinacoteca ed una
notevole collezione di porcellane.
La proclamazione della Repubblica Partenopea nel 1799 espropriò il palazzo e le altre
proprietà della corona alla famiglia reale che in quel medesimo anno chiese aiuto agli altri
regnanti d'Europa per salvarsi dalle ondate rivoluzionarie nel Regno di Napoli. L'edificio
non subì grandi danni, ma venne depredato di gran parte del prezioso mobilio interno, di
cui alcuni pezzi vennero recuperati in seguito con la Restaurazione.[8] Fu la stessa regina
ad occuparsi di questo aspetto della struttura, facendole riprendere l'aspetto che
sostanzialmente mantiene ancora oggi.
Nel 1806, Napoleone conquistò il Regno di Napoli e ne concesse la corona a suo
fratello Giuseppe. La famiglia reale borbonica dovette cercare rifugio
in Sicilia abbandonando tutte le proprietà alla penisola, che passarono di mano al nuovo
re. Con la conquista della Spagna nel 1808, Giuseppe venne inviato come sovrano del
nuovo stato conquistato e Gioacchino Murat prese il suo posto come re di Napoli. Murat
ebbe sempre una particolare predilezione per il palazzo di Caserta dove fece realizzare un
intero appartamento di stile impero.
Dopo il Congresso di Vienna del 1815, venne restaurata la monarchia borbonica nel
nuovo Regno delle Due Sicilie. Successivamente, il palazzo servì come residenza di
caccia dei re borbonici, ma entrò in uno stato di decadenza. Nel 1860 l'intero regno venne
incorporato nel neonato Regno d'Italia ed il palazzo venne utilizzato occasionalmente per
alcuni membri di casa Savoia come per Emanuele Filiberto-duca d'Aosta, sino a
quando Vittorio Emanuele III non lo cedette allo stato italiano nel 1919.

Il palazzo[modifica | modifica wikitesto]
La reggia, definita l'ultima grande realizzazione del Barocco italiano[9], fu terminata
nel 1845 (sebbene fosse già abitata nel 1780), risultando un grandioso complesso di 1 200
stanze e 1 742 finestre, per una spesa complessiva di 8 711 000 ducati. Nel lato
meridionale, il palazzo è lungo 249 metri, alto 37,83, decorato con dodici colonne. La
facciata principale presenta un avancorpo centrale sormontato da un frontone; ai lati del
prospetto, dove il corpo di fabbrica longitudinale si interseca con quello trasversale, si
innestano altri due avancorpi. Secondo il progetto vanvitelliano quattro statue colossali,
mai realizzate, avrebbero dovuto ornare l'ingresso principale, rappresentanti quattro
Principesche Virtù, disposte in quest'ordineː Magnificenza, Giustizia, Clemenza, Pace[10].
La facciata sul giardino è uguale alla precedente, ma presenta finestre inquadrate
da lesene scanalate.
Il palazzo ricopre un'area di circa 47.000 m²;[11] dispone di 1 026 fumaroli e 34 scale[12].
Oltre alla costruzione perimetrale rettangolare, il palazzo ha, all'interno del rettangolo, due
corpi di fabbricato che s'intersecano a croce e formano quattro vasti cortili interni di oltre
3.800 m² ciascuno.
Oltre la soglia dell'entrata principale alla reggia si apre un vasto vestibolo ottagonale del
diametro di 15,22 metri, adorno di venti colonne doriche. A destra e a sinistra si
inseriscono i passaggi che portano ai cortili interni, mentre frontalmente un triplice
porticato immette al centro topografico della reggia.
In fondo, un terzo vestibolo dà adito al parco. Su un lato del vestibolo ottagonale si apre il
magnifico scalone reale a doppia rampa, un autentico capolavoro di architettura tardo
barocca, largo 18,50 metri alto 14,50 metri e dotato di 117 gradini, immortalato in
numerose pellicole cinematografiche. Ai margini del primo pianerottolo della scalinata si
trovano due leoni in marmo di Pietro Solari e Paolo Persico, mentre il soffitto,
caratterizzato da una doppia volta ellittica, fu affrescato da Girolamo Starace-
Franchis con Le quattro Stagioni e La reggia di Apollo; sulla parete centrale è addossata
una statua di Carlo di Borbone, opera di Tommaso Solari, affiancata da La verità e Il
merito, realizzate rispettivamente da Andrea Violani e Gaetano Salomone. Di fronte alla
scalinata fu collocato nel 1807 l’Ercole latino, celebre statua classica detta anche Ercole
Farnese in riposo rinvenuta nell’agosto 1545 nelle Terme di Caracalla insieme al più
famoso Ercole Farnese, oggi conservato al Museo Archeologico di Napoli. La statua,
restaurata dallo scultore Angelo Brunelli, è posta sul piedistallo con il motto Gloria virtutem
post fortia facta coronat, in luogo di una fontana con Ercole incoronato dalla Gloria
prevista dal Vanvitelli e mai realizzata[13].
Cappella Palatina

La doppia rampa si conclude in un vestibolo posto al centro dell'intera costruzione. Di


fronte si trova l'accesso alla grande Cappella Palatina, ispirata a quella della Reggia di
Versailles; questo spazio, definito da un'elegante teoria di colonne binate che sostengono
una volta a botte, è stato danneggiato durante la seconda guerra mondiale, quando
andarono perduti gli organi e tutti gli arredi sacri, e quindi restaurato.
Sul retro della cappella, ancora inglobato all'interno del palazzo, è posto il Teatro di Corte,
caratterizzato da una pianta a ferro di cavallo, con una capienza di 450 posti: fu inaugurato
nel 1769 alla presenza di Ferdinando I delle Due Sicilie.
Invece, alla sinistra del vestibolo si accede agli appartamenti veri e propri. La prima sala è
quella degli Alabardieri, con dipinti di Domenico Mondo (1785), alla quale segue quella
delle guardie del corpo, arredata in stile Impero e impreziosita da dodici bassorilievi di
Gaetano Salomone, Paolo Persico e Tommaso Bucciano. La successiva sala, intitolata ad
Alessandro il Grande e detta del "baciamano", è affrescata da Mariano Rossi, che vi
rappresentò il matrimonio tra Alessandro e Rossane (1787). Si trova al centro della
facciata principale e funge da disimpegno tra l'Appartamento Vecchio e l'Appartamento
Nuovo.

Sala del trono

L'Appartamento Vecchio, posto sulla sinistra, fu il primo a essere abitato da Ferdinando


IV e dalla consorte Maria Carolina ed è composto da una serie di stanze con pareti
rivestite in seta della fabbrica di San Leucio. Le prime quattro stanze, di conversazione,
sono dedicate alle quattro stagioni e affrescate da artisti come Antonio Dominici e Fedele
Fischetti. Segue lo studio di Ferdinando II, con dipinti a tempera di Jakob Philipp
Hackert che rappresentano vedute di Capri, Persano, Ischia, la Vacchieria di San
Leucio, Cava de' Tirreni e il giardino inglese della reggia stessa. Dallo studio si accede,
mediante un disimpegno, alla camera da letto di Ferdinando II, i cui mobili però furono
distrutti e rifatti in stile Impero dopo la morte del sovrano a causa di una malattia
contagiosa. Oltre la camera è la sala dei ricevimenti, che, mediante una serie di
anticamere, è collegata direttamente alla Biblioteca Palatina e quindi alla cosiddetta Sala
Ellittica, che ospita un notevole esempio di presepe napoletano.
L'Appartamento Nuovo, posto sulla destra della sala di Alessandro il Grande, fu costruito
tra il 1806 e il 1845. Vi si accede tramite la Sala di Marte, progettata da Antonio de
Simone in stile neoclassico e affrescata da Antonio Galliano. Proseguendo oltre
l'adiacente Sala di Astrea, con rilievi e stucchi dorati di Valerio Villareale e Domenico
Masucci, si giunge quindi all'imponente Sala del Trono, che rappresenta l'ambiente più
ricco e suggestivo degli appartamenti reali. Questo era il luogo dove il re riceveva
ambasciatori e delegazioni ufficiali, in cui si amministrava la giustizia del sovrano e si
tenevano i fastosi balli di corte. Una sala lunga 36 metri e larga 13,50, ricchissima di
dorature e pitture, che fu terminata nel 1845 su progetto dell'architetto Gaetano Genovese.
Intorno alle pareti corre una serie di medaglioni dorati con l'effigie di tutti i sovrani di
Napoli, da Ruggero d'Altavilla a Ferdinando II di Borbone (tranne Giuseppe
Bonaparte e Gioacchino Murat), poi un'altra serie con gli stemmi di tutte le province del
regno, mentre nella volta domina l'affresco di Gennaro Maldarelli (1844) che ricorda la
cerimonia della posa della prima pietra. Le successive stanze rappresentano il cuore
dell'Appartamento Nuovo e furono ultimate dopo il 1816. Tra queste si ricorda la camera
di Gioacchino Murat, in stile Impero, con mobili in mogano e sedie con le iniziali dello
stesso Murat.
Quadreria[modifica | modifica wikitesto]
 Sala I. Conserva i dipinti orientalisti di Michele
Scaroina, che attestano l'interesse sempre vivo da
parte della corte borbonica per la civiltà orientale.
 Sala II. Raccoglie le opere dei migliori allievi
dell'Accademia di belle arti di Napoli; si segnala il
dipinto del pittore foggiano Giuseppe De
Nigris Paesaggio con Ossian e giovinetta che suona la
cetra che indica quanto fosse viva l'opera dello
scrittore James Macpherson autore de I canti di
Ossian.
 Sala III. Da segnalare l'opera
dell'anconetano Francesco Podesti Leonardo che
presenta il pensiero del Cenacolo al Duca di Milano
Ludovico il Moro che si caratterizza per la raffinata
esecuzione e la puntuale ambientazione storica.
 Sala IV. La sala contiene una collezione di nature
morte.
 Sala V. Sono qui esposti dipinti della scuola di Salvator
Rosa.
 Sala VI. Vi si ammirano le opere legate al tema "I
Santi: la Passione ed il Martirio".
 Sala VII e sala VIII. Vi ha sede la collezione di ritratti
della Corte Borbonica e delle corti europee a essa
legate con vincoli matrimoniali.
 Sala IX. È dominata dalla tela del pittore Salvatore
Fergola Inaugurazione della Ferrovia Napoli-Portici [14].
Il Presepe Reale[modifica | modifica wikitesto]

Presepe Reale, Sala Ellittica

Il Presepe Reale è allestito nella Sala Ellittica della reggia. La tradizione del presepe
natalizio venne inaugurata da Carlo di Borbone e poi ripresa dai suoi successori: è
soprattutto Francesco I, vero appassionato delle figure presepiali, che si rivelerà un
grande collezionista di pastori. Nell'archivio storico della reggia si ha testimonianza di
come la realizzazione del presepio ogni Natale coinvolgesse non solo artisti e artigiani di
corte, tra i quali i due pittori e scenografi Salvatore Fergola e Giovanni Cobianchi, ma
anche le principesse e le dame di Corte, abilissime nel confezionamento degli abiti delle
figure.[15] La struttura di base, detta “Lo scoglio”, è realizzata in sughero ed occupa una
superficie di 40 metri quadri; su questa sono collocate le 1200 figure secondo rigide regole
e nel rispetto delle scene canoniche. Le più importanti sono realizzate interamente in
terracotta, mentre quelle minori sono composte di un'anima di stoppa, sorretta da un fil di
ferro, con solo la testa, le mani e i piedi in terracotta. Quello che si può vedere oggi
esposto nella Sala Ellittica è una ricostruzione del 1988 del maestoso presepe del 1844
voluto da Ferdinando II: l'originale andò tragicamente perduto a seguito del furto subito nel
1985.[16] Oltre alle scene tradizionali della Natività con l'Adorazione dei Magi si possono
vedere altre scene, come il Pascolo delle bufale, la Sosta alla fontana, il Mercato e
la Taverna Napoletana con figure di musici e avventori, utili ai fini della ricostruzione della
vita quotidiana dell'epoca. Notevole è l'utilizzo di minuterie, tipiche del presepe napoletano
settecentesco.
Terrae Motus[modifica | modifica wikitesto]
Si tratta di una collezione di arte contemporanea, voluta da Lucio Amelio, donata alla
reggia nel 1994: comprende circa una settantina di opere di autori come Joseph
Beuys, Keith Haring, Anselm Kiefer, Andy Warhol e artisti italiani[17].

Parco[modifica | modifica wikitesto]
Veduta del parco

Il parco della reggia si estende per 3 chilometri di lunghezza, con sviluppo sud-nord, su
120 ettari di superficie. In corrispondenza del centro della facciata posteriore del palazzo si
dipartono due lunghi viali paralleli fra i quali si interpongono una serie di suggestive
fontane che, partendo dal limitare settentrionale del giardino all'italiana, collegano a
questo il giardino all'inglese:

 la Fontana Margherita;
 la Vasca e Fontana dei Delfini;
 la Vasca e Fontana di Eolo;
 la Vasca e Fontana di Cerere;
 Cascatelle e Fontana di Venere e Adone;
 La fontana di Diana e Atteone, sovrastata dalla Grande
Cascata.
Le vasche sono popolate da numerosi pesci, specialmente carpe e carassidi, e vi
vegetano piante acquatiche delle specie Myriophyllum spicatum e Potamogeton crispus.
La Fontana Margherita, o del Canestro, chiude il giardino all'italiana e apre il percorso
verso l'inglese con la prima delle vasche a sviluppo longitudinale.
La Fontana dei tre delfini rappresenta la figura di un mostro marino con la testa e il corpo
di un delfino. L'opera fu eseguita da Gaetano Salomone. Quella dei Delfini, presenta una
vasca misurante 470 metri per una larghezza di 27 e una profondità di 3 metri. Prende il
nome dalla soprastante fontana formata da giganteschi delfini di foggia grottesca dalle cui
bocche proviene l'acqua che l'alimenta.
Fontana di Eolo e alle spalle la cascata

La seguente Fontana di Eolo rappresenta il dio che, sollecitato da Giunone, suscita la furia


dei venti contro Enea e i Troiani. L'opera fu eseguita da Gaetano Salomone, Brunelli,
Violani, Persico e Solari. È adorna di ventotto statue di venti a fronte delle
cinquantaquattro previste dal progetto originale, è una delle opere incompiute del parco: il
progetto, di cui resta solo un modello in legno predisposto dallo stesso Vanvitelli,
prevedeva un grande gruppo scultoreo di Eolo e Giunone su un carro trainato da pavoni.
Grandioso comunque, l'emiciclo a porticato che chiude superiormente la vasca alimentata
da una cascata che chiude come un velo alcuni fornici del portico.
Più avanti, la Fontana di Cerere, opera in marmo di Carrara di Gaetano Salomone, va a
formare sette cascatelle ed è ornata di delfini e tritoni, Nereidi, statue dei
fiumi Oreto e Simeto, tutte sprizzanti alti getti d'acqua. La scultura rappresenta Cerere che
sostiene la medaglia della Trinacria. Completano la fontana una statua di Cerere che
mostra un medaglione con la Trinacria e tutt'intorno ninfe e draghi. Le conchiglie, i tritoni e
le anfore delle due divinità a lato della Dea rappresentano i fiumi siciliani dai quali
sgorgano forti zampilli d'acqua.
A chiudere la serie delle fontane, prima della Grande Cascata, la Fontana di Venere e
Adone: un grandioso gruppo marmoreo che mostra Venere intenta a
dissuadere Adone dall'andare a caccia per evitare che possa essere ucciso da un
cinghiale. Intorno ai protagonisti, ninfe, cani, fanciulli e amorini.
In fondo al parco troneggia la Grande Cascata, da cui una notevole mole d'acqua precipita
in un bacino adorno del celebre gruppo di Diana e Atteone (opera di Paolo
Persico, Tommaso Solari e Angelo Brunelli). Da una parte, Diana, circondata da ninfe, sta
per immergersi nelle acque; dall'altra, Atteone, che aveva osato guardare Diana nella sua
nudità, è già in parte trasformato in cervo e intorno a lui si agitano i cani che lo
sbraneranno.
Giardino all'italiana[modifica | modifica wikitesto]
Peschiera

Nell'area del Giardino all'italiana si giunge alla Peschiera Vecchia, costruita nel 1769 e
voluta da Ferdinando IV per dilettarsi con piccole battaglie navali, mentre la Castelluccia,
prima che fosse adibita ad abitazione per scampagnate, era il centro delle finte battaglie
terrestri. Nella vasca, si allevavano i pesci che venivano serviti alla mensa reale. Tale
vasca, venne realizzata sotto la direzione dall'architetto Collecini, durante l'assenza del
maestro, che realizza come responsabile generale dei lavori. Collecini si dedica alla
costruzione della Peschiera nel parco e rimoderna l'edificio della Castelluccia,
nell'estremità orientale del bosco, trasformandolo in padiglione di giochi per il diciottenne
re Ferdinando. Nel 1789 termina la costruzione della grande vasca con un isolotto al
centro che per le sue dimensioni (270 x 105 m) è chiamata poi Peschiera Grande.La
vasca presenta una pianta rettangolare delimitata da un parapetto interrotto da
imbarcaderi che si affacciano sullo specchio d'acqua.
Il luogo era destinato alle esercitazioni per le battaglie navali del piccolo Ferdinando IV e
prevedeva l'impiego di modellini appositamente costruiti. Al centro della vasca si distingue,
sotto la folta vegetazione, un isolotto detto la “pagliara”, che doveva contenere un
padiglione con frecce e cannoncini, poi trasformato in luogo per l'intrattenimento degli
ospiti. Le battaglie navali si svolgevano nella Peschiera Grande e consistevano in un
assalto che il re in persona, a capo di una flottiglia di barche, conduceva contro la
"pagliara" che sorgeva sull'isolotto, munita come un fortino di "saettiere" e cannoncini. Per
la manutenzione della "flotta" erano stati trasferiti appositamente un congruo numero di
marinai, i "Liparoti" originari dell'isola di Lipari per i quali era stato costruito un apposito
quartiere nei pressi della "peschiera". Durante le simulazioni militari, seppur in piccola
dimensione, furono utilizzati dei veri e propri cannoncini, fucili e mortai.
Si tratta di un lago artificiale costruito nel Parco della Reggia nell'anno 1769 dall'architetto
Collecini. Il lago, con un isolotto al centro, è lungo 270 metri, largo 105 e profondo 3,50.
Tra il 1769 e il 1773, progettato per il divertimento del Re Ferdinando IV, vi si svolgevano
finte battaglie terrestri e marittime con modelli di navi in scala ridotta. Vennero anche
insediati in alcune abitazioni, nei pressi della vasca, dei marinai con le loro famiglie;
"Liparoti" per poter organizzare i giochi nautici.
Poco distante si trova la Castelluccia, una sorta di fortezza in miniatura edificata nel 1769
per il divertimento e, forse, l'istruzione militare dei Principi reali. In origine, la torre
ottagonale, il ponte levatoio, e soprattutto, una cinta bastionata, rendevano chiaro il
carattere militare (sia pure di gioco) della struttura. Ma, nel 1819 la trasformazione dei
bastioni in giardini ha modificato il disegno iniziale.
Giardino all'inglese[modifica | modifica wikitesto]
Scorcio del giardino inglese

All'interno del parco fu realizzato da John Andrea Graefer un giardino voluto dalla
regina Maria Carolina d'Asburgo-Lorena, moglie di Ferdinando IV, secondo i dettami
dell'epoca che videro prevalere il giardino detto "di paesaggio" o "all'inglese",
sottolineatura dell'origine britannica di spazi il più possibile fedeli alla natura (o almeno alla
sua interpretazione secondo i canoni del Romanticismo).
La regina fu convinta da sir William Hamilton, inviato straordinario di sua maestà britannica
presso il Regno delle Due Sicilie il quale, per individuare l'esperto progettista del giardino,
si rivolse a sir Joseph Banks, noto per gli studi botanico-naturalisti e per aver partecipato
con il capitano James Cook alla leggendaria spedizione dell'Endeavour. La scelta cadde
su John Andrew Graefer, figura di spicco tra i botanici anglosassoni, allievo di Philip Miller.
Graefer era noto nell'ambiente botanico internazionale anche per aver introdotto in
Inghilterra numerose piante esotiche, alcune delle quali dal remoto Giappone.
L'opera di John Andrea Graefer cominciò nel 1786 e consentì al giardino di formarsi, di
anno in anno, con piante e sementi individuate a Capri, Maiori, Vietri, Salerno, Cava de'
Tirreni, Agnano, Solfatara, Gaeta. Nel 1789, mentre proseguiva il suo lavoro al Giardino
Inglese, Graefer pubblicò in Inghilterra il Catalogo descrittivo di oltre millecento Specie e
Varietà di Piante Erbacee e Perenni.
Il giardino è caratterizzato dall'apparente disordine "naturale" di piante (molte le essenze
rare e, comunque, non autoctone), corsi d'acqua, laghetti, "rovine" secondo la moda
nascente derivata dai recenti scavi pompeiani. Di spicco, il bagno di Venere,
il Criptoportico, i ruderi del Tempio dorico.
Le fontane del parco sono alimentate dall'acquedotto Carolino, che fu inaugurato
nel 1762 da re Ferdinando IV. Quest'opera che attinge l'acqua a 41 km di distanza è, per
la maggior parte, costruita in gallerie, che attraversano 6 rilievi, e 3 viadotti (molto noto
quello denominato "I ponti della Valle" sito in Valle di Maddaloni, di 60 metri di altezza e
528 metri di lunghezza, ispirato agli acquedotti di epoca romana).
Il suo autore, John Andrea Graefer, lasciò la Reggia di Caserta il 23
dicembre 1798 imbarcandosi sulla nave dell'ammiraglio Horatio Nelson insieme con la
famiglia reale in fuga dall'arrivo dei francesi. Il giardino fu curato negli anni successivi dai
tre figli di Graefer che presero in fitto il giardino dal Direttorio francese di Napoli e lo
curarono salvandolo dalla rovina.

Cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]


Il regista cinematografico George Lucas ha girato diverse scene dei film La minaccia
fantasma e L'attacco dei cloni, ovvero il primo e il secondo episodio della serie Guerre
stellari, all'interno della Reggia di Caserta (i cui interni sono stati riproposti come la reggia
del pianeta Naboo). Inoltre, nella Reggia sono state ambientate alcune parti dei
film Donne e briganti, Ferdinando I° re di Napoli, Il pap'occhio, Sing Sing, Li chiamarono...
briganti!, Ferdinando e Carolina, Mission: Impossible III e Io speriamo che me la cavo;
alcune scene della seconda serie televisiva di Elisa di Rivombrosa sono ambientate nella
Reggia, anche se in realtà sono state girate all'interno di una località romana.
Va segnalata anche la pellicola I 3 aquilotti del 1942, per la regia di Mario Mattoli, che
vede un giovanissimo Alberto Sordi impersonante la parte di un allievo ufficiale
dell'Accademia della Regia Aeronautica, all'epoca dislocata presso la Reggia di Caserta.
Gli interni del palazzo sono anche presenti nelle fiction RAI Giovanni Paolo II, dove
ricreano gli interni dei Palazzi Vaticani, e Luisa Sanfelice.
Dal 17 al 20 giugno 2008 la Reggia è stata utilizzata per alcune riprese della troupe
cinematografica del film Angeli e Demoni, ispirato all'omonimo romanzo di Dan Brown,
autore anche del best seller Il codice da Vinci[18].

Curiosità[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1861, con la nascita del Regno d'Italia, funzionari sabaudi censirono quanto contenuto
nella Reggia. Il bidet fu così inventariato: "strano oggetto a forma di chitarra"[19].
Nel 2019 ha ospitato le gare di tiro con l'arco della XXX Universiade.

Note[modifica | modifica wikitesto]
1. ^ 2017. Tutti i numeri dei musei italiani, su beniculturali.it. URL
consultato l'8 gennaio 2018..
2. ^ Ferrand.
3. ^ (EN) Lista dei patrimoni dell'umanità, su Whc.unesco.org. URL
consultato il 5 gennaio 2016.
4. ^ Cfr. DM 23 gennaio 2016, n. 43.
5. ^ Giancarlo Alisio, Urbanistica napoletana del Settecento, 1993
6. ^ Gravagnuolo Benedetto, Architettura del Settecento a Napoli -
dal barocco al classicismo, 2010.
7. ^ Defilippis: Il Palazzo reale di Caserta e i Borboni di Napoli, pág.
32. La regina aveva già decorato per sua iniziativa i suoi
appartamenti privati a Capodimonte e Portici
8. ^ Defilippis: Il Palazzo reale di Caserta e i Borboni di Napoli, pág.
32.
9. ^ N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura,
Torino 1981, voce Vanvitelli, Luigi.
10. ^ R. Cioffi, "Sovranità e Grazia nelle sculture della reggia di
Caserta", in "Terra di Lavoro: i luoghi della Storia", a cura di L.
Mascilli Migliorini, Avellino, Sellino, 2009, pp. 233-251.
11. ^ CampaniaBeniCulturali - Reggia di Caserta,
su reggiadicaserta.beniculturali.it. URL consultato il 29 marzo
2012 (archiviato dall'url originale il 30 aprile 2012).
12. ^ Royal Palace of Caserta guide, page 6, box: "I numeri della
Reggia di Caserta", su issuu.com.
13. ^ Valentina Maderna, Civiltà del ‘700 a Napoli, Catalogo della
Mostra in Napoli e Caserta, dicembre 1979
14. ^ Le notizie sulla Quadreria sono tratte da: Carmine Negro La
Reggia di Caserta riapre al pubblico con un nuovo allestimento
“Maestà Regia - Arte a Palazzo sul sito [1] (PDF)
15. ^ La sala del presepe, su reggiadicaserta.beniculturali.it. URL
consultato il 4 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2017).
16. ^ Rubato dalla Reggia l'intero presepe settecentesco, in Archivio
- la Repubblica.it. URL consultato il 3 ottobre 2017.
17. ^ Collezione "Terrae Motus", su arte.it. URL consultato il 24 giugno
2016.
18. ^ In origine la Reggia di Caserta non doveva essere inserita nella
lista delle location destinate alle riprese del film, ma vi è entrata
dopo che la Diocesi di Roma ha negato al cast il permesso di
filmare all'interno delle chiese romane di Santa Maria del
Popolo e di Santa Maria della Vittoria.
19. ^ Erminio De Biase, L'Inghilterra contro il Regno delle Due
Sicilie: vivi e lascia morire, 2002, p. 159.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
 Franck Ferrand, Dictionnaire amoureux de Versailles,
Parigi, EDI8, 2013, ISBN 978-22-592-2267-9.
 (A cura di) Rosanna Cioffi Casa di Re - Un secolo di
storia alla Reggia di Caserta 1752 - 1860, 2004, Milano
- Firenze, Skira editore - Artificio srl, ISBN 88-7624-
207-4.
 (A cura di) Gian Marco Jacobitti e Anna Maria
Romano, Il Palazzo Reale di Caserta, Napoli, Electa,
2003, ISBN 88-510-0185-5.
 Felice Defilippis Il Palazzo reale di Caserta e i Borboni
di Napoli - Di Mauro Editore, 1968, Cava dei Tirreni.
 Carlo Knight (con introduzione di Harold Hacton), Il
Giardino Inglese di Caserta, Un'avventura
settecentesca, Sergio Civita Editore, 1986.
 Norberto Hadrava, Ragguagli di vari scavi e scoverte di
antichità fatte nell'isola di Capri, Napoli 1793, Ristampa
Napoli 1984
 Touring Club Italiano-La Biblioteca di
Repubblica, L'Italia: La Campania, Touring editore,
2004.
 Hersey, George. Architecture, Poetry, and Number in
the Royal Palace at Caserta, (Cambridge: MIT Press)
1983. Caserta interpreted through the Neapolitan
philosopher Giambattista Vico

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]


 Residenze reali borboniche in Campania
 San Leucio (Caserta)

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

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Caserta

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sulla Reggia di Caserta

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


 Sito ufficiale, su reggiadicaserta.beniculturali.it. 
 Reggia di Caserta, su CulturaItalia, Istituto centrale per
il catalogo unico. 
mostra

V · D · M

Luigi Vanvitelli
mostra

V · D · M

 Residenze reali borboniche in Campani


mostra

V · D · M

UNESCO — Patrimoni dell'umanità in It
mostra

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