Abbiamo saputo del corona-virus, un problema dei cinesi, un grosso problema ma
loro lo risolveranno, misure drastiche. Poi si dice possa arrivare anche da noi ma si curerà. Poi arriva, ma a Lodi, Codogno, paesi che vengono isolati, sembra una partita a monopoli. Si toglie quel paese nessuno può entrare o uscire. Mai esistita una cosa così, che stranezza è lontana. Poi iniziano i vari contagi a manifestarsi come gocce sporadiche prima del temporale e poi le notizie sempre più drammatiche di morti, di difficoltà negli ospedali. Il pericolo si avvicina, ci chiudiamo in casa, tutti a distanza, isolati ma lo spirito di chi sta bene non si abbatte. Si organizzano appuntamenti nazionali, tutti sui terrazzi ad applaudire, a suonare, a cantare per dare nuova forza a chi è in emergenza. Diventiamo tutti operativi online, noi psicologi ci offriamo per supportare chi ne ha bisogno. Scopriamo che tra la gente non si riscontra il sintomo di paura del corona-virus ma aumentano semplicemente i sintomi già presenti prima. Nei soggetti ansiosi aumenta l’ansia, aumentano le fobie nei fobici, aumenta il senso di vulnerabilità ma per molti la mente non registra ancora il senso di impotenza nei confronti del covid 19. Ho lavorato da sempre sulle esperienze traumatiche e dal ’99, conosciuto l’emdr, ebbi modo di approfondire le conseguenze psicologiche dei traumi, osservandone meglio le dinamiche. Notai che i traumi diventavano patologici quando il soggetto sperimentava profondamente il senso di impotenza e lo spirito umano come la forza fisica erano umiliati, tanto che si produceva una frattura mentale con il divenire, con il progetto fiducioso nel presente e nel futuro prossimo. Quell’evento aveva assunto significato catastrofico verso tutto. La persona aveva sperimentato la sua impotenza mortale e ne era sopraffatto. Solo nei soggetti che rimanevano attivi permaneva il collegamento con la prospettiva futura e la persona si ricollegava al suo interesse per la vita e il trauma diventava un fatto remoto anche se aveva portato conseguenze pratiche impegnative. Identificai quindi uno stato energetico che alimenta la nostra vitalità: un senso di eternità , un dono naturale che non sappiamo di avere e che permette alle persone di non soccombere di fronte alle difficoltà, di reagire e impegnare la mente a cercare soluzioni, risorse e aiuti. Come vediamo in tutto il personale del soccorso. Mentre coloro che nell’esperienza traumatica hanno sentito infranto il loro senso di eternità sentono aumentare la fragilità, le forze diminuiscono insieme alla capacità progettuale e alla volontà attiva. Oggi notiamo che chi è influenzato da questa carenza di fiducia nella vita, chi è stato condizionato dal contatto con il senso di fine è sensibile allo stato di impotenza, e si presenta all’appuntamento con il corona virus con il senso di eternità già sopraffatto e non trova le risorse per reagire. Aumentano i suoi sintomi ma la frattura con la propria sicurezza è già avvenuta, la debolezza della propria mortalità ha già infranto l’impermeabilità del senso di eternità. La persona segnata subisce il peso di questo nuovo imprevisto che conferma il suo stato di vulnerabilità. “L’umanità è sfinita dalla sua debolezza mortale” ha detto il Papa. Coloro che conservano un sano senso di eternità possono reagire anche sfidando il pericolo, sentendolo lontano e continuando a godere il godibile. Anche questa volta saremmo stati propensi a motivare questa superficialità al carattere di noi italiani noti come persone scansonate, un pò irresponsabili ma abbiamo visto questo stesso comportamento nelle popolazioni di altre città colpite dal covit19, sciami di persone spinte a reagire al pericolo primario che la mente conosce: morire di fame, per questo i supermercati si sono affollati in barba al pericolo di contagio. Il secondo pericolo che il cervello conosce è la perdita di libertà di muoversi, essere in trappola, impediti. Tra i nostri peggiori incubi c’è l’impossibilità di agire, simbolo di impotenza. Nella mente manca il paradigma culturale e intrapsichico della nostra fragilità rispetto a questo nuovo tipo di pericolo mortale. Quanto tempo abbiamo messo a tenere le persone in casa, quante hanno continuato e continuano a sentirsi invulnerabili e hanno cercato ogni scusa per uscire, come se non fossero avvisati del rischio che corrono. Come scrive Sergio Fabbrini sul Sole 24ore di domenica Le cose si cambiano nelle crisi non dopo le crisi. Dopo le crisi non c’è più la pressione per cambiarle. Dobbiamo trovare ora soluzioni a problemi irrisolvibili come il senso di impotenza. La società moderna ha teso a confondere l’energia del proprio senso d’eternità con l’illusione di essere onnipotenti. Una pandemia come questa ci obbliga a distinguere questa differenza. Ci ricorda che possiamo essere eroi dare tutti se stessi ed esercitare al meglio il nostro senso di eternità per contribuire a vivere dando il meglio di noi ma non siamo onnipotenti. L’onnipotenza è uno stato irreale che viene adottato quando non abbiamo figure di riferimento rassicuranti e affidabili. Meno ci sentiamo protetti più sentiamo vacillare lo stato di sicurezza, più viriamo verso la speranza di essere onnipotenti e inviolabili. Coloro che non rispettano il distanziamento sociale in questo momento sono influenzati da un senso di onnipotenza riparatore di angosce di morte non meglio identificate. Il nostro spirito di comunità ha infiniti motivi che alimentano il senso di eternità. Primo fra tutti il clima che ci mostra un continuo ciclo di morte e rinascita. Il senso di eternità nazionale per quanto umiliato da relazioni politiche poco esaltanti si fa forte di un orgoglio storico, artistico e scientifico. Il senso di eternità italiano è dimostrato dalle infinite sfide vinte in ogni campo. Svalutato da un giudizio invidioso che ci riduce a pizza e mandolino, ma il nostro senso di eternità è ben altro è capacità di amore, di problem solving, d’impresa, è un profondo senso del bello che ci guida a sperimentarlo in ogni dove. La fantasia di aprire le nostre finestre per applaudire tutti insieme i medici e gli operatori che danno tutti se stessi in questo nefasto momento nasce da quello spirito di partecipazione vitale che non si sottrae mai ad esprimere passionalità, vitalità. Non è superficialità è vera forza vitale. Il nostro popolo riesce sempre a sentirsi più vicino alla vita e inesorabilmente dissacriamo la morte e il suo potere nefasto anche cantando e suonando con i coperchi delle nostre pentole. Finché possiamo ci garantiamo benessere con il nostro senso del piacere e il contatto con lo spazio-tempo eterno dentro il nostro cuore. Nella nostra mente il presente è sempre collegato al futuro e a migliori prospettive. Non si rinuncia alla corsetta perché dobbiamo conservarci al meglio, prepararci per l’estate futura, per quando tutto sarà finito. Solo chi ha la morte vicina è costretto a sentirne il peso ma la reazione generosa e indomita contro la malattia conferma una grande base di vitalità anche nel personale più esposto che ci dimostra quanto tutto è alimentato da un profondo senso di eternità che ci rende generosi e forti anche nei momenti peggiori. Dobbiamo essere consapevoli di questa spinta energetica che ci induce a cercare il benessere, consideriamolo un merito da mettere al servizio di scelte migliori. Per il momento accettiamo che il covid-19 si sconfigge stando in casa, resistiamo investendo la nostra energia in progetti futuri, alla ricerca di nuove soluzioni a vecchi problemi. Ragioniamo su quelle parti primitive di noi che ci inducono a percepire il pericolo di morire di fame e di soccombere ai comandi sentendoci impotenti, stiamo riportando nel mondo reale queste allucinazioni del passato, rassicuriamoci che il nostro senso di eternità ci manterrà energici e creativi anche se staremo in casa.