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Pierina spannocchi Maggio 2020

Tempo di crisi

Abbiamo saputo del corona-virus, un problema dei cinesi, un grosso problema ma


loro lo risolveranno, misure drastiche. Poi si dice possa arrivare anche da noi ma si
curerà. Poi arriva, ma a Lodi, Codogno, paesi che vengono isolati, sembra una partita
a monopoli. Si toglie quel paese nessuno può entrare o uscire. Mai esistita una cosa
così, che stranezza è lontana. Poi iniziano i vari contagi a manifestarsi come gocce
sporadiche prima del temporale e poi le notizie sempre più drammatiche di morti, di
difficoltà negli ospedali. Il pericolo si avvicina, ci chiudiamo in casa, tutti a distanza,
isolati ma lo spirito di chi sta bene non si abbatte. Si organizzano appuntamenti
nazionali, tutti sui terrazzi ad applaudire, a suonare, a cantare per dare nuova forza a
chi è in emergenza. Diventiamo tutti operativi online, noi psicologi ci offriamo per
supportare chi ne ha bisogno. Scopriamo che tra la gente non si riscontra il sintomo
di paura del corona-virus ma aumentano semplicemente i sintomi già presenti
prima. Nei soggetti ansiosi aumenta l’ansia, aumentano le fobie nei fobici, aumenta
il senso di vulnerabilità ma per molti la mente non registra ancora il senso di
impotenza nei confronti del covid 19. Ho lavorato da sempre sulle esperienze
traumatiche e dal ’99, conosciuto l’emdr, ebbi modo di approfondire le conseguenze
psicologiche dei traumi, osservandone meglio le dinamiche. Notai che i traumi
diventavano patologici quando il soggetto sperimentava profondamente il senso di
impotenza e lo spirito umano come la forza fisica erano umiliati, tanto che si
produceva una frattura mentale con il divenire, con il progetto fiducioso nel
presente e nel futuro prossimo. Quell’evento aveva assunto significato catastrofico
verso tutto. La persona aveva sperimentato la sua impotenza mortale e ne era
sopraffatto. Solo nei soggetti che rimanevano attivi permaneva il collegamento con
la prospettiva futura e la persona si ricollegava al suo interesse per la vita e il trauma
diventava un fatto remoto anche se aveva portato conseguenze pratiche
impegnative. Identificai quindi uno stato energetico che alimenta la nostra vitalità:
un senso di eternità , un dono naturale che non sappiamo di avere e che permette
alle persone di non soccombere di fronte alle difficoltà, di reagire e impegnare la
mente a cercare soluzioni, risorse e aiuti. Come vediamo in tutto il personale del
soccorso. Mentre coloro che nell’esperienza traumatica hanno sentito infranto il
loro senso di eternità sentono aumentare la fragilità, le forze diminuiscono insieme
alla capacità progettuale e alla volontà attiva. Oggi notiamo che chi è influenzato da
questa carenza di fiducia nella vita, chi è stato condizionato dal contatto con il senso
di fine è sensibile allo stato di impotenza, e si presenta all’appuntamento con il
corona virus con il senso di eternità già sopraffatto e non trova le risorse per reagire.
Aumentano i suoi sintomi ma la frattura con la propria sicurezza è già avvenuta, la
debolezza della propria mortalità ha già infranto l’impermeabilità del senso di
eternità. La persona segnata subisce il peso di questo nuovo imprevisto che
conferma il suo stato di vulnerabilità. “L’umanità è sfinita dalla sua debolezza
mortale” ha detto il Papa. Coloro che conservano un sano senso di eternità possono
reagire anche sfidando il pericolo, sentendolo lontano e continuando a godere il
godibile. Anche questa volta saremmo stati propensi a motivare questa superficialità
al carattere di noi italiani noti come persone scansonate, un pò irresponsabili ma
abbiamo visto questo stesso comportamento nelle popolazioni di altre città colpite
dal covit19, sciami di persone spinte a reagire al pericolo primario che la mente
conosce: morire di fame, per questo i supermercati si sono affollati in barba al
pericolo di contagio. Il secondo pericolo che il cervello conosce è la perdita di libertà
di muoversi, essere in trappola, impediti. Tra i nostri peggiori incubi c’è
l’impossibilità di agire, simbolo di impotenza. Nella mente manca il paradigma
culturale e intrapsichico della nostra fragilità rispetto a questo nuovo tipo di pericolo
mortale. Quanto tempo abbiamo messo a tenere le persone in casa, quante hanno
continuato e continuano a sentirsi invulnerabili e hanno cercato ogni scusa per
uscire, come se non fossero avvisati del rischio che corrono. Come scrive Sergio
Fabbrini sul Sole 24ore di domenica Le cose si cambiano nelle crisi non dopo le crisi.
Dopo le crisi non c’è più la pressione per cambiarle. Dobbiamo trovare ora soluzioni
a problemi irrisolvibili come il senso di impotenza. La società moderna ha teso a
confondere l’energia del proprio senso d’eternità con l’illusione di essere
onnipotenti. Una pandemia come questa ci obbliga a distinguere questa differenza.
Ci ricorda che possiamo essere eroi dare tutti se stessi ed esercitare al meglio il
nostro senso di eternità per contribuire a vivere dando il meglio di noi ma non siamo
onnipotenti. L’onnipotenza è uno stato irreale che viene adottato quando non
abbiamo figure di riferimento rassicuranti e affidabili. Meno ci sentiamo protetti più
sentiamo vacillare lo stato di sicurezza, più viriamo verso la speranza di essere
onnipotenti e inviolabili. Coloro che non rispettano il distanziamento sociale in
questo momento sono influenzati da un senso di onnipotenza riparatore di angosce
di morte non meglio identificate.
Il nostro spirito di comunità ha infiniti motivi che alimentano il senso di eternità.
Primo fra tutti il clima che ci mostra un continuo ciclo di morte e rinascita. Il senso di
eternità nazionale per quanto umiliato da relazioni politiche poco esaltanti si fa forte
di un orgoglio storico, artistico e scientifico. Il senso di eternità italiano è dimostrato
dalle infinite sfide vinte in ogni campo. Svalutato da un giudizio invidioso che ci
riduce a pizza e mandolino, ma il nostro senso di eternità è ben altro è capacità di
amore, di problem solving, d’impresa, è un profondo senso del bello che ci guida a
sperimentarlo in ogni dove. La fantasia di aprire le nostre finestre per applaudire
tutti insieme i medici e gli operatori che danno tutti se stessi in questo nefasto
momento nasce da quello spirito di partecipazione vitale che non si sottrae mai ad
esprimere passionalità, vitalità. Non è superficialità è vera forza vitale. Il nostro
popolo riesce sempre a sentirsi più vicino alla vita e inesorabilmente dissacriamo la
morte e il suo potere nefasto anche cantando e suonando con i coperchi delle
nostre pentole. Finché possiamo ci garantiamo benessere con il nostro senso del
piacere e il contatto con lo spazio-tempo eterno dentro il nostro cuore. Nella nostra
mente il presente è sempre collegato al futuro e a migliori prospettive. Non si
rinuncia alla corsetta perché dobbiamo conservarci al meglio, prepararci per l’estate
futura, per quando tutto sarà finito. Solo chi ha la morte vicina è costretto a sentirne
il peso ma la reazione generosa e indomita contro la malattia conferma una grande
base di vitalità anche nel personale più esposto che ci dimostra quanto tutto è
alimentato da un profondo senso di eternità che ci rende generosi e forti anche nei
momenti peggiori. Dobbiamo essere consapevoli di questa spinta energetica che ci
induce a cercare il benessere, consideriamolo un merito da mettere al servizio di
scelte migliori. Per il momento accettiamo che il covid-19 si sconfigge stando in casa,
resistiamo investendo la nostra energia in progetti futuri, alla ricerca di nuove
soluzioni a vecchi problemi. Ragioniamo su quelle parti primitive di noi che ci
inducono a percepire il pericolo di morire di fame e di soccombere ai comandi
sentendoci impotenti, stiamo riportando nel mondo reale queste allucinazioni del
passato, rassicuriamoci che il nostro senso di eternità ci manterrà energici e creativi
anche se staremo in casa.

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