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Corso di Principi di Infrastrutture Viarie

Sommario
Sommario .................................................................................................... I
1. Il corpo stradale..................................................................................... 1
1.1 Indagini preliminari .......................................................................... 2
1.2 Il terreno per la costruzione dei rilevati................................................ 3
1.3 Caratteristiche dei materiali utilizzabili nella costruzione dei rilevati ......... 4
2. Alcuni parametri delle terre sciolte ............................................................ 6
2.1 Granulometria.................................................................................. 6
2.2 Porosità ed Indice dei Vuoti................................................................ 8
2.3 Contenuto d’acqua ........................................................................... 9
2.4 Peso specifico della parte solida........................................................ 10
2.5 Limiti di Attemberg ......................................................................... 10
2.5.1 Limite liquido ........................................................................... 11
2.5.2 Limite plastico ......................................................................... 11
2.5.3 Indice di plasticità .................................................................... 12
2.6 Resistenza a taglio dei terreni .......................................................... 13
3. Classificazione delle terre ...................................................................... 16
3.1 Indice di gruppo ............................................................................. 16
3.2 Classificazione HRB (UNI-CNR) ......................................................... 17
4. Verifiche di stabilità del corpo stradale..................................................... 20
4.1 Metodo del cerchio di attrito............................................................. 21
4.2 Metodo di Fellenius ......................................................................... 23
5. Costipamento delle terre ....................................................................... 25
5.1 Prova Proctor................................................................................. 27
5.2 Prova Proctor modificata.................................................................. 29
5.3 Prova CBR ..................................................................................... 29
5.4 Rigonfiamento in acqua ................................................................... 31
6. Cenni sulle tecniche di costruzione dei rilevati .......................................... 32
6.1 Mezzi di costipamento ..................................................................... 32
6.1.1 Rulli lisci statici ........................................................................ 33
6.1.2 Rulli gommati .......................................................................... 33
6.1.3 Rulli a piedi costipanti ............................................................... 34
6.1.4 Macchine vibranti ..................................................................... 34
7. Controlli di cantiere .............................................................................. 36
7.1 Densità in sito................................................................................ 36
7.2 Prove con piastra ........................................................................... 38
Bibliografia ................................................................................................ 43
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Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. II


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1. Il corpo stradale
La costruzione del corpo (o solido) stradale comprende l'insieme delle
operazioni necessarie a realizzare la strada in rilevato od in trincea e quelle
complementari necessarie a garantire nel tempo stabilità e sicurezza
dell'opera costruita.
Queste operazioni riguardano:
1) il terreno di appoggio dei rilevati;
2) i rilevati;
3) le trincee;
4) le sovrastrutture stradali.

La sovrastruttura stradale, mai a diretto contatto del piano di campagna,


può procedere in vari modi: in rilevato, in trincea, a mezza costa, in galleria,
in viadotto.
Tralasciando viadotti e gallerie che vengono trattati approfonditamente in
altre discipline specialistiche, si considereranno soltanto quelle strutture
stradali che vengono a trovarsi più o meno a contatto con il terreno.
Tracciati stradali che imitano l'andamento rigido di quelli ferroviari
attraverseranno, sia planimetricamente che altimetricamente, il terreno in
modo molto duro e vincolato, procedendo senza necessariamente tener
troppo conto dell'orografia dei luoghi. Questo può portare alla costruzione di
opere d'arte molto costose e, fatto non meno importante, alla realizzazione
di un percorso che avrà pochi elementi condizionanti la guida dell'utente
finale.
Al contrario, il progetto di una strada che si adatta all'orografia ed alla
morfologia del terreno, tenendo ben presenti anche le caratteristiche
geologiche e geotecniche dello stesso potrà ben armonizzarsi con il
territorio, avere costi di realizzazione inferiori, ed un tracciato
prevalentemente curvilineo più condizionante il comportamento del
guidatore.
Un fatto è da tenere sempre presente: la strada ed il terreno attraversato
non sono due entità a se stanti ma formano, insieme, il sistema di trasporto
progettato.
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1.1 Indagini preliminari

Prima di procedere all'impostazione del tracciato di massima, bisogna


avere a disposizione una serie di dati, sufficientemente precisi, sulle
caratteristiche geologiche e geotecniche dei terreni attraversati.
Spesso lo studio del progetto di massima, e talvolta quello dello stesso
progetto esecutivo, viene svolto nella quasi totale ignoranza delle
caratteristiche del terreno attraversato. Una tale ignoranza, soprattutto in
fase esecutiva, può generare grosse sorprese e vari inconvenienti, resi ancor
più gravi dalle ristrettezze dei tempi in cui spesso ci si trova a dover
lavorare.
In prima approssimazione possono venir utili le carte geologiche delle
zone attraversate. Queste offrono una descrizione dei terreni dal punto di
vista geologico e segnalano la presenza di movimenti franosi storici.
Successivamente, definito un soddisfacente tracciato di massima, sarà
necessario procedere ad una accurata campagna di indagine geologico-
tecnica per una "fascia" di terreno a cavallo della striscia interessata al
tracciato di almeno 200/300 m. La campagna dovrà approfondire quel
relativo grado di conoscenza delle caratteristiche fisico meccaniche del
terreno acquisito con la cartografia. Un più accurato studio delle
caratteristiche del terreno può partire dalla raccolta di studi geotecnici già
svolti in zona e può proseguire, sempre più nel dettaglio, utilizzando vari
metodi di indagine:
• rilievi di superficie;
• pozzi, cunicoli, trincee;
• sondaggi (a percussione e/o a rotazione);
• metodi geofisici (sismici a rifrazione e sondaggi elettrici verticali);
• prove penetrometriche (statiche e dinamiche);
• prelievo di campioni (e prove di laboratorio);
• prove in situ.
Le indagini, complessivamente mirano ad ottenere valori sufficientemente
precisi per la classificazione del terreno, sui suoi parametri meccanici
(angolo di attrito φ, coesione c, tensione verticale σ in funzione del
cedimento ammissibile η) e sulla possibile evoluzione nel tempo dei
cedimenti (soprattutto differenziali).
Al tecnico stradale occorrono metodi di indagine che siano quanto più
possibile scientifici, di rapida esecuzione, di grande ripetibilità e di costo
limitato.
E' importante eseguire con cura tutti i rilievi di questa fase. Più accurati e
precisi saranno stati gli studi effettuati preventivamente sull'orografia e sul
regime idrogeologico dei luoghi e le indagini sui campioni prelevati nella
"fascia" che comprende il tracciato stradale, minori saranno le sorprese che

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si verificheranno nel corso della realizzazione dell'opera. Minori, non nulle.


La geotecnica affronta e risolve completamente i problemi accennati,
esprimendo con una buona approssimazione giudizi quantitativi sui campioni
di terreno analizzati. Al tecnico stradale spetta il compito di realizzare
un’accurata pianificazione della campagna di indagine lungo il tracciato
previsto. Il numero di campioni prelevati dovrà essere tale da fornire una
ragionevole conoscenza sui tipi di terreni attraversati, sulla loro
distribuzione e sulle loro caratteristiche meccaniche. Questo modo di
procedere può garantire di contenere al minimo sorprese di carattere
geologico e geotecnico.

1.2 Il terreno per la costruzione dei rilevati

Per la costruzione dei rilevati occorre impiegare terreni che assicurino sia
la stabilità del corpo stradale che una sua adeguata indeformabilità nei
riguardi dei sovraccarichi.
Per ragioni di economia, nella loro costruzione si cerca di impiegare
materiali provenienti dagli scavi effettuati per l'apertura della sede stradale,
oppure da cave site nelle immediate vicinanze del tracciato. Compito del
tecnico stradale è quello di giudicare sulla idoneità dei terreni che, posti in
opera, dovranno essere in grado di rendere quelle caratteristiche richieste in
fase di progettazione.
Un rilevato stradale è, in definitiva, una struttura realizzata in materiale
sciolto, granulare che ha bisogno, per resistere nel tempo, di una base di
fondazione stabile anch’essa realizzata, nella maggior parte dei casi, in
materiale sciolto, granulare: le indagini geologiche e gli studi geotecnici
devono garantire la scelta di una buona fondazione per il rilevato in
costruzione.
Se non esistono particolari preclusioni alla costruzione del rilevato, va
anzitutto bonificato il piano di posa per una profondità di 50/60 cm
asportando le tracce di terreno vegetale. Questa precauzione si rende
necessaria perché il terreno vegetale, composto da notevole percentuale di
materia organica e con elevato contenuto d’acqua, proprio per la presenza
di materiali organici in evoluzione non può garantire nel tempo la sua
stabilità.
Se il piano di appoggio trasversale ha una pendenza elevata (> 20%), è
opportuno che sia conformato a gradoni di larghezza tale da permettere alle
macchine di cantiere (ruspe, livellatrici, macchine costipatrici) di poter
lavorare agevolmente (Figura 1.1). La gradonatura e l’azione di
costipamento operata dai mezzi di cantiere può migliorare le caratteristiche
meccaniche dei terreni di sedime ed evitare scorrimenti lungo la superficie di

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separazione tra rilevato e terreno di fondazione. Eventualmente i gradoni


possono essere realizzati in contropendenza.

Figura 1.1 – Conformazione del piano di posa di un rilevato stradale per


pendenza del piano di campagna superiore al 20%

Uno dei più grossi problemi della geotecnica stradale consiste nel
realizzare, pur utilizzando i diversi materiali che si incontrano lungo il
tracciato, dei sottofondi che abbiano caratteristiche di rigidezza e stabilità
sufficienti a garantire la durata nel tempo della sovrastruttura,
sufficientemente omogenee per tutto il percorso.
Per sottofondo si intende quella parte di terreno immediatamente al di
sotto degli strati della sovrastruttura stradale vera e propria. La sua altezza
non è definibile univocamente in quanto esso è quella parte di terreno cui
spetta il compito di assorbire i carichi trasmessi dalla pavimentazione senza
che le sollecitazioni generate diano luogo a cedimenti tali da provocare
danni funzionali alla sovrastruttura. Questa, nel corso della sua vita, dovrà
garantire il regolare deflusso delle correnti veicolari.

1.3 Caratteristiche dei materiali utilizzabili nella


costruzione dei rilevati

Una prima distinzione che può farsi per i materiali stradali riguarda le
caratteristiche di rinvenimento.

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Si possono rinvenire materiali rocciosi o materiali sciolti. I primi andranno


classificati e frantumati per poter essere convenientemente modellati ed
usati. I secondi possono essere composti da miscele con caratteristiche
chimiche e fisiche molto diverse e vanno quindi considerati con particolare
attenzione prima della loro utilizzazione.
I materiali possono essere modificabili e non modificabili. Modificabili sono
quei materiali che non garantiscono nel tempo le caratteristiche
meccaniche: tra questi senz'altro quelli già citati di origine organica che
vanno comunque scartati. Non modificabili sono ghiaia, sabbia, limo che
rimangono più o meno inalterati nel corso del tempo.
Lungo il tracciato stradale si incontrano materiali di forma, natura e grado
di addensamento molto differenti tra loro: di un terreno è, quindi, possibile
distinguere sia la natura che lo stato.
Le caratteristiche relative alla natura di un terreno, da prendere in
considerazione, sono la composizione mineralogica, la granulometria, il peso
specifico, i limiti di consistenza (limiti di Attemberg). Tali caratteristiche non
sono in genere modificabili durante le operazione di estrazione, prelievo e
posa in opera.
Le caratteristiche relative allo stato, quali il contenuto d'acqua, il peso
specifico apparente, la compressibilità, la portanza ecc., risultano invece,
per il terreno in sito, funzione di tutte le vicissitudini geologiche da esso
subite e dall'attuale stato di sedime. Queste caratteristiche sono alterabili
meccanicamente, per questo campioni prelevati per essere sottoposti a
prove di laboratorio vanno trattati con la necessaria attenzione.

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2. Alcuni parametri delle terre sciolte


Il terreno da impiegare per la realizzazione di un rilevato stradale
dev’essere modellabile secondo le esigenze del progetto, quindi sarà
costituito da materiali sciolti, rinvenuti tali in natura o risultanti dalla
frantumazione artificiale di rocce rivenute in sito o prelevate da una cava di
prestito. Per gli aggregati è necessario conoscere alcuni parametri
fondamentali attraverso prove standardizzate.

2.1 Granulometria

Gli aggregati che costituiscono le terre sono formati da un insieme di


grani di dimensioni variabili.
La curva granulometrica di una terra è la rappresentazione delle
distribuzioni percentuali dei granuli (aggregati o elementi lapidei) che
costituiscono il campione secco (Figura 2.1). Si ottiene misurando il peso, e
conseguentemente la sua percentuale sul totale, del materiale trattenuto ad
una serie di setacci o crivelli standard (Figura 2.2).

Tabella 2.1 – Crivelli e setacci delle serie UNI, dimensioni e tolleranze

Crivelli UNI 2334 Setacci UNI 2332


Dimensioni Dimensioni Tolleranza
N. mm N. mm mm
71 71 2 2.00 0.100
60 60 0.4 0.40 0.020
40 40 0.2 0.20 0.010
30 30 0.18 0.18 0.009
25 25 0.075 0.075 0.004
15 15
10 10
7.1 7.1
5 5
3 3
1 1

Le serie di crivelli (fondo in lamiera a fori tondi) e setacci (fondo in rete


metallica a maglia quadra) più utilizzate sono la UNI 2334 per i primi e la
UNI 2332 per i secondi. Spesso per i setacci è utilizzata anche la serie
ASTM.
Nelle tabelle sono riportati i crivelli ed i setacci citati. Per quest’ultimi è
riportata anche la tolleranza dimensionale (Tabelle 2.1 e 2.2).

Tabella 2.2 – Setacci della serie ASTM, dimensioni

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Setacci serie ASTM


Dimensioni Dimensioni
N. mm N. mm
4 4.76 30 0.590
5 4.00 35 0.500
6 3.36 40 0.420
7 2.83 45 0.350
8 2.38 50 0.297
10 2.00 60 0.250
12 1.68 70 00.210
14 1.41 80 0.177
16 1.19 100 0.149
18 1.00 120 0.125
20 0.840 140 0.105
25 0.710 200 0.074

La prova può essere eseguita anche in modo parzialmente automatico con


un setacciatore meccanico (Figura 2.6 C).

Figura 2.1 – Curva granulometrica di un campione di terreno

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Figura 2.2 – Sistemazione dei crivelli o dei setacci (D, coperchio; F, fondo)
sistemati con dimensioni decrescenti delle aperture dall’alto verso il basso e C
dispositivo per la setacciatura automatica

2.2 Porosità ed Indice dei Vuoti

Gli aggregati lapidei sono costituiti da uno scheletro solido e da quanto


contenuto negli interstizi di questo scheletro: liquido e gas (generalmente
acqua ed aria). In essi possono essere distinte tra fasi: solida (volume dei
granuli Vg), liquida (Volume d’acqua, Va) e gassosa (Volume dei vuoti, Vv).
Le loro percentuali all’interno dell’aggregato condizionano il comportamento
meccanico dell’aggregato.

Fig. 2.3 – Le tre fasi presenti in un campione

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La porosità n di un dato provino è il rapporto tra il volume dei vuoti ed il


volume totale del campione.
L’indice dei vuoti e è il rapporto tra il volume dei vuoti ed il volume della
sola parte solida.
Dalle due definizioni discendono le relazioni:

VV
n =
VT

VV
e =
VT − VV

dove:
VT è il volume totale del campione;
VV è il volume totale dei vuoti presenti nel campione.

2.3 Contenuto d’acqua

Tra le caratteristiche relative allo stato del terreno esaminato, quella che
interessa in modo particolare il tecnico stradale è il contenuto d’acqua.
Esiste, infatti, tutta una gamma di terreni le cui caratteristiche meccaniche
sono essenzialmente legate alla minore o maggiore percentuale d’acqua in
essi presente.
Il contenuto percentuale di acqua di una terra è il rapporto percentuale
tra il peso dell’acqua contenuta nei pori del campione ed il peso del
campione secco. La percentuale d’acqua si ottiene come differenza tra il
peso del campione prima e dopo il suo essiccamento in stufa a 105° C:

Pu − Ps
W = × 100
Ps

dove:
W è il contenuto percentuale d’acqua;
Pu è il peso del campione umido;
Ps è il peso del campione secco.
Un terreno risulta tanto più sensibile all’azione dell’acqua quanto più
piccola è la variazione di umidità sufficiente a modificarne le proprietà. Tale
caratteristica dipende, in maniera essenziale, dalla percentuale di elementi
fini in esso contenuti. Per elementi fini si intende il materiale passante al
setaccio 0.4 della serie UNI 2332 o 40 ASTM. Ad esempio un terreno
formato da un misto di sabbia e pietrisco da una parte, ed elementi fini

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dall’altra, comincia a risentire in modo notevole della presenza della frazione


di fino quando la sua percentuale diviene superiore al 10/15 %.
L’analisi della sensibilità all’acqua si effettua in laboratorio mediante la
determinazione dei limiti di Atterberg. Altra prova nella quale il contenuto
d’acqua è parametro risultante è quella Proctor e Proctor modificata.

2.4 Peso specifico della parte solida

Si intende per peso specifico della parte solida del materiale il peso per
unità di volume delle sole particelle solide:

Ps
γs =
Vs

dove:
Ps è il peso netto secco del campione;
Vs è il volume del campione secco.
Introducendo il campione secco in un recipiente graduato e misurando,
dopo aver atteso l’espulsione dal campione delle particelle gassose, il
volume d’acqua spostato, si può determinare il peso specifico solido come:

Ps
γs =
Vw

dove Vw è il volume d’acqua misurato.

2.5 Limiti di Attemberg

Se si prende un campione di passante al setaccio 0.4 mm (0.4 UNI 2332)


di una certa terra e vi si aggiunge una notevole quantità d'acqua questo
prenderà la consistenza di un liquido. Se successivamente si riduce, per
lenta essiccazione del campione, la quantità d'acqua, la miscela passa da
uno stato liquido ad uno stato plastico, fino ad uno stato solido. Misurando i
contenuti d'acqua ai quali corrispondono i passaggi di fase si ottengono utili
informazioni sul comportamento del campione. Questi passaggi avvengono
in modo molto graduale e, per poterli definire, è necessario adottare dei
criteri convenzionali.

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2.5.1 Limite liquido

Si ottiene il valore del limite liquido per quel contenuto d'acqua


corrispondente alla chiusura di un solco normalizzato praticato nel campione
posto nella coppetta dell'apparecchio di Casagrande (Figura 2.4) e
sottoposto a 25 colpi.
La prova va effettuata per vari contenuti d’acqua del campione contando
il numero di colpi necessario alla chiusura del solco. Il valore del limite
liquido si ottiene per interpolazione dal diagramma semilogaritmico mostrato
in Figura 2.5.

Figura 2.4 – Apparecchiatura di Casagrande per la determinazione del limite


liquido e relativo solcatore.

2.5.2 Limite plastico

Il limite plastico, è definito quel contenuto percentuale d’acqua per il


quale il terreno mantiene caratteristiche plastiche. Convenzionalmente è
fatto corrispondere al contenuto d'acqua per il quale modellando dei
bastoncini di materiale del diametro di 3 mm si hanno le prime fratture
(Figura 2.6).
Per alcuni terreni, ad esempio le sabbie pulite (con una percentuale molto
ridotta di materiali molto fini), tale limite non è praticamente determinabile.

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Figura 2.5 – Diagramma semilogaritmico per la determinazione del limite


liquido di un campione

2.5.3 Indice di plasticità

Ottenuti i valori dei due limiti, il valore dell'Indice di Plasticità è dato dalla
relazione:

IP = LL − LP

I limiti si misurano sulla frazione passante al setaccio da 0.4 mm, proprio


per l'importanza che questa frazione riveste sul comportamento del terreno.
Le terre che cambiano molto rapidamente caratteristiche per un aumento
relativamente piccolo del contenuto d'acqua, sono quelle che hanno un
indice di plasticità molto piccolo pur presentando un limite di liquidità medio.
In tali tipi di terreno il contenuto d'acqua è certamente un elemento
importante, ma esso risulta facilmente modificabile durante le operazioni di
cantiere; ad esempio un debole vento farà diminuire rapidamente il suo
contenuto d’acqua ma una breve pioggia lo renderà inutilizzabile. Per cui le

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condizioni meteorologiche giocano un ruolo fondamentale sulla possibilità


della loro messa in opera.

Figura 2.6 – Determinazione del limite plastico

Al contrario i terreni con elevata percentuale di elementi fini (contenenti


più del 30% di elementi inferiori a 2 micron) ed il cui indice di plasticità
risulta elevato sono poco permeabili e richiedono un considerevole aumento
del contenuto d'acqua per cambiare di consistenza; la pioggia e
l'evaporazione hanno minore importanza per essi; ma per contro se il loro
contenuto d’acqua naturale è troppo elevato non potranno essere utilizzati.
Generalmente sono da preferire i materiali che mantengono inalterate le
proprie caratteristiche al variare del contenuto d’acqua, quali di norma,
quelli a grana grossa; mentre per i materiali più sottili o per quelli
contenenti una certa percentuale di fino, dovrà decidersi caso per caso.

2.6 Resistenza a taglio dei terreni

E' importante definire la resistenza a taglio di un terreno perché in esso la


rottura è principalmente dovuta ad azioni tangenziali. La resistenza a taglio,
generalmente, è da attribuirsi alla contemporanea presenza nel terreno di
angolo di attrito interno e coesione.

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Si può cercare di dare una interpretazione a questi due parametri


partendo da considerazioni che riguardano due tipi di terreno estremamente
diversi: una sabbia senza coesione ed un’argilla altamente coesiva con un
angolo di attrito interno praticamente nullo.
Nella sabbia senza coesione la forza per unità di superficie necessaria a
superare la resistenza a taglio è data dalla relazione:

τ = σ tan φ

dove:
σ è la componente normale della tensione;
φ è l'angolo di attrito interno del terreno.
Nel valore dell'angolo di attrito interno sono incluse quelle forze di
resistenza allo scivolamento (o rotolamento) delle particelle di terreno le
une sulle altre e quelle di interbloccaggio tra le stesse particelle che bisogna
superare per ottenere lo slittamento del terreno.
In una sabbia secca φ dipende principalmente dalla densità (indice dei
vuoti); più basso è l'indice dei vuoti più alto è φ. Sono anche importanti la
forma dei grani e la struttura della loro superficie: a parità di indice dei
vuoti, φ è più alto per sabbie rugose e con una struttura superficiale a spigoli
vivi che per sabbie lisce ed arrotondate. Anche la granulometria del
materiale gioca un ruolo importante con φ che è di norma più alto per sabbie
che hanno una granulometria ben assortita tra elementi grossi e fini.
La resistenza al taglio per questi terreni è dovuta in massima parte alle
interazioni tra granuli per cui l'angolo di attrito interno è relativamente
indipendente dal contenuto di umidità della sabbia: φ per una sabbia
bagnata, a parità di condizioni, sarà solo leggermente inferiore a quello
riscontrabile sullo stesso campione asciutto.
In una argilla satura si può assumere, in via approssimata, che l'angolo di
attrito interno sia nullo, e che la resistenza allo slittamento per ogni piano
sia uguale alla coesione c (normalmente espressa in Kg/cm2). In modo non
rigoroso si può dire che il valore di c comprende sia la coesione "vera" che si
realizza attraverso le forze di attrazione intermolecolare dei granuli, che la
coesione "apparente", dovuta agli effetti della tensione superficiale
dell'acqua contenuta nella massa di argilla.
La resistenza a taglio di molti terreni a grana fina diminuisce quando il
loro contenuto di umidità aumenta e spesso si riduce improvvisamente
quando la loro struttura naturale è distrutta. L'interpretazione dei fattori che
influenzano la resistenza a taglio dei terreni coesivi è probabilmente tra i
problemi più complessi della meccanica dei terreni e verranno trattati più
approfonditamente in altri corsi.

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Sono senz'altro da considerare fattori importanti la densità, il contenuto


d'acqua, le condizioni di drenaggio della massa di argilla sottoposta a carico.
Per la maggior parte dei terreni che si incontrano lungo il tracciato
stradale la resistenza a taglio è dovuta sia a coesione che ad angolo di
attrito interno. Per questi, se non anisotropi, la resistenza a taglio per ogni
piano può essere espressa dalla relazione di Coulomb

τ = c + σ tan φ

dove:
φ è l'angolo di attrito del terreno;
c è la coesione;
σ è la componente normale della tensione.
La resistenza a taglio può essere valutata in laboratorio utilizzando vari
test come quello di compressione ad espansione laterale non impedita,
quello di taglio diretto o la prova di compressione triassiale. Il campione
dev'essere provato in condizioni indisturbate o in condizioni simili a quelle
che ci si aspetta sul campo.
Misure indiretta della resistenza a taglio sui terreni di fondazione possono
effettuarsi sia utilizzando delle piastre circolari che attraverso i vari test
semiempirici sviluppati (come il California Bearing Ratio Test).

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3. Classificazione delle terre


Le classifiche adottate per i materiali stradali cercano di raggruppare in
classi i terreni a seconda del loro prevedibile comportamento meccanico,
misurato attraverso alcuni, pochi, parametri che ne caratterizzano la natura
in modo essenziale.

3.1 Indice di gruppo

Una prima classificazione elementare delle terre divide i materiali in 21


gruppi in funzione della granulometria e della suscettibilità all'acqua secondo
un parametro definito Indice di gruppo (Ig). Il gruppo 0 indica terreni
insensibili all'acqua e privi della frazione fina. I gruppi prossimi a 20 indicano
terre con un dominio di plasticità piuttosto ampio.
L’indice di gruppo può essere definito come un indice di qualità della
terra: quanto più esso è elevato, tanto più la qualità della terra è lontana
dall’ottimo.
L'indice di gruppo è dato dalla relazione:

Ig = 0.2a + 0.005ac + 0.01bd

dove:
a è la percentuale di passante al setaccio 0.075 UNI 2332 diminuita di
35. Se tale percentuale è superiore a 75 o minore di 35 si pone a
uguale rispettivamente a 75 e a 35;
b è la percentuale di passante al setaccio 0.075 UNI 2332 diminuita di
15. Se tale percentuale è superiore a 55 od inferiore a 15 si pone b
uguale rispettivamente a 55 e a 15;
c è il valore del limite liquido LL diminuito di 40. Se risulta che il valore
del limite liquido è superiore a 60 od inferiore a 40 si pone c uguale
rispettivamente a 60 e a 40;
d è il valore dell'indice di plasticità IP diminuito di 10. Se risulta che il
valore dell'indice di plasticità è maggiore di 30 od inferiore di 10 si
pone d uguale rispettivamente a 30 e a 10.
Sia i valori di a, b, c, e d, sia quelli risultanti per l’Indice di Gruppo vanno
approssimati all’intero più vicino.

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3.2 Classificazione HRB (UNI-CNR)

Una classificazione più completa ad oggi adoperata per i terreni di uso


stradale è quella dovuta all'HRB ed adottata dall’UNI-CNR e riportata in
Figura 3.1, nella quale i materiali vengono divisi in otto gruppi in funzione
della percentuale della frazione passante ai setacci UNI 2332 2, 0.4 e 0.075,
del valore del Limite Liquido, del valore dell’Indice di Gruppo. In sostanza
questa classificazione tiene conto della percentuale di materiale fino
presente nel campione e della sensibilità all’acqua.
L’indicazione del gruppo viene effettuata facendo seguire alla lettera A un
numero da 1 ad 8 che indica le qualità della terra, progressivamente più
scadenti.
Ai gruppi A1, A2 e A3 appartengono le terre ghiaio-sabbiose (con
passante al setaccio da mm 0.075 < 35%); ai gruppi A4, A5, A6, A7 le terre
limo-argillose (con passante allo 0.075 > 35%); al gruppo A8 le torbe e le
terre organiche.
I materiali più comuni del gruppo Al, che risulta suddiviso in due
sottogruppi Al-a ed A1-b, sono le ghiaie o brecce eventualmente con sabbia,
le scorie vulcaniche (pozzolane), le pomici. A proposito di questi ultimi
materiali è da notare che questa classifica non tiene conto della
modificabilità di alcuni terreni durante il costipamento; così alcuni materiali
teneri quali le pomici, i materiali tufacei, alcune marne, appartenenti al
gruppo Al prima del costipamento, e quindi poco sensibili all'azione delle
acque, possono radicalmente cambiare le loro caratteristiche a causa della
variazione granulometrica subita durante l’azione di costipamento (aumento
della frazione fina per frantumazione dei grani) effettuato con alcuni tipi di
macchine.
I materiali appartenenti a questo gruppo presentano una granulometria
più o meno ben assortita, talora con materiale fino legante (passante cioè al
setaccio da 0.075 mm) in quantità non superiore al 25% in peso del totale,
e di natura prevalentemente limosa, in quanto l'indice di plasticità deve
essere inferiore a 6.
Il sottogruppo Al-a si distingue per avere un contenuto di materiale
grosso (trattenuto cioè al setaccio da 2 mm) superiore al 50% ed un
contenuto di materiale fino non superiore al 15%.
Il sottogruppo Al-b si distingue invece per avere un contento di fino non
superiore al 25%, ed è essenzialmente costituito da sabbia grossa.

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 17


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Figura 3.1 – Classificazione delle terre per uso stradale (UNI 10006-CNR)

Al gruppo A3 appartiene la sabbia fine.


Terreni simili a quelli presenti nei due gruppi precedenti, ma contenenti
maggiori quantitativi di limo od argilla, comunque inferiori al 35%,

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 18


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appartengono al gruppo A2, e pertanto possono presentare caratteristiche di


plasticità anche abbastanza elevate.
Il gruppo A2 si divide nei quattro seguenti sottogruppi:
A2-4 ed A2-5: comprendono le terre la cui frazione più sottile è costituita
essenzialmente da limo ed hanno un indice di plasticità < 10. Costituiscono
ancora buoni materiali per la costruzione dei rilevati.
A2-6 ed A2-7: comprendono le terre la cui frazione più sottile è costituita
essenzialmente da argilla, hanno infatti un indice plastico > 10. Il loro
impiego nella costruzione di rilevati va esaminato con molta cautela.
Al gruppo A4 appartengono i limi poco compressibili con indice di
plasticità < 10. Caratteristiche di questo gruppo sono le sabbie con limo cui
appartengono alcune pozzolane del napoletano che però hanno la
caratteristica di risultare di solito non plastiche.
Al gruppo A5 appartengono i limi molto compressibili, con un elevato
limite liquido > 40.
Al gruppo A6 appartengono le argille poco compressibili in virtù del limite
liquido < 40; ad esso appartengono anche le argille limose contenenti
sabbia e ghiaia, con elevato indice di plasticità.
Al gruppo A7 appartengono le argille con elevato limite liquido e pertanto
fortemente compressibili, che rigonfiano in presenza di acqua. Tale gruppo
si suddivide in due sottogruppi:
A7-5 che si distingue per avere un indice di plasticità relativamente
modesto rispetto al limite liquido e precisamente non superiore a
quest'ultimo diminuito di 30. Sono terre fortemente elastiche e
compressibili, soggette a rigonfiare notevolmente a contatto con l'acqua;
A7-6 che si distingue per un indice di plasticità più elevato rispetto al
precedente e precisamente superiore al limite liquido diminuito di 30. Sono
terre meno compressibili delle precedenti, soggette comunque a rigonfiarsi e
plasticizzarsi a contatto con l'acqua.
E’ opportuno, per le terre contenenti argilla, far seguire al numero del
gruppo un altro numero, tra parentesi, che rappresenta l’indice di gruppo
del campione, variabile da 0 a 20 (ad es. A7-6(13)). Le terre di qualità
portanti migliori hanno, come già detto, un indice di gruppo più basso.
Al gruppo A8 appartengono, infine, le torbe e le terre organiche di origine
palustre, fortemente compressibili. Questi terreni sono facilmente
individuabili dal colore bruno scuro, e dall'odore particolare dovuto a
fenomeni di alterazione organica in atto. Caratteristica di questi terreni,
senz'altro da scartare nelle costruzioni stradali, è la possibilità di contenere
elevatissime percentuali d'acqua, talvolta superiori al 100%.

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 19


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4. Verifiche di stabilità del corpo stradale


Si è visto che la realizzazione di un tracciato stradale implica una
necessaria dimestichezza con il terreno attraversato dal progetto poiché la
maggior parte, il maggior volume dei lavori stradali, riguarda costruzioni in
terra.
Spesso le realizzazioni in terra, siano queste rilevati o tagli di scarpate
manifestano fenomeni di instabilità dovuti al superamento, lungo una
generica sezione, della resistenza a taglio del materiale.
Come già detto la resistenza a taglio di un terreno dipende dalle
caratteristiche meccaniche del materiale che lo compone ed è regolata dalla
relazione empirica di Mohr-Coulomb:

τ = c + σ tan φ

dove:
τ tensione tangenziale di rottura;
c coesione del materiale;
σ tensione normale al piano di rottura;
φ angolo di attrito interno del materiale.

In caso di rilevati o trincee si può dire che le superfici di rottura sono


generalmente delle superfici curve assimilabili nel piano, con buona
approssimazione, a delle curve circolari.
I tipi di rottura più probabili sono quelli delimitati dai cerchi di slittamento
di parete (o pendio), di piede o di base (Figura 4.1).
Lungo la potenziale superficie di rottura, in condizioni di equilibrio limite,
si eguaglia la resistenza a taglio del terreno.

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 20


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Figura n. 4.1 – Probabili cerchi di rottura per una trincea od un rilevato


stradale

4.1 Metodo del cerchio di attrito

Un primo metodo di verifica (Figura 4.2) considera la massa di terreno


omogenea in condizioni limite, quindi in potenziale scivolamento ed
eguaglia, rispetto al centro O di uno dei possibili cerchi di slittamento di
raggio r, il momento ribaltante (instabilizzante) dovuto alla forza peso della
massa di terreno in scivolamento al di sopra della superficie considerata ed
il momento stabilizzante dovuto alle forze tangenziali che si esplicano lungo
la superficie di rottura:

MR = d × W
θB θB

MS = r × ∫τ × r × dθ = r 2
× ∫τ × dθ
θA θA
θB

W × d = r 2
× ∫τ × dθ
θA

dove:
MR è il momento ribaltante rispetto al polo O;
MS è il momento stabilizzante rispetto allo stesso polo;
W è il peso del terreno posto al di sopra dell'arco AB;
d è il braccio della forza peso;
τ è la resistenza a taglio per unità di superficie lungo ogni punto della
superficie di scorrimento AB;

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 21


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r è il raggio del cerchio ed il braccio della resistenza unitaria a taglio del


terreno.

A dθ

d
σ

τ
W

Figura n. 4.2 – Metodo del cerchio di attrito

Per ogni scarpata in terra andrebbero considerate un’infinità di superfici


circolari di rottura. La più probabile è quella cui compete il minore dei
coefficienti di sicurezza η dato dal rapporto tra il momento stabilizzante e
quello instabilizzante:

θB

r 2
× ∫τ × dθ
θA
η =
W × d

nell’ipotesi fatta di terreno omogeneo:

r2 × τ × θ
η =
W × d

Ed è il più piccolo dei coefficienti trovati che fornisce il richiesto grado di


sicurezza della scarpata. Il cerchio relativo ad un coefficiente di sicurezza
pari ad 1 è definito cerchio critico. Un coefficiente di sicurezza inferiore
all’unità indica una scarpata in condizioni di scivolamento; uno maggiore

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 22


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dell’unità indica una scarpata in condizioni stabili. Le norme considerano


sufficiente un coefficiente di sicurezza non inferiore ad 1.3. Il che fa intuire
quanto questo tipo di verifiche siano cautelative.

4.2 Metodo di Fellenius

Il metodo del cerchio di attrito è utilizzabile per terreni di caratteristiche


meccaniche omogenee.
Quando, come nella maggioranza dei casi, avviene che il terreno è
costituito da un certo numero di strati, bisogna utilizzare uno qualsiasi dei
metodi di verifica fondati sulla suddivisione del terreno in strisce verticali.
Il sistema è stato proposto da Petterson e sviluppato da Fellenius (Figura
4.3).
Si consideri un generico centro di raggio r e centro O. Il problema è,
anche in questo caso, stabilire il valore del coefficiente di sicurezza relativo
a questo cerchio.

a
αi
Terreno 1 b

(i)
RA
di

Wi

Terreno 2 RB
c d
σi

τi

Figura n. 4.3 – Metodo di Fellenius

Si divida il terreno racchiuso dalla superficie di scorrimento ipotizzata e


limitato dalla superficie libera in strisce verticali (non necessariamente dello
stesso spessore). Le forze che agiscono sulla singola striscia sono il peso
proprio Wi, la componente della reazione normale alla base σix∆i e quella

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 23


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tangenziale τix∆i. Il momento instabilizzante dovuto alla iesima striscia di


profondità unitaria è dato da:

M R = W i × d i = W i × r × sen α i

Il momento stabilizzante dovuto alle tensioni tangenziali che si sviluppano


sull’arco ∆i sarà dato da:

M S = ∆i × r × τ i
= ∆i × r × ( c i + σ i × tan φ i )

dove con i sono indicate le caratteristiche relative alle caratteristiche


meccaniche del terreno della striscia iesima in prossimità della superficie di
scorrimento.
2
Ma σi (kg/cm ) è pari alla componente normale alla superficie del peso
della striscia iesima di terreno Wi:

W i × cos α i
σi =
∆i
da cui,sostituendo:

 W × cos α i 
M S = ∆i × r × c i + i × tan φ i 
 ∆i 
= r × ( c i × ∆i + W i × cos α i × tan φ i )

Il coefficiente di sicurezza vale in questo caso:

r × ∑ (c i × ∆i + W i × cos α i × tan φ i )
η =
∑ Wi × r × sen α i

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 24


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5. Costipamento delle terre


Quando vengono effettuati degli scavi ed il materiale viene poi
ridepositato senza particolari precauzioni, la porosità, la permeabilità e la
compressibilità medie del terreno risultano maggiori di quelle possedute
originariamente dal materiale; anche la capacità di resistenza all'erosione
interna provocata da vene d'acqua subisce una notevole diminuzione.
Per queste ragioni, alcuni anni orsono, si costipavano solo quei rilevati
che dovevano servire come dighe od argini; mentre nessun particolare
accorgimento si utilizzava per i rilevati stradali, considerato che i manti di
pavimentazione erano sufficientemente flessibili da resistere senza danno
all'assestamento del terrapieno. Fino a tempi abbastanza recenti i terrapieni
delle strade ferrate, poi, sono stati costruiti semplicemente scaricando il
materiale e lasciando che questo si assestasse sotto l'azione del peso
proprio, per anni, prima di disporre la massicciata. Il cedimento raggiungeva
il 3% circa dell'altezza totale per i rilevati di pietrisco, il 4% per quelli in
materiali sabbiosi e l'8% circa per quelli contenenti un'elevata percentuale di
argilla. Per impedire insellamenti delle rotaie nei tratti in rilevato, l'altezza di
quest'ultimo veniva maggiorata, rispetto al livello teorico, di una quantità
corrispondente al cedimento previsto.
Ancora oggi le dighe di protezione marittima sono costruite in questo
modo, lasciando che siano le mareggiate invernali ad esercitare le
necessarie azioni di costipamento.
I primi rilevati stradali sono stati posti in opera, come quelli ferroviari,
rovesciando il materiale dalla sommità dei tratti già completati: le pendenze
standard variavano, da sito a sito, da 2/3 a 4/7. L'assestamento in esercizio
di terrapieni non costipati non ha provocato inconvenienti particolarmente
seri fin quando la circolazione stradale è stata sufficientemente limitata.
Quando lo sviluppo della circolazione automobilistica ha richiesto strade con
una superficie resistente nel tempo, è divenuto evidente che le strade in
cemento costruite su terrapieni non costipati avevano una particolare
tendenza alla rottura e che le superfici delle pavimentazioni flessibili
tendevano a divenire notevolmente irregolari. Nella maggior parte dei casi,
inoltre, non vi era tempo, prima di sottoporre il terrapieno al carico del
traffico dei veicoli stradali (veloce, a differenza di quello dei veicoli di
cantiere, lento), di lasciare che si producesse l'assestamento naturale. A
poca distanza dall'introduzione delle strade pavimentate, per la necessità di
evitare questi inconvenienti, è diventato norma il costipamento a strati dei
rilevati mediante tecniche che cercano di essere ad un tempo efficaci ed
economiche.

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 25


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Tabella 5.1 – Differenze misurate tra gli angoli di attrito di vari materiali prima
e dopo il costipamento

Materiale sciolto compatto


Sabbia a granuli arrotondati, uniforme 27° 34°
Sabbia a spigoli vivi, ben graduata 33° 45°
Ghiaia sabbiosa 35° 50°
Sabbia limosa 27°÷33° 30°÷35°
Limo inorganico 27°÷30° 30°÷35°

Il costipamento, in definitiva, si rende necessario per migliorare le


caratteristiche meccaniche del terreno, aumentando il grado di incastro tra
gli elementi della terra e riducendo il volume dei vuoti presenti, in parte per
espulsione di acqua interstiziale e gas contenuti, in parte solo per la
compressione del gas. Le variazioni di angolo di attrito interno possono
essere anche significative come si può notare dalla Tabella 5.1 che riporta i
valori rappresentativi di φ per sabbie e limi in due condizioni di
addensamento.
Inoltre avvicinando gli elementi granulari del materiale si evitano ulteriori
e successivi cedimenti del piano del rilevato dovuti all’applicazione del carico
ed alle azioni dinamiche e si riduce la permeabilità della terra.
Queste azioni richiedono una certa energia che è funzione di:
a) tipo del materiale;
b) tecniche usate per il costipamento;
c) spessore dello strato di materiale sottoposto ad azione costipante;
d) contenuto d’acqua del materiale.
Soprattutto il contenuto d’acqua del terreno gioca un ruolo importante
nell’efficacia dell’azione di costipamento, con una certa tecnologia, a parità
di energia spesa. Un certo contenuto d’acqua è desiderabile perché, agendo
da lubrificante tra i grani del materiale, agevola il costipamento. Al
contrario, contenuti d’acqua superiori ad un certo limite danneggiano
l’azione di costipamento: l’acqua dovrebbe sostituirsi al gas presente
all’interno del materiale; questo dovrebbe essere compresso a pressioni
sempre maggiori ed al limite, se accadesse, cessata l’azione della macchina
costipatrice, ci si troverebbe a dover contrastare un’azione di
decostipamento dovuta al gas sotto pressione eccessiva. Le maggiori
densità si ottengono quando il contenuto d'acqua presenta un certo valore,
detto ottimo.
Per ogni materiale rinvenuto lungo il tracciato stradale è essenziale
conoscere prima dell'inizio dei lavori se il contenuto d'acqua in situ è
eccessivo o insufficiente, rispetto al valore ottimo, in relazione al metodo di

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 26


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costipamento che si intende adottare. Durante la posa in opera di un


terrapieno, inoltre, occorre accertarsi che la densità desiderata venga
mantenuta anche se variano i materiali utilizzati; questa necessità ha
condotto al perfezionamento di prove di costipamento in laboratorio.

5.1 Prova Proctor

Lo scopo delle prove di laboratorio consiste nel tracciare una curva


W%/γs (rapporto tra il contenuto percentuale d’acqua ed il peso secco del
materiale, Figura 5.1) che risulti il più simile possibile a quella che lo stesso
materiale presenterebbe in cantiere con la costipazione. I più comuni metodi
di prova derivano da quello ideato dal California Highway Department agli
inizi degli anni '30 ed è conosciuto come prova di Proctor standardizzata
(Proctor, 1933).

Figura n. 5.1 – Curve del peso specifico secco in funzione del contenuto
d’acqua al variare dell’energia di costipamento

Secondo questo metodo, un campione viene disseccato, polverizzato e


quindi diviso in due frazioni con setacci n. 4 ASTM o 5 della serie UNI 2332
(materiale di dimensioni inferiori ai 5 mm). Circa 3 kg della frazione a
granulometria più fine vengono inumiditi con una piccola quantità d'acqua e
poi completamente rimescolati per ottenerne un aggregato omogeneamente

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 27


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umido che è quindi disposto in tre strati uguali in un contenitore cilindrico di


dimensioni normalizzate. Ciascuno strato è costipato con 25 colpi di un
pestello standard, lasciato cadere dall'altezza di 30 cm. Riempito il
contenitore e spianata la sommità del materiale, vengono determinati il
peso ed il contenuto d'acqua del terreno, e quindi il peso secco.

Figura n. 5.2 – Prova Proctor e Proctor modificata

Allo stesso modo si opera su materiale sempre più umido finché il peso
specifico apparente secco, determinato dopo il costipamento, con
l'aumentare del contenuto d'acqua, non diminuisca in misura notevole.

Figura n. 5.3 – Fustelle utilizzate per la prova Proctor

Al termine di ogni prova il materiale utilizzato va sostituito con altra


quantità prelevata dallo stesso campione: la prova frantuma i grani più
grossi e varia la granulometria del materiale originario.

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 28


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Si traccia a questo punto la curva rappresentativa della relazione fra peso


secco e contenuto d'acqua; il contenuto d'acqua ottimo è quello al quale il
peso secco raggiunge il valore massimo.

5.2 Prova Proctor modificata

A causa dell'influenza che il metodo di costipamento esercita sulla curva


W%/γs, non ci si deve aspettare che una qualunque prova standard,
compresa quella di Proctor, dia risultati di validità generale: solo prove
eseguite in situ in scala naturale e con la medesima attrezzatura che ci si
propone di usare per i lavori sono in grado di fornire dati realistici circa il
contenuto d'acqua ottimale.
Si è tentato comunque di mettere a punto metodi di laboratorio fornissero
la stessa energia di costipamento fornita dai macchinari utilizzati in cantiere.
Questi tentativi hanno condotto a diverse varianti del procedimento
originario. Per l'attrezzatura pesante, oggi usata, la più appropriata sembra
essere la cosiddetta prova Proctor modificata che utilizza una energia di
costipamento maggiore (diverso peso del pestello ed altezza di caduta).
Dall’esame delle classiche curve a campana mostrate in figura e relative
ad uno stesso tipo di terreno costipato con diversa energia si può notare
che:
a) al variare dell’energia di costipamento impegnata varia la densità secca e
l’umidità ottima: maggiore energia permette di ottenere una densità
secca maggiore a parità di contenuto d’acqua;
b) tutte le curve tendono, senza raggiungerla, alla curva di saturazione,
curva che esprime la relazione tra W%/γs necessaria a riempire tutti i
pori del materiale; non è possibile raggiungere la curva di saturazione
perchè, come detto, non è realisticamente possibile espellere tutto il gas
contenuto negli interstizi del materiale di prova.
La prova ci fornisce, per un dato terreno, il massimo della densità secca
ottenibile con il costipamento. Indirettamente ci fornisce un valore
dell’umidità ottima per il quale il campione può fornire il massimo delle sue
caratteristiche meccaniche.

5.3 Prova CBR

Con il materiale costipato all’ottimo Proctor oppure all’ottimo Proctor


modificato si può effettuare la prova CBR (California Bearing Ratio).
Viene fatta penetrare nel campione costipato una sonda di diametro di 5
cm a velocità costante (1 mm/50 sec) e vengono rilevate le pressioni in
corrispondenza delle penetrazioni di 2.5 e 5 mm (Figura 5.2). Queste

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 29


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2
pressioni vengono rapportate rispettivamente ai valori di 70 e 105 kg/cm
necessari ad ottenere gli stessi valori di penetrazione in un materiale
campione costipato secondo la prova AASHO modificata (la Proctor con
maggiore energia di costipamento).
I valori ottenuti, moltiplicati per 100, forniscono il valore del CBR del
materiale di prova. Di questi si utilizza il maggiore.

Figura n. 5.4 – Attrezzature per la determinazione del C.B.R.: P) Provino di


terreno, F) Fustella di contenimento, B) Basamento con fori drenanti, AS) Anello di
sovraccarico, PT) Pistone di carico, C) Comparatore di misura dei cedimenti, D)
Dinamometro di misura del carico.

L’indice CBR può essere utile per decidere se un dato materiale può
essere impiegato così come rinvenuto. Se dalla prova eseguita su un
campione con contenuto d’acqua originario risulta un CBR maggiore di 10 il
materiale è certamente utilizzabile, se il CBR è inferiore a 5, il materiale non
può essere utilizzato senza particolari provvedimenti.
Si utilizzano tre tipi di determinazioni del C.B.R.: normale (effettuato con
provino nelle condizioni di umidità di rinvenimento), all’ottimo Proctor
(effettuato con provino in condizioni di umidità ottima) e saturo (effettuato
con provino in condizioni di umidità ottima e successivamente saturato).

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 30


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Ognuno di essi ci fornisce informazioni sul comportamento del campione in


determinate condizioni.

5.4 Rigonfiamento in acqua

La misura del rigonfiamento per imbibizione si effettua immergendo la


fustella contenente il campione costipato in acqua. Per quattro giorni, ogni
ventiquattro ore, vengono rilevati gli incrementi di altezza del provino e
rapportati all’altezza iniziale.

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 31


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6. Cenni sulle tecniche di costruzione dei


rilevati
Le attuali tecniche di costruzione dei rilevati impongono, quando
possibile, l’impiego di materiali granulari stabili, ma considerazioni di ordine
economico spesso fanno ripiegare su materiali più facilmente reperibili in
loco, a prescindere dalla loro composizione, sempre che non contengano
elementi costitutivi organici altamente compressibili e modificabili.
Nella maggior parte dei casi il rilevato viene steso in strati spessi circa 30
cm per mezzo di bulldozer e costipato con rulli fino a raggiungere il peso
secco previsto. Le pendenze standard rimangono 2/3 per i materiali
granulari e, per i terreni coerenti, variano da 1/2 per scarpate fino a 3 m ad
l/3 per scarpate alte 30 m.
Questa tecnica dà buoni risultati nei casi in cui il contenuto d'acqua del
materiale nella zona di prestito non superi il valore Proctor massimo se non
di una modesta percentuale; un grado di umidità troppo elevato può creare
serie difficoltà e provocare notevoli perdite di tempo.
L'aspetto essenziale, quindi, dell'analisi dei materiali a granulometria fine
consiste nell'accertare la differenza fra il contenuto d'acqua in sito ed il suo
valore ottimale. Questo elemento andrebbe integrato dalla determinazione
dei limiti di liquidità e di plasticità, la cui conoscenza è necessaria per
giudicare quante probabilità vi sono che il materiale di prestito perda
umidità, fino al contenuto in acqua ottimale, sotto l'azione delle condizioni
atmosferiche prevalenti nella zona.
Se il contenuto d'acqua è troppo elevato ed il clima troppo umido per
consentire una perdita di umidità apprezzabile, nessuna tecnica e nessun
macchinario consentiranno di raggiungere quella percentuale del 90/95%
del peso specifico secco massimo richiesto dai criteri di accettazione
comunemente indicati nelle direttive progettuali. In casi del genere si può
solo tentare di prevedere la resistenza che il materiale svilupperà dopo la
posa in opera al suo contenuto d'acqua naturale e di individuare quale possa
essere il tipo di rimaneggiamento che, realizzato mediante l'attrezzatura per
la compattazione disponibile, riuscirà ad eliminare la maggior parte dei
vuoti.

6.1 Mezzi di costipamento

I mezzi utilizzati in cantiere per il costipamento dei rilevati si possono


dividere in due categorie in funzione dell’azione prevalente esercitata sul
materiale del rilevato: mezzi statici e mezzi dinamici.

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 32


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Figura n. 6.1 – Compattatore a rulli lisci

6.1.1 Rulli lisci statici

Sono macchine molto pesanti (da 15 t a vuoto fino a 20 t con zavorra)


semoventi su rulli metallici (Figure 6.1 e 6.2 b). Sono assolutamente
inadatte al costipamento profondo ma efficaci per un’azione superficiale.
Vengono utilizzate per il costipamento delle massicciate. La loro principale
limitazione è dovuta al ridotto spessore degli strati che sono in grado di
costipare.

6.1.2 Rulli gommati

Sono macchine semoventi o trainate anch’esse molto pesanti sospese su


ruote pneumatiche accoppiate. Sono più efficaci delle prime in profondità,
esercitano anche una certa azione impastante sul terreno, specie se
costituito da una elevata frazione di fino (Figura 6.2 a). Rispetto alle prime,
ancora, hanno un’area di impronta notevolmente maggiore. E’ interessante
la caratteristica di isostaticità delle ruote accoppiate di queste macchine: il
sistema idraulico di sospensione delle ruote permette al carico gravante su
ogni pneumatico di rimanere costante qualunque sia la posizione di lavoro
rispetto alla superficie del terreno.

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 33


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Figura n. 6.2 – Vari tipi di macchine costipanti: a rulli gommati (a), a rulli lisci
(b), a rulli con piedi costipanti (c)

6.1.3 Rulli a piedi costipanti

Possono essere macchine trainate o semoventi dotate di rulli con delle


protuberanze di varia foggia e dimensione (Figure 6.2 c e 6.3). Sono utili ad
esercitare azioni costipanti su terreni plastici, per le elevate tensioni che si
2
sviluppano tra i piedi ed il terreno (20/40 kg/cm ) e per l’azione impastante;
risultano più efficaci dei primi due tipi.

Figura n. 6.3 – Tipi di piedi costipanti

6.1.4 Macchine vibranti

Sono macchine che accoppiano all’azione statica derivante dal loro peso
elevato quella dovuta alla vibrazione degli elementi in contatto con il terreno

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 34


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da costipare realizzata a mezzo di eccentrici. Possono contare su un


maggiore allentamento dei legami dovuti ad attrito e/o coesione tra le
particelle di materiale messe in vibrazione. L’effetto, particolarmente
sensibile su materiali sciolti in cui la coesione è praticamente trascurabile, è
dovuto al fatto che la vibrazione provocata dalla macchina svincola le
particelle le une dalle altre riducendo fortemente l’attrito interno e la
resistenza a taglio, agevolando il successivo migliore riposizionamento dei
granuli di materiale.

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7. Controlli di cantiere
Il controllo delle opere nelle costruzioni stradali viene effettuato sia
durante la fase di estrazione del materiale che durante la sua posa in opera.
Durante la fase di estrazione, che può avvenire da cava di prestito o dagli
stessi scavi eseguiti per l'apertura della sede stradale, è necessario
accertarsi sia della natura che dello stato del materiale estratto. Le verifiche
relative vengono in genere effettuate mediante: analisi granulometrica,
misura dei limiti di Attemberg, determinazione della curva Proctor, della
portanza CBR.
I parametri ricavati consentono di classificare il terreno secondo gli
schemi proposti dalle classifiche indicate.

7.1 Densità in sito

I1 peso ed il contenuto d'acqua del terreno sono controllati in cantiere per


mezzo di normali prelievi di campioni e successive prove in laboratorio.
Per il controllo della densità in sito si pratica nel terreno costipato un foro
cilindrico dal quale si recupera con cura il materiale. Il provino verrà pesato
prima che si verifichino perdite d'acqua per evaporazione ed il valore
ponderale risultante verrà rapportato al volume occupato dal terreno prima
del prelievo.
Il volume si può misurare in modi diversi, fra cui quello consistente nel
riempire il foro con sabbia secca fina versata da un recipiente graduato
(Figura 7.1). Altro modo di misurare il volume occupato dal campione è
quello che utilizza una membrana di gomma costretta, con immissione di
acqua, a adattare la propria forma a quella del foro; il volume di
quest'ultimo è determinato dal volume dell'acqua immessa (Figura 7.2).
Essicando il provino in stufa a 105° C è possibile determinare il contenuto
d’acqua percentuale e la sua densità secca. La densità secca misurata viene
messa in relazione con la densità ottima determinata in laboratorio con la
prova AASHO modificata. Si prescrive, in genere, che essa raggiunga
almeno il 90/95 % di quest'ultima.
E' necessario che le prove di densità vengano eseguite strato per strato,
con sufficiente frequenza in relazione all'omogeneità del materiale
impiegato.

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Figura n. 7.1 – Volumometro a sabbia

Figura n. 7.2 – Volumometro a membrana

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7.2 Prove con piastra

Nel caso che non sia possibile eseguire prove di densità in sito a causa
delle grosse dimensioni del materiale adoperato, o comunque quando si
tratta di controllare l'ultimo strato del rilevato, si ricorre a prove con piastra
rigida. E’ un modo di controllare il grado di costipamento raggiunto
concettualmente diverso dal precedente perchè utilizza misure, attraverso il
valore del modulo di deformazione, empiriche della portanza del terreno ed
in particolare del sottofondo stradale.
Per portanza si intende quella misura della rigidità del terreno e della sua
capacità a sopportare carichi con le minime deformazioni verticali possibili.
Un terreno ben costipato avrà, ovviamente, una portanza maggiore dello
stesso terreno non costipato.
La prova (Figura 7.3) si esegue con una piastra circolare rigida di
assegnato diametro D cui vengono applicati, per mezzo di un martinetto
idraulico, carichi via via crescenti in modo da fornire un incremento di
2
pressione ∆p di 0.5 kg/cm . Ad ogni incremento di pressione si legge
l’incremento ∆s corrispondente al cedimento verticale della piastra. Le
letture corrispondenti a ciascuna variazione di carico si effettuano a
deformazioni stabilizzate: si definisce, convenzionalmente, stabilizzata la
deformazione che a carico costante non subisce variazioni superiori a 0.02
mm/min.
La misura della portanza è fornita dal modulo di deformazione Md dato
dalla relazione:

∆p
Md = × D
∆s

in cui ∆s viene misurato in corrispondenza di un incremento di pressione


2
compreso tra 1 ed 1.5 kg/cm . Il cedimento è misurato con dei comparatori
centesimali ed il martinetto di carico è contrastato, nelle usuali prove su
sovrastrutture stradali, alla parte inferiore di un camion.
I comparatori vanno posizionati sulla piastra e contrastati ad una trave
rigida che possa stabilmente poggiare su una porzione di terreno non
influenzata dalla prova.
Prima di iniziare ad annotare quelle letture ai comparatori centesimali utili
per la prova è buona norma fornire un primo ∆p di assestamento di circa
2
0.1, 0.2 kg/ cm .

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Figura n. 7.3 – Schema attrezzatura per la prova con piastra: P) piastra, CI)
martinetto idraulico, S) snodo sferico, A) anello dinamometrico, CC) comparatore
centrale, T) aste, C) comparatori, F) contrasto, PI) pompa idraulica

Figura n. 7.4 – Attrezzatura per la prova con piastra

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Ad indicare un ordine di grandezza delle forze di contrasto in gioco, si


riporta una tabella relativa alla forza da applicare (in kg) ad alcune piastre
per ottenere gli incrementi di pressione richiesti dalla prova, compreso
quello di assestamento, in funzione dei diametri usuali (Tabella 7.1).

Tabella 7.1 – Valori di carico per diversi diametri di piastra in funzione della
pressione sul terreno

Diametro (cm) 16 30 45 60 76
Area (cm2) 201 707 1 590 2 826 4 534
∆p (kg/ cm2) kg kg kg kg kg
0.1 20 71 159 283 453
0.2 40 141 318 565 907
0.5 100 353 795 1 413 2 267
1.0 201 707 1 590 2 826 4 534
1.5 301 1 060 2 384 4 239 6 801
2.0 402 1 413 3 179 5 652 9 068
2.5 502 1 766 3 974 7 065 11 335
3.0 603 2 120 4 769 8 478 13 602
3.5 703 2 473 5 564 9 891 15 870
4.0 804 2 826 6 359 11 304 18 137
4.5 904 3 179 7 153 12 717 20 404

Si comprende la necessità di sistemare il martinetto sotto un adeguato


contrasto.
Il diametro della piastra da utilizzare è proporzionale all'impronta di carico
che si desidera indagare. Nel caso di prove eseguite su pavimentazioni
stradali i diametri più adoperati sono 16 e 30 cm; per pavimentazioni di
aeroporti si utilizza generalmente il diametro di 76 cm.
Dalla teoria (Boussinesq) nell’ipotesi di terreni isotropi, omogenei ed
elastici, sappiamo che la pressione esercitata sul terreno ed i cedimenti
conseguenti sono proporzionali secondo la relazione:

Ec 2
p = δ
1 − ν πR
2

dove:
p è la pressione esercitata con il martinetto:
Ec è il modulo di elasticità del terreno;
ν è il coefficiente di contrazione trasversale;
R è il raggio della piastra di prova;
δ è il cedimento letto ai comparatori.

Utilizzando una stessa piastra di raggio R il rapporto p/δ è costante e


dipende, oltre che da R, dalle caratteristiche del terreno Ec e ν.

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Dalla lettura del diagramma sperimentale riportato in Figura 7.5, si


osserva che impegnando piastre con diametro superiore ai 76 cm, la legge
di variazione mostra che il valore p/δ risulta indipendente dal diametro della
piastra. Quindi il modello di terreno valido per prove con piastra di diametro
inferiore ai 76 cm è quello isotropo, omogeneo ed elastico. Per diametri
superiori rimane solo la proporzionalità tra p e δ e si può applicare un
modello di terreno alla Winkler- Wesergaard.

Figura 7.5 – Modelli sperimentali di comportamento di un terreno

Figura 7.6 – Bulbi di pressione in funzione del diametro della piastra

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Se si osservano i bulbi di pressione generati da uno stesso carico unitario


p applicato a superfici diverse (Figura 7.6), si può notare come le isobare
corrispondenti alla tensione prodotta dal carico interessino strati di terreno
tanto più profondi quanto maggiore è la superficie caricata.
Qualora ad una data profondità vi fosse un materiale scarsamente
portante esso verrebbe ad essere interessato dall'azione del carico in modo
più o meno sensibile in funzione dell'ampiezza della superficie caricata.
Di questo è necessario tener conto nell'interpretazione dei risultati.

Appunti dalle lezioni a.a. 2002/2003 - Pag. n. 42


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Bibliografia
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dell'Università di Napoli, 1959
[2] Montella G.: "ARGOMENTI DI TECNICA STRADALE" - Quaderni dell'Istituto di
Costruzioni di Strade, Ferrovie e Aeroporti n. 3, Facoltà di Ingegneria,
Università di Napoli, Napoli, 1978
[3] Ferrari P., Giannini F.: "CORPO STRADALE E PAVIMENTAZIONI" - Ingegneria
Stradale Vol. II - ISEDI, Milano, 1979
[4] Moraldi G. (coordinatore): "SOVRASTRUTTURE E PAVIMENTAZIONI STRADALI ED
AEROPORTUALI" - ESA, Roma, 1979
[5] Wright P. H., Paquette R. J.: "HIGHWAY ENGINEERING 4E." - John Wiley &
Sons, New York, 1979
[6] Terzaghi K, Peck R. B.: "GEOTECNICA" - UTET, Torino, 1984
[7] Giannattasio P.: "IL PROGETTO DELLE PAVIMENTAZIONI AEROPORTUALI" -
SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN INFRASTRUTTURE AERONAUTICHE, Università degli
studi di Napoli, Facoltà di Ingegneria, 1981
[8] Montella A.: "PAVIMENTAZIONI DEGLI AEROPORTI" - SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE
IN INFRASTRUTTURE AERONAUTICHE, Università degli studi di Napoli, Facoltà di
Ingegneria, 1983
[9] Giannattasio P.: "IL PROGETTO DELLE SOVRASTRUTTURE FERROVIARIE" -
Massimo, Napoli, 1984
[10] Giannini F., La Camera F, Marchionna A.: "APPUNTI DI COSTRUZIONE DI
STRADE FERROVIE ED AEROPORTI" - ESA,Roma, 1985

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