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Prof. Manzoni E.

Leo 24/03/21
La tachicardia parossistita ventricolare porta spesso alla fibrillazione ventricolare, quindi il passo successivo
sarà l’osservazione dell’ECG in fibrillazione.

Nel terzo ECG si nota l’inizio di una


tachicardia che proviene dal nodo
atrio-ventricolare, con una
conduzione retrograda all’atrio,
quindi è nata nella zona atrio-
nodale. Il paziente in tachicardia è
caratterizzato da bassa pressione, in
quanto i ventricoli non si riempiono
abbastanza.

Quando dalla tachicardia parossistica si passa


alla fibrillazione ventricolare, nella parete del
ventricolo, si generano onde che si muovono
in tutte le direzioni senza dare contrazioni
sincrone ed efficaci dal punto di vista
meccanico.
Si nota il potenziale oscilla su e giù e a questa
serie di oscillazioni non corrisponde un
efficacia meccanica. Questa condizione non è compatibile con la vita. La defibrillazione consiste nel far
passare corrente, questo shock elettrico causa una violenta depolarizzazione che pone tutti i miocardiociti
in periodo refrattario, disattivando tutto. In questo modo la condizione di partenza è azzerata, e quando
riparte il nodo del seno, è più alta la probabilità che tutte le cellule lavorino in sincrono.
La corrente elettrica può sia salvare la vita, appunto con l’uso dei defibrillatori, che togliere la vita, infatti
può indurre l’arresto cardiaco, cioè fibrillazione.
Un passaggio di corrente induce fibrillazione
quando passa in un certo periodo, in cui si può dire
che il cuore è vulnerabile.
Se la corrente elettrica passa quando il ventricolo si
è appena attivato, non ha nessun effetto perché
tutte le cellule sono in periodo refrattario assoluto,
quindi non ci possono essere attivazioni.
Se passa quando il ciclo di eccitabilità del cuore si è
concluso, le cellule sono attivabili, e quello che
succede è un extrasistole. Il problema è quando la
corrente passa nel momento in cui comincia a
salire l’onda T, questo è il segno che le cellule
cominciano a ripolarizzarsi. Quindi noi abbiamo
cellule che escono dal periodo refrattario assoluto,
entrano in quello relativo, possono generare potenziale d’azione che sono di durata ridotta, salgono
lentamente, e quando i PDA si propagano, trovano molte regioni dove il loro movimento si blocca, perché
ancora il tessuto è in stato refrattario assoluto, e sono obbligate a prendere percorsi tortuosi, che possono
così più facilmente generare il fenomeno del rientro, perché il fronte d’onda si frammenta e va in direzioni
anomale.
Una corrente elettrica che invece passa durante la fibrillazione del cuore, è innanzitutto molto forte,
depolarizza tutte le cellule, inattiva tutte le conduttanze e mette tutto in periodo refrattario assoluto.
Quindi le cellule escono insieme dal periodo refrattario assoluto, e sono tutte pronte nuovamente ad
essere eccitate, una volta che l’effetto dello stimolo è cessato.

FIBRILLAZIONE ATRIALE
La fibrillazione ventricolare è un
disastro, quella atriale non è così
disastrosa ma non è da sottovalutare,
quest’ultima può portare a coaguli
nell’atrio, e quindi fenomeni trombotici.
Queste questioni di natura medica non
saranno trattate in questo corso.
La fibrillazione atriale è il processo visto
prima, trasportato dal ventricolo
all’atrio. È una situazione che è
compatibile con la vita. In una
condizione di riposo l’atrio non è
responsabile della maggior parte del
riempimento ventricolare. Infatti, l’85%
del riempimento ventricolare a riposo
avviene passivamente. L’atrio diventa importante quando la frequenza cardiaca aumenta e c’è bisogno
della pompata atriale, per riempire bene il ventricolo. Se la pompata è inefficiente a causa della
fibrillazione, il ventricolo non si riempie bene.
Dal punto di vista elettrocardiografico la fibrillazione atriale è paragonabile alla registrazione delle onde
radio, in quanto la linea di base è spessa, rumorosa, appunto lo stesso effetto di un interferenza
radiofonica.
Invece si registra il dipolo creato da questo continuo movimento in tutte le direzione e assolutamente
caotico del potenziale d’azione, a livello dell’atrio. Queste oscillazioni di frequenza elevata rendono il
tracciato spesso.
Il battito atriale può essere di due tipi: o risposta lenta, a bassa frequenza, o un battito ad alta frequenza.
Può succedere che quest’eccitazione continua proveniente dall’atrio, data dalla fibrillazione, aumenta
l’eccitabilità del pacemaker atrioventricolare. Per cui la frequenza non è 40, come quella intrinseca del
nodo atrio-ventricolare, ma di 60-65 battiti al minuto, a causa della continua fibrillazione atriale.

Il professore fa riferimento ad una fibrillazione atriale curata solo al fine di evitare la formazione di coaguli,
senza intervenire sul ritmo. Questa particolare strategia terapeutica, senza l’uso di antiaritmici è
giustificata dal cardiologo perché nella situazione in cui si trovava il paziente era pericoloso curarla, perché
sarebbe finito nella slow ventricular response, che avrebbe abbassato notevolmente la pressione del
paziente.

FLUTTER ATRIALE
Il movimento del PDA può essere regolare, ciclico, come una specie di giostra, su un percorso stabile.
Questo percorso stabile appare come un profilo periodico di base che si sovrappone all’attivazione
ventricolare e all’onda T, quest’ultima ne risulta mascherata.

CORRENTE DI DEMARCAZIONE

La presenza di una zona ischemica nel miocardio modifica profondamente l’ECG. Ci può essere
sopraslivellamento o sottoslivellamento del tratto ST. In realtà avviene il contrario, ovvero l’unico tratto
dell’ECG, che è più o meno a posto è il tratto ST, è tutto il resto che è sbagliato.
L’ischemia riduce ATP per le cellule, e fra gli elementi che ne soffrono c’è la pompa Na/k, per cui il lavoro di
queste pompe diminuisce, e il k+ aumenta la sua concentrazione extracellulare, inducendo una
depolarizzazione della membrana. Quello che altera l’elettrocardiogramma è che tra la regione ischemica e
quella normale c’è una differenza di potenziale, c’è un dipolo.
Questo dipolo non è generato da un PDA, ma è generato da una regione depolarizzata che è a confine con
una regione normalmente polarizzata a riposo. Il dipolo c’è in diastole, quando non ci dovrebbe essere.
Nel grafico “ST-elevation”, l’onda P è stata ridotta, si vede solo il tratto PQ, si osserva la presenza di un
dipolo di lesione.
Nella regione con “-“ del cuore raffigurato in alto, c’è del tessuto ischemico, quindi c’è il polo negativo di un
dipolo. L’elettrodo che si trova davanti è sottoposto al potenziale negativo in diastole, quando
normalmente non c’è differenza di potenziale. Quindi il tracciato ECG non è sullo 0, è più basso dello 0.
Quando arriva il PDA, generalmente, sia le cellule a riposo che le cellule depolarizzate dall’ischemia,
riescono a sparare il PDA e raggiungere il plateau. Per cui le differenze tra questi due tessuti si attenuano
fino a quasi annullarsi. Quando questo succede scompaiono le differenze tra la regione sana e la regione
malata, e durante il tratto ST, il potenziale è dove dovrebbe essere, sullo 0.
Quando si ha la situazione opposta, con la regione ischemica da parte dell’endocardio, il tessuto sano
davanti all’elettrodo, forma la parte positiva del dipolo. Quindi in diastole si ha una differenza di potenziale
positiva tra l’elettrodo ed il centrale terminale di Wilson. Per cui si ha la linea di base dell’ECG, quella
diastolica al di sopra dello 0. Quando arriva il PDA, tutte le cellule riescono ad andare in plateau, e si
annullano le differenze tra le cellule ischemiche e quelle normali, quindi il tratto ST va dove dovrebbe
andare. Si ha un sottoslivellamento del tratto ST.

Nel cuore a riposo c’è un dipolo quando siamo


con una regione ischemica, dipolo definibile
come dipolo di lesione.
Questo si vede all’ECG, quindi si può
ricostruire come si può fare con qualsiasi altro
dipolo istantaneo, o meglio generato
all’interno del cuore.

Come è orientato il dipolo di lesione


dell’ECG?
Per capirci qualcosa si cerca prima il
complesso QRS, l’indice dell’attivazione
ventricolare, e dell’onda P che dovrebbe
precederlo.
Si trova una prima onda positiva, poi una
brusca variazione, quest’ultima è l’accoppiata tra complesso QRS alterato dall’ischemia e onda P,
attivazione dell’atrio. Quindi trovato il complesso QRS, il tratto ST sembra essere sottoslivellato, anche se
in realtà è al posto giusto.
Il dipolo di lesione in questa derivazione ha creato un differenza di potenziale positivo. Il segno dell’ECG
dice come è orientato il vettore.Il valore di questo ECG è positivo, quini dovrebbe essere potenziale 0,
invece è positivo. Nel sottoslivellamento lo 0 sta sopra.
Il punto J è il punto del tratto ST, in cui si fissa lo 0. In questo caso il punto J è una linea, che corrisponde
alla linea dello slivellamento, dove il tratto ST smette di salire finché dopo non c’è un tratto di
ripolarizzazione. Questa è sostanzialmente l’onda T, modificata dalla presenza di un ischemia.
Quindi in prima derivazione c’è una differenza di potenziale positivo, vuol dire che il vettore punta verso la
cella sinistra. Si vede il dipolo di lesione in prima derivazione e la proiezione di un dipolo che c’è nel cuore.

Per la terza derivazione di einthoven, in diastole, quando il cuore è rilassato, il potenziale è negativo. Si
osserva un sopraslivellamento del tratto ST. Quindi il dipolo genera una proiezione con la carica positiva
rivolta verso il polo negativo della registrazione, cioè l’elettrodo che è attaccato al polo negativo
dell’elettrocardiografo. Il polo positivo nella terza registrazione è la regione pubica, quindi l’elettrodo è
orientato nell’altra direzione. Da queste due proiezioni si può ricostruire il vettore costante che dà il
potenziale di lesione, la differenza di potenziale tra la regione ischemica e la regione sana. Il vettore è
orientato in alto e verso sinistra. Quindi si ha un’informazione sulla posizione nel cuore di una regione
ischemica analizzando l’ECG. Anche qui il punto J è di facile identificazione.

Si ha la prima, la seconda, la terza


derivazione di einthoven

Com’è il tracciato nella seconda


derivazione, c’è uno slivellamento del
tratto ST?
Sì, c’è un sovraslivellamento. Anche in 3
c’è un sovraslivellamento, vuol dire che
c’è un dipolo di lesione.
Sulla prima non c’è uno slivellamento, la
ragione per cui un certo evento elettrico
non lascia traccia in alcune derivazioni
dipende da una relazione con l’asse di
derivazione.
Il fenomeno elettrico qui non si vede
perché l’asse del dipolo di lesione è
perpendicolare a quello della prima derivazione.
Nel terzo il potenziale in diastole è negativo, per cui quando si va a disegnare il dipolo, si deve orientare la
parte positiva verso l’elettrodo collegato al polo negativo dell’elettrocardiografo, che in 2 corrisponde
all’ascella destra e in 3 all’ascella sinistra. Quando tirate le perpendicolari e unite l’origine dei vettori con il
punto di incrocio delle perpendicolari, quello che viene è praticamente perpendicolare all’asse della prima
derivazione. La regione ischemica è la parte negativa del dipolo, quindi è orientata verso il basso.
Non si può dire se nella parete del ventricolo è in avanti o in dietro, in quanto non si può vedere
osservando le derivazioni i cui assi sono tutti sul piano frontale.
Si può capire guardando V2, una derivazione precordiale, a fianco dello sterno sulla parte sinistra vicino al
piano sagittale. Qui si osserva il dipolo di lesione e si nota un sottoslivellamento, quindi il potenziale in
diastole è positivo. Lo 0 è marcato con una freccia, è il punto in cui il tracciato sembra rallentare nel suo
ritorno allo 0. In diastole si ha una differenza di potenziale positiva. Quindi l’elettrodo posto sulla parte
sinistra dello sterno vede un tessuto sano, questo vuol dire che la parte ischemica è dietro.

Il professore sottolinea che è un argomento di fisiopatologia e che può essere chiesto in sede di esame se il
candidato punta alla lode.
Domande:

“Può ripetere come la regione ischemica si trova anteriormente o posteriormente guardando V2?

Si va a vedere V2, e si cerca di capire se il dipolo di lesione c’è in questa derivazione. Il dipolo c’è in quanto
ECG è sottoslivellato. Il potenziale dovuto all’ischemia visibile in V2 è positivo, perché lo 0 è nel punto J.
Tenendo conto della posizione di V2 si può dire che davanti c’è un tessuto sano e dietro tessuto ischemico.
Onde s negative M. Lulli
Sempre parlando del signore precedente, scopri dal
cardiologo di aver avuto un infarto tempo prima. Il
cardiologo poté dire ciò perché segni caratteristici
dell’infarto sono delle onde negative S molto
pronunciate nel complesso di attivazione ventricolare.
Normalmente, quando si guardano le precordiali, gli
elettrodi 5 e 6 hanno una componente essenzialmente
positiva, mentre 1 e 2 hanno una componente negativa
piu importante e 3 e 4 sono zone di transizione. Davanti
alla zona infartuata viene registrata un’onda negativa
molto importante; queste onde negative nelle
derivazioni precordiali sono un indice abbastanza indicativo di un infarto cronico (quindi non c’è
un’ischemia acuta con morte cellulare in corso, nel nostro caso è tutto alle spalle).
Queste onde negative si vedono perché quando c’è l’infarto le cellule cardiache muoiono subito per un
effetto acuto della mancanza di nutrienti e ossigeno ma muoiono anche dopo per apoptosi scatenata dalla
lesione (infatti molte cellule non riescono piu a mantenere la concentrazione di calcio intracellulare
costante). Quando queste cellule muoiono il miocardio non si rigenera e le cellule morte della zona
infartuata vengono sostituite da tessuto connettivo. Il connettivo non è elettricamente eccitabile, il
potenziale d’azione non lo invade, quindi questa regione diventa una sorta di finestra nel cuore attraverso
la quale gli elettrodi V3, V4, V5 sono influenzati da ciò che succede nella parte opposta del cuore, cioè
l’endocardio (normalmente l’attivazione comincia dall’endocardio e va verso l’epicardio). Quindi questi
elettrodi vedono la parte negativa del dipolo cardiaco, che sta dall’altra parte del cuore, e quindi si vedono
queste onde negative molto ampie indice dell’infarto (questo è un infarto anteriore). Qualche volta può
essere messo un elettrodo sulla schiena per vedere la presenza di un infarto posteriore.

Anomalie dell’onda t
Sono anomalie del cammino della
ripolarizzazione che diventa anomalo in
diverse condizioni patologiche: i blocchi di
branca e le ipertrofie (non sempre
succede (soprattutto per il ventricolo
destro) ma è facile questa associazione
patologia-rovesciamento onda T). In
alcuni casi si ipotizza che l’alterata
propagazione dell’onda elettrica nel cuore
produca uno sviluppo di tensione che non
è piu in grado di generare un’ischemia
maggiore nella parte interna del cuore
rispetto all’esterna. (come sappiamo una delle ipotesi circa il rovesciamento della direzione della
ripolarizzazione era legato al fatto che la parte endocardica del cuore è soggetta a un’ischemia maggiore
durante la sistole, e si diceva è l’ischemia che prolunga la fase di plateau rendendo piu difficile la
ripolarizzazione). È un’idea abbastanza abbandonata ma che potrebbe tornare utile, in alcune condizioni
patologiche, per spiegare come un’alterata diffusione dell’eccitazione produca uno sviluppo meccanico di
tensione che non è piu capace di generare un’ischemia più forte a livello endocardico. Comunque sia la
ragione dell’inversione del percorso della ripolarizzazione non è chiara.
Nell’ambito dell’ipotesi precedente si potrebbe inquadrare
un’altra anomalia dell’onda T che si manifesta in maniera
generalizzata su tutte le derivazioni elettrocardiografiche
quando ci si trova di fronte a una condizione di ischemia
cardiaca. Questo rovesciamento dell’onda T una volta veniva
spiegato bene sulla teoria enunciata prima, perché se una
normale polarizzazione c’è quando si è in presenza di
un’ischemia fisiologica maggiore nell’endocardio rispetto all’epicardio, nel momento in cui arriva
un’ischemia vera e più profonda, la differenza fra tessuto esterno e interno del cuore scompare e
l’ischemia patologica rovescia gli effetti dell’ischemia fisiologica (l’ischemia patologica colpisce in pari
misura epicardio e endocardio) e quindi il primo tessuto che si ripolarizza è il primo tessuto che si era
depolarizzato; quindi per primo riparte l’endocardio.

DOMANDE:

MECCANICA CARDIACA
Legge di Starling o Legge del cuore
Il cuore, finché è in salute, pompa tutto il sangue
che riceve, e quindi ha la capacità di adattare la sua
forza di contrazione al livello di riempimento, che
prende il nome di “precarico”. Quindi all’aumentare
del precarico (cioè del volume del ventricolo a fine
diastole) il ventricolo si contrae con una forza
maggiore. Questa proprietà è valida fino a un certo
livello di riempimento; arrivati a quel livello si
ottiene la tensione massima sviluppata dal cuore, e
poi ulteriori aumenti del riempimento ventricolare produrranno una diminuzione della forza di
contrazione.
I sarcomeri del cuore sono corti e tendono a formare pochi ponti trasversi; in questo modo il cuore ha a
disposizione un’ampia capacità di aumento della prestazione. Questo ricorda la relazione tensione-
lunghezza, ed in effetti la legge di Starling riflette il fatto che, nel cuore e nel muscolo scheletrico, se si
aumenta la lunghezza del sarcomero si aumenta anche il numero dei ponti trasversi che si possono
ottenere. Poi nel cuore ci sono altri meccanismi (non presenti nel muscolo scheletrico) che incrementano
questa dipendenza della tensione dalla lunghezza.
Quando il cuore non lavora più nella regione verde dell’immagine precedente ma lavora nella regione della
curva rossa si dice che è “scompensato”; un aumento del carico produce una caduta di tensione, quindi il
cuore non è più in grado di pompare tutto il sangue che riceve. Se il sangue che dall’atrio passa nel
ventricolo non viene pompato tutto allora prima si accumula nel cuore e poi a monte, cioè a livello di vene
cave e vene polmonari; un accumulo di sangue nelle vene polmonari produce un accumulo di sangue nei
capillari polmonari e questo causa edema polmonare, l’uscita di plasma che dai capillari va nell’interstizio e
trasuda negli alveoli e si muore “annegati nel nostro plasma”.
La legge di Starling conferisce al cuore anche un’altra caratteristica, cioè quella di continuare a pompare lo
stesso volume di sangue anche quando il carico di lavoro del cuore aumenta a causa di un aumento della
pressione arteriosa. Se aumenta la pressione arteriosa diastolica (quella che viene superata nel ventricolo
quando si aprono le valvole semilunari) il cuore deve aumentare la propria forza di contrazione per
produrre una gittata uguale a quella di prima, perché ora per espellere il sangue deve creare una pressione
maggiore all’interno del ventricolo. La legge di Starling aiuta il cuore in questa operazione.
Quello che succede con una normale pressione minima di 80 mmHg è che parte del volume telediastolico
viene eiettata lasciando nel cuore il volume
telesistolico.
Se la pressione si alza a 100 mmHg il cuore si contrae
con la stessa forza di prima ma, lavorando con una
pressione maggiore, non ce la fa a mantenere la tessa
eiezione di prima e il volume eiettato si riduce e il
volume telesistolico aumenta. Questo aumento del
volume telesistolico porta, nella sistole successiva, ad
un aumento del volume complessivo del cuore. Per cui
questa dilatazione del cuore porta ad un aumento di
forza che permette di riportare il volume telesistolico
verso i valori di partenza.

Il volume telesistolico è il volume che c’è nel cuore alla


Queste terminologie dipendono dai primi fine dell’eiezione, quindi alla fine della sistole.
esperimenti fatti sul ciclo di lavoro Il volume telediastolico è quello presente alla fine della
cardiaco, su una striscia di miocardio in diastole, cioè prima della contrazione.
laboratorio. La differenza tra il volume telediastolico e telesistolico è
il volume eiettato.
Questa slide ricorda i meccanismi della La pressione arteriosa viene chiamata post carico.
legge di Starling.
Nel muscolo cardiaco oltre all’aumento del numero dei
ponti trasversi c’è da ricordare che la sensibilità del Ca++
alla troponina aumenta con lo stiramento, e che ci sono i
canali per il calcio (secondo magari una versione un pochino
più antiquata) oppure canali catiolici che si aprono e che
portano ad una depolarizzazione della cellula che favorisce
l’ingresso di calcio verso canali voltaggio dipendenti,
comunque sia questi meccanismi nel loro complesso
aumentano la dipendenza dalla tensione e dalla lunghezza
del muscolo cardiaco rispetto al muscolo scheletrico.
Spieghiamo come mai si parla di carico, precarico e post
carico, e anche come lavora un muscolo in modo da permettervi di comprendere anche il ciclo cardiaco.
La prima cosa che viene fatta è quella di appendere la striscetta di miocardio e di caricarla con un peso,
questo era il precarico.
Il precarico se noi consideriamo il muscolo cardiaco quando lavora corrisponde al livello di riempimento del
cuore. Quindi così come questo carico appeso stira la striscetta di miocardio il volume caricato nella
camera ventricolare allunga i miocardiociti.
Per simulare il lavoro del cuore dobbiamo tenere conto che le valvole impediscono alla pressione che c’è
nell’aorta di riempire il ventricolo, anche quando la pressione ventricolare è bassa la pressione che noi
abbiamo in aorta non produce un aumento di dimensioni della camera ventricolare.
Successivamente quando il cuore si contrae con
abbastanza forza la valvola si apre e il sangue viene
eiettato. La pressione in aorta è ciò contro cui il cuore
deve fare lavoro perché deve portare il sangue ad una
pressione leggermente maggiore di questa per poter
produrre l’eiezione, quindi la pressione che c’è in aorta la
possiamo rappresentare nel ciclo di lavoro con un carico
sorretto. Quindi noi abbiamo la striscetta di miocardio
stirata da un peso collegata ad un altro carico che però è
sorretto, il carico sorretto è l’equivalente della pressione
aortica che non può riempire il ventricolo anche se la pressione è minore. A questo punto nel ciclo di
lavoro del cuore come vedremo comincia la contrazione cardiaca, quindi lo sperimentatore stimola la
striscetta di miocardio e la fa contrarre.
La striscetta di miocardio comincia ad accorciarsi quando la tensione che sviluppa supera il post carico, a
questo punto comincia un accorciamento a velocità costante. Deve superare il post carico di molto poco.
Non c’è quasi differenza, ma quella che c’è seppur piccola produce l’accorciamento a velocità costante del
muscolo, e come potete osserviamo qui in queste condizioni di laboratorio il post carico rimane normale
(nel cuore questo non sarà vero).
C’è un punto in cui l’accorciamento inevitabilmente si arresterà ed è la lunghezza raggiunta dal muscolo.
Sicuramente nonostante lo sviluppo di tensione possa continuare ancora si arriva ad un punto in cui la
lunghezza muscolare non è più in grado di permettere una tensione lievemente maggiore al post carico, e
questo è il momento in cui il muscolo deve arrestare il suo accorciamento. E a questo punto se il post
carico non viene nuovamente sorretto è il post carico che fa lavoro e stira il muscolo. Questa è l’origine di
questi due termini. Precarico, riempimento ventricolare e fine diastole. Post carico, pressione aortica.
Perché poi anche nella fase di eiezione la pressione aortica c’è e aumenta e il cuore deve sempre fare
lavoro contro questa pressione.

Il ciclo cardiaco
Il ciclo cardiaco è il periodo intercorrente fra l’inizio di una contrazione regolare e la successiva. Lo
dividiamo in sistole (contrazione del ventricolo) e diastole
(rilassamento del ventricolo). Ricordiamo che nella
dinamica cardiaca la pompa vera è il ventricolo. Quindi si
dice che l’atrio è una pompa ad innesco per il ventricolo,
contribuisce al riempimento.
È bene che l’atrio si contragga prima del ventricolo ed è
bene che il ventricolo prima di partire abbia completato il
suo riempimento, e per questa ragione il ritardo di
conduzione che c’è nel nodo atrio-ventricolare permette
all’atrio di finire di riempire il ventricolo con il suo sviluppo
di tensione prima che questo abbia cominciato a contrarsi.
Per descrivere il ciclo cardiaco usiamo una serie di
parametri, che sono parametri pressori, parametri
elettro fisiologici (l’elettrocardiogramma) e parametri
acustici (il fonocardiogramma).
Nel ciclo cardiaco si misura la pressione in aorta (linea
tratteggiata) o nell’arteria polmonare, poi la pressione a
livello del ventricolo e la pressione a livello degli atri.
C’è poi la misurazione del volume ventricolare,
dell’elettro cardiogramma e del fonocardiogramma cioè
dei rumori prodotti dal cuore durante il suo ciclo di
attività. Queste emissioni sonore emesse dal
cuore corrispondono ai fenomeni di chiusura
delle valvole cardiache.
Come possiamo osservare il fenomeno elettrico
precede lo sviluppo di tensione a livello
dell’atrio.
Se consideriamo il complesso QRS, al picco
dell’onda R comincia lo sviluppo di
tensione a livello del ventricolo. E se
consideriamo l’onda T vediamo che il
suo inizio precede il calo di pressione
cioè del rilassamento ventricolare.
Questo diagramma prende il nome di
diagramma di Wiggers.

Presistole
Quando parlo del ciclo cardiaco
cominciamo dalla presistole.
La presistole è la contrazione dell’atrio generata dall’onda elettrica che spazza l’atrio e produce un
aumento di pressione al suo interno (l’aumento è di circa 7-8 mmHg), questo aumento di pressione prende
il nome di onda A.
Le condizioni di partenza del ciclo cardiaco sono le seguenti:
- Valvole semilunari tra aorta e ventricolo chiuse;
- La pressione aortica maggiore della pressione ventricolare;
- Valvole atrio-ventricolari aperte perché la pressione nell’atrio supera la pressione nel ventricolo (la
presistole non serve per aprire le valvole atrio-ventricolari in quanto sono già aperte).
L’onda A che vediamo corrisponde ad uno sviluppo pressorio di 4-5 mmHg nell’atrio destro e di 7-8 mmHg
nell’atrio sinistro.
Possiamo osservare che anche la pressione nel ventricolo aumenta, si formano delle lievi turbolenze dietro
ai margini delle valvole atrio-ventricolari che tendono ad accostarle l’una verso l’altra, ma sarà solo la
contrazione ventricolare che produrrà la chiusura delle valvole atrio-ventricolari grazie allo sviluppo di
tensione che viene a lunghezza costante.
La sistole atriale diventa molto importante
quando la frequenza cardiaca aumenta nel
corso dell’esercizio e quindi non durante il
riposo. Qui l’atrio è importante perché la
forza, il vigore della contrazione atriale
permette di completare il riempimento che
sarebbe invece difficile perché in
tachicardia, quando aumenta la frequenza
cardiaca il tempo di diastole, il tempo di
riempimento si riduce notevolmente
rispetto alla condizione di riposo.
Quindi per riempire il cuore quando la
nostra frequenza cardiaca è elevata è necessaria l’azione inotropa positiva del simpatico che rinvigorisce la
pompa atriale. Se l’atrio non funziona bene non ci può essere questa azione inotropa positiva sull’atrio e
quindi questo non è in grado di completare il riempimento diastolico e questo vuol dire che la nostra
prestazione rimane abbondantemente limitata.
Sistole isovolumetrica

La sistole isovolumetrica ha
una durata molto breve di
circa 23-30 ms, vediamo che la
pressione del ventricolo
supera quella dell’atrio.
Appena comincia la
contrazione si chiudono le
valvole atrio-ventricolari e
questo produce il primo tono
cardiaco che segna l’inizio
della sistole nella sua prima
componente, quella
isometrica.
Il cuore, infatti, non modifica il suo volume perché è pieno di liquido incomprimibile, quindi modifica
leggermente la sua forma accorciandosi in senso punta-base e allargando un po’ la sua circonferenza.
Durante questa fase le valvole atrio-ventricolari sono spinte da questa pressione in salita contro l’atrio e
non si rovesciano perché i lembi valvolari sono messi in tensione dalle corde tendinee. Questa spinta della
valvola atrio-ventricolare produce un lieve aumento di pressione a livello dell’atrio sinistro che prende il
nome di onda C.
Dopo la fase di contrazione isometrica comincia la fase di eiezione nel momento in cui la pressione
all’interno del ventricolo supera la pressione in aorta. Si tratta della pressione diastolica come possiamo
osservare guardando la curva della pressione in aorta (linea azzurra tratteggiata), cioè il valore di 80
mmHg.
A questo punto comincia lo svuotamento che ha una fase inziale piuttosto rapida in il volume ventricolare
cala abbondantemente.

Eiezione rapida

Nell’eiezione rapida la pressione nel ventricolo (linea


gialla) supera, seppur di poco, la pressione a livello
dell’aorta; quindi c’è un piccolo gradiente che però è
sufficiente, a causa dell’ampiezza dell’ostio valvolare, a
far passare il sangue.
Il fatto che la pressione aumenti in aorta vuol dire
semplicemente che l’eiezione ventricolare sta
introducendo in aorta più sangue, rispetto a quello che
l’abbandona, per fluire in periferia.
Quindi l’aorta si gonfia e questo fa aumentare la
pressione.
Per cui come osserviamo durante la fase di eiezione il post carico non è costante come nel modellino di
prima. Il post carico aumenta poiché l’aorta è elastica, quindi l’aumento della pressione al suo interno la
stira e produce una pressione elastica di ritorno che si somma a quella che c’è in partenza.
Per cui la pressione aumenta proprio a causa di questa dilatazione dell’aorta, diventa come un elastico
messo sempre più in tiro. Quindi questa contrazione viene fatta contro un carico che varia nel tempo, che
aumenta. Questa contrazione prende il nome di auxotonica.
La eiezione ventricolare produce l’allungamento punta-base del ventricolo e quindi l’abbassamento del
piano valvolare che stira le cavità triale, e qui infatti la pressione nell’atrio cala bruscamente a causa dello
stiramento della cavità atriale che però fa aumentare l’afflusso di sangue dalle vene periferiche verso
l’atrio.

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