Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
di Leonard Cohen
Fandango libri, 2003
pp. 288
€ 16,00
Beautiful losers è un libro da assumere per via endovenosa. Anzi, no, troppo
asettico, detto così. È un libro da farsi in vena, e già suona meglio.
Nell'impossibilità di farlo, se ne può dire qualcosa, ma è come descrivere un
orgasmo.
Le cose più disparate del mondo, le diverse ali del paradosso, le due facce
del problema, interrogativi da m'ama non m'ama, la coscienza a forma di
forbici, tutte le polarità, le cose e le loro immagini e le cose che non hanno
ombra, e solo le esplosioni quotidiane nelle strade, questa faccia e quella
faccia, una casa e un mal di denti, esplosioni che hanno solo il nome
composto da lettere differenti, il mio ago perfora tutto ciò, e io, le mie
fantasie avide, tutto quello che è esistito e che esiste, siamo parte di una
collana di incomparabile bellezza e priva di significato.
Fuori dal sogno, a fianco di A., vive Edith. Rivive, anzi, nelle parole di F. e
dell'amico, dacché la narrazione si apre col cadavere della donna sul «fondo del
pozzo dell'ascensore». Uccisa per cosa? Per chi? Ma Beautiful losers non ha la
consistenza di un giallo. Ha piuttosto la dispersione di un labirinto, con le
diramazioni e i vicoli ciechi chiarissimi, con ogni evidenza, nella mente dell'autore
che è ben lungi dallo smarrirsi nel dedalo di immagini che crea. Coi repentini cambi
di direzione congegnati, in buona misura, dall'ingombrante presenza di F. È
quest'ultimo, di fatto, a immettere nel romanzo una quota di tensione, un rovello
interiore attivo nei personaggi, e nel lettore, dalla prima all'ultima riga.
F., dicevamo. Ovvero un modello per il protagonista che è a sua volta un modello
per F: «C'era una profonda carità nel modo di succhiarmelo. Lo odiavo, ne abusava.
Ma oso pensare che che tu sia l'incarnazione delle mie maggiori aspirazioni». È,
quella tra lui e A., un'amicizia torbida che si realizza e si annulla in un erotismo
sfrenato, forse la manifestazione massima dell'Energia a cui più volte si fa
riferimento.
«Dio è vivo. La magia è in azione». Questo è un altro punto nodale: il contrasto tra il
dio irrazionale e imprevedibile che scorre lungo i giorni disordinati di vite in cerca
di un senso che sfugge e il dio nel cui nome Catherine si lascia morire, dopo aver
abbracciato il cristianesimo, in un delirio mistico di abnegazione di sé. In chiusura
dal libro ci imbattiamo proprio nell'elenco dei 'miracoli' della vergine, invocata per
secoli da frotte di malati miracolosamente guariti, spesso dopo essersi affidati a
feticci della Santa (il crocefisso che aveva al collo al momento della morte, la terra
della sua sepoltura...), segni di una religione ambigua tra oscura superstizione e
luminosa estasi.
Chiudiamo con le parole dell'autore, tratte da una lettera al suo editore nel 1965,
che rendono bene l'idea della grandezza di questo testo e la misura della difficoltà
nel descriverlo.