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CIRROSI EPATICA

DEFINIZIONE
La cirrosi epatica (term. der. del gr. κιρρός «giallastro» e -ωσις «condizione» in riferimento
all’ittero attraverso cui si faceva la diagnosi) è una condizione patologica a carico del
parenchima epatico, caratterizzata da necrosi e fibrosi in stato avanzato.

Il parenchima cambia la propria architettura, assistiamo alla formazione di noduli rigeneranti


multipli, strutturalmente anomali, strozzati dai tralci fibrosi; c'è, quindi, uno stravolgimento
della normale organizzazione lobulare del fegato.
Macroscopicamente sono visibili numerosi noduli sulla superficie
epatica; si può notare come anche la forma e i margini del fegato
non siano più lisci e arrotondati, ma assumono questa forma
dovuta alla retrazione indotta dalla fibrosi massiva.
La fibrosi raramente può regredire a causa della rottura dei setti
fibrotici e della fusione dei noduli rigeneranti.

Fa parte delle end-stage liver disease, insieme all’epatocarcinoma.


È una delle maggiori cause di morte per malattie croniche nel mondo.

EZIOPATOGENESI
Con il passare del tempo la prevalenza delle cause eziologiche di cirrosi è mutata nel tempo!
Guardando, infatti, il numero e le cause circa le nuove registrazioni nella lista d'attesa per il
trapianto si può vedere come l’HCV dal 2012 in poi sia crollato (a causa della disponibilità dei
farmaci DAAs, molto efficaci nell’eradicare il virus); mentre, si è visto come siano aumentate
tantissimo le epatopatie ad eziologia alcolica e i soggetti con NASH.
In sostanza sta aumentando sempre più la patologia da alcol, sempre più rapidamente quella da
NASH e, non solo l’indicazione del trapianto da cirrosi, ma anche da epatocarcinoma insorto su
patologia alcolica e non alcolica (da accumulo di grasso).

La cirrosi epatica non sopraggiunge mai a seguito di una epatopatia acuta, ma a seguito di un evento
cronico perpetuatosi nel tempo! Deriva in seguito alle seguenti condizioni, condividendo l’eziologia
con quella delle epatiti croniche:

1. INFEZIONI VIRALI:
o VIRUS EPATOTROPI: questi causano epatiti croniche; sono HBV, HCV, HDV
(è un virus difettivo che ha bisogno di HBV) ed HEV (in pazienti immunodepressi);
o VIRUS NON-EPATOTROPI: questi possono causare epatiti; sono il
Citomegalovirus, il Coxsackievirus di gruppo B e il EBV;
2. STEATOSI ALCOLICA;
3. NASH;
4. MECCANISMI AUTOIMMUNI;
5. COLESTASI: il danno iniziale è a carico dei colangiociti, ma successivamente si estende
agli epatociti; tra queste ricordiamo:
o colangite biliare primitiva (CBP),
o colangite sclerosante primitiva (PSC)
o cirrosi biliare secondaria: è una colestasi cronica, detta colestasi biliare delle
grandi vie biliari, che successivamente causa sofferenza degli epatociti e quindi
un’epatite cronica che può diventare una cirrosi. Se la bile non riesce a passare nelle
vie biliari ristagnerà, ci sarà un accumulo dei sali biliari negli epatociti che andranno
incontro ad apoptosi più del normale.
In caso di completa chiusura si può andare incontro rapidamente a cirrosi epatica; ci
sono, però, condizioni in cui non c’è una completa chiusura, ma solo un ridotto
flusso attraverso il coledoco: ciò si verifica, ad es., più frequentemente con i calcoli
che con le stenosi, perché queste sono in genere di origine neoplastica (colangio-
carcinoma o carcinoma della testa del pancreas) e non danno tempo di sviluppare
cirrosi (il paziente muore prima); calcoli non rimossi danno cirrosi biliare
secondaria.
6. VENOSTASI: in questo contesto ci troviamo dinanzi ad un danno ipossiemico del fegato,
che insorge in seguito a:
o Sindrome di Budd-Chiari: o trombosi delle vene epatiche, ove a causa di una
alterazione della coagulazione (dovuta anche a deficit di sintesi epatico di importanti
fattori anticoagulanti) si va incontro a trombosi delle suddette vene (arrivando ad
interessare anche la vena cava inferiore appena sopra lo sbocco delle sovraepatiche);
da ciò ne deriva un ridotto flusso di sangue in uscita e stasi venosa instraepatica.
sindrome
o Cirrosi cardiogena: congestione venosa solitamente conseguente a insufficienza
cardiaca congestizia. Quando grave e persistente, la congestione epatica può portare
a fibrosi e quindi alla cirrosi epatica; se la congestione è dovuta a insufficienza
cardiaca destra, viene chiamata cirrosi cardiaca
7. MALATTIE METABOLICHE RARE:
o Emocromatosi: è una patologia genetica caratterizzata da eccessivo accumulo di
ferro (Fe) che causa danno tissutale. La diagnosi viene posta in presenza di un
elevato livello di ferritina sierica, ferro e saturazione della transferrina e confermata
mediante analisi genetica.
o Deficit di α1-antitripsina: il cambiamento conformazionale della molecola dell'α1-
antitripsina, che ne causa la polimerizzazione e la ritenzione all'interno degli
epatociti. L'accumulo epatico delle molecole di α1-antitripsina anomale causa ittero
colestatico neonatale nel 10-20% dei pazienti; i pazienti rimanenti sono
probabilmente in grado di degradare la proteina anormale, sebbene l'esatto
meccanismo protettivo non sia chiaro. Circa il 20% dei casi di interessamento
epatico neonatale sviluppa una cirrosi nell'infanzia. Il 10% dei pazienti che non
presentano patologia epatica infantile sviluppa cirrosi in età adulta. L'interessamento
epatico aumenta il rischio di epatocarcinoma.
o Malattia di Wilson: determina un accumulo di rame nel fegato e in altri organi. Si
sviluppano sintomi epatici o neurologici. La diagnosi si basa su un basso livello di
ceruloplasmina sierica, su un'elevata cupruria, minore cupremia e talvolta sui
risultati di biopsia epatica. Patognomonico l'anello peri-iridale di Kayser-Fleischer.
8. FARMACI.

SINTOMATOLOGIA
Nel processo diagnostico della cirrosi epatica è fondamentale:

1. in primis che si faccia la diagnosi;


2. in secundis che si capisca quale sia la causa;
3. infine, che si capisca come gestire al meglio la patologia, sia in termini di terapia (quando il
problema è già consolidato), sia in termini di profilassi (per cercare di ridurre al massimo la
possibilità di complicanze).

Riconoscere sintomatologicamente una cirrosi è


difficile poiché inizialmente questi pazienti sono
asintomatici, come i pazienti con epatite cronica
dove abbiamo una riserva funzionale epatica normale
e non si hanno segni di ipertensione portale.
Questi pazienti diventano sintomatici solo in una
fase avanzata di cirrosi, con riduzione della
funzionalità epatica, aumento dell’ipertensione
portale e le possibili complicanze.
Da ciò possiamo evincere come la cirrosi si divide in due fasi (suddivisione grossolana, poiché vi
sono delle eccezioni come al solito in medicina):

• FASE COMPENSATA: in questa fase è più difficile fare diagnosi poiché asintomatica o
paucisintomatica di sintomi che possono essere i primi segnali di ipertensione portale.
Riconosciamo 2 stadi:
1. stadio 1: non sono presenti varici esofagee ed ascite (mortalità a un anno → 1%);
2. stadio 2: sono presenti le varici, ma non ascite (mortalità a un anno → 3%);
• FASE SCOMPENSATA: in questa fase è più facile fare diagnosi poiché sintomatica e
caratterizzata da sintomi caratteristici, facilmente riconducibili a cirrosi epatica.
Tra i sintomi caratteristici della fase scompensata abbiamo: sanguinamento da varici;
ascite; sindrome epatorenale; sindrome epatopolmonare; ipertensione porto-polmonare;
encefalopatia epatica; progressiva riduzione della funzionalità epatica con riduzione della
sintesi proteica e della clearence della bilirubina nel sangue, con diminuita albumina e
aumentata bilirubina nel sangue. Ulteriori complicanze, oltre a quelle nominate per la
cirrosi scompensata, sono considerate l’epatocarcinoma, la peritonite batterica spontanea e
la trombosi portale venosa; secondo alcuni studiosi l’insorgenza di tali complicanze
definisce un quadro di cirrosi complicata.
Riconosciamo comunque 2 stadi:
3. stadio 3: sono presenti sia le varici, ma anche l’ascite (mortalità a un anno → 20%);
4. stadio 4: sono presenti, oltre all’ascite, anche le varici esofagee che sanguinano
(mortalità a un anno → 57%).

Considerando i sintomi e segni, certamente è più alta la percentuale di pazienti nei quali possiamo
sospettare la cirrosi in base alla presenza di questi, rispetto ai pazienti con epatite cronica o con
cirrosi compensata.
I sintomi e i segni della cirrosi epatica sono:
• Astenia;
• Ascite;
• Ittero: la bilirubina non trasportata più al fegato, e non rapidamente coniugata, si accumula
nel sangue e nella cute;
• Sub-ittero: colore giallo riguardante solo le mucose (ad es. sclere, gengive, etc…);
• Prurito: per accumulo nella cute di bilirubina;
• Eritema palmare;
• Segno di Dupuytren: sul palmo della mano, di uno o più noduli (il cui diametro può
raggiungere anche un centimetro), a cui può associarsi la flessione permanente di una o più
dita. I noduli derivano dall'ispessimento del tessuto connettivo che costituisce l'aponeurosi
palmare; la flessione delle dita, invece, è dovuta alla presenza degli stessi noduli, i quali
accorciano e tendono a tirare verso il palmo della mano i tendini delle dita.
• Segni lievi di encefalopatia epatica: molto lievi inizialmente ma che possono poi
degenerare in alterazioni del linguaggio, confusione, sonnolenza dovuta all'inversione del
ciclo sonno-veglia;
• Spider naevi: teleangectasia caratterizzata dalla comparsa sulla cute di una macula
rossastra dalla forma simile a quella di una ragnatela; alla digitopressione diventa bianca,
riperfondendosi poi in senso centrifugo. Si localizzano prevalentemente sulla parte
posteriore del tronco, su torace e spalle, specie nelle cirrosi a eziologia alcolica.
• Sanguinamenti varici esofagee;
• Ematomi: per trombocitopenia da sequestro splenico, per splenomegalia da stasi post
ipertensione portale;
• Ginecomastia: non è stata ancora ben studiata la correlazione. Sicuramente è implicata una
clearance ormonale alterata, probabilmente vi è prevalenza di ormoni femminili rispetto ai
maschili. In genere però non basta avere cirrosi per sviluppare ginecomastia, infatti questa
viene amplificata, diventando anche dolorosa a causa dell’utilizzo di alcuni diuretici, in
particolare quelli appartenenti alla classe dei risparmiatori di potassio (es. Spironolattone),
ma non se ne conosce il meccanismo patogenetico. Quindi diminuendo o togliendo il
farmaco migliora la sintomatologia legata alla ginecomastia;
• Inappetenza;
• Nausea;
• Edemi declivi;
• Perdita o aumento rapido del peso, per edema o ascite particolarmente gravi;

DIAGNOSI
L’iter diagnostico per la cirrosi, in generale, vale praticamente anche per tutte le malattie organiche
epatiche perché spesso rappresentano l’una l’evoluzione dell’altra (ad es. epatite cronica → cirrosi
→ epatocarcinoma).
Il paziente cirrotico spesso è asintomatico (fase compensata) e non sa di avere la cirrosi; magari
viene da noi perché ha eseguito per caso degli esami di laboratorio che sono nella norma, ma con
soltanto le piastrine basse come spia iniziale di ipertensione portale; oppure possiamo diagnosticarlo
attraverso un e.o. ove troviamo dei segni compatibili con un quadro clinico di cirrosi (una
splenomegalia, una epatomegalia, degli spider naevi sulla cute, etc.); ancora, la diagnosi può essere
fatta per caso durante chirurgia eseguita per altri motivi; attraverso una esofagogastroscopia o una
ecografia di routine che mostra dei segni di ipertensione portale nel fegato, una milza ingrossata, o
attraverso una biopsia epatica (evenienza rara ad oggi).
Nella cirrosi scompensata la diagnosi si fa perché si il pz ha una delle complicanze nominate prima.

Possiamo però procedere per step:


1. ESAME OBBIETTIVO: a questo sono visibili specialmente i segni di ipertensione
portale:
i. Epato-splenomegalia;
ii. Ascite o edemi;
iii. Spider naevi;
iv. Sanguinamento di varici;
v. Emorroidi;
vi. Segni di encefalopatia;
vii. Irregolarità circa la superficie del fegato.

2. ESAMI di LABORATORIO:
i. INDICI di NECROSI: i livelli di AST e ALT (indicanti danno epatocitario)
sono spesso moderatamente elevati. La necrosi epatocitaria o un danno
delle loro membrane induce il rilascio di AST e ALT nel sangue.
Importante è il rapporto AST/ALT, che se è AST/ALT > 1 → indica un
danno probabilmente NON a carico del fegato (muscoli o cuore); ma,
occasionalmente, in pazienti con NASH, in pazienti con epatite C che hanno
sviluppato cirrosi, finanche in pazienti con malattia di Wilson, in pazienti con
cirrosi dovuta a epatite virale, anche in una epatopatia da alcool. Questo
dipende soprattutto dal danno mitocondriale indotto dall’alcol con
conseguente rilascio di AST nel siero. Un rapporto maggiore di 1 è anche
correlato a sviluppo e progressione della fibrosi sino alla cirrosi in tutte le
forme di epatopatie croniche anche non alcoliche.
Se AST/ALT < 1 → nella maggior parte delle malattie del fegato, la
concentrazione di ALT è più elevata della concentrazione di AST.
N.B. il test di funzionalità epatica non sono le transaminasi!
La fosfatasi alcalina e la γ-GT sono spesso nella norma, in caso di una
cirrosi associata ad una malattia colestatica (PBC o PSC, come detto prima),
vi può essere un aumento della fosfatasi alcalina associato o meno
all’aumento delle γ-GT.
ii. INDICI di PROTIDOSINTESI: sono gli indici di funzionalità epatica.
Nello specifico abbiamo che l’INR è normale nella fase compensata e
aumentato nella fase scompensata; ancora, l’albumina è normale nella
fase compensata e diminuita nella fase scompensata.
La riduzione dell'albumina sierica e l'aumento del tempo di protrombina
riflettono direttamente il deterioramento della funzione epatica di sintesi e si
manifestano negli stadi finali.
Se troviamo dei ridotti indici di sintesi proteica epatica oppure un
aumento della bilirubina totale o prevalentemente non coniugata,
parliamo di ridotta massa epatocitaria.
Il fegato ha un’enorme riserva funzionale, quindi anche una cirrosi all’inizio
della sua storia naturale può non far vedere anomalie di questo genere, però
essere presente.
iii. INDICI di CLEARANCE: valutiamo la concentrazione di bilirubina nel
sangue. La bilirubina totale è normale nella fase compensata; mentre è
aumentata nella fase scompensata, portando ad ittero.
iv. EMOCROMO: si ritrova facilmente piastrinopenia (< 150000) per
aumentato sequestro splenopiastrinico in seguito a splenomegalia, data da
ipertensione portale o per deficit di trombopoietina (prodotto dal fegato).
v. TEST SIEROLOGICI: si effettuano i test sierologici per le epatiti virali
croniche HBV e HCV.
3. IMAGING:
i. ECOGRAFIA: all’esame ecografico, andrò a vedere:
1. La superficie finemente irregolare del fegato; non è tanto
importante, invece, notare la disomogeneità del parenchima
all’interno del fegato.
2. I segni di ipertensione portale: tra di questi annoveriamo
l’ipertrofia del lobo caudato, la presenza di splenomegalia,
l’aumento del diametro della vena porta, la dilatazione dei rami
della vena porta intraepatici, la pervietà della vena ombelicale, il
flusso rallentato nella vena porta (attraverso ecodoppler).
SE PRESENTE, DEVO STADIARLA!
ii. RISCONTRO di VARICI ESOFAGEE: riscontrabile ad un esame di
esofagogastroduodenoscopia.
iii. ELASTOSONOMETRIA: attraverso apparecchi come il Fibroscan o
imaging con ARFI (Acoustic Radiation Force Impulse, stessa cosa del
Fibroscan ma con l’utilizzo di una sonda ecografica), che utilizzano sonde ad
ultrasuoni che valutino la rigidità del parenchima epatico.
Per tanti tipi di patologie si è visto che c’è un’ottima corrispondenza tra
l’elastometria e la biopsia, tranne che nella NAFLD dove il grasso agisce da
fattore confondente dato che influenza anch’esso l’elasticità del tessuto.
Sia la biopsia che l’elastometria hanno lo scopo di analizzare lo stato di
avanzamento della fibrosi epatica che può essere valutato all’interno della
scala di misurazione Metavir, la quale individua allo stato F4 uno stato di
cirrosi vera e propria.

4. BIOPSIA: Per quanto riguarda la diagnosi strumentale, al giorno d’oggi si usa


molto poco la biopsia, nonostante sia in grado di vedere molto bene se c’è cirrosi o
meno, anche se ad uno stadio iniziale e compensata. Attraverso questa riesco a
valutare adeguatamente lo score della fibrosi, attraverso la scala Metavir; ma posso
anche diagnosticare emocromatosi, malattia di Wilson e quantificare la componente
autoimmune, così da capire se l’eziologia della malattia è di tipo autoimmune.

STADIAZIONE della CIRROSI – PREDIZIONE della PROGNOSI


Bisogna capire qual è la velocità con cui peggiorerà la funzionalità epatica, perciò bisogna prima
scoprire la sua situazione in quel momento, quindi fare una stadiazione, cioè valutare la porzione
rimanente di fegato ancora attivo permettendo quindi di fare prognosi in termini di probabilità di
morte in un certo lasso di tempo.
Per valutare la gravità della cirrosi epatica esistono dei punteggi a cui fare riferimento.

Quello attualmente utilizzato è il MELD-score; un particolare sistema a punteggio, proposto dalla


Mayo Clinic (Rochester, Minnesota, USA) per valutare la sopravvivenza dei pazienti con la cirrosi
ed un’insufficienza epatica terminale.
Si basa sulla determinazione dei valori di INR, di creatinina e di bilirubina (in ordine di
importanza); valori tutti facilmente reperibili fra gli esami del sangue che i pazienti con cirrosi
eseguono di routine.
Il punteggio va da 6 a 40 e tanto più alto è il punteggio ottenuto, tanto più gravi sono le condizioni
cliniche del paziente. All’aumentare del punteggio diminuisce la percentuale di pazienti vivi
dopo 3 mesi dalla misurazione del punteggio.
Ad esempio, se si ha un punteggio di 35, il 40% dei soggetti è ancora vivo dopo tre mesi.
Il trapianto viene effettuato quando il punteggio è compreso tra 15 e circa 30 con poche eccezioni
nel range tra 30 e 40. È da considerare che quando si ha una malattia così grave ottenendo un
punteggio di MELD così elevato, spesso anche gli altri organi sono in condizioni gravi, quindi le
condizioni generali del paziente dicono che non sarebbe in grado di superare il postoperatorio.
È usato inoltre in Italia per l’inserimento dei pz nella lista trapianti, per il calcolo del rischio di
mortalità a 3 mesi dall’inserimento di TIPS, per determinare se il pz è adatto alla chemio-
embolizzazione come terapia per l’epatocarcinoma.

Prima però veniva utilizzato un altro sistema, Child-Pugh score, anche se ad oggi è ancora
utilizzato in alcune aree per la gestione del paziente. Questo utilizzava bilirubina, INR, albumina
(al posto della creatinina) e anche le encefalopatie epatiche e l’ascite sono due variabili prese in
considerazione da questo sistema. Però queste vengono giudicate dal singolo medico, risultando
così soggettive, infatti è stato criticato per scarsa obiettività.
Per ognuna delle 5 variabili si assegna un punteggio da 1 a 3, così avrò 3 diverse classi di score:
• classe A → punteggio totale ≤ 6 → paziente in buono stato di salute.
• classe B → 7 ≥ punteggio totale ≤ 9
• classe C → punteggio totale ≥ 10 → paziente in pessime condizioni di salute.
Studi hanno dimostrato la superiorità del MELD rispetto al Child-Pugh, perché il MELD ha una
migliore AUC rispetto al secondo per predire la sopravvivenza, perché in questo ci sono le due
variabili soggettive a cui possono essere attribuiti valori diversi da due medici diversi allo stesso
paziente, ad esempio, per l’ascite. La valutazione di questa dipende dai diuretici che il paziente
assume (sempre che li assuma) e quanti e quali sono.
L’encefalopatia dipende se il paziente l’ha avuta già o se ce l’ha al momento della visita.

Il MELD-Na score è un ulteriore sviluppo del MELD.


Esso è semplicemente un MELD a cui è stata aggiunta la valutazione della sodiemia del
paziente, perché più è grave la cirrosi più si abbassa la sodiemia nel sangue.
iponatriemia da cirrosi epatica → ↓ sintesi proteica → riduzione della pressione oncotica del sangue
→ comparsa di edemi ed ipovolemia → ↑↑secrezione di ormoni "ipovolemici" renina, ADH,
aldosterone → ritenzione di acqua e sodio a livello renale, aumento della volemia con diluzione del
sodio ed incapacità di eliminare l'acqua assunta.
Un’iposodiemia (da diluizione) rappresenta quindi un ulteriore indice prognostico negativo.
In USA e nel Lazio è utilizzato questo, rispetto al MELD per l’inserimento di pazienti nella lista
trapiantiE’ migliore il MELD sia per la performance sia per l’accuratezza.
La prima colonna rappresenta la sopravvivenza osservata, la seconda quella predetta dal MELD-Na,
l’ultima quella predetta dal MELD. Il MELD-Na predice una sopravvivenza più vicina a quella
reale, quindi è più utile.

TRATTAMENTO & GESTIONE


Il trattamento per questi pazienti prevede:
Come gestire questi pazienti? Ogni quanto sottoporli a visite di controllo?

• SORVEGLIANZA per EPATOCARCINOMA: il paziente ogni 6 mesi (dato il tempo di


raddoppiamento del tumore di 6 mesi; il limite minimo di visibilità all’ecografia di un
epatocarcinoma è di 1 cm) dovrà sottoporsi a ecografia addominale, in modo che, se
dovesse sviluppare un epatocarcinoma, sarebbe diagnosticato precocemente quando è ancora
di dimensioni ridotte e quindi trattabile con diverse terapie locoregionali o addirittura con
trapianto di fegato. In USA, abbiamo anche il dosaggio della α-fetoproteina, perché in
alcuni casi non si riscontrano alterazioni d’organo, ma solo un innalzamento di tale proteina.
La sorveglianza è fatta prevalentemente per:
1. Pazienti con cirrosi epatica (specie child B o C), tranne che in pz 80enni perché su
di essi non si può agire né con terapia chemio-embolizzante né con trapianto.
2. Pazienti con epatite cronica con fibrosi ≥ F3 (molto avanzata).
3. Pazienti con epatite cronica virale HBV, anche senza evidenza di cirrosi, poiché tra
i due virus, quello che in caso di cirrosi mi porta più facilmente verso
l'epatocarcinoma è il virus B che è un virus a DNA.
4. Pazienti con epatite HCV allo stadio Metavir F3
5. Pazienti con NASH, che può facilmente evolvere verso epatocarcinoma, senza
passare per cirrosi.

• VALUTARE L’ENTITÀ dell’INFIAMMAZIONE: in sostanza è come se facessimo un


grading della cirrosi! Si usa principalmente nel follow-up del paziente, per valutare
l’efficacia della terapia nel tempo. Per farlo ci bisogna considerare il valore delle
transaminasi e lo stato della massa epato-cellulare residua (attraverso l’INR).
Infatti, bisogna tenere bene a mente un concetto che vale solo nella cirrosi epatica e nelle
gravi epatiti acute (epatiti acute severe e insufficienza epatica acuta): se il numero di
epatociti persi è molto alto il valore delle transaminasi sarà talmente basso che anche se c’è
tanta infiammazione non avranno un valore elevato!
In tali circostanze, un abbassamento delle transaminasi non significa necessariamente la
remissione del paziente e per averne la certezza vado a controllare l’INR; se questo si è
ristabilito, allora l’infiammazione è rientrata, altrimenti mi trovo dinanzi ad una situazione
molto peggiore, non essendoci più epatociti rimanenti per rilasciare le transaminasi.

• PROFILASSI di TUTTE le COMPLICANZE: è molto importante quindi eseguire esami


di controllo, anche per i pazienti costretti a casa, tramite visita ambulatoriale con cadenza
che varia a seconda della gravità della patologia e dell’ipertensione portale (maggiore è la
gravità, maggiore sarà la frequenza dei controlli).

STADIAZIONE del RISCHIO di SANGUINAMENTO da VARICI ESOFAGEE e


STADIAZIONE dell’IPERTENSIONE PORTALE

Varici esofagee
Sono dilatazioni enormi delle vene sottomucose dell’esofago, il più delle volte rappresentano una
conseguenza diretta dell’ipertensione portale; dal punto di vista sintomatologico possono causare
importante ematemesi in seguito a rottura ed anche melena, nonché morte per shock ipovolemico.
Per individuarle e stadiarle per quantificare il rischio di sanguinamento si ricorre alla gastroscopia.
• In base alla percentuale di volume che la varice occupa rispetto al lume dell’esofago:
1. F1: occupano 1/3 del lume esofageo;
2. F2: occupano tra 1/3 e i 2/3 del lume esofageo;
3. F3: occupano > 2/3 del lume esofageo, causando anche disfagia esofagea.
• In base alla presenza di cherry spots, indicanti aumento del rischio di rottura e
sanguinamento:
1. RED WALE MARKINGS: lividi rossi a colpo di frusta;
2. CHERRY RED SPOTS: macchie di color ciliegia;
3. CISTI EMATICHE;
4. ARROSSAMENTO DIFFUSO.occupano 1/3 del lume esofageo;

Ipertensione portale
È una condizione patologica caratterizzata da aumento della pressione della vena porta dovuto
ad un ostacolato afflusso di sangue al fegato per rimodellamento del parenchima epatico.
Sia l’ipertensione portale che l’insufficienza epatica (scarso numero di epatociti) sono dei
meccanismi che potrebbero portare a morte il paziente con cirrosi epatica.
Alcune delle complicanze della cirrosi sono dovute solo all’ipertensione portale (varici esofagee
con emorragia), altre solo all’insufficienza epatica (ittero o aumento dell’INR) e, infine, altre ancora
a entrambe (encefalopatia epatica: sangue meno detossificato dalle tossine provenienti
dall’intestino, perché ci sono meno epatociti, e creazione di shunt tra la vena porta e la circolazione
sistemica, per cui parte del sangue non passa nel fegato e non può essere depurato).

L’ipertensione portale può causare:


• Ascite, che, a sua volta, ha due complicanze: sindrome epatorenale e peritonite batterica
spontanea;
• Encefalopatia epatica insieme alla riduzione del numero di epatociti;
• Splenomegalia: provoca un’ipertensione retrograda a carico di tutti i vasi che formano il
tronco portale, la quale causa poi tutta una serie di effetti tra cui l’aumento del diametro
della vena splenica, causando splenomegalia (questa non è una complicanza che mette a
rischio la vita perché la milza si rompe spontaneamente solo in post-traumatico);
• Trombocitopenia e leucopenia;
• Sanguinamento dalle varici gastriche o esofagee, più frequentemente dalle esofagee;
• Gastropatia congestizia, che causa un sanguinamento dello stomaco.

Le potenziali fatali complicanze dell’ipertensione sono: le varici, la gastropatia congestizia e altre


alterazioni nelle quali vi è un aumento del calibro dei vasi che può portare a sanguinamento in un
organo cavo (esofago, stomaco, a volte anche colon o emorroidi).

Nel 90-95% dei casi l’ipertensione è dovuta a cirrosi, ma può essere dovuta anche a diverse cause.
Per questo motivo si fa una distinzione tra:

1. IPERTENSIONE PRE-EPATICA: le cui cause sono da ricercare in una condizione di


trombosi della vena porta: il trombo può essere parzialmente o completamente occludente.
C’è liberazione di fattori neo-angogenetici e formazione di nuovi piccoli vasi collaterali
attorno al tronco; si forma così un gomitolo attorno alla vena porta occlusa (che prende il
nome di cavernoma portale). Ciò permette ad una parte del sangue portale di raggiungere il
fegato: questa situazione crea problemi nel trapianto perché normalmente l’anastomosi con
la vena porta del donatore si fa a questo livello, ma con questi vasi così piccoli è un grosso
problema.

2. IPERTENSIONE EPATICA
o Pre-sinusoidale: può essere dovuta a malattie come la schistosomiasi, malattia
parassitaria causata dallo Schistosoma le cui uova si incastrano subito prima dei
sinusoidi.
Un altro esempio può essere anche l’ipertensione portale idiopatica: si sviluppa in
un fegato non cirrotico e probabilmente è dovuta a diversi fattori protrombogeni che
si instaurano a livello pre-sinusoidale; inoltre si associa a diverse malattie, spesso
immunodeficienze. Sembra che nella patogenesi sia coinvolta qualcosa che derivi dal
sangue portale, tipo i PAMPs che provocano infiammazione continua
o Sinusoidale: un esempio comune è la cirrosi epatica (nel 95% dei casi).
Le malattie da accumulo possono rappresentarne una causa: il parenchima epatico
diventa più resistente al flusso ematico in seguito alla sua trasformazione non per
fibrosi, ma, per esempio, a causa di amiloidosi epatica.
L’epatite acuta ne è causa per l’edema che si forma nel fegato.
o Post-sinusoidale: può essere dovuta alla malattia veno-occlusiva epatica (HVOD)
o Sinusoidal Obstruction Syndrome (SOS), caratterizzata da ostruzioni o riduzioni
di calibro dei piccoli vasi in uscita dal fegato, ovvero delle piccole vene centro-
lobulari che vanno a confluire nelle vene sovra-epatiche.
Questa patologia molto spesso è secondaria a chemioterapia per tumori non epatici
eseguita per via venosa.

3. IPERTENSIONE POST-EPATICA: è un tipo di ipertensione a carico delle vene sovra-


epatiche in uscita dal fegato, caratteristica di condizioni patologiche come l’insufficienza
cardiaca destra e la sindrome di Budd-Chiari (quadro clinico caratterizzato da ittero,
epatomegalia e splenomegalia, ascite e ipertensione portale, causati da una occlusione di
almeno due vene epatiche su tre).

Misurazione dell’ipertensione portale


L’ecografia aiuta a determinare se è presente o meno (permette di vedere quanto è grande la vena
porta, le dimensioni della milza, se è presente o meno splenomegalia).
L’ecodoppler misura il flusso nella vena porta.
Il modo più accurato è attraverso catetere, in modo invasivo, misurando il gradiente venoso
pressorio delle vene sovra epatiche. Si inserisce il catetere tramite la vena giugulare, attraverso
l’atrio destro si entra nella vena cava inferiore e poi in una delle vene sovra-epatiche. Dentro la vena
sovra-epatica, si misureranno due pressioni: una con il sangue che passa senza ostacoli e una dopo
aver bloccato il flusso gonfiando un palloncino all’interno.
Le pressioni misurate sono quindi:
1. a catetere libero: rappresentativa del flusso libero, che coincide con la pressione vigente in
atrio destro;
2. a catetere occludente: rappresentativa della pressione a livello dei sinusoidi epatici che
coincide quindi con quella presente nella vena porta.

A questo punto si il ΔP = P a catetere occluso – P a catetere libero.


Se ΔP < 5 mmHg → la pressione portale è normale;
se ΔP > 5 mmHg → ipertensione portale; con ΔP > 10 mmHg è clinicamente evidente.

Durante questa manovra, se il ΔP > 10 mmHg, in presenza di motivi clinici che richiedono
l’abbassamento della pressione portale (presenza di ascite o varici ad alto rischio di sanguinamento
o che stanno sanguinando al momento dell’esame e non si riesce a bloccare il sanguinamento),
allora attraverso il catetere si può inserire una soluzione per abbassare pressione portale, procedura
chiamata TIPS (Transjugular Intrahepatic Porto-systemic Shunt).
Nella figura a destra è rappresentata la sovra-epatica
destra, il ramo destro della vena porta e il catetere.
Ad un certo punto necessariamente con il catetere si
buca la vena sovra-epatica per entrare nel parenchima
epatico per poi perforare, infine, la vena porta e
posizionarsi dentro questa.
Attraverso questo filo guida poi viene inserito lo stent di
materiale plastico rigido ricoperto (per “ricoperto” si
intende che non ci sono maglie di metallo con buchi).
Quindi poi si sfila il catetere e rimane solo lo shunt, così parte del sangue che passa nella porta va
direttamente nella vena sovra epatica destra e poi al cuore senza entrare nei sinusoidi,
decongestiona il circolo e fa diminuire la pressione portale.
Dopo aver messo la TIPS con lo stesso metodo precedente, si misura il gradiente che dovrà essere
diminuito significativamente sotto 10 mmHg, a volte riuscendo a normalizzare la pressione altre
volte no.

Bucando la vena epatica e la vena porta non si rischia di causare emorragia?


No, perché ci si trova in un organo chiuso, quindi con una pressione esterna alta, anche se esce
sangue si blocca subito, non è un organo cavo.

Una delle conseguenze dell’ipertensione portale, dal punto di vista fisiopatologico (che sottende
diverse complicanze tra cui ascite e sindrome epato-renale) è la sindrome iperdinamica che si
verifica nel paziente con cirrosi epatica. La cirrosi epatica è caratterizzata da peculiari alterazioni
dell’emodinamica sistemica, con aumento della gittata cardiaca e riduzione delle resistenze
periferiche e della pressione arteriosa, che nel loro insieme costituiscono la circolazione
iperdinamica del cirrotico. La presenza di una circolazione iperdinamica contribuisce a peggiorare
l’ipertensione portale e gioca un ruolo chiave nella patogenesi di altre complicazioni come l’ascite,
la sindrome epatorenale ed epatopolmonare, complicanze spesso letali nel paziente con
insufficienza epatica severa. La sindrome iperdinamica del paziente cirrotico dovrebbe essere oggi
meglio chiamata sindrome vasodilatatoria progressiva in quanto la vasodilatazione è il fattore
primario causa di tutte le modificazioni vascolari e che alla fine porta a un coinvolgimento
multiorgano. Studi condotti sul ratto e sul cane con cirrosi sperimentale hanno dimostrato che
l’insorgenza dell’ipertensione portale è associata ad una marcata vasodilatazione splancnica.
Iwakiri e Groszmann hanno recentemente mostrato che l’iniziale vasodilatazione avviene nel
distretto splancnico e la risposta cardiaca è direttamente correlata alla combinazione di
vasodilatazione splancnica ed espansione del volume plasmatico insieme con l’aumentato ritorno
venoso al cuore, in larga parte attraverso gli shunt porto-sistemici.
Nonostante, infatti, la vasodilatazione sia essenziale come fattore iniziale, nessuna circolazione
iperdinamica compare senza l’espansione del volume plasmatico e gli shunt porto-sistemici.
La presenza di shunt porto-cavali riveste un’importanza rilevante nella genesi della circolazione
iperdinamica: infatti la creazione di uno shunt porto-sistemico chirurgico nei pazienti cirrotici si
associa a un incremento della gittata cardiaca e alla riduzione delle resistenze periferiche.

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