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Michelangelo Zaccarello

Alcune questioni di metodo


nella critica dei testi volgari

La musa critica
Edizioni Fiorini
Stampato con il contributo del Dipartimento
di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università degli Studi di Verona

I volumi della collana sono sottoposti al vaglio di due referees

# Copyright 2012 - Edizioni Fiorini - Verona


ISBN 978-88-96419-38-0

Stampato in Italia - Printed in Italy

Grafiche Fiorini - Via Altichiero, 11 - Verona


A text is like a traveller who goes from one
inn to another, losing an article of luggage
at each halt
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Capitolo IV

Omissioni di copia da salto ottico: errore poligeneti-


co o significativo?1

0. Introduzione

Negli ultimi anni ho chiesto di frequente ai miei studenti di


elencare alcune tipologie di errori poligenetici; sorprendente-
mente la maggior parte di loro si è soffermata su quello che for-
se è il più discusso e cioè il saut du même au même, quando cioè
il copista confonde due parti molto simili di un testo e di con-
seguenza salta dalla prima alla seconda tralasciando ciò che è
compreso tra queste. Evidentemente il saut ha catturato la loro
attenzione perché ritenuto un caso speciale, o almeno partico-
lare, tra i tanti descritti nei manuali di filologia.
Il mio interesse per questo tipo di errore è sorto perché ri-
tengo che le spiegazioni contenute nella maggior parte dei vo-
lumi siano emblematiche del divario che, in ogni questione le-
gata alla critica testuale, divide la teoria dalla pratica. La teoria
sostiene che tali salti siano provocati dalle caratteristiche del te-
sto stesso e possano perciò manifestarsi in modo identico in due
o più testimoni non correlati. Queste omissioni non sarebbero
dunque da considerare come errori congiuntivi. Tuttavia, gli
editori di testi sanno che esse, come in genere tutte le omissioni,
sono spesso utili a stabilire relazioni tra i manoscritti, relazioni
che però dovranno necessariamente essere avvalorate da ulte-
riori prove. Per quanto scettico possa essere il critico testuale

1
Desidero ringraziare M.D. Reeve per il suo amichevole consiglio e orien-
tamento su un difficile problema teorico.
110 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

circa la validità di astrazioni teoriche, egli dovrà interrogarsi su


come operare nel caso specifico in cui, all’interno di una tradi-
zione testuale, si verifichi un saut du même au même.
Il titolo di questo capitolo intende esprimere questo interro-
gativo: è possibile, con tutte le eccezioni del caso, considerare
questi errori come poligenetici, o si dovranno invece ritenere del-
le innovazioni da attribuite a un antecedente comune ai testimoni
che si stanno osservando? Ho utilizzato la nozione di shared in-
novation (innovazione condivisa), coniata da Michael D. Reeve,
perché ciò che importa sottolineare qui non è la qualità intrinseca
della lezione (che in molti casi la qualifica come ‘errore’), bensı̀ la
distanza di essa dalla lezione originale. Può essere che la lezione
innovativa si adatti meglio al contesto o in generale appaia pre-
feribile per il senso, come spesso accade nei casi in cui il copista
opera per congettura. La questione ha una validità generale, spe-
cialmente in epoche in cui l’interazione tra scriba e testo era in-
tensa e diversificata, e gli emendamenti o riscritture erano spesso
attribuibili a intellettuali d’alto rilievo che operavano come copi-
sti. Il punto è chiarito dallo stesso Reeve quando nel suo saggio
egli afferma «Manuscripts of medieval texts are usually closer to
the date of composition, but whereas classical texts have suffered
only from scribal ignorance and stupidity, vernacular texts have
had both their language and their substance deliberately changed
by later generations».2
Il temine innovazione serve inoltre a sottolineare un processo
unilaterale, che trasforma un testo originale in differenti e suc-
cessive versioni alterate, senza la possibilità che si verifichi l’in-
verso (eccezion fatta per le trivializzazioni che possono, almeno
in teoria, essere emendate per congettura, il testo omesso diven-
ta inaccessibile per i copisti successivi e in ogni caso potrà essere

2
Reeve 1998, p. 456.
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 111

recuperato solo tramite contaminazione). Ogni recente sviluppo


della stemmatica, cosı̀ come le prolifiche collaborazioni con la
matematica, la fisica e le scienze naturali (statistica, cladistica, fi-
logenetica ecc.), non possono esimersi dal confronto con questo
problema cruciale che implica un punto di vista soggettivo: in-
vece che indagare sull’evoluzione in natura, la ricostruzione te-
stuale consiste nel formulare un’ipotesi su ciò che potrebbe (o
non potrebbe) essere l’originale tra le lezioni esistenti e su quali
siano state le fasi intermedie del processo. Gli stemmi elaborati
nel campo delle scienze naturali, e in modo particolare quelli ge-
nerati tramite computer, esprimono una differenziazione, ma
tendono a raggruppare tutti gli individui che manifestano dei
tratti comuni, piuttosto che solo quelli che condividono delle in-
novazioni. Paolo Canettieri et al., in un saggio recente, ha sotto-
lineato questo aspetto in riferimento ai recenti sviluppi della cri-
tica testuale: «if three copies of a text are in a dependence rela-
tion (A,B,C), but C presents a lacuna that A and B do not have,
or has any singular alteration (interpolation, significant error,
etc.), the tree produced by the phylogenetic analysis method will
draw A and B closer with respect to C: [(A,B),C]. We therefore
come across a theoretical error which is similar to the one evi-
denced in the method of Dom Quentin and of his followers,
who tried to automatize textual criticism».3

1. Definizione del fenomeno e impatto sulla ricostruzione tes-


tuale.

Per gli studiosi di testi in ogni ambito disciplinare, le omis-


sioni sono un fenomeno molto conosciuto, per la semplice ra-
gione suggerita da James Willis:

3
Canettieri, Loreto, Rovetta, Santini 2005, p. 5.
112 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

Omission is more common than repetition for two obvious rea-


sons. First, the mind more easily believes a welcome than an unwel-
come falsehood, and scribes therefore more readily persuade themsel-
ves that they have reached, for example, tanquam in the twelfth line
when they in fact are at tanquam in the tenth line than vice versa. Se-
cond, the mistaken repetition of a line or two can easily be seen and
put right; the omission of a line or two is less easy to detect and, unless
a better manuscript comes to hand, usually cannot be corrected.4
Willis suggerisce un’ulteriore riflessione sulla denominazione
di tali errori: «The imposing names of homoearchon, homoeo-
meson and homoeoteleuton have been devised to refer to simi-
larities in the beginning, middle and end of words, but the di-
stinction appears to me merely formal».5 All’inizio del XX seco-
lo sono state considerate opzioni alternative, quando F.W. Shi-
pley introdusse il termine parablepsi, più adatto a descrivere la
reale origine del salto e, per la sua ampiezza, in grado di inclu-
dere diversi tipi di somiglianze fra i due estremi.6 Il successo del
nuovo lemma fu, dunque, molto limitato all’interno della filolo-
gia classica e romanza, in particolar modo nel suo significato
specifico. Poco dopo, nel suo autorevole A Companion to Clas-
sical Texts, Oxford, Clarendon Press, 1913, F.W. Hall, usa Pa-
rablesis (o Lipography) nel significato allargato di una «semplice
omissione di qualsiasi genere» (pp. 190-191). Hall ovviamente
allude all’altrettanto comune fenomeno dell’aplografia / ditto-
grafia che tuttavia è sostanzialmente distante da ciò che ci pro-
poniamo di approfondire in questa sede e, come vedremo, è
molto più attinente alla poligenesi vera e propria. Ciò nonostan-
te, ritengo opportuno utilizzare parablepsi come termine più ap-

4
Willis 1972, p. 111.
5
Ibidem, p. 113.
6
Shipley 1904, p. 29. Lo stesso Shipley riconosce a Robert Yelverton
Tyrrell il merito di aver usato per primo il termine nel suo Cicero (in his let-
ters), London, MacMillan, 1891.
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 113

propriato e adatto a comprendere tutti gli aspetti in cui il feno-


meno è conosciuto. A tal riguardo, sono incoraggiato dall’uso
recente (citato nella sua forma greca Parablepsis) che ne ha fatto
lo studioso di testi ebraici Emanuel Tov, il quale ha classificato
in quel modo esempi di vario tipo, sorprendentemente simili a
quelli riscontrati nelle letterature classiche e volgari.7
Sebbene sia innegabile che certe categorie di errori di copia-
tura accidentali vengano innescati da alcune condizioni peculia-
ri dell’esemplare in questione (materiali, paleografiche ecc.),
ogni studioso testuale con un po’ di esperienza sarà consapevole
che non è per nulla frequente il caso di due (o più) testimoni
indipendenti che condividano le stesse lezioni erronee. Inoltre,
la coincidenza di errori, per esempio un’estesa lacuna testuale,
può risultare addirittura meno accidentale, anche se si verifica a
causa di un saut du même au même.
Sul versante italiano, i manuali più recenti mostrano una cre-
scente consapevolezza della portata di questo problema. Un
esempio è Filologia della letteratura italiana di Pasquale Stop-
pelli (2008), nel quale si legge «Gli errori di saut du même au
même sono significativi sul piano separativo, essendo pratica-
mente impossibile ripristinare per congettura un tratto di testo
saltato durante la copia, ma moderatamente significativi su
quello congiuntivo, perché potrebbero essere stati commessi in-
dipendentemente. Se i salti fossero più d’uno e identici in più te-
stimoni, la probabilità che ciò sia accaduto indipendentemente sa-
rebbe invece prossima allo zero e dunque li classificheremmo co-
me errori significativi».8
La lineare argomentazione di Stoppelli fa quasi passare inos-

7
Tov 1992, p. 238-239.
8
Stoppelli 2008, p. 67 (mio il corsivo). Recentemente ho applicato prin-
cipi simili nell’analizzare la trasmissione testuale del Trecento novelle di Sac-
chetti (vd. Zaccarello 2008, p. 169).
114 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

servata questa affermazione, ma il passo citato contiene non so-


lo un suggerimento pratico per i futuri filologi testuali, ma an-
che una sintesi aggiornata di una delle questioni più discusse:
mentre in filologia classica alcuni dubbi sulla poligenesi di tali
errori sono stati espressi, solo raramente in filologia italiana tali
riserve sono state manifestate, e principalmente dopo le osser-
vazioni di Avalle, sulla scarsa probabilità statistica che diversi
testimoni portatori di omissioni erronee dello stesso locus con-
dividano, l’uno indipendentemente dagli altri, la stessa innova-
zione (Avalle 1972, p. 97).9 Sebbene appaia conseguente nella
sua logica, la riflessione di Avalle reca elementi di contrasto con
alcune delle sue stesse premesse:
Il fenomeno è dovuto al fatto che l’occhio del copista in questi casi
scivola dall’una all’altra parola. L’incoraggiamento al salto è nel testo
stesso ed il luogo costituisce, per cosı̀ dire, un trabocchetto per copisti
(piège-à-copiste). Per tanto salti di uno stesso tratto di testo dovuti a
omeoteleuto (omissio ex homeoteleuto) possono essere compiuti da
più amanuensi indipendentemente gli uni dagli altri. L’errore non
ha valore congiuntivo e quindi eviteremo di utilizzarlo per stabilire pa-
rentela fra i manoscritti interessati (ibidem, p. 50).
Tale implicita contraddizione si affaccia anche nella seguente
riflessione di Avalle sulla poligenesi:
Per trivializzazione poligenetica o sviluppo identico per convergen-
za si intende il fenomeno per cui più strutture, morfologiche, sintatti-
che o lessicali, si modificano in uno stesso modo anche in ambienti ed
in epoche diverse. Tale tendenza va per lo più nel senso della corruzione
o banalizzazione. (ibidem, p. 51: mio il corsivo)
I casi di parablepsi sono dunque citati, insieme alle vere e

9
Nello stesso anno, Avalle fece una breve menzione del problema nel suo
saggio; le ragioni stemmatiche non dovrebbero per alcun motivo basarsi su
«varianti che si può presumere dovute a trivializzazione poligenetica o a svilup-
po indipendente dovuto a specifiche condizioni del testo (il caso classico è
quello dell’omeoteleuto)» (Avalle 1972a, p. 149).
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 115

proprie lectiones faciliores, come facenti parte di questa ampia


categoria: il ragionamento di Avalle sembra di nuovo logica-
mente incontestabile, ma nella pratica, la critica testuale sugge-
risce una distinzione ulteriore. Difficilmente omissioni di questo
tipo possono risalire a trivializzazioni del testo originale; come
la maggior parte delle omissioni di considerevole lunghezza,
queste contribuiscono a danneggiare seriamente il testo e, in al-
cuni casi, creano problemi nella comprensione del senso stesso.
Tra i pochi studiosi italiani ad essersi espressi su questo proble-
ma, Franca Brambilla Ageno afferma esplicitamente che «sono
generalmente errori significativi le lacune che tolgano senso al
passo o rappresentino comunque un guasto nel contesto».10
La dimostrazione di Avalle è corredata da osservazioni pro-
babilistiche citate e ulteriormente sviluppate nel manuale di
Giorgio Inglese Come si legge un’edizione critica (Inglese
1999, pp. 130-32). Nonostante quest’ultimo sottolinei che
non esistono standard probabilistici nella tendenza degli scribi
a commettere errori, sembra ora esserci un largo consenso nel
ritenere che tali fattori siano spesso sottostimati nella critica te-
stuale, in teoria e in pratica.11

2. Quali errori possono essere considerati poligenetici, e in che


misura?

Secondo la maggior parte degli studiosi, la poligenesi può es-


sere definita come l’insorgere di uno stesso errore in testimoni

10
Brambilla Ageno 1975, p. 66.
11
Inoltre, la verosimiglianza della poligenesi appare essere ulteriormente
ridotta dove gli scribi sembrano inclini a congetture e innovazioni: come sot-
tolineato da M.D. Reeve, è necessario marcare una linea di confine tra lezioni
realmente poligenetiche e, per esempio, congetture che producono occasionali
coincidenze (Reeve 1998).
116 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

che sono geneticamente non collegati tra loro. Come sottolinea


Montanari citando Avalle (1978, p. 51), un simile scenario si ri-
trova frequentemente nel contesto di trasmissioni manoscritte
‘attive’: «La nozione di ‘trivializzazione poligenetica’ ha corso
all’interno dei processi tradizionali, per indicare che due o
più testimoni hanno la stessa lezione senza che ciò comporti
che tale lezione si trovava nel modello (e per tanto tale identica
lezione non è frutto del processo di esemplazione, ma di spinte
di alterazione cui ogni testimonio ha soggiaciuto da solo)».12
Quando ci si occupa di poligenesi, è tuttavia necessario fare
un’altra distinzione fondamentale: se il processo coinvolge
una spiegazione banalizzante di una lezione difficile, la possibi-
lità che due o più scribi di simile estrazione culturale incorrano
nello stesso errore rimane consistente. Tuttavia, casi simili rien-
trano con più legittimità all’interno di ciò che Gianfranco Con-
tini ha adeguatamente definito come diffrazione: cioè una serie
di errori innescati da una parola o da un passo difficile nella
fonte e il conseguente tentativo, operato dai diversi manoscritti
che ne derivano, di risolvere il problema.
Tutti gli errori definiti poligenetici sono in qualche modo con-
troversi in quanto tale supposizione ha diverse implicazioni sulla
natura e sullo stato dei manoscritti e dei loro rispettivi predeces-
sori. Ad esempio, un errore paleografico potrebbe certo essere
poligenetico, ma solo nel caso in cui si potesse ritenere che en-
trambi i modelli dai quali le copie sono state tratte condividano
la stessa tipologia di scrittura e di divisione delle parole. Con tut-
ta evidenza, la disposizione di righe e parole nell’antigrafo può
predisporre o meno lo scriba a commettere un certo tipo di er-
rore. Clark usa un esempio ricavato dal De natura deorum di Ci-
cerone, riprodotto secondo il suo layout originale come segue:

12
Montanari 2003, § 60.7.1 (corsivo dell’autore).
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 117

pos-
sent et ex sese similia sui gignere. Sunt autem qui omnia naturae nomine appel-
lent ut Epicurus...

Il ms. Flor. Marc. 257 omette l’intera seconda riga: inganna-


to dalla somiglianza tra ent and lent all’inizio delle due righe
successive, esso salta e collega possent alle parole ut Epicurus.
Questa e un’altra circostanza simile, non riconducibile a
omeoarchia, autorizzano l’editore del testo Schwenke, a esclu-
dere il ms. Flor. Marc. 257 dalla costituzione del testo.
L’esempio seguente può essere utile a chiarire ulteriormente
il mio punto di vista: è di nuovo preso da un passo caratteriz-
zato da anafore e sintassi ripetitiva, il passo del canto IV dell’In-
ferno, dove il pellegrino Dante incontra gli spiriti maligni nel
Limbo:
quivi vid’ ı̈o Socrate e Platone,
che ’nnanzi a li altri più presso li stanno; 135
Democrito che ’l mondo a caso pone,
Dı̈ogenés, Anassagora e Tale,
Empedoclès, Eraclito e Zenone; 138
e vidi il buono accoglitor del quale,
Dı̈ascoride dico; e vidi Orfeo,
Tulı̈o e Lino e Seneca morale; 141
Euclide geomètra e Tolomeo,
Ipocràte, Avicenna e Galı̈eno,
Averoı̀s, che ’l gran comento feo.

La variante diffusa E vidi ’l geomètra al v. 142 è chiaramente


da imputare a una svista paleografica e più precisamente alla
confusione tra il gruppo cl e la lettera d nella scrittura gotica
(e, in misura minore nella minuscola cancelleresca). Ciò nono-
stante è anche un evidente errore poligenetico: il nome del me-
no conosciuto matematico greco viene adattato a un contesto
nel quale vid’ ı̈o / E vidi ... e vidi ricorre tre volte, e costituisce
del resto una movenza ricorrente e formulare nella Commedia
per esprimere la visione dantesca. Si tratta di un buon esempio
118 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

di ciò che gli studiosi hanno propriamente definito armonizza-


zione al contesto. Quest’ultima definizione è fornita da Ernest
C. Colwell: «The influence of a neighboring word, of a balan-
cing clause in the same sentence, of the familiar phraseology
of the [text] in question, was evidently inescapable. Harmonisa-
tion to the immediate context is usually mentioned incidentally
in our manuals. It needs to be given headlines on the front page.
There are 104 cases of harmonisation creating singular readings
in our three papyri, and 83 of them are harmonisations to im-
mediate context».13 Gli errori generati da un’armonizzazione al
contesto hanno una probabilità molto maggiore di verificarsi
poligeneticamente (e generare un testo più plausibile), rispetto
alle omissioni, di cui questo saggio si occupa.
Le caratteristiche paleografiche dell’exemplar non sono però
le uniche a meritare attenzione. Sebbene sia molto difficile fare
delle congetture, altri aspetti materiali sono di primaria impor-
tanza per comprendere l’insorgere dei fenomeni menzionati fino-
ra: in particolare, la distribuzione del testo in linee, colonne, pa-
gine e fascicoli (alcuni dei quali potevano non essere disponibili
al momento della copia). Una forte influenza sulle dinamiche le-
gata alla copia sarà anche esercitata dalle condizioni materiali del-
la fonte al momento della trascrizione, sia essa unica e comune
(cosa che escluderebbe la poligenesi) oppure plurima, ma pari-
menti sfigurata da lacune accidentali o danneggiamenti.14

13
Colwell 1969, p. 113 (mio il corsivo).
14
In riferimento ai manoscritti medievali, Clark sottolinea come le parole
possono essere rotte e/o fraintese dagli scribi come conseguenza di un danno
materiale nell’esemplare o altre imperfezioni che rendono la lettura difficile
per alcune porzioni di testo. Gli esempi possono essere «a flaw in the parch-
ment, with the result that a piece is cut out or left unused» (p. 47), o un dan-
neggiamento nella carta per i testimoni più tardi. Il layout dell’esemplare è cru-
ciale anche per individuare le abitudini scrittorie dello scriba, in quanto «it was
easier for a copyist to reproduce the method of writing [and distribution of
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 119

Sarà utile notare le ragioni che hanno spesso portato a sotto-


stimare il lavoro di Clark nelle ricerche recenti: come sottolinea-
to da Colwell, Clark scrisse prima della pubblicazione dei papiri
Beatty e la sua interpretazione delle relazioni tra i manoscritti,
in termini di perdita di intere righe, sembra dipendere dai co-
dici purpurei del VI secolo e non si adatta agli schemi variabili
di altri testimoni apparsi più tardi.15 Alcune delle sue riflessioni
sono comunque estremamente utili per l’argomento che stiamo
trattando, e per questo motivo il nome di Clark ricorrerà spesso
in questo capitolo.
La natura particolare del saut du même au meme lo distingue
da altri errori meccanici (aplografia, dittografia) che sono an-
ch’essi familiari agli studiosi di testi, ma si verificano in porzioni
di testo più brevi. Dato un testo con parole o sintagmi che si
ripetono, differenti manoscritti possono presentare una disposi-
zione delle parole che favorisce la parablepsi in misura differen-
te: tra i pochi filologi classici ad aver notato questo aspetto, Jean
Irigoin scrive inequivocabilmente: «Beaucoup d’omissions sont
causées par un manqué d’attention du scribe. Le saut du même
au même, ou homéotéleute, n’est pas, au sens strict, un accident
materiel, ma il est souvent facilté par la mise en lignes du modèle,
avec la superposition de deux mots identiques ou se rassem-
blant».16
D’altro canto, l’aplografia ricorre in circostanze simili, cioè nel
caso di una distrazione ottica, anche quando sembra radicata nel-
la natura intrinseca di una sequenza di caratteri, più che nella lo-
ro disposizione sul foglio manoscritto, ed ha pertanto, a mio pa-
rere, maggior diritto di rivendicare una natura poligenetica. Da

text], whether in columns or long lines, which he found in his model» (Clark
1918, p. 43).
15
Colwell 1969, p. 76.
16
Irigoin 2003, p. 92 (mio il corsivo).
120 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

ciò discende ancora lo stretto legame di tali fenomeni con le ca-


ratteristiche paleografiche dell’originale, come per l’omissione di-
scussa da Robinson 1997, p. 121: «In addition, El and Gg agree
in the following error in the fifth passage (passage lacking in
Ad3): 694/1 that ioeou omitted from For which that ioeu crist
himself was slayn (Dd), leaving the metre defective». Come si ve-
de, l’omissione è resa possibile da un’aplografia che coinvolge
that e christ, parole con struttura analoga e che cominciano
con le lettere t e c, molto simili nella scrittura contemporanea.
In ogni caso, anche tali accidenti banali restano condizionati
sia da fattori testuali sia dal contesto, dal quale dipende un ele-
mento essenziale per valutare qualsiasi errore nella trasmissione
testuale: la sua reversibilità. Per esempio, il senso di un passo di
prosa rimane invariato con la parola mercantia, che deriva da
un’aplografia della lezione originaria mercatantia (si individua
solamente una lieve incoerenza linguistica). Se lo stesso acciden-
te si verificasse sul termine popolazione, ne risulterebbe una pa-
rola senza senso e l’esito *polazione sarebbe da una parte danno-
so per il passo e dall’altra facile da individuare e correggere per
gli scribi seguenti. Un errore facilmente emendabile (cioè rever-
sibile) difficilmente può essere individuato come poligenetico, o
comunque può essere considerato tale solo in via teorica.17
Da ultimo, ma non in ordine d’importanza, la natura del pas-
so, la sua struttura e la sintassi sono importanti fattori che pos-

17
Nella sua concisa sezione Critica del testo, il fortunato volume di Rey-
nolds e Wilson 1969, pp. 163-166, tratta insieme delle omissioni di vario ge-
nere (incluse le omissioni di intere righe), come di una large class of errors
che variano semplicemente nell’estensione (la dittografia viene considerata nel-
la sezione successiva, che si occupa di errors of addition). Ciò nonostante, l’e-
sempio riportato dagli autori (Lucretius, De Rerum Natura, III 135) mostra
chiaramente quanto ‘automatici’ possano essere questi salti: Quidquid [id]
est, habeant; tu cetera percipe dicta, fornendo un’ulteriore prova del meccani-
smo, che può essere osservato anche nella tradizione del verso, di attacco simi-
le, di Virgilio Quidquid id est timeo Danaos et dona ferentis (Aen., II 49).
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 121

sono causare salti di tipo poligenetico. Alcuni autori o generi,


per esempio, tendono alla ripetizione o anafora: testi che usano
uno stile formulaico, come i poemi omerici, possono conside-
rarsi più predisposti a questo tipo di omissioni. Anche alcuni
passaggi che presentano occorrenze multiple delle stesse parole
possono innescare il fenomeno. Esponendo la genealogia di Ge-
sù, nel Vangelo di Matteo, I 6-11, vengono elencate quattordici
generazioni di antenati di Giuseppe, ma la lezione ordinaria ne
tralascia tre:
... Dati+ d de+ e$ce*mmgrem so+m Rokolx&ma e$j sg&| sot& Ot$qi* ot, 7 Ro-
kolx&m de+ e&ce*mmgrem so+m <Qoboa*l, <Qoboa*l de+ e$ce*mmgrem so+m $Abia*,
$Abia+ de+ e$ce*mmgrem so+m $Ara*, 8 $Ara+ de+ e$ce*mmgrem so+m $Ixraua+s,
$Ixraua+s de+ e$ce*mmgrem so+m $Ixqa+l, $Ixqa+l de+ e$ce*mmgrem [***]
so+m $Ofi* am, 9 $Ofi* a| de+ e$ce*mmgrem so+m $Ixaha*l, $Ixaha+l de+ e$ce*mm-
grem so+m $Ava*f, $Ava+f de+ e$ce*mmgrem so+m <Efeji* am, 10 <Efeji* a| de+
e$ce*mmgrem so+m Lamarrg&, Lamarrg&| de+ e$ce*mmgrem so+m $Alx*m,
$Alx+m de+ e$ce*mmgrem so+m $Ixri* a|, 11 $Ixri* am de+ e$ce*mmgrem so+m $Ievo-
mi* am jai+ sot+| a$dekuot+| at$sot& e$pi+ sg&| lesoikeri* a| Babtkx&mo|.
Questo è il testo greco comunemente letto, che elenca sol-
tanto undici generazioni. Lacunoso nel punto segnalato con
gli asterischi, il testo originale ne ha tre in più: Jehoram generò
Ochosiah, e Ochosiah generò Ioah, e Ioah generò Amasiah, e
Amasiah generò Uzziah. Un’ampia porzione di testo è tralasciata
e almeno dodici parole vengono omesse nel testo greco che ci è
stato trasmesso, rendendo perciò Uzziah un figlio invece che
pro-pro nipote di Jehoram!18 L’omissione è senza dubbio colle-
gata all’apparente similarità tra i nomi greci $Ovofi* a| e $Ofi* a|,
un fattore che, all’interno di un modello sintattico ripetitivo, ha
fatto in modo che l’occhio di uno scriba poco esperto ripren-
desse a copiare dal secondo invece che dal primo, omettendo
ben tre generazioni nella genealogia di Gesù.

18
Clark 1918, p. 103.
122 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

Un caso simile viene esposto da West (1973, pp. 24-25) da


Seneca, Epist. 113,17, dove la multipla «repetition of the phrase
ergo non sunt animalia has caused the omission of six senten-
ces» (p. 24). Mi preme osservare che nel suo manuale, West
non imputa alla poligenesi casi come questi, suggerendo sempli-
cemente il saut come un caso di omissione frequente in un sin-
golo manoscritto e aggiungendo che «in general it may be said
of these mechanical omissions that they affect short passages of
a line or two more frequently than long ones, because the scribe
usually remembers approximately where he has got on the pa-
ge» (p. 25). Considerando un testo normale, la natura specifica
ed eccezionale di tali circostanze, oltre che la loro rarità, do-
vrebbe essere subito evidente. Se anche la possibilità di errori
poligenetici sussiste in un numero limitato di passi problemati-
ci, questo non è in alcun modo un caso frequente: all’interno di
un passo nella norma, senza le caratteristiche di ripetitività ap-
pena descritte, gli scribi non verrebbero indotti a commettere
tale omissione secondo modelli regolari.
Nell’ambito della filologia italiana, Franca Brambilla Ageno,
un’eminente filologa testuale oltre che la maggiore esperta di
sintassi dell’italiano antico, osserva come la struttura linguistica
e argomentativa del Convivio di Dante si dimostri un fattore es-
senziale nel confondere l’occhio dello scriba e nell’innescare va-
rie omissioni, soprattutto in passi nei quali «per effetto del pro-
cedimento sillogistico, l’esposizione si distende e articola in
membri paralleli, con riprese e ripetizioni delle stesse espressio-
ni e vocaboli».19
Ciò detto, però, simili accidenti legati all’attività dello scriba
possono verificarsi anche in testi scritti nelle lingue moderne,
con una sintassi ordinaria e un uso più che moderato dell’ana-

19
Brambilla Ageno 1975, p. 67 (corsivo dell’autrice).
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 123

fora. Alcuni degli esempi più interessanti che troviamo nel vo-
lume di Clark vengono ricavati da giornali del suo tempo, nei
quali la composizione riga-per-riga (che ciò avvenga tramite
macchine linotype o monotype) ha favorito esempi complicati
non solo di salti, ma anche di reduplicazione o inserimenti di
righe.
Plans are reported to be quite ready for a
seizure of strategic points and a complete
blockade of the two coasts. A very powerful
forces, and a direct appeal from Huerta to
within thirty or so hours.
Federal hopes seem to be that the interven-
tion will be followed by a fusion of Mexican
forces and a direct appeal from Huerta to
Carranza is reported.
La prima riga in corsivo è un’anticipazione della successiva e
ne sostituisce una mancante (pubblicata in una successiva edi-
zione):
A very powerful
force will be concentrated on the scene
within thirty or so hours.
L’integrazione rende chiaro che lo scambio è da imputare a
un’omeoarchia tra le parole iniziali forces / force rispettivamente
della riga che è subentrata e della riga che è stata sostituita.
Di conseguenza, una prima generale riflessione sugli errori
poligenetici riguarda la loro intrinseca relatività: nella migliore
delle ipotesi un errore può essere potenzialmente poligenetico,
soggetto a determinate supposizioni nei confronti dei singoli te-
stimoni e del/i loro predecessore/i. Allo stesso modo, non esiste
un tipo di errore che può essere sempre considerato poligeneti-
co, in quanto tale possibilità è legata a fattori esterni e in conti-
nua evoluzione.
Avendo osservato in quale misura ciascuna tipologia di erro-
re che si verifica nel processo di lettura-copiatura sia legata alle
124 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

caratteristiche fisiche dell’exemplar (scrittura, divisione delle


parole, mise en page ecc.), una prima riflessione dovrebbe dun-
que essere chiara: tutti i tipi di salti ‘ottici’ sono scatenati sia da
fattori testuali, sia da fattori che riguardano il contesto. In que-
sto modo essi difficilmente possono adattarsi a definizioni asso-
lute o astratte, inclusa quella di ‘poligenesi’.
Un’ulteriore considerazione può scaturire con riferimento
agli stemmata genealogici. In modo molto simile alla contamina-
zione, la poligenesi rappresenta una seria difficoltà per la rico-
struzione stemmatica. Come argomentato da Maas (che tuttavia
non si dilunga nel proporre una definizione di poligenesi e/o
un’analisi di quali condizioni si possano ritenere responsabili
di innescare il processo), quando si verificano errori poligenetici
in testimoni correlati, essi, attraverso ragionamenti di tipo stem-
matico, sono solitamente imputati a un comune antecedente.
Perciò, a un errore commesso indipendentemente da A e B vie-
ne attribuito un valore congiuntivo e fatto risalire al loro esem-
plare comune . Il commento di Montanari chiarisce questo
punto, seppur con termini differenti: «se F e J fossero indipen-
denti e avessero poligeneticamente commesso uno stesso erro-
re, tale errore verrebbe proiettato in d, laddove quest’ultimo
avrebbe in realtà avuto o la lezione giusta o un diverso errore»
(§19.2.4). Come dimostrato attraverso ulteriori argomentazioni
(in particolare cfr. §37. La perturbazione), sia Maas che Monta-
nari considerano dunque la poligenesi come una mera possibi-
lità logica, investigando attentamente le varie forme in cui essa
influisce sulla ricostruzione stemmatica. Un approccio simile,
che è pure giustificato nel contesto della teoria generale, inevi-
tabilmente si rivela essere di scarso valore pratico: senza consi-
derare le caratteristiche specifiche (la natura del testo, la misura
dell’errore, i testimoni coinvolti, l’impaginazione ecc.), non sa-
rebbe in alcun modo possibile confermare che i requisiti neces-
sari per formulare un’ipotesi problematica quale la poligenesi
vengano soddisfatti.
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 125

4. Alcune prove dalla trasmissione manoscritta

Sin qui si sono raccolte argomentazioni contro la tesi della


poligenesi di omissioni legate alla parablepsi. Ciò nonostante
la circostanza di mss. indipendenti che incorrono in simili lacu-
ne nello stesso passo è rara, ma provata. Nella tradizione testua-
le dei Saturnalia di Macrobius, R.A. Kaster ha evidenziato una
macroscopica omissione che ricorre in molti testimoni:
1.17.54 (l’a capo indica il cambio di rigo nella forma ricostruita)
si quidem Latonam physici volunt terram videri, cui diu intervenit
Iuno, ne numina
quae diximus ederentur: hoc est aer, qui tunc umidus adhuc gra-
visque, obstabat aetheri ne
fulgor luminum per umoris aerii densitatem tamquam e cuiusdam
partus progressione
fulgeret.

Una prima autentica tipologia di salto è ravvisabile in quat-


tro manoscritti (ne fulgeret V O L, ne fulgerent Z), tutti discen-
denti indipendentemente da O ed L (con un interpositus chia-
mato s). Altri tre testimoni portano un secondo errore più com-
plicato: ne fulgor nefulgeret B, ne fulgor refulgeret M. L’editore
attribuisce correttamente questa seconda ampia convergenza al-
la distribuzione delle righe del comune antecedente 1, che pre-
senta due righe che cominciano con fulg- e finiscono con -ne,
come sottolineato nella citazione (data nella forma ricostruita
da Kaster). La diversa misura del salto può quindi essere giusti-
ficata dalle diverse o simili forme che la tradizione esistente pre-
senta. Kaster trova le lezioni di B e M enigmatiche e non tenta
un’interpretazione complessiva della trasmissione del passo:
«absent one or another implausible-seeming assumption, invol-
ving odd sorts of correction combined with equally odd sorts of
contamination, it is very difficult to see how B’s text (or M’s)
could be derived from that of V O L, or vice versa» (p. 14).
Le lezioni di B e M sono dunque troppo differenti dalle altre
126 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

(e hanno cosı̀ poco senso) persino per suggerire la seconda ipo-


tesi, nonostante esse sembrino generate da un processo simile:
una volta innescato il salto ottico, tornando alla pagina del-
l’esemplare, lo scriba potrebbe riproporre la porzione di testo
responsabile dell’errore (che di conseguenza sarà evidente nelle
lezioni di B e M), come un segno ancor più evidente della sua
dinamica: a una confusione nella lettura del modello, egli ag-
giunge un’ulteriore confusione nell’interruzione / ripresa del
suo lavoro di copiatura.20
Un esempio altrettanto interessante viene dai Canterbury Ta-
les di Chaucer; un passo di The Shipman’s Tale legge:
And if myn housbonde eek it myghte espye
I were but lost and therefore I you preye
[Lene me this somme, or ellis moot I deye.
Daun John, I seye, lene me thise hundred franks:
Pardee, I wol nat faille you my thankes,
if that you list to doon that I you praye.]
For at a certain day I wol you paye.
Il ms. British Library, Harley 7334 omette le righe racchiuse
tra parentesi quadre, per mezzo di una parablepsi innescata da
diversi fattori: la principale è la ripetizione di I you praye, che
enfatizza la richiesta insistente della moglie e la sua ansia per
la possibilità che possa essere scoperto il tradimento nei con-
fronti di suo marito; le due righe tra le quali il copista del
ms. Harley si è confuso, tuttavia, hanno anche somiglianze nella
parte centrale (but lost ~ you list) ed entrambi cominciano con
una i-: in questo caso troviamo cosı̀ omeoarchia, omeomeso e
omeoteleuto insieme!21

20
Kaster 2008, p. 14.
21
L’esempio è ancora una volta tratto da Clark 1918, p. 5-6.
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 127

5. Conseguenze nella prassi editoriale

Anche laddove accolgono come regola generale che la para-


blepsi non dovrebbe essere usata per raggruppare i manoscritti,
alcuni filologi con una lunga esperienza editoriale non sembra-
no trarne le debite conseguenze. Con riferimento alla critica te-
stuale di opere in volgare, Franca Brambilla Ageno afferma
chiaramente che «anche lacune di questo tipo si possono con
sicurezza utilizzare, quando occorrono in serie identica in due
o più manoscritti; oppure, anche isolate, in un gruppo compat-
to di manoscritti».22 Alcuni anni più tardi, Alberto Vàrvaro (un
altro studioso con una cospicua esperienza editoriale oltre che
notevoli interessi per questioni metodologiche), riprende l’argo-
mento, dicendo che ha senso redigere degli stemmata usando:
«...una serie di errori congiuntivi almeno in senso statistico. Il
ricorso alla statistica sembrerà forse un’eresia al filologo classi-
co, ma a parità di debole forza congiuntiva, non sarà lecito ri-
tenere più valida una lunga serie di errori piuttosto che una esi-
gua? Infatti l’errore debolmente congiuntivo è intrinsecamente
poligenetico, sicché in teoria sia la serie breve che quella ampia
potrebbero essere casuali, ma è evidente che ciò è tanto meno
probabile quanto più la serie è lunga».23
Non si può non notare come affermazioni di questo tipo
vengano fatte sempre in modo cauto, anche da parte di filologi
testuali di un certo calibro; l’opinione espressa da Vàrvaro è pe-
rò profondamente basata sul senso comune e ampiamente ap-
plicata nella filologia classica: per citare due esempi, il famoso
volume di Giorgio Pasquali Storia della tradizione e critica del
testo fa menzione del lavoro di Eduardo Luigi De Stefani sulla
Historia animalium di Eliano come esempio di un uso produt-

22
Brambilla Ageno 1975, p. 67.
23
Vàrvaro 1984, p. 589.
128 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

tivo dell’omeoteleuto nella classificazione dei manoscritti.24 Nel


suo Studies in the text and transmission of the Iliad, Martin L.
West attribuisce un omeoteleuto ravvisato in due papiri a un ar-
chetipo comune (un termine che verosimilmente può assumere
il significato più ampio di ‘antecedente’) sulla base di un ulte-
riore errore secondario condiviso nella riga successiva.25
In presenza di un errore generato da un omeoteleuto, la ne-
cessità di cercare ulteriori prove rimane incontestabile: mentre
una singola occorrenza può rivelarsi fuorviante, esso può però
essere usato all’interno di una struttura di indizi simili, che av-
valorano reciprocamente la loro rilevanza. Questa è la prassi
consolidata per molti editori critici; nel suo commento a Livio,
S.P. Oakley si avvale di un argomento simile: «Two readings
point to the scribe having used Zr [l’edizione Roma, 1469] it-
self: neither is conclusive (the first involves a speculative recon-
struction of how the scribe copied, the second a homoioteleu-
ton), but together they are strongly suggestive» (Oakley 1999,
p. 289, mio il corsivo).
Ciò che appare evidente dalla maggior parte degli esempi vi-
sti finora è la relazione diretta tra il punto in cui la parablepsi si
verifica e la divisione delle righe nel modello, che ha un ruolo di
primaria importanza nell’innescare l’errore.26 Questo ci mette
in guardia su un’altra questione importante: gli errori che sor-

24
Pasquali 1934, p. 34, dove l’autore sottolinea che De Stefani «è riusci-
to, grazie principalmente ad esso [omeoteleuto] a distinguere copie da copie di
copie» [ibidem].
25
West 2001, p. 233.
26
Questa argomentazione dovrebbe essere usata nell’ eliminatio codicum
descriptorum, come suggerito da Clark, che sottolinea «the great importance of
line omission as a clue to parentage. When we are dealing with two allied MSS.
we may often suspect that one is derived from the other, but it is difficult to
prove the point, unless we find that a passage omitted by one MS. occupies a
complete line of the other. If the line is very short, the occurrence may be due
to coincidence. If, however, the line is fairly long, the hypothesis of accident
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 129

gono per parablepsi sono spesso usati per provare la discenden-


za di un testimone da un altro che abbia la stessa omissione.
Poiché ovviamente tali salti sono irreversibili, dato che le lacune
dell’esemplare non possono essere emendate per congettura
dallo scriba successivo, il procedimento delineato comporta
una direzione lineare e unidirezionale e può perciò ritenersi uti-
le nella ricostruzione stemmatica.27 Per riassumere si può dire
che, a meno che non si voglia fare un’affermazione completa-
mente contraddittoria e paradossale (del tipo che la parablepsi
può verificarsi indipendentemente in due codici come conseguen-
za del layout del loro comune antecedente), una diretta conse-
guenza di ciò che abbiamo detto è che questi tipi di omissioni
hanno implicazioni genealogiche dirette per i manoscritti nei
quali compaiono.

becomes unlikely. If the same phenomenon occurs more than once, the proof
is complete» (Clark 1918, pp. 7-8).
27
Le ragioni e le dinamiche dell’errore sono spesso chiare e perciò in linea
con le condizioni proposte da Shipley per una soddisfacente interpretazione
dei diversi snodi della trasmissione manoscritta. Nel volume citato, Shipley so-
stiene che, per fornire una soddisfacente illustrazione degli accidenti testuali,
incluse le omissioni, una spiegazione dovrebbe affrontare «two extremes
[...] not too widely separated; neither of them should be based upon conjec-
ture; each illustration should present but a single stage in the progress of an
error, or at any rate should present but one stage at a time; each example
should keep distinctly before the student the periods of time and the palaeo-
graphical conditions involved. Material for illustrations which would answer
all these conditions is not entirely wanting, though little use has been made
of it. It is to be found in a class of neglected manuscripts whose readings have
no place in the critical apparatus of the text editions, namely, direct copies of ori-
ginals which are still extant. [...] By comparing such a copy with its original it is
possible, as it were, to look over the shoulder of the medieval scribe as he sits
at his task. One may follow his hand and eye as he copies letter by letter and
word by word». (Shipley 1904, pp. 2-3, mio il corsivo)
130 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

6. Parablepsi nel contesto linguistico: valutazione della sua gene-


rale probabilità

Sono stati elencati alcuni passi che, per la loro facies lingui-
stica, sembrano più passibili di causare omissioni; gli esempi
potrebbero essere molto più numerosi. Nel suo stimolante sag-
gio, originariamente esposto al congresso della Society of Tex-
tual Scholarship nel 1985 a New York, Jerome Mc Gann riassu-
me cosı̀ il dipanarsi storico, spesso ambiguo e complesso, della
produzione e ricezione del testo:28
It seems to me, sometimes, that readers and editors may be seen as
well, even as they are readers and editors, as authors and writers. And
it also seems to me that authors and writers, may be seen as well, even
as they are authors and writers, as readers and editors.

Nel layout originale della pagina, il passo è di quattro righe e


mezza, ma persino un’estensione di testo cosı̀ ridotta può inne-
scare non meno di sei diversi salti nel processo di trascrizione;
negli esempi che seguono, la parte in corsivo rappresenta una
possibile omissione dovuta a errore ottico nel riprendere la co-
pia:
1. It seems to me, sometimes, that readers and editors [may be seen
as well, even as they are readers and editors, as authors and writers. And
it also seems to me that authors and writers, may be seen as well, even as
they are authors and writers, as readers and editors].
2. It seems to me, sometimes, that readers and editors [may be seen
as well, even as they are readers and editors,] as authors and writers.
And it also seems to me that authors and writers, may be seen as well,
even as they are authors and writers, as readers and editors.
3. It seems to me, sometimes, that readers and editors may be seen

28
McGann 1991, p. 95. La prima parte del libro è significativamente e
suggestivamente intitolata The Garden of Forking Paths.
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 131

as well, even as they are readers and editors, [as authors and writers.
And it also seems to me that authors and writers, may be seen as well,
even as they are authors and writers, as readers and editors].
4. It seems to me, sometimes, that readers and editors may be seen
as well, even as they are readers and editors, as authors and writers.
[And it also seems to me that authors and writers, may be seen as well,
even as they are authors and writers,] as readers and editors.
5. It seems to me, sometimes, that readers and editors may be seen
as well, even as they are readers and editors, as authors and writers.
[And it also seems to me that authors and writers,] may be seen as well,
even as they are authors and writers, as readers and editors.
6. It seems to me, sometimes, that readers and editors may be seen
as well, even as they are readers and editors, as authors and writers.
And it also seems to me that authors and writers, [may be seen as well,
even as they are authors and writers], as readers and editors.

Sarebbe certamente ozioso e futile affidare la trascrizione di


questo passo a degli scribi volontari e cercare un modello stati-
stico che ci dica quali, fra le omissioni da 1 a 6, siano più fre-
quenti; sarebbe invece più utile, tornando al nostro punto, uti-
lizzarlo per cercare di stabilire un indice di potenziale occorren-
za in un dato passo per un errore ricorrente come questo, usan-
do parametri semplici come il numero delle parole ripetute o le
terminazioni reiterate nel passo o la loro media per riga in un
layout normale. Un metodo semplice sarebbe quello di prende-
re un’unità standard del nostro testo di collazione (o di riferi-
mento) e contare i possibili pièges-à-copiste in esso contenuti:
un indice superiore a 1 chiaramente lo classificherebbe come
un passo problematico (più di una trappola per riga). Nel no-
stro caso, abbiamo 4 righe e mezzo con 6 possibili salti: l’indice
del passo sarebbe perciò 6/4,5 = 1,333, vale a dire la possibilità
media per riga di tale errore di trascrizione. È molto semplice in
realtà, ma non ho nozione di studiosi testuali che si siano con-
frontati con questo problema e/o elaborato una regola per sta-
bilire un indice di ‘complessità’ di un passo. Su questo punto ho
132 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

interrogato Elio Montanari, il più recente e brillante esegeta


della Textkritik di Maas: per quanto anche lui non avesse me-
moria di alcuna teoria precedente, si è mostrato d’accordo
nel riconoscere l’enorme importanza della relazione tra salti po-
tenziali e realizzati quando si debba valutare la possibile polige-
nesi di un’omissione.29

7. Omissione o interpolazione? Alcuni casi problematici

Gli studiosi di ecdotica sembrano in difficoltà nel bilanciare


le coordinate, in continua evoluzione, del contesto storico e cul-
turale con i parametri scientifici offerti da altre discipline; nel
suggerire che la critica testuale poteva in realtà essere conside-
rata una scienza, il classicista A.E. Housman 90 anni fa affermò
che questa strana disciplina era in realtà «not a branch of ma-
thematics, nor indeed an exact science at all. It deals with a
matter not rigid and constant, like lines and numbers, but fluid
and variable; namely the frailties and aberrations of the human
mind, and of its insubordinate servants, the human fingers. It is
therefore not susceptible of hard-and-fast rules».30
Occorre guardarsi dal propendere sempre per la lezione più
lunga: talora la versione ridotta è più che accettabile nel conte-
sto narrativo, forse addirittura più sensata di quella originale.
Comunque, sebbene ci si trovi su un terreno difficile, i filologi
testuali che si confrontano con il fenomeno della parablepsi do-
vrebbero quanto meno supporre che questo tipo di errore ap-

29
Cito dalla sua e-mail del 19 settembre 2009: «Il rapporto quantitativo
fra i ‘‘salti’’ potenziali e quelli effettivi è, credo, fondamentale». Il suo libro
è il già citato Montanari 2003, e gli aspetti legati alla parablepsi sono illustra-
ti a p. 312 (§101.3).
30
Housman 1961, p. 131; il passo è utilizzato da Chanter 2006, p. 50.
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 133

paia evidente, in opposizione al più completo testo originale. In


alcuni casi, però, il senso rimane relativamente invariato e una
linea sottile divide la possibilità di un salto da quella di un’in-
terpolazione che rielabora il testo per motivi di chiarezza. Nel
passo di Diogene Laerzio dalla Vita di Epicuro, 10.51, alcune
omissioni nella tradizione testuale sono da imputare alla presen-
za multipla della parola a$msi–/e$pilaqstqo*lem Le integrazioni
del caso sono fatte da Hermann Usener nel suo monumentale
Epicurea;31 tuttavia in ciò che può sembrare un palese omeote-
leuto, Cyril Bailey individua l’inizio di una grande interpolazio-
ne «derived from the material of the next section» (i.e. 10.51).32
Un esempio ancora più macroscopico è fornito nel capitolo
11 negli Atti degli Apostoli: a 1-3 il venerando codice Bezae
(Cambridge, University Library, Nn. II 41 = D, il maggior testi-
mone della redazione occidentale degli Atti) ha un testo consi-
derevolmente lungo.33 Da lungo tempo gli studiosi hanno sug-
gerito che la versione ridotta presente nei manoscritti non occi-
dentali, sia il risultato di un saut du même au meme, tra due frasi
che appaiono parallele sia nella sintassi che nel senso, ai versetti
2-3: prima spiegarono loro la parola del Signore; poi, annuncia-
rono loro la parola del Signore. Un vivace dibattito si è sviluppa-
to con quanti ritengono invece che la versione più lunga presen-
te in D sia un’interpolazione, che rende in realtà la narrazione
più confusa e meno coerente con il successivo resoconto del
concilio di Gerusalemme (11.15). In un esame dettagliato della
trasmissione testuale del passo, W.A. Strange ha sottolineato
che la versione più breve risulta più adatta al contesto proprio
perché è una relazione più diretta e lineare del viaggio di Pietro

31
Usener 1887.
32
L’edizione in questione è Bailey 1947. L’intera raccolta di dati è rias-
sunta da Renehan 1969, pp. 40-41.
33
L’esempio e il suo layout sono tratti da Strange 1992, p. 85.
134 Alcune questioni di metodo nella critica dei testi volgari

da Cesarea a Gerusalemme. Nelle parole dello studioso di Ox-


ford: «The assumption that the longer text grew out of the
shorter text also should be called into question. If a scribe faced
with the shorter text produced from it the text as in Codex D,
then one would have to say that he exchanged clarity of narra-
tive for obscurity, that nonetheless he produced a text which is
better suited to its context, then the original had been, that he
broke the parallels with 15.1-6 [...]. If one supposes, however,
that a copyist had a text like that of D before him, the origin of
Cap. IV: Omissioni di copia da salto ottico 135

the shorter text, and of the intermediate forms, can be explai-


ned».34 Strange continua la dimostrazione, spiegando come la
versione sintetica sembri il risultato di un intento interpretativo,
che collega il percorso e la predicazione di Pietro (originalmen-
te menzionato solo in Cesarea e Giudea!) alle sue successive at-
tività a Gerusalemme. Il maggior numero di manoscritti che re-
ca la versione breve è quindi facilmente spiegabile: altri scribi
«who become aware of both forms of text were faced with a
choice between fullness with obscurity or brevity with clarity»,
sia pure occasionalmente confusi tra le lezioni, generalmente
optarono per la seconda, dato anche il parallelismo con il pre-
cedente resoconto del viaggio analogo di Paolo verso Gerusa-
lemme.
Quest’ultimo esempio offre un sia pur minimo spunto di
conclusione: all’editore, pur consapevole della varietà tipologica
e dell’ampia incidenza dei fenomeni legati alla parablepsi, in-
combe sempre la verifica di ogni possibile ipotesi alla luce degli
specifici fattori contestuali del passo, intesi tanto nell’ambito
dello sviluppo logico e narrativo dell’opera quanto nel contesto
(tutto da interpretare) della varia lectio disponibile, il cui contri-
buto dipende a sua volta delle ipotesi formulate, su base stem-
matica, riguardo alla varie dinamiche di trasmissione del testo.

34
Strange 1992, pp. 85-86.

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