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Il Trecento: il secolo della crisi

Alla rinascita dell’anno Mille erano seguiti circa tre secoli di grande sviluppo e prosperità, di
crescita demografica, di ampliamento delle città e dei traffici commerciali. Il XIV secolo vede
invece una brusca battuta d’arresto di tali fenomeni, nonché la crisi della Chiesa, della monarchia
francese e dei Comuni.

1. La cattività avignonese e lo Scisma d’Occidente

Nel 1294, dopo l’improvvisa abdicazione di Celestino V, viene eletto papa Benedetto Caetani col
nome di Bonifacio VIII. Riallacciandosi alle posizioni di Gregorio VII, Innocenzo III e Gregorio
IX, anche il nuovo papa sostiene la superiorità del pontefice su qualsiasi autorità spirituale e
temporale, compresi i re e gli imperatori, e porta avanti una serie di iniziative in tal senso:
- annienta la nobile famiglia romana dei Colonna e rade al suolo la città di Palestrina
- istituisce nel 1300 il primo Giubileo della storia, rafforzando l’importanza di Roma come
città santa e acquisendo notevoli quantità di denaro dai pellegrini
- appoggia il re di Sicilia Carlo II d’Angiò nella distruzione dell’insediamento musulmano di
Lucera (in provincia di Foggia) fondato da Federico II di Svevia
- interviene nella politica fiorentina a sostegno dello schieramento dei Guelfi Neri

Tuttavia Bonifacio VIII finisce per scontrarsi con il re di Francia Filippo IV il Bello, impegnato in
quegli stessi anni in un’opera di rafforzamento della monarchia attraverso la creazione di un
efficiente sistema burocratico e le guerre contro l’Inghilterra e le Fiandre. Ne nasce un lungo
braccio di ferro:
- nel 1296 Filippo, per riempire le casse dello Stato svuotate da anni di guerre, impone una
tassa al clero
- Bonifacio reagisce con la bolla Clericis laicos, in cui minaccia di scomunica qualsiasi laico
tassi un uomo di Chiesa
- con un editto Filippo vieta a qualsiasi suddito di Francia, anche ecclesiastico, di portare oro
e argento al di fuori dei confini nazionali
- Bonifacio cede parzialmente e concede a Filippo il diritto di tassare il clero in caso di
necessità
- nel 1301 Filippo arresta per alto tradimento l’abate Bernard Saisset, vescovo di Pamiers e
protetto di Bonifacio
- il papa revoca i privilegi di Filippo e pubblica la bolla Ausculta fili, in cui sostiene (usando
anche citazioni dalla Bibbia) che il papa sia l’autorità suprema e che anche i re debbano
sottomettersi a lui; inoltre convoca un sinodo di tutti i vescovi francesi a Roma per definire
una volta per tutte i rapporti tra Chiesa e Stato
- Filippo brucia in segreto la bolla papale e ne fa circolare in Francia una versione ridotta e
manipolata, in modo da alimentare l’odio contro Bonifacio; poi convoca gli Stati generali
(una riunione di esponenti della nobiltà, del clero e del popolo) perché votino a favore
dell’indipendenza del sovrano dal papa
- Bonifacio pubblica la bolla Unam Sanctam Ecclesiam in cui ribadisce la propria superiorità
all’autorità del re
- Filippo decide di mettere sotto processo il papa per deporlo e intanto manda in Italia un suo
fidato consigliere, Guglielmo di Nogaret, per trarlo in arresto
- episodio dello schiaffo di Anagni: Nogaret con la complicità del nobile Sciarra Colonna
cattura il papa e lo tiene prigioniero per tre giorni, finché la popolazione locale non lo libera;
Bonifacio VIII muore poco dopo a Roma, l’11 ottobre 1303
Filippo il Bello riesce a far eleggere dal conclave riunito a Perugia un papa a lui favorevole, il
francese Bertrand de Got, meglio noto come Clemente V. Invece di stabilirsi a Roma, il nuovo
pontefice resta in Francia, si fa incoronare a Lione e attua una politica fortemente a favore del re:
- abolisce nel 1306 parte delle disposizioni di Bonifacio VIII contro Filippo
- introduce una nuova tassa per il clero chiamata annata
- sopprime nel 1311 l’ordine dei Templari, dopo che nel 1307 il re li aveva fatti arrestare con
la falsa accusa di eresia (in realtà era un complotto orchestrato per mettere le mani sulle
ingenti ricchezze dell’ordine)
- fissa nel 1309 la sede papale a Poitiers e nel 1313 ad Avignone, nel sud della Francia

Con Clemente V ha inizio quel periodo che gli storici chiamano cattività avignonese, dal latino
captivitas ‘prigionia’: fino al 1377 vengono eletti solo papi francesi, che regnano da Avignone
invece che da Roma.
La “sottomissione” alla corona francese determina un grave danno d’immagine per la Chiesa
cattolica, mentre le spese folli per costruire il nuovo Palazzo dei Papi e per mantenere la Curia
svuotano le casse papali, costringendo a escogitare nuovi modi per trovare denaro (vendita delle
indulgenze, annullamento dei matrimoni su pagamento ecc.); nel contempo, è proprio durante la
cattività che viene riformata la burocrazia papale con l’istituzione di molti uffici e istituti che
esistono tuttora (ad esempio il Tribunale della Sacra Rota).

Inoltre, non è vero che durante la cattività i papi si disinteressano dell’Italia o intendono rimanere
ad Avignone per sempre.
Nel 1344 Clemente VI nomina il romano Cola di Rienzo “notaio della Camera Apostolica”, col
compito di riportare l’ordine a Roma e limitare i soprusi dei nobili che avevano approfittato
dell’assenza del pontefice per spadroneggiare in città. Cola ne approfitta per cercare di trasformare
Roma in un libero Comune come quelli dell’Italia centro-settentrionale, fissando negli ordinamenti
dello buono stato i punti fondamentali della propria riforma:
- limitare la violenza punendo severamente i crimini
- istituire milizie cittadine a spese pubbliche per proteggere i cittadini e i mercanti
- destinare i soldi pubblici al sostegno delle vedove, degli orfani e dei più poveri
- ridurre il potere dei baroni
Il popolo entusiasta acclama Cola signore della città e “tribuno del popolo”, persino gran parte della
nobiltà si sottomette alle sue disposizioni. Purtroppo Cola di Rienzo si tramuta in un tiranno, cerca
di sterminare le famiglie che ancora gli si oppongono, si abbandona al lusso e agli eccessi, finché
non viene abbandonato da tutti e dichiarato eretico dal legato del papa: è costretto a fuggire da
Roma travestito da frate.
Nel 1353 Cola si sposta ad Avignone, dove il nuovo papa Innocenzo VI prima lo fa imprigionare
come eretico, poi riconosce la sua buona fede e lo rimanda a Roma; qui, purtroppo, il popolo
insorge ancora una volta contro di lui e lo lincia nel 1354. Nello stesso periodo il pontefice finanzia
la spedizione militare del cardinale Egidio Albornoz che entro il 1363 riesce a sottomettere Lazio,
Marche, Umbria e Romagna.

L’opera di Albornoz prepara il terreno per il rientro provvisorio di Urbano V a Roma nel 1367, ma
nel 1370 una nuova sollevazione popolare lo costringe a fuggire ad Avignone, dove muore subito
dopo. Solo nel 1377 Gregorio XI riporta definitivamente la sede della Chiesa cattolica a Roma.
Purtroppo l’anno seguente Gregorio muore e mentre i cardinali riuniti a Roma eleggono Urbano VI
i francesi scelgono un altro candidato, Clemente VII, che diventa antipapa e fissa ancora una volta
la sede ad Avignone: ha inizio il cosiddetto Scisma d’Occidente, che dura dal 1378 al 1417, nel
corso del quale governano contemporaneamente due o addirittura tre papi. Solo col concilio di
Costanza si giunge a una soluzione: i tre papi in carica rinunciano alla carica ed è eletto un nuovo
pontefice, Martino V.
2. La grande carestia e la peste nera

Benché le carestie fossero eventi comuni nel Medioevo, quella che colpisce l’Europa tra il 1315 e il
1317 ha effetti devastanti: l’abbassamento generale delle temperature e le piogge continue
impediscono la maturazione del grano, base dell’alimentazione del popolo, spingendo la
popolazione nei casi più estremi a praticare il cannibalismo.
Si stima che in soli due anni sia morta fino al 25% della popolazione europea, senza contare i
superstiti indeboliti dalla fame e maggiormente esposti a polmonite, bronchite e tubercolosi.
L’incapacità di affrontare la crisi alimentare mina sicuramente l’autorità e il prestigio dei governi e
della Chiesa, mentre la disperazione favorisce la criminalità e il brigantaggio.

Su questa Europa già in ginocchio si abbatte intorno alla metà del secolo la peste nera, malattia
originaria dell’Oriente che tra il 1347 e il 1353 stermina un terzo della popolazione europea.

1. Diffusione della peste nera nel XIV secolo

La peste nera è una vera e propria apocalisse per il mondo medievale: non si conoscono rimedi
certi, uccide implacabilmente e né lo Stato né la Chiesa riescono ad arginarla. La paura del contagio
spinge le persone ad abbandonare parenti e amici, nei casi più gravi ad accusare gli Ebrei di aver
avvelenato i pozzi dando vita a vere e proprie persecuzioni antisemite.
Tuttavia vi sono anche delle conseguenze positive: la necessità di fare chiarezza sulle cause
dell’epidemia favorisce gli studi medici, il crollo demografico rende disponibili molti terreni
agricoli e costringe le corporazioni ad aprire le porte all’ingresso di nuovi membri per prendere il
posto di quelli morti, la carenza di soldati incentiva l’impiego delle prime armi da fuoco. Inoltre
l’orrore della pestilenza fa crollare le certezze della fede medievale e spinge l’uomo a interrogarsi
sul proprio posto nel cosmo, gettando le basi per la rivoluzione umanistica e per il Rinascimento.
3. Le rivolte popolari e le compagnie di ventura

Guerre, carestie, epidemie esasperano il popolo e lo spingono in più occasioni a ribellarsi contro i
nobili e i privilegiati, o a contestare la ricchezza della Chiesa in favore di un ritorno alla povertà
evangelica.
Tra le rivolte del XIV secolo le più importanti (tutte destinate al fallimento) sono:
- la rivolta dei contadini delle Fiandre (1323-1328) causata dalla tassazione eccessiva che il
duca Luigi I aveva imposto per ordine del re di Francia
- il movimento della jacquerie (1358) portato avanti da contadini della zona di Parigi,
esasperati dalle devastazioni della guerra e dall’aumento della pressione fiscale per
finanziare le truppe
- la rivolta fiorentina dei Ciompi (1378) ossia dei lavoratori salariati che rivendicano migliori
condizioni economico-sociali e una rappresentanza politica nel Comune di Firenze
- la rivolta di Wat Tyler (1381) che coinvolge i contadini inglesi esasperati dalla servitù della
gleba e dagli scarsi stipendi, ma viene facilmente sedata dopo l’omicidio di Tyler stesso
- il tuchinaggio (1386-1389) nelle valli piemontesi contro lo strapotere dei feudatari

Un altro fenomeno che si afferma nel Trecento è la nascita delle compagnie di ventura, composte da
soldati di professione che offrono i propri servigi ai vari governi in cambio di denaro. Il contratto
che essi stipulano si chiama condotta, da cui deriva il termine condottiero per indicare i loro
comandanti. Tuttavia non esitano a passare dalla parte dell’avversario nel caso venga offerto un
guadagno migliore.
Molti condottieri non puntano solo a svolgere il proprio lavoro ma anche a crearsi veri e propri
domini territoriali: è il caso di Braccio da Montone che diventa signore di Perugia e di Bologna o
di Francesco Sforza che si fa riconoscere duca di Milano.

4. Il passaggio dai Comuni alle Signorie

A partire dalla seconda metà del Duecento, le istituzioni comunali cominciano a entrare in crisi, per
motivi sia interni (contrasti tra le famiglie più influenti, malcontento degli esclusi dal potere
politico) sia esterni (ostilità con i Comuni vicini). Prende sempre più piede la figura del signore,
governatore del Comune che cerca di mantenere il proprio potere a vita e di trasmetterlo ai figli, ma
questo processo non avviene dovunque nello stesso momento:
- a Milano già nel 1259 Martino della Torre compie un colpo di Stato per cacciare il podestà
in carica e instaurare una dinastia che governa fino al 1311, quando il potere passa alla
nobile famiglia dei Visconti
- a Verona nel 1262 Mastino I della Scala, capo dello schieramento ghibellino, si fa
riconoscere “capitano generale perpetuo del popolo” e fonda la dinastia degli Scaligeri, che
sotto il nipote Cangrande della Scala estende il proprio dominio su vaste porzioni della
Lombardia e del Veneto
- a Ferrara la fase comunale termina nel 1264 con l’acclamazione del marchese Obizzo II
d’Este
- a Rimini nel 1295 prende il potere Malatesta da Verrucchio, il padre dei celebri Paolo e
Gianciotto della Divina Commedia
- a Mantova dal 1328 il potere è saldamente nelle mani dei Gonzaga

In Toscana il processo è molto più lento: Siena, ad esempio, diventa una Signoria vera e propria
solo nel 1487 con Pandolfo Petrucci, Firenze nel corso del XV secolo con l’avvento dei Medici.
Il passaggio dal Comune alla Signoria determina la perdita del potere da parte del popolo, la nascita
di vere e proprie corti signorili e la nascita di Stati non più cittadini ma regionali.

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