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Udito e psicoacustica -> L'orecchio umano

La fisiologia dell’orecchio umano è alla base della sensazione psicoacustica del suono; è infatti tramite l’orecchio
che il suono come fenomeno fisico (oscillazioni delle molecole d’aria) viene filtrato e adattato alle capacità del
cervello umano, trasformandolo in ciò che noi conosciamo come suono a livello percettivo.

Le parti principali dell’orecchio sono suddivise in orecchio esterno, orecchio medio e orecchio interno. L’orecchio
esterno comprende il padiglione auricolare e il canale uditivo che termina con la membrana del timpano;
l’orecchio medio è una cavità piena d’aria in cui si trovano tre ossicini detti martello, incudine e staffa. Questi
tre ossicini collegano meccanicamente il timpano alla chiocciola (o coclea). Quest’ultima costituisce l’orecchio
interno, che termina nel nervo a custico, diretto al cervello.

Il padiglione auricolare

Il padiglione auricolare raccoglie il suono e fornisce al cervello elementi per la valutazione della direzionalità del
suono. Esso cioè sovrappone al suono stesso informazioni (frequenze) riguardo alla direzione dalla quale il
suono è giunto al padiglione stesso. Ciò spiega la forma particolarissima del padiglione auricolare umano, che si
distingue da quello degli altri animali.
Si può condurre un esperimento psicoacustico per dimostrare questa capacità: si ascolta con un auricolare
(saltando cioè il filtro del padiglione, e perciò ingannando l’orecchio) la gamma di un’ottava di rumore casuale.
Se regoliamo la frequenza centrale a 7,2 kHz, il rumore sembra provenire da una sorgente all’altezza
dell’osservatore. Se la regoliamo a 8 kHz, il suono sembra provenire da una sorgente posta in alto. Se invece
regoliamo la frequenza centrale a 6,3 kHz, il suono sembra provenire dal basso.

Il canale uditivo

Il canale uditivo si può rappresentare in modo semplificato come un cilindro dal diametro di circa 0,7 cm e dalla
lunghezza di circa 3 cm (La forma reale, ovviamente, non è perfettamente cilindrica). Al termine di questo
tubicino c’è la membrana del timpano.

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Le dimensioni del canale uditivo indicano che esso ha una frequenza di risonanza a 3000 Hz (lunghezza d’onda
12 cm, 4 volte la lunghezza del canale) in corrispondenza della quale si ha un picco nella risposta in frequenza
dell’orecchio. Un picco secondario si ha a 9000 Hz. Il picco in risposta ai 3000 Hz indica che l’orecchio è
specificamente “tarato” sulla voce umana.

L'orecchio medio

L’orecchio medio ha un compito molto particolare: trasmettere l’energia sonora da un mezzo rarefatto come
l’aria ad un mezzo molto più denso come il fluido che riempie l’orecchio interno. L’energia sufficiente a causare
le vibrazioni nell’aria sarebbe insufficiente per causare le stesse vibrazioni nel fluido dell’orecchio interno: il
rapporto, assimilabile ad un rapporto d’impedenza, è di circa 4000:1. Assolvono allo scopo di “adattatori
d’impedenza” i tre ossicini martello, incudine e staffa, i quali, con un complesso gioco di leve meccaniche,
compensano la situazione di partenza sfavorevole, adottando cioè un sistema di trasmissione vantaggiosa. Nella
figura che segue si vedono una raffigurazione semplificata della struttura dell’orecchio medio ed una
raffigurazione meccanica del sistema di leve.

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La tromba di Eustachio

La tromba di Eustachio è un condotto che collega l’orecchio medio alla faringe, e svolge varie funzioni di grande
importanza. La prima è quella di condurre aria all’orecchio medio equilibrando l’azione di “sospensione” operata
dalla membrana del timpano. La seconda è di compensare la pressione statica dell’orecchio medio con la
pressione esterna, il che avviene ogni volta che si deglutisce: la tromba di Eustachio in questo caso si apre ed
equilibra la pressione interna. Un’ultima funzione è di emergenza: attraverso la tromba di Eustachio possono
fuoriuscire materiali in caso di infezione dell’orecchio.

L'orecchio interno

L’orecchio interno è costituito dalla chiocciola, uno strumento di alta ingegneria biologica il cui funzionamento
non è ancora perfettamente chiaro. È la chiocciola che deve trasformare gli impulsi di pressione provenienti
dall’orecchio medio in impulsi nervosi (elettrici) destinati al cervello, conservando tutte le informazioni
(frequenza, intensità...) relative al suono.
Nell’immagine che segue vediamo la chiocciola in una rappresentazione “srotolata”: la lunghezza della spirale
della chiocciola così svolta è di circa 2,5 cm. Al centro si vede la cosiddetta membrana basilare, immersa nel
fluido di cui abbiamo già detto.

All’interno della chiocciola questo fluido vibra ogni volta che la staffa, solidale alla finestra ovale, preme su
quest’ultima. Ogni volta quindi che un suono raggiunge gli ossicini, la finestra ovale genera una pressione sul
fluido interno della chiocciola; quest’ultimo trasmette la pressione al suo interno attorno alla membrana
basilare, e la sfoga infine sulla finestra circolare, la quale viene spinta verso l’esterno. La pressione che si
genera all’interno del fluido crea delle onde stazionarie sulla membrana basilare. L’onda stazionaria di una
particolare frequenza avrà un picco in una particolare posizione sulla membrana: se il suono è a bassa

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frequenza, in un punto lontano della membrana, se il suono è ad alta frequenza, in vicinanza della finestra
ovale.
Le onde stazionarie, attraverso un particolare sistema di stereocilia (terminali nervosi della membrana), si
trasformano nell’informazione inviata al cervello per l’interpretazione del suono. I dettagli di questo
meccanismo sono estremamente complessi e non li vedremo qui.

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Udito e psicoacustica -> Introduzione alla
psicoacustica

L'acustica si occupa sostanzialmente di fenomeni ondulatori nell'aria o in altri materiali (acqua, legno etc) che
consentono al nostro orecchio di ricevere la pressione esercitata su questi materiali e di inviare al cervello un
impulso corrispondente.
In acustica ci occupiamo perciò di frequenze, lunghezze d'onda, riflessioni e così via da un punto di vista
strettamente fisico e - potremmo dire - oggettivo: un diapason, ad esempio, produce oggettivamente una
vibrazione di 440 Hz con una certa intensità sonora misurabile.
Tutto ciò si può analizzare con strumenti della Fisica e si possono attribuire unità di misura certe a grandezze
come la frequenza o la pressione sonora.
Ma cosa accade quando questi fenomeni giungono all'orecchio umano?
Cosa avviene nel cervello?
Cos'è ciò che noi chiamiamo "suono" e che certamente non interpretiamo come una pressione o come una
vibrazione, ma come un'esperienza di tipo unico e indefinibile? E perchè il suono influisce sui nostri stati
d'animo?
Tutto ciò rientra nello studio della psicoacustica, una scienza sperimentale che cerca di approfondire la
conoscenza dei fenomeni sonori in rapporto all'uomo che li percepisce.
In questo tutorial affronteremo una breve introduzione ad alcuni concetti psicoacustici fondamentali con
l'intento in seguito di approfondire l'argomento.

Sensazione sonora e phon

Negli anni ’30 fu pubblicato un fondamentale studio sulla sensazione sonora, realizzato da Fletcher e Munson
presso i laboratori Bell. Questo studio, in seguito ulteriormente perfezionato, è oggi alla base delle curve di
sensazione rappresentate nel grafico che segue, note come curve di Fletcher e Munson.

Lo studio venne affrontato con una metodologia che è quella tipica della psicoacustica: numerose persone
furono sottoposte a fenomeni sonori, e ne furono raccolte le dichiarazioni riguardo alle loro sensazioni.
In questo caso furono verificate le sensazioni riguardo all'ampiezza dei suoni - quello che viene comunemente
detto "il volume" - rispetto alla frequenza del suono.
Le curve del grafico sono infatti anche dette curve di isofonia ad intendere che ogni curva rappresenta un certo
"volume" percepito.
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Notiamo che la tabella è stata talmente confermata in seguito nell'esperienza che oggi costituisce lo standard
internazionale ISO 226: ciò è indicativo di quanto lo studio della psicoacustica non sia solo una curiosità
psicologica, ma uno studio di importanza fondamentale per numerosi aspetti.

Per definire la tabella è stata scelta la frequenza di riferimento di 1000 Hz: il valore di livello di pressione sonora
(in dB SPL) assunto da ogni curva isofonica (curva di uguale sensazione) alla frequenza di 1000 Hz definisce il
livello di sensazione sonora in phon.
Cerchiamo di comprendere come va letto il grafico. Un’onda sonora di livello di pressione sonora, ad esempio,
40 dB, alla frequenza di 1000 Hz, definisce la sensazione che chiameremo di 40 phon (per cui in questo caso il
valore in dB coincide con quello in phon): questa, seguendo la curva di Fletcher e Munson che passa per
l’ascissa 1000 Hz e per l’ordinata 40 dB, sarà ad esempio la stessa sensazione di intensità che produce
all’orecchio dell’ascoltatore una frequenza di 100 Hz emessa con circa 53-54 dB di pressione sonora.
Analogamente, la sensazione che dà una sorgente di circa 105 dB a 20 Hz sarà la stessa di, ad esempio, una
sorgente di circa 52 dB a 3000 Hz, ovvero, come vediamo dal grafico, una sensazione di 60 phon: che
corrisponde, per definizione, alla sensazione data da una sorgente di 60 dB a 1000 Hz, come si può verificare.
Questi dati sono sperimentali e possono variare da individuo a individuo, e sono addirittura soggetti a variazioni
nel tempo a lungo termine, passando cioè da generazione a generazione (a causa delle abitudini di vita e delle
differenze culturali, nonché dei possibili cambiamenti della fisiologia stessa dell’apparato uditivo); sono però
molto utili per determinare alcuni fatti di carattere generale.
Ad esempio, ed è l’osservazione più importante, si vede bene che bisogna aumentare molto il “volume” delle
frequenze basse perché diano una sensazione sonora simile a quella data dalle frequenze medie, e c’è
addirittura un picco di sensibilità nella zona della voce umana, che, come abbiamo già notato nel tutorial
sull’orecchio umano, è situata nelle frequenze da circa 2 a circa 5 kHz. Da queste frequenze in poi le curve
ricominciano a salire, indicando che la sensibilità alle frequenze alte è minore rispetto a quelle medie.
Con l’avanzare dell’età dell’individuo queste curve si modificano con ulteriori perdite di sensibilità verso il basso
e verso l’alto (intorno ai 60 anni un uomo non sente al di sopra dei 10 kHz, salvo casi eccezionali).
Si noti che la regione al di sopra della prima curva di Fletcher e Munson (quella a 0 phon) e al di sotto
dell’ultima (quella a 120 phon) è la cosiddetta area di udibilità dell’orecchio umano. Nel grafico che segue
quest’area è rappresentata in grigio. Le frequenze al di sotto della più bassa udibile (circa 20 Hz) si dicono
infrasuoni, quelle al di sopra della più alta (circa 20 kHz) si dicono ultrasuoni. La prima curva (quella a 0 phon)
si dice soglia di udibilità, quella più alta (120 phon) si dice soglia del dolore (poiché a certe pressioni l’apparato
uditivo corre rischi di rottura).

Sensazione sonora e son

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Un’altra unità di misura usata per la sensazione di intensità sonora è basata sull’osservazione che un
raddoppiamento della sensazione è associato in genere ad un incremento della pressione sonora di circa 10 dB,
e viceversa si avverte un dimezzamento della sensazione con un decremento di circa 10 dB. È stato dunque
introdotto il son, che è definito operativamente ponendo la sensazione di 1 son uguale a quella avvertita da una
persona che ascolta un suono del livello di 40 phon.
2 son saranno la sensazione raddoppiata, 0,5 son la sensazione dimezzata. Per chiarire bene il rapporto tra
phon e son, vediamo una tabella con le corrispondenze tra valori in phon e in son. Notate che per scatti di 10
phon si ha un raddoppiamento del livello in son.

Altezza in funzione della frequenza: il mel

L’altezza di un suono, intesa come percezione psicoacustica, è principalmente funzione della frequenza, ma non
in modo strettamente lineare. Per misurare questa sensazione di altezza è stata introdotta un’unità di misura
detta mel.
Si è stabilita come altezza di riferimento di 1000 mel la sensazione data dai 1000 Hz a 60 dB. Una scala
sperimentale dei mel è rappresentata nel grafico. Al variare della pressione sonora la curva subisce delle
variazioni.

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Per comprendere però quanto sia complessa la questione dell’altezza soggettiva di un suono, si tenga conto
dell’esperimento che segue.
Si pongono due sorgenti sonore a distanza uguale ma in direzione diverse di fronte ad un ascoltatore, come in
figura.

Le due sorgenti emettono segnali puri a 168 Hz la prima e a 318 Hz la seconda. Se i segnali restano a volume
abbastanza basso, essi risultano discordanti all’orecchio e producono una sensazione di fastidio nell’ascoltatore.
Si vedrà però che, aumentando progressivamente il volume delle due sorgenti, la sensazione dell’altezza dei
segnali tenderà a scendere: il segnale di sinistra arriverà ad un certo punto a dare la sensazione di 150 Hz,
quello di destra la sensazione di 300 Hz: essi dunque risulteranno piacevolmente combinati.
Si può verificare che ripetendo lo stesso esperimento con due frequenze più alte si avrà lo stesso effetto, solo
che le note daranno l’impressione di salire in frequenza quando sarà alzato il volume, invece di scendere in
frequenza.
Questo fenomeno ci dimostra quanto una semplice misurazione fisica di un avvenimento sonoro non renda
conto di ciò che sente un ascoltatore, infatti un'analisi oggettiva restituirebbe a qualsiasi volume il risultato di
due frequenze di 168 Hz e 318 Hz.
Inoltre bisogna dire che l’origine fisiologica di questo fenomeno psicoacustico è controversa, il che la dice lunga
su quanto ancora c'è da capire sull'orecchio umano e su come il cervello interpreta i suoi segnali.

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