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Storia 28-05-20

I NAZIONALISMI
Il nazionalismo in musica è un movimento, anzi una serie di movimenti ideologici che
fondamentalmente prendono luogo in tutti quei territori dell’Europa che fino a quel momento non
avevano ancora avuto una loro identità musicale (ci siamo occupati fino ad ora di musica italiana,
francese e tedesca). Fondamentalmente queste tre erano le origini geografiche dove la musica si è
sviluppata, nell’Ottocento, dopo tutto quello che era accaduto con le varie invasioni napoleoniche.
Napoleone in fondo era stato colui che nell’Ottocento aveva, in qualche modo, unificato una grande
parte dell’Europa sotto il suo dominio e, una volta crollato l’impero Napoleonico, in Europa si
ristabiliscono le antiche monarchie e da quel momento in poi in più regioni europee sorgono questi
movimenti nazionalistici. Questi hanno la loro ragione principalmente nel fatto che ciascun paese
vuole identificarsi in qualche modo, essere autonomo, anche per quello che riguarda la produzione
musicale. Chiaramente molto in questo c’entra tutto quello che faranno i letterati dei vari paesi,
infatti nell’identità nazionale per identificare un popolo questi deve avere una tradizione a cui
appellarsi, a cui riferirsi e quindi chi più dei letterati può esprimere a parole questi concetti? Che si
rifanno a tradizioni popolari, tradizioni antiche, leggende, eroi nazionali nei quali questi popoli si
identificano.

Parlando di molti paesi che si affacciano in questo senso a loro nazionalismo ne potremmo elencare
tantissimi come per esempio tutta l’area scandinava: Norvegia, Svezia, Danimarca che anche se
con un singolo compositore Grieg (nel caso della Svezia), Sibelius (Finlandia), Nielsen
(Danimarca), quest'ultimo fu un compositore sopraffino soprattutto per gli strumenti a fiato e ha
composto moltissima musica da camera, quindi non c’è soltanto la sinfonia a programma o il poema
sinfonico o forme grandi, ci può essere anche la forma cameristica, un po’ più raccolta, ma che
comunque è di grande prestigio.
Poi in Spagna abbiamo tutta quella che è la produzione non solo sinfonica o melodrammatica, la
Spagna come altre nazioni ha anche lei una tradizione di Teatro Popolare ancora viva delle
cosiddette zarzuelas, che sono il corrispettivo del singspiel tedesco o della comédie francese; quindi
Teatro Popolare nella lingua locale con musica.
Ma naturalmente se pensiamo alla Spagna ci soffermiamo anche sulla stragrande produzione
chitarristica, essendo la chitarra lo strumento nazionale spagnolo.

Il grosso del discorso è riservato però alla Russia, perché la Russia è il paese che più di tutti ha
prodotto da questo punto di vista numericamente e anche continuativamente nel tempo. La Russia
fino all’età Napoleonica era stato un paese dominato dagli Zar (fino alla rivoluzione del 1917) ed è
un paese gigantesco che chiaramente vede nelle due grandi città di Mosca e San Pietroburgo le due
grandi metropoli, ma che poi per il resto è sconfinata campagna, quindi ha una realtà rurale enorme,
dove ovviamente nel corso dei secoli si è sviluppata una cultura popolare, fatta di leggende, di
favole, di racconti, dove spesso si intrecciavano melodie che venivano cantate o suonate
(ovviamente in maniera del tutto estranea alla musica accademica), quindi musica popolare per
l’appunto.
(Chopin ad esempio fu un caso anticipatore: infatti egli essendo un esule ha questa nostalgia della
Polonia e quindi anche per lui troviamo questo discorso anche se a quell’epoca era ancora lontano
dall'essere un fatto generale, diffuso fra molti.)

Le regioni europee che prevalentemente iniziano ad affacciarsi alla musica (con alcuni esponenti in
modo particolare che diventano i portabandiera di quella realtà musicale) sono anzitutto alcune
regioni della cosiddetta “area balcanica”, in particolar modo la Boemia (che corrisponde
grossomodo all’attuale Repubblica Ceca) di qui due sono i principali esponenti: Bedřich Smetana
e Antonín Dvořák, due compositori che si agganciano prevalentemente (e questo discorso vale
anche un po’ per tutti gli altri) ad alcune forme in particolare.

In molti casi questi compositori o sono degli autodidatti o comunque hanno imparato la musica
nelle scuole musicali ufficiali, quindi quelle che man mano si vanno diffondendo come conservatori
di musica, che dopo la loro origine antichissima napoletana si erano cominciati a diffondere anche
in altre zone d’Europa, prendendo a modello non tanto i conservatori napoletani, quanto piuttosto il
modello parigino (che era stato istituito proprio nel periodo Napoleonico).

Quindi comunque apprendessero la musica (o privatamente o da autodidatta o comunque negli studi


accademici di questi conservatori) questi musicisti in qualche modo avevano la loro formazione e
principalmente sono 2/3 le forme musicali alle quali loro si riferiscono perlopiù:
Il melodramma anzitutto, perché l’opera più di qualunque forma riesce a trasmettere un
messaggio: il libretto dell’opera è ovviamente scritto in modo tale che la storia e i
personaggi narrino delle vicende che sono in qualche modo legate a quei valori, quelle
tradizioni di quel popolo.
Il poema sinfonico: una forma ovviamente piuttosto recente, come abbiamo già detto
quando Liszt - e poi tutti i suoi successori - inventa questa nuova forma orchestrale che è il
poema sinfonico o comunque anche la sinfonia a programma. Insomma una composizione
orchestrale che abbia una possibilità, pur essendo senza un testo, di diffondere un
messaggio, quindi funzionale allo stesso obiettivo.
Il balletto; il balletto nelle eccezioni e moderna del termine, non è più l'antica danza che si
faceva a corte di Luigi XIV (ovviamente è lì la radice). Anche il balletto in questa accezione
ha lo stesso senso, stesso scopo e significato: ossia di portatore un messaggio. Questa forma
si va diffondendo quasi esclusivamente in Russia. Quindi un balletto che nella coreografia
rappresenti una storia, dove troviamo un’orchestra che suona e al posto dei cantanti i
ballerini che dai loro movimenti coreografici narrano la storia. Famoso esempio è
Tchaikovsky con “Il lago dei cigni” o altri suoi balletti come “Lo Schiaccianoci”.
Quindi sintetizzando: opera, sinfonia a programma (o poema sinfonico) e balletto; sono le forme
ideali per questi compositori per propagandare un certo tipo di messaggio. Tornando a questi
compositori della Boemia, quindi Smetana e Dvořák, questi principalmente si appellano soprattutto
alle forme sinfoniche (sinfonie o sinfonia programma, per meglio essere precisi, o anche a poemi
sinfonici).

SINFONIA “DAL NUOVO MONDO”

Questo nuovo mondo del titolo altro non è che l’America. Finora abbiamo parlato di Europa, ma
naturalmente c’è un’altra serie di continenti oltre ad essa a cui non abbiamo mai fatto cenno e di cui
non ci siamo mai occupati come: Asia, Africa, Oceania e appunto dell’America.
Ma l’America, e soprattutto l’America del nord, è ovviamente un continente che sempre più nel
corso dell’800 si intreccia culturalmente con la vecchia Europa. L’America è un luogo nel quale
spesso i compositori vanno o per tournée o proprio a lavorare; infatti Dvořák per un periodo di
tempo si trova negli Stati Uniti ad occupare un posto di insegnante presso il conservatorio di New
York e in quella stagione girò vari altri paesi degli Stati Uniti d’America.
Questa sinfonia in particolare risente di temi, spunti melodici che Dvořák compone ispirandosi a ciò
che avrebbe sentito nel paese che l'ospitava. Temi, melodie estranee alla tradizione melodica
europea e in questo senso si parla di nazionalismo e come in qualche modo, come in altri autori si
attinge melodicamente proprio ad elementi tipici del loro paese.
I vari temi enunciati dall’orchestra hanno un sapore che rimanda veramente all’America. In termini
tecnici questo si traduce con l’aver adoperato in vari punti varie tipologie di scale estranee a quelle
del mondo occidentale e nell’uso in particolare di una scala per toni interi; o ancora particolari ritmi
stereotipati che in qualche maniera ti fanno comprendere quale possa essere la caratteristica
predominante di quel luogo dal punto di vista musicale.
Si tratta intanto di una sinfonia (che ha però un titolo e quindi in qualche modo programmatica), il
che significa che Dvořák prosegue nella linea inaugurata due secoli prima della “forma sinfonia”,
ma dove ormai troviamo dei cambiamenti.
Intanto l’organico è già molto più ampio di quello del Settecento, un organico che segue un po’
l’impronta wagneriana: un’orchestra massiccia, molto più ampia di quella conosciuta fino a quel
punto. Un organico reso molto corposo anche dall’inserimento di strumenti nuovi; e la scrittura
orchestrale naturalmente è influenzata a sua volta da un aggiornamento dell’orchestrazione che in
questo periodo galoppa.

L'ORCHESTRAZIONE
L’orchestrazione è un elemento che si affaccia sempre più prepotentemente nel corso dell’800, a
cominciare da Berlioz che era stato fra i primi che nella prima metà dell’800 aveva dato
un’impronta particolare proprio al modo di scrivere per orchestra, cioè di trattare le varie famiglie
degli strumenti (archi, legni, ottoni e così via) e di caratterizzarli.
L’argomento orchestrazione nell’Europa tutta del secondo Ottocento soprattutto, è un elemento
fondamentale, forse è l’elemento che più di tutti caratterizza i compositori europei e li accomuna in
qualche modo con questa attenzione veramente capillare a come si scrive per orchestra.

Gli italiani, all'epoca si occupavano di opera, visto che la musica strumentale in Italia era ancora
molto lontana: ci sono pochissimi compositori che si dedicano o soltanto o anche alla musica
strumentale. Però come vedremo, parlando di compositori del tardo 800, avremo per esempio
Puccini che si è occupato ovviamente di Opera, dove la parte orchestrale ha un’importanza davvero
determinante; ma anche l’ultimo Verdi come abbiamo visto dalla trilogia in poi, sicuramente ha
un’attenzione molto più specifica all’orchestrazione.
Tra il primo e il secondo Ottocento molte cose cambiano sicuramente in generale per tutti i paesi
europei, ma se pensiamo all’Italia ovviamente lo spartiacque è il 1860, infatti con l’Unità d’Italia
cambiano moltissime cose anche nell’ambito musicale.
Fra l’altro ritroveremo anche in Puccini una forma di nazionalismo, in particolare nelle opere
ambientate in paesi lontani come “Madama Butterfly”, la “Turandot”, oppure “La fanciulla del
West”. Infatti principalmente se pensiamo a “La fanciulla del West”, che è ambientata appunto
negli Stati Uniti, lì Puccini adopera dei temi anche lui “americani”, fra virgolette perché
ovviamente non si tratta di melodie autentiche, ma che rimandano, suggeriscono quelli americani.
[Dvořák – Sinfonia n°9 Op.95 “Dal un nuovo mondo”]

L'ETNOMUSICOLOGIA
Questo che Dvořák fa per questa sinfonia però non è una ricerca etnomusicologica.
La nascita delle etnomusicologia avviene proprio nel secondo '800 ed è quella disciplina che studia
scientificamente le altre culture e difatti non è un caso se proprio la nascita di questa disciplina
avviene in questo periodo, nel secondo Ottocento, ad opera principalmente di ricercatori che sono al
tempo stesso studiosi ma anche compositori. Questi faranno ricerche sul campo (come fanno anche
attualmente i musicologi, che si armano di strumenti di registrazione e vanno a registrare le musiche
eseguite in queste civiltà, questi gruppi, questi luoghi lontani dalla civiltà colta occidentale per
capire, per raccogliere anche questi dati).
Questo poi sarà un lavoro più specifico che faranno alcuni studiosi come Zoltán Kodály e Bela
Bartok, che fanno tesoro di questi elementi raccolti dalla produzione popolare del loro paese, ma
anche di altri territori e la utilizzano talvolta per le loro composizioni.

IL GRUPPO DEI 5
Parliamo di scuola Russa perché nel caso della Russia troviamo molti più esponenti che in qualche
modo hanno avuto un qualche legame fra di loro, quindi di scuola si può parlare. L'anticipatore
della vera e propria scuola russa è Michail Glinka che, anche se in maniera non programmatica, è
fra i primi compositori che inaugura una tipologia di musica che si vuole sganciare dai modelli
europei.

La Russia fino a tutto il Settecento era stata un paese dove nella corte degli zar venivano ospitati
musicisti che provenivano o dall'Italia o dalla Francia, infatti fu soprattutto la Zarina Caterina II
quella che più di tutti era amante della musica, ed era una grande appassionata dei maestri
napoletani, soprattutto Paesiello e Cimarosa. Ma con Glinka siamo in un periodo più avanzato in cui
egli compone appunto melodrammi, sinfonie ed altre forme dove comincia ad apparire appunto
questo elemento del nazionalismo: cioè attinge alle leggende e ai racconti (per esempio un autore
estremamente caro ai russi è Puškin, che nei suoi romanzi e racconti esprime molto sentito il
patriottismo e tutto quello che è il discorso politico relativo al popolo russo).

Dopo Glinka abbiamo la cosiddetta scuola del “Gruppo dei cinque”. Cinque compositori di
diversa estrazione che avevano però, per un periodo limitato di tempo, formato un loro sodalizio ed
avevano lo stesso obiettivo: coordinarsi per scrivere della musica autenticamente russa, che si
distaccasse in maniera drastica dalla linea accademica europea (intesa come quella
italo-francese-tedesco, ossia di ceppo tradizionale). Questi cinque erano: Rimskij-Korsakov e
Musorgskij come più importanti, ma accanto a loro nominiamo Aleksandr Borodin, che arrivò per
ultimo in questa cerchia, Kjui e Balakirev.

Ognuno di loro aveva esperienze diverse: all’inizio quando formarono questo gruppo in realtà
l’unico musicista professionista era proprio Balakirev (gli altri erano ancora nell’orbita del
dilettantismo), poi le carriere si avviarono verso strade più specifiche per alcuni di loro, non per tutti
(per esempio Borodin fu sempre un dilettante, nel senso che si occupava d’altro, era addirittura
farmacista, aveva una professione del tutto diversa dalla musica, però compose comunque musica
pregevolissima).
Per distaccarsi dalle vecchie basi bisognava attingere ad elementi musicali: scale, armonie, ritmi
tipicamente del luogo, quindi tipicamente russi. Quello che più di tutti alla fin fine rimase
autenticamente russo sarà Musorgskij perché aveva avuto una formazione veramente contadina: la
sua infanzia, la sua adolescenza erano proprio immersi nella natura contadina russa ed egli aveva
preso fin da bambino quelle tradizioni popolari autentiche.

Questo sodalizio durò un anno solamente, perché dopo breve tempo i 5 iniziarono a litigare tra di
loro ed arrivarono a diverbi e discussioni che non gli permisero di trovare più il collegamento, il
punto di contatto fra di loro e quindi questo sodalizio si sciolse.
La cosa singolare che poi creerà una delle motivazioni dell’allontanamento di questi 5 verrà da
Rimskij-Korsakov, il quale ad un certo punto intraprenderà la carriera accademica prendendo il
posto di insegnante al conservatorio di San Pietroburgo e comincerà a cambiare il suo
atteggiamento. Per dirne una spesso e volentieri volentieri prima di dare alle stampe le musiche,
anche dello stesso Musorgski, si permetterà di correggerlo, cioè rinnegherà quelli che erano stati i
progetti iniziali di questo modo di essere autonomi rispetto al ceppo europeo e quindi correggendo
gli errori - tra virgolette - di Mussorgsky, nega il principio di tutti quanti.

Di tutti i compositori russi Tchaikovsky è forse il più lontano dalle idee nazionalistiche
propagandate da questo Gruppo dei cinque, perché ha una formazione molto più vicina alla Francia,
pur essendo russo in tutto e per tutto nella sua espressione musicale.

[Rimskij-Korsakov - Poema sinfonico Op.35 “Shahrazād”]


Anche qui c’è molta attenzione all’orchestra, al modo di scrivere per orchestra facendo emergere di
tanto in tanto degli assoli; ma anche la spartizione fra i vari gruppi dell’orchestra con ovviamente
un’attenzione molto forte sul timbro di determinati strumenti.
Da notare come in questa orchestra mastodontica ogni tanto vengono fuori solisti e comincia ad
esserci una sorta di virtuosismo orchestrale: gli elementi dell’orchestra, chi più e chi meno, vengono
fuori o a gruppi o da soli. All’Orchestra quindi si chiede molto di più: non è più un corpo unico, ma
sempre più vuole degli elementi che emergano, anche con degli assoli a volte difficili.

Qui naturalmente il colore del pezzo non è legato alla Russia in modo particolare: Shahrazād è la
protagonista di “Le mille e una notte” (un mondo favolistico) ed è colei che deve narrare una favola
ogni sera, per tutte quelle notti al re. Come già detto qui vi è un elemento favolistico, del resto la
favola in quanto tale è anche lei molto presente nelle tradizioni popolari tutte, però in questo caso
particolare non c’è la volontà di attingere al mondo tipicamente russo, ma in generale alludere a
qualcosa. Quindi sempre più queste scuole nazionali hanno un che di programmatico nella loro
musica.

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