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 9/15 ottobre 2009 • Numero 816 • Anno 16

Sommario
“L’arte non provoca cambiamenti. Ma non
si possono avere cambiamenti senza arte”
moNICA ALI, pAgINA 66

La settimana ATTUALITÀ
14 Verso la ine
gIAppoNe
42 Evaporati
SCIeNzA e
TeCNoLogIA
94 Perché le donne
Frattura del biglietto verde
The Independent
nel nulla
XXI incinte non
cadono?
16 Il mistero
SCIeNzA New Scientist
della nave
52 Il posto migliore
Un sondaggio Ipsos di
KEvIn van aELSt

scomparsa eCoNomIA
per crescere
qualche settimana fa The Guardian
The New Yorker
e LAvoro
confermava tre dati 98 Anche le recessioni
eUropA hanno dei lati
interessanti. Il primo è 18 Atene si aida porTFoLIo
che in Italia il 54 per 58 La speranza positivi
ai socialisti per The Economist
cento delle persone si degli albini
uscire dalla crisi
informa prevalentemente attraverso Le foto di Johan
Kathimerini
Bävman Le opinioni
la televisione (il 25 per cento con i
AFrICA
quotidiani, il 12 su internet e il 3 con la rITrATTI 21 Amira Hass
20 I ribelli del Delta Una brutta sorpresa
radio). Il secondo è che il 53 per cento 62 Alastair Crooke
del Niger irmano 23 Yoani Sánchez
degli italiani considera i mezzi Una spia a Beirut
l’amnistia Il verbo viaggiare
d’informazione molto o abbastanza Mother Jones
The Daily Champion 31 Leo Hickman
autorevoli, mentre il 41 pensa che non Perché sono andato
vIAggI
lo siano. Il terzo è che le persone AmerIChe
66 Una stanza a vivere in campagna
convinte dell’autorevolezza dei mezzi 22 I piloti americani per scrivere 33 Rami Khouri
d’informazione sono le stesse che non decollano più Sessanta compleanni
Prospect
Time
guardano la tv, e appartengono ai ceti per i profughi
più popolari. L’aspetto preoccupante grAphIC palestinesi
ASIA JoUrNALISm
78 Gofredo Foi
di tutto questo è che la spaccatura del 24 Cina e India 70 Cartoline Cresciuti negli anni
paese sembra essere più profonda di litigano al conine da Monticiano ottanta
una semplice divisione tra nord e sud, The Christian Science Marino Neri 84 Pier Andrea Canei
ricchi e poveri o destra e sinistra. È Monitor
Piano terra
CINemA
una frattura narrativa: gli italiani sono 93 Tullio De Mauro
convinti di guardare tutti lo stesso
vISTI dAgLI ALTrI 72 La folle vita I riottosi
26 I dieci anni che delle gang
ilm, ma i ilm sono due – uno separano Italia 95 Anahad O’Connor
Les Inrockuptibles
raccontato dalla tv, l’altro dal resto dei e Germania Il ferro nel sangue
mezzi d’informazione – e i personaggi Süddeutsche Zeitung pop 99 Tito Boeri
e la storia sono molto diversi. Il 88 Il secolo falso 104 miliardi di euro
IN CoperTINA di Tel Aviv
rischio è che le due Italie non riescano
34 Un mondo ingiusto Yonatan Mendel
più a parlare tra loro perché non
The Boston Review
condividono più la stessa realtà, e 91 Giorno di visita
forse neanche le parole per deinirla. Binnie Kirshenbaum
Giovanni De Mauro 92 L’elenco di n cose
settimana@internazionale.it Paul Graham
internazionale.it/sommario

Le principali fonti di questo numero

xxi È un trimestrale francese di grandi reportage. L’articolo a pagina 42 è uscito nel numero di aprile 2009 con il titolo Les évaporés du Japon. The Boston
Review È un bimestrale statunitense di politica e letteratura. L’articolo a pagina 34 è stato pubblicato nel numero di settembre 2009 con il titolo Crisis and
hope. The Independent Fondato nel 1986, è un quotidiano britannico progressista. L’articolo a pagina 14 è stato pubblicato il 6 ottobre 2009 con il titolo
The demise of the dollar. Mother Jones È un bimestrale statunitense che dà ampio spazio al giornalismo investigativo. L’articolo a pagina 62 è stato
pubblicato nel numero di settembre 2009 con il titolo The spy who loved Hamas. The New Yorker È un settimanale newyorchese. L’articolo a
pagina 52 è uscito il 19 gennaio 2009 con il titolo Baby food. Prospect È un mensile britannico. L’articolo a pagina 66 è uscito nel numero di
luglio 2009 con il titolo Room for thought. Internazionale pubblica in esclusiva per l’Italia gli articoli dell’Economist

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 3

Immagini
Rio 2016
Rio de Janeiro, Brasile
2 ottobre 2009
Le Olimpiadi del 2016 si svolgeranno a
Rio de Janeiro. Sulla spiaggia di Copa-
cabana migliaia di persone hanno fe-
steggiato la decisione del Comitato
olimpico internazionale. La città cario-
ca ha battuto Chicago, Tokyo e Madrid.
È la prima volta che le Olimpiadi vengo-
no assegnate a una città del Sudameri-
ca. Foto di Lalo de Almeida (The New York
Times/Contrasto)
Immagini
L’isola spaccata
Limo Koto Timur, Indonesia
4 ottobre 2009
I danni del terremoto del 30 settembre a
Sumatra, in Indonesia. Il bilancio ui-
ciale del sisma di magnitudo 7,6 sulla
scala Richter è di 704 morti e 295 di-
spersi. Secondo la Croce rossa le vittime
potrebbero essere più di tremila. Molte
persone sono ancora sepolte sotto il
fango e le macerie. Foto di Dita Alang-
kara (Ap/Lapresse)
Immagini
Arrivederci
Ferrara, Italia
4 ottobre 2009

“Una delle ragioni di questa crisi è stata

la disattenzione dei grandi mezzi d’in-
formazione sulla questione criminale”.
L’incontro con Roberto Saviano (nella
foto) ha chiuso la terza edizione di Inter-
nazionale a Ferrara. Il festival, che ha
registrato 45mila presenze, ha accolto
giornalisti e scrittori da tutto il mondo.
La notte del 3 ottobre la piazza Munici-
pale è stata invasa da migliaia di perso-
ne che hanno seguito lo spettacolo di
Ascanio Celestini e poi ballato al ritmo
del dj set di Jovanotti. Foto di Hans-Juer-
gen Burkard (Stern)
Posta@internazionale.it
La nuova graica
di Internazionale
◆ Appena ho aperto la rivista ho
avuto un senso di smarrimento,
che è durato per tutto lo sfoglio
iniziale. Sembravo un marinaio
sbarcato a terra. Ma poi, quando
l’ho ripresa in mano, gli occhi si
erano già adattati al nuovo stile
e la pagina appariva elegante,
chiara, persino più aperta. Ho
avuto l’impressione che si sem-
pliicasse, si ripulisse; ho preso
un vecchio numero per fare un
confronto e – sorpresa – è molto
più ricco e pieno adesso. Bravis-
simi.
Andrea Stefanoni
◆ Tutte quelle righine sono di
una pedanteria esagerata, un
po’ come quelle persone che in-
tercalano continuamente con
“hai capito?”.
Roberto Milazzi
◆ Ho sfogliato con ansia tutto il
giornale. Non avrei mai iatato
sulla nuova graica perché noi
lettori siamo conservatori e ci
serve tempo per abituare l’oc-
chio e la mente. Ma per le Rego-
le mi sarei mobilitata. La mia
rubrica preferita c’è. E il fatto
che sia in fondo è più comodo
perché ci si arriva girando la
quarta di copertina. Credo che
l’averla ritrovata, anche se quasi
per caso, mi fa perdonare la mi-
crodimensione dei testi (ragaz-
zi, beati voi che avete l’occhio di
falco). E poi voto senza riserve a
favore del monocarattere.
Paola Torresi
◆ Ma cosa vi è venuto in men-
te?! Dopo tante belle parole di
presentazione, apro il nuovo nu-
mero della rivista e… è sempli-
cemente inguardabile! Sarebbe
una “innovazione” questa spa-
ventosa e tristissima uniformità
che rende impossibile ricono-
scere le rubriche, questo grigino
insigniicante e anonimo? Sem-
bra che le pagine siano state la-
vate in candeggina.
Michele Rabella
◆ Vista adesso la nuova graica:
bella bella, come spegnere la lu-
ce quando si ha mal di testa.
Edo Chieregato
10 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
Steven Berlin Johnson a Ferrara, disegnato da Celeste
◆ Il nuovo Internazionale è or-
dinato, preciso, didascalico.
ma... sembra un sussidiario!
Sarà che le novità scompigliano,
ma lo preferivo prima.
Martina Coral
◆ Scrivo in merito al nuovo look
che si è dato Internazionale.
Adesso mi pare un ragazzotto
intelligente, intellettuale e pre-
ciso. Ma anche biricchino e ri-
belle.
Igor Zerbesi
◆ Nuova veste graica? Sono
confuso. Ditemi che è solo uno
scherzo… burloni. Eh sì, ogni
tanto bisogna scuotere il lettore
stanco, l’abbonato che lascia In-
ternazionale immacolato ino al
lunedì. Allora d’accordo, avete
fatto uno scherzo: burloni.
Dalla settimana prossima tutto
come prima! Evviva! Siete i mi-
gliori.
Gianluca Sebastiani
◆ Dopo aver visto la nuova gra-
ica del giornale mi è venuta la
voglia di rivedere il primo nu-
mero della mia collezione, or-
mai risalente al luglio 2005.
Quante rubriche cambiate,
quante novità, quanti appunta-
menti issi. Ma non voglio recri-
minare: un giornale ha una sua
evoluzione, proprio come un es-
sere umano.
Zeck
◆ Stravolta la graica ma non il
contenuto. Una rivista stupen-
da! Superbo miglioramento!
Eugenio Rago
Ferrara 2009
atto terzo
◆ Anche quest’anno sono venu-
ta a Ferrara da sola e sono im-
mensamente felice di averlo fat-
to. Essere tra voi di questi tempi
è un gesto resistenziale. Cam-
minavo per le strade di Ferrara
come una Giovanna D’Arco, ie-
ra come una partigiana della li-
bertà di espressione.
Enrica Mattavelli
◆ Sono appena tornata a casa
dopo tre giorni davvero intensi,
culminati con l’incontro con Ro-
berto Saviano. Per tutti quelli
che, come me, hanno atteso per
più di tre ore prima di poter con-
quistare un posto nel teatro co-
munale è stata un’emozione
fortissima. Centinaia di giovani
erano lì per un solo motivo: for-
se volevamo carpire il segreto di
tanta forza e coraggio e portar-
cene a casa un po’. Come si fa
con il sole quando fa freddo.
Matilde Doni
◆ Bello tutto, gli incontri, l’at-
mosfera, la gentilezza degli ope-
ratori, la meravigliosa città, ma
non è possibile obbligare la gen-
te a ore di ila sotto il sole. Per-
ché non mettere un punto di ri-
tiro prenotazione, una semplice
distribuzione di numeri, come
dal salumiere? Si eviterebbero le
ile di ore e la delusione, magari,
di non riuscire a entrare e di
aver sprecato il tempo che si sa-
rebbe potuto impiegare per
qualche altro incontro.
Roberta Nanni
◆ Il Festival diventa di anno in
anno sempre più coinvolgente e
appassionante. Bellissima at-
mosfera in una città fantastica.
Un piccolo suggerimento. Dato
il successo crescente, va modii-
cata la modalità di entrata agli
eventi. Suggerisco di stampare i
biglietti corrispondenti alla ca-
pienza dei posti dove si tengono
le conferenze. Esauriti i bigliet-
ti, va da sé che il resto della gen-
te in ila non potrà entrare. Si
potrebbe anche far pagare una
piccola somma, con il doppio ri-
sultato di regolare le entrare e
avere un po’ di inanziamenti
per il festival. Al prossimo anno.
Nadia Moroni
◆ Ho molto apprezzato l’eccel-
lente programma di ilm “Mon-
dovisioni”. La conferenza
dell’ecopeccatore Fred Pearce
invece mi ha delusa, come è
successo l’anno scorso con Leo
Hickman. I due autori hanno
entrambi ignorato il punto fon-
damentale, che è il limite delle
risorse, e non hanno accennato
alla possibilità di mettere in di-
scussione un’economia di mer-
cato liberista, post-colonialista
ed etnocentrica
Camilla De Piccolis
◆ Sabato sera, prima del docu-
mentario Invisibles, vi siete scu-
sati per gli inconvenienti e le
grandi ile. Non dovevate. Ri-
tengo che dovrebbero scusarsi
le molte persone che, pur di en-
trare a ogni costo, hanno saltato
allegramente la ila, lasciando
tantissime persone educate fuo-
ri dalla porta.
Umberto Coli
◆ Milana e l’economista tornano
la settimana prossima.
PER CONTATTARE LA REDAZIONE
Telefono 06 441 7301
Fax 06 4425 2718
Posta viale Regina Margherita 294,
00198 Roma
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Shot in Cape Town
Western Cape
South Africa
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Editoriali

“Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio,

di quante se ne sognano nella vostra ilosoia”
Vecchi metodi a Mosca
William Shakespeare, Amleto

Direttore Giovanni De Mauro

Vicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen, Le Monde, Francia
Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini
Comitato di direzione Giovanna Chioini (Asia
e Paciico), Stefania Mascetti (Internazionale.it),
Il 6 ottobre l’associazione russa per la difesa dei esporsi a pericoli mortali. Chi l’ha fatto ha paga-
Martina Recchiuti (Internazionale.it), diritti umani Memorial è stata condannata da un to con la propria vita: Anna Politkovskaja, la gior-
Pierfrancesco Romano (copy editor)
In redazione Liliana Cardile (Cina), Carlo tribunale di Mosca a pagare l’equivalente di nalista uccisa a Mosca il 7 ottobre 2006; Stani-
Ciurlo (viaggi), Camilla Desideri (America
Latina), Simon Dunaway (attualità), Mélissa
1.590 euro tra danni e interessi al leader ceceno slav Markelov, l’avvocato assassinato nella capi-
Jollivet (photo editor), Alessandro Lubello Ramzan Kadyrov, che l’aveva citata per difama- tale moscovita il 19 gennaio 2009; Natalja Este-
(economia), Maysa Moroni, Andrea Pipino
(Europa), Claudio Rossi Marcelli (Internazionale. zione. La cifra è inferiore ai 270mila euro che mirova, colpita da una pallottola alla testa su una
it), Francesca Sibani (Italieni), Piero Zardo Kadyrov, amante delle auto di lusso e dei com- strada del Caucaso il 15 luglio 2009.
(cultura), Giulia Zoli (Stati Uniti)
Impaginazione Pasquale Cavorsi, Valeria pleti Armani, aveva chiesto. Sono passati tre anni dall’assassinio di Anna
Quadri Segreteria Teresa Censini, Luisa
Cifolilli Correzione di bozze Sara Esposito
Il verdetto è anzitutto un avvertimento lan- Politkovskaja. Gli inquirenti hanno l’arma del
Traduzioni I traduttori sono indicati dalla sigla ciato ai difensori dei diritti umani e si riassume delitto, alcune intercettazioni e dei video, ma
alla ine degli articoli. Matteo Alviti, Sara Bani,
Gigi Cavallo, Olga D’Amato, Stefania De Franco, in due parole: “Meglio tacere!”. Il 15 luglio scorso non hanno rintracciato né il killer né il mandan-
Andrea De Ritis, Antonio Frate, Nazzareno
Mataldi, Maria Nadotti, Fabrizio Saulini,
il presidente di Memorial Oleg Orlov aveva ac- te. L’inchiesta sull’uccisione di Natalja Estemi-
Francesca Spinelli, Ivana Telebak, Bruna cusato Ramzan Kadyrov di essere “colpevole” rova sta prendendo la stessa piega. Un testimone
Tortorella, Stefano Valenti, Nicola Vincenzoni
Disegni Anna Keen. I ritratti dei columnist sono dell’omicidio di Natalja Estemirova, rappresen- chiave, Akhmed Gisaev, minacciato di morte, ha
di Scott Menchin Progetto graico Mark Porter tante dell’associazione a Grozny, in Cecenia. In recentemente lasciato la Russia.
Hanno collaborato Gian Paolo Accardo,
Isabella Aguilar, Luca Bacchini, Francesco quell’occasione l’uomo forte di Mosca in Cece- Gli assassini sono impuniti, i testimoni mi-
Boille, Annalisa Camilli, Alessia Cerantola,
Gabriele Crescente, Marzia De Giuli, Sergio
nia aveva respinto l’accusa: “Perché uccidere nacciati, ma a Ramzan Kadyrov è stato restituito
Fant, Andrea Ferrario, Anita Joshi, Alessio una donna a cui nessuno dava importanza? Non l’onore. Diicile imputare queste cose solo alle
Marchionna, Jamila Mascat, Giuliano Milani,
Lore Popper, Marta Russo, Diana Santini, Laura aveva né onore né dignità”. debolezze del sistema giudiziario russo. È un
Tonon, Pierre Vanrie, Guido Vitiello, Abdelkader
Zemouri
A Mosca come a Grozny, i colleghi di Natalja meccanismo ben rodato, dove l’omicidio e l’im-
Editore Internazionale srl Estemirova sapevano che era stata minacciata. punità sono incoraggiati. A Mosca il Cremlino
Consiglio di amministrazione Brunetto Tini
(presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot Qualche giorno prima della sua morte un funzio- riabilita senza clamore Stalin; a Grozny i metodi
(vicepresidente), Emanuele Bevilacqua nario dell’amministrazione locale l’aveva chia- della sua polizia politica tornano di moda. Vista
(amministratore delegato), Alessandro Spaventa
(amministratore delegato), Antonio Abete, mata per dirle che aveva i giorni contati. Natalja da Mosca, la Russia di Putin non sembra quella
Giovanni De Mauro, Giovanni Lo Storto
Sede legale via Prenestina 685, 00155 Roma
Estemirova queste cose le raccontava, oltre a del “piccolo padre dei popoli”, ma vista dal Cau-
Produzione e difusione Francisco Vilalta parlare delle torture e delle persone scomparse. caso somiglia al “grande terrore” degli anni tren-
Amministrazione Tommasa Palumbo,
Arianna Castelli Ma oggi in Russia denunciare l’orrore signiica ta. È il momento di rendersene conto. u adr
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Nazionale 14, Beverate di Brivio (Lc)
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La maledizione della Guinea
Copyright Le licenze Creative Commons
permettono agli autori di condividere il loro
lavoro nel modo che preferiscono. Noi crediamo
che sia una scelta intelligente. Per questioni di Jean-Claude Kongo, Le Pays, Burkina Faso
diritti non possiamo applicare questa licenza agli
articoli che compriamo dai giornali stranieri, ma
tutto il materiale scritto dalla redazione è
Il mondo intero è rimasto inorridito di fronte alla Intanto l’opposizione guineana si è limitata a
disponibile sotto la licenza Creative Common sanguinosa repressione contro i manifestanti chiedere una cosa sola: le dimissioni di Dadis
Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo
stesso modo 2.5. Signiica che può essere guineani allo stadio di Conakry, il 28 settembre Camara. A quanto pare il capo della giunta mili-
riprodotto a patto di citare Internazionale, di non scorso. Tutti l’hanno condannata, in nome del tare non ha alcuna intenzione di dimettersi, e
usarlo per ini commerciali e di condividerlo con
la stessa licenza. rispetto dei diritti umani. Il ministro degli esteri non ammette “alcuna responsabilità in questo
Per info: posta@internazionale.it
francese Bernard Kouchner, ritenendo molto massacro”. Anzi, parla di un “complotto” contro
forte il pericolo di conlitti intercomunitari in di lui. Ma un collettivo di cittadini si sta organiz-
Registrazione tribunale di Roma Guinea, ha detto che Parigi sta lavorando alla zando per difendere in tribunale le numerose
n. 433 del 4 ottobre 1993
Direttore responsabile Giovanni De Mauro
creazione di una forza di “intervento internazio- donne violentate dai militari.
Chiuso in redazione alle 20 di mercoledì nale” per risolvere la crisi. Questo dimostra Se Dadis Camara non vuole mollare, forse
7 ottobre 2009
quanto la Francia – ex madrepatria – sia scanda- l’opposizione dovrebbe tenerne conto e cercare
PER ABBONARSI lizzata dal massacro e come abbia voluto rispon- di sfruttare la situazione per ottenere qualche
Con la cartolina all’interno
del giornale o su internazionale.it dere ad alcuni osservatori che l’accusavano di concessione dal capo della giunta, grazie anche
PER INFORMAZIONI SUL PROPRIO
voler negoziare con il regime dell’uiciale golpi- alla sempre più forte pressione internazionale
ABBONAMENTO sta Moussa Dadis Camara. La Cedeao (la Comu- sul capitano-presidente.
Numero verde 800 156 595
Fax 030 319 8202
nità economica degli stati dell’Africa dell’est) ha In ogni caso, tutti aspettano di vedere cosa
nominato come mediatore il presidente del Bur- otterranno le pressioni della Francia e la media-
LO SHOP DI INTERNAZIONALE
Numero verde 800 321 717 kina Faso, Blaise Compaoré, che dovrà “aiutare zione della Cedeao per alleviare le piaghe di un
(lun-ven 9.00-18.00) a trovare il modo per allentare la tensione e rida- paese che sembra essere tormentato da una ter-
Online internazionale.it/shop
Fax 06 4555 2945 re slancio al processo di transizione”. ribile maledizione. u adr

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 13

Attualità
Verso la ine
del biglietto verde
Robert Fisk, The Independent, Gran Bretagna
C’è un piano segreto dei paesi
arabi produttori di petrolio per
sostituire il dollaro come mezzo
di pagamento del greggio.
L’inchiesta di Robert Fisk
I
paesi arabi del golfo Persico, insieme
a Cina, Russia, Giappone e Francia,
si stanno organizzando per mettere
ine al dominio del dollaro nelle com-
pravendite di petrolio. Sarebbe il cambia-
mento inanziario più profondo nella storia
recente del Medio Oriente. La moneta sta-
tunitense verrebbe sostituita da un paniere
di valute tra cui lo yen giapponese, lo yuan
cinese, l’euro, l’oro e una nuova valuta uni-
icata ideata per i paesi del Consiglio di co-
operazione del Golfo, che comprende Ara-
bia Saudita, Abu Dhabi, Kuwait e Qatar.
I ministri delle inanze e i governatori
delle banche centrali di Russia, Cina, Giap-
pone e Brasile si sono già incontrati in se-
greto per lavorare al progetto. Secondo
fonti legate agli ambienti bancari arabi e
cinesi di Hong Kong, questi piani potrebbe-
ro contribuire a spiegare l’improvviso au-
mento del prezzo dell’oro, e preannunciano
un esodo senza precedenti dai mercati del
Da sapere
Prezzo dell’oro a livelli record
Dollari per oncia 1044
1.000
950
900
850
800
750
700
650 693
3 ottobre 2008 6 ottobre 2009
Fonte: Frankfurter Allgemeine Zeitung
14 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
Oleodotto in Qatar
dollaro nei prossimi nove anni (il 2018 è la
data issata per l’abbandono del dollaro).
C’è da aspettarsi che gli Stati Uniti si daran-
no da fare per sbrogliare quest’intrigo in-
ternazionale, in cui sono coinvolti anche
alcuni alleati storici di Washington, come il
Giappone e l’Arabia Saudita.
LIN yIGUANG/(WPN/GRAZIA NeRI)
Sun Bigan, ex inviato speciale per il go-
verno cinese in Medio Oriente, ha recente-
mente sottolineato il rischio di un’esaspe-
razione dei contrasti tra Cina e Stati Uniti
nella regione su questioni come l’inluenza
politica e lo sfruttamento del petrolio. “Non
possiamo abbassare la guardia di fronte al-
le ostilità in Medio Oriente sugli interessi
energetici e sulla sicurezza”, ha detto Bi- di recente, ha spiegato: “Uno dei risultati
gan. della crisi potrebbe essere la consapevolez-
Le sue parole suonano come la previsio- za del fatto che i rapporti di forza in ambito
ne di una futura guerra economica tra Stati economico sono ormai cambiati”. Ma è sta-
Uniti e Cina per il petrolio mediorientale, ta soprattutto la crescita straordinaria della
con il pericolo di trasformare i conlitti nel- potenza finanziaria cinese, insieme alla
la regione in una lotta tra le grandi potenze rabbia dei produttori e consumatori di pe-
per la supremazia globale. trolio per l’interferenza americana nel si-
stema inanziario internazionale, a stimo-
Le mosse di Pechino lare i recenti colloqui con i paesi del Golfo.
Il declino della potenza economica ameri- Pechino importa il 60 per cento del pe-
cana legato all’attuale recessione globale è trolio che consuma. La maggior parte pro-
stato riconosciuto anche dal presidente viene dal Medio Oriente e dalla Russia. Ha
dalla Banca mondiale Robert Zoellick che, ottenuto inoltre delle concessioni di pro-
spezione petrolifera in Iraq e ha concluso
un accordo da otto miliardi di dollari con
l’Iran per lo sviluppo del processo di rai-
La caduta del dollaro nazione e delle risorse di gas. La Cina ha
euro per dollaro anche stretto accordi petroliferi in Sudan
0,80
0,80 (prendendo il posto degli interessi ameri-
cani) e sta negoziando concessioni con la
0,78
Libia. Bisogna poi considerare che il 10 per
0,76 cento dei prodotti importati dai paesi del
Medio Oriente proviene dalla Cina.
0,74
Fin dagli accordi di Bretton Woods del
0,72 1944 i partner commerciali degli Stati Uni-
0,70 ti hanno dovuto fare i conti con l’impatto
del controllo di Washington e con l’egemo-
0,68
nia del dollaro come valuta di riserva glo-
0,68
0 bale dominante. I cinesi credono che gli
3 ottobre 2008 6 ottobre 2009 americani abbiano convinto la Gran Breta-
gna a restare fuori dall’euro per impedire

un’eventuale fuga dal dollaro. Ma secondo
alcuni analisti cinesi il processo di allonta-
namento dal dollaro è inarrestabile: “Pri-
ma o poi i russi introdurranno il rublo nel
paniere di valute”, spiega un noto broker di
Hong Kong, “e i britannici saranno costret-
ti a entrare nell’euro perché non potranno
più usare il dollaro americano”.
I cinesi sono anche convinti che il presi-
dente Barack Obama sia troppo occupato a
rimettere in piedi l’economia nazionale per
concentrarsi sulle grandi implicazioni della
transizione dal dollaro ad altre valute nel
giro di nove anni. D’altronde gli economisti
e la stessa banca centrale cinese esprimono
da anni le loro preoccupazioni sul dollaro. Il
problema, però, è che gran parte della ric-
chezza nazionale della Cina è in dollari.
A ine settembre l’Iran ha annunciato
che d’ora in poi le sue riserve in valuta este-
ra saranno in euro e non più in dollari. I
banchieri ricordano di certo quello che è
successo all’ultimo produttore di petrolio
mediorientale che ha venduto il suo greg-
gio in euro invece che in dollari. Era Sad-
dam Hussein. Qualche mese dopo la sua
decisione, americani e britannici hanno
invaso l’Iraq. u sdf
L’AUTORE
Robert Fisk è un giornalista dell’Independent,
esperto di questioni mediorientali.
L’analisi
Anche l’oro vuole la sua parte
Heather Stewart, The Guardian, Gran Bretagna
Il dollaro è in crisi, ma ci vorrà
qualche decennio prima che
venga messo da parte come
valuta negli scambi mondiali
I
l 6 ottobre il prezzo dell’oro ha rag-
giunto la cifra record di 1.040 dol-
lari l’oncia, mentre le ipotesi sul
potere declinante del dollaro come ri-
serva valutaria mondiale stanno facen-
do convergere gli investitori sulle ma-
terie prime. Le voci di colloqui segreti
tra la Cina e i paesi del Medio Oriente
su un cambiamento della valuta di rife-
rimento per il prezzo del petrolio han-
no fatto scivolare di nuovo il dollaro sul
mercato dei cambi: nelle transazioni
petrolifere il biglietto verde potrebbe
essere sostituito da un paniere di valu-
te e oro. I prezzi delle materie prime,
dall’oro allo zucchero, sono in forte ri-
presa nelle ultime settimane. Gli inve-
stitori hanno cominciato a preoccupar-
si del risveglio dell’inlazione, rivol-
gendosi alle risorse naturali come un
“rifugio sicuro”.
Julian Jessop, del centro ricerche
Capital Economics, dice che il prezzo
dell’oro potrebbe crescere ancora di
più, ma prevede che sul lungo periodo
calerà. Jessop aggiunge che, malgrado
l’oferta di oro sia limitata, il rialzo del
prezzo potrebbe far arrivare sul merca-
to oro usato (come vecchi gioielli): “È
un lusso che si può innescare molto,
molto rapidamente”.
Dallo scoppio della crisi del credito
si discute sul ruolo del dollaro come
valuta di riserva mondiale, un elemen-
to che per decenni ha aiutato gli Stati
Uniti a indebitarsi a buon mercato con
il resto del mondo. All’inizio di ottobre
il presidente della Banca mondiale Ro-
bert Zoellick ha avvertito che Wa-
shington non deve dare per scontato lo
status del dollaro: la iducia nel bigliet-
to verde dipenderà da come l’America
gestirà il suo deicit e rilancerà l’econo-
mia senza scatenare un’ondata di in-
lazione.
Sono già stati compiuti dei passi per
allentare la morsa del dollaro: l’Iran ha
cominciato a vendere il petrolio in eu-
ro, la Cina ha lanciato la prima obbli-
gazione denominata in yuan aperta
agli investitori stranieri, le banche cen-
trali asiatiche stanno accumulando ri-
serve d’oro accanto ai titoli del tesoro
statunitense, che sono stati l’investi-
mento privilegiato degli ultimi dieci
anni.
Pechino, Mosca e altri governi dei
mercati emergenti si sono lamentati
nei vertici internazionali dell’eccessivo
peso economico di Washington. La Ci-
na e gli altri paesi in via di sviluppo che
nell’ultimo decennio hanno guadagna-
to molto esportando negli Stati Uniti
beni di consumo a prezzi scontati sono
arrabbiati per come il crollo delle ban-
che americane ha trasmesso la sua on-
da d’urto a tutta l’economia mondiale.
Secondo gli analisti, tuttavia, ci vor-
ranno molti anni prima che il dollaro
venga sostituito. “Per il declino della
sterlina ci sono voluti cinquant’anni, e
il declino del dollaro è iniziato proba-
bilmente quando Nixon ruppe il lega-
me con l’oro, perciò rimangono alme-
no vent’anni”, dice Gabriel Stein del
centro studi Lombard Street Research.
Stein aggiunge che la Cina e i paesi
produttori di petrolio del Medio Orien-
te possiedono ancora enormi riserve di
dollari, perciò risentirebbero negativa-
mente di un declino improvviso del va-
lore del biglietto verde.
Secondo altri analisti, il risultato
più probabile sarà una continuazione
della politica cinese di “diversiicazio-
ne passiva”: invece di svendere i beni
in dollari, cosa che potrebbe deprimere
il valore della valuta, la Cina usa il sur-
plus di contante per comprare altri be-
ni, tra cui oro ed euro. u nm
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 15
Europa
Il mistero della nave
scomparsa
Luke Harding, The Guardian, Gran Bretagna
Il sequestro e il ritrovamento del
mercantile Arctic Sea è stato il
giallo dell’estate. Per la polizia
russa si è trattato di un caso di
pirateria. Ma altri credono che la
storia sia molto più complicata
C
ominciata come una curiosità su
uno sconosciuto sito web, la sto-
ria si è trasformata in poco tem-
po nel mistero dell’estate. Cos’è
successo davvero all’Arctic Sea, il mercan-
tile apparentemente sequestrato dai pirati
non al largo delle coste selvagge della So-
reuters/contrasto
malia ma nelle miti acque europee del Bal-
tico?
A più di due mesi dal dirottamento della
nave, la risposta è chiara. Almeno secondo
gli investigatori russi, che a metà settembre
hanno annunciato la conclusione della loro
indagine: otto pirati armati si sono impa-
droniti dell’Arctic Sea la sera del 24 luglio, al
largo della Svezia. I pirati hanno detto al ca-
pitano di dirigersi verso l’Africa. Il cargo ha
poi passato la Manica ed è “scomparso” in-
torno al 30 luglio, scatenando una caccia
internazionale. Tre settimane dopo, il 17
agosto, una fregata navale russa ha inter-
cettato la nave a trecento miglia dalle isole
di Capo Verde. Gli uiciali russi hanno arre-
stato i pirati, degli estoni e lettoni di etnia
russa. Hanno anche liberato i 15 membri
russi dell’equipaggio. La diicile missione,
che ha visto all’opera navi e aerei militari è
stata, secondo il Cremlino, un trionfo na-
zionale. Ma la versione dei fatti fornita da
Mosca ha un problema: non sta in piedi.
Seduto nel suo uicio di Mosca, Kon-
stantin Baranovsky, avvocato di uno dei pi-
rati, racconta con calma la sua storia. Il suo
cliente è Dmitrij Bartenev, marinaio di 41
anni che è nato e vive a Tallinn. Il nonno era
un ammiraglio sovietico, il padre lavorava
per la lotta commerciale sovietica. Per boc-
ca del suo avvocato, Bartenev fornisce una
versione completamente diversa degli
eventi che circondano l’Arctic Sea. Non c’è
stato alcun dirottamento e lui e i suoi amici
non sono afatto dei pirati, ma degli inofen-
sivi “ecologisti” al servizio di una non me-
16 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
La nave mercantile Arctic Sea in una foto non datata
persi. Poi si è fatto buio. A un certo punto
FINLANDIA abbiamo visto davanti a noi due navi. Una
Jakobstad
era un grande traghetto, che andava decisa-
SVEZIA
28 luglio
mente troppo veloce. L’altra era l’Arctic Sea.
Pärnu
La nave contatta la Aveva uno scafo basso. Abbiamo cercato di
guardia costiera
24 luglio raggiungerla”. Secondo Bartenev, l’equi-
di Dover nel canale
I pirati
della Manica paggio dell’Arctic Sea ha soccorso i suoi set-
assaltano la
Arctic Sea te compagni mentre lui stava al timone del
Oceano
Atlantico gommone in avaria. Poi hanno tratto in sal-
Rotta programmata
vo anche lui e hanno issato a bordo il gom-
Béjaïa mone. “Gli uomini dell’equipaggio erano
molto cordiali. Quando hanno capito che
ALGERIA eravamo russi, ci hanno portato nella sala
17 agosto
Ritrovamento della
interna e hanno aperto una bottiglia di vod-
nave a 300 miglia dalle ka. L’Arctic Sea era piena di alcol”. Bartenev
isole di Capo Verde
racconta di aver chiesto al capitano di farli
sbarcare nel porto più vicino, ma la richiesta
glio precisata organizzazione. è stata negata senza nessuna spiegazione.
La ricostruzione fatta da Bartenev è Così, quando hanno capito che non poteva-
questa. Il 24 luglio lui e i suoi colleghi parto- no scendere, si sono rilassati.
no prima dell’alba dalla località di villeggia-
tura marina estone di Pärnu. Prendono il Love boat
largo nel grigio e increspato mar Baltico sul Nel loro rapporto, gli investigatori russi
loro gommone, per collaudare un’unità gps. hanno dipinto le tre settimane a bordo
Ma l’uscita si rivela un terribile errore. dell’Arctic Sea come un drammatico seque-
“All’improvviso ci ha colpito una grossa stro di ostaggi. In realtà, a detta di Bartenev,
onda”, ha raccontato Bartenev all’avvocato si è trattato piuttosto di una piacevole cro-
dal carcere. “L’acqua ha sommerso il nostro ciera: “C’erano una piscina e una palestra.
sistema di navigazione, che si è rotto. Il mo- Abbiamo preso molto sole. Dormivamo in
tore ha cominciato ad annaspare. Ci siamo una piccola cabina. Abbiamo anche fatto
amicizia con i macchinisti e con il cuoco”.
In particolare, Bartenev spiega di non avere
avuto la minima idea che la nave fosse or-
mai al centro di una ricerca internazionale.
Partito il 22 luglio dal porto inlandese di
Jakobstad con un carico di legname, il mer-
cantile avrebbe dovuto, secondo le autorità
di Mosca, raggiungere il porto di Béjaïa, in
Algeria, il 4 agosto.
L’ipotesi Mossad
L’avventura dell’Arctic Sea termina invece
la mattina del 17 agosto, quando viene rag-
giunta dalla fregata russa Ladny. Alle 11.41
il personale russo arresta Bartenev, portan-
dolo insieme agli altri pirati in un aeroporto
militare delle isole di Capo Verde. Qui lui e
i suoi colleghi vengono fatti salire su un ae-
Lo scenario più credibile è che
qualcuno dei servizi segreti o delle
forze di sicurezza russe abbia usato
la nave per il contrabbando d’armi
reo militare Ilyushin Il-76 che li porta a Mo-
sca, dove sono sbattuti in prigione e accusa-
ti di sequestro e pirateria. Anche undici dei
marinai dell’Arctic Sea vengono portati in
volo a Mosca per gli interrogatori. In segui-
to gli sarà vietato di parlare con la stampa. Il
capitano Sergei Zaretsky e altri tre membri
dell’equipaggio restano invece sulla nave.
Un mese dopo sono ancora sull’Arctic Sea,
che invece di tornare in Russia è tenuta lon-
tana da occhi indiscreti dalle parti delle iso-
le Canarie.
Baranovsky deinisce “ridicola” la rico-
struzione fatta dagli investigatori russi. E fa
una domanda ovvia: perché qualcuno do-
vrebbe dirottare una nave carica di legna-
me? Anche la storia di Bartenev è piena di
lacune. Tuttavia, la sua testimonianza apre
una falla nella versione uiciale degli even-
ti. Ed è avvalorata dal rapporto degli inve-
stigatori russi, secondo cui non c’erano ar-
mi a bordo dell’Arctic Sea.
Lo scenario più probabile è che Barte-
nev e gli altri pirati siano stati messi in mez-
zo. Ma da chi? Nell’ultimo mese sui giorna-
li russi e britannici sono circolate voci se-
condo cui l’Arctic Sea trasportava un carico
segreto di intercettori antiaerei S-300, de-
stinati a Teheran.
Israele si oppone all’acquisizione da par-
te dell’Iran di qualsiasi arma antiaerea che
possa contrastare un attacco militare israe-
liano contro gli impianti nucleari di Tehe-
ran. E i sospetti di un tentativo di coinvolgi-
mento da parte del governo di Tel Aviv sono
cresciuti a metà settembre, quando il primo
ministro israeliano Benjamin Netanyahu
ha fatto una visita lampo segreta a Mosca.
Un successivo articolo del Sunday Times,
che citava fonti dei servizi segreti israeliani,
ha poi suggerito che il Mossad avrebbe usa-
to Bartenev e i suoi amici per dirottare la
nave, forzare la mano al governo russo e im-
pedire che gli S-300 raggiungessero l’Iran.
Ma anche questa versione degli eventi, per
quanto interessante, è inverosimile. Secon-
do vari esperti di difesa, un grande e com-
plesso sistema antiaereo come l’S-300 non
potrebbe viaggiare su un vecchio mercanti-
le.
Aleksej Bartenev, fratello di Dmitrij, ha
fornito un’altra versione per spiegare chi ha
“incastrato” gli otto dell’Arctic Sea. Aleksej
dice che un misterioso uomo d’afari di no-
me Vladimir ha reclutato Bartenev e i suoi
sette amici a metà luglio. “Mio fratello era
senza lavoro da sei mesi. All’improvviso ar-
riva Vladimir e gli ofre un impiego. La paga
è buona, più di mille euro al mese. Ma senza
nessun contratto scritto”. Secondo Aleksej,
suo fratello è andato a Pärnu il 16 luglio. Lui
e un gruppo di amici che conosce dai tempi
della scuola di marina sono andati a fare
delle esercitazioni. Si sono accampati sulla
spiaggia. “Vladimir” gli ha dato anche un
gommone con un motore fuoribordo. Il la-
voro consisteva nello sfrecciare per il mar
Baltico, ilmando le petroliere mentre sca-
ricavano i riiuti in mare. Un compito in ef-
fetti molto ambientalista.
Vietato fare domande
Ma ci sono altri elementi che contribuisco-
no ad alimentare il giallo. Secondo i docu-
menti dell’accusa visionati da Baranovsky,
un altro gruppo di misteriosi visitatori è sa-
lito sull’Arctic Sea il 22 luglio. Due giorni
prima che Bartenev, secondo la sua versio-
ne, rompesse il gommone. Il gruppo era
formato da 22-24 uomini arrivati con un
motoscafo e rimasti a bordo del mercantile
per dodici ore. Non è chiaro chi fossero e
perché si trovassero lì. Sulla base di quanto
ha letto, Baranovsky dice: “Sembravano
uomini delle forze speciali russe”. Questa
rivelazione avvalora lo scenario inora più
convincente: qualcuno dei servizi segreti o
delle forze di sicurezza russe ha usato l’Arc-
tic Sea per fare contrabbando d’armi. La
nave aveva passato diverse settimane a Ka-
liningrad, la libera enclave russa sul mar
Baltico, il posto perfetto per nascondere un
carico segreto (e per rifornirsi di vodka a
buon mercato). Ma la natura del carico non
è chiara: alcuni hanno ipotizzato dei razzi,
altri bombe intelligenti. Di certo le agenzie
di spionaggio russe hanno una rete consoli-
data di contatti idati in Medio Oriente, che
risalgono ai tempi in cui l’Unione Sovietica
sponsorizzava in segreto gran parte del
mondo arabo con armi e munizioni. Oggi
queste stesse agenzie si occupano sia d’af-
fari sia d’intelligence. Le fazioni rivali del
Cremlino sono da tempo alle prese con una
battaglia mortale non solo per il potere, ma
anche per il controllo di lussi di denaro di
miliardi di dollari.
Se l’Arctic Sea trasportava un carico ille-
gale per un commercio d’armi, sembra che
qualcuno nel governo abbia deciso di occul-
tarlo. Le rivelazioni di un coinvolgimento
della Russia in traici segreti di armi sareb-
bero estremamente imbarazzanti. Un into
sequestro poteva essere la soluzione perfet-
ta. All’inizio di settembre il giornalista che
per primo ha raccontato la strana sparizione
dell’Arctic Sea è scappato dalla Russia, do-
po aver ricevuto una telefonata notturna di
minaccia. Mikhail Voitenko, redattore del
bollettino marittimo online Sovfracht, ha
detto di aver ricevuto un avvertimento: sta-
va “pestando i piedi di gente molto impor-
tante”. Voitenko ha detto di non conoscere
l’identità della persona al telefono, ma ha
lasciato intendere che poteva essere qual-
cuno dell’Fsb, i servizi segreti russi.
Nel frattempo Bartenev si trova nel car-
cere moscovita di Lefortovo, il più famoso
della Russia. La prigione è sotto il controllo
dell’Fsb, e lì iniscono solo le persone im-
portanti o coinvolte in casi politicamente
delicati. Il 21 settembre Baranovsky ha pre-
sentato istanza a un tribunale per ottenere
la liberazione su cauzione di Bartenev, so-
stenendo che la Russia non aveva giurisdi-
zione quando l’hanno prelevato in acque
internazionali da una nave battente bandie-
ra maltese. Com’era prevedibile, il giudice
ha respinto la richiesta. A meno di un mira-
colo, i “pirati” sono destinati a rimanere in
carcere per un bel po’. All’equipaggio
dell’Arctic Sea è stato detto di tenere la boc-
ca chiusa. E i giornalisti russi che cercavano
di parlare con i familiari dei marinai hanno
incontrato un muro di timoroso silenzio.
Questa non è la prima volta che delle
persone sono state sacriicate agli oscuri
interessi dello stato russo. Né sarà probabil-
mente l’ultima. u nm
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 17
Europa

Atene si aida ai socialisti

per uscire dalla crisi
K. P. Papadiochou, Kathimerini, Grecia
Il 4 ottobre i greci hanno Da sapere

YIOrGOS KArAhALIS (rEUtErS/CONtrAStO)

mandato a casa il governo u Il 4 ottobre in Grecia si è votato per il
conservatore votando per il rinnovo del Vouli, il parlamento
Partito socialista. Un risultato monocamerale. Il Partito socialista (Pasok)
ha ottenuto la maggioranza assoluta dei
in controtendenza rispetto seggi. Il 6 ottobre il suo leader, Giorgos
al resto d’Europa Papandreou, ha presentato il nuovo governo,
in cui ricopre, oltre al ruolo di premier, anche
quello di ministro degli esteri. Nell’esecutivo

L
e elezioni del 4 ottobre, con la sono presenti quattro nuovi ministeri, tra cui
netta vittoria dei socialisti del Pa- uno con deleghe sull’ambiente, l’energia e i
sok e l’affermazione personale cambiamenti climatici.
Seggi Percentuale
del loro leader Giorgos Papan-
dreou, segnano un punto di svolta nella po- Pasok 160 43,9
litica greca. Oltre a determinare il cambio
di governo, la sconitta del premier uscente Nd 91 33,4
Kostas Karamanlis, e le sue dimissioni dalla Kke 21 7,5
guida di Nuova democrazia (Nd), avviano
infatti il rinnovamento del partito che ha Laos 15 5,6
governato negli ultimi cinque anni.
All’inizio della campagna elettorale il
Syriza 13 4,6
vantaggio del Pasok era netto, ma l’entità Verdi – 2,5
del distacco inale ha sorpreso perino i di- Giorgos Papandreou
rigenti socialisti. Grazie ai 160 seggi con-
quistati in parlamento, su un totale di 300, per ora Nuova democrazia è tutta presa dai so straordinario del partito si terrà entro un
Papandreou si è garantito l’aftodinamìa, problemi interni, tra cui la nomina del nuo- mese. Anche se inora nessuno dei dirigenti
cioè la possibilità di formare un governo vo leader. Subito dopo l’annuncio dei risul- è venuto allo scoperto, è probabile che la
monocolore. Anche le altre previsioni sono tati e le congratulazioni a Papandreou, Ka- lotta per la successione a Karamanlis si
state confermate: con 21 seggi e il 7,5 per ramanlis ha informato i vertici di Nd che la svolgerà tra Dora Bakojannis, già sindaca di
cento dei voti i comunisti del Kke sono la sua decisione di dimettersi era irrevocabile: Atene e ministra della cultura, Dimitris
terza forza del paese, seguiti dai populisti di “Il mio potere derivava dal rapporto di idu- Avramopoulos, ministro della salute uscen-
Laos (15 seggi, 5,6 per cento) e dalla sinistra cia con i cittadini. Ora che questa è venuta te, e Antonis Samaras, titolare della cultura
radicale di Syriza, che ha superato agevol- meno posso solo farmi da parte”. Il congres- negli ultimi nove mesi. u anf
mente lo sbarramento del 3 per cento ed è
riuscita a portare in parlamento 13 deputati.
Sono rimasti fuori, invece, i Verdi, la cui
L’opinione
sconitta ha inito per favorire il Pasok.
Le prime dichiarazioni di Papandreou
Il compito di Papandreou
sono state all’insegna dell’unità nazionale:
il premier ha invitato “tutti i greci a unirsi
Giorgos Papachristos, Ta Nea, Grecia
per risollevare la nazione”. Il compito che il
leader socialista ha di fronte, però, non sarà Il mandato che i greci han- un forte sostegno persona- lis, il peggiore che il paese
facile: dare vita a un governo stabile e risol- no dato a Giorgos Papan- le il compito non è impos- ha avuto da decenni a que-
vere alcuni contrasti con la Commissione dreou esprime una richie- sibile. I greci hanno iducia sta parte, come un model-
europea, che rimprovera ad Atene un debi- sta sola: tirare fuori il pae- e sono disposti a concede- lo da evitare a ogni costo.
to pubblico troppo elevato. L’ampiezza del- se dal pantano in cui l’ha re a Papandreou tutto il Oggi i cittadini si aspetta-
la vittoria dovrebbe comunque consentire a fatto precipitare il non go- tempo necessario. Il futuro no che il leader socialista
Papandreou di non inire imbrigliato nella verno di Nuova democra- premier, però, dovrà evita- introduca in politica una
lotta tra fazioni tipica della politica greca, zia. riuscirci sarà la gran- re di ripetere gli errori del nuova dimensione etica.
dandogli la possibilità di prendere anche de vittoria della sua carrie- suo predecessore. Non sa- Giorgos Papandreou ha
decisioni impopolari. A facilitare il compito ra politica. Con una solida rà diicile: basterà prende- l’obbligo di non deludere
del leader socialista, inoltre, c’è il fatto che maggioranza alle spalle e re il governo di Karaman- le loro speranze. u anf

18 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009


polonia
l’addio
a Edelman
“La vita è la cosa
più importante.
La seconda è la
libertà. Ma
quando qualcu-
no dà la vita per
la libertà, è diicile dire cosa sia
più importante”. Questa citazio-
ne di Marek Edelman, il coman-
dante dell’insurrezione del
ghetto di Varsavia contro gli oc-
cupanti nazisti, morto il 2 otto-
bre a 87 anni, “rilette la sua ilo-
soia di vita: era un uomo inles-
sibile, profondamente onesto e
irremovibile nei suoi princìpi”,
scrive il quotidiano polacco
Gazeta Wyborcza. Durante la
rivolta del 1943, Edelman “gui-
dò una lotta disperata: non per
la vita, perché pochi sopravvis-
sero, ma per una morte degna”.
Dopo la guerra continuò la sua
battaglia per la libertà: nel 1976
entrò nel sindacato Solidarnosc
e fu arrestato nel 1981, quando
venne proclamata la legge mar-
ziale. Gazeta Wyborcza ricorda
naZioni UnitE
Unione europea Indice di sviluppo umano
Dublino dice sì a lisbona 1.
2.
Norvegia
Australia
0,971
0,970
3. Islanda 0,969
4. Canada 0,966
Il referendum in Irlanda Il 2 ottobre gli irlandesi 5. Irlanda 0,965
hanno approvato con il 67 18. Italia 0,951
per cento dei voti il trattato Fonte: Undp
SÌ di Lisbona, che riforma le
67% istituzioni europee e il loro La Norvegia è ancora in testa al-
NO la classiica annuale dell’Indice
funzionamento. Nella
33% di sviluppo umano del Program-
precedente consultazione,
ma delle Nazioni Unite per lo
il 12 giugno 2008, il sviluppo (Undp), resa nota il 5
documento era stato respinto con il 53 per cento di no. Il ottobre. L’indice si basa
risultato del voto, scrive The Irish Times, ha fatto tirare sull’aspettativa di vita alla na-
un sospiro di sollievo ai paesi che hanno già approvato il scita, sul tasso di alfabetizzazio-
trattato e ai vertici dell’Ue, che in caso di vittoria del no ne della popolazione e sul pro-
non avevano un piano alternativo. Anche se mancano dotto interno lordo per abitante
ancora le ratiiche formali di Germania, Polonia e a parità di potere d’acquisto. I
Repubblica Ceca, “il trattato è da considerarsi di fatto dati risalgono però al 2007, pri-
ma dell’inizio della crisi econo-
adottato”, osserva il quotidiano di Praga Hospodarske
mica.
Noviny: Berlino deve solo modiicare alcuni dettagli,
mentre il presidente ceco, l’euroscettico Vaclav Klaus,
dovrebbe irmare nelle prossime settimane. “Klaus sa in bREvE
che non può bloccare il trattato. Potrà esitare per un po’, Russia Il 3 ottobre l’agenzia
ma inirà per irmarlo”. La posizione del leader ceco – che governativa Rostekhnadzor ha
presentato i risultati dell’in-
grazie al suo euroscetticismo in questi giorni si è
chiesta sull’incidente avvenuto
conquistato le prime il 17 agosto nella centrale idro-
AIDAN CRAWLEy (EPA/CORBIS)

anche che nel 1968 Edelman
aveva riiutato la possibilità di
lasciare il paese, perché si consi-
derava “il custode delle tombe
degli ebrei morti in Polonia”.
Romania
i socialisti fuori
dal governo
A poco più di un mese dalle ele-
zioni presidenziali del 22 no-
vembre, il governo romeno è in
crisi. Il Partito socialdemocrati-
co ha abbandonato la coalizione
con i liberaldemocratici dopo
che il premier Emil Boc aveva li-
cenziato il ministro dell’interno
Dan Nica, colpevole di aver par-
pagine di tutti i giornali – elettrica Sajano Ciucenskaja,
era già nota: “Il trattato in Siberia, in cui sono morte 75
non mi piace, ma sono persone. Secondo il rapporto,
consapevole di non poterlo l’esplosione è stata causata
fermare”, aveva detto dall’uso di materiali scadenti e
da errori umani. L’ex capo del
nel 2007. u
monopolista pubblico
dell’energia elettrica Rao Ues,
lotta tra le diverse fazioni della roki Brijeg e quella musulmana Anatolij Ciubajs (nella foto con
polizia e dei servizi segreti. E del Sarajevo. Un ragazzo è mor- il presidente russo Dmitrij Med-
purtroppo chi controlla i servizi to e più di venti sono rimasti fe- vedev), ha ammesso le sue re-
segreti controlla anche il gover- riti. Secondo il quotidiano sponsabilità.
no. Il risultato è che le prossime Oslobodjenje, le violenze sono
elezioni saranno solo un altro un preoccupante campanello
capitolo di questa guerra inini- d’allarme: “Quello che è succes-
ta. Oggi in Romania assistiamo so a Siroki Brijeg, dove la pre-
a un brutto spettacolo, e non senza della polizia era insui-
sappiamo da chi siano mano- ciente, ricorda da vicino gli
vrati gli attori”. scontri del 1991, poco prima
dello scoppio delle guerre jugo-
slave”. I timori di una ripresa dei
AP/LAPRESSE

bosnia ERZEgovina conlitti etnici sono confermati

lato di possibili brogli alle pros-
sime presidenziali. All’allonta-
namento di Nica sono seguite le
dimissioni degli altri nove mini-
stri socialdemocratici in carica.
Il liberaldemocratico Boc, quin-
di, si ritrova a guidare un esecu-
tivo di minoranza. “Nel paese”,
scrive il quotidiano Eveni-
mentul Zilei, “è in corso una
se tornano anche da un altro particolare: le
violenze sono avvenute proprio
i conlitti etnici alla vigilia del summit di Butmir
del 9 ottobre, in cui i leader del-
La Bosnia è rimasta sconvolta le tre comunità (musulmana,
dai violenti scontri che sono croata e serba) discuteranno
scoppiati il 4 ottobre prima con i rappresentanti di Unione
dell’incontro di calcio tra la europea e Stati Uniti del futuro
squadra croato-bosniaca del Si- della Bosnia.
Gran Bretagna Il 5 ottobre è
cominciato a Manchester il
congresso del Partito conser-
vatore. Il suo leader David Ca-
meron, 42 anni, è considerato il
grande favorito alle elezioni le-
gislative del 2010.

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 19

Africa e Medio Oriente

I ribelli del Delta del Niger

irmano l’amnistia
The Daily Champion, Nigeria
Il 4 ottobre i gruppi armati più Port Harcourt, 3 ottobre 2009
attivi nella regione hanno
deciso di accettare la proposta
del presidente nigeriano Umaru
Yar’Adua. Ma per alcuni è stata
una scelta soferta

100 km
Abuja
Nig
er
BENIN
Oshogbo
Ibadan
N IG ER IA

Lagos Enugu

Onitsha
PIUS UTOMI EKPEI (AFP)

Golfo di Guinea
r
ige

N Port
Delta

Harcourt
lN
de

ige
r Oceano Atlantico

I
l 4 ottobre Government Ekpemupo- rivendicazioni dei gruppi armati”. Il discorso del ministro si è concluso con
lo, alias Tompolo, è scoppiato in la- Il ministro della difesa Godwin Abbe una nota di ottimismo: “È venuto il mo-
crime mentre consegnava le armi che era presente alla cerimonia di Oporoza mento della pace nel Delta del Niger. Que-
alle istituzioni del governo nigeria- ha sottolineato il valore simbolico dell’ac- sto giorno segna l’inizio di una nuova era di
no. Tompolo, leader della Federazione del- cettazione dell’amnistia da parte dei ribelli. sviluppo: il petrolio non sarà più una fonte
le comunità ijaw del Delta del Niger (Fn- “La consegna delle armi è un grande atto di di soferenza per gli abitanti della regione,
dic), è uno dei guerriglieri più noti della re- patriottismo da parte dai combattenti e dei sarà una fonte di felicità”. Ma la premessa a
gione. Quando è atterrato a Osubi, dopo loro seguaci”. Abbe ha invitato anche le po- queste parole conteneva un ammonimento
aver incontrato ad Abuja il 3 ottobre il presi- polazioni indigene del Delta del Niger a a chi non ha ancora consegnato le armi alla
dente Umaru Musa Yar’Adua e aver irmato imboccare la strada del dialogo e ha pro- commissione per l’amnistia. “I ribelli osti-
l’accordo di amnistia, è stato accolto come messo che il governo cercherà delle rispo- nati farebbero meglio a fare subito marcia
un eroe. A Oporoza, dove ha uicialmente ste adeguate alle cause che hanno scatena- indietro”, ha detto Abbe, “perché il tempo
consegnato le armi, Tompolo si è rivolto in to la crisi nella regione. non è più dalla loro parte”. u nm
ijaw alle migliaia di persone venute ad assi-
stere all’evento: ha pianto e ha detto di con-
segnare le armi contro la sua volontà. Allo L’opinione
stesso tempo ha consigliato ai suoi sosteni- u Non tutti i ribelli del Delta denunciato il presidente unilaterale di Yar’Adua. I
tori di smettere di farsi giustizia da soli e di del Niger hanno accettato nigeriano Umaru Musa ribelli sostengono di non
aspettare le prossime mosse del governo. l’amnistia. Alcuni membri Yar’Adua in tribunale aver commesso nessun
Godspower Sylva, uno dei combattenti del- del Fronte per la salvezza contestano la validità crimine e di non aver mai
la Fndic, ha detto che la giornata ha segnato dei popoli del Delta del dell’operazione richiesto l’amnistia. Per
“un punto di svolta” nella strategia dei ri- Niger e della Forza dei appellandosi agli articoli 36 questo hanno dichiarato che
belli, ma ha aggiunto che il governo do- volontari del Delta del Niger e 175 della costituzione continueranno a lottare per
guidati da Mujahid Dokubo federale nigeriana del 1999: l’autodeterminazione del
vrebbe accelerare lo sviluppo nel Delta.
Asari hanno deciso di l’amnistia dovrebbe essere loro popolo, un diritto
Secondo Sylva il risultato principale
rivolgersi alla corte federale richiesta dai ribelli e garantito anche dalla
raggiunto con questa amnistia, sottoscritta di Abuja per chiedere dovrebbe indicare con Dichiarazione delle Nazioni
dalla leadership del Movimento per l’eman- l’annullamento di precisione a quali crimini si Unite sui diritti dei popoli
cipazione del Delta del Niger e dagli altri un’amnistia che considerano applica. Queste due indigeni. Davidson
maggiori gruppi ribelli, è che “il governo ha nulla e incostituzionale. I condizioni non sono state Iriekpen, This Day,
inalmente riconosciuto la legittimità delle 232 guerriglieri che hanno rispettate dal gesto Nigeria

20 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009

AFRICA
Il colore
della bellezza
Dalla sua rubrica
su New African,
la giornalista gha-
nese Akua Djanie
lancia un’invetti-
va contro i capelli
stirati delle donne africane. È
solo uno spunto per rilettere
sull’evoluzione dei canoni este-
tici delle donne di colore, condi-
zionate dall’immaginario occi-
dentale. “Negli anni sessanta,
in America le donne nere riiu-
tavano questi stereotipi”, nota
Djanie. “Oggi invece li subisco-
no, basta guardare Nollywood,
l’industria del cinema nigeria-
no”. La soluzione? Smettere di
sbiancarsi la pelle e di voler so-
migliare alle donne bianche.
Perché la rivoluzione razziale
passa anche per le regole della
bellezza.
SUDAFRICA
Selebi
alla sbarra
È cominciato a Johannesburg il
processo a Jackie Selebi, ex capo
della polizia sudafricana ed ex
presidente dell’Interpol. Nella
prima udienza Selebi ha negato
di aver ricevuto 1,2 milioni di
rand (circa centomila euro) da
un suo amico trafficante di dro-
ga, Glenn Agliotti, in cambio
della chiusura delle indagini su
un omicidio di cui era accusato.
Secondo il Mail & Guardian,
queste vicende gettano delle
ombre sulla stabilità del sistema
giudiziario sudafricano, impe-
gnato nella lotta alla criminalità.
Criminalità
(casi ogni 100.000 abitanti)
700
Aggressioni
600
500
400
Rapine
300
200
Stupri
100
0
Omicidi
1994 ’98 ’00 ’04
Fonte: polizia sudafricana
Iran IRAQ
Preparativi
Test nucleari e di dialogo elettorali
Il primo ministro iracheno Nuri
Il nucleare iraniano fa al Maliki ha annunciato la na-
scita di una coalizione multi-
CAREN FIROUZ (REUTERS/CONTRASTO)
discutere anche il mondo
confessionale in vista delle
arabo. Secondo la prossime elezioni di gennaio
giornalista di Al Hayat 2010. La nuova alleanza riuni-
Raghida Dergham, la sce quaranta gruppi politici e
posizione assunta dalla comprende sunniti, sciiti, curdi
diplomazia dei paesi arabi e cristiani. “Secondo Al Maliki è
nei confronti dell’Iran e una svolta epocale”, scrive
Aswat al Iraq. Le formazioni
degli Stati Uniti può
politiche autorizzate dalla com-
essere riassunta con questa formula: “Raggiungete un missione elettorale a partecipa-
accordo, ma non a nostre spese”. Dopo l’incontro del 1 re al voto sono 296.
ottobre a Ginevra sul programma nucleare iraniano, la
comunità internazionale ha tirato un sospiro di sollievo
IN BREVE
visto che Teheran ha dichiarato la sua disponibilità a
Madagascar Il 6 ottobre è stato
consentire le ispezioni dell’Aiea nell’impianto di
raggiunto un accordo sulla
arricchimento dell’uranio di Qom. Il timore del mondo transizione politica nel paese.
arabo è legato solo al rischio di un inasprimento delle Andry Rajoelina è stato
relazioni tra Iran e occidente, che inevitabilmente confermato presidente ed
coinvolgerebbe anche i paesi del Golfo. Gli Emirati Eugène Mangalaza sarà primo
Arabi, per esempio, hanno molti interessi in Iran e ministro.
sarebbero costretti a riconsiderare i loro investimenti Ruanda Il 5 ottobre è stato
arrestato a Kampala Idelphonse
nel paese se fossero approvate nuove sanzioni. Perciò
Nizeyimana, considerato uno
secondo Al Hayat il compito dei paesi arabi è quello di dei pianiicatori del genocidio
“aiutare l’Iran a essere ragionevole”. Nella foto: il del 1994 in Ruanda. È stato
direttore dell’Aiea Mohamed el Baradei e il capo del consegnato al Tribunale penale
programma nucleare iraniano Ali Akbar Salehi. ◆ internazionale per il Ruanda.
Da Ramallah Amira Hass
Una brutta sorpresa
La notizia è apparsa sul sito di membri avrebbero votato. Si nari palestinesi hanno detto
Ha’aretz alle 19.23 del 1 otto- sapeva che 33 erano favorevoli che gli altri stati membri ave-
bre. Diceva che i palestinesi (per lo più stati arabi e musul- vano chiesto di rimandare il
avevano deciso di ritirare la ri- mani). Gli Stati Uniti e l’Unio- voto. Ma loro negano questa
chiesta alle Nazioni Unite di ne europea erano contro, Cina versione e dicono che c’è stata
sottoscrivere il rapporto Gold- e Russia erano incerte. Invece un’esplicita richiesta palesti-
stone sui crimini di Gaza. Si è la richiesta non c’è stata. Ho nese. Il comitato esecutivo
scatenato uno tsunami. I più saputo che il console statuni- dell’Olp giura di non saperne
sorpresi sono gli attivisti che tense a Gerusalemme ha in- niente. Lo stesso fanno il pre-
negli ultimi nove mesi hanno contrato il presidente dell’Or- mier Salam Fayyad e i suoi mi-
aiutato la commissione a rac- ganizzazione per la liberazio- nistri. Hamas, invece, si è reso
cogliere le testimonianze per ne della Palestina (Olp) Mah- conto che questa vicenda è un
scrivere i rapporti sull’ofensi- moud Abbas, a Ramallah. Poi regalo politico ricevuto dai
va israeliana dell’inverno scor- c’è stata una telefonata dall’uf- suoi rivali: Al Fatah, l’Olp e
so. Fino a una settimana fa icio di Abbas al rappresentan- l’Autorità palestinese (insieme
eravamo sicuri: un osservatore te palestinese a Ginevra, Ibra- a Israele e agli Stati Uniti) han-
palestinese avrebbe presenta- him Khraishi. no seppellito un rapporto che
’06 ’08
to la richiesta al consiglio Rendendosi conto dell’am- mette in discussione l’impuni-
dell’Onu e il giorno dopo i 43 piezza dello scandalo, i funzio- tà israeliana. ◆ nm
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 21
Americhe

I piloti americani
non decollano più
Mark Thompson, Time, Stati Uniti
L’aviazione militare
statunitense ha dato il via a un
programma di addestramento
per piloti di droni. Voleranno
sui campi di battaglia con i
piedi piantati per terra

teve Petrizzo è cresciuto vicino a

S una base dell’air force in Florida.

Da bambino, quando sentiva i jet
che passavano sibilando sopra la
sua testa allungava il collo per guardarli
meglio. “Vedevo gli F-16 che arrivavano in
formazioni da quattro e pensavo che erano
la cosa più iga del mondo”, ricorda. “Ho
sempre voluto volare”. Arrivato alle supe-
DOD/CORBIS

riori, però, Petrizzo pensava che la sua vista

debole non gli avrebbe mai permesso di
farlo. Oggi le nuove tecnologie, insieme al-
le nuove politiche, hanno riscattato il suo
sogno di bambino. Questo ragazzo di 28 an-
ni combatterà Al Qaeda e i taliban dal cielo:
sarà uno dei primi a pilotare a terra i droni
Predator senza aver mai fatto addestra-
mento in una cabina di pilotaggio.
La novità riflette un cambiamento di
mentalità dell’aviazione statunitense. In-
vece di sprecare tempo a lucidare i suoi F-22
in attesa di una guerra, l’air force si attrezza
per i conflitti del momento. Fino a poco
tempo fa il comando dell’aviazione militare
esigeva che gli uomini e le donne che face-
vano “volare” i suoi droni MQ-1 Predator
fossero piloti a tutti gli efetti, anche se te-
nevano i piedi piantati a terra nel Nevada.
Ma il generale Norton Schwartz, nominato
capo di stato maggiore dell’aeronautica mi-
litare dal segretario alla difesa Robert Ga-
tes nel 2008, ha pensato che assegnare ai
droni dei piloti così qualiicati avesse poco
senso. L’addestramento di un pilota dura
ino a diciotto mesi e costa un milione di
dollari.
Il 25 settembre 2009 alla Creech air for-
ce base, vicino a Las Vegas, si è diplomata la
prima classe di otto piloti addestrati esclu-
sivamente alla guida dei droni.
Schwartz li ha salutati come dei pionie-
ri. “Quando la nave a vapore, il carro arma-
to e l’aereo diventarono strumenti militari
Un drone MQ-1 Predator nei cieli del Nevada
crearono un grande scompiglio nelle istitu-
zioni”, ha detto rispondendo alle accuse di
“fanatismo” che sono state rivolte ai soste-
nitori delle nuove tecnologie. Chi pilota i
droni dalle console elettroniche a terra, ha
spiegato Schwartz, “ha incontrato lo stesso
tipo di resistenza, anche nell’aviazione mi-
litare”.
Non è un videogioco
Ma nei campi di battaglia i Predator sono
sempre più richiesti. I loro occhi riescono a
compiere ricognizioni che i normali aerei
con equipaggio non possono assicurare. Ci
sono voluti dodici anni, dal 1995 al 2007,
perché la lotta di Predator raggiungesse le
250mila ore di volo, ma negli ultimi venti
mesi le ore sono raddoppiate. Oggi i
Predator dell’air force coprono 37 “orbite”
su Afghanistan e Iraq per ventiquattr’ore al
giorno. Questo richiede un organico di
circa 150 persone, almeno dieci coppie di
piloti e operatori dei sensori, e quattro
Predator. Anche se la missione più
importante è fornire alle truppe di terra
video in tempo reale per ore e ore,
l’equipaggio di un Predator può anche
sparare dei missili, se identiica un obiettivo
importante.
Petrizzo ha trascorso i primi sei anni
della sua carriera nell’aviazione militare
occupandosi di missili balistici interconti-
nentali. Ma a ine settembre ha lasciato la
sua base nel Montana per il nuovo incarico
permanente di pilota di Predator a Creech.
Secondo Petrizzo molte persone hanno
un’idea sbagliata del suo lavoro. “Quando
dicono che è un videogioco, che è come
smanettare con una console Xbox, mi of-
fendo. Bisogna avere un senso dell’aria e
saper prendere le decisioni”. Anche se non
ha mai dovuto sparare un missile in una si-
tuazione di stress, Petrizzo sa che probabil-
mente la situazione cambierà. “Aiuterò gli
uomini e le donne che rischiano la vita sul
campo. Dovrò fargli vedere chi si nasconde
dietro l’angolo”.
L’air force sostiene che il programma di
addestramento per i Predator è sperimen-
tale e potrebbe essere abbandonato. Ma
non c’è da scommetterci. Schwartz ha detto
ai nuovi piloti che la richiesta delle loro qua-
liiche professionali è “insaziabile”. Non
solo: il comando ha commissionato un nuo-
vo distintivo che Petrizzo e gli altri piloti di
droni indosseranno sull’uniforme. Sullo
scudo centrale c’è un fulmine, che simbo-
leggia il comando a distanza dei Predator,
ma le ali sono identiche a quelle che indos-
sano gli altri piloti dell’air force. u nm

22 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009

STATI UNITI MESSICO
Brasile
L’Afghanistan Giornali
di Obama Poco da festeggiare sotto attacco
Barack Obama Il presidente messicano Felipe
deve prendere Calderón ha deciso di
una decisione che sospendere da ottobre la
deinirà la sua Rio de Janeiro ospiterà le
pubblicità istituzionale sui
presidenza: Olimpiadi del 2016.
giornali nazionali. Secondo il
mandare altri
VANDERLEI ALMEIDA (AFP)
Nonostante la criminalità, le settimanale messicano
soldati in Afghanistan, come ha favelas, la povertà, la Proceso, questo
chiesto il generale Stanley precarietà delle infrastrutture, provvedimento, che il governo
McChrystal, o inaugurare un la carenza di impianti sportivi, sta cercando di tenere segreto,
nuovo corso. Mentre dal New ha l’obiettivo di tagliare i fondi
la corruzione della classe
York Times trapela la notizia pubblici alla stampa, già in
che per ora le truppe non politica e l’inquinamento della
diicoltà a causa della crisi
saranno ridotte, due riviste baia di Guanabara. “È il giorno più emozionante della
economica. La decisione arriva
statunitensi dedicano la mia vita. Se morissi adesso, sarebbe comunque valsa la dopo la pubblicazione di un
copertina alla guerra. The pena di vivere”, ha detto Lula dopo il verdetto di rapporto in cui Reporter senza
Nation pubblica una lettera Copenaghen. L’euforia del presidente è condivisa da frontiere deinisce il Messico il
aperta di William R. Polk, milioni di brasiliani che vedono nelle Olimpiadi il modo paese più pericoloso al mondo
fondatore del centro di studi sul per i giornalisti. Non solo perché
per risolvere i loro problemi. Ma, secondo il quotidiano
Medio Oriente dell’università il governo non è in grado di
di Chicago, che propone al brasiliano O Globo, la cautela è d’obbligo: “La storia
perseguire chi ostacola la libertà
presidente un piano per il ritiro delle Olimpiadi dimostra che spesso i paesi ospitanti
di stampa, ma anche perché le
delle truppe. Time aida al sopravvalutano l’impatto economico e ignorano i costi “autorità sono complici 0
fotografo Adam Ferguson il sociali della manifestazione. Speculazioni immobiliari, responsabili di gravi violazioni”.
compito di documentare la vita espulsione o rimozione della popolazione più povera e
quotidiana della compagnia deicit pubblico: saranno tutte conseguenze inevitabili
Apache, un distaccamento di CANADA
delle Olimpiadi”. Nonostante questo, aferma O Globo, i
102 soldati che da un mese
combatte i taliban vicino a giochi olimpici saranno una grande opportunità per
Kabul. “Se è vero che abbiamo migliorare la situazione della città: “Rio de Janeiro aveva
perso di vista l’Afghanistan, bisogno di un’occasione del genere e ha meritato la
ricominciare a osservarlo può vittoria. Ora è dovere di tutti i cittadini impegnarsi per
essere un inizio”. contribuire a trasformare radicalmente la vita della città”. Il Partito conservatore è inito
sotto accusa per le somiglianze
tra il suo simbolo (a destra) e
Dall’Avana Yoani Sánchez quello della squadra canadese
per le Olimpiadi invernali di
Il verbo viaggiare Vancouver del 2010 (a sinistra).

IN BREVE

L’Avana è stata fondata 490 di frutta e verdura. I trasporti e i venti pesos, e si viaggia Argentina Il 1 ottobre l’ex
anni fa. Oggi ha due milioni di pubblici si pagano in pesos cu- asissiati dalle esalazioni di presidente Carlos Menem è
abitanti e un problema diici- bani, ma non hanno orari: la benzina e assordati dal rumo- stato incriminato per aver
le da risolvere: i trasporti. Fino frequenza con cui passano gli re del motore. ostacolato l’inchiesta
agli anni cinquanta c’erano i autobus oscilla tra i dieci e i I nuovi ricchi possono usa- sull’attentato del 1994 contro
un’associazione ebraica a
tram. Negli anni ottanta è sta- quaranta minuti a seconda del re i mezzi che si pagano in pe-
Buenos Aires, in cui morirono
to presentato un progetto di giorno e degli imprevisti. Chi sos convertibili. Un percorso
85 persone. Il 3 ottobre la
costruzione della metropolita- non può aspettare usa i taxi breve su queste macchine con
presidente Cristina Kirchner ha
na. Doveva essere inanziato collettivi, veri e propri dino- l’aria condizionata può costa-
rivendicato la sovranità sulle
dall’Unione Sovietica, ma è i- sauri che circolano nelle no- re il salario settimanale di un isole Malvine in occasione di un
nito nel cassetto dei sogni do- stre strade. operaio. Ecco perché sono incontro con i familiari delle
po il crollo del socialismo. Sono automobili statuni- usate soprattutto dai turisti o vittime della guerra con la Gran
L’azienda incaricata dei lavori tensi fabbricate prima del dai cubani emigrati in vacanza Bretagna.
era proprio accanto a casa no- 1958 che sopravvivono grazie all’Avana. Nel resto dell’isola, Stati Uniti Il 5 ottobre il dalai
stra, ma aveva fatto in tempo alla creatività dei meccanici e invece, le persone si muovono lama ha efettuato una visita a
a gettare solo le fondamenta. all’impossibilità di comprare in bicitaxi, su carri trainati da Washington, ma non è stato
Il cantiere è stato poi ricoper- auto nuove. Per prenderne cavalli o a piedi, come ai vec- ricevuto dal presidente
to per fare posto a un mercato uno bisogna pagare tra i dieci chi tempi. ◆ sb statunitense Barack Obama.

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 23

Asia e Paciico
Cina e India
litigano al conine
Ben Arnoldy, The Christian Science Monitor, Stati Uniti
Negli ultimi anni le incursioni
cinesi in territorio indiano
sono aumentate. Così il
governo di New Delhi ha
deciso di raforzare la
presenza militare alla frontiera

A
d agosto sono arrivati gli elicot­
teri cinesi, che hanno volato
basso sopra il conine e si sono
inoltrati per molti chilometri
DIPTENDu DuTTA (AFP)

nel territorio indiano. Subito dopo hanno

fatto la loro comparsa gli uiciali indiani,
per capire cosa fosse successo. Così il vil­
laggio himalayano di Demchok si è improv­
visamente trovato al centro delle tensioni
tra i due paesi più popolati al mondo. Se­
condo Tsering Mopt, soldato indiano in
pensione, le autorità indiane sono state ac­
colte dalle proteste degli abitanti di Dem­
chok. Volevano sapere dal governo perché
nella loro zona non ci sono le strade asfalta­
te e le infrastrutture presenti dalla parte ci­
nese del conine.
La risposta è semplice: si tratta della
strategia adottata dal governo indiano negli
ultimi anni per contrastare la rivendicazio­
ne di terre da parte della Cina. “L’India ha
volutamente trascurato questa regione per
rallentare un’eventuale invasione cinese”,
spiega Brahma Chellaney, esperto di sicu­
rezza al Center for policy research di New
Delhi. Ma ora, dopo l’aumento delle incur­
sioni cinesi degli ultimi anni, la linea india­
na sta cambiando. Il governo sta infatti cer­
cando di aumentare la sua presenza in que­
ste aree contese. “Vista la minacciosa pre­
Nathu La, India. Al conine con la Cina
senza cinese al conine, gli indiani si sono
decisi ad aumentare le difese sull’Himala­
ya”, aferma Chellaney, secondo cui tra il
2007 e il 2008 le incursioni cinesi sarebbero
raddoppiate. La Cina ha uicialmente ne­
gato l’accusa, mentre il governo indiano ha
cercato di gettare acqua sul fuoco. Soprat­
tutto perché New Delhi considera fonda­
mentali le relazioni economiche con Pechi­
no.
Armi puntate
Nonostante questo, l’India sta segretamen­
te fortificando il confine. In settembre
l’aviazione ha inaugurato un nuovo aero­
porto militare nella regione del Ladakh,
nell’estremo nord del paese, al conine con
Cina e Pakistan. A questo si aggiungono gli
altri due aeroporti costruiti di recente
sull’Himalaya. Inoltre in questo momento
l’India sta riposizionando i suoi jet Sukhoi
lungo il conine nordorientale con la Cina.
All’inizio di settembre il comandante
dell’aviazione PV Naik ha spiegato che i ci­
nesi non costituiscono una minaccia imme­
diata, ma si è detto scontento per i mezzi
insuicienti a sua disposizione. L’India ha
anche approvato la costruzione di quattro
strade strategiche nel Ladakh, e sta proget­
tando una rete stradale per coprire tutta
l’area dell’Himalaya.
Cina e India hanno combattuto una
guerra sanguinosa nel 1962, senza riuscire
a stabilire i conini in maniera deinitiva.
Dal 1981, i governi dei due paesi hanno
cercato di risolvere la questione degli oltre
tremila chilometri di conine contesi attra­
verso il negoziato, ma senza risultati. Inol­
tre, la rivendicazione della Cina di un ter­
ritorio controllato dall’India grande tre
volte Taiwan fa aumentare la tensione.
A Leh, la capitale del Ladakh, gli abi­
tanti non danno troppo peso alle incursio­
ni cinesi. Ne parlano quasi come fossero
un fenomeno atmosferico. Ma altri sono
preoccupati. Secondo Rigzin Dhonup,
uno studente universitario originario del
Ladakh, le truppe indiane potrebbero pro­
vocare una risposta militare della Cina o
del Pakistan. Ma secondo Chellaney la ve­
ra minaccia è quella cinese. Lo studioso
ricorda che Pechino ha fornito assistenza
militare al Pakistan, allo Sri Lanka, alla
Birmania e al Nepal. Alcuni di questi allea­
ti cinesi stanno guadagnando il controllo
dell’oceano Indiano e delle rotte navali
che fanno arrivare il petrolio dal Medio
Oriente. E non bisogna dimenticare che
questi paesi sono tutti geograicamente
vicini all’India: “Stanno circondando l’In­
dia, per limitare le sue possibilità strategi­
che”, dice Chellaney. “Forse non hanno
intenzione di usare la forza, ma vogliono
tenere New Delhi sulla difensiva”. u nv

24 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009

COREA DEL NORD
Ospite d’onore
a Pyongyang
Asia News,
8 ottobre 2009
Al suo arrivo in Corea del Nord
il premier cinese Wen Jiabao ha
ricevuto un’accoglienza d’ecce-
zione. “Ad aspettarlo sulla pista
dell’aeroporto c’era Kim Jong-il
in persona, un onore riservato a
pochi”, scrive Asia News. “Poi
una folla festante ha accompa-
gnato il suo viaggio verso il cen-
tro della città, mentre i mezzi
d’informazione di regime tra-
smettevano speciali programmi
di benvenuto”. La ragione ui-
ciale della visita, “su invito del
comitato centrale del Partito dei
lavoratori della Repubblica de-
mocratica di Corea”, è il 600 an-
niversario dall’avvio di relazioni
diplomatiche tra i due paesi.
“Probabilmente il premier cine-
se sfrutterà la circostanza per
cercare di convincere le autorità
di Pyongyang a riprendere i col-
loqui a sei sul nucleare, brusca-
mente interrotti dopo i test mis-
silistici nordcoreani di aprile.
Per indorare la pillola, Jiabao ha
annunciato anche l’invio di aiuti
umanitari straordinari e irmato
accordi di cooperazione in di-
versi settori”.
BIRMANIA
Fragile
negoziato
“Riprendono i colloqui tra il de-
legato della giunta al potere in
Birmania e la dissidente Aung
San Suu Kyi”, scrive Irrawad-
dy, il quotidiano della comunità
birmana in esilio. “La leader
della Lega per la democrazia ha
parlato a lungo con un ministro:
tra i temi afrontati potrebbe es-
serci la lettera con cui Suu Kyi
ha oferto al capo della giunta
Than Shwe la sua disponibilità a
collaborare con i generali per
ottenere una riduzione delle
sanzioni imposte al paese”. In-
tanto il tribunale di secondo
grado ha respinto l’appello della
dissidente contro il prolunga-
mento degli arresti domiciliari.
Pakistan, 4 ottobre 2009 gIAPPONE
La sida
ecologista
Shukan
Diamond,
3 ottobre 2009
“Risparmiare,
ISHTIAq MeHSUD (AP/LAPReSSe)
creare e riutilizza-
re energia: è il
nuovo slogan delle aziende
giapponesi. Colpite duramente
dalla crisi, molte hanno deciso
di ripartire convertendo la pro-
duzione e concentrandosi
sull’energia rinnovabile, in par-
Hakimullah Mehsud in video ticolare quella solare. Dal 1999
Il 5 ottobre il nuovo leader dei taliban pachistani, Hakimullah la produzione interna è aumen-
Mehsud (a sinistra nella foto), è apparso in un video trasmesso da tata considerevolmente: il Giap-
alcune tv locali. Il ilmato smentisce la notizia della sua morte, data pone, che dieci anni fa importa-
per probabile dal governo pachistano e da un funzionario dei servizi va l’energia fotovoltaica, oggi
segreti statunitensi. Pochi giorni dopo i taliban hanno rivendicato esporta circa il 46 per cento di
un attentato suicida che ha ucciso cinque impiegati dell’Onu nella quella che produce. A investire
sede del Programma alimentare mondiale (Pam) a Islamabad. sulle energie rinnovabili non so-
no solo le grandi aziende
dell’elettronica e dell’auto, ma
Cina anche le piccole imprese medi-
che e farmaceutiche. Secondo il
Il traguardo cinese settimanale Shukan Diamond,
“la sida per il futuro è far cre-
scere queste esperienze in tutto
il paese”.
Caijing, Cina, 28 settembre 2009
Il grande ritratto del timoniere Mao IN BREvE
Zedong in piazza Tiananmen sostituito Giappone Il 4 ottobre l’ex
da uno nuovo di zecca per il sessantesimo ministro delle inanze Shoichi
anniversario della fondazione della Nakagawa (nella foto) è stato
repubblica. È l’immagine di copertina del trovato morto nella sua casa di
Tokyo. Si era dimesso a febbraio
settimanale Caijing, che titola:
dopo che si era presentato
“Sessant’anni di economia in Cina’’. ubriaco a una riunione del G7
L’autore dell’analisi è Wu Jinglian, economista e a Roma.
ricercatore del consiglio di stato. “All’inizio la Cina ha
scommesso sull’economia pianiicata. Un tentativo
YURI GRIPAS (ReUTeRS/CONTRASTO)
destinato a fallire, perché quando una società elimina i
diritti e la libertà individuale di sperimentare e di innovare
le cose vanno inevitabilmente alla deriva”. Di fronte al
progressivo impoverimento della popolazione, il governo
ha imboccato la via delle riforme. I tre pilastri
fondamentali dell’economia di mercato – il diritto di
proprietà, il libero scambio e l’impresa privata – sono stati
introdotti gradualmente e inine abbracciati senza riserve Afghanistan Il 30 settembre
dalla Cina. “Il risultato è stato uno straordinario balzo in nove civili, tra cui sei bambini, e
avanti dell’economia, con una crescita media del pil vicina quattro ribelli taliban sono mor-
al 10 per cento negli ultimi trent’anni. Tuttavia non ti in un raid aereo della Nato
nella provincia di Kandahar, nel
bisogna dimenticare che alcuni importanti settori
sud del paese. Il 3 ottobre più di
industriali sono ancora monopolio dello stato. Molte cento ribelli sono morti in
riforme incomplete sono all’origine della corruzione un’operazione della coalizione
difusa e delle diseguaglianze sociali. Il traguardo è internazionale nella provincia
raggiungibile, ma la strada è ancora lunga”. u orientale del Nuristan.
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 25
Visti dagli altri

I dieci anni che separano

Italia e Germania
Gustav Seibt, Süddeutsche Zeitung, Germania

D
a 150 anni le grandi svolte della

HOrACIO VILLALOBOS (EPA/COrBIS)

politica italiana anticipano di
almeno dieci anni i cambia-
menti che avvengono in Ger-
mania. Nel 1861 con la proclamazione del
regno l’Italia è diventata uno stato naziona-
le, un obiettivo che la Germania ha raggiun-
to solo nel 1871. Entrambi i paesi hanno
pagato care le conseguenze della prima
guerra mondiale. Nel 1922 in Italia è andato
al potere un dittatore di destra. Nel 1933 è
successo lo stesso in Germania. Ai tempi
della guerra fredda il territorio tedesco era
diviso in due, mentre in Italia il sistema po-
litico era talmente frammentato che ino al
1989 non è mai stata possibile una normale
alternanza di governo tra i due più grandi
partiti: democristiani e comunisti.
La fine della contrapposizione tra il
blocco sovietico e quello occidentale ha
portato in pochi anni all’erosione del siste- Silvio Berlusconi e la cancelliera tedesca Angela Merkel
ma bipolare italiano. Questo fenomeno è
cominciato a sinistra, tra le ila dei socialisti goni. Ed è lecito sperare che il detto “Italia mento della democrazia italiana.
e dentro al Partito comunista italiano. Ben docet”, coniato nel 1923 da un commenta- Le differenze non dipendono solo
presto la dissoluzione ha coinvolto anche il tore tedesco, oggi non sia più così corretto. dall’assenza nel panorama politico tedesco
campo democristiano-conservatore: il Le somiglianze tra Italia e Germania riguar- di una igura come quella di Berlusconi, con
clientelismo regionale e la corruzione eco- dano più che altro la dissoluzione dei grandi la sua propensione alle sempliicazioni e
nomica sono aiorati alla luce del sole in schieramenti e delle loro ideologie, un pro- alle promesse vuote. Ma anche dalla dife-
parlamento. cesso di secolarizzazione che interessa an- renza di spessore politico tra la classe diri-
In risposta alla crisi della prima repub- che altri paesi democratici. Ma mentre in gente che si sta formando in Germania e
blica sono nati nuovi partiti regionali che Italia da questa situazione è derivato un quella italiana. Il maschilismo della legisla-
rappresentano forti interessi economici nuovo modo di fare politica rabbioso e mi- tura dell’ex cancelliere Gerhard Schröder e
particolari contro il centralismo del gover- rato solo a promuovere interessi particolari, del suo ministro degli esteri Joschka Fi-
no. Cos’è successo, invece, a Berlino? Oggi in Germania è emersa una nuova cultura scher, entrambi due noti dongiovanni, era
potrebbe sembrare che, a distanza di dieci politica, più aperta, che non ha nulla a che già stato superato nel 2005 dalla grande
anni, la Germania stia di nuovo inseguendo vedere con la polarizzazione e l’avvelena- coalizione guidata da Angela Merkel.
l’Italia. Ci sono due grandi analogie: la Csu,
il partito regionale della ricca Baviera, po-
trebbe giocare in Germania un ruolo simile Lodo Alfano, dopo la decisione della Corte
a quello della Lega nord. E la Linke, la sini- u Il 7 ottobre la Corte costitu- Michael Braun, Die processi. Ma la decisione
stra tedesca radicata soprattutto nell’est del zionale ha dichiarato illegitti- Tageszeitung, Germania: apre la porta ad almeno tre
paese, potrebbe invece essere paragonata mo il lodo Alfano, per viola- “Il consenso per Berlusconi processi: sarebbe bello per
ad Alleanza nazionale (An): entrambi i par- zione degli articoli 3 e 138 della non sarà seriamente dan- una volta vedere la giustizia
titi sono stati accusati per i loro legami con costituzione italiana. neggiato da questa decisio- fare il proprio corso”.
un passato dittatoriale. Negli ultimi anni An ne. Il suo elettorato sembra Jef Israely, Time, Stati
ha ottenuto una nuova legittimità guada- Eric Jozsef, Libération, indiferente a scandali e sen- Uniti: “Alla ine tutto dipen-
Francia: “Non cambierà tenze. Ma il premier sarà de da Berlusconi: è il peg-
gnando consensi tra la piccola borghesia e i
nulla. È una situazione da i- sempre più debole all’este- gior nemico di se stesso. Se
dipendenti pubblici, soprattutto al sud. ne regno, ma Berlusconi non ro”. reagisce perdendo la testa,
Il caos che si è creato in Italia nel corso di si dimetterà. resterà al pote- Miguel Mora, El País, potrebbe mettersi in crisi da
questi processi di ristrutturazione politica è re grazie alla maggioranza in Spagna: “Il suo avvocato, solo. Anche se non c’è un’al-
stato messo in ordine per la prima volta da parlamento, e alla sua forza Niccolò Ghedini, s’inventerà ternativa né a destra né a si-
Silvio Berlusconi. Ma qui iniscono i para- economica e mediatica”. una norma per fermare i nistra”.

26 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009

 Confrontando i commenti posteletto-
rali dei leader politici nazionali tra il 2005
e il 2009, è evidente che oggi il dialogo è
molto più civile e il linguaggio usato è più
ironico.
La coalizione giallo-nera di liberali e
cristianodemocratici, che si è formata do-
po il voto del 27 settembre, consente al
paese più industrializzato d’Europa di es-
sere guidato da una donna e da un omoses-
suale dichiarato. In Italia una situazione
simile sarebbe impossibile: l’era Berlusco-
ni da un lato ha raforzato l’inluenza poli-
tica della chiesa e dall’altro è segnata dallo
scandalo delle frequentazioni del capo del
governo con delle prostitute.
Ministri colorati
Oggi la scena politica tedesca è molto più
varia dal punto di vista etnico rispetto alle
altre democrazie europee. Questo fatto è
ancora più sorprendente se si considera
che la Germania non ha un passato colo-
niale antico come la Gran Bretagna e la
Francia, e ha accolto un’immigrazione
economica solo in tempi più recenti.
Eppure nella politica tedesca non ci so-
no solo uomini, donne e omosessuali in
formazioni variopinte, ma anche un lea-
der, il presidente del partito dei verdi Cem
Özdemir, che parla il dialetto svevo e ha un
nome turco. Politici con nomi indiani o tur-
chi si trovano anche nell’ex Germania Est
e tra le ila di una formazione conservatrice
come la Cdu.
Degno di nota è anche il fatto che un
partito regionale come la Csu, guidata del
presidente Horst Seehofer, non sia stato
premiato: in Germania un partito regiona-
listico in stile Lega nord non riscuote con-
sensi.
E nemmeno il successo elettorale del
partito liberale Fdp dipende dal consenso
di un’opinione pubblica guidata da interes-
si esclusivamente economici.
È troppo presto per giudicare e fare pre-
visioni di lungo periodo. Ma la situazione
tedesca indica una certa vitalità della so-
cietà e della democrazia.
Forse un altro elemento di diferenza
tra la Germania e l’Italia può aiutarci a in-
dividuare alcune tendenze: la Germania
dispone di uno stato sociale che funziona,
mentre in Italia lo stato è divorato e sac-
cheggiato da interessi particolari.
Un welfare eicace rende i cittadini li-
beri di orientarsi verso una politica demo-
cratica, senza doversi preoccupare solo
della propria sopravvivenza. Per questo sia
in Germania che in Italia è in gioco molto
di più del futuro dei partiti. u mal
Televisione
Quando la rissa è la norma
Philippe Ridet, Le Monde, Francia
La storia di un insulto in un
reality show come metafora
dell’aggressività nella
televisione italiana
F
ranco Mancini è un uomo deter-
minato e ingenuo. Partecipando
nel 2001 a un reality show italia-
no, Survivor, era stato deinito “pedoi-
lo” da un concorrente, Samuele Sara-
goni, geloso delle attenzioni che rivol-
geva a una concorrente più giovane di
lui. Mancini ha scelto le vie legali per
lavare l’onta del disonore. L’etichetta di
pedoilo gli era infatti rimasta addosso
e a Rieti i suoi amici lo prendevano in
giro. Ma il tribunale di Rieti ha deciso
di archiviare il caso. Mancini ha fatto
I telespettatori italiani
assistono a una lite
violenta ogni otto minuti.
Questo ne inluenza il
comportamento
appello, ma nel giugno 2008 la corte
d’appello di Roma ha seguito le racco-
mandazioni dei giudici di Rieti. Manci-
ni si è arrabbiato. La possibilità di far
pagare gli insulti a quello scellerato di
Saragoni si allontanava sempre di più.
Restava solo la corte di cassazione.
Franco ha iducia nella giustizia del suo
paese e ha fatto anche quest’ultimo
tentativo. Il 23 settembre la cassazione
non ha avuto pietà per il povero Franco.
Nella sentenza i giudici hanno spiegato
a Mancini che la sua denuncia era irri-
cevibile a causa del contesto in cui era
stato insultato, cioè un reality, che ha
“la caratteristica di sollecitare il contra-
sto verbale tra i partecipanti”. E l’im-
magine di Franco? Per la corte si tratta
di “una conseguenza della notorietà
volontariamente acquisita con la parte-
cipazione a quella trasmissione, non-
ché della naturale tendenza del pubbli-
co all’imitazione di quanto apparso in
tv”. Insomma, nei reality è tutto falso.
Le passioni, i rancori, gli insulti non
sottostanno alla legge degli ascolti e
dell’immaginazione dei produttori.
Dal 2001 il reality si è imposto con
programmi come L’isola dei famosi, Il
grande fratello, La fattoria. I candidati
non mancano e si danno dello “stron-
zo” o della “puttana” con la stessa fre-
quenza con cui si baciano, e senza che
nessuno consulti un avvocato. Questo
modello isterico ha contaminato il pa-
norama televisivo italiano: è in tv che
Silvio Berlusconi ha deinito i giornali-
sti “farabutti” e ha accusato l’opposi-
zione di essere “antitaliana”. È in tv che
Antonio Di Pietro ha previsto che “il
premier farà la ine di Saddam Hus-
sein”, e che un ministro, Renato Bru-
netta, ha detto: “La sinistra, che vada a
morire ammazzata”. L’invettiva è un
modello di discussione: basta guardare
un dibattito politico per accorgersene.
Che siano a favore o contrari al gover-
no, seguono tutti lo stesso schema: la
rissa. Gli ospiti in studio (giornalisti o
politici) sono solo dei portavoce di una
causa o di uno schieramento.
Talvolta un politico si sente ofeso e
si rivolge alla giustizia, come il nostro
amico Franco. Berlusconi, in qualità di
presidente del consiglio, è un buon
esempio: ha querelato per difamazio-
ne due quotidiani, la Repubblica e
l’Unità. Ma non è il solo. Secondo Libe-
ro, dal 1994 al 2009, 74 querele sono
state presentate da ministri, 49 da sot-
tosegretari e 38 da presidenti di partito.
Secondo uno studio dell’associazio-
ne Comunicazione perbene, i telespet-
tatori italiani possono essere testimoni
di una lite violenta ogni otto minuti. In
cima a questa classiica ci sono i reality,
seguiti dai dibattiti politici e dai pro-
grammi sportivi. Il presidente dell’as-
sociazione, Saro Trovato, dice: “La tv
inluenza i comportamenti degli italia-
ni e fa aumentare l’aggressività, soprat-
tutto quando i protagonisti sono dei
personaggi noti presi come modelli dai
telespettatori”. È lecito temere il peg-
gio. u adr
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 27
Italieni

I veleni, i pesci
e la raccolta diferenziata
Geneviève Makaping
L’inquinamento delle acque
calabresi ha distrutto il
progetto del “mare da bere”.
Molti abitanti sono rassegnati,
ma alcuni paesi resistono
scoperto che il mare era amaro, schiumoso,
strano. L’opposizione voleva la testa del
presidente su un vassoio d’argento. Sono
arrivati anche quelli di Striscia la notizia.
Sono andati a ofrire un bel bicchiere d’ac-
qua del mare che bagna le coste di Aman-
tea, Cetraro e Paola al presidente Oliverio.
della procura, determinato ad andare ino
in fondo e vederci chiaro. Altri magistrati e
l’onorevole Angela Napoli della commis-
sione nazionale antimafia chiedono alle
istituzioni di proteggere Giordano. All’in-
terno di quelle navi maledette sembra che
ci siano delle sagome che somigliano a de-

“P
er quanto riguarda la fascia
ionica e tirrenica cosenti-
na, vi prometto un mare da
bere”. Così parlò Gerardo
Mario Oliverio, presidente della provincia
di Cosenza, all’inizio della sua prima legi-
slatura cinque anni fa. “Il mare da bere” è
diventato lo slogan di un progetto politico
importante. I cittadini si sono spellati le
mani a forza di applausi. Pescatori, alberga-
tori, tour operator, turisti, bambini e vecchi
hanno osannato l’iniziativa. Intanto le fo-
gnature dei paesi a monte riversavano il lo-
ro carico dal colore inequivocabile sulla
spiaggia e nel mare. I depuratori non hanno
mai funzionato nonostante lo stanziamen-
to di decine di milioni di euro. Poi è comin-
ciata un’inchiesta della magistratura. Si è
Volti nuovi
Lui schifato si è riiutato di bere. Poi il colore
blu cupo e gli odori nauseabondi sono stati
dimenticati rapidamente. Nell’agosto del
2009 un altro fulmine si è abbattuto sulla
testa dei calabresi. Si sapeva della presenza
di una nave dei veleni nel Tirreno. La stam-
pa locale aveva provato a parlarne: era stata
derisa e gli amministratori locali avevano
minacciato querele. Poi sulla costa tirrenica
sono arrivate la stampa nazionale e quella
internazionale e hanno parlato di queste
navi che sputano veleno nelle acque dello
Ionio e del Mediterraneo. Inquinano senza
pudore. Secondo alcuni scienziati ci vorran-
no secoli per smaltire tutta le sostanze leta-
li. Nel frattempo il pesce mangia il veleno e
l’uomo mangia il pesce avvelenato. A Paola
c’è un magistrato, Bruno Giordano, il capo
DAVIDE LANZILAO
gli essere umani. Morti bianche o lupare
bianche?
Senso dell’umorismo
E i calabresi? Nella redazione televisiva di
Metrosat, dove lavoro, arrivano in conti-
nuazione telefonate di cosentini che voglio-
no sapere “se è tutto vero”. Dicono che sono
incazzati e disperati. Che non hanno più la
forza e non sanno con chi prendersela. Al-
cuni chiedono che il governo venga da Ro-
ma a riprendersi queste schifezze visto che
se fosse successo nel nord Italia si sarebbe
già trovata una soluzione. Nessuno però
parla di maia né di ’ndrangheta. Chi ha an-
cora un po’ di senso dell’umorismo si chie-
de: “Ma è vero che siamo tutti ammorbati?”.
E molti ripetono una frase che sento dire da
trent’anni, ogni volta che ci si trova in una
condizione di totale impotenza: “Povera
Calabria!”. Intanto ai piedi del monte Polli-
no c’è una piccola cittadina profumata: Sa-
racena, la capitale del vino moscato. È il
primo comune della Calabria per la raccolta
diferenziata dei riiuti: 64 per cento. Entro
la ine dell’anno raggiungerà il 70 per cento.
Il sindaco Mario Albino Gagliardi ha dichia-
rato che entro dicembre del 2010 si passerà
dalla tassa per lo smaltimento dei riiuti so-
lidi urbani alla tarifa di igiene ambientale,
un sistema di calcolo delle imposte basato
non sulle dimensioni della supericie abita-
tiva, ma sulla valutazione di una serie di
dati che comprendono anche la qualità del-
la raccolta diferenziata fatta da ogni abi-

tante. Insomma in una Calabria che

quest’estate ha sepolto sei persone per ma-
lasanità, dove si parla di circa cinquantacin-
que navi affondate con carichi letali, c’è
Cindy Hock è olandese, ha 34 anni, fa l’avvocata e vive in Italia dal 2003. Abita a Monte- ancora un paesino che si ostina a pensare
porzio Catone con Luigi, il suo compagno. È atea e non sopporta l’onnipresenza del Vatica- che è meglio essere puliti. u
no nella politica. Adora la parmigiana preparata dalla nonna di Luigi. Dell’Italia le piacciono
il clima e la spontaneità della gente. Odia la burocrazia ineiciente e la mancanza dello sta- Geneviève Makaping è una giornalista e
to sociale. Il momento più brutto che ha vissuto in Italia è stato la prima volta che è andata in antropologa camerunese. Vive in Italia dal
prefettura a Roma e ha scoperto che le persone facevano la ila dalle quattro del mattino. 1988 (makaping@gmail.com).

28 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009


© 2009 YOSHIKO NODA E EDIZIONI CORRAINI
Inchiesta sull’islam
Alla faccia del jihad
Amara Lakhous
H
o fatto il liceo ad Algeri nella se-
conda metà degli anni ottanta.
Il mio professore di storia, un ex
partigiano della guerra di liberazione al-
gerina, non perdeva occasione per criti-
care Gandhi. Diceva: “L’Algeria non
avrebbe potuto cacciare la Francia con la
non violenza. Il nostro paese è stato libe-
rato grazie al sangue versato dai suoi i-
gli”. Nel 1991 dopo l’annullamento del
primo turno delle elezioni legislative vin-
te dal Fronte islamico di salvezza di Abas-
si Madani, i fondamentalisti algerini arri-
varono a una tragica conclusione: la vio-
lenza è l’unica via per conquistare il pote-
re. Mi ricordo di uno slogan scritto a ca-
ratteri cubitali in un quartiere popolare di
Algeri: “Avete messo a tacere le urne, ma
hanno parlato i fucili!”. Il risultato è stato
drammatico: in pochi anni il terrorismo
ha fatto oltre centocinquantamila vitti-
me, per lo più civili. Per fortuna in Egitto
e in Marocco i terroristi non sono riusciti
a imitare il copione algerino e non hanno
portato a termine il loro progetto di di-
struzione. Sono molti i musulmani arabi
“Allungheremo il digiuno.
Il Ramadan non durerà solo
un mese, sarà uno sciopero
della fame e della sete
davanti alle istituzioni”
in Italia che credono che la violenza sia
controproducente. E ci sono sempre più
spesso lotte paciiche che si ispirano alla
dottrina della non violenza.
Un esempio signiicativo è quello che
è successo durante il Ramadan del 2008.
Gli amministratori locali della Lega nord
avevano vietato ai musulmani di Treviso,
in gran parte marocchini, di usare degli
spazi al coperto per pregare. Invece di re-
agire a questa decisione ingiusta e discri-
minatoria in modo violento, i leader della
comunità musulmana hanno messo in
pratica tre iniziative: sono andati a prega-
re in un parcheggio pubblico all’aperto,
hanno invitato le telecamere di Al Jazeera
per un reportage (che poi è stato visto da
milioni di persone) e hanno fatto uno
sciopero della fame. Abdellah Ajouguim,
uno dei promotori di questa protesta pa-
ciica, ha detto ai giornalisti: “Allunghe-
remo il digiuno. Il Ramadan non durerà
solo un mese, sarà uno sciopero della fa-
me e della sete davanti alle istituzioni”.
Abdellah ha spiegato che la loro contesta-
zione non violenta era ispirata a Gandhi e
alle proteste politiche e civili di Marco
Pannella. Mi ha sorpreso questo riferi-
mento al leader dei radicali. Alla faccia
del jihad! u
Amara Lakhous è uno scrittore nato ad
Algeri nel 1970. Vive a Roma dal 1995 (ama-
ralakhous@yahoo.it).
L’opinione
La caccia
al negro
Tahar Lamri
“C
on la scusa della sicurezza, la
nostra città sta respirando in
questi mesi un clima di vio-
lenta repressione: blitz contro immigrati,
sgomberi di centri sociali e di ediici oc-
cupati da famiglie senza casa. Operazioni
eclatanti, che colpiscono i più deboli con
l’obiettivo di aprire nuovi spazi agli inte-
ressi economici che governano la città’’:
questa è la sintesi di un comunicato del
Comitato di quartiere Pigneto-Prenesti-
no difuso il 6 ottobre dopo il “rastrella-
mento’’ di alcuni abitanti senegalesi della
zona compiuto dalla guardia di inanza la
sera del giorno prima. Una vera e propria
“caccia al negro” – così la chiama il comi-
tato – che si è conclusa con decine di arre-
sti. La mattina del 5 ottobre qualche se-
negalese aveva reagito a un normale
“controllo economico del territorio con-
tro il fenomeno della contrafazione che
rientra nei servizi previsti dal Patto per
Roma sicura”, spiega la guardia di inan-
za. Fin qui la cronaca.
Quello che la cronaca non dice è che
molti al Pigneto, un quartiere che, a mo-
do suo, proietta Roma nella modernità
europea, riiutano l’aggressività delle for-
ze dell’ordine. I giornalisti, dopo essere
scesi in piazza per difendere la libertà di
stampa, non parlano di questi fatti, men-
tre i tg registrano ogni incidente stradale,
ogni cane o gatto smarrito. Così non sap-
piamo cosa è successo davvero: forse so-
no volate manganellate, forse un inan-
ziere è stato colpito, forse i residenti del
quartiere non si accontentano di un co-
municato stampa, ma vogliono racconta-
re quello che hanno visto. L’ofensiva
contro i poveri è cominciata molto tempo
fa al Pigneto. Il prossimo atto sarà cercare
di mettere i penultimi contro gli ultimi.
“Noi cittadini del quartiere siamo preoc-
cupati di questa grave spirale di violenza
dello stato. Vogliamo che il Pigneto sia un
quartiere dell’accoglienza, non della re-
pressione e della speculazione’’. Noi ita-
lieni, bianchi e neri, siamo tutti del Pi-
gneto. u
Tahar Lamri è uno scrittore algerino. Vive
a Ravenna (tlamri@tin.it).
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 29
Le opinioni

Perché sono andato

a vivere in campagna
Leo Hickman

V
erso la ine del 2008 le Nazioni Unite tà di coltivare buona parte di quello che mangi. Sei in
hanno annunciato una svolta nella contatto con la natura. Sei più consapevole del cambia-
storia dell’umanità. Per la prima volta re delle stagioni. Provi un grande senso di libertà. Ma
le persone che vivevano nelle aree ur- poi ti vengono in mente altri pensieri. Prima di tutto,
bane erano di più di quelle che abita- quando vivi isolato in campagna ti accorgi dello spreco
vano nelle zone rurali. Metà dei 6,7 di energia. O diventi autosuiciente dal punto di vista
miliardi di abitanti del mondo ora si sveglia al suono energetico (ma è molto diicile) o devi fare qualche
dei clacson invece che al canto del gallo. Stiamo per compromesso. Per me il più grosso è stato comprare
completare il nostro lungo viaggio dalla condizione di una macchina per la prima volta in vita mia: per quin-
cacciatori e agricoltori a quella di cittadini moderni. dici anni ho abitato a Londra senza averne una.
Da molti punti di vista è sensato vivere e lavorare Certo, le mie giornate erano diventate un po’ più
tutti insieme in una città, grande o piccola che sia. Nei complicate a causa della nascita dei igli ma, per le rare
secoli scorsi abbiamo creato iorenti comunità – Roma, volte in cui la macchina era indispensabile, ci eravamo
Londra, Parigi, New York – vicino ai luoghi più conve- iscritti a un club di car sharing. Ora sono diventato il
nienti per i commerci e i trasporti, come i iumi e gli riluttante proprietario di un’automobile. Ho cercato di
estuari, e ben presto tutte sono diventate comprarne una che inquinasse il meno
metropoli. In quest’ultimo secolo, a de- Oggi il rapporto tra possibile, ma è comunque una macchi-
terminare la crescita delle città sono sta- città e campagna è na.
te strade e autostrade, perché l’automo- simbiotico. Nessuna Viviamo in una casa vittoriana unifa-
bile è diventata essenziale nella vita delle due può vivere miliare, mentre a Londra vivevamo in
moderna. Anche gli aeroporti e le ferro- senza l’altra ma, una casa vittoriana multifamiliare. In
vie sono stati fondamentali per lo svilup- almeno per il termini di calore, tra dormire da soli e
po dei centri urbani. momento, i cittadini dividere il letto con qualcun altro c’è
Queste infrastrutture hanno permes- possono vantarsi molta diferenza. Ho fatto del mio me-
so alle città di ricevere tutto ciò di cui i glio per isolare porte e inestre, ho instal-
di avere un minor
loro abitanti avevano bisogno: cibo, lato pannelli solari sul tetto per riscalda-
energia, materiali. Ma questa crescita
impatto ambientale re l’acqua ma, nel complesso, usiamo più
può andare avanti all’ininito? O si arriva energia di prima. Non si può sfuggire al
a un momento in cui il modello di sviluppo della città fatto che le città ofrono economie di scala migliori del-
moderna diventa insostenibile dal punto di vista am- le campagne: più ci si allontana da una città, più ener-
bientale? Prendiamo per esempio Città del Messico. gia si consuma. All’inizio di quest’anno l’International
Oggi la sua acqua potabile proviene da sorgenti che si institute for environment and development di Londra
trovano a 150 chilometri di distanza e a 200 metri di ha calcolato l’impronta di carbonio media dei cittadini
profondità. Quando queste risorse saranno esaurite, di undici grandi città in quattro continenti – tra cui Lon-
cosa farà? Sono domande che invitano a fare qualche dra, Tokyo, New York e Rio de Janeiro – e ha scoperto
rilessione di tipo personale: se ci teniamo davvero al che nel 2004 le emissioni di gas serra di un londinese
nostro ambiente, dovremmo vivere in città o in campa- medio equivalevano a 6,2 tonnellate di CO2, rispetto
gna? Dove lasciamo un’impronta di carbonio minore? alle 11,19 della media nazionale. Il nordest agricolo
Mi sono posto questa domanda molte volte: ino a due dell’Inghilterra (lo Yorkshire e l’Humber) hanno l’im-
anni fa abitavo nel cuore di Londra, mentre ora vivo in pronta pro capite più alta dell’intera Gran Bretagna.
campagna in Cornovaglia, non troppo lontano da dove Negli Stati Uniti, il newyorchese medio lascia un’im-
sono cresciuto. Mia moglie e io ci siamo trasferiti per lo pronta di 7,1 tonnellate, meno di un terzo della media
stesso motivo per cui molte persone lo fanno: voleva- del paese, che è di 23,92.
mo che i nostri igli crescessero in un ambiente più sa- Ma il dibattito su campagna e città non inisce qui.
internazionale.it/irme

no. Da ragazzo ho lasciato la Cornovaglia per andare Cosa succederebbe se tutti gli abitanti delle campagne
all’università e perdermi tra le luci sfavillanti di Lon- continuassero a emigrare in città? Chi produrrebbe il
LEO HICKMAN
dra, adesso ho fatto il tragitto contrario e sono tornato cibo per tutti quelli che ci vivono? A che punto si rom-
è un giornalista
in campagna per crescere i miei igli. perebbe questo delicato equilibrio? Oggi il rapporto tra britannico. Scrive per
Ma pochi giorni dopo essere arrivato qui con la mia città e campagna è simbiotico. Nessuna delle due può il Guardian. Il suo
famiglia ho cominciato a mettere a fuoco alcune dife- vivere senza l’altra ma, almeno per il momento, i citta- ultimo libro è Ultima
renze tra città e campagna. I vantaggi di quest’ultima dini possono vantarsi di avere un minor impatto am- chiamata (Ponte alle
mi sono apparsi subito evidenti. Hai lo spazio e la liber- bientale. u bt grazie 2008).

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 31

Le opinioni

Sessanta compleanni
per i profughi palestinesi
Rami Khouri
lla ine di settembre è stato comme- no passati per centinaia di scuole dell’Unrwa e molti

A morato il sessantesimo anniversario hanno contribuito allo sviluppo del mondo arabo mo-
dell’Agenzia delle Nazioni Unite per derno.
il soccorso e l’occupazione dei profu- La questione palestinese è stata probabilmente
ghi palestinesi (Unrwa) presso la se- l’elemento più destabilizzante nel mondo arabo, ma
de dell’Onu a New York. La cerimo- l’Unrwa è stata la forza di moderazione più inluente e
nia ha avuto luogo poco dopo l’incontro tra il presiden- di buon senso per molti palestinesi che, se privati dei
te statunitense Barack Obama, il premier israeliano diritti fondamentali e della dignità rappresentati
Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Abu dall’agenzia dell’Onu, avrebbero scelto la violenza. Se
Mazen. Se i leader di ogni fronte hanno largamente l’Unrwa non esistesse o se non fornisse ai giovani il li-
tradito le speranze dei cittadini palestinesi e israeliani vello e la qualità dei servizi che li tengono in buona
di vivere in una società sicura e stabile, le migliaia di salute nelle scuole o sul lavoro, i palestinesi emargina-
dipendenti dell’Unrwa si sono sempre impegnati per- ti e scoraggiati che avrebbero preso la strada della vio-
ché a milioni di rifugiati, abbandonati dalla politica e lenza sarebbero stati probabilmente molto più nume-
in pericolo, fossero assicurati i servizi fondamentali e rosi.
il rispetto degli standard che spettano a ogni essere Forse la funzione più importante che l’Unrwa ha
umano. svolto negli ultimi anni è stata quella di denunciare
Gli sforzi fatti dall’Unrwa per fornire istruzione, con grande forza e determinazione – per bocca dei suoi
assistenza sanitaria, servizi sociali e soccorso a molti massimi dirigenti – le condizioni disperate dei rifugia-
dei 4,6 milioni di rifugiati palestinesi ti palestinesi e la necessità di prestargli
rappresentano le Nazioni Unite al loro Questo lungo assistenza, come durante il recente at-
meglio: un’istituzione che aiuta le per- periodo ha tacco israeliano a Gaza. L’Unrwa ha al-
sone a livello materiale, richiamando dimostrato cosa largato il suo ruolo, passando da sempli-
allo stesso tempo l’attenzione sulla ne- si può fare quando ce erogatore di servizi di base a voce
cessità di assicurare a tutti i diritti politi- uomini e donne della coscienza che ricorda al mondo
ci, nazionali e umani, anche in mezzo a di buona volontà due problemi legati tra loro: da un lato il
conlitti terribili. si impegnano fatto che i rifugiati palestinesi sono spes-
Alcuni rifugiati vivono in condizioni davvero e quando so indifesi e vulnerabili, dall’altro che la
terriicanti, soprattutto in Libano e a Ga- comunità internazionale ha il dovere
gli stati decidono di
za, dove la disoccupazione e il tasso di morale e giuridico di tutelarli, e di cerca-
abbandono scolastico sono altissimi.
soccorrere i deboli re allo stesso tempo una soluzione poli-
Eppure il mandato dell’Unrwa mostra tica per mettere ine all’esilio e alla con-
che il mondo considera i rifugiati come persone i cui dizione di rifugiati dei palestinesi.
diritti fondamentali non sono semplici slogan ma re- Il commissario generale dell’Unrwa Karen Koning
altà, e come tali vanno esercitati. L’Unrwa è stata isti- AbuZayd lo ha detto chiaramente nel suo intervento
tuita nel 1949, poco dopo che le nazioni di tutto il mon- alla commemorazione: “Il protrarsi dell’esilio dei rifu-
do avevano irmato la Dichiarazione universale dei giati palestinesi e le dure condizioni che devono af-
diritti dell’uomo, che sanciva l’unicità dei singoli indi- frontare, soprattutto nei Territori occupati, non posso-
vidui sotto ogni aspetto con l’eccezione del loro pari no conciliarsi con gli obblighi stabiliti dalla Carta delle
diritto a superare lo stato di natura ed essere messi in Nazioni Unite… L’Unrwa è pronta ad assumere un ruo-
condizione di accedere agli stessi diritti garantiti dalla lo costruttivo e di mediazione per far sì che la voce dei
legge. rifugiati palestinesi sia ascoltata, e che i loro interessi
Oggi, tuttavia, è importante riconoscere il ruolo e le loro scelte si rilettano in ogni futuro accordo”.
dell’Unrwa anche come simbolo del desiderio e della Prestare attenzione alla voce, agli interessi e alle RAMI KHOURI
internazionale.it/irme

capacità dei cittadini palestinesi di dar vita a una so- scelte dei rifugiati è l’essenza del messaggio di questo è columnist del
quotidiano libanese
cietà fondata sull’integrità, la civiltà e le opportunità anniversario. Per i rifugiati e per le condizioni che han-
Daily Star. È direttore
quando se ne dà loro l’occasione. Il personale del- no dovuto sostenere, sessant’anni sono molti. Ma gra-
dell’Issam Fares
l’Unrwa, infatti, è formato in gran parte da palestinesi zie all’opera dell’Unrwa, questo lungo periodo ha an- Institute of Public
e rappresenta una sorta di esperimento di come si svi- che dimostrato cosa si può fare quando uomini e don- Policy and
lupperebbe una società palestinese se non fosse sotto- ne di buona volontà s’impegnano davvero e quando gli International Afairs
posta ad attacchi e pressioni dall’esterno. stati prendono sul serio il dovere di soccorrere i più all’American
Negli ultimi sessant’anni milioni di palestinesi so- deboli. u fsa University di Beirut.

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 33

In copertina
Un mondo
Noam Chomsky, The Boston Review,
Stati Uniti. Foto di Martin Kollar
La crisi inanziaria colpisce l’occidente,
la fame si abbatte sul sud del pianeta. Ma
il problema più grave riguarda la democrazia,
ridotta a uno show per cittadini spettatori.
È ora di cambiare, scrive Noam Chomsky
L’
11 giugno la New York Re-
view of Books ha pubbli-
cato i pareri di alcuni
esperti sul tema “Come
afrontare la crisi”. È una
lettura molto interessante,
ma bisogna fare attenzione a quell’articolo
determinativo. Per l’occidente “la crisi” è
la crisi inanziaria che ha colpito i paesi ric-
chi. È una crisi molto importante, ma anche
per i ricchi e i privilegiati non è certo l’uni-
ca, e neanche la più grave. Altri vedono il
mondo diversamente. Per esempio, il 26
ottobre 2008 il quotidiano bengalese The
New Nation ha scritto: “È molto signiicati-
vo che siano stati spesi migliaia di miliardi
di dollari per rimettere in sesto i principali
istituti inanziari del mondo, mentre i 12,3
miliardi di dollari previsti dall’Onu all’ini-
zio del 2009 per combattere la crisi alimen-
tare ancora non si vedono. L’obiettivo di
sradicare la povertà estrema entro la ine
del 2015 è sempre meno realistico, non per
carenza di risorse ma perché non c’è un ve-
ro interesse per i poveri del mondo”. L’arti-
colo prosegue anticipando che la giornata
mondiale dell’alimentazione, il 16 ottobre
2009, “porterà pessime notizie sulla situa-
zione dei poveri del mondo e nient’altro:
semplici notizie che non provocheranno
nessuna reazione”.
I leader occidentali sembrano decisi a
confermare questa previsione. L’11 giugno
il Financial Times scriveva che “il program-
34 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
VU/GRAzIA NeRI
ma alimentare delle Nazioni Unite sta ta-
gliando le razioni e interrompendo alcuni
interventi perché i paesi donatori, colpiti
dalla crisi economica, hanno ridotto i inan-
ziamenti”. I tagli sono stati fatti nel mo-
mento peggiore: nel mondo le persone che
sofrono la fame sono più di un miliardo
(cento milioni si sono aggiunte negli ultimi
sei mesi), i prezzi aumentano e le rimesse
degli emigranti diminuiscono a causa della
crisi in occidente.
Come aveva sospettato The New Na-
tion, le pessime previsioni difuse dall’Onu
non hanno neanche raggiunto la dignità di
notizie. Sul New York Times i tagli al pro-
gramma alimentare hanno avuto un trai-
letto a pagina 10. Le Nazioni Unite hanno
anche denunciato che un miliardo di perso-
ne rischia di morire per le conseguenze del-
la desertiicazione. Secondo il giornale ni-
geriano Thisday, l’obiettivo era sensibiliz-
zare l’opinione pubblica e incoraggiare il
rispetto delle convenzioni internazionali
sull’ambiente. Ma questo aspetto è stato
completamente trascurato dalla stampa
statunitense.
Succede di continuo. Basta ricordare
che quando sbarcarono nella regione oggi
occupata dal Bangladesh, gli invasori bri-
tannici rimasero allibiti dalla ricchezza e
dallo splendore di un paese che oggi è il
simbolo della miseria. Come testimonia il
destino del Bangladesh, la crisi alimentare
non è solo il risultato della “mancanza di Virginia, Stati Uniti
do ingiusto

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 35

 In copertina
VU/GRAzIA NERI
vero interesse” da parte dei potenti della
terra. Adam Smith aveva osservato che
all’epoca i “principali arteici” della politica
britannica, cioè gli industriali e i mercanti,
difendevano a tutti i costi i loro interessi.
Non si preoccupavano delle conseguenze
per i cittadini inglesi e tantomeno per quel-
li che erano soggetti “alla selvaggia ingiu-
stizia degli europei”, in particolare nell’In-
dia conquistata all’impero. Smith si riferiva
al sistema mercantilistico, ma la sua osser-
vazione ha un valore più generale ed è uno
dei pochi princìpi solidi e duraturi che rego-
lano sia i rapporti internazionali sia gli afa-
ri interni dei paesi. È anche vero che non si
deve generalizzare troppo. Ci sono casi in
cui gli interessi dello stato, compresi quelli
economici e strategici a lungo termine,
hanno la meglio su quelli delle concentra-
zioni di potere economico che di solito con-
dizionano la politica, come in Iran e a Cu-
ba.
La crisi alimentare è scoppiata ad Haiti
all’inizio del 2008. Come il Bangladesh,
oggi Haiti è un simbolo di miseria e dispe-
razione. E come il Bangladesh, quando ar-
rivarono gli esploratori europei l’isola era
ricca di risorse e aveva una popolazione lo-
rida e numerosa. In seguito diventò la fonte
di buona parte della ricchezza della Fran-
36 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
cia. Senza stare a ripetere tutta la storia,
diciamo che l’attuale crisi alimentare di
Haiti si può far risalire direttamente al 1915.
L’invasione voluta dal presidente statuni-
tense Woodrow Wilson fu sanguinosa, bru-
tale e distruttiva. Il parlamento haitiano fu
sciolto con le armi perché si riiutava di ap-
provare la “legge progressista” che avrebbe
consentito alle aziende statunitensi di im-
possessarsi delle terre haitiane. Poi i mari-
nes di Wilson organizzarono libere elezioni
in cui la legge fu approvata al 99,9 per cento
dal 5 per cento della popolazione che poté
votare. Tutto questo è passato alla storia
come “idealismo wilsoniano”.
Più tardi l’Usaid, l’agenzia degli Stati
Uniti per lo sviluppo internazionale, avreb-
be creato programmi per trasformare Haiti
nella “Taiwan dei Caraibi” in nome del sa-
cro principio del vantaggio relativo: Haiti
doveva importare cibo e altre merci dagli
Stati Uniti, mentre gli operai, che erano so-
prattutto donne, dovevano lavorare in con-
dizioni penose alle catene di montaggio
delle industrie americane. Nel 1990 le pri-
me elezioni libere di Haiti misero in perico-
lo questo programma economico così ra-
zionale. La maggioranza povera del paese
entrò per la prima volta nell’arena politica
ed elesse il suo candidato, il prete populista
Syracuse, New York, Stati Uniti
Jean-Bertrand Aristide. Washington adottò
la procedura che usa sempre in questi casi:
cominciò a boicottare il regime. Qualche
mese dopo infatti arrivò il colpo di stato mi-
litare, e la giunta che prese il potere instau-
rò un regime del terrore, con l’appoggio di
Bush senior e ancor più di Clinton, anche se
l’amministrazione statunitense ingeva il
contrario. Nel 1994 Clinton decise che la
popolazione era intimidita a suicienza e
mandò i suoi soldati a reinstaurare il presi-
dente eletto, ma a condizione che accettas-
se un duro regime neoliberista. In partico-
lare, non doveva esserci nessuna forma di
protezionismo economico. I coltivatori di
riso haitiani erano bravissimi, ma non tanto
da competere con le aziende agricole ame-
ricane, che potevano contare su forti sussi-
di governativi soprattutto grazie a Reagan,
deinito da qualcuno l’alto sacerdote del li-
bero scambio nonostante le sue iniziative
di protezionismo estremo e di intervento
dello stato nell’economia.
Quindi non c’è da sorprendersi di quello
che successe dopo. Un rapporto dell’Usaid
del 1995 avvertiva che la politica commer-
ciale e d’investimento imposta da Washing-
ton avrebbe ridotto alla fame i coltivatori di
riso locali. Il neoliberismo smantellò quel
poco che rimaneva della sovranità econo-
mica del paese e lo fece precipitare nel caos.
George W. Bush peggiorò la situazione
bloccando gli aiuti internazionali per puro
cinismo. A febbraio del 2004 i due tortura-
tori storici di Haiti, la Francia e gli Stati Uni-
ti, appoggiarono un colpo di stato militare
che costrinse il presidente Aristide all’esilio
in Africa. Da allora, Haiti non è più riuscita
a provvedere ai suoi bisogni alimentari ed è
rimasta in balìa delle luttuazione dei prez-
zi delle derrate, che è stata la causa princi-
pale della crisi alimentare del 2008.
Storie simili si sono ripetute in molte
parti del mondo. In senso stretto, forse è
vero che la crisi alimentare è il risultato del
disinteresse dell’occidente: sarebbe basta-
to poco per evitare gli efetti più gravi. Ma
soprattutto è il risultato della totale dedi-
zione ai princìpi di una politica statale con-
dizionata dalle grandi imprese, come aveva
indicato Adam Smith.
Sono tutti problemi che cerchiamo di
non vedere, come il fatto che salvare le ban-
che non è esattamente la prima preoccupa-
zione di miliardi di persone che sofrono la
fame, anche nel paese più ricco del mondo.
Non ci preoccupiamo neanche di cercare
un modo per contenere la crisi, sia inanzia-
ria sia alimentare. Lo suggerisce l’autore-
vole rapporto del Sipri, l’istituto di ricerche
sulla pace di Stoccolma, secondo cui le spe-
se militari sono altissime e in continuo au-
mento. Gli Stati Uniti spendono quasi
quanto il resto del mondo messo insieme,
sette volte di più della Cina che è al secondo
posto. È un dato che si commenta da solo.
Democrazia e capitale
La distribuzione delle nostre preoccupa-
zioni dimostra che c’è anche un’altra crisi,
una crisi culturale: la tendenza a concen-
trarsi sui vantaggi personali a breve termi-
ne è tipica delle nostre istituzioni economi-
che e del sistema ideologico che le sostiene.
Ne sono un esempio gli incentivi creati dai
manager per arricchirsi senza preoccupar-
si delle conseguenze per gli altri, come il
fatto che la gente comune paga involonta-
riamente per salvare le aziende “troppo
grandi per fallire”.
Poi ci sono problemi più profondi, legati
alle ineicienze del mercato. Una di queste,
ormai riconosciuta come una delle cause
della crisi, è la sottovalutazione dei rischi di
sistema: se io e voi facciamo una transazio-
ne commerciale, teniamo conto dei costi
che comporta per noi, non per altre perso-
ne. Nell’industria inanziaria questo signi-
fica che, quando emette un prestito, la
Goldman Sachs calcolerà quanto potrebbe
costarle se non venisse restituito, ma non il
La crisi alimentare
e la crisi inanziaria
hanno la stessa
origine: lo
spostamento verso
il neoliberismo negli
anni settanta
suo impatto sul sistema inanziario, che po-
trebbe essere molto pesante. Questo difet-
to tipico dei mercati è noto. Dieci anni fa, al
culmine dell’entusiasmo per l’efficienza
dei mercati, due importanti economisti,
John Eatwell e Lance Taylor, scrissero Glo-
bal inance at risk, un libro importante in cui
spiegavano le conseguenze delle ineicien-
ze dei mercati e suggerivano il modo per
eliminarle. Le loro proposte erano in netto
contrasto con la febbre di deregulation che
allora consumava l’amministrazione Clin-
ton: quel governo era guidato dalle stesse
persone chiamate da Obama per mettere
qualche cerotto ai disastri che loro stessi
hanno contribuito a provocare.
In buona misura la crisi alimentare che
aligge il sud del mondo e la crisi inanzia-
ria che aligge il nord hanno la stessa origi-
ne: lo spostamento verso il neoliberismo
avvenuto negli anni settanta, che ha messo
ine al sistema di Bretton Woods stabilito
da Stati Uniti e Gran Bretagna dopo la se-
conda guerra mondiale. Gli ideatori di Bret-
ton Woods, John Maynard Keynes e Harry
Dexter White, pensavano che quei princìpi
di base, tra cui il controllo dei capitali e la
regolamentazione delle valute, avrebbero
portato a una crescita economica rapida e
relativamente equilibrata. Questo avrebbe
permesso ai governi di realizzare i pro-
grammi sociali democratici che riscuoteva-
no un forte consenso da parte dei cittadini.
Keynes e White avevano ragione più o me-
no su tutta la linea.
Molti economisti chiamano i decenni
che seguirono, ino agli anni settanta, “l’età
d’oro del capitalismo”: non solo ci fu una
crescita enorme e relativamente bilanciata,
ma furono introdotti dei programmi di as-
sistenza pubblica. Come Keynes e White
sapevano bene, il libero movimento dei ca-
pitali e la speculazione non consentono
questo tipo di scelta. Per citare la letteratu-
ra specialistica, il libero lusso di capitali
crea un “senato virtuale” di creditori e inve-
stitori che sottopongono continuamente a
referendum le politiche del governo. Se
scoprono che sono irrazionali, cioè che ser-
vono ad aiutare i cittadini e non il proitto,
bocciano quelle politiche con la fuga dei
capitali, gli attacchi alla valuta e altri mezzi.
I governi democratici quindi hanno un
“doppio elettorato”: il popolo e il senato
virtuale, e di solito il secondo prevale sul
primo.
Il marketing della politica
Nella sua storia del sistema inanziario Bar-
ry Eichengreen, professore di economia e
scienze politiche a Berkeley, scrive che
all’inizio i costi dovuti alle ineicienze e
agli errori del mercato potevano essere sca-
ricati sui cittadini. Ma quando i governi co-
minciarono a essere “politicizzati” dal
“sufragio universale maschile e dalla na-
scita dei sindacati e dei partiti dei lavorato-
ri” e poi dalla radicalizzazione dei cittadini
durante la grande depressione e la guerra ai
regimi fascisti, far pagare i cittadini diventò
più diicile. Di conseguenza, con il sistema
di Bretton Woods “i limiti imposti alla mo-
bilità dei capitali presero il posto di quelli
imposti alla democrazia come mezzo di
isolamento dalle pressioni del mercato”.
Ma, con l’avvento del neoliberismo, lo
smantellamento dei limiti imposti da Bret-
ton Woods ha restituito al capitale un’arma
potentissima contro la democrazia.
L’attacco del neoliberismo alla demo-
crazia, che spesso viene chiamato “promo-
zione della democrazia”, ha aperto la strada
ad altri mezzi di controllo e di emarginazio-
ne dei cittadini. Negli Stati Uniti, per esem-
pio, è la grande macchina delle pubbliche
relazioni che gestisce gli eventi elettorali.
Al punto che Barack Obama ha vinto il pre-
mio di “venditore dell’anno”. Gli industria-
li hanno esultato sulla stampa di settore,
dicendo che Obama era il più grande suc-
cesso ottenuto finora dai “pionieri che
trent’anni fa hanno cominciato a confezio-
nare i candidati come beni di consumo”,
all’epoca della campagna presidenziale di
Reagan. Il Financial Times ha parafrasato
un responsabile del marketing dicendo che
il trionfo di Obama dovrebbe “inluire sui
consigli di amministrazione più di quello di
qualsiasi altro presidente dai tempi di Rea-
gan, che rideinì il concetto di amministra-
tore delegato”. Reagan aveva fatto scuola,
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 37
In copertina
dicendo che negli anni ottanta e novanta
bisognava arrivare “al dominio assoluto
dell’amministratore delegato”.
La sinergia tra gestione delle imprese e
controllo della politica, compreso il marke-
ting dei candidati come se fossero merci,
ofre grandi prospettive per la futura gestio-
ne della democrazia. Per gli operai, i picco-
li agricoltori e i poveri, in patria e all’estero,
le conseguenze sono catastroiche. Uno dei
motivi della diferenza di sviluppo tra Ame-
rica Latina e Asia orientale nell’ultimo
mezzo secolo è che l’America Latina non ha
controllato la fuga di capitali, che spesso si
avvicinava al suo debito ed è stata usata
regolarmente come arma per fermare la
democrazia e le riforme sociali. Durante il
periodo della crescita economica della Co-
rea del Sud, invece, la fuga dei capitali non
è stata solo vietata, ma punita con la pena
di morte.
Dove le regole del neoliberismo sono
state rispettate in dagli anni settanta, i ri-
sultati economici sono generalmente peg-
giorati e i programmi sociali sono stati ri-
dotti. Negli Stati Uniti, che hanno in parte
accettato queste regole, i salari reali, invece
di stare al passo con la produttività come
succedeva prima, sono fermi da trent’anni,
mentre le ore di lavoro sono aumentate e
superano di gran lunga quelle degli euro-
pei. I sussidi, che sono sempre stati insui-
cienti, sono stati ulteriormente ridotti. An-
che gli indicatori sociali, che misurano il
benessere generale di una società, sono ri-
masti al passo con la crescita solo ino a me-
tà degli anni settanta. Poi è cominciato un
declino che entro la ine del millennio li ha
fatti tornare ai livelli degli anni sessanta.
La crescita economica ha portato van-
taggi a poche persone, soprattutto nel set-
tore inanziario. Nel 1970 la inanza costi-
tuiva una piccola percentuale del prodotto
interno lordo. Ora la quota è più di un terzo,
mentre la produttività si è abbassata e con
lei gli standard di vita della maggior parte
dei lavoratori. L’economia ha visto nascere
una serie di bolle, crisi inanziarie e salva-
taggi pubblici, che hanno raggiunto picchi
senza precedenti. Alcuni grandi economi-
sti l’avevano previsto. Ma il mito dell’“ei-
cienza dei mercati” e della “scelta raziona-
le” ha sempre prevalso.
I mostri
In realtà anche l’espressione “età d’oro del
capitalismo” potrebbe essere contestata.
Sarebbe più giusto parlare di “capitalismo
di stato”. Lo stato infatti è, e rimane, uno
dei protagonisti dello sviluppo e dell’inno-
vazione grazie a provvedimenti come l’isti-
38 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
Tra opinione pubblica
e scelte politiche
c’è un divario enorme
su molte quesioni
importanti.
L’opinione pubblica
spesso è più sensata
tuzione di centri per la ricerca e lo sviluppo,
i sussidi, le commesse e i salvataggi delle
imprese. Nella loro versione statunitense,
visto che la punta avanzata dell’economia
era l’elettronica, queste politiche sono state
decise soprattutto dal Pentagono. Negli
ultimi anni, invece, visto che la punta avan-
zata era la biologia, c’è stato uno sposta-
mento verso le istituzioni sanitarie.
Il risultato di questa tendenza sono stati
soprattutto i computer, internet, i satelliti e
tutta la rivoluzione della tecnologia dell’in-
formazione, ma anche molto altro: per
esempio i progressi nel settore dell’aviazio-
ne civile, dei macchinari, dei farmaci e del-
le biotecnologie. Quando sentiamo parlare
dei pericoli dell’intervento statale sul siste-
ma inanziario dopo che ancora una volta il
settore privato lo ha mandato in crisi – e
questa volta si tratta di una crisi insolita-
mente grave, che danneggia anche i ricchi e
non solo i poveri, e quindi suscita particola-
re preoccupazione – dovremmo ricordarci
del ruolo cruciale svolto dallo stato nello
sviluppo economico. Nel numero della
New York Review of Books dedicato alla
crisi, lo storico dell’economia Niall Fergu-
son scrive: “La storia dell’economia c’inse-
gna molto chiaramente che la crescita eco-
nomica nasce dall’innovazione tecnologica
e dall’aumento di produttività e queste cose
vengono dal settore privato, non dallo sta-
to”. Quest’affermazione molto probabil-
mente è stata scritta con un computer e
spedita via internet, due cose che nel setto-
re pubblico sono esistite per decenni prima
di essere messe a disposizione del proitto
privato. Quindi la lezione della storia è
l’esatto opposto di quanto sostiene Fergu-
son.
In una società in cui i cittadini non pos-
sono essere controllati con la forza, lo svi-
luppo economico guidato dallo stato richie-
de una buona dose di menzogne. Non si
può dire alla gente che l’economia avanzata
conta soprattutto sui rischi che corrono i
cittadini, mentre gli eventuali proitti sa-
ranno dei privati. Dopo la seconda guerra
mondiale gli americani si sono sentiti dire
che le tasse servivano per difenderli dai
mostri che presto li avrebbero soprafatti:
negli anni ottanta Reagan si mise gli stivali
da cowboy e dichiarò un’emergenza nazio-
nale perché delle orde di nicaraguensi sta-
vano per raggiungere Harlingen, in Texas.
Vent’anni prima Lyndon Johnson ci aveva
spaventati dicendo che noi eravamo solo
150 milioni e loro tre miliardi, e che se non
li avessimo fermati in Vietnam ci avrebbero
spazzati via prendendoci tutto.
La ine della democrazia
Se mezzo secolo fa gli americani avessero
potuto scegliere di versare i soldi delle loro
tasse al Pentagono per permettere ai loro
nipoti di avere computer, iPod, internet e
così via, o di usarli per costruire un ordine
socioeconomico vivibile e sostenibile, for-
se avrebbero scelto la seconda cosa. Ma
non hanno avuto questa possibilità. Succe-
de sempre così: tra opinione pubblica e
scelte politiche c’è un divario enorme su
molte questioni importanti, di politica este-
ra e interna. Secondo me, l’opinione pub-
blica spesso è più sensata. Tende anche a
essere più coerente nel tempo. Eppure le
preoccupazioni e le aspirazioni delle perso-
ne comuni sono spesso tenute in poca con-
siderazione o ridicolizzate. È una delle ca-
ratteristiche più significative del “deficit
democratico”, cioè dell’incapacità delle
istituzioni democratiche di funzionare cor-
rettamente. Non è una questione di poco
conto. In un libro appena uscito, Quando
arrivano le cavallette (Guanda 2009), la
scrittrice e attivista Arundhati Roy si chie-
de se in India e negli Stati Uniti, e non solo
lì, l’evoluzione della democrazia formale
“non segnerà la ine della razza umana”. E
non è una domanda oziosa.
Per tornare a quella che l’occidente
chiama “la crisi”, che è la crisi inanziaria,
probabilmente si risolverà in qualche mo-
do, lasciando le istituzioni che l’hanno cau-
sata più o meno al loro posto. Il dipartimen-
to del tesoro statunitense ha autorizzato il
rimborso anticipato dei fondi Tarp, stanzia-
ti dal governo per dare un po’ di sollievo alle
attività finanziarie in difficoltà. Questo
provvedimento ridurrà la capacità delle
banche di erogare prestiti, ma gli consenti-
 Syracuse, New York, Stati Uniti
VU/GRAzIA NERI
rà di versare ancora soldi nelle tasche dei
pochi che contano. L’umore di Wall street è
stato colto da due dipendenti della Bank of
New York Mellon che, come ha scritto il
New York Times, “hanno previsto che la
vita delle persone e i salari miglioreranno,
anche se l’economia in generale non mi-
gliorerà”.
Un responsabile del noto studio legale
Sullivan & Cromwell ha fatto una previsio-
ne altrettanto ottimistica: “Dopo aver rac-
colto miliardi di dollari dai contribuenti,
Wall street uscirà dalla crisi più o meno
com’era prima”.
I motivi di tanto ottimismo sono stati
indicati, tra gli altri, da Simon Johnson, ex
capo economista del Fondo monetario in-
ternazionale: “Durante tutta la crisi il go-
verno statunitense è stato molto attento a
non danneggiare gli interessi delle istitu-
zioni inanziarie e a non mettere in discus-
sione le caratteristiche generali del sistema
che ci ha portato a questo”. Compresi gli
interessi delle élite che “hanno svolto un
ruolo fondamentale nel provocare la crisi,
rischiando sempre di più, con il sostegno
implicito del governo, ino all’inevitabile
collasso. Oggi quelle élite usano la loro in-
luenza per impedire le riforme”. Nel frat-
tempo, “il governo sembra che non possa,
o non voglia, agire contro di loro”. Chi co- considerazione dagli scienziati e dagli eco-
nosce Adam Smith non ne sarà sorpreso. nomisti. Secondo McKibben, “il 2009 po-
Ma c’è una crisi molto più grave, anche trebbe essere l’anno decisivo per la relazio-
per i ricchi e potenti. Ne parla, sullo stesso ne di noi esseri umani con il nostro piane-
numero della New York Review of Books, ta”. A dicembre ci sarà una conferenza a
lo scrittore ambientalista Bill McKibben, Copenaghen “per irmare un nuovo accor-
che da anni mette in guardia dai rischi del do internazionale sul riscaldamento globa-
riscaldamento globale. Il suo articolo si ba- le”. L’accordo ci dirà “se i nostri sistemi po-
sa sul rapporto Stern, che è tenuto in grande litici sono in grado di affrontare la sfida
senza precedenti rappresentata dal cam-
Da sapere biamento climatico”. Per McKibben, i se-
gnali sono incerti. Servono pressioni molto
◆ Soglie di povertà della popolazione mondiale, forti per impedire alle classi dirigenti dello
dollari guadagnati al giorno stato e delle imprese di privilegiare i van-
Popolazione Miliardi taggi a breve termine per pochi rispetto alla
% di abitanti
100
speranza che i loro nipoti abbiano un futuro
decente. Alcune barriere stanno comin-
90
1,31
ciando a crollare, in parte perché il mondo
80
5,15 imprenditoriale ha capito che ci sono nuove
70
possibilità di proitto. Perino il Wall Street
60 Journal recentemente ha parlato dei rischi
50 3,32 del “disastro climatico”.
3,86
40 3,14 Come al solito, quelli che ne risentiran-
2,60
30 4,74 no di più saranno i poveri. Presto il Bangla-
5,06
20 1,72 desh dovrà preoccuparsi di un problema
5,58 1,40
10
peggiore della crisi alimentare. Quando il
0,88
livello del mare salirà ancora, buona parte
0
1$ 1,25 $ 1,45 $ 2$ 2,50 $ 10 $ del paese, comprese le regioni più produtti-
ve, potrebbe inire sott’acqua. Ed è molto
Fonte: Banca mondiale
probabile che le crisi attuali saranno aggra-
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 39
 In copertina
VU/GRAzIA NERI
vate dal fatto che i ghiacciai dell’Himalaya
stanno sparendo, insieme ai grandi sistemi
luviali che mantengono in vita il sudest
asiatico. I ghiacciai che si sciolgono tra
quelle montagne, dove i soldati indiani e
pachistani sofrono e muoiono, mettono in
evidenza l’assurdità del conflitto per il
Kashmir, “un monumento alla follia uma-
na”, come lo deinisce Roy.
Anche se le nuove tecnologie sono es-
senziali per risolverli, i problemi vanno ben
oltre. Dobbiamo invertire i grandi progetti
di ingegneria sociale che gli stati e le impre-
se hanno creato dopo la seconda guerra
mondiale, perché favoriscono un’economia
basata sui carburanti fossili che spreca
energia e distrugge l’ambiente. Questi pro-
grammi, che comprendevano grandi pro-
getti di espulsione verso le periferie accom-
pagnati dalla distruzione e poi dalla trasfor-
mazione in zone residenziali dei centri cit-
tadini, sono cominciati con la congiura
della General Motors, della Firestone e del-
la Standard Oil californiana, che hanno
comprato e distrutto gli eicienti sistemi di
trasporto pubblico di Los Angeles e di deci-
ne di altre città. Sono state giudicate colpe-
voli e punite con uno scappellotto, poi è in-
tervenuto il governo federale e ha trasferito
infrastrutture e capitali nelle zone periferi-
40 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
che creando un’enorme rete autostradale,
con il pretesto della “difesa”. Le ferrovie
sono state sostituite dal trasporto stradale e
aereo inanziato dallo stato.
Mentre promuovevano la privatizzazio-
ne della vita e il massimo spreco di energia,
i poteri forti impedivano anche le scelte ef-
icienti che il mercato non ofre, un altro
esempio dell’inefficienza congenita del
mercato. Per dirla in parole povere, se vo-
glio tornare a casa dal lavoro, il mercato mi
ofre la scelta tra una Ford e una Toyota, ma
non tra una macchina e una metropolitana.
Questa è una decisione sociale e in una so-
cietà democratica dovrebbe essere presa
dai cittadini. Ma è proprio questo che l’at-
tacco delle élite alla democrazia cerca di
evitare.
La resistenza latente
Seymour Melman, economista esperto di
economia militare e riconversione indu-
striale scomparso nel 2004, aveva più volte
sottolineato che gli Stati Uniti stavano di-
struggendo la loro capacità produttiva.
Melman spiegava anche che c’è un modo
sensato per invertire questo processo. Le
imprese e lo stato hanno progetti diversi,
ma gli altri “portatori di interessi”, lavora-
tori e comunità, non hanno motivo di rima-
Keys, Florida, Stati Uniti
nere passivi. Con il sostegno popolare, po-
trebbero farsi carico delle fabbriche e por-
tare avanti da soli il lavoro di ricostruzione.
Non è una proposta particolarmente radi-
cale. Un testo classico sulle imprese, The
myth of the global corporation, fa notare che
“non è scritto da nessuna parte che gli inte-
ressi a breve termine degli azionisti delle
imprese statunitensi meritino di avere la
priorità su quelli di tutti gli altri portatori di
interessi”.
L’idea del controllo da parte dei lavora-
tori, inoltre, è un concetto tipicamente
americano. All’inizio della rivoluzione in-
dustriale, nel New England la gente dava
per scontato che “quelli che lavorano nelle
fabbriche dovrebbero possederle”. E consi-
derava il lavoro salariato diverso dalla
schiavitù solo perché era temporaneo.
Abraham Lincoln la pensava allo stesso
modo. Il più grande ilosofo sociale del ven-
tesimo secolo, John Dewey, era fondamen-
talmente d’accordo. Proprio come gli ope-
rai dell’ottocento, chiedeva l’eliminazione
“delle imprese inalizzate al proitto privato
attraverso il controllo delle banche, della
terra e delle industrie, raforzato da quello
della stampa e di altri mezzi di pubblicità e
propaganda”. L’industria deve cambiare e
passare “da un ordine feudale a un ordine
sociale e democratico” basato sul controllo
da parte dei lavoratori, sulla libera associa-
zione, e sull’organizzazione federale. È una
linea di pensiero del socialismo delle cor-
porazioni di G.D.H. Cole e di marxisti di
sinistra come Anton Pannekoek, Rosa Lu-
xemburg, Paul Mattick e altri, oltre che di
molti anarchici. Se non si raggiungono que-
sti obiettivi, secondo Dewey, la politica ri-
marrà “l’ombra gettata sulla società dalle
grandi imprese, e l’attenuazione di
quell’ombra non ne cambierà la sostanza”.
Secondo Dewey, senza democrazia indu-
striale qualsiasi forma di democrazia poli-
tica manca di un vero contenuto e la gente
non lavora “in modo libero e intelligente”,
ma solo per essere pagata, vivendo in una
condizione “illiberale e immorale”. Per ci-
tare le parole usate settant’anni fa dall’anar-
cosindacalista Rudolf Rocker, prima di
arenarsi sulle secche del capitalismo questi
ideali risalivano all’illuminismo e al libera-
lismo classico.
Sono stati fatti molti tentativi per toglie-
re queste idee dalla testa della gente, per
vincere quella che il mondo imprenditoria-
le chiamava “l’eterna battaglia per conqui-
stare la mente degli uomini”. In supericie,
può sembrare che gli interessi delle impre-
se abbiano avuto la meglio, ma non c’è bi-
sogno di scavare molto a fondo per trovare
una resistenza latente che può essere resu-
scitata. Ci sono stati tentativi importanti in
questo senso. Uno risale a trent’anni fa e
riguarda la città di Youngstown, nell’Ohio,
dove la Us Steel stava per chiudere un im-
pianto nel cuore della città. Prima vennero
le proteste dei dipendenti e della comunità,
poi il tentativo di Staughton Lynd di con-
vincere il tribunale che i lavoratori doveva-
no avere la priorità. Quella volta le cose
andarono male, ma con un maggior soste-
gno popolare sarebbero potute andare me-
glio.
Cittadini partecipi
È il momento giusto per riproporre iniziati-
ve come queste, anche se dobbiamo supe-
rare gli efetti della propaganda che è stata
pensata per farci dimenticare la nostra sto-
ria e la nostra cultura. Un esempio impor-
tante di questa sfida lo abbiamo avuto
all’inizio di febbraio del 2009, quando Ba-
rack Obama ha deciso di dimostrare la sua
solidarietà ai lavoratori andando a parlare
in una fabbrica dell’Illinois. Ha scelto la
Caterpillar, nonostante le obiezioni della
chiesa, dei paciisti e delle associazioni per
la difesa dei diritti umani, perché la Cater-
pillar fornisce a Israele i mezzi per devasta-
re i territori che occupa e per distruggere la
Di tutte le crisi che ci
aliggono, il deicit
democratico in
aumento è forse la più
grave. Le conseguenze
potrebbero essere
gravissime
vita della popolazione. Un bulldozer della
Caterpillar è stato usato anche per uccidere
la volontaria americana Rachel Corrie
mentre cercava di impedire l’abbattimento
di una casa. E c’era anche un’altra cosa. Ne-
gli anni ottanta, seguendo le orme di Rea-
gan che aveva smantellato il sindacato dei
controllori di volo, i manager della Cater-
pillar avevano deciso di rescindere gli ac-
cordi con il sindacato United auto workers
(Uaw) e per la prima volta dopo decenni
avevano fatto venire dei crumiri per inter-
rompere uno sciopero. All’epoca, questo
comportamento antisindacale era illegale
in tutti gli altri paesi industrializzati tranne
il Sudafrica. Oggi credo che gli Stati Uniti
siano rimasti in uno splendido isolamen-
to.
Non so se Obama abbia scelto apposita-
mente un’azienda che aveva aperto la stra-
da alla violazione dei diritti dei lavoratori.
Probabilmente no. Ma all’epoca dello scon-
tro con l’Uaw Obama era un avvocato che si
occupava di diritti civili a Chicago. Sicura-
mente leggeva il Chicago Tribune, che ave-
va pubblicato un’accurata analisi di quanto
era successo. Il Tribune aveva scritto che il
sindacato era rimasto “sbalordito” quando
aveva visto i disoccupati superare i picchet-
ti senza rimorsi, mentre gli operai della Ca-
terpillar avevano ricevuto pochissimo “so-
stegno morale” dalla loro comunità, una
delle molte in cui il sindacato aveva “contri-
buito a migliorare gli standard di vita”.
Cancellare il ricordo di questi avvenimenti
è stata un’altra delle vittorie dell’élite im-
prenditoriale statunitense nella sua guerra
per distruggere i diritti dei lavoratori e la
democrazia. Solo nel 1978 il presidente
dell’Uaw Doug Frazer si rese conto di quel-
lo che stava succedendo e criticò gli im-
prenditori per aver “deciso di scatenare una
guerra unilaterale contro i lavoratori, i di-
soccupati, i poveri, le minoranze, i più gio-
vani e i più anziani, e perino una parte della
classe media”. Frazer li accusò di aver “in-
franto il fragile patto non scritto che esiste-
va durante il periodo della crescita e del
progresso”. Fidarsi di un patto con i padroni
e i manager è suicidio. L’Uaw se ne sta ac-
corgendo oggi che lo stato e le imprese si
apprestano a cancellare i diritti conquistati
a fatica dai lavoratori e a smantellare la ba-
se produttiva dell’economia americana.
Ora gli investitori si lamentano perché i
sindacati hanno potuto aidare ai lavorato-
ri il controllo della ristrutturazione dell’in-
dustria automobilistica. Ma sanno benissi-
mo che grazie all’intervento del governo gli
operai non avranno nessun potere reale.
Perderanno salario e sussidi, rinunciando a
tutte le conquiste della classe operaia.
Questa è solo una piccola parte di quello
che sta succedendo. Dimostra l’importan-
za delle strategie a breve e a lungo termine
per costruire, e in parte ricostruire, le fon-
damenta di una società democratica fun-
zionante. Uno degli obiettivi più immediati
è fare pressione sul congresso perché rico-
nosca davvero il diritto dei lavoratori a or-
ganizzarsi in sindacati forti e indipendenti.
Un obiettivo a breve termine è appoggiare
la rinascita di quel movimento dei lavorato-
ri che al suo apice è stato essenziale per
l’avanzamento della democrazia e dei dirit-
ti umani e civili. Un obiettivo più a lungo
termine è vincere la battaglia culturale del-
la “guerra unilaterale” denunciata dal pre-
sidente dell’Uaw. Questo signiica abbatte-
re l’enorme ediicio di illusioni sui mercati,
il libero scambio e la democrazia che è stato
costruito con cura negli anni. Signiica su-
perare l’emarginazione e l’atomizzazione
del cittadini, per farli diventare “protagoni-
sti” e non solo “spettatori”.
Di tutte le crisi che ci aliggono, il deicit
democratico in continuo aumento è forse la
più grave. Se non troviamo un rimedio, la
profezia di Arundhati Roy potrebbe avve-
rarsi: la democrazia si trasformerà in uno
spettacolo di cui i cittadini sono semplici
spettatori e le conseguenze potrebbero es-
sere gravissime. u bt
L’AUTORE
Noam Chomsky è un linguista di fama
mondiale e un esponente della sinistra radicale
nordamericana. Nato nel 1928 negli Stati Uniti,
dal 1955 è professore di linguistica all’Mit di
Boston. Il suo ultimo libro uscito in Italia è Il
governo del futuro (Tropea 2009).
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 41
Giappone
Evaporati
nel nulla
Léna Mauger, xxi, Francia. Foto di Stéphane Remael
In Giappone migliaia di persone decidono
di scomparire per costruirsi una nuova vita e
chiudere con un passato diicile. Il loro nome
è “evaporati”. Un reportage di xxi
V
ive senza dare nell’occhio
in un quartiere a nord di
Tokyo, fuori dall’anello
ferroviario. In un dedalo
di vicoli ideale per na-
scondersi o starsene per i
fatti propri. Questa sera non c’è la luna. Po-
chi passanti scivolano silenziosi sotto la
luce dei lampioni, uno spettacolo di ombre
scandito dal rumore dei treni. All’angolo di
una strada c’è una casa anonima, una spe-
cie di cubo bianco di cemento, che si distin-
gue dalle altre per un cartello sulla facciata:
“Società di traslochi di ogni tipo”. Alcuni
operai stanno scaricando degli oggetti da
tre furgoncini parcheggiati davanti all’edi-
icio. Uno di loro, un tipo basso e tarchiato,
mi si avvicina nell’ombra e dice: “Il padro-
ne dovrebbe arrivare da un momento all’al-
tro”.
Fa molto freddo. Aspetto a lungo. Dopo
mezz’ora torna l’impiegato della ditta e mi
indica la scala che porta all’uicio del capo.
Entro in una stanza dove regna il caos:
montagne di carta, scatole, vecchi compu-
ter, macchine da scrivere, walkie-talkie. Il
capo è seduto dietro la scrivania, nascosto
dalle pile di documenti. Ha un isico asciut-
to, il volto serio, l’aria imperturbabile. Si
alza, fa un inchino e si presenta: “Sono Ka-
zufumi Kuni”. Ecco un fantasma che dopo
ripetuti inviti ha accettato di incontrarmi
per raccontare la storia della sua scompar-
sa. Kazufumi, infatti, è un “evaporato”. Un
giorno è uscito dall’uicio come al solito,
42 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
ma non è mai tornato a casa. È scomparso
nel nulla come altre migliaia di persone in
Giappone, dove il fenomeno delle “evapo-
razioni” esiste da secoli.
Kazufumi prende una busta su una
mensola e tira fuori con fare cerimonioso
dei fogli ingialliti. Mi mostra una carta
d’identità scaduta con una sua foto da gio-
vane. Aveva uno sguardo ambizioso. Qual
è il suo vero cognome? “Okuniya”. Quando
è nato? Il 16 aprile di Showa 18 (1943). È
proprio lui, Kazufumi. Ma quella carta
d’identità mostra un uomo che non esiste
più. Oggi il volto è invecchiato, la schiena è
curva e il cognome ha perso un ideogram-
ma, diventando Kuni. Una mutilazione
fonetica che è una cicatrice e al tempo stes-
so una metafora della sua vita. Sho Atori aiutava le persone a sparire
Come se n’è andato? e ha scritto un libro sull’esperienza
“Presi il treno. Era lo Showa 45 (1970).
Lavoravo da quattro anni in una società i- stesse facendo un esame. “Una sera mi na-
nanziaria. Era sera ed ero giovane. Non ri- scosi da un ex compagno di università”. Per
cordo più il giorno esatto”. Il suo sguardo si alcune settimane i due uomini condivisero
perde nel vuoto. A 66 anni Kazufumi torna un piccolo appartamento in un quartiere
ai tempi in cui era sicuro che il mondo gli popolare di Tokyo. Kazufumi restava chiu-
appartenesse. Si era laureato in una presti- so in casa, muto. Stava cominciando l’eva-
giosa università giapponese e faceva il bro- porazione. La sua famiglia fece delle inda-
ker. “Ero un grande venditore”, dice. La gini. Il padre si rivolse a un investigatore
sua carriera ilò liscia ino a quando un cat- privato. “Mi cercò a lungo”, dice Kazufumi.
tivo investimento si trasformò in una per- Sulle sue tracce c’erano anche le agenzie di
dita di 400 milioni di yen. I clienti prote- recupero crediti. Poi, però, si resero conto
starono e i capi attribuirono a lui tutta la che non potevano fare causa a uno scom-
colpa. “Mi resi conto che l’azienda mi stava parso. “Come facevano a denunciarmi?”.
abbandonando, così decisi di fuggire”. Ka- Kazufumi si aggirava da solo nei meandri
zufumi sceglie bene le parole, come se di Tokyo, dove è facile trovare dei datori di

lavoro che non si fanno troppi problemi. Ha
fatto il muratore, il magazziniere, il lava-
piatti, il cameriere. “Ho fatto tutti i lavori
più umili. Guadagnavo ottomila yen al
giorno, che mi permettevano di mangiare
e dormire. Questi lavori mi hanno indurito
isicamente e psicologicamente”. Ormai
Kuni era un uomo senza passato.
Uomini tuttofare
Nel suo uicio squilla continuamente il te-
lefono. Kazufumi solleva il ricevitore e riat-
tacca subito: non vuole essere disturbato
mentre cerca di rimettere insieme i pezzi
del suo passato. “Non ho mai pensato a una
nuova vita. Sono semplicemente fuggito.
Non è qualcosa di cui andare orgogliosi.
Ma l’importante è restare vivi”. Dopo qual-
che anno riuscì ad aittare anonimamente
un appartamento. Poi scoprì l’esistenza
delle aziende che forniscono ai privati i
benri-ya, gli uomini tuttofare. Queste pic-
cole imprese ofrono ogni tipo di servizio:
dall’innaiatura delle piante alla passeg-
giata del cane ino allo sfratto degli inquili-
ni. Così Kazufumi decise di fondare l’azien-
da che oggi dirige. “Abbiamo cominciato
con la raccolta dei cani investiti per strada.
Le loro carcasse andavano in putrefazione,
puzzavano. La gente si allontanava inorri-
dita mentre le raccoglievamo. Anche noi
eravamo disgustati, ma qualcuno doveva
pur fare questo lavoro. E io non avevo scel-
ta, era il mio modo per guadagnarmi da
vivere. In quel momento decisi di non tira-
mi indietro di fronte a niente”.
Il telefono squilla di nuovo. Kazufumi
liquida la conversazione in poche battute:
“Mi richiami domani”. E riprende impassi-
bile il suo racconto. “Mi occupo anche di
riiuti industriali ed elettronici pericolosi,
oltre a cadaveri annegati e pezzi di carne
marci. Siamo sul gradino più basso della
società e non ci facciamo scrupoli”. Ma Ka-
zufumi ha un’attività segreta, quella che mi
ha portato nel suo uicio. La sua azienda è
una specie di “agenzia di fughe”. A volte i
suoi furgoncini trasportano persone che
vogliono sparire come ha fatto lui. L’evapo-
rato è anche un evaporatore. Kazufumi ha
aiutato più di cento persone a sparire nel
nulla. Sono loro che vengono da lui. Attra-
verso il passaparola e grazie alla sua formu-
la: traslochi di ogni tipo. “Al telefono parla-
no di traslochi. Ma quando ci chiedono di
venire alle otto di sera o a mezzanotte ca-
piamo subito quello che vogliono”.
Kazufumi non accetta tutte le richieste.
Sottopone i clienti a un interrogatorio ser-
rato. “Mio padre, che era un poliziotto, mi
ha insegnato a non andare oltre una certa
linea. Non prendo quelli che mi sembrano
strani”. Kazufumi rifiuta il 90 per cento
delle domande, ma quando conclude un
accordo, agisce molto rapidamente. Al tra-
monto arrivano strani traslocatori con len-
zuola e tende nere. Coprono le finestre
imballano i mobili in fretta. “I clienti ci di-
cono sempre che non hanno niente. Ma
quando arriva il momento, vogliono porta-
re via tutto, compresa la lavatrice. Noi cer-
chiamo di essere discreti e rapidi”.
A volte ci sono delle sorprese. “Mi è ca-
pitato di traslocare un’azienda intera e una
libreria di testi erotici. In questi casi biso-
gna stare attenti. Uso solo scarpe da ginna-
stica, controllo che non ci siano microfoni
nascosti e, per confondere le acque, metto
etichette con indirizzi inti”. A volte la si-
tuazione è pericolosa. Alcuni clienti si ar-
mano di coltelli, bastoni o katana (spade)
di legno. “Il giorno del trasloco sono molto
tesi, hanno i nervi a ior di pelle e temono
l’arrivo improvviso dei creditori”. Ci pos-
sono essere risse e inseguimenti.
Di solito i clienti dell’evaporatore sono
celibi, degli impiegati modello, ma ci sono
anche persone che fuggono con tutta la fa-
miglia. In gran parte si tratta di persone
della classe media: uomini, donne e bam-
bini che fuggono dai debiti contratti con
aziende vicine alla yakuza, la maia giap-
ponese, che per riscuotere i soldi ricorre
alla violenza. Kazufumi è la loro ultima
speranza. Il suo primo consiglio è per le
donne e i bambini: mettersi al sicuro il gior-
no prima. Alla “scomparsa” sono presenti
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 43
Giappone
Molti giapponesi decidono di far perdere le loro tracce dopo essere stati licenziati
solo gli uomini. Nella notte, senza lasciare
tracce, i suoi furgoncini portano via la di-
sperazione. Chiedo a Kazufumi se può
mettermi in contatto con qualche evapora-
to. Riiuta: “Li ho completamente cancel-
lati dalla memoria”. Quindi chiude la sua
grande busta ingiallita. L’intervista è ter-
minata, bisogna andare via. La porta sta
per chiudersi alle mie spalle, quando mor-
mora: “Vada a vedere verso le sorgenti del
monte Fuji”.
Fonti d’acqua calda
Il treno ad alta velocità Shinkansen sfrec-
cia a ovest di Tokyo a trecento chilometri
all’ora. A destra si vede il monte Fuji, il sim-
bolo del Giappone. Le sue strade tortuose,
il porto industriale, la banchina in cemento
e i vecchi alberghi conferiscono un’aria de-
cadente al centro balneare di Atami. È una
cittadina kitsch, vecchia e indolente, famo-
sa per le sue onsen, le fonti d’acqua calda.
Una tradizione nata nel seicento, nel Giap-
44 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
pone feudale, e continuata ino alla ine
dell’ottocento. La letteratura e il teatro di
questo periodo associavano le fonti vulca-
niche al destino degli evaporati. Molti libri
e pièce teatrali dell’epoca raccontano le
avventure di fuggitivi venuti per sbarazzar-
si del loro passato nei vapori sulfurei delle
onsen, prima di “riapparire” altrove. I più
disperati si puriicano e si tolgono la vita. È
da questa metafora che deriva l’espressio-
ne “evaporati”, johatsu in giapponese.
Questo sabato il quartiere è animato.
Donne travestite da geisha distribuiscono
volantini pubblicitari delle terme. I chio-
schi gestiti da signore anziane vendono le
specialità del luogo: pesce secco e dolci con
fagioli rossi. Una di loro serve anguille alla
griglia. Con il sedere incollato alla stufa, la
signora parla con piacere delle terme del
Fuji: “Visiti quelle dell’hotel Taikanso, in
cima alla collina. Sono le più antiche di
Atami, sono state costruite nel 1928. Deve
risalire la strada e girare a sinistra dopo il
ponte”. E gli evaporati? Ce ne sono ad Ata-
mi? La donna si volta, si mette accanto alla
stufa e non dice più una parola.
Al commissariato anche i poliziotti si
chiudono in un profondo mutismo. All’ho-
tel Taikanso la direzione mi manda un in-
gegnere in tuta blu che, con grande imba-
razzo, mi porta sotto un’impalcatura lonta-
no da lì. “Da noi non ci sono evaporati”,
dice continuando a guardarsi attorno. “In
passato non c’era manodopera e quindi le
aziende assumevano senza andare troppo
per il sottile. Oggi, invece, prendono infor-
mazioni sulla persona, sulle sue origini,
sulla sua famiglia”.
La domanda provoca lo stesso disagio
ovunque. “Siamo un’istituzione rispettabi-
le”, risponde il direttore di una onsen. “So-
no invenzioni”, sbotta un altro. Solo il ge-
store di un albergo mi dice qualcosa: “For-
se può aiutarla il dottor Uchida, il medico
delle fonti”.
Il dottor Uchida dirige un ambulatorio
In Giappone la legge riconosce alle persone adulte il diritto di sparire
nel centro della città. All’ingresso vedo una
trentina di paia di scarpe, molte di piccola
taglia: deve essere il giorno di visita dei
bambini. La sala d’aspetto è piena. Uchida
mi riceve dopo un’ora d’attesa. Il suo studio
è una stanza asettica dove volteggiano le
infermiere. Indossa un camice verde e ha
una mascherina sul viso. Si esprime con
semplicità e franchezza: “Molti giapponesi
vengono qui perché le fonti del monte Fuji
sono famose da secoli. È molto raro che si
suicidino dopo il bagno. Di solito girovaga­
no nella città per diversi giorni”.
Un bambino visitato da un’infermiera
si mette a piangere e Uchida alza la voce
per coprire le grida: “Alcuni evaporati tro­
vano lavoro nei ryokan (alberghi), per
esempio come personale delle pulizie. Non
è un segreto per nessuno che le fonti ofro­
no asilo ai fuggiaschi e ai criminali. Gli abi­
tanti non hanno dimenticato la fuga di Ka­
zuko Fukuda, una donna che aveva girova­
gato per 15 anni dopo aver ucciso le sue
colleghe di lavoro. La polizia l’ha ritrovata
presso le fonti di Atami. È stato un grande
scandalo”. Un’infermiera fa segno che l’ora
è passata. “Al suo posto”, dice Uchida, “an­
drei nei bagni aperti giorno e notte, verso
Shizuoka”.
Shizuoka signiica “collina calma”. An­
che se è ancora più vicina al monte Fuji, la
città non ha lo stesso fascino di Atami. I
suoi 70mila abitanti vivono in un universo
di magazzini e di lunghi caseggiati dove si
nota solo un blocco di case nuove: l’Hana-
noyu onsen. Un enorme complesso di risto­
ranti, sale giochi e cinema costruito intor­
no alle terme. Si trova a due ore da Tokyo
ed è la meta preferita di molti abitanti della
capitale giapponese, che vengono qui per
trascorrere il ine settimana con la fami­
glia.
Il direttore del centro, Taruno Uchino, è
orgoglioso del suo tempio del benessere e
ci tiene a farmelo visitare personalmente.
Elegante e rigido nelle sue scarpe di verni­
ce, mi fa notare il pavimento “in marmo
riscaldato”, i massaggi “al sale e alla sab­
bia”, la sauna “all’ultima moda” e il risto­
rante. “Posso offrirle un tè?”, mi chiede
prima di sprofondare nei cuscini di velluto
rosso di un divano, dove comincia ad asso­
pirsi senza badare più a me. Mi tocca scuo­
terlo per attirare la sua attenzione. “Le è
già capitato di avere a che fare con gli eva­
porati?”. Il tè rischia di andargli per traver­
so. “Evaporati nel mio albergo?”. Fa fatica
a riprendersi. Poi dice lentamente: “In ef­
fetti spesso vengono delle persone sole, in
crisi con la famiglia. Lasciano la loro casa e
non sanno dove andare. Il vantaggio di es­
sere qui è che non si rischia di incontrare
conoscenti. Siamo aperti 24 ore su 24”.
Quali sono le loro storie?
“Non lo so, non mi interessa”.
Uchino si alza e si sistema il vestito.
“Quel che è certo è che siamo una buona
soluzione per le persone in diicoltà”.
Dopo Shizuoka decido di tornare a To­
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 45
Giappone
kyo. Kazufumi mi ha parlato di una serie tv,
Yonige-ya honpo (La boutique degli evasi).
Un amico mi presta il dvd di queste 15 sto­
rie di evaporazione. Alla ine degli anni no­
vanta “La boutique degli evasi” ha battuto
tutti i record d’ascolto. Nella serie, i perso­
naggi in bancarotta scompaiono, ma sem­
pre dopo colpi di scena comici e insegui­
menti con gli uomini della yakuza. Kazufu­
mi è rimasto particolarmente colpito da
uno dei protagonisti, il proprietario di
un’agenzia per le evaporazioni. Questo suo
alter ego, mobile come un ninja, garantisce
ai clienti delle “ricomparse” sempre bril­
lanti.
Lo sceneggiatore della serie mi dà ap­
puntamento nel quartiere di Shinjuku, al
bar di un albergo con vista circolare sulla
città. Takahito Hara ha sessant’anni ed è
l’esempio tipico del produttore che non ha
saputo invecchiare: è abbronzato e indossa
mocassini impeccabili e braccialetti da
adolescente. Si eccita come un bambino di
fronte a qualsiasi cosa e ride applaudendo.
Takahito ha pensato a una iction televisiva
dopo aver scritto e realizzato tre
ilm sugli scomparsi: “Volevo met­
tere in evidenza un problema di
cui i mezzi d’informazione non
osano parlare. Molte società inan­
ziarie sono controllate dalla maia e se i
debitori non pagano puntualmente, i cri­
minali della yakuza possono arrivare
all’omicidio”.
Takahito ama i gesti plateali, gli piace
infervorarsi. “Lo scoppio della bolla inan­
ziaria giapponese è stato tragico. I debitori
si suicidavano indipendentemente dalla
somma presa in prestito. Si sono tolte la vi­
ta famiglie intere, ma molti hanno scelto di
continuare a vivere cambiando identità. Lo
yonige è un fenomeno che risale a molti an­
ni fa, ma si è difuso negli anni novanta”. In
giapponese yo signiica notte e nige fuggire.
Uno yonige indica la fuga silenziosa che
porta alla scomparsa.
Per rappresentare questo fenomeno so­
ciale, lo sceneggiatore si è ispirato a fatti di
cronaca e testimonianze. “La nostra iction
è molto realista”. Nel suo lavoro d’inchie­
sta Takahito ha consultato a lungo un eva­
poratore che è passato dall’ombra alla luce
e ha scritto un libro sulla sua vita. Takahito
mi ha aiutato a rintracciarlo.
Lo scrittore è molto contento della mia
telefonata. Si chiama Sho Hatori, ha 41 an­
ni e nel 1997 ha pubblicato Za yonige-ya
(L’agenzia delle fughe). Lo incontro a Yo­
kohama, la città dormitorio di Tokyo, nella
hall scintillante di un albergo. Si dirige su­
bito verso il bar. Basso, muscoloso e dai li­
46 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
neamenti spigolosi, Sho sembra un gang­
ster della yakuza. Ha la stessa catenina
d’argento, la stessa giacca nera, lo stesso
sguardo vigile. Per nove anni ha diretto una
ditta di traslochi. Un’azienda normale ino
a quando una sera, in un locale di karaoke,
una donna gli chiese di farla sparire con i
suoi mobili. Non sopportava più i debiti del
marito, che le aveva rovinato la vita. Sho
Hatori accettò e questo afare gli fece capi­
In Giappone le
famiglie degli
evaporati non hanno
nessun aiuto. Questa
realtà è accettata da
tutti, è un dato di fatto
re le potenzialità del settore. Così pubblicò
un annuncio: “Traslochi di sera”. Era l’epo­
ca della bolla inanziaria e Sho vide “arriva­
re subito molti nuovi clienti”. Fu allora che
decise di diventare un evaporato­
re: riuniva nel suo uicio aiutanti e
fuggiaschi, spiegava il suo piano,
cercava i nascondigli migliori e
pensava a tutte le eventualità. I
suoi “voli di notte” costano 400mila yen,
tre volte il prezzo di un normale trasloco.
Da allora produce fantasmi in serie. Sho
riceve molte chiamate da donne. Giovani
impiegate che amano i vestiti e le marche
di lusso e si ritrovano sommerse dai debiti,
donne vittime di violenze coniugali, giova­
ni laureate costrette a fare lavori massa­
cranti. Nessuna di loro può rivolgersi alla
polizia o ai parenti. Meglio allora far perde­
re le proprie tracce. “Cercavo di convincer­
le a resistere, ma loro fuggivano lo stesso”.
La pubblicazione del libro lo ha reso fa­
moso. Ora Sho si presenta sempre come
“scrittore, produttore e manager” e dice
che “i suoi scomparsi” vivono felici, come
quelli della tv. “La gente associa spesso lo
yonige alla vigliaccheria. Ma facendo que­
sto lavoro ho capito che poteva essere un
gesto positivo”. Alla ine dell’intervista Sho
fa venire sua iglia, 17 anni, una campio­
nessa di karate. Vuole farne “una star del
cinema”. Questa sarà la sua rivincita sul
passato. Anche lui è un evaporato. O me­
glio, un “iglio dell’evaporazione”. Quando
era piccolo, la sua famiglia è fuggita da
Kyoto a causa dei debiti.
La sera vado a cena in un ristorante del
quartiere di Shibuya, nella parte occiden­
tale di Tokyo. A tavola, tra piatti di pesce
crudo innaiati di sakè, viene fuori la que­
stione degli evaporati. La comitiva, divisa
tra curiosi e increduli, si anima. Un profes­
sore universitario dice: “Forse per arrivare
a loro bisogna partire dalla famiglia. Nean­
che la polizia riesce a ritrovare gli scompar­
si”. Un fotografo scherza: “Tanto vale far
parlare i morti”. Un’altra persona spiega a
voce alta: “Tutti abbiamo sentito storie di
scomparsi, ma nessuno li ha mai ritrovati.
Forse bisogna cominciare a parlarne”. Il
professore mi dice: “Il problema è che sia­
mo molto pudichi su questo argomento.
Non sveliamo i nostri sentimenti. Su un ta­
bù come la scomparsa dubito che lei riusci­
rà a trovare qualcosa”.
Eppure sono ovunque. Una pittrice,
madre di due igli, aspetta da vent’anni. Un
giorno è andata come al solito al ristorante
del marito, ma ci ha trovato un’altra perso­
na. Il marito aveva venduto il locale in se­
greto ed era scomparso. Da allora non ne
ha saputo più niente. “A volte penso che
mio marito sia nel Sanya, il quartiere degli
emarginati”. Una studentessa riservata e
discreta aspetta suo padre da quindici an­
ni: è sparito lasciando i documenti, le chia­
vi e tutti i suoi oggetti personali. Per due
volte ha creduto di vederlo per strada. Se
avesse incrociato lo sguardo del padre, lo
avrebbe afrontato? No, la ragazza dice di
“detestarlo”. Non ha mai fatto delle ricer­
che per ritrovarlo.
Gente rassegnata
Le famiglie degli evaporati non hanno nes­
sun aiuto. In Giappone la legge riconosce a
una persona adulta il diritto di “scompari­
re”. Questa realtà è accettata da tutti, è un
dato di fatto. “Quando qualcuno scompa­
re, si dice semplicemente shogunai: ‘Non
possiamo farci nulla’”, ricorda Takahito
Hara, lo sceneggiatore della “Boutique de­
gli evasi”. “Non ho conosciuto l’epoca Edo
(1603­1867), ma già allora la gente si rasse­
gnava, quando succedeva qualcosa di gra­
ve”.
Il destino della famiglia Kurihama è si­
gniicativo. Lontano dagli alberghi e dai
ristoranti alla moda, la famiglia si nascon­
de in un quartiere popolare nel nordest di
Tokyo. Mi apre la porta il padre, Mikio, un
uomo con i bai e una pancia prominente
che spunta sotto il pesante maglione di la­
na. Questo ex muratore di 61 anni ha l’aria
di un sindacalista. La stanza in cui mi fa ac­
comodare è una cucina fredda dove si am­
mucchiano mobili traballanti, pile di piatti,
bambole, palline di Natale e disegni di
bambini. Qualche istante dopo rientra dal
lavoro la moglie, Tomoko, una donna silen­
ziosa che lavora alle poste. L’atmosfera è
 I volti nascosti dell’indebitamento giapponese
GIULIo FrIGIerI / CArToGrAFAre IL PreSeNTe, 2009
tesa. È diicile rompere il silenzio. Il iglio
maggiore, Thim, resta immobile davanti al
tavolo con lo sguardo isso sulla moquette.
Al piano superiore si sente la nonna che si
schiarisce la gola: è a letto ammalata. Mi­
kio e Tomoko sono seduti intorno al tavolo,
l’uno di fronte all’altra. “Prima vivevamo
in un giardino di ciliegi a Saitama, nella
pianura del Kantô”, racconta lui. Figlio di
conciatori di pelli, a vent’anni diventò mae­
stro di kendo, la scherma dei samurai, e te­
neva dei corsi serali per i poliziotti. Un suc­
cesso per una persona di umili origini. Poi
sposò Tomoko in un matrimonio combina­
to dalla famiglia, ma la coppia imparò pre­
sto ad amarsi. Negli anni ottanta Mikio e
Tomoko chiesero un prestito per aprire un
ristorante di gyôza (ravioli). Il locale anda­
va male e la coppia cominciò a temere per
la sicurezza della famiglia. “Ci sarebbe vo­
luto un secolo per rimborsare tutti i debiti”.
Tomoko era incinta di Thim, il primo iglio.
La madre di Mikio viveva con la coppia. Fu
lei a prendere la decisione di vendere di­
scretamente la casa e lasciare tutto. I Kuri­
hama sparirono il giorno di capodanno.
Thim è sempre immobile davanti al ta­
volo. È l’unico dei igli a sapere la verità.
Quel giorno i suoi fratelli erano stati man­
dati dagli amici e sono cresciuti convinti
che la famiglia si sia trasferita volontaria­
mente. “Thim è un enigma”, dice Mikio.
“È come la supericie liscia di un lago di cui
si ignora la profondità. Gli altri due sono
più facili da capire e vanno bene all’univer­
sità”. Thim e il suo piercing al labbro resta­
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 47
Giappone
Gli evaporati vivono in un mondo parallelo senza diritti sociali
no immobili. “Penso di averlo costretto a
subire troppa pressione”, dice Tomoko, che
posa un bollitore sul fuoco e comincia a la-
vare i piatti sporchi.
Mikio è teso, si tocca nervosamente gli
occhiali. E all’improvviso il dolore, ino a
quel momento contenuto, scoppia: “Yonige
è diventata una parola tabù in questa casa.
Come se fossimo dei paria. Ma chi può dire
di non aver mai voluto cambiare vita? La
gente è vigliacca, ha voglia di gettare la
spugna, di scomparire e di riapparire in un
luogo dove nessuno la conosce”.
Tomoko smette di lavare i piatti e si ri-
siede. Mikio guarda i fiori della tovaglia
cerata: “Non ho mai pensato alla fuga co-
me a un obiettivo a sé stante. Mia madre mi
ha insegnato a superare gli ostacoli e a es-
sere combattivo. Ma sparire dava la possi-
bilità di rinascere libero dalla colpa”. Quin-
di ammette le sue responsabilità: “Cono-
sco le mie debolezze. L’incontro di oggi,
per esempio, non volevo accettarlo. Non è
48 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
facile vuotare il sacco. A che serve? Poi, pe-
rò, mi sono detto che era una nuova sida.
Una scomparsa è qualcosa che ti rimane
attaccato per sempre sulla pelle. Fuggire
significa correre verso la morte”. Thim
chiude gli occhi, mentre suo padre conti-
nua a raccontare: “Mi sento stanco, ma
continuo per la mia strada e non ho più mo-
tivo di cambiare vita. Voglio solo una cosa:
vivere tranquillo con mia moglie e i miei
igli. Fino alla ine”. Quindi si alza. C’è un
silenzio di piombo.
Continua a praticare il kendo? “No,
mai. I miei igli hanno preso il mio posto”.
Sembra un po’ sollevato. Tira fuori un
album di famiglia e comincia a girare le pa-
gine, mentre Thim prende da un armadio
una collezione di medaglie e di coppe. Poi
Mikio si assenta per dieci minuti. Quando
torna, Thim resta a bocca aperta: “Sembri
uno della yakuza, papà”. Pantaloni svolaz-
zanti, giacca azzurra, maschera metallica
davanti al volto e una piccola sciabola che
maneggia con agilità: Mikio ha indossato
la sua tenuta da kendo per la prima volta in
23 anni. Al piano superiore la nonna bor-
botta qualcosa: vuole assistere alla scena,
bisogna aiutarla a scendere la scala. Mikio
la sistema delicatamente su una sedia ma-
landata.
Torno da Kazufumi. La sua esperienza
è preziosa. Voglio capire come si fa a co-
struirsi una nuova vita partendo da una
menzogna. Lui non ne è stato capace: si è
sposato, ma non ha mai conidato il suo se-
greto alla moglie, e il matrimonio è fallito.
Come molti fantasmi, Kazufumi non si è
fatto registrare al suo nuovo comune di re-
sidenza. Le autorità della sua città d’origi-
ne lo hanno dichiarato scomparso. Così ha
perso tutti i diritti civili: non ha diritto
all’assistenza sociale, mentre i igli di un
evaporato non hanno diritto alla scuola.
“In Giappone è facile scomparire”, ma si
resta in un mondo parallelo. Kazufumi vive
in una terra di nessuno amministrativa.
La famiglia Kurihama ha scelto di sparire per sfuggire ai creditori
Le pareti del suo uicio sono ricoperte
di disegni. “Nella maggior parte dei casi i
miei clienti si sono spostati da una parte
all’altra di Tokyo. È facile confondersi
nell’anonimato della capitale. Ma qualcu-
no l’ho portato anche in campagna”. È il
caso di Shunsuke Soda, che ha contribuito
a ripopolare le zone rurali. Lo incontro alla
stazione. È un quarantenne che indossa
una giacca sportiva e ha conservato l’aspet-
to di un abitante di Tokyo. Le sue mani so-
no bianche e lisce, la sua macchina è im-
peccabile.
Shunsuke si è trasferito sette anni fa
nella provincia di Yamanashi, nel nord del
Giappone. Nonostante la nebbia guida ve-
locemente sulle strade che attraversano
foreste e campi coltivati. Ci fermiamo da-
vanti a un sentiero sterrato, vicino a una
collina, e mi indica quattro grandi serre:
“L’inverno si coltivano spinaci, l’estate po-
modori, insalate e fragole”. Una coppia di
contadini raccoglie insalate nel campo vi-
cino. “Non dicono mai buongiorno. Per
loro non sono un vero contadino. Non si i-
dano di me”.
Cade una pioggia fitta e nei dintorni
non c’è nessun riparo. Shunsuke non vuole
andare a casa sua, perché “è lontana, devo
consegnare le verdure”. Allora risaliamo in
macchina. “Prima ero un dipendente come
tanti che si vedono a Tokyo: stressato e sot-
tomesso all’azienda. Lavoravo in un gran-
de albergo dodici ore al giorno. Stavo per
diventare pazzo”. Poi ha letto che nelle zo-
ne rurali c’era bisogno di manodopera, così
si è iscritto a un corso di formazione agrico-
la di sei mesi in un’università del nord del
Giappone. Ma non sapeva come inanziar-
si. “Mio padre è molto ricco, ma non volevo
il suo aiuto. E visto che non potevo dare ga-
ranzie per un prestito in banca, ho cercato
altre vie”.
Cioè creditori che non vanno troppo per
il sottile?
“Vedo che conosce bene il Giappone”.
I tassi d’interesse, però, erano troppo
alti e Shunsuke non riusciva a pagare le ra-
te. A quel punto l’evaporazione è diventata
inevitabile. “Ho portato con me le cose più
preziose. Il resto lo hanno preso i trasloca-
tori”. Shunsuke ha aittato un piccolo ap-
partamento, un trattore e degli attrezzi, e si
è messo a lavorare duro. Gli inverni erano
diicili, si sentiva solo, ma sotto le sue ser-
re il fuggiasco si è tranquillizzato. Solo ora
ammette di aver fatto uno yonige.
Alla ine andiamo a casa sua. Mi aveva
detto di abitare in un appartamento picco-
lo, invece vedo una bella casa moderna. Ci
apre la porta un signore anziano. “Mio pa-
dre”, dice Shunsuke. L’uomo s’inchina e va
via. Quindi arriva la madre, che ci porta un
paio di pantofole. Il parquet è luminoso,
tutto è liscio e ordinato.
In un inglese perfetto il padre ci invita a
passare nel salotto, dove ci ofre cafè e bi-
scotti. “Ho lavorato alla Mitsubishi”, rac-
conta. “Oggi sono in pensione, ma faccio
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 49
Giappone
Molti evaporati scelgono la campagna per rifarsi una vita
regolarmente delle missioni per grandi im-
prese. Questa è la nostra seconda casa.
L’abbiamo fatta costruire l’anno scorso.
Prima andavamo in albergo. Ma una casa è
molto più confortevole”. Shunsuke siede
imbarazzato sul divano. Come un bambino
dopo una discussione, stringe forte le brac-
cia incrociate.
Poi chiedo al padre di Shunsuke: “Si-
gnor Soda è contento della scelta di suo i-
glio?”.
“Io non avrei mai potuto farlo”, rispon-
de. “Il lavoro della terra non fa per me. Ma
Shunsuke è giovane e in buona salute. Qui
mangia bene e si tiene in forma. Forse tutto
sarà complicato quando andrà in pensione.
Ma sono iducioso, terrà duro”.
Con un into atteggiamento afettuoso,
il signor Soda cerca di prendere il iglio per
le spalle. Shunsuke si divincola. “Certo so-
no rimasto sorpreso quando mi ha annun-
ciato che voleva diventare un agricoltore,
ma l’ho sempre sostenuto. Non è vero?”,
dice rivolto al iglio. “Dovresti trovarti una
moglie. Non è facile in questo buco. Qui ci
sono solo contadini”.
È ora di partire. Un’ultima energica
pacca sulle spalle di Shunsuke, qualche
passo sulla soglia e i genitori seguono con
lo sguardo la macchina fino a quando
scompare all’orizzonte. Non capisco. Abita
ancora con i suoi genitori? “Sì, le ho detto
che avevo un appartamento. Ma è poco ac-
cogliente. E i miei hanno voluto a tutti i co-
50 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
sti seguirmi”. È diventato di cattivo umore.
Shunsuke spiega di aver voluto “rassicura-
re” i suoi genitori dopo quattro anni di si-
lenzio. Ma suo padre, senza chiedergli
niente, ha fatto subito costruire una nuova
casa. Poi esplode. “Mi sento come un uo-
mo in fuga che aspira a una vita normale.
Credevo di essere lontano dalla vita di pri-
ma, ma mi sono sbagliato. Mio padre è
troppo pesante e invadente”.
Gli sconitti
Secondo Kazufumi bisogna restare almeno
cinque anni in silenzio. Lui ha aspettato
quindici anni prima di telefonare ai genito-
ri. Aveva paura. Temeva che riiutassero di
parlargli, che fossero in cattiva salute, che
avessero subìto delle minacce per colpa
sua. Lo avevano perdonato. Kazufumi non
ha avuto la forza di rivederli, ma si è sentito
meno in colpa.
Quando i genitori tacciono, parlano al-
cuni igli di evaporati. Come Sho Hatori, lo
scrittore che ha ispirato la serie tv sugli
scomparsi. E poi ci sono gli altri, quelli che
non riescono a guardare in faccia il passa-
to: i senza nome, i perduti, gli sconfitti.
Molti iniscono a Sanya, un quartiere poco
lontano dalla casa di Kazufumi, nella parte
settentrionale di Tokyo.
Sanya è il punto di riferimento dei pove-
ri, dei criminali e dei barboni. Secondo le
associazioni di volontariato, il 70 per cento
della popolazione locale è formato da eva-
porati. La sola legge di Sanya è quella del
silenzio. Ho dovuto faticare molto per con-
vincere Norihiro a parlare. Quest’uomo di
50 anni ha il volto gonio di sakè. I vestiti gli
stanno larghi, facendo intuire la sua ma-
grezza. Mi propone di accompagnarlo ino
al suo squallido albergo, in mezzo a piccoli
appartamenti ammobiliati ed ediici fati-
scenti. Alcuni uomini stesi sui cartoni lo
prendono in giro: “Frequenti ancora gli
stranieri?”. La sua camera è chiusa con un
lucchetto. La stanza è buia e spoglia. Non ci
sono né oggetti né documenti personali.
Per terra c’è solo qualche mozzicone di si-
garetta e un tatami in pessime condizioni.
Ogni mattina all’alba Norihiro fa la ila
davanti a un chiosco per cercare lavoro. Ma
in questo periodo non ci sono molte ofer-
te. La crisi colpisce i più deboli. Norihiro
conosce bene l’alcol, la stanchezza, la fata-
lità, la vita giri-giri, estrema. “A Sanya ci
sono migliaia di persone come me”, rac-
conta. “I debiti non rimborsati, la dispera-
zione, la pressione del lavoro, le litigate
sono cose normali. Ma vedo sempre più
giovani in crisi”.
Norihiro è un nome into. “Dopo tutto
questo tempo potrei riprendere la mia vera
identità. Non voglio che la mia famiglia mi
veda in queste condizioni. Mi guardi. Non
somiglio a niente, non sono niente. Se
muoio domani, non voglio essere ritrova-
to”.
Dieci anni fa Norihiro era un bell’uomo
sposato e un ingegnere brillante. Un giorno
fu licenziato, ma lui la mattina continuava
a indossare la giacca, la cravatta e le scarpe
di cuoio e usciva con la valigetta come al
solito. La moglie lo salutava, mettendogli
la mano sulla spalla. Norihiro aspettava
sotto l’uicio tutto il giorno, senza mangia-
re né parlare. Tenne duro una settimana.
“Non ce la facevo più. Dopo le 19 andavo a
bere con i miei ex colleghi. Andavo in giro e
alla ine tornavo a casa. Avevo l’impressio-
ne che mia moglie e mio iglio avessero ca-
pito qualcosa. Mi sentivo in colpa. Non
avevo più uno stipendio”. Il giorno della
paga Norihiro salutò la moglie e prese la
solita linea della metropolitana. Ma nell’al-
tro senso. Alla ine della linea, l’oblio. “So-
no triste quando penso che i miei genitori
mi hanno cercato. Spero che stiano bene.
Forse pensano che tornerò o che sono mor-
to”. Ma di sua moglie e di suo iglio non di-
ce niente. u adr
l’autrice
Léna Mauger è una giornalista francese.
È nata a Parigi nel 1983. Ha lavorato al Nouvel
Observateur.
 Scienza
OLIvIer CULMANN (TeNdANCe FLOUe/GrAzIA NerI)

Il posto migliore
per crescere
Jill Lepore, The New Yorker, Stati Uniti
Negli Stati Uniti le donne hanno sempre meno tempo per allattare al seno. Così
si tirano il latte e lo danno ai igli con il biberon. Un buon afare per molte
aziende, ma forse non per i bambini e le madri. L’inchiesta del New Yorker

D
a qualche tempo anche o con una macchina, e conservato in botti-
il latte materno deve ri- glia oppure, se congelato, in un sacchetto di
spettare una serie di plastica chiuso ermeticamente. La difusio-
nuove norme e regola- ne sempre più ampia di questo nuovo siste-
mentazioni. Una, in ma di allattamento oggi pone questioni
particolare, stabilisce terminologiche, ma anche dubbi in materia
cosa si deve intendere con l’espressione di regole. Fino all’estate 2007 ogni madre
“latte materno espresso”: il liquido prele- poteva portare in aereo non più di cento
vato dal seno di una donna, manualmente grammi del proprio latte, considerato alla
stregua degli altri liquidi, e quindi potenzia-
le fonte di attentati, dalla Transportation
security administration (Tsa) degli Stati
Uniti. Ma i problemi non sono mancati.
All’aeroporto La Guardia di New York un
addetto alla sicurezza ha sequestrato a una
donna di Minneapolis che tornava a casa da
un viaggio di lavoro una bustina con una
quantità di latte che sarebbe bastata per

52 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009

due giorni. La donna è scoppiata a piangere
e il suo latte è finito nella spazzatura. In
quell’occasione, la dottoressa Ruth Law-
rence, del comitato per l’allattamento al
seno dell’Accademia statunitense di pedia-
tria, ha dichiarato che “quella madre aveva
bisogno di ogni goccia del suo latte per nu-
trire il iglio”, mentre i “lattivisti” – che so-
stengono la causa dell’allattamento al seno,
anche in pubblico – hanno irmato una peti-
zione di protesta. Alla ine, la Tsa ha deciso
di classiicare il latte materno come “medi-
cinale liquido”.
Ma ci sono anche altri problemi. Una
donna può vendere il suo latte su eBay? Per
ora è possibile, anche se probabilmente la
Food and drug administration, l’ente di
controllo sull’alimentazione e i farmaci,
deciderà presto di occuparsi del tema. In
ogni caso, il Centro statunitense per il con-
trollo e la prevenzione delle malattie forni-
Ormai i tiralatte, impacchettati in
borse che somigliano a valigette di
Fendi, sono un regalo immancabile
alla nascita di un bambino
sce già delle indicazioni sui rischi dell’allat-
tamento di un neonato con il latte di una
donna diversa dalla madre, eventualità che
può presentarsi negli asili nido, dove i frigo-
riferi sono pieni di buste con etichette spes-
so illeggibili. Lo scambio, spiegano i medi-
ci, deve essere trattato come ogni altro
contatto con luidi corporei estranei.
Durante un esame pubblico di diverse
ore una donna ha diritto a un intervallo per
tirare il latte che le gonia il seno procuran-
dole dolore? No: la legge non lo prevede. E
ancora: le banche del latte umano, che ri-
forniscono gli ospedali, possono acquisire
latte materno dietro il pagamento di un
rimborso? No, perché la compravendita
violerebbe i criteri etici dell’Associazione
delle banche del latte umano. Se una donna
che allatta beve alcolici, e trasmette così
l’alcol al neonato, può essere accusata di
abusi? Per adesso non è ancora successo,
ma l’argomento è molto discusso. Nel frat-
tempo, le donne che hanno simili preoccu-
pazioni possono esaminare qualche goccia
del loro latte con un nuovo test, il milk-
screen.
Un’osservazione storica: la difusione
del latte materno espresso è molto recente,
e le norme in materia sono ancora in corso
di deinizione. Prima degli anni novanta, i
tiralatte elettrici si trovavano solo negli
ospedali, dove venivano usati per aspirare
il latte da donne con capezzoli retratti e da
madri di bambini troppo deboli per attac-
carsi al seno. Oggi, invece, i tiralatte sono
un accessorio difusissimo, paragonabile
più a un cellulare che a un catetere. Nel lu-
glio scorso, Stephen Colbert si è applicato
al seno una pompa durante il suo show tele-
visivo, The Colbert Report. Ad agosto, l’ex
candidata repubblicana alla vicepresiden-
za, Sarah Palin, ha raccontato a People di
essersi spesso trovata, anche in campagna
elettorale, a dover “mettere giù il Blackber-
ry per usare il tiralatte”. I tiralatte, insom-
ma, abbondano, e il loro successo è un buon
affare per diverse aziende. La Medela,
un’azienda svizzera tra le prime al mondo
nella produzione di tiralatte, ha introdotto
sul mercato statunitense la sua prima pom-
pa nel 1991, e cinque anni dopo ha lanciato
il modello, decisamente più chic, Pump in
style. Da allora le vendite si sono quadrupli-
cate. Il giro d’afari è notevole, ma non è fa-
cile avere cifre esatte, anche perché molti
comprano modelli di seconda mano.
Ma c’è dell’altro. Molti reparti maternità
che prima mandavano a casa le neomam-
me con campioni gratuiti di latte in polvere
ora distribuiscono pompe manuali: aggeggi
di plastica che si applicano a una mammel-
la alla volta e sembrano un incrocio tra una
cannuccia e una pompa per biciclette. Wal-
Mart vende la pompa elettrica Evenlo per
meno di quaranta dollari, mentre la Philips
ne produce una “con nuova tecnologia IQ”,
cioè dotata di memoria intelligente, ma con
un evidente richiamo alla discussa teoria
secondo cui il latte materno fa aumentare il
quoziente intellettivo dei bambini.
Ormai le pompe più moderne, con mo-
tore, tubi e vasetti per la conservazione del
latte, impacchettate in borse che somiglia-
no a valigette di Fendi o a zainetti di Gucci,
sono un regalo immancabile alla nascita di
un bambino. Il modello Medela Pump in
style advanced metro, “la Ferrari dei tira-
latte”, costa 398 euro su internet. La Mede-
la vende anche borse refrigeranti e coppe in
plastica che si applicano al seno e somiglia-
no a cornucopie. Oggi la maternità eicien-
te e tecnologica è di rigore. Se sbirciate in
una toilette femminile durante una confe-
renza, magari in qualche università, avrete
buone probabilità di trovarvi di fronte uno
stuolo di donne con relativo kit tiralatte che
aspettano impazienti il proprio turno per
collegarsi alla presa elettrica. I tiralatte
hanno anche un comparto per ospitare le
foto dei neonati: per un rilesso quasi pavlo-
viano, guardarle dovrebbe aiutare le madri
nell’erogazione del latte, che di solito è sti-
molata dalla presenza isica del bambino.
Mammiferi o quadrupedi?
Tirarsi il latte non è un’attività divertente.
Ma negli ultimi tempi è diventata così co-
mune che perino alcune donne sempre a
casa con i igli preferiscono pompare il latte
e darlo ai bambini con il biberon piuttosto
che allattare al seno. Nell’intimità delle ca-
se, il paese somiglia a una gigantesca latte-
ria umana.
Per questo è molto preoccupante che
negli Stati Uniti le nuove norme che regola-
mentano l’uso del latte umano, compresa
una proposta di legge del 2007 per promuo-
vere l’allattamento al seno, siano confuse e
incomplete. Si perdono in inutili dettagli
terminologici e iniscono per confondere
“l’allattamento al seno” con “l’alimenta-
zione con latte umano”. Sono miopi e non si
sforzano di capire se per un bambino è più
importante la madre o il suo latte. E risen-
tono di un errore di fondo: il latte umano è
un elisir, una merce, un diritto? Questo in-
terrogativo riguarda sostanzialmente la
tassonomia ed è già stato sollevato in pas-
sato.
Nel 1735, quando il naturalista svedese
Linneo catalogò per la prima volta il mondo
animale, classiicò gli esseri umani nella
categoria dei quadrupedi. Molti dei suoi
contemporanei, però, obiettarono che l’es-
sere umano ha due piedi e non quattro.
Vent’anni dopo, nel 1758, il naturalista sve-
dese coniò un nuovo termine: mammalia,
cioè animali con capezzoli che producono
latte. Essere deiniti mammiferi era senz’al-
tro un bel passo avanti rispetto a essere
considerati quadrupedi. Ma per un certo
periodo questa nuova categoria fu conside-
rata scandalosamente erotica. Soprattutto,
però, il termine mammalia non sembrava
in grado di comprendere l’intero genere
umano: solo le femmine dei mammiferi
allattano. Linneo, tuttavia, aveva le sue ra-
gioni. I critici più zelanti potevano mettere
in dubbio che gli esseri umani fossero qua-
drupedi, per motivi religiosi o semplice-
mente aritmetici, ma nessuno poteva nega-
re di essere stato nutrito con latte materno.
Va anche detto che, mentre Linneo rive-
deva il suo Systema Naturae trasformando-
lo dall’opuscolo di dodici pagine pubblicato
nel 1735 nell’opera magna di duemila pagi-
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 53
Scienza
ne del 1758, sua moglie allattava. Tra il 1741
e il 1757 partorì e tirò su sette igli. Il marito,
nel frattempo, teneva conferenze e si batte-
va contro il costume difuso di ricorrere alle
nutrici. La pratica è antichissima: i primi
contratti per le balie si ritrovano già nella
legge babilonese. Le nutrici avevano il
compito di aiutare le donne che non pote-
vano allattare e si prendevano cura dei
bambini orfani di madre. Ai tempi di Lin-
neo, però, non allattare era una scelta spes-
so indipendente dai problemi di salute.
Moltissime donne europee, per esempio il
90 per cento delle madri parigine, si riiuta-
vano di allattare e pagavano delle serve per
farlo. Nel 1752 Linneo scrisse un trattato
intitolato La nutrice matrigna, in cui dichia-
rava che far allattare i propri igli alle balie è
un crimine contro natura. Perino le belve
più feroci, notava Linneo, allattano i loro
piccoli. Per questo le madri che volevano
sottrarsi al loro destino di mammiferi anda-
vano classiicate al di sotto degli esseri più
abietti.
Il culto della maternità
Dottori, ilosoi e legislatori dell’illumini-
smo erano tutti concordi: le donne doveva-
no allattare. “Quando le madri si degneran-
no di allattare i loro igli”, si legge nell’Emi-
lio di Jean-Jacques Rousseau, “la morale
risorgerà”. “Non esiste nutrice paragonabi-
le a una madre”, scriveva Benjamin
Franklin nel 1785, dopo aver scoperto una
mortalità infantile dell’85 per cento
nell’ospedale dove i trovatelli di Parigi ve-
nivano nutriti dalle balie. Questa scoperta
spiega anche perché, nella sua autobiogra-
ia, Franklin si prese il disturbo di osservare
Da sapere
◆ L’allattamento al seno nei primi due anni di vita. Dati relativi al periodo 2000-2007, %
Allattamento
esclusivo
ino a 4 mesi < 6 mesi
Africa subsahariana 39
Africa meridionale e orientale 48
Africa centrale e occidentale 30
Medio Oriente e Nordafrica 38
Asia meridionale 56
Asia orientale e Paciico 63
America Latina e paesi caraibici - -
Europa centrale e orientale 27
Paesi industrializzati - -
Paesi in via di sviluppo 51
Paesi meno sviluppati 47
Mondo 51
Fonte: Unicef
54 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
che tutti i suoi dieci igli erano stati allattati dato vita a un vero e proprio culto della ma-
dalla madre. Nel settecento, comunque, in ternità, ampiamente illustrato dai dagher-
America le nutrici non erano certo numero- rotipi degli anni cinquanta dell’ottocento,
se come in Europa. “Se potete, date voi che ritraevano bambini intenti a succhiare
stesse il latte al vostro bambino”, diceva dal il latte da pudiche matrone americane, un
pulpito Cotton Mather, predicatore e uomo po’ Emily Dickinson e un po’ Madonna con
politico puritano. Per i puritani il latte era bambino di leonardesca memoria.
una sostanza divina. Poco tempo dopo, però, le donne ameri-
Alla ine del settecento l’allattamento al cane rimasero senza latte. “I dottori si stan-
seno era considerato quasi un atto di pa- no convincendo che il numero di madri in
triottismo. Nel suo Vindication of the rights grado di allattare i igli è in diminuzione”,
of women (Rivendicazione dei diritti delle scriveva un medico nel 1887. Un altro riferi-
donne, 1792), Mary Wollstonecraft afer- va che “c’è qualcosa che non va nelle ghian-
mava che una madre incapace di allattare e dole mammarie delle donne di questo pae-
di educare i igli “non merita il nome di mo- se”. Tutto questo succedeva mentre comin-
glie e non ha diritto a quello di cittadina”. ciava a essere commercializzato il latte ar-
L’anno seguente, la convenzione nazionale tiiciale e le mucche venivano proclamate
francese stabilì che le donne che assume- “le nuove nutrici della razza umana”. In
vano nutrici non potevano ricevere aiuti quel periodo molti bambini alimentati con
dallo stato, e non molto tempo dopo la latte vaccino modiicato morirono. Dare la
Prussia rese obbligatorio l’allattamento al colpa di quelle morti ai medici e ai produt-
seno. Ma nell’età della ragione c’era spazio tori di latte non è corretto. Ma è comunque
anche per il sentimentalismo. Nel 1794, nel un atteggiamento comune, forse legato al
trattato Zoonomia, ovvero leggi della vita or- ricordo di alcuni scandali scoppiati nella
ganica, Erasmo Darwin ofriva un illumi- seconda metà del novecento, tra cui quello
nante riepilogo dell’atteggiamento otto- del latte in polvere adulterato spacciato in
centesco nei confronti dell’allattamento: Africa dalla Nestlé, che ha portato nel 1981
“Quando il bambino, subito dopo la nasci- al varo del codice internazionale sulla ven-
ta, è accostato al seno della madre, comin- dita del latte per l’infanzia. Negli Stati Uni-
cia a percepire il calore, quindi sviluppa il ti, i medici dell’ottocento e del primo nove-
senso dell’odorato, che si delizia con il pro- cento non solo non imponevano il latte ar-
fumo del latte. Poi è il gusto a essere gratii- tiiciale alle loro pazienti, ma consigliavano
cato dal suo sapore, e gli appetiti della fame l’allattamento al seno. Molte donne, però,
e della sete ricavano piacere dalla digestio- si riiutavano, sostenendo di non avere lat-
ne dell’alimento e, inine, al tatto si percepi- te.
sce la morbidezza e la sericità della sorgen- Nel 1871 Charles Darwin, il nipote di
te del latte, la fonte di tanta varietà e felici- Erasmo, pubblicò il saggio The descent of
tà”. Mezzo secolo dopo, dall’altra parte man, in cui ipotizzava che la presenza di ca-
dell’Atlantico, questo genere di idee aveva pezzoli non utilizzati negli esseri umani
rappresentasse una regressione a una fase
precedente dell’evoluzione. Nel 1904, un
pediatra di Chicago sostenne che “l’allatta-
mento al seno è gradualmente destinato a
Allattamento Allattamento scomparire”. Le americane dei primi anni
dopo lo prolungato del novecento erano così rainate, colte ed
svezzamento
educate che sembrava impossibile potesse-
6-9 mesi 12-15 mesi 20-23 mesi
ro allattare, come un qualsiasi animale da
31 68 90 51 fattoria. Questa considerazione ne nascon-
40 71 90 56 deva un’altra. Una donna bianca poteva
23 65 90 47 forse abbassarsi a fare quello che fa una ne-
26 57 73 36 ra? Intere generazioni di donne nere, schia-
44 53 88 75 ve e libere, non solo avevano allattato i loro
43 45 54 27 bambini ma erano anche state le nutrici dei
- - - bambini bianchi. I teorici della razza esa-
20 41 54 23 minarono il latte umano al microscopio: più
la madre era bianca, dichiararono, meno il
- - -
latte era nutriente. Sui vellutati seni bian-
38 55 77 51
chi, i capezzoli rosati erano diventati pure
37 64 91 64
vestigia. Non deve sorprendere, quindi, che
38 55 76 50 le donne benestanti dichiarassero ai medici
di non avere latte. Nei primi dieci anni del
VALérIE WINCKLEr (rAPho/EyEDEA/CoNTrASTo)
novecento uno studio condotto su un cam-
pione di mille donne di Boston rivelò che il
90 per cento delle madri povere allattava
contro il 17 per cento di quelle ricche: più o
meno il contrario di quello che accade oggi.
La crisi dell’allattamento al seno dipendeva
anche dalla difusione dei nuovi biberon,
più igienici e facili da usare. Il primo brevet-
to americano per biberon fu registrato nel
1841. La bottiglia, a forma di seno, si teneva
accanto al petto della madre. Anno dopo
anno, però, i biberon cominciarono a somi-
gliare sempre meno al seno femminile. Il
modello cilindrico che conosciamo oggi,
chiamato Stork nurser, fu realizzato nel
1910 ed è legato alla nascita del mito della
cicogna, in inglese stork: il latte lo porta il
lattaio e i bambini la cicogna.
L’insistenza di Freud sul fatto che per i
bambini succhiare è un piacere sessuale,
ebbe l’efetto perverso di incoraggiare le
donne a sospendere l’allattamento: le
mamme volevano tenere a bada il desiderio
incestuoso dei igli, così li piazzavano sul
seggiolone e li nutrivano con il biberon. Nel
frattempo, un numero sempre maggiore di
donne partoriva in ospedale. In questo mo-
do, per la prima volta nella storia dell’uma-
nità, i bambini prematuri o sotto peso riu-
scivano a sopravvivere. Nel 1910, un medi-
co di Boston, Fritz Talbot, passò tre giorni a
cercare una nutrice. Non la trovò. Esaspe-
rato, decise di fondare un servizio di collo-
camento per le balie, la Boston wet nurse
directory. Dall’altra parte della città Francis
Parkman Denny, che accudiva un bambino
malato, chiese a una vicina di tirarsi ma-
nualmente un po’ di latte per nutrire il neo-
nato. Il piccolo migliorò dopo averne bevu-
ti appena cento grammi, e Denny, che era
un batteriologo, si convinse del “potere
battericida” del latte umano. L’anno suc-
cessivo aprì la prima banca di latte umano
degli Stati Uniti, raccogliendo il latte delle
donatrici con una pompa modellata sulle
macchine per mungere i bovini.
Dalle balie ai biberon
L’idea di Denny si dimostrò più eicace di
quella di Talbot: le famiglie che avevano
bisogno di latte umano e potevano permet-
terselo di solito non amavano ospitare in
casa donne povere. Preferivano farsi con-
segnare il latte in bottiglia. Talbot smise di
trovare lavoro alle balie, cominciò a distri-
buire il loro latte e ribattezzò la sua agenzia
Directory of mother’s milk. Quando le ban-
che del latte sostituirono le nutrici, il latte
umano cominciò a essere trattato come una
medicina. La qualità del latte prodotto in
laboratorio migliorò e gli alimenti per bam-
bini, tra cui miriadi di inutili pappine, di-
ventarono sempre più comuni. Alla metà
del novecento, la maggioranza delle donne
americane comprava latte artiiciale. Eppu-
re una parte della società rimaneva ancora-
ta alla tradizione dell’allattamento al seno.
“Con la sua testolina appoggiata al vostro
seno e il latte che gli scalda il corpicino, il
vostro bambino vi sente particolarmente
vicine”, si legge nel libro L’arte femminile
dell’allattamento, pubblicato nel 1958 dalla
Leche league, un’organizzazione interna-
zionale che promuove l’allattamento al se-
no. “Il vostro bambino sta acquistando sal-
de fondamenta in un settore importante
della vita: sta imparando cos’è l’amore”.
Negli anni sessanta, allattare al seno co-
minciò a tornare di moda, almeno tra le
donne più ricche. Poi, nei decenni successi-
vi, prese piede la scienza medica del latte
umano. Nel 1997 l’Accademia americana
di pediatria pubblicò un documento in cui
si spiegava che il latte umano è “speciico
della specie” e lo si c0nsigliava come ali-
mento esclusivo per i primi sei mesi di vita.
Solo successivamente, si legge nel rappor-
to, è possibile introdurre una dieta che
comprenda cibi solidi, continuando però la
somministrazione di latte umano almeno
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 55
 Scienza
PAULINe DANIeL (PICtURetANk)
ino al compimento del primo anno di età.
L’Accademia di pediatria citava anche alcu-
ne ricerche che tracciano un rapporto diret-
to tra l’allattamento al seno e la minore in-
cidenza di diverse malattie, tra cui la me-
ningite batterica, la diarrea, le infezioni del
tratto respiratorio, le otiti, le infezioni del
tratto urinario, la sindrome da morte im-
provvisa, il diabete mellito, la leucemia, il
linfoma di Hodgkin, l’obesità e l’asma. I be-
neici dell’allattamento al seno sono evi-
denti ma la percentuale di bambini allattati
al seno negli Stati Uniti è ancora bassa, una
contraddizione che è un dilemma comples-
so per la sanità pubblica.
Nel 2000 il dipartimento della salute ha
annunciato l’obiettivo di portare il tasso di
allattamento al seno tra le donne america-
ne dal 64 per cento del 1998 al 75 per cento
entro il 2010. Secondo queste linee guida,
le madri che allattano il iglio ino al sesto
mese sarebbero dovute salire dal 29 al 50
per cento, mentre quelle che continuano
per un anno dal 16 al 25 per cento. Obiettivi
simili erano già stati annunciati dieci anni
prima. Questa strategia ha avuto un succes-
so signiicativo, anche se non dappertutto.
Il Rush university medical center di Chica-
go, che ha organizzato un programma di
auto-aiuto, il Mother’s milk club, ha otte-
56 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
nuto un tasso di allattamento del 95 per
cento nei primi mesi, mentre a livello na-
zionale l’obiettivo del 75 per cento non è
stato ancora raggiunto. Il Centro statuni-
tense per il controllo e la prevenzione delle
malattie, che ogni anno pubblica un rap-
porto sull’allattamento al seno, ha reso no-
to che nel 2005 la percentuale di allatta-
mento esclusivo al seno ino a sei mesi non
ha superato il 12 per cento.
Una soluzione di comodo
Uno dei motivi principali per cui le donne
smettono di allattare è il lavoro. Il Family
and medical leave act del 1993, la legge che
regolamenta i permessi per motivi di salute
e cure parentali, garantisce solo dodici set-
timane di congedo (non retribuito) per la
maternità. Una donna che torna al lavoro
dodici settimane dopo il parto deve trovare
il modo per dare al iglio il suo latte per altri
nove mesi. Negli Stati Uniti, insomma,
manca il latte umano. Ci sono tre modi per
risolvere questo problema: congedi più lun-
ghi, asili nido sul posto di lavoro e pompe
tiralatte. Per adesso gli sforzi si sono con-
centrati sulla terza opzione, quella più faci-
le. La Medela distribuisce tiralatte in oltre
novanta paesi, ma il suo mercato più ampio
è negli Stati Uniti. Aspirare il latte in modo
manuale serve non solo ad accumulare una
riserva per le poppate future, ma anche a
far sì che la produzione non si interrompa e
che quindi la madre possa allattare natural-
mente durante i fine settimana. Se una
donna non nutre il iglio al seno con regola-
rità, infatti, smette di produrre latte. Nel
1998 il parlamento ha autorizzato gli stati a
usare i buoni alimentari del Programma
speciale di nutrizione integrativa per donne
e bambini (Wic) per acquistare o noleggiare
pompe tiralatte.
Le percentuali di allattamento al seno
aumentano con l’età della madre, l’istru-
zione e il reddito. La Medela ha realizzato
un programma di consulenze gratuite per i
datori di lavoro che cercano di ridurre l’as-
senteismo e i costi dell’assistenza sanitaria
creando aree dove le madri lavoratrici tro-
vano tutto quello di cui hanno bisogno per
prelevare il latte con cui dovranno nutrire i
igli. La perdita di produttività, promette
l’azienda svizzera, è minima: “Se le dipen-
denti utilizzano tiralatte sicuri ed eicaci, le
pause non dovrebbero durare più di 10-15
minuti”. Anche sulle riforme legislative si è
investito molto. Negli ultimi mesi molti sta-
ti hanno approvato leggi sull’allattamento
al seno incentrate sull’uso del tiralatte, che
hanno sollevato ulteriori dubbi. Le aziende,
per esempio, devono fornire alle dipenden-
ti anche i frigoriferi dove conservare il latte?
Finora ventuno stati, oltre a Portorico e a
Washington D.C., hanno chiesto che i dato-
ri di lavoro compiano uno “sforzo ragione-
vole” per agevolare le donne che allattano.
Le leggi, però sono ancora poco incisive. Di
solito più l’azienda è grande e ricca, più at-
trezzate e confortevoli sono le stanze per il
pompaggio del latte. Le operatrici della
Goldman Sachs, per esempio, possono pre-
notare online il loro turno in stanze equi-
paggiate con sedie e tiralatte. Le bariste di
Starbucks sono costrette a fare la ila per
usare la toilette dei clienti.
Nel 2007 l’Oregon è stato il primo stato
ad approvare una legge che impone alle
aziende con più di venticinque dipendenti
di fornire locali adeguati per la lattazione.
Di recente la Virginia, il Maryland e altri
ventitré stati hanno deciso di non applicare
le leggi sul decoro pubblico contro le donne
Le pompe tiralatte possono essere
utili e talvolta salvare delle vite. Ma
dietro la loro difusione c’è
qualcosa di molto preoccupante
che espongono il seno mentre allattano i
igli. Se tirarsi il latte in pubblico sia osceno
o meno non è stato ancora stabilito. Ma for-
se con questa proliferazione di stanze per la
lattazione il problema non si pone più. Altre
norme sono allo studio, per esempio per
dare agevolazioni iscali ai dipendenti e alle
aziende che permettono la lattazione e la
conservazione del latte. Il Maryland, per
esempio, ha eliminato l’iva sulla vendita
dei tiralatte. Intanto una commissione par-
lamentare sta ancora valutando i diversi
aspetti del Breastfeeding promotion act, la
legge che promuove l’allattamento al seno.
Il progetto punta ad aggiungere il termine
“lattazione”, inteso come atto del “nutrire
un bambino direttamente dal seno o con
latte estratto dal seno”, al Civil rights act, la
legge sui diritti civili del 1964, e a concede-
re un credito iscale ino a diecimila dollari
all’anno alle società che forniscono tiralatte
alle dipendenti. Il nuovo provvedimento
potrebbe anche chiamarsi Legge per la pro-
mozione delle pompe tiralatte.
La politica della promozione dei tiralat-
te può sembrare apparentemente condivi-
sibile. Questi strumenti possono essere
utili e, in certi casi, possono salvare la vita
dei bambini. Ma dietro la loro difusione c’è
qualcosa di molto preoccupante. Le stanze
per la lattazione comode e ben attrezzate
sono un sotterfugio meschino per non con-
cedere i congedi di maternità. Sarebbe
quindi lecito aspettarsi che questa mania
dei tiralatte – e soprattutto il tentativo di at-
taccarli al seno delle donne povere mentre
alle grandi aziende vengono concesse age-
volazioni iscali – sollevasse più di una criti-
ca. Per adesso non è così. La National orga-
nization for women, per esempio, condivi-
de la strategia adottata: di recente la sua
presidente, Kim Gandy, ha chiesto più tira-
latte e ha denunciato che “solo un terzo del-
le grandi aziende fornisce un locale sicuro
e privato in cui le donne possano aspirare il
latte per i loro bambini”. Tuttavia, tra i pro-
grammi di lattazione sponsorizzati dai da-
tori di lavoro e un’autentica vita familiare,
che comprende l’allattamento al seno, ci
sono diferenze abissali. Certo, con le pom-
pe si può mettere il latte materno in botti-
glia. Ma molti dei beneici dell’allattamen-
to al seno, e tutti i suoi vantaggi sociali ed
emozionali, non sono legati al liquido in
quanto tale ma ai sorrisi e ai gesti della ma-
dre. Allattare al seno significa cullare il
bambino. Estrarre il latte signiica applicar-
si al seno delle coppe di plastica e vedere i
capezzoli che spruzzano un liquido bianco
in un tubo. Questa diferenza, però, non
sembra interessare nessuno. Nel 2004,
quando la Playtex distribuì una pompa tira-
latte chiamata Embrace (abbraccio), nessu-
no si prese il disturbo di osservare che un
aggeggio attaccato alla spina è ben diverso
da una carezza o da un bacio.
Come un bambino
Il comitato per l’allattamento al seno dei
medici di Rhode Island ogni anno conse-
gna un premio all’azienda che più si è impe-
gnata per favorire l’allattamento naturale.
Il punto è che i parametri per attribuire il
riconoscimento sono essenzialmente le co-
modità presenti nella zona per l’estrazione
del latte. La “stanza della quiete” che
quest’anno ha vinto la medaglia d’oro è do-
tata di “un lavandino, una serratura alla
porta e materiale di lettura”. Tutti sembra-
no aver dimenticato che favorire l’allatta-
mento al seno dovrebbe signiicare permet-
tere alle donne e ai loro bambini di stare
insieme. Nelle stanze per la lattazione di
alcune aziende è perino vietato l’ingresso
di bambini e lattanti, per evitare che le ma-
dri possano prenderli in braccio di soppiat-
to e concedergli una poppatina fugace.
All’università del Minnesota, il personale
munito di chiave può usare di nascosto una
stanza particolare per tirarsi il latte, anche
se il cartello sulla porta ammonisce che
“questa stanza non è destinata alle madri
che devono allattare i igli”. Negli ultimi
tempi, alcuni funzionari del Wic hanno co-
minciato a esprimere il timore che la scelta
di promuovere l’uso delle pompe tiralatte
possa avere ripercussioni negative, provo-
cando “l’efetto indesiderato di scoraggiare
l’allattamento al seno”. Queste preoccupa-
zioni non sono servite a fermare i furibondi
attacchi all’uso del latte artiiciale. Fra il
2004 e il 2006, una campagna per la sensi-
bilizzazione all’allattamento al seno ha
mandato in onda uno spot in cui una madre
che dà latte in polvere al iglio viene parago-
nata a una donna incinta che cavalca un
toro meccanico: “Non correresti mai un ri-
schio prima della nascita di tuo iglio. Per-
ché farlo dopo?”, recitava lo slogan. Nessu-
no, intanto, sembra preoccuparsi delle
donne che si pongono interrogativi di que-
sto tipo: “È meglio chiedere tre intervalli di
venti minuti per tirare il latte sul lavoro o
usare il latte artiiciale e tornare a casa da
mio iglio un’ora prima?”. I tiralatte posso-
no essere comodi, certo. Ma servono so-
prattutto per sottrarsi a interrogativi ango-
sciosi in privato e sgradevoli in pubblico: è
la madre o il suo latte che conta di più per il
bambino? Le pompe sono uno dei pochi
modi per “promuovere l’allattamento al
seno” evitando con cura di toccare questio-
ni economiche e sociali controverse e di-
scusse da tempo. Il latte è una medicina?
Succhiare è amore? Ogni deinizione è in-
gannevole.
Nel frattempo, Mamma ex machina, il
nuovo modello di tiralatte prodotto da Me-
dela, offre l’innovativa tecnologia del
2-phase expression: la fase uno “simula la ra-
pida suzione iniziale del bambino per sti-
molare un immediato lusso di latte”, la fa-
se due “simula la suzione più lenta e pro-
fonda del bambino per la massima eroga-
zione di latte in minor tempo”. Questi
nuovissimi dispositivi, promette l’azienda,
“funzionano proprio come un bambino”.
Come un bambino? Forse le donne sono
diventate le nutrici di se stesse. u gc
L’AUTRICE
Jill Lepore è professoressa di storia americana
all’università di Harvard. Collabora con il New
Yorker. Il suo ultimo libro è Blindspot (Spiegel &
Grau 2008), scritto con Jane Kamensky.
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 57
Portfolio
La speranza
degli albini
Decine di albini sono stati uccisi in Tanzania negli ultimi
anni in nome di antiche superstizioni. Ma la comunità ha
deciso di reagire. Il reportage di Johan Bävman
D
iscriminati da decenni in gran parte
dell’Africa, gli albini lottano per so-
pravvivere in un ambiente diicile.
Sofrono di una malattia genetica ca-
ratterizzata dall’assenza di pigmentazione della
pelle, dei capelli e degli occhi, e hanno una predi-
sposizione al cancro della pelle. Gli albini tanza-
niani sono emarginati già a scuola e al termine
degli studi sono spesso costretti ad accettare la-
vori sottopagati. Inoltre da alcuni anni sono vitti-
me di omicidi rituali: secondo un’antica supersti-
zione, chi possiede i loro organi avrà ricchezza e
fortuna. Dal 2007 più di cinquanta albini, molti
dei quali bambini, sono stati uccisi e mutilati in
Tanzania, e molti altri in Burundi.
Alcuni anni fa per difendere la comunità è na-
ta l’Associazione degli albini tanzaniani, diretta
da Ernest Kimaya. Le pressioni dell’associazione
58 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
e delle organizzazioni umanitarie hanno già dato
i primi frutti: a maggio il governo ha proclamato
la prima giornata nazionale degli albini. Nell’oc-
casione il vicepresidente Ali Mohamed Shein ha
annunciato la ratiica della Convenzione interna-
zionale sui diritti delle persone con disabilità, che
si applica anche ai 150mila albini del paese. Con-
temporaneamente è stata lanciata una campagna
che garantisce l’anonimato a chi denuncia i crimi-
ni commessi contro gli albini. Il mese scorso il
tribunale della regione di Shinyanga, nel nord del
paese, ha condannato per la prima volta a morte
tre persone per l’omicidio di un albino di 14 anni.
Johan Bävman, svedese, è nato nel 1982. Il suo la-
voro sugli albini è arrivato secondo nella categoria
Temi di attualità del World press photo 2009 (Mo-
ment/Grazia Neri). u
 Sopra: alunni della
scuola Mitindo,
frequentata dagli
albini. Nella pagina
accanto: Neema
Joseph, 12 anni, si
fa tagliare i capelli
da un’amica. In
basso, da sinistra: il
villaggio di
Mwanza; Nasoro
Majige nella scuola
Mitindo.

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 59

Portfolio
In questa pagina, dall’alto
in basso: la scuola Mitindo
vicino al villaggio di
Mwanza, fondata
dall’associazione degli
albini per proteggere i
bambini dalle
discriminazioni; Hawa Ali,
19 anni, colpita da un
cancro alla pelle. Hawa vive
nella regione di
Mwananyamala, una delle
più povere della Tanzania,
e non può permettersi
un’operazione. La forma
ereditaria della malattia
crea una predisposizione al
60 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
cancro della pelle e, chi ne
sofre, dovrebbe evitare i
raggi solari. I tumori, che
non vengono curati a causa
della povertà, uccidono
molti albini in tenera età.
Inoltre gli albini sviluppano
spesso gravi disturbi alla
vista. A sinistra, Selina
Robort, 10 anni, in un’aula
della scuola Mitindo. Nella
foto grande: la ricreazione
in cortile. In alto, al centro:
alunni all’interno
dell’istituto. A destra:
Mwanaidi Mwinyiarida e
Selina Robort.
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 61
Ritratti
Alastair Crooke
Una spia a Beirut
David Samuels, Mother Jones, Stati Uniti. Foto di Jason Larkin
È stato agente dei servizi
segreti britannici e consigliere
di Tony Blair per il Medio
Oriente. Oggi sta dalla parte di
Teheran e dell’islam sciita
L’
hotel Albergo, in una stra-
dina tranquilla nell’ele-
gante quartiere di Ashra-
fieh, a Beirut, è il luogo
ideale per incontrare una
spia. Alcuni pappagallini
verdi schiamazzano in una gabbia all’in-
gresso. Nella hall il profumo di sandalo si
mescola all’odore dei libri della biblioteca:
volumi d’epoca coloniale rilegati in pelle,
testi di storia romana in francese e un’anti-
ca enciclopedia britannica. La reception
sta in un angolo, di fronte al bar. Seymour
Hersh, il giornalista del New Yorker, tra-
scorre qui le sue vacanze di Natale e molti
rappresentanti del governo libanese cena-
no regolarmente nell’elegante ristorante
italiano al secondo piano.
Oggi il più oscuro e inluente tra gli ospi-
ti issi dell’hotel è probabilmente Alastair
Crooke, un ex agente segreto britannico.
Nella sua vita ha fatto da mediatore nelle
trattative con l’Ira, ha rifornito di armi i
mujahidin in Afghanistan, ha seguito i
guerriglieri colombiani nella giungla ed è
stato l’uomo di iducia di Tony Blair in Me-
dio Oriente. Nel 2003, dopo trent’anni di
attività, è stato richiamato in patria e con-
gedato con un’onoriicenza per i servizi re-
si. A Londra e a Gerusalemme girava voce
che Crooke si era alienato le simpatie di
Blair perché si era avvicinato troppo ai mi-
litanti islamisti. Ma poco dopo è tornato
alla ribalta con la fondazione del Conlicts
forum, un gruppo che ha sede a Beirut e or-
ganizza conferenze ed eventi con lo slogan:
“Ascoltare l’islam politico, riconoscere la
resistenza”.
62 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
Grazie al Conlicts forum sono arrivati
nella regione alcuni ex militanti dell’Ira e
dell’African national congress per insegna-
re ai terroristi come si diventa politici di
professione. Ma l’obiettivo principale del
gruppo è far incontrare i diplomatici e gli
agenti dei servizi segreti occidentali con i
rappresentanti di Hamas e di Hezbollah.
“Gli incontri importanti non avvengono
durante gli eventi organizzati dal Conlicts
forum, ma dopo le riunioni, nei ristoranti,
nelle stanze d’albergo e negli appartamenti
privati”, mi racconta un agente segreto.
I candidati islamisti che piacciono a
Crooke hanno vinto le elezioni palestinesi
nel 2006. Quest’anno, però, sono stati
sconitti alle elezioni in Libano e hanno in-
contrato una forte opposizione in Iran.
“Non ci sono prove che le elezioni siano
state truccate”, dice Crooke a proposito
delle presidenziali iraniane. “Gli occiden-
tali tendono a ignorare un fatto: in Iran ci
sono due fazioni in conlitto tra loro, en-
trambe convinte di rappresentare i veri
princìpi della rivoluzione”.
Scegliendo di schierarsi dalla parte dei
“combattenti per la libertà” islamici e dei
religiosi assetati di potere, Alastair Crooke
si è attirato molte critiche. Nella recensione
del suo libro Resistance: the essence of the
islamist revolution, l’Economist lo prende
in giro per il suo entusiasmo nei confronti
Con la sua giacca
sportiva marrone,
i pantaloni alla
marinara e la camicia
a righe, sembra un
facoltoso addestratore
di cavalli da corsa
del progetto ideologico del regime iraniano
e per i suoi giudizi indulgenti su Al Manar,
il canale televisivo di Hezbollah. Al termine
di un incontro del Conlicts forum, invece,
il giornalista britannico Stephen Grey si è
chiesto se sia lecito “scherzare con gli uo-
mini di Hamas davanti a un piatto di gam-
beroni, avocado, pasta e pomodorini”.
Liberarsi da Cartesio
Incontro Crooke all’ultimo piano dell’hotel
Albergo. Ha l’aspetto giovanile, le orecchie
da folletto, il naso appuntito e gli occhi se-
reni, issi sul suo interlocutore. Appesa al
muro alle sue spalle c’è una citazione del
Corano: “Il vincitore è colui che ama Dio”.
I consiglieri del Conlicts forum sono un
gruppo eclettico: c’è il leader politico nor-
dirlandese lord Alderdice, l’ex detenuto di
Guantanamo Moazzam Begg e anche Milt
Bearden, l’ex capo della Cia in Pakistan che
negli anni ottanta forniva le armi ai mujahi-
din afgani. Il forum, mi spiega Crooke,
all’inizio era inanziato da donazioni priva-
te, mentre oggi riceve sovvenzioni dalla
Commissione europea, ma le dimensioni
del budget a disposizione restano un miste-
ro. Quando gli chiedo se il Conlicts forum
ha a che vedere con la decisione del mini-
stero degli esteri britannico di aprire il dia-
logo con l’ala politica di Hezbollah mi lan-
cia un’occhiata cordiale: “Non glielo so di-
re. A noi non hanno detto niente”. Nemme-
no i suoi interlocutori di vecchia data sono
in grado di valutare quanta inluenza ab-
biano Crooke e il suo gruppo. “Abbiamo
partecipato spesso a eventi del Conlicts
forum”, mi dice Ibrahim Moussaoui, un
portavoce di Hezbollah. “Per quanto ri-
guarda quello che Alastair sta facendo in
Libano, forse ne sapete di più voi occiden-
tali”. Con la sua giacca sportiva marrone, i
pantaloni alla marinara e la camicia a righe,
Crooke sembra un facoltoso addestratore
di cavalli da corsa. Parla con una voce som-
Ritratti
messa che dissimula il piacere che prova
per le idee estremiste. L’opinione difusa
secondo cui i sunniti alleati dell’occidente
sono dei moderati, mentre gli sciiti iraniani
rappresentano l’islam radicale, sostiene
Crooke, è sbagliata. Gli estremisti in realtà
si identiicano proprio con l’ideologia wa­
habita dei sauditi che è all’origine di Al
Qaeda: mentre l’islam sunnita si fonda su
un’interpretazione letterale del Corano,
l’islam sciita è aperto al dibattito accade­
mico ed è più permeabile alla speculazione
ilosoica e al dialogo con l’occidente. Ha­
mas, invece, sarebbe l’esempio di un grup­
po sunnita positivamente influenzato
dall’ideologia radicale sciita. L’evento ca­
talizzatore che ha risvegliato il mondo scii­
ta è stato, secondo Crooke, la rivoluzione
iraniana del 1979. Estendere la teologia
islamica iraniana al mondo arabo è l’unica
via possibile per trasformare in profondità
le società sunnite che attraversano un pro­
fondo stato di decadimento sociale e intel­
lettuale. “Gli sciiti stanno cercando di tra­
sformare l’individuo liberandolo dalla
stretta del cartesianesimo occidentale”.
Indica il tavolo con le orchidee: “Quello è il
mondo reale e il resto è fantasia”. La deci­
sione di Crooke di difendere le dottrine
folli del regime iraniano fa pensare che
Conlicts forum sia un’attività di copertura
del governo di Teheran. Eppure la presenza
nel gruppo di elementi dell’establishment
inglese e statunitense suggerisce il contra­
rio. Visto il suo passato da spia può darsi
che Crooke stia semplicemente scimmiot­
tando il linguaggio della resistenza islami­
ca e stia nascondendo le sue vere convin­
zioni. Sicuramente è un abile negoziatore.
Un documento dell’Autorità palestinese
sequestrato da Israele nel 2002 riporta la
trascrizione di un incontro tra Crooke e
quattro importanti membri di Hamas,
compreso lo sceicco Ahmed Yassin, il lea­
der del gruppo costretto sulla sedia a rotelle
e ucciso da Israele nel 2004. Dopo aver rac­
contato dei pettegolezzi su Washington,
Crooke disse che l’occupazione israeliana
era il problema più grande della regione.
Yassin era d’accordo e rispose che l’intero
stato di Israele era un territorio arabo occu­
pato. “Visto che avete appoggiato i combat­
tenti afgani avreste potuto sostenere anche
me”, disse a Crooke contestando la deci­
sione dell’Europa di inserire Hamas
nell’elenco delle organizzazioni terroriste.
Crooke non perse l’occasione per soiare
sul fuoco: “Ha ragione. Io odio il termine
terrorismo”.
Alastair Crooke ha sempre frequentato
culture diverse. Nato in Irlanda, a dodici
64 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
Alastair Crooke
anni è stato mandato dai genitori in una
scuola sperimentale in Svizzera dove ha
cominciato a detestare il pensiero occiden­
tale convenzionale. L’eccentrico connubio
tra il suo status di iglio dell’establishment
britannico e la controcultura lo ha aiutato a
comprendere l’atteggiamento mentale de­
gli estremisti con cui ha avuto a che fare. Il
suo lavoro di mediazione segreta con l’Ira
era stato facilitato dal passaporto irlandese
e da una profonda avversione per Oliver
Cromwell.
Non è difficile capire perché Crooke
consideri la rivoluzione iraniana un evento
positivo né perché, dopo una vita trascorsa
a stringere accordi segreti con uomini vio­
lenti per conto dei governi occidentali, sia
così cinico rispetto ai diritti umani e ai valo­
ri democratici. Sulle questioni politiche è
un osservatore acuto. Un eventuale cam­
biamento della politica americana nei con­
fronti dell’Iran potrebbe avere molte con­
seguenze, sostiene, e l’amministrazione
Obama dovrebbe tenerlo presente. È anche
convinto che la situazione attuale in Medio
Oriente è paragonabile a quella di Sarajevo
Biograia
◆ 1949 Nasce in Irlanda.
◆ 1968 Frequenta l’università di Saint
Andrews in Scozia.
◆ 1997 Diventa consigliere speciale
dell’Alto rappresentante per la politica
estera e la sicurezza comune dell’Unione
europea, Javier Solana.
◆ 2004 Fonda e dirige il Conlicts forum,
che ha sede a Beirut.
◆ 2009 Pubblica il libro Resistance: the
essence of the islamist revolution.
nel 1914, in cui un evento casuale può sca­
tenare una reazione a catena in grado di
cambiare il mondo. Basterebbe che un pae­
se come la Siria, Israele o l’Egitto facesse il
passo più lungo della gamba e gli efetti sa­
rebbero catastroici.
Scommesse romantiche
Ribadisce questa sua convinzione quando
ci incontriamo a pranzo a New York. È in
città per un convegno, di ritorno da un viag­
gio a Washington, dove alcuni rappresen­
tanti del dipartimento di stato lo hanno
rassicurato sul fatto che sono in vista grandi
cambiamenti. “La possibilità dell’interven­
to diretto di una potenza occidentale non è
all’ordine del giorno”, mi spiega Crooke.
Questo signiica, secondo lui, che l’Egitto e
i governi sunniti conservatori del Golfo, per
la prima volta da quando i paesi arabi han­
no ottenuto l’indipendenza, sono liberi di
disputarsi il controllo della regione con gli
sciiti di Hezbollah e l’Iran. “La posizione
degli Stati Uniti e dell’Europa”, dice con
tono distaccato “è un modo per negare
l’evidenza”. E una vittoria iraniana nella
guerra ideologica che divide il mondo mu­
sulmano potrebbe estendere il potere di
Teheran sul petrolio e sulle rotte di naviga­
zione del golfo Persico, oscurando l’Arabia
Saudita. In questo modo il raforzamento
dell’Iran limiterebbe la capacità di Israele
di usare la forza contro i suoi nemici e met­
terebbe fine all’asse politico Stati Uniti­
Arabia Saudita­Egitto. A Crooke questa
ipotesi piace. Anche se l’eventuale crescita
di Teheran sembra spaventosa è l’unico
modo per riportare su presupposti accetta­
bili le relazioni tra il mondo musulmano e
l’occidente. Ma l’idea di rovinare i rapporti
commerciali con l’Arabia Saudita, l’Egitto e
Israele per una scommessa romantica sul
regime iraniano, è una mossa azzardata per
la maggioranza dei paesi occidentali.
Quello che distingue Crooke da analisti
del Medio Oriente più convenzionali e ipo­
criti è il fatto di non voler sottostimare il
conlitto tra oriente e occidente: per lui è
uno scontro all’ultimo sangue. Le tesi di
Crooke piacciono a chi è disposto ad accan­
tonare le idee illuministe sui diritti umani
per un sogno di armonia tra le civiltà. Che
importa se le donne che vivono nei paesi
musulmani devono coprirsi, se gli studenti
di Teheran vengono uccisi per strada o se i
mullah cercano di costruire una bomba
atomica? È presto per dire se l’impegno di
Crooke passerà alla storia come una svolta
nelle relazioni tra occidente e islam o un
insensato tentativo di dialogo con gente
poco ragionevole. ◆ sv
Viaggi

Una stanza
per scrivere
Monica Ali, Prospect, Gran Bretagna
La scrittrice britannica Monica
Ali spiega perché nell’ultimo
secolo gli alberghi sono
diventati i luoghi ideali dove
ambientare un romanzo
rato quel mondo. Ho passato molto tempo
in cinque grandi hotel di Londra e l’accordo
era che non li avrei resi riconoscibili. Ho
parlato con tutti, dai direttori agli addetti
alla reception, ma soprattutto sono andata
nelle cucine per parlare con il personale e
assorbire l’atmosfera di quei luoghi.

P
rova a immaginare: sei uno
scrittore e hai una scaden-
za. Sei all’inizio di un libro e
hai bisogno di concentra-
zione. Non vuoi pensare
alla tua vita, ma solo a lavo-
rare. Vuoi la scritta “non disturbare” appesa
alla maniglia della porta e qualcuno che
faccia le pulizie e prepari da mangiare a
qualsiasi ora tu decida di fare una pausa.
Come osserva uno dei miei personaggi,
le cucine degli alberghi somigliano alle as-
semblee delle Nazioni Unite: sono una fon-
te di storie di ogni tipo. Sono luoghi dove si
lavora sotto pressione e dove si crea un in-
sieme di confronti drammatici. Si potrebbe
dire la stessa cosa di qualsiasi cucina, ma
una volta entrata nel mondo degli alberghi
ho capito che con nessun’altra cucina que-
sto paragone avrebbe funzionato così bene.
MANDARINORIENtAL.COM

Hai bisogno di andare in albergo. L’ho fatto
anch’io. A quel punto ci sei solo tu e la pagi-
na bianca. Si racconta che Douglas Adams
una volta sia stato chiuso a chiave in una
stanza d’albergo dal suo editor e costretto a
scrivere. Quando gli chiesero com’era an-
data, Adams rispose: “Io scrivevo a macchi-
na, mentre il mio editor era seduto in pol-
trona e mi guardava minaccioso”.
Gli scrittori hanno un rapporto antico e
profondo con gli alberghi. L’Algonquin e il
Chelsea a New York , il Savoy a Londra,
l’Hotel des Bains a Venezia, l’Ambos Mun-
dos a La Avana, il Bangkok Mandarin
Oriental e il Rales a Singapore sono solo
alcuni dei luoghi che hanno fatto la storia
della letteratura. E come dimostrano due
libri scritti e in parte ambientati all’hotel
Chelsea di New York – il romanzo La città
invincibile di Joseph O’Neill (2008) e il mio
nuovo romanzo In the kitchen, che racconta
la storia di Gabriel Lightfoot, capo chef
nell’immaginario Imperial hotel di Londra
– gli alberghi continuano a esercitare una
forte attrazione sugli scrittori, non solo co-
me supporto dello sforzo creativo ma anche
come soggetto di quella creatività.
Le ricerche per scrivere In the kitchen so-
no durate un anno. Ho letto una montagna
di saggi sull’attività alberghiera e ho esplo-
Lo sfondo mi permetteva di usare un venta-
glio più ampio di personaggi e di esaminare
idee, tensioni e conlitti in una porzione più
ampia della società. Avevo tanto di quel
materiale che è stato diicile capire da dove
cominciare.
Il facchino ingegnere
Poi ho preso un ritaglio di giornale che con-
servavo da un paio d’anni. Raccontava del-
la morte di un facchino ucraino trovato
nudo nei sotterranei del Café Royal a Pic-
cadilly durante le vacanze di Natale del
2003. Il facchino, un ingegnere che lavora-
va illegalmente per mantenere la iglia ri-
masta a casa, viveva nel locale della caldaia
all’insaputa dei suoi datori di lavoro. Dor-
miva nudo per il caldo, sembra, ed era mor-
to dopo una caduta accidentale. Questa
storia tragica, che dice così tanto su questi
mondi diversi che convivono all’interno di
uno stesso edificio, ha ispirato la morte
all’inizio del mio romanzo. Una morte che
ossessionerà il protagonista del libro.
La mia decisione di ambientare gran
parte dell’azione in un albergo non è certo
originale: gli hotel sono stati lo sfondo di
molti romanzi nell’ultimo secolo. Ofrono
opportunità ininite. Ogni ospite potenzial-
mente ha una storia. Altre storie nascono
La residenza degli scrittori nel
Bangkok Mandarin Oriental
quando gli ospiti interagiscono. Meglio an-
cora, queste interazioni richiedono il mini-
mo di preparazione narrativa: basta il ruo-
tare di una porta girevole. Grand Hotel, il
romanzo del 1929 di Vicky Baum (da cui è
tratto il ilm del 1932) dimostra questo prin-
cipio alla perfezione. Sei persone si ferma-
no in un albergo e nei successivi cinque
giorni le loro vite si intrecciano. Il romanzo
di Baum si muove continuamente tra per-
sonaggi, storie e luoghi diversi, e solo il
Grand Hotel fa da collante a tutti questi
frammenti. Lo stile distaccato della narra-
zione sembra sottolineare un’idea centrale:
non lasciatevi coinvolgere troppo dai clien-
ti, presto se ne andranno e altri prenderan-
no il loro posto. La sintesi di stile (che è tutto
superficie), contenuto (ogni cliente è un
personaggio tipo) e ambientazione (il mon-
do artiiciale dell’hotel) fa di questo roman-
zo un classico del modernismo.

66 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009


L’esempio di Baum è stato seguito da
altri, seppure con esiti diversi. Hotel (1965),
di Arthur Hailey, malgrado il successo di
pubblico non raggiunge mai l’armonia di
forma ed estetica di Baum. I personaggi ti-
pici ci sono: il ladro di professione, il play-
boy, la bella ragazza, il cliente apparente-
mente umile ma in realtà ricco. Ma questo
non basta a farne un buon romanzo. Am-
bientare l’azione in un albergo non garanti-
sce nulla sul piano artistico, se la caratteriz-
zazione e lo sviluppo narrativo sono deboli.
Però il romanzo ci guida in una visita
dell’hotel dietro le quinte, tra cameriere,
centraliniste e aiuto cuochi, raccontandoci
anche le vicende di fattorini, baristi e impie-
gati. Ci spiega tutto, da quello che succede
al burro che viene rispedito in cucina a co-
me si fanno le porzioni dei piatti per un ban-
chetto.
Gli alberghi regalano storie agli scrittori.
La presenza di un ospite non è strettamente
necessaria, perché basta la storia di una
stanza d’albergo e dei suoi ospiti (un presi-
dente, un gangster, una squillo?). Perino un
oggetto all’interno di una stanza può ofrire
degli spunti, come quelli che Arnold Ben-
nett è pronto a sfruttare: “Uno dei grandi
vasi sul piedistallo ha una fessura, risultato
del duro trattamento riservatogli durante
una turbolenta moscacieca giocata una
notte da quattro giovani principesse, un re
dei Balcani e i suoi aiutanti”. Ma in un hotel
c’è sicuramente molto di più di un’atmosfe-
ra ricca di storie. L’ambiente dell’albergo ha
molto da ofrire anche quando l’autore de-
cide di concentrarsi sui personaggi.
Un hotel, quasi più di qualsiasi altro sce-
nario, può diventare un personaggio auto-
nomo. Ha il massimo di carattere che un
ediicio può raggiungere. E nessun roman-
ziere ha saputo sfruttarlo meglio di Stephen
King in Shining (1977). King trasforma
l’Overlook hotel in un personaggio eccezio-
nalmente forte. Fin dalle prime “casuali
occhiate” lanciate dalla strada alla “sua ila
massiccia di inestre rivolte a ovest su cui,
rilettendosi, rimbalzavano i raggi del sole”,
stabilisce una presenza isica potente e mi-
steriosa. King racconta gli episodi di violen-
za nell’hotel attraverso conversazioni, regi-
strazioni e visioni, ma anche con i dettagli
degli oggetti: “Qui c’era la storia, davvero, e
non solo nei titoli dei giornali. Era sepolta
tra la colonna delle entrate di quei registri e
nei libri dei conti”. Inavvertitamente, ma
con insistenza, attribuisce all’albergo quali-
tà umane o animali. “Sembrava che l’Over-
look li avesse inghiottiti”. La caldaia “si
trascina”, l’ascensore “geme” e Jack Tor-
rance “sente il peso dell’Overlook gravargli
addosso”, così quando all’hotel viene attri-
buita una mente propria (“all’Overlook lui
non piaceva”), non ne siamo afatto sorpre-
si. Quando il posto prende letteralmente
vita, sembra agghiacciante ma del tutto na-
turale che possa avvenire.
Specchio dei cambiamenti
Assassini e suicidi abbondano nella storia
dell’Overlook. Inoltre gli alberghi si presta-
no per natura a un comportamento tra-
sgressivo. Nel loro arbitrario rimescola-
mento sociale limiti e tabù vengono spesso
messi alla prova e questo dà vita a un parti-
colare sottogenere di romanzi gialli. Anche
il sesso, soprattutto quello illecito, è un altro
ingrediente fondamentale. È particolar-
mente adatto agli alberghi (grazie alla vici-
nanza di spazi pubblici e privati e alla mag-
giore scelta di partner potenziali), e garan-
tisce una costante fascinazione creativa.
Nel suo studio del 2006, The hotel as set-
ting in early 20th century german and au-
strian literature (L’albergo come scenario
nella letteratura tedesca e austriaca del pri-
mo novecento), ecco cosa dice Bettina Mat-
thias a proposito di America, di Franz Kaka,
in cui il sedicenne Karl Rossman viene al-
lontanato dalla Germania e inviato negli
Stati Uniti in seguito a uno scandalo sessua-
le: “Kaka avrebbe potuto mandare il suo
giovane protagonista a lavorare per
un’agenzia di assicurazioni o in qualche al-
tra anonima istituzione, come ha fatto in
tante altre storie. Ma Kaka ha bisogno di un
ambiente che rappresenti un’esperienza
totale, in cui il giovane è assediato da ogni
lato, socialmente, professionalmente, cul-
turalmente e psicologicamente”. L’Hotel
Occidental, sostiene Matthias, diventa “il
simbolo del paese nel suo insieme e dell’in-
terazione umana nell’era del capitalismo,
dell’atomizzazione, dell’anonimato e della
burocrazia”. Quindi, un albergo ha la capa-
cità di assumere non solo un carattere pro-
prio, ma anche quello di tutta la società.
I primi anni del secolo avevano visto
un’esplosione di letteratura ispirata agli al-
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 67
Viaggi
berghi, specchio di un’epoca di enormi
cambiamenti sociali su entrambe le sponde
Nessun’altra
dell’Atlantico. Mentre nascevano le opere ambientazione
degli autori studiati da Matthias – Kaka,
Stefan Zweig, Franz Werfel, Joseph Roth,
contemporanea ofre
Thomas Mann – anche gli scrittori america- le stesse opportunità
ni come Edith Wharton, Henry James e Sin-
clair Lewis parlavano di alberghi. E scrittri-
di mescolare così
ci britanniche come Rosamond Lehmann, intimamente
Jean Rhys, Evelyn Waugh ed Elizabeth Bo-
wen hanno fatto tutte ricorso nelle loro ope-
i personaggi
re ad alberghi letterari, in un periodo in cui
abbondavano anche i libri di viaggio (J.B.
Priestly, George Orwell).
L’hotel come istituzione è un prodotto
dell’industrializzazione e dello sviluppo
che si veriicarono tra la ine dell’ottocento
e l’inizio del novecento, ed è quindi un otti-
mo punto di osservazione per studiare quei sala per settecento persone”, aggiungendo
cambiamenti. La nascita di una borghesia che “il bufo ovviamente è che il tè è un’oc-
ricca e il passaggio da una società sedenta- casione intima”.
ria a una società che amava viaggiare si ri- Dressler chiede di poter dissentire. E i
letteva nella letteratura con una forte at- suoi pensieri sembrano dare forma all’im-
tenzione ai nuovi spazi moderni. In questi minente ventesimo secolo. “Naturalmente,
spazi cominciavano a saltare i rigidi conini capiva che lei non si riferiva soltanto alle
tra pubblico e privato che ino ad allora era- dimensioni, ma a un particolare cambia-
no stati così importanti per consolidare mento su cui egli stesso si era sofermato a
l’identità borghese. riflettere: l’espansione dei piccoli eventi
Ironicamente, uno dei romanzi che me- privati in grandi eventi pubblici”.
glio riesce a cogliere questo momento è sta- Quest’esistenza “nuova” e “moderna”,
to pubblicato nel 1997. Martin Dressler. Il tuttavia, comporta un grave onere. Dressler
racconto di un sognatore americano, con cui vive in un limbo esistenziale, una sorta di no
Steven Millhauser ha vinto il premio Pulit- man’s land che ha la sua rappresentazione
zer, è un’invocazione iabesca della New più vivida quando l’ultimo hotel del prota-
York di ine secolo. Dressler – un lâneur che gonista, il Gran Cosmo, “un mondo in se
passa la vita in spazi semipubblici osservan- stesso”, comincia a fallire. Di fronte alla
do e ragionando, né perfettamente inserito scomparsa dei clienti per il suo “nuovo mo-
né decisamente estraneo, né solo né parte do di vivere”, Dressler ingaggia degli attori
di un gruppo – nasce in una famiglia povera che interpretino il ruolo degli ospiti. E men-
e arriva a possedere una catena di alberghi. tre vaga nei saloni, Dressler non ha modo di
I suoi sogni sembrano quasi imporre ai grat- distinguere i clienti dalle comparse. Alla i-
tacieli del futuro di esistere. Un giorno una ne, ingaggia un altro attore per interpretare
cliente di uno dei suoi hotel racconta di aver se stesso e si allontana dall’hotel verso un
preso il tè in un grande magazzino in “una futuro incerto.
Questo articolo
◆ Monica Ali è una scrittrice ◆ Alcuni romanzi di cui si del cavaliere d’industria Felix
britannica nata a Dacca, in parla nell’articolo. Krull, Mondadori 2000, 7
Bangladesh, nel 1967, da ◆ Joseph O’Neill, La città euro.
padre bangladese e madre invincibile, Rizzoli 2009, 19 ◆ Joseph Roth, La tela del
inglese. Ha studiato a Oxford. euro. ragno-Hotel Savoy-La
Il suo primo romanzo, Brick ◆ Sankar, Hotel Calcutta, Neri ribellione-Il peso falso, Adelphi
Lane, è stato selezionato nel Pozza 2009, 18 euro. 1983, 25 euro.
2003 tra i cinque inalisti del ◆ Franz Kaka, America, ◆ La prossima settimana.
Booker prize. Nello stesso Garzanti libri 2007, 8,50 euro. Viaggio a Kumzar, in Oman.
anno la rivista letteraria ◆ Thomas Mann, La morte a Ci siete stati e avete
Granta l’ha eletta migliore Venezia, Einaudi 2006, 7,80 suggerimenti su tarife
giovane scrittrice britannica. euro. vantaggiose, libri, posti dove
Vive a Londra, è sposata e ha ◆ Stephen King, Shining, mangiare, dormire o fare delle
due igli. Il suo ultimo libro è Bompiani 2001, 9,20 euro. escursioni? Scrivete a
In the kitchen (2009). ◆ Thomas Mann, Confessioni viaggi@internazionale.it.
Questo scenario richiama alla memoria
La morte a Venezia (1912), di Thomas Mann,
ambientata nel Grand Hotel des Bains sul
Lido di Venezia. Qui la vita è uno spettacolo
osservato da dietro la maschera, come se gli
ospiti non fossero altro che attori su un pal-
coscenico. Il protagonista del romanzo,
Aschenbach, si tiene occupato proprio con
questo genere di osservazione distaccata
ino all’arrivo del ragazzo, Tadzio, che di-
venterà la sua tragica ossessione. Da questo
momento in poi, la trasgressione di Aschen-
bach nel desiderare Tadzio è costantemen-
te sottolineata da un’altra trasgressione: la
violazione della “forma” e dei codici sociali
dell’albergo. Aschenbach non fa nient’altro
che osservare Tadzio, ma il suo sguardo è
intenso e ossessivo mentre dovrebbe essere
distratto e disinteressato.
Il simbolo del capitalismo
L’idea dell’albergo come palcoscenico, un
set su cui recita un cast eternamente mute-
vole, ofre agli scrittori molte opportunità
drammatiche. Come osserva l’addetto alla
reception nello splendido romanzo Hotel
Calcutta, di Sankar, ambientato in un vec-
chio albergo di Calcutta, “questo posto
avrebbe dovuto chiamarsi Teatro Shahja-
han invece di Hotel Shahjahan”. Hotel Cal-
cutta, pubblicato per la prima volta in ben-
galese nel 1962, ma da poco tradotto anche
in inglese, fa capire perché gli scrittori ami-
no ambientare i loro romanzi negli alber-
ghi. È innanzitutto e soprattutto un roman-
zo “sociale”, che esamina le ingiustizie
della società attraverso la miseria di molti
dipendenti (alcuni camerieri sono perino
costretti a dormire per strada) e la corruzio-
ne e l’ipocrisia dei ricchi clienti dello
Shahjahan. Nessun’altra ambientazione
contemporanea ofre le stesse opportunità
di mescolare così intimamente personaggi
poveri e ricchi. Quando Nityahari, il dhobi
(lavandaio) timorato di Dio, deve cambiare
le lenzuola della ricca e adultera Mrs Pa-
krashi, chiede che l’acqua gli venga versata
sulle mani: “Devo lavare via i loro peccati,
vero?”.
Un senso di ingiustizia sociale alimenta
anche Hotel Savoy (1924), un romanzo bre-
ve di Joseph Roth. Anche se qui Roth prefe-
risce non esplorare la divisione tra dipen-
denti e ospiti dell’albergo. È l’hotel a rap-
presentare il simbolo del capitalismo e dello
sfruttamento. Si scoprirà infatti che è l’os-
sequioso ragazzo dell’ascensore, una delle
mansioni più umili dello staf, il vero pro-
prietario. Per Roth in particolare, un ebreo
austriaco che scriveva negli anni venti – cioè
in un periodo di intenso attivismo della de-

68 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009


MANdArINorIENTAL.CoM (2)
L’hotel Bangkok Mandarin Oriental
stra – e aveva assistito al crollo dell’impero
austroungarico, questa condizione di spae-
samento era strettamente legata agli scon-
volgimenti sociali e politici. Ma oggi chi vi-
ve nelle metropoli tende a dare per scontato
uno stato di transitorietà e sradicamento. È
la realtà quotidiana di vite che sono geogra-
icamente scollegate, in cui i vincoli fami-
liari spesso si allentano, il lavoro ofre pochi
legami profondi e duraturi e inluenze cul-
turali eterogenee creano prospettive illimi-
tate .
È in queste condizioni che Gabriel
Lightfoot, il mio protagonista di In the
kitchen, comincia a mettere in dubbio la sua
identità e il suo stesso senso di sé. Nato e
cresciuto in una cittadina industriale del
nord, Gabriel disprezza quelli che conside-
ra gli orizzonti pateticamente ristretti del
padre, “catturato dalla fabbrica con la stes-
sa rapidità di una spoletta nel telaio”. Ma
quando le crisi nel lavoro e nella vita perso-
nale lo costringono a mettere in discussione
i suoi valori, comincia a guardare nell’abis-
so. Un albergo, con i suoi spazi impersonali
in cui nessuno riesce a trovare un posto dav-
vero suo, dove tutti indossano una masche-
ra sociale di qualche tipo, mi sembrava
l’ambientazione più adatta per mettere alla
prova questo personaggio.
Mancanza di identità
Gabriel fa parte di un’élite urbana per cui la
questione della “casa” è irrilevante (o al-
meno così gli piace pensare) o al massimo
metaforica e trascendente. Ma per molti
suoi compagni di lavoro, immigrati legali o
illegali, avere una casa non è tanto una con-
dizione esistenziale quanto un’esigenza
della dura realtà. Anche questo contrasto,
che permette di esplorare la trama della no-
stra esistenza moderna, è stato un fattore
determinante nella scelta dell’ambienta-
zione.
Ma come suggerisce il titolo, In the
kitchen è incentrato soprattutto su una certa
parte del microcosmo sociale degli alber-
ghi. Quasi tutti i racconti e i romanzi am-
bientati in un albergo scelgono un aspetto
particolare. C’è una sola eccezione, Confes-
sioni del cavaliere d’industria Felix Krull
(1954), di Thomas Mann. Mann ritrae ogni
sfaccettatura dell’albergo, dal dormitorio
degli operai alla suite reale, dal lavapiatti
all’ospite privilegiato. La sua perfetta pa-
dronanza della forma sociale, la totale
mancanza di identità (non gli importa afat-
to quando il direttore dell’albergo lo ribat-
tezza Armand) e l’assoluta indiferenza per
le diseguaglianze della scala sociale (a par-
te il suo desiderio di salirne tutti i gradini) si
fondono per fare di Felix l’ospite perfetto di
un albergo. E anche se Felix non ha nessun
interesse per i semplici lavoratori, Mann si
soferma sul loro sfruttamento descrivendo
i turni di dodici ore dei ragazzi dell’ascenso-
re o il fatto che i camerieri siano costretti a
comprare a spese loro le costosissime divi-
se. Poi mette tutto questo in contrasto con il
comportamento supericiale dell’aristocra-
zia, di cui indebolisce lo status privilegiato
e il presunto valore permettendo a Felix di
cambiare ruolo così facilmente.
I cambiamenti
Gli alberghi promettono agli scrittori gran-
di opportunità e possono ofrire ai lettori
alcuni scorci della società che altrimenti
rischierebbero di restare nell’ombra. Ma
perché prendersi questo disturbo? Il narra-
tore di Hotel Calcutta chiede a Bose-da, il
responsabile della reception, perché mai,
dopo tutto quello che ha visto e vissuto allo
Shahjahan, non scrive un libro. Ecco la ri-
sposta di Bose-da: “‘Scrivere non ha mai
portato nessuno da nessuna parte’ disse
scrutando il cielo. ‘Mi hanno detto che la
parola scritta ha determinato molti cam-
biamenti in questo mondo, che la civiltà ha
spesso cambiato corso per impulso degli
scrittori. Ma io non ci credo. Non credo che
si possa cambiare niente in questa nostra
società cieca, sorda e insensibile. Potete
gridare dalla cima di un tetto, potete scrive-
re cento Mahabharat, potete illuminare il
male con lampadine da mille watt, ma sarà
tutto inutile’”.
È diicile non essere d’accordo. L’arte
non provoca cambiamenti. Ma non si pos-
sono avere cambiamenti senza l’arte. E nel-
la nostra società in rapida trasformazione,
l’albergo rimane un posto eccellente per
raccontarli. u gc
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 69
Graphic journalism

70 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009

Marino Neri è un autore di fumetti italiano nato a Carpi nel 1979. Vive a Modena.

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 71

 Cultura
Cinema
YUrI COrTEZ (AFP)
La folle vita
delle gang
Serge Kaganski, Les Inrockuptibles, Francia
Un documentario racconta il
fenomeno delle bande a San
Salvador. L’autore, Christian
Poveda, è stato ucciso un anno
dopo aver concluso le riprese
I
l bel volto della ragazza in primo
piano è segnato dalle rughe e da un
occhio rovinato. È andata da un
oculista per farsi mettere una pro-
tesi oculare. Il ilm va avanti, la ri-
troviamo dopo l’operazione. Civettuola,
felice di aver ritrovato un volto più presen-
tabile, si trucca e va dal parrucchiere. Più
tardi dorme tranquillamente, la pelle stra-
namente violacea. È morta, uccisa in una
delle ellissi cruente del documentario del
regista francospagnolo Christian Poveda,
La vida loca, immersione terriicante nella
vita quotidiana delle gang di San Salvador,
72 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
capitale del Salvador, piccolo stato
dell’America Centrale. Scambiato per un
informatore della polizia, anche il regista è
stato ucciso il 2 settembre, prima che il suo
ilm arrivasse nelle sale.
Il ilm che uccide
Questo ilm che semina la morte tra i suoi
personaggi e uccide anche il suo regista
racconta la dura realtà salvadoregna. Da
una quindicina d’anni il paese è devastato
dal fenomeno delle gang, nato tra gli immi-
grati sudamericani di Los Angeles negli
anni ottanta e poi importato in America
Centrale da chi rientrava nel paese. Secon-
do la polizia salvadoregna, oggi ci sono
quindicimila maras (membri di gang), metà
in libertà, l’altra metà in prigione. Si divido-
no in due organizzazioni principali: la Mara
Salvatrucha e la Mara 18, quella al centro
del ilm di Poveda.
Queste due reti conducono tra di loro
una guerra spietata, le cui cause, se mai esi-
stono, si perdono nel passato nebbioso di
Los Angeles. Oggi non ci sono ragioni con-
crete per questo conflitto, né denaro né
controllo del territorio. Solo un principio
assurdo e nichilista di vendetta senza ine.
I ragazzi e le ragazze delle gang vivono
quotidianamente a contatto con la morte: o
l’aspettano o la danno. Come dice uno dei
personaggi del ilm: “Si vive per uccidere, si
uccide per vivere”. Un’alternativa maca-
bra. El Salvador ha 6,4 milioni di abitanti.
Nel 2007 gli omicidi sono stati 3.497. Nel
2008 questo numero è leggermente dimi-
nuito, passando a 3.174, ma la media rima-
ne allucinante: 9,6 omicidi al giorno, 92
persone ammazzate ogni centomila abi-
tanti nella fascia di età compresa fra i 15 e i
24 anni. El Salvador ha questo sinistro pri-
mato mondiale. Per fare un confronto, in
Francia, su sessanta milioni di abitanti so-
no stati censiti 2.500 membri permanenti
di “bande” e 2.500 membri occasionali. Il
tasso francese di omicidi si colloca tra 1,2 e
1,8 ogni 100mila abitanti.
Si può rimproverare a La vida loca una
propensione per il montaggio rapido, tal-
volta accompagnata da trascinanti musiche
latine, cosa che provoca un efetto videoclip
poco adatto al soggetto del ilm. Ma non
possiamo non ammirare l’impressionante
processo di immersione in questa realtà, la
sua capacità di farci provare simpatia per
dei maras seguiti come personaggi del ci-
AFP
Christian Poveda, al centro con gli oc-
chiali, insieme ad alcuni maras, du-
rante le riprese di La vida loca. Nella
pagina accanto, una scena del ilm
nema, la sua assenza di commenti e di giu-
dizi morali. Nella tradizione del direct cine-
ma, Christian Poveda si è “accontentato”
di ilmare questi ragazzi e ragazze, lascian-
do ogni spettatore libero nel suo giudizio e
nella sua lettura morale o politica.
Tatuaggi e sparatorie
Tra una sparatoria e l’altra le maras oziano,
bevono, si mettono insieme, organizzano
qualche piccolo traffico. Passano anche
molto tempo a farsi controllare da poliziot-
ti onnipresenti (una presenza tanto forte
quanto impotente per risolvere il proble-
ma), a entrare e uscire di prigione. Altra at-
tività ricorrente: i funerali di uno di loro. In
queste scene si vede un paradosso, il dolore
e l’emozione di una popolazione che sem-
bra indiferente alla morte, che la sida in
permanenza.
La seduta di tatuaggi costituisce un al-
tro rituale quotidiano della “vita folle”.
I ragazzi e le ragazze hanno il corpo e il vol-
to coperti di queste iscrizioni tribali, segni
di appartenenza alla “famiglia”. C’è una
certa bellezza in questa graica cutanea, ma
le considerazioni estetiche vengono meno
quando ci si rende conto che questi tatuag-
gi trasformano i loro possessori in un bersa-
glio permanente. Si vedono le ragazze usci-
re dal loro quartiere con foulard o bandane
per mascherare il tatuaggio sulla fronte.
Altre ragazze sono così tatuate che non pos-
sono neanche camufarsi. Per loro, mar-
chiate come bestie, uscire dal loro isolato
equivale a una condanna a morte. In questo
universo violento, c’è una piccola speranza.
Alcuni maras pentiti tentano di reinserirsi
nella società, entrano in contatto con delle
ong. Ma questi tentativi rimangono fragili.
Nel ilm si assiste alla creazione di una
panetteria di quartiere. Ma questa attività,
anche se ridà un senso all’esistenza degli
apprendisti fornai, diicilmente permette
un pieno reinserimento nella società. Poli-
zia, istituzioni, popolazione: nessuno dà
iducia agli ex maras. E il governo salvado-
regno sembra travolto dal fenomeno. Pove-
da spiega che, nei primi anni 2000, il presi-
dente del Salvador si era lanciato in una
politica molto repressiva, prendendo ispi-
razione dall’Honduras e da Rudolph Giu-
liani, che era sindaco di New York: furono
arrestate più di 16mila persone, ma manca-
vano le prove dei crimini. I rinvii a giudizio
furono 807.
Il nuovo presidente, Mauricio Funes,
sembra animato da migliori intenzioni. Per
Poveda la prima cosa da fare è imporre una
tregua fra le gang e instaurare un dialogo
fra i capi maras e le autorità. E probabil-
mente il regista è stato ucciso proprio per
questo motivo.
Il pericolo è quello di guardare i maras
come degli alieni, un “altro” completamen-
te diverso. Il fenomeno delle gang mette in
discussione un’intera società. Il liberismo
sfrenato degli ultimi trent’anni ha fatto gra-
vi danni in tutto il mondo, ma soprattutto
nei paesi economicamente e socialmente
fragili come il Salvador. Concorrenza sfre-
nata, individualismo esasperato, disgrega-
zione del tessuto sociale e associativo, ri-
duzione della solidarietà, disoccupazione,
povertà, emarginazione: tutti conoscono
l’elenco dei mali contemporanei, che con-
trasta duramente con i sogni consumistici
venduti 24 ore al giorno dalle reti satellitari
di tutto il mondo. Esiste una violenza del
mondo liberista (riassunta nell’ormai fa-
mosa massima di Jacques Séguéla: “Se a
cinquant’anni non hai un Rolex, sei un fal-
lito”), che inisce per produrre risposte al-
trettanto violente.
Il nichilismo omicida dei maras è una di
queste risposte istintive, destrutturate, che
hanno sostituito gli ideali rivoluzionari in-
tellettualmente organizzati. Questo feno-
meno è per il momento localizzato nei pae-
si che un tempo venivano deiniti “del terzo
mondo”. Ma se il nostro modello globale
liberista non cambia rapidamente, i maras
salvadoregni ci danno un’immagine di
quelle che forse saranno le periferie euro-
pee tra una decina d’anni. u adr
Il ilm La vida loca, realizzato nel 2008, è uscito
in Francia il 30 settembre, pochi giorni dopo la
morte di Christian Poveda. Al momento non è
prevista un’uscita nelle sale italiane.
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 73
Cultura

Cinema
Italieni
I ilm italiani visti da un corri-
spondente straniero. Questa
settimana Lee Marshall, col-
laboratore di Condé Nast Tra-
veller e Screen International.
BAARÌA
Di Giuseppe Tornatore. Italia
2009, 150’
● ●● ● ●
In un paese in cui la faziosità
politica invade ormai tutti i
campi, e lo spirito critico puro
lotta per sopravvivere, è dii-
cile giudicare Baarìa. La prima
trappola l’ha stesa Silvio Ber-
lusconi alla vigilia della pre-
sentazione del ilm a Venezia,
quando lo elogiò come “un ca-
polavoro assoluto”, perché il
protagonista “va in Russia e si
accorge degli errori che il co-
munismo ha prodotto”. Di
fronte a questa presa di posi-
zione, com’è possibile dire che
il ilm mi è piaciuto? Eppure
mi è mezzo piaciuto, nono-
stante lo stile barocco di Tor-
Dalla Grecia
Death metal e concerti estivi
Dagli Stati Uniti alla Scan-
dinavia, la musica di tutto il
mondo al centro del festival
del cinema di Atene
Al Festival internazionale del
cinema di Atene i premi più
importanti sono andati a Moon
di Duncan Jones (miglior
ilm), a Flickan di Fredrik Ed-
feldt (miglior regia) e a In the
loop di Armando Iannucci (mi-
gliore sceneggiatura). Ma du-
rante la rassegna sono stati
presentati altri due ilm che
meritano di essere citati. Il pri-
mo è All tomorrow’s parties, di-
retto da Jonathan Caouette. È
un viaggio appassionato ed
emozionante nel mondo dei
Massa critica
Dieci ilm nelle sale italiane giudicati dai critici di tutto il mondo
Until the light takes us
concerti estivi negli Stati Uni-
ti, a partire da un’esibizione
dei Belle and Sebastian del
1999. Gli “attori protagonisti”
– dai Battle ai Gossip, passan-
do per Nick Cave con i Grin-
derman – danno una grande
energia all’azione e il regista,
anche grazie ai ilmati girati
dai fan durante il concerto,
riesce a mettere lo spettatore
al centro dell’esperienza live.
L’altro ilm è Until the light ta-
kes us. È un documentario che
racconta il mondo death metal
scandinavo degli anni novan-
ta. I registi Audrey Ewell e Aa-
ron Aites mettono bene in luce
le contraddizioni e i disagi che
attraversano il movimento,
senza però cadere nella trap-
pola di puntare il dito contro
chi ne fa parte. Al contrario,
mostra che anche il movimen-
to sociale più underground
può essere corrotto dai mezzi
di comunicazione.
Nev Pierce,
Empire Magazine

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natore, pieno di carrellate,

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zoomate e grandangoli, nono-

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zuppato, nonostante sia trop-

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po lungo di almeno mezz’ora.

Due cose lo salvano dalla pol- UN AMorE… 11111 - 11111 11111 11111 - 11111 - 11111 11111 11111
pettoneria. Il primo è un con-
trollo tonale non facile, che fa bAStA chE fUNzioNi - 11111 11111 - - 11111 11111 11111 11111 11111 11111
alternare momenti di comme-
dia con sfumature più cupe bAStArDi SENzA… 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
(per esempio la scena del fra-
tello aspirante suicida verso la
DiStrict 9 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
ine). Il secondo è il contrasto
fertile fra il protagonista piut-
DrAg ME to hELL 11111 11111 11111 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111
tosto modesto – un consigliere L’ErA gLAciALE 3 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
comunale del Pci che vede gli
ideali sfumare senza mai LE MiE groSSE… 11111 - 11111 11111 11111 - 11111 - 11111 11111 11111
smettere di impegnarsi – e le
ambizioni epiche del regista. MotEL wooDStock 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
Come mi ha detto un mio col-
lega britannico a Venezia: “È
PELhAM 1 2 3 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
come prendere un impiegato
di banca e farlo diventare
ricAtto D’AMorE 11111 - 11111 11111 11111 - 11111 - 11111 11111 11111
l’eroe di Via col vento”. Legenda: ●●●●● Pessimo ●●●●● Mediocre ●●●●● Discreto ●●●●● Buono ●●●●● Ottimo

74 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009

 PHOTOART
WORKSHOP
CORSO DI Francesca Brambilla Tecnica fotografica, tecnica della luce
Francesco Cito Tecniche digitali
FORMAZIONE Silvia Lelli
AVANZATA Saverio Lombardi Vallauri
Ritratto
Angela Madesani Fotografia industriale
Un workshop Roberto Masotti Still-life
con i più affermati Giovanni Pelloso Fotografia di paesaggio
specialisti della Sandro Scalia Reportage
fotografia. Serena Serrani Fotografare lo spettacolo

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FA B R I C A © Benetton Group S.p.A. 2009 - www.benetton.com
Cultura
I consigli
redazione
In uscita
rICky
Di François Ozon. Con Alexandra
Lamy, Sergi López, Mélusine
Mayance. Francia 2009, 90’
● ●● ● ●
Se c’è un difetto che non si può
rimproverare a François Ozon è
la mancanza di coraggio. Incen-
sato per la sobrietà di Il tempo
che resta, il regista aveva poi de-
stabilizzato il pubblico con il so-
vraccarico decorativo di Angel,
mélo in costume che si adagiava
su tutte le convenzioni del gene-
re per meglio sovvertirle. Ricky,
presentato a Berlino, conferma
questa voglia di prendere il pub-
blico in contropiede già dalla
prima sequenza, con una dop-
pia sorpresa. Intanto la scelta
dell’attrice, Alexandra Lamy,
che si rivela assolutamente cre-
dibile come Katie, madre che
conida il suo smarrimento a un
assistente sociale. La seconda
sorpresa è nel realismo sociale
della messa in scena, che in po-
chi si potevano aspettare
dall’autore di 8 donne e un miste-
ro: la miseria economica e senti-
mentale è descritta in modo
asciutto e senza sconti. Che
Ozon abbia deciso di seguire le
tracce dei fratelli Dardenne? La
pista del realismo sembra esse-
re confermata per la prima
mezz’ora: il racconto, tra un’el-
lisse e l’altra, passa da un grigio
appartamento di periferia a una
fabbrica. Attraverso una serie di
lashback conosciamo la storia
della donna, ino alla nascita del
bambino, al sorgere di alcuni
problemi inanziari e alla crisi
Alexandra Lamy
dIstrICt 9
della Di Neill Blomkamp
(Stati Uniti/
Nuova Zelanda, 112’)
della relazione con il padre. A
quel punto scopriamo cosa in-
tendeva Katie quando parlava di
suo iglio come “un ragazzo dif-
icile”, ma ci guardiamo bene
dal rivelare in che consiste la di-
versità del bambino, perché la
sua scoperta è una delle cose
migliori del ilm. Sarà suicien-
te dire che la storia prende una
piega fantastica, pur rimanendo
ancorata alla sua ambientazio-
ne totalmente realistica. E
quando l’intrigo minaccia di di-
ventare troppo straordinario o
troppo tragico, Ozon osa delle
clamorose parentesi comiche,
evitando comunque il ridicolo
grazie a un’ambiguità costante
per tutto il ilm.
Samuel Douhaire, Télérama
Motel WoodstoCk
Di Ang Lee. Con Demetri Martin,
Imelda Staunton, Liev Schreiber.
Stati Uniti 2009, 120’
●●●●●
Motel Woodstock non è un ilm
sul leggendario raduno rock di
quarant’anni fa ma su Elliot
Teichberg (Demetri Martin), un
ragazzo i cui genitori hanno un
hotel. Elliot ha tutti i permessi
per organizzare una piccola ma-
nifestazione culturale nella sua
città. E quando gli organizzatori
di Woodstock si ritrovano senza
un posto dove mettere in scena
il loro concerto, arriva Elliot, ar-
mato con la sua carta bollata, e
monta in sella, ofrendo l’hotel
dei genitori come sede organiz-
zativa dell’evento. Jonathan
Grof, che al suo debutto sullo
schermo interpreta Michael
Lang (il capo dell’organizzazio-
ne), irradia una tale dolcezza ri-
lassante che chiunque si trovi
nei suoi paraggi è spinto a la-
sciarsi andare senza censure.
Ma il ilm di Ang Lee lascia irri-
solta una gran parte del suo dol-
ce dramma, e suggerisce con
troppa facilità la convergenza
tra la risplendente luce della
controcultura e l’etica capitali-
stica (anche se gli efetti speciali
che trasformano la folla di
Woodstock in una marea uma-
the InforMant!
Di Steven
Soderbergh
(Stati Uniti, 100’)
Jonathan Grof
na, sembrano ispirati più a una
visione dell’inferno degna di
Doré che a un’immagine di bea-
titudine). Nonostante l’umore
soave che pervade tutto il ilm,
non c’è un solo personaggio che
mostri un sentimento capace di
catturare o far rilettere. E que-
sta è una mancanza sincera-
mente imperdonabile. Eugene
Levy interpreta Max Yasgur,
l’allevatore che aittò il terreno
dove si svolse il festival, e Liev
Schreiber è un veterano della
Corea travestito che ofre i suoi
servigi per la sicurezza.
Anthony Lane, The New
Yorker
faMe
Di Kevin Tancharoen. Con Naturi
Naughton, Bebe Neuwirth, Debbie
Allen. Stati Uniti 2009, 107’
●●●●●
La Mgm, che è in un momento
di grandi diicoltà inanziarie,
chiama questo remake del clas-
sico Saranno famosi di Alan Par-
ker una “reinvenzione”. Pur-
troppo sembra più un disperato,
cinico tentativo – molto proba-
bilmente destinato al fallimento
– di uno studio moribondo per
scongiurare l’oblio saltando sul
carrozzone di High school musi-
cal e sfruttare il suo catalogo
senza fargli per niente onore. Il
nuovo Fame si svolge di nuovo
alla School of performing arts di
New York. C’è qualche scena in
esterni a Manhattan (gli interni
sono stati ricreati a Los Ange-
les), ma probabilmente i soldi
non erano abbastanza per
ricreare il celebre balletto con i
taxi a Times square. Come l’ori-
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
drag Me to hell
Di Sam Raimi
(Stati Uniti, 99’)
ginale, il ilm segue un gruppo
di studenti dalle prime audizio-
ni al diploma, quattro anni do-
po. Ma vigliaccamente i produt-
tori non hanno riproposto il mo-
do coraggioso con cui Alan Par-
ker descrisse la New York degli
anni ottanta, in cui chi viveva
nei ghetti doveva fare a spallate
con chi apparteneva alla middle
class. Nella sceneggiatura origi-
nale di Christopher Gore (che fu
candidata all’Oscar) gli studenti
si dibattevano tra povertà, gra-
vidanze indesiderate, razzismo
e analfabetismo, in un’epoca in
cui sarebbe bastata una storia
omosessuale (e ce n’erano) per
far guadagnare al ilm un divie-
to ai minori. Nella “reinvenzio-
ne”, proprio per evitare divieti,
non c’è più nulla di tutto questo.
Qualche storia d’amore (tutte
etero, assurdo in una scuola
d’arte del ventunesimo secolo),
preoccupazioni per i voti e uno
dei peggiori tentativi di suicidio
della storia del cinema.
Lou Lumenick, New
York Post
le MIe grosse grasse
vaCanze greChe
Di Donald Petrie. Con Nia
Vardalos, Richard Dreyfuss.
Stati Uniti 2009, 98’
● ●●●●
Nia Vardalos, protagonista di Il
mio grosso grasso matrimonio gre-
co, riprende il suo ruolo di single
greca americana in quello che si
poteva intitolare Grosso grasso
matrimonio greco: pacchetto va-
canze. Non è il caso di entusia-
smarsi. Nia interpreta una guida
turistica stufa dei suoi datori di
lavoro e degli stereotipi interna-
zionali che si porta in giro (au-
straliani ubriachi, inglesi nervo-
si, americani volgari). Il livello
delle battute è piuttosto basso:
l’autista greco di cognome fa
Kakkas, il vecchietto del gruppo
è cleptomane e il simpatico del
gruppo è Richard Dreyfuss. Ari-
stofane, vorremmo che tu fossi
qui. Ma forse è meglio di no.
Anthony Quinn,
The Independent
77
Cultura
Libri
Italieni
I libri italiani letti da un
corrispondente straniero.
Questa settimana Gerhard
Mumelter del quotidiano
austriaco Der Standard.
SONO IO CHE ME NE VADO
Violetta Bellocchio, Mondadori,
352 pagine, 18,00 euro
● ●●● ●
“Sempre storta, niente amici,
troppi maglioni, capelli di
stoppa. Me la sono cercata”.
Layla ha 28 anni, è spigolosa,
cinica, in guerra con gli altri e
con se stessa. Il primo roman-
zo di Violetta Bellocchio rac-
conta la sua misteriosa storia.
Esordio notevole, innovativo e
atipico. Linguaggio tagliente,
intriso di immagini e umore
nero, e pieno di riferimenti a
cinema, internet, rock, pop e
fumetti. Per chiudere con il
passato Layla (“Sono l’inizio,
sono la ine. Sono la scala che
porta in cantina”) decide di
aprire il bed and breakfast
Bambola nell’entroterra della
Versilia. Lì conosce Sean, che
diventerà la sua spalla, a metà
strada fra amante e vittima.
Storia criptica e piena di mi-
steri, che la trentaduenne pia-
centina racconta in modo con-
vincente e con scrittura densa,
piena di allusioni ai ilm horror
degli anni settanta. Anche nel
marketing per il suo notevole
romanzo Violetta Bellocchio
non manca di creatività e in-
novazione, inventandosi un
originale gioco a premi. Basta
un autoscatto con il romanzo
più scontrino (“Niente scherzi.
Dio ti vede”) per vincere una
colazione con l’autrice. A chi
ne compra cinque viene ofer-
to un tour nei luoghi del libro e
una notte sotto le stelle. E chi
acquista più di venti copie?
L’autrice risponde criptica:
“Non si scende nei dettagli”.
78 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
Dall’India
Scrittori troppo timidi
In India la letteratura ero-
tica è poco sviluppata. So-
prattutto a causa dell’ecces-
sivo senso del pudore tipico
FLORE-AëL SuRuN (TENDANcE FLOuE/GRAzIA NERI)
della società indiana
Il Bad Sex award è uno dei pre-
mi letterari meno ambiti al
mondo. Ogni anno viene asse-
gnato all’autore che nel suo ro-
manzo ha scritto la peggior
scena di sesso. Nel caso im-
probabile che Electric feather:
the tanquebar book of erotic sto-
ries riesca a trovare un editore
in Gran Bretagna, la letteratu- polavori della narrativa eroti- Sheba Karim descrive in modo
ra indiana avrà una possibilità ca. Opere del genere sono elegante l’amore di una ragaz-
in più di aggiudicarsi questo quasi introvabili nella lettera- zina per suo zio, mentre Tisha-
poco decoroso premio. tura indiana. Soprattutto per- ni Doshi racconta teneramen-
Non è facile scrivere un ché gli autori sono inibiti, trop- te i desideri sessuali di una
racconto erotico. L’amante di po preoccupati di scandalizza- donna vergine di 39 anni. Il
Lady Chatterley di D.H. Law- re i genitori o spaventare i problema, però, è che si fa fati-
rence, Tropico del cancro di bambini. ca a deinire “erotici” questi
Henry Miller e Lamento di Electric feather contiene un racconti.
Portnoy di Philip Roth sono ca- paio di racconti interessanti: Bhaichand Patel, Outlook
Il libro Gofredo Foi
Cresciuti negli anni ottanta
NICOLA LAGIOIA stante, che mescola nuovi e dei tre, porta lui e noi a capire
Riportando tutto a casa vecchi ricchi in una morale co- come è esploso il nostro pre-
Einaudi, 288 pagine, 20,00 euro mune, “levantina” e cinica, sente, dell’Italia: tutto torna a
In mezzo a tanti romanzucoli sempre ai margini dell’illegali- una “casa” che non ha più fon-
neri, rosa oppure ombelicali tà, o dentro. Sono adolescenti damenta.
che consolano i lettori, ecco un senza riferimenti collettivi se Dopo Occidente per princi-
romanzo sconsolante e scon- non quelli delle mode e delle pianti, una commedia itine-
solato, che guarda in faccia la merci. Insieme a dei loro coe- rante sulla stupidità dello sti-
nostra disastrosa realtà e ne tanei, reagiscono come posso- vale, Nicola Lagioia afronta
cerca le cause, trovandole au- no al cinismo dell’ambiente, in una narrazione più strutturata
tobiograicamente negli anni una generale assenza di punti e tradizionale, con personaggi
ottanta del secolo scorso, di riferimento politici (di adul- indimenticabili (i ragazzi, ma
quelli della restaurazione, ti responsabili verso la polis). soprattutto gli adulti): un ro-
dell’arricchimento facile, della Poi la bella stagione ag- manzo collettivo su un imba-
spensieratezza di tutti. gressiva passa, lasciando trac- razzante capitolo di storia ita-
Tre ragazzi crescono in ce pesanti su tutti. Il percorso liana che ha distrutto le nostre
quegli anni nella Bari bene- all’indietro del narratore, uno speranze.
 i consigli feri lainsCek Mathias Énard Jean-loup aMselle
della La storia di Lutvija e Breviario per aspiranti Il distacco dall’Occidente
redazione del chiodo arroventato terroristi (Meltemi)
(Barbes) (Nutrimenti)

il saggio Carlos fuentes

Tutte le famiglie felici
non ha paura dell’eccesso, della
chiacchiera interminabile, del

Momenti di grazia Il Saggiatore, 343 pagine,

17,00 euro
●● ●●●
Tutte le famiglie felici è il testa-
rebeCCa solnit Rebecca Solnit mento letterario di Carlos Fuen-
Un paradiso all’inferno, tes. Come tutte le sue ultime
Fandango libri, 500 pagine, opere: parodia e riciclaggio. A
20,00 euro ogni nuova occasione Fuentes
● ●●● ● torna sui suoi temi e i suoi espe-
dienti ormai classici e, nello
sforzo di recuperarli, li rende
Rebecca Solnit presenta una caricaturali. Nel suo ultimo li-
critica fulminante della socie- bro emerge un Fuentes atroce-
tà capitalistica esaminando mente stereotipato. Sedici rac-
cinque catastroi: il terremoto conti, sedici delusioni. Anche se
LEE CELANO (WPN/GRAzIA NERI)
sentimentalismo e delle trovate.
Tutte queste doti si ricapitolano
in Santo mostro, uno splendido,
commovente romanzo. L’abilità
di Gurganus nell’addentrarsi
nelle vite interiori dei suoi per-
sonaggi e descrivere la mappa
delle loro storie emotive è stu-
pefacente. Anche se la vicenda –
ambientata nella cittadina di
Falls, North Carolina, nel 1954 –
ha come punto di partenza un
incidente altamente melodram-
matico (un ragazzino di otto an-
ni di nome Meadows assiste a

e l’incendio di San Francisco pretendono di essere racconti un amplesso tra sua madre e il
del 1906, l’esplosione di una intimisti, è lo stesso Fuentes di veterinario locale) e anche se
nave munizioni nel porto di sempre, aggressivo e un po’ all’inizio presenta i genitori del
Halifax, nella Nuova Scozia, grossolano. Questi racconti, narratore come stereotipi dei
nel 1917, il terremoto di Città ambientati qui e oggi, sono at- provinciali, questi contorni da
del Messico del 1985, l’11 set- traversati da tutti i luoghi comu- fumetto rapidamente sparisco-
tembre e l’uragano Katrina nel ni dell’epoca: internet, i reality no per rivelare una vicenda ric-
2005. Il racconto di questi cin- all’anarchico Petr Kropotkin, è show, i governi messicani degli ca di sfumature sull’innocenza
que eventi è così emozionante invece tribale e comunitario. ultimi anni, cioè non diretti dal perduta, l’amore familiare e la
che il libro meriterebbe di es- Un disastro ci fa tornare a Partito rivoluzionario istituzio- sua disillusione. Allan Gurganus
nale. Si arrendono alla sensibili- orchestra il racconto con altissi-
sere letto solo per questo. quello stato di grazia, ed è per
tà contemporanea nel voler va- mo stile, ma non concede mai ai
Ma a renderlo ancora più questo che le persone ricorda-
namente adottare una forma suoi fuochi d’artiicio narrativi
afascinante è la dimostrazio- no l’esperienza con sorpren-
frammentaria. Si sforzano, e di distogliere il lettore dalle pas-
ne della Solnit che i disastri dente gratitudine. falliscono: nel loro ostentato sioni elementari dei suoi perso-
danno vita a piccole utopie La Solnit parla delle autori- postmodernismo hanno qualco- naggi.
temporanee, dove emerge il tà: “Credere nel panico forni- sa di anacronistico. E Fuentes, Michiko Kakutani, The New
meglio della natura umana. Le sce un presupposto per tratta- nonostante gli sforzi, non riesce York Times
vittime di una disgrazia inim- re i cittadini come un proble- neanche a ricreare il Messico
maginabile spesso non regre- ma da mettere a tacere”. In contemporaneo. Nonostante la elsa osorio
discono alla crudeltà, ma si particolare, nel caso dell’ura- sua ambizione di romanzare il Sette notti d’insonnia
abbandonano all’altruismo. La gano Katrina le autorità dipin- paese, la sua opera è astorica Guanda, 144 pagine,
Solnit spiega il fenomeno sug- sero le vittime come se fossero anche quando ha per oggetto la 13,50 euro
gerendo che la vita quotidiana i cattivi. Ma il caos di cui si storia, è fatta di igure archetipi- ●●●●●
è “già una forma di disastro, parlava semplicemente non che e immagini congelate: sic- Sette notti d’insonnia riunisce i
dal quale il vero disastro ci li- c’era, e i presunti saccheggi come sa ritrarre il Messico sol- due principali vettori e tempi
bera”. La scrittrice sostiene spesso erano compiuti da per- tanto in un modo, insiste col di- della narrativa di Elsa Osorio.
che il capitalismo si fonda sul- sone che prendevano cose da re che il paese è sempre lo stes- Da un lato l’intersezione del
la penuria e richiede che tutti mangiare, acqua e le medicine so. Speriamo di sbagliarci: non è fantastico e dell’allegorico con
quanti competiamo tra di noi di cui avevano bisogno. facile scrivere queste righe per la linea più realistica del recu-
chi, come molti, è cresciuto leg- pero della memoria. Dall’altro
in modo spietato. L’energia E se anche qualcuno ha ru-
gendo Fuentes. l’incontro degli anni settanta,
mentale e spirituale che po- bato qualcosa, la Solnit con-
Rafael Lemus, Letras Libres che in Argentina sono stati
tremmo destinare al perfezio- clude con l’osservazione più
quelli della dittatura militare di
namento della società è invece puntuale mai sentita: “Chi se allan gurganus Videla, con gli anni novanta e il
incanalata nello sforzo di mi- ne importa se degli elettrodo- Santo mostro presente. Nel racconto che dà il
gliorare la vita individuale. mestici passano di mano sen- Playground, 224 pagine, titolo alla raccolta, la protagoni-
Perennemente concentrati za essere stati venduti, quando 16,00 euro sta Laura, una dottoressa ar-
su noi stessi, diventiamo an- cadaveri di bambini galleggia- ●●●●● gentina che risiede a Valencia
noiati, alienati e infelici. Il no- no nell’acqua sporca”. Allan Gurganus è un tessitore di con suo marito, incontra il suo
stro stato naturale, sostiene la Dan Baum, trame come ce n’erano solo in torturatore, Pepón, ventisei an-
Solnit rifacendosi in parte The Washington Post altri tempi, un afabulatore che ni dopo il loro primo incontro.

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 79

Cultura
Libri
Adesso l’uomo conduce una vi-
ta tranquilla e inofensiva lavo-
rando come elettricista, e Laura
si persuade che non può lasciar-
si sfuggire questa opportunità
per fare giustizia e rimettere le
cose al loro posto una volta per
tutte. Come la stessa Elsa Oso-
rio ha raccontato, il detonatore
che ha portato alla stesura di
questa raccolta di racconti è
stato il processo contro il tortu-
ratore “pentito” Adolfo Scilin-
go, condannato dalla giustizia
spagnola a 640 anni di carcere.
“La scrittura è una via d’uscita,
alla quale ho la fortuna di avere
accesso”, ha spiegato la scrittri-
ce. “Ma io non credo nell’oblio,
penso che per la società la sola
via d’uscita sia quella della giu-
stizia”.
Silvina Friera, Página12
ELIAS KHURI
Yalo
Einaudi, 340 pagine, 15,00 euro
● ●●● ●
Nel suo nuovo romanzo, Yalo,
Elias Khuri fa i conti con l’idea
della verità e con la memoria,
cosa scegliamo di ricordare e
cosa preferiamo dimenticare. Il
libro è composto di confessioni,
che siano forzate o volontarie,
veraci o alterate dalla vanità e
dall’esagerazione, catartiche
per chi le fa o del tutto inutili.
Ambientato nella Beirut degli
anni ottanta, Yalo è una serie di
storie frastagliate che cambia-
no continuamente tempo, spa-
zio e punto di vista. Il romanzo
ci ofre, sotto forma di tessere
di un puzzle, la storia di Daniel
Jal’u, soprannominato Yalo. È
un soldato che, dopo dieci anni
passati su uno dei molti fronti
della guerra civile del Libano,
diventa via via un disertore, un
ladro, un vagabondo a Parigi,
un guardiano notturno a Beirut,
un traditore del suo benefatto-
re, un traicante d’armi, un
voyeur e uno stupratore. Yalo
s’innamora della giovane Shi-
rin, e questo unico atto d’amore
porta alla sua cattura: la ragaz-
za lo consegna alla polizia e lo
80 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
accusa di stupro. Un agente gli
ordina di confessare tutti i suoi
crimini, ma ogni volta che Yalo
racconta la storia della sua vita
l’uomo lo interrompe, lo accusa
di omissioni e incoerenze, lo
minaccia di tortura. Il romanzo
ci presenta queste confessioni
successive e contraddittorie.
Presto diventa chiaro che l’in-
terrogatore si aspetta una con-
fessione molto precisa, che
contenga non solo i veri crimini
di Yalo, come il furto e lo stu-
pro, ma anche crimini che non
ha commesso, come quello di
piazzare bombe. Date le sue
azioni, in un primo momento è
impossibile provare simpatia
per Yalo, ma più lo ascoltiamo
confessare diverse versioni del-
la sua vita, più cresce la nostra
empatia. Yalo è uno di quei ro-
manzi che stabiliscono un nes-
so indissolubile tra un autore e
una città. Così come Los Ange-
les ha Joan Didion e Raymond
Chandler e Istanbul ha Orhan
Pamuk, la meravigliosa e per-
meabile città di Beirut appartie-
ne a Elias Khuri.
Laila Lalami, Los Angeles
Times Book Review
In bicicletta
DAVID BYRNE
Bicycle diaries, Viking.
La star dei Talking Heads ama
visitare le città del mondo con la
sua bicicletta pieghevole. In
questo libro racconta quel che
vede e chi incontra pedalando
attraverso Berlino, Madrid,
Londra, Istanbul, Manila, San
Francisco, Buenos Aires.
ROB LILWALL
Cycling home from Siberia,
Hodder & Stoughton.
Nel 2004 Rob Lilwall è partito
dalla Siberia per compiere un
giro del mondo, con una bici-
cletta, una tenda e una buona
dose di paura. Qui racconta le
sue avventure dalla giungla del-
la Nuova Guinea alla guerra in
Afghanistan.
MERCÈ RODOREDA
Via delle Camelie
La Nuova Frontiera, 202 pagine,
15,00 euro
●●●●●
I romanzi di Mercè Rodoreda
sono tipicamente e spavalda-
mente antieroici, soprattutto
nel ritrarre la guerra. Il loro uni-
co eroismo è quello dell’autrice.
Ma nella narrativa la grande
scrittrice catalana si concede
un fatalismo che eviterebbe con
cura nella realtà. Questo succe-
de in particolare nel tetro ro-
manzo Via delle Camelie – che
ricorda molto Viaggio nel buio di
Jean Rhys – dove si racconta la
storia di un’orfana, Cecilia, che
diventa una prostituta e poi una
mantenuta, volenterosa artei-
ce della propria degradazione.
La lunga sequenza nella quale
Cecilia è virtualmente tenuta
prigioniera, drogata e spiata da
una coppia di apparenti protet-
tori, è una delle descrizioni più
alte e devastanti della condizio-
ne di vittima che siano mai sta-
te scritte. È curioso che Rodore-
da sia così stimata dalle femmi-
niste, visto che i suoi romanzi
ruotano attorno alla rinuncia al
JOHNNY FUEGO
E MICHAEL AMES
Cruisers, Gibbs Smith.
Storia della bicicletta tradizio-
nale, quella più semplice, in
America detta anche da spiag-
gia (beach bike), che continua a
essere di moda.
RAYMOND BRIDGE
Bike touring, Sierra Club Books.
Seconda edizione di una guida
classica del 1979 sui viaggi in bi-
cicletta. Itinerari ma anche mo-
delli di bici ed equipaggiamenti
fondamentali.
ROBERT HURST
The cyclist’a manifesto, Falcon.
Utile guida su come cavarsela in
bicicletta in mezzo al traico.
Maria Sepa
controllo da parte delle donne e
alla loro conseguente umilia-
zione. La scrittrice catalana è
un’esistenzialista domestica,
brillante nel comporre interni
sia isici sia mentali. Via delle
Camelie, che risale al 1966, è
un’espressione compiuta di
questa sua abilità.
Natasha Wimmer,
The Nation
PAUL MASON
La ine dell’età
dell’ingordigia
Bruno Mondadori, 231 pagine,
18,00 euro
●●●●●
In questi tempi incerti è facile
perdere di vista il quadro d’in-
sieme e la visione di lungo pe-
riodo. La maggior parte dei
commenti e dei reportage sulla
crisi resta ancorata all’eimero.
Abbiamo bisogno di una guida
aidabile alla crisi inanziaria
come processo storico, che mo-
stri come il crollo delle banche
e il drastico aumento della di-
soccupazione siano parte di un
cambiamento su vasta scala
pratico e teorico. La ine dell’età
dell’ingordigia di Paul Mason è
esattamente il libro che cerca-
vamo. Nella narrazione detta-
gliata degli avvenimenti econo-
mici dell’anno passato è inseri-
ta la storia recente del tipo di
capitalismo a cui abbiamo la-
sciato via libera con tutti i suoi
tanti difetti. L’autore identiica
due possibili scenari futuri: una
dura ed eicace nazionalizza-
zione delle banche o una lunga
depressione globale che cam-
bierà profondamente le nostre
vite. Ci sono poche possibilità
di cavarsela con una recessione
breve ma acuta. Non sarà una
riproposizione degli anni tren-
ta, se non altro perché gli Stati
Uniti, insieme ad altri paesi,
hanno optato per l’inlazione,
ma il crollo del progetto neoli-
berale continua, e non c’è anco-
ra nessun segno che annunci il
suo possibile successore.
John Gray, The New
Statesman
 assessorato alle politiche giovanili

RAVENNA TEATRO

associazione
culturale

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illustrazione paolo bacilieri / graica gianluca costantini

Festival venerdì 9
e sabato 10 ottobre
Mostre dall’11 ottobre all’8 novembre

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28 ottobre 2009, ore 9.00

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Un approccio basato sul rispetto dei diritti umani e dell’ambiente.
cultura
Il fumetto
Dolci derive oniriche
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Testoline addormentate
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14,00 euro
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Il titolo originale suona più o
meno come I dormiglioni. In
italiano è Testoline addormen-
tate (un po’ melenso). Alle sue
origini il fumetto moderno,
nato negli Stati Uniti alla ine
dell’ottocento, è stato spesso
dormiglione e sonnambulo.
Dal gatto Felix agli avanguar-
distici Gustave Verbeek e Win-
sor McCay col suo popolarissi-
mo Little Nemo, ino a Lyonel
Feininger, poi igura di punta
della Bauhaus.
Tempo fa David Lynch,
parlando di alcuni suoi ilm
come Mulholland Drive, si la-
mentava perché oggi il pubbli-
co, respirando il conformismo
difuso, accetta con diicoltà
ilm senza narrazione lineare,
mentre negli anni sessanta
erano più aperti: era un’epoca
di “nuove frontiere”, di oriz-
zonti e slogan impregnati di
astrazione, il decennio del fel-
liniano 8 e 1/2.
Il belga Randall Caesar ha
il merito di far coincidere lo
spirito di quel decennio, che fu
formidabile anche per il fu-
metto, con quello della sua na-
scita non come mezzo espres-
sivo ma come industria, ap-
punto alla ine dell’ottocento.
Brevi sketch a uno o due colo-
ri, atmosfere rarefatte, perso-
naggi dai modi trasognati: un
mondo onirico privo di una di-
slocazione certa, di punti di ri-
ferimento.
L’autore ha però il limite,
incrociando i microuniversi di
questi sketch, di spiegare un
po’ troppo, sottraendo alla ine
qualcosa della misteriosa di-
mensione ectoplasmica, me-
taisica. Ma rimane uno splen-
dido fumetto sonnambulo, nel
mare, nelle nuvole. Tra (dolce)
morte e sogno.
Francesco Boille
Ricevuti
slavoj zIzek
Politica della vergogna
Nottetempo, 117 pagine,
14,00 euro
Una “pop-ilosoia” che apre
nuove prospettive di
conoscenza sul mondo
contemporaneo e sulle
strutture profonde che lo
regolano a nostra insaputa.
geoRge lakoff
Pensiero politico e scienza
della mente
Bruno Mondadori, 339 pagine,
26,00 euro
Lakof studia come per
modiicare il pensiero politico
bisogna prima conoscere e
trasformare le menti.
PIeRRe assoulIne
e jean-PIeRRe
BeRtIn-MaghIt
Fantasmi
Portaparole, 84 pagine,
14,50 euro
Il vero protagonista del
romanzo è la nuova Biblioteca
nazionale di Francia che
nasconde, tra i suoi corridoi e i
suoi labirintici passaggi, segreti
e assassini.
olIvIeRo BeRgaMInI
Specchi di guerra
Laterza, 343 pagine, 22,00 euro
Giornalismo e guerra da
Napoleone a oggi.
seRgIo gRea
I signori della sete
Piemme, 428 pagine, 19,50 euro
Un romanzo sui conlitti per
l’acqua, scritto da un uomo che
ha lavorato molti anni per una
multinazionale petrolifera.
RIchaRD MulleR
Fisica per i presidenti
del futuro
Codice edizioni, 323 pagine,
26,00 euro
Saggio tratto da un famoso ciclo
di lezioni tenute a Berkeley per
studenti di discipline non
scientiiche interessati a capire
“come funziona il mondo”.
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
eRvanD aBRahaMIan
Storia dell’Iran
Donzelli, 245 pagine, 27,00 euro
L’Iran dai primi del novecento a
oggi, raccontato da uno
studioso trapiantato negli Stati
Uniti.
fRIeDRIch nIetzsche
La nascita della tragedia
Einaudi, 287 pagine, 20,00 euro
Nuova traduzione per il
capolavoro giovanile di
Nietzsche.
john allen Paulos
Un matematico legge
i giornali
Rizzoli, 301 pagine, 18,00 euro
Basta farsi le domande giuste
per scoprire che ben poche
delle notizie stampate hanno
qualche legame con la realtà.
seth fReeDMan
La grande baldoria
Isbn, 187 pagine, 17,00 euro
Un ex broker d’assalto torna nei
luoghi della sua giovinezza per
raccontare come i ragazzi della
city hanno distrutto il
capitalismo globale.
a.l. kenneDy
Geometria notturna
Minimum Fax, 186 pagine,
13,00 euro
Il terreno su cui si muovono i
racconti della Kennedy è
quello, solo apparentemente
ordinario, dei rapporti fra
uomini e donne.
leonaRD susskInD
La guerra dei buchi neri
Adelphi, 418 pagine, 35,00 euro
Un nuovo saggio del brillante
isico di Stanford.
Matt Mason
Punk capitalismo
Feltrinelli, 302 pagine,
18,00 euro
Le culture giovanili cambiano il
modo in cui il mondo lavora e
funziona, ofrendoci una
diversa prospettiva della
pirateria.
83
Cultura
Musica
Dal vivo
julian Cope
Teatro Civico, Cagliari, 10
ottobre, karelmusicexpo.com;
Circolo degli Artisti, Roma,
12 ottobre, circoloartsti.it
basia
Blue Note, Milano, 9 ottobre,
bluenotemilano.com
paul KalKbrenner
Brancaleone, Roma, 9 ottobre,
brancaleone.eu
MarC alMonD
Teatro Civico, Cagliari,
9 ottobre, karelmusicexpo.com
plants anD aniMals
Sinister Noise, Roma, 9 ottobre,
newageclub.it
the Drones
Music Drome, Milano,
14 ottobre, musicdrome.it;
Circolo degli Artisti, Roma,
15 ottobre, circoloartisti.it;
Spazio 211, Torino, 16 ottobre,
spazio211.com
oi va voi
Hiroshima mon amour, Torino,
14 ottobre, hiroshimamonamour
.org; Live Club, Trezzo d’Adda
(Mi), 15 ottobre, liveclub.it;
Estragon, Bologna, 16 ottobre,
estragon.it; New Age Club,
Roncade (Tv), 17 ottobre,
newageclub.it
florenCe anD the
MaChine
Magazzini generali, Milano,
16 ottobre, magazzinigenerali.it
Florence and the Machine
84 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
Dagli stati uniti
jazz senza conini
I classici afroamericani vece, è metà greca metà gui-
con un’aggiunta neana, alla continua ricerca
di multiculturalismo: delle radici afroamericane
SIMONE CECCHETTI (CORBIS)
ecco le nuove star del jazz della sua musica. Secondo lei
“il jazz moderno deve inno-
Fino a poco tempo fa non era vare fondendo culture diver-
diicile tracciare l’identikit se ma senza perdere di vista
del tipico cantante jazz: una la tradizione”. Poi c’è Espe-
donna, quasi sempre afro- ranza Spalding, cresciuta ne-
americana, che canta in un Esperanza Spalding gli Stati Uniti ma che canta
locale pieno di fumo da qual- anche in spagnolo e in porto-
che parte negli Stati Uniti. culture musicali molto varie. ghese. “ Mi piace l’idea di
Pensate a Billie Holiday e a Con la loro energia stanno creare qualcosa di nuovo
Ella Fitzgerald. Oggi dando una nuova spinta al usando un vocabolario del
quest’immagine è messa in jazz tradizionale. Sophie Mil- passato”, dice. Il segreto,
discussione da una schiera di man è nata in Russia ma ha quindi, è fare un salto a New
cantanti emergenti. La loro vissuto in Israele e in Cana- York o New Orleans, impara-
caratteristica è di essere to- da. Adesso suona nei locali di re il più possibile e poi partire
talmente globalizzate: ven- Tokyo. È l’espressione di alla conquista del mondo.
gono da paesi diversi e hanno questo nuovo jazz itinerante. Andrew Bast e Anita
un background che fonde Elisabeth Kontomanou, in- Kirpalani, Newsweek
playlist Pier Andrea Canei
piano terra
Federica Fornabaio I Gatti Mezzi Mulatu Astatke &
1 Merry Christmas Mr.
Lawrence (main theme)
E chi se lo scorda più? Era una
2 Dall’arioporto alla
stazione
Altre note di pianoforte an-
3 Ethiopian Quintet
Girl from Addis Abeba
E se lounge dev’essere, che sia
grande colonna sonora: il Sol dante per Francesco Bottai e a base di vibrafono, tam tam e
Levante in eleganti compresse Tommaso Novi, due pisani al- piano percussivo. Straordina-
pianistiche e orchestrali. Il te- la porta del pop, costantemen- rio recupero (a cura della solita
ma principale di Ryuichi Saka- te in modalità “Come di” Pao- label, Strut, ormai specializza-
moto per Furyo, ilm diretto da lo Conte. Con le fauci sempre ta nei ripescaggi vintage) delle
Nagisa Oshima nel 1983 (con piene di vernacolo, di notazio- opere del Duke Ellington
due popstar: lo stesso Sakamo- ni passeggere e zufolii. Bai, d’Etiopia (chi ha visto Broken
to e David Bowie), riletto dalla canottiere e personalità im- lowers di Jim Jarmusch un po’
pianista/compositrice nata ad mediate di fredbuscaglioni lo conosce, magari senza sa-
Andria nel 1985 (e notata da con ci aspirate al seguito com- perlo): l’album è New York-
molti in veste di direttrice portano anche un rischio: Addis-London: the story of Ethio
d’orchestra caruccia all’ultimo quello di smacchiettare. In at- jazz 1965-1975. Come un twist
Sanremo). Il suo cd autointito- tesa di capire, per un po’ gar- di allegrie africane al carda-
lato, appena uscito, è un bano, tre-quattro pezzi del lo- momo, sorseggiato per una fe-
taccuino d’appunti per ilm a ro album Struscioni (sì, i lenti sta dell’epifania tra odori di
venire, scritto sulla tastiera da balera, e chi se ne avvale) stufato e lirt multiculti nel
d’avorio ed ebano. alla volta. Queens.
 Resto
SYRAN MBENZA & ENSEMBLE
del m0ndo RUMBA KONGO
Scelti da Marco Immortal Franco: Africa’s
Boccitto
unrivalled guitar legend (Riverboat)
Rock
NEIL YOUNG
Archives Vol.1
(Reprise)
● ●●●●
Il primo volume dell’autobio-
graia artistica di Neil Young è
lo specchio della personalità
multiforme del cantautore ca-
nadese. Composto da otto cd,
che coprono gli anni dal 1963 al
1972, e dal ilm inedito Journey
through the past (girato da
Young con lo pseudonimo di
Bernard Shakey nel 1973), Ar-
chives Vol. 1 è un lavoro epico,
straordinario, unico. Ricchissi-
mo, e non solo di musica, il pro-
getto di Young è talmente ben
congegnato da imporsi come
modello di riferimento per ogni
futura operazione commerciale
di questo tipo. Per quanto ri-
guarda il materiale d’archivio
ancora non utilizzato, siamo
certi che c’è ancora molto da
scoprire. Ma per adesso questa
prima uscita ofre già moltissi-
mo.
Neil Spencer, Uncut
BUILT TO SPILL
There is no enemy
(Warner Bros)
● ●●● ●
Negli anni novanta i Built to
Spill hanno prodotto alcuni dei
dischi più ambiziosi e signiica-
tivi della musica indie rock sta-
tunitense. Basti pensare a due
album straordinari come Perfect
from now on e Keep it like a secret.
Ma dopo il 2000 avevano com-
pletamente perso la loro spinta
creativa, limitandosi a pubblica-
re dischi che contenevano solo
qualche lampo di ispirazione
genuina (come per esempio
Strange, Fly around my pretty lit-
tle miss e Goin’ against your
mind). Oggi, invece, con questo
There is no enemy la band di
Doug Martsch sembra davvero
tornata ai fasti di un tempo. Per
la prima volta in dieci anni i
Built to Spill hanno di nuovo
qualcosa da dire.
Jayson Greene, Pitchfork
IAN BROWN
My way
(101 distribution)
●●●●●
Mentre per i fan degli Stone Ro-
ses decorre tristemente l’anni-
versario dei vent’anni dalla na-
scita del gruppo, anche
quest’anno senza il tanto ago-
gnato ricongiungimento, Ian
Brown torna sulla scena con My
way, il suo sesto album da soli-
sta. In My way, registrato nello
studio che (ormai tanto tempo
fa) ha immortalato i primi passi
degli Stone Roses, Ian Brown ri-
esce a fondere ritmi diversi, a
volte opposti, che danno all’al-
bum un’indiscutibile e inaspet-
tata armonia. I ritmi sintetizzati
imparati nelle sale da ballo gia-
maicane, per esempio, si me-
scolano alla perfezione con le
eccentricità folk della curiosa
cover di In the year 2525, di
Zager and Evans. Un successo
per Ian Brown, un’altra mezza
delusione per i suoi vecchi fan.
Pat Long, Uncut
Pop
AUTORI VARI
Do-wah-diddy: words and
music by Ellie Greenwich
and Jef Barry
(Ace)
●●●●●
È possibile che Ellie Greenwich
e Jef Barry, i compositori più
celebri del Brill Building tra il
1963 e il 1965, abbiano raccon-
tato attraverso le canzoni la loro
storia d’amore e il loro breve
matrimonio. Lei era la tipica ra-
gazza di Brooklyn, con il
chewing gum sempre in bocca.
Lui invece era il ragazzo matu-
ro, saggio e tenebroso. Un con-
nubio perfetto. La leggerezza
della loro scrittura rende unici
brani come I can hear music,
eseguita dai Beach Boys, e Do-
wah-diddy, degli Exciters. Ma
Greenwich e Barry sapevano
anche scrivere canzoni cupe,
come dimostra River deep
mountain high, o il loro capola-
voro assoluto, Out in the street,
LALGUDI
VIJAYALAKSHMI
Vadhia Sunadha
Pravaham (Felmay)
cantata dalle Shangri-Las.
Bob Stanley, Mojo
Hip Hop
BROTHER ALI
Us
(Rhymesayers)
●●●●●
“Se mi conoscete bene, sapete
che amo la mia famiglia, e amo
dio”, dice Brother Ali all’inizio
di Us, il suo terzo album. E se il
concetto non dovesse essere
chiaro, il rapper di Minneapolis
lo ripete alla ine, quando riven-
dica la sua fede musulmana,
l’attaccamento per i suoi igli. E
anche il disprezzo per il lusso:
tanto che in House keys propone
di spendere al ristorante Red
Lobster i soldi messi da parte
per comprare un appartamento
più economico. Quello che con-
tribuisce a dare una grande
energia agli spezzoni di vita de-
scritti in Us è la capacità di Ali di
raccontare i piccoli dettagli quo-
tidiani, insieme agli arrangia-
menti vintage-funk artigianali.
Ma il merito è anche del produt-
tore Ant, che fornisce a Brother
Ali delle tracce profondamente
sentimentali, simili a quelle da-
te al suo partner Slug
negli Atmosphere.
Michael Wood,
Billboard
Elettronica
ANDREW WEATHERALL
A pox on the pioneers
(Rotters Golf Club)
●●●●●
Le giovani generazioni che
spendono calorie sul rock dopa-
to dalla dance-music gli devono
praticamente tutto. Alla ine de-
gli anni ottanta questo dj e pro-
duttore ha passato al setaccio
I’m losing more than I’ll ever have
dei Primal Scream per lanciarla
sulla pista da ballo sotto il nome
di Loaded e poi ha anche pro-
dotto buona parte del loro al-
bum Screamadelica, che ha
aperto il mondo delle discote-
che a tutta una tribù di rocchet-
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
MAX
FUSCHETTO
Popular games
(KonSequenz)
tari indie, per la gioia ininita
degli spacciatori di ecstasy. Nei
decenni successivi Andrew
Weatherall è passato al lato
oscuro della musica elettronica,
producendo dei magniici clas-
sici techno. Adesso, a 46 anni,
pubblica inalmente il primo al-
bum con il suo nome. Un disco
piuttosto strano, che sintetizza
l’insieme delle sue ossessioni
musicali, triturando una polpa
elettronica e dei bassi poco ra-
gionevoli per far assorbire al
sound la sua idea di rock nervo-
so e irresistibile per chi ama bal-
lare. E naturalmente parliamo
di un ballo isico, carnale, che
impegna tutta la pista. È ancora
schiavo del suo technorock, ma
questa non è una cattiva notizia.
Pascal Bertin,
Les Inrockuptibles
Classica
STEFANO SCODANIBBIO
John Cage: Concerto per
piano, Freeman Etudes 1-5,
Dream, Ryoanji, Radio
music.
Stefano Scodanibbio,
contrabbasso; Fabrizio
Ottaviucci, piano, e altri artisti
(Wergo)
●●●●●
Il nome di Stefano Scodanibbio
è indissolubilmente legato al
rinnovamento dell’arte del con-
trabbasso dagli anni ottanta. È
un musicista capace di un’em-
patia assoluta con le opere che
gli sono state dedicate come
con quelle che non sono nem-
meno state scritte per il suo
strumento. Questo programma
di opere di John Cage rivela un
musicista di vedute particolar-
mente ampie e un maestro della
trascrizione. Come nella sele-
zione dei cinque Freeman etu-
des, in origine pensati per il vio-
lino, nei quali Scodanibbio rie-
sce a far dimenticare l’inerzia
naturale del contrabbasso con
un’esecuzione di incredibile
leggerezza. Un recital monogra-
ico di grande fascino.
Pierre Rigaudière, Diapason
85
Cultura
Tv
LA COUR DES PLAIGNANTS
Sabato 10 ottobre, ore 23.10, Arte
Uno sguardo sull’impietosa bu-
rocrazia cinese attraverso le vi-
cende delle migliaia di cittadini
che arrivano a Pechino per ap-
pellarsi contro le decisioni delle
amministrazioni locali. Nell’in-
terminabile attesa di un’udien-
za afrontano altre ingiustizie,
minacce e violenze.
LES HÉRITIERS
Lunedì 12 ottobre, ore 1.05, Arte
Nelle campagne messicane i
bambini lavorano dalla più te-
nera età. Quello del giovane re-
gista Eugenio Polgovsky è uno
degli sguardi più originali del
documentario contemporaneo
e questo Los herederos, suo ulti-
mo ilm, è magniico e terribile.
GENOCIDIO TIBET
Lunedì 12 ottobre, ore 21.00, Cult
Il giornalista tibetano in esilio
Tash Despa torna nel suo paese
clandestinamente per testimo-
niare il “genocidio culturale” da
parte del governo cinese e le
condizioni di vita sotto l’occu-
pazione, sempre più dura dopo
le proteste di monaci e studenti
del marzo 2008.
VOTAMI
Lunedì 12 ottobre, ore 22.00
Current
Il ilm, realizzato per la serie di
documentari Why democracy?,
segue la campagna elettorale e
l’elezione del rappresentante di
classe in una scuola elementare
cinese. Per i candidati e per i lo-
ro compagni di banco sarà la
prima esperienza con la demo-
crazia, e forse una delle ultime.
MADOFF: LA TRUFFA
DEL SECOLO
Mercoledì 14 ottobre, ore 22.00
History Channel
Il documentario ricostruisce il
caso di Bernard Madof, mago
degli investimenti (e trufatore)
arrivato al capolinea l’11 dicem-
bre 2008, quando è crollato il
castello di carte su cui si basava
il suo impero inanziario.
86 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
Dvd
Wanted and desired
La coincidenza potrebbe far
pensare a una diabolica strate-
gia di marketing: il 23 settem-
bre, tre giorni prima che Roman
Polanski venisse fermato in
Svizzera per il caso di violenza
sessuale nei confronti di Sa-
mantha Geimer, usciva in Fran-
cia il dvd del documentario del
2008 che Marina Zenovich ha
dedicato alla tempestosa bio-
graia del regista polacco.
Serie
Quel bastardo di George Costanza
Domenica 4 ottobre, negli
Stati Uniti, è andato in onda
quello che molti hanno de-
inito l’evento tv dell’anno
I protagonisti della sitcom Sein-
feld si sono riuniti a undici anni
dall’ultima seguitissima punta-
ta dello show. Ma non si tratta di
una vera e propria reunion. La
vecchia banda si è ritrovata sul
set di Curb your enthusiasm, la
serie comica interpretata da
Larry David, che di Seinfeld era
scrittore, co-creatore e produt-
tore esecutivo. Dopo anni di re-
sistenza a ogni tentazione di ri-
Wanted and desired
Muovendosi tra luci, ombre
e materiali d’archivio, ascoltan-
do i protagonisti (avvocati, testi-
moni e la stessa Geimer), ma
senza dare la parola a Polanski,
Wanted and desired si concentra
sulla ricostruzione non tanto del
fattaccio, quanto della successi-
va vicenda legale che portò alla
fuga del regista dagli Stati Uniti,
alla vigilia della sentenza di col-
pevolezza.
mettere insieme il cast, David
ha ceduto all’idea anche per ri-
sollevare gli ascolti della sua se-
rie e ha pensato a una sceneg-
giatura che confonde realtà e
fantasia: l’alter ego di David nel
teleilm organizza la reunion del
cast di Seinfeld per riguadagnare
la stima di sua moglie Cheryl.
Nel terzo episodio della set-
tima serie, intitolato appunto
The reunion, e andato in onda
domenica 4 ottobre sul canale
Hbo, David cerca di convincere
i quattro protagonisti di Seinfeld
– Jerry Seinfeld, Julia Louis-
Dreyfus, Jason Alexander e Mi-
In rete
Gdp project
GDP.NFB.CA
Il National ilm board of Cana-
da prosegue la sua ormai settan-
tennale missione di documen-
tare per immagini la storia e vita
del paese.
Ha infatti appena lanciato
un nuovo ambizioso progetto in
rete: otto registi e otto fotograi,
ingaggiati per un anno, dovran-
no viaggiare attraverso il paese
per “dare un volto alla crisi eco-
nomica”, raccontando le sue
conseguenze sullo stile di vita,
sulle condizioni di lavoro e sui
rapporti con gli altri di canadesi
qualunque, sondando umori e
prospettive.
Secondo le previsioni an-
dranno online oltre 250 tra il-
mati e gallerie fotograiche.
Appuntamento tra dodici
mesi per veriicare se un anno
sarà stato abbastanza per arri-
vare a cogliere qualche segnale
di ripresa.
chael Richards – a tornare inal-
mente sul piccolo schermo.
Inizialmente Jason Alexan-
der non vuole saperne. Spiega
di non essere interessato a ri-
portare in vita il personaggio di
George Costanza, che descrive
come un “piccolo stupido ba-
stardo”. Il pubblico più afezio-
nato avrà apprezzato doppia-
mente la battuta visto che nella
serie originale il personaggio di
George Costanza era ispirato al-
lo stesso Larry David.
Damien Murphy ed Emily
Dunn, The Sydney Morning
Herald
Cultura
Teatro
A STEADY RAIN
Gerald Schoenfeld Theatre,
New York
Se questa nuova fatica del
drammaturgo di Chicago Keith
Huf sulle vicende di due poli-
ziotti ha battuto il record di bi-
glietti venduti in una settimana
a Broadway è anche perché a in-
terpretarlo sono Wolverine e Ja-
mes Bond. Pardon, Hugh Jack-
man e Daniel Craig. Ma a bene-
icio dei due supereroi, c’è da
dire anche che la critica ha ap-
prezzato la messa in scena.
HISTORIA DE JUAN,
NACIDO DE UN OSO
Fino al 18 ottobre, Teatro de la
Abadía, Madrid
Scritta, diretta, prodotta e inter-
pretata da Albert Vidal questa
Historia de Juan racconta la leg-
genda iberica di un iglio di ma-
dre umana e padre animale con
toni da commedia dell’arte.
MAYERLING
Fino al 10 novembre, Royal Opera
House, Londra
Torna in scena uno dei più fa-
mosi balletti di Kenneth
Mac Millan. La tragica storia di
Rodolfo d’Asburgo-Lorena, ere-
de al trono austroungarico che
si tolse la vita insieme alla sua
amante, contrasta eicacemen-
te con la tumultuosa coreograia
sperimentale, datata 1978.
LA DOULEUR
Fino all’11 ottobre, Théâtre
de l’Atelier, Parigi
L’impegnativo testo di Margue-
rite Duras portato in scena da
un’attrice molto apprezzata in
Francia: Dominique Blanc, vin-
citrice della coppa Volpi a Vene-
zia nel 2008 per il ilm L’autre.
FOOLS’ PARADISE
Dal 12 al 15 novembre,
Muziektheater, Amsterdam
La Wheeldon Company è il pri-
mo caso di un corpo di ballo
transatlantico, con doppia base
a Londra e New York. Approda
oggi nel teatro più importante di
Amsterdam.
Lo spettacolo
Ullman dirige Blanchett
Le aspettative sono alte, quando
un team d’eccellenza si con-
fronta con un classico come
Un tram chiamato desiderio di
Tennessee Williams, in scena al
Sydney Theatre. Ma Liv
Ullman, la musa di Ingmar
Bergman, non delude, optando
per una regia naturalistica e per
niente patinata, con una sceno-
graia minimalista e una colon-
na sonora che alterna pezzi pop
Cate Blanchett
Danza
Com’è severo il Crazy Horse
Philippe Decoulé ha accet-
tato la sida: introdurre la
danza contemporanea nel
tempio dello strip tease
Il coreografo, ballerino, regista
e mimo ha debuttato da qualche
giorno con lo spettacolo Désirs:
non ha avuto vita facile, perché i
codici del cabaret chic sono
piuttosto rigidi per chi è abitua-
to a dare ampio sfogo alla pro-
pria creatività. Allo stesso tem-
po, dopo aver curato le coreo-
graie, tra l’altro, delle cerimo-
nie d’inaugurazione e di chiusu-
ra del cinquantesimo festival di
La prossima settimana: ristoranti
dell’epoca a un onirico accom-
pagnamento al piano. Cate
Blanchett ofre un’interpreta-
zione di Blanche DuBois in cui
si alternano abilmente oscurità
e candore. Una messa in scena
che testimonia la nuova tenden-
za degli attori hollywoodiani a
rivalutare il palcoscenico come
luogo di arte pura, e che ottiene
consensi anche dalla critica.
Sydney Morning Herald
Cannes nel 1997 e dei mondiali
di rugby del 2007, Decoulé non
è un novellino.
Da tanto tempo riletteva
sull’idea di uno spettacolo di
nudo. In realtà, parlando di
danza contemporanea, pensava
più a uno spettacolo “sul denu-
dare”, che sul nudo femminile
stile Playboy. Ma vedendo gli
spettacoli del cabaret parigino e
di altri templi dello strip tease
negli Stati Uniti, Decoulé ha
avuto l’impressione che fosse
un campo di gioco immenso.
Quando il Cirque du Soleil,
qualche anno fa, lo ha contatta-
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
L’artista
Mark Morris
Se Mark Morris non è il più
grande artista vivente in assolu-
to, allora chi? Il grande coreo-
grafo statunitense torna in Gran
Bretagna con il suo corpo di bal-
lo al Sadler’s Wells, tempio lon-
dinese della danza, dal 27 al 31
ottobre. Ballerino di fama mon-
diale a dispetto di una corpora-
tura pesante che non lo favoriva
afatto, Morris è riuscito a tra-
sformarsi in un’icona per più ge-
nerazioni: qualche anno fa ha
fatto ristrutturare un vecchio
palazzo di Brooklyn e l’ha tra-
sformato in un’opera d’arte ar-
chitettonica, simbolo di luce e
levità. Lì oggi hanno sede la sua
nuova compagnia e una scuola
di danza d’eccellenza. Inoltre
Morris si è appena aggiudicato i
720mila dollari del premio della
fondazione Andrew W. Mellon.
Un bel sospiro di sollievo in un
momento delicato anche per il
mondo dell’arte.
Daily Telegraph
to per mettere in scena uno
spettacolo erotico da presentare
a Las Vegas, sembrava fatta. Ma
il progetto si è arenato. Poi inal-
mente Désirs. È uno spettacolo
diviso in quadri. Ogni numero
un’idea, ogni idea una coreogra-
ia. Il linguaggio dev’essere per
forza universale, non si può non
tenere conto di dove vengono
messi in scena questi balletti. E
nonostante codici molto severi
anche nel campo delle luci, è at-
traverso di esse che Decoulé si
esprime di più.
Fabienne Avers,
Les Inrockuptibles
87
Pop
Il secolo falso
di Tel Aviv
Yonatan Mendel
n questo preciso istante, delle lunghe file si alcuni dei villaggi che hanno dovuto farle spazio, nomi

I stanno probabilmente formando davanti all’ul- usati ancora oggi. Gli abitanti di Tel Aviv continuano a
tima moda gastronomica di Tel Aviv: le yogur- parlare del quartiere di Abu Kabir, s’incontrano ancora
terie. Anche in piena notte tocca fare la coda a Salame street. Il circolo dell’università di Tel Aviv un
per comprare un rinfrescante yogurt gelato tempo era la casa dello sceicco di Sheikh Munis.
nell’animato negozio di viale Rothschild. Spun- È un’impresa straordinaria, un omaggio alla fantasia
tate come funghi, le gelaterie hanno permesso alla israeliana, riuscire a pronunciare questi nomi arabi
“città bianca” – come chiamano Tel Aviv – di vivere la senza collegarli alla popolazione araba indigena, riu-
bianca rivoluzione dello yogurt. È dolce e acido, fatto scire a considerare Tel Aviv la “prima città ebraica” ri-
con ingredienti naturali, salutare e gustoso al tempo iutando di riconoscere l’esistenza dei suoi abitanti
stesso, con appena l’1,6 per cento di grassi, il tutto co- autoctoni arabi. In questa città le persone parlano fran-
ronato da pezzi di frutta fresca appena tagliata. Mango cese e inglese, ma quasi nessuno sa l’arabo, una delle
e ananas, kiwi, fragole, melograni, datteri, meloni e due lingue uiciali d’Israele. La retorica “liberale” sva-
cocomeri, rossi, gialli e verdi, sparsi con generosità in nisce quando si tratta di aittare casa a uno studente
cima allo yogurt bianco e spesso. Un coppa piccola di arabo o quando i nuovi vicini sono una famiglia araba.
questa delizia locale costa 18 shekel (po- Tel Aviv, la città più “liberale” e “tolle-
co più di tre euro), una media 21 shekel e Tutti gli aspetti rante” d’Israele, come amano immagi-
una grande 27 shekel. È la risposta più positivi, “normali” narsela i suoi abitanti, non solo ha
gustosa all’onnipresente umidità della e piacevoli di cent’anni: è anche quasi al cento per cen-
“prima città ebraica” d’Israele. Tel Aviv la rendono to priva di arabi.
Lo stato di Tel Aviv, come lo chiama- il paradigma della Poi c’è Jafa. Situata pochi chilometri
no gli altri israeliani, è una città felice, cecità della società a sud di Tel Aviv, era probabilmente la
piena di vita ed eventi. È il centro degli israeliana. Tel Aviv città palestinese più prospera e cosmo-
afari del paese, una metropoli relativa- è a un’ora d’auto polita, con un porto, un’industria (le
mente giovane, istruita, ricca e laica, con arance di Jaffa), un sistema scolastico
dalla Striscia
una lunga spiaggia mediterranea dove internazionale e una vivace scena cultu-
rifugiarsi d’estate. Ha un’ampia ed etero-
di Gaza rale. Nel 1949, dopo che Jafa era stata
genea scelta di ristoranti, caffè e pub, svuotata quasi completamente dei suoi
sempre più numerosi grazie all’aumento della doman- abitanti palestinesi (ne erano rimati solo 3.600 su un
da. In città si può mangiare e bere di tutto, dalle arago- totale di 70mila), il governo israeliano decise di unire
ste ai falafel, dalla birra tedesca Weihenstephan a quel- le due città in un’unica metropoli, ribattezzata
la locale, la Goldstar. Secondo l’Economist, Tel Aviv è “Tel Aviv-Jafa”. In questo modo, Ben Gurion non si li-
al trentaduesimo posto nella classiica delle città più mitava a creare una nuova Tel Aviv , “parte” della bibli-
care del mondo, la prima del Medio Oriente. Ospita il ca Jafa: cancellava la città palestinese. Con il passare
teatro dell’opera nazionale, l’orchestra filarmonica degli anni, si cominciò a dire che la città di Tel Aviv –
d’Israele, il teatro nazionale e l’università più grande chiamata Tel Aviv-Jafa solo nei documenti uiciali –
del paese. Ogni anno accoglie il principale gay pride aveva un “distretto” meridionale molto bello e roman-
del Medio Oriente, oltre ad alcuni dei musicisti e artisti tico. I cartelli turistici nelle strade ne raccontano la
più famosi del mondo. Negli ultimi mesi ci sono stati i storia in ebraico, inglese, francese, tedesco e spagnolo,
concerti di Madonna e dei Depeche Mode. Tuttavia ma non in arabo.
sono proprio tutti questi aspetti positivi, “normali” e Sono cresciuto in un piccolo quartiere di Gerusa-
piacevoli di Tel Aviv che la rendono il paradigma della lemme chiamato Givat Oranim, proprio accanto al
cecità morale e politica della società israeliana. Tel quartiere di Katamon. A scuola nessuno ci raccontò la
Aviv non è solo a un’ora di fuso orario dall’Europa: è storia di Katamon, ma ci portarono qualche volta al
anche a un’ora di macchina dalla Striscia di Gaza. parco di San Simone. Dietro ai cipressi e ai pini del par-
Quest’anno la città celebra il centenario della sua co c’era un piccolo monumento commemorativo ai
fondazione. Ma Tel Aviv non è “emersa dalla sabbia”, soldati israeliani morti nella battaglia di Katamon, nel
come racconta il mito sionista. Al Sumayil, Salame, 1948: una battaglia, ci spiegavano molto vagamente,
Sheikh Munis, Abu Kabir, Al Mansiyeh: sono i nomi di tra combattenti della Haganah e insorti arabi. Sulla via

88 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009

ALE & ALE
del ritorno vedevamo le vecchie case arabe, abitate or-
mai da famiglie ebree, ma la cosa non ci colpiva: l’inte-
ro quartiere era ebraico e, per quanto ne sapevamo, gli
arabi (per non parlare dei palestinesi) non avevano
nulla a che fare con quel posto.
I nostri professori, quindi, ci diedero la licenza di
immaginare quello che volevamo, di parlare degli in-
sorti arabi di Katamon e mai degli abitanti arabi di
Katamon. Ma oggi sono convinto che tutto il quartiere
fosse stato concepito in modo da nutrire la nostra im-
maginazione. I nomi delle strade, per esempio, sono
tutti legati alla guerra del 1948. Via dei Convogli, i Di-
stributori d’acqua, i Corpi d’armata femminili, i Corpi
di guardia, i Conquistatori di Katamon: erano questi i
luoghi d’incontro della mia infanzia. Quel posto non
aveva una storia prima del 1948, le persone che ci ave-
vano abitato erano senza nome. Nessuno pensò di rac-
contarci la storia della gente di Katamon, e nessun ra-
gazzino aveva motivo di chiederla.
Solo vent’anni dopo ho esplorato per la prima volta
Katamon insieme a due amici stranieri, consultando
una vecchissima guida. Dato che in giro non si vedono
indicazioni sulla storia del quartiere, camminando tra
le vecchie case arabe abbiamo osservato le foto del li-
bro. Ci abbiamo messo poco a trovare l’ex ambasciata
irachena, il consolato greco, l’ambasciata cecoslovacca
e quella libanese, il consolato libanese, tutti diventati
case private senza nessuna traccia del loro passato. Ho
anche trovato la casa di Khalil al Sakakini, forse il più
grande intellettuale palestinese della sua epoca, mai YONATAN
MENDEL
nominato a scuola. Un’insegna accanto alla porta spie-
sta completando un
ga che oggi è la sede di un asilo nido gestito da un grup-
dottorato su Israele e
po canadese, l’Organizzazione internazionale sionista
la lingua araba
delle donne. all’università di
Ho scoperto così che Katamon un tempo era un Cambridge. Questo
quartiere ricco e abitato prevalentemente da cristiani articolo è uscito sulla
palestinesi. Al centro c’erano due alberghi: il Semira- London Review of
mis e il Park Lane. Non ne avevo mai sentito parlare, Books.
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 89
Pop
come non avevo mai sentito parlare della bomba che
l’Haganah piazzò al Semiramis nel 1948, uccidendo
26 persone tra cui il viceconsole spagnolo. Fu uno dei
motivi principali per cui i palestinesi decisero di abban-
donare il quartiere. Oggi, nel punto dove si trovava
il Semiramis, c’è una normale casa nuova. Anche l’as-
senza può stimolare l’immaginazione degli abitanti di
Gerusalemme, a volte perino più della presenza.
L’ebreo israeliano medio può passare una vita inte-
ra senza mai conoscere un solo cittadino palestinese
del suo stesso paese (igurarsi se può diventare suo
amico). All’asilo, alle elementari, alle medie e al liceo,
i due sistemi scolastici sono completamente separati:
gli ebrei israeliani studiano con gli ebrei israeliani, i
cittadini palestinesi d’Israele studiano con i cittadini
palestinesi d’Israele. Quand’eravamo adolescenti ci
parlarono dei grandi progetti dell’Aliya (l’immigrazio-
ne di ebrei in Israele) e del Kibbutz Galuyot (“la riunio-
ne della diaspora”). Ci parlarono della fondazione del-
lo stato, e mi piacque molto la lezione su Israele come
“società di immigrati”. I palestinesi – ma all’epoca non
me n’ero reso conto – non erano mai immigrati in Israe-
le. Eppure questo non ci impediva di sognare. Secondo
alcuni sociologi israeliani, l’esercito è il melting pot del
paese, ma quasi tutti i cittadini palestinesi ne rimango-
no fuori. Non vogliono combattere contro i loro fratelli
e le loro sorelle palestinesi, e comunque Israele prefe-
risce non aidargli questo compito. E così il melting
pot è fatto solo di ebrei. Si potrebbe dire che tutto que-
sto ci spinge a sognare una terra ebraica per gli ebrei.
Ma ci aiuta anche a dimenticare che i palestinesi sono
parte della società israeliana e cittadini dello stesso
stato.
L’università di Tel Aviv ha mostrato tutto il potere
della sua immaginazione nel maggio del 2008, quando
il consiglio studentesco ha deciso di organizzare una
ricorrenza annuale – il simpatico Giorno dello studente
– nello stesso giorno in cui i palestinesi commemorano
STORIA VERA la Naqba (l’esodo del 1948). La giustiicazione del con-
Günther Link, siglio era che “non ci era stata comunicata la data pro-
45 anni, era “un blematica delle celebrazioni”. È stato molto peggio che
uomo molto se avessero dichiarato di averlo fatto apposta: vuol dire
religioso”, secondo che per gli ebrei di questo paese, anche per i cittadini
Roman Hahslinger, istruiti e “liberali” di Tel Aviv, i palestinesi sono invisi-
portavoce della
bili. Il progetto di legge che vieterebbe agli ebrei israe-
polizia di Vienna.
liani e ai cittadini palestinesi d’Israele di commemora-
Link era rimasto
chiuso in un
re la Naqba è stato approvato dalla commissione legi-
ascensore e aveva slativa del governo a maggio del 2009. Non so se il
molto pregato perché progetto diventerà legge, ma la Naqba c’è stata. E per
lo tirassero fuori. molte persone non è un fatto da celebrare. Riconoscere
Così, appena libero, è la Naqba, assumersi la responsabilità della sorte di
andato in chiesa a 700mila palestinesi che fuggirono o furono espulsi tra
rendere omaggio al il 1947 e il 1948, provare a risarcire questi rifugiati, or-
Signore. Lo hanno mai diventati milioni: questi gesti, per quanto simboli-
trovato morto la
ci, per quanto tardivi, segnerebbero l’inizio della ine
mattina dopo: aveva
della negazione israeliana. Invece tra poco, almeno
abbracciato una
colonna su cui
secondo il progetto di legge, chiunque oserà esprimere
poggiava un altare di le sue idee nell’anniversario della Naqba sarà incarce-
pietra da 390 chili, rato, nell’“unica democrazia del Medio Oriente”.
che gli è caduto La pretesa di essere l’“unica democrazia” e di avere
addosso uccidendolo. “l’esercito più morale del mondo” è un perfetto esem-
90 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
pio della tendenza di Israele a fantasticare. Un altro
termine ai conini della realtà, che permette alla socie-
tà ebraica di mantenere una patina liberale su atteggia-
menti molto poco liberali, è “coesistenza”. È usato per
gli eventi sportivi o culturali in cui i cittadini israeliani
e palestinesi d’Israele s’incontrano. In altre parole, è
usato quando due forme di esistenza molto diverse
convergono. Stranamente, invece, se in una scuola ci
sono igli di ebrei israeliani e di ebrei immigrati da pae-
si diversi come la Russia o l’Argentina, la parola coesi-
stenza non si usa. A quanto pare l’esistenza comune di
un ebreo di Tel Aviv e di un ebreo argentino è evidente.
Ma se uno studente di Tel Aviv incontra un collega pa-
lestinese che vive nella vicinissima Jafa, siamo di fron-
te a un esempio di coesistenza. Questa terminologia
“liberale” funziona come sonnifero per una società
che vuole immaginarsi democratica. Forse è ora che
qualcuno la svegli.
uongiorno, Israele! È tardissimo e hai
B dormito in troppo. Non si può chiamare
paciico un paese che ha un governo di
estrema destra e il partito di Ariel Sha-
ron all’opposizione. Non si può – da un
punto di vista logico – deinire antisemi-
ta qualunque critica al sionismo e al tempo stesso am-
mettere che il 75 per cento degli ebrei israeliani non
vorrebbe vivere nello stesso palazzo di un arabo. Non
si può parlare ai liceali dei pericoli del razzismo e della
discriminazione, e il giorno dopo fargli una bella lezio-
ne sui piani del governo israeliano per ebraizzare la
Galilea. Non si può presentare la ine dell’occupazione
militare della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, re-
stituite ai loro legittimi abitanti, come un “doloroso
compromesso israeliano”.
“Una villa nella giungla”: così Ehud Barak descrive-
va la posizione di Israele in Medio Oriente. È un’imma-
gine condivisa da tutta la società israeliana. Nel cuore
di Tel Aviv si trova il complesso di Ha-Kirya, il quartier
generale delle Forze di difesa israeliane. È davvero pre-
occupante che le persone possano passare tranquilla-
mente accanto a questo ediicio senza fare un collega-
mento tra il loro esercito e i Territori palestinesi occu-
pati, tra la loro indipendenza e le continue soferenze
dei palestinesi. La decadenza di Israele non si misura
dal tasso di criminalità o dalla corruzione, ma dai loro
opposti: dal fatto che il paese abbia una società ricca e
democratica e al tempo stesso sofochi i più elementa-
ri diritti umani, nazionali e politici dei palestinesi.
Immaginare un’altra Israele – paciica e morale,
ebraica e democratica, imperfetta ma innocua – ha
creato una realtà virtuale in cui i fatti storici e contem-
poranei sono ofuscati da ragionamenti esaltati e diso-
nesti. Per coinvolgere gli ebrei israeliani in questa mis-
sione non c’è stato bisogno di dare ordini. Le istituzioni
politiche e religiose d’Israele, i suoi mezzi d’informa-
zione, i suoi “amici” nel mondo, i suoi conini, la sua
terminologia, la sua memoria collettiva, la sua imma-
ginazione e anche le sue gelaterie: grazie al perfetto
incastro di questi elementi, Israele ha inito per perde-
re ogni contatto con la realtà. ◆ fs
GUIDO SCARABOTTOLO
Giorno
di visita
Binnie Kirshenbaum
M
i aspettavo che il sabato mattina
il treno delle 8.46 da Manhattan
a Bedford fosse relativamente
vuoto, così, in stazione, mi misi
in cerca di un cafè e di un muin
da consumare in viaggio. Citta-
dina dei tre villaggi − Bedford Village, Bedford Hills e
Katonah − Bedford vanta fattorie con cavalli, dimore
signorili, una casa colonica in legno del settecento,
oggi trasformata in un ristorante francese, e uno spa-
zio erboso al centro del paese, scampato alle luci e ai
fast food.
Con il treno potevo andare comodamente a trovare
i miei genitori e fargli delle visite brevi. Di solito anda-
vo a pranzo la domenica o a una cena di metà settima-
na, e tornavo a dormire nel mio letto in città. Da quan-
do si erano trasferiti a Bedford tre anni prima, quella
era la prima volta che andavo da loro di sabato. Io e mia
madre avremmo visitato una mostra d’antiquariato.
Preferivo le visite brevi. Era qualche anno fa, io e mia
madre non andavamo d’accordo come avremmo do-
vuto. Poco dopo morì.
Qualche minuto prima della partenza salii sul tre-
no e con mia sorpresa scoprii che non era vuoto come
mi aspettavo. Quasi tutti i posti erano occupati e mol-
ti dei passeggeri erano neri, cosa che notai perché di
solito l’uniformità di quel treno è desolante. Cercai
un posto libero, e lo trovai in una ila da tre, sul corri-
doio. Vicino a me c’era un bambino, forse di sei anni,
e di ianco a lui l’uomo che doveva essere suo padre,
che guardava fuori dal inestrino. Non sono una che
si entusiasma per i bambini, non al punto da attacca-
re discorso o sorridergli. Tirai fuori il mio libro e tolsi
il coperchio in plastica dal bicchiere del cafè, ma mi
accorsi che la mia avversione ai ragazzini non è così
forte come vorrei far credere, perché mi resi conto che
non potevo mangiare un muin davanti a un bambi-
no senza ofrirgliene un pezzo. Dopo aver chiesto il
permesso al padre, lasciai scegliere al piccolo la sua
metà di muin preferita perché, in una logica tipica
dei bambini, una delle due metà è meglio dell’altra.
Parlammo del muin (molto buono) e dei mirtilli in
generale (piacevano a entrambi), della classe che
frequentava (la prima elementare) e della materia
che preferiva (lettura). Le cose di cui parlo con un
bambino raramente interessano me o lui. Poi chiesi:
“Dove vai oggi?”. “A trovare mia mamma”, rispose.
“Che strano!”, dissi. “Anch’io. Stiamo andando tutti
e due a trovare la mamma”. Tirò la manica del padre.
“Sta andando anche lei a trovare sua mamma. Può
venire con noi?”.
Andare con loro? Andare con loro dove? Oh no!
Mi accorsi troppo tardi che il luogo a cui si riferiva
era il carcere femminile di Bedford Hills. Anche se la
casa dei miei genitori era vicina al carcere, non l’ave- BINNIE
KIRSHENBAUM
vo mai visto. Alcune ospiti celebri dell’istituto − Jean
Harris, Pamela Smart, Amy Fisher e Kathy Boudin − è una scrittrice
statunitense nata nel
mi avevano fatto pensare che fosse una prigione per
1964. Il suo ultimo
ricchi e famosi, una specie di quartiere residenziale
libro è The scenic route
privato, ma la mia era un’evidente dimostrazione di (HarperCollins
ignoranza. Bedford Hills è un carcere di massima si- 2009). Questo
curezza. racconto è uscito sul
“Benestante”, fu questa la parola usata da mia New York Times
madre quando da bambina sentii dire per la prima Magazine.
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 91
 Pop
GUIDO SCARABOTTOLO
volta che negli Stati Uniti esisteva una specie di siste-
ma diviso in classi: classe operaia, ceto medio, alta
borghesia. “A che classe apparteniamo?”, chiesi, e
mia madre rispose: “Noi siamo benestanti”. Lì, sul
treno, il termine “benestante” si caricava di tutte le
sue implicazioni: alla sensazione isica del benessere
si sommavano l’assenza di tensioni, di dubbi, le buo-
ne condizioni economiche, il senso di appagamento
e di soddisfazione. Essere benestante non signiicava
solo non dover andare a visitare mia madre in carce-
re, ma mi faceva anche pensare che chiunque fosse
su quel treno stava andando a vedere una mostra di
antiquariato o a mangiare fuori. Immaginai quel ra-
gazzino seduto con sua madre davanti a un tavolo di
formica in una stanza enorme controllata da guardie.
Forse avrebbe comprato una bibita al distributore au-
tomatico, un’immagine che dovevo avere visto in un
ilm. Non c’è da vergognarsi a essere benestante, ma
è vergognoso compiacersene, era vergognosa la mia
incurante ipotesi che la visita a mia madre e la visita
di quel ragazzino alla sua fossero un’esperienza co-
mune. Era la mia sventatezza a essere vergognosa, e
il fatto che questa sventatezza nascesse dal benesse-
re: Maria Antonietta e il suo muin al mirtillo.
Forse fu per la vergogna o forse per cercare di
proteggerlo da quel che prima o poi avrebbe scoper-
to − non a tutti sono date le stesse possibilità − ma
all’improvviso non volevo che quel bambino sapesse
che le nostre mamme non si trovavano nello stesso
posto. Non volevo che mi vedesse salire sull’automo-
PAUL GRAHAM bile della mia e ci vedesse andare via nell’altra dire-
è un imprenditore e zione. Alla stazione di Bedford Hills mi attardai in
saggista britannico. modo da essere una delle ultime persone a scendere
Vive negli Stati Uniti. dal treno. Controllai da dietro la stazione che il bam-
Questo articolo è bino e il padre se ne fossero andati e solo allora mi
uscito sul suo blog avviai verso il parcheggio. Lì, in piedi al sole, accanto
con il titolo The list of all’automobile, c’era mia madre che mi faceva cenno
N things. con la mano. u sv
92 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
L’elenco
di n cose
Paul Graham
S
commetto che nell’ultimo numero di
Cosmopolitan c’è un titolo che comincia
con un numero, tipo “Sette cose che lui non
vi dice sul sesso” o qualcosa del genere. Ci
sono riviste che hanno titoli così sulla co-
pertina di ogni numero. Non è un caso: i di-
rettori sanno che attirano i lettori.
Perché gli elenchi di n cose ci piacciono tanto? Prin-
cipalmente perché sono più facili da leggere di un arti-
colo normale. Dal punto di vista strutturale, gli elenchi
di n cose sono la degenerazione del saggio. Un saggio
può andare in qualsiasi direzione voglia l’autore. In un
elenco di n cose, invece, l’autore decide di limitarsi a
una serie di punti d’importanza più o meno uguale e di-
ce esplicitamente al lettore quali sono.
Parte dello sforzo di leggere un articolo è nel capirne
la struttura, cioè individuare quelli che al liceo abbiamo
imparato a deinire i suoi “punti principali”, la sua “sin-
tesi”. Se leggiamo un articolo e lo capiamo, alla ine nel
cervello abbiamo qualcosa che somiglia a questa sinte-
si. In un elenco di n cose il lavoro è già fatto: la sua strut-
tura corrisponde a un esoscheletro.
Oltre a essere esplicita, la struttura ha la garanzia di
essere del tipo più semplice possibile: pochi punti prin-
cipali, con pochi elementi subordinati (o neanche uno),
e nessun collegamento particolare tra di loro.
Poiché i punti principali sono scollegati, gli elenchi
di n cose sono ad accesso casuale. Non si deve seguire
nessun ilo del ragionamento, si può leggere l’elenco in
un ordine qualsiasi. E visto che i punti sono indipenden-
ti, funzionano come i compartimenti stagni di una nave
inafondabile. Se un punto ti annoia, non lo capisci o
non lo condividi, lo lasci perdere e passi al successivo.
Un elenco di n cose non fa venire sensi di colpa.
Ci sono volte in cui questo formato è proprio quello
di cui l’autore ha bisogno. Per esempio quando quel che
deve dire è proprio un elenco di n cose. Ma ci sono altri
motivi meno legittimi per usarlo. Per esempio, io lo fac-
cio quando sono vicino a una scadenza. Se devo tenere
un discorso e comincio a prepararlo in ritardo, a volte
vado sul sicuro e lo strutturo come un elenco di n cose.
Gli elenchi di n cose sono più facili sia per gli autori
sia per i lettori. Quando scrivi un vero saggio, c’è sem-
pre la possibilità di inire in un vicolo cieco. Un vero
saggio è una concatenazione di pensieri e alcuni treni di
pensiero semplicemente si esauriscono. È una possibi-
lità inquietante: che fare se inisci le idee? La struttura
dell’elenco di n cose protegge lo scrittore dalla sua stu-
pidità più o meno come protegge il lettore.
Scrivere un elenco di n cose è rilassante. Metà di
queste cose ti viene in mente nei primi cinque minuti,
così hai già la struttura e devi solo riempirla. Mentre
pensi agli altri punti, li aggiungi semplicemente alla i-
 jean-PIerre
ne. Alcuni magari inisci per toglierli, spostarli o unirli,
ma a ogni stadio hai un elenco valido di n cose.
Poesia lemaIre
vive a Parigi, dove
Se un elenco di n cose piace anche ai lettori, non è
necessariamente la prova che sono pigri. Potrebbe an-
Immigrati lavora come
insegnante. In
che significare che non si fidano molto dell’autore. Francia ha pubblicato
Da questo punto di vista, gli elenchi di n cose sono il molte raccolte
cheeseburger della saggistica. Anche un pessimo cuoco Quelli che non sono iscritti in nessun luogo poetiche per
è in grado di fare un cheeseburger decente. E ci sono guardano da lontano la città illuminata Gallimard. La
convenzioni piuttosto rigide su cos’è un cheeseburger. gli immobili notturni traduzione della sua
Si può dare per scontato che il cuoco non cercherà di poesia è di Fabio
come se fossero enormi stele nere
fare qualcosa di strano. Allo stesso modo, un elenco di Pusterla.
coperte di una scrittura sconosciuta
n cose limita i danni che può fare un cattivo scrittore: il
di un alfabeto di fuoco calligrafato
formato gli impedisce di perdersi in voli di fantasia.
Poiché l’elenco di n cose è la forma di saggio più fa- rigoroso, indecifrabile
cile, dovrebbe essere uno strumento valido per gli auto- Piangono a tanto leggere
ri agli esordi. E infatti è quel che s’insegna alla maggior senza poter tradurre
parte degli esordienti. Ma gli studenti che li usano non mentre all’interno, in noi
si rendono conto di usare la stessa struttura degli artico- non c’è nulla di scritto
li di Cosmopolitan. L’unica diferenza è che chi scrive e ogni pagina
non ha il permesso di mettere i numeri, ma deve unire i
dietro la notte
vuoti con delle transizioni inutili (“Inoltre…”) e mettere
all’inizio e alla ine un paragrafo introduttivo e uno con- ritorna a farsi bianca
clusivo, perché sembri un vero saggio. Far cominciare Jean-Pierre Lemaire
gli studenti con un elenco di n cose è una buona idea.
Ma perché non dirlo apertamente? Lasciamogli scrive-
re degli elenchi di n cose come fanno i professionisti, che la maggior parte dei titoli di questo tipo sono esche
con i numeri e senza cosmesi. per richiamare l’attenzione.
C’è però un caso in cui gli elenchi di n cose sono un Il problema principale degli elenchi di n cose è che
trucco disonesto: quando sono usati per attirare l’atten- lasciano poco spazio ai nuovi pensieri. Il bello di scrive-
zione sostenendo che sono esaurienti. Per esempio, se re un saggio sono le nuove idee che ti vengono in mente
scrivi un articolo che pretende di svelare i sette segreti mentre lo fai. Un vero saggio, come lascia intendere il
del successo. I titoli così sidano i lettori come fa un gial- nome, è dinamico: quando cominci, non sai cosa scri-
lo: li spingono a guardare l’articolo per vedere almeno verai, lo scopri mentre scrivi. In un elenco di n cose que-
se ci sono gli stessi sette punti che elencherebbero loro. sto può succedere solo in modo molto limitato. Una
State sottovalutando uno dei segreti del successo? Me- volta deciso il titolo, è di quello che parlerai. Scrivendo
glio controllare. non potrai avere più idee nuove di quelle che rientrano
Mettere l’articolo determinativo prima del numero nei compartimenti stagni che hai stabilito all’inizio, e il
è giusto solo se l’autore è davvero convinto di aver for- tuo cervello sembra saperlo. Non avendo spazio per
nito un elenco esauriente. Ma l’esperienza suggerisce nuove idee, non ne avrai. u nm

Scuole Tullio De Mauro

I riottosi

Anche nell’eldorado scolastico in-
landese la pace delle scuole pare
in pericolo. Qui la questione è og-
getto di misurazioni precise: nelle
scuole superiori il 20 per cento de-
gli allievi sarebbe restio a ubbidire
agli insegnanti. Qualcuno vorreb-
be dotare le scuole di vigilantes.
Altri propongono una riduzione
del numero di allievi per classe.
Ma dati su indisciplina, bullismo e
violenze vengono dai paesi più di-
versi, Francia, Germania, in minor
misura Gran Bretagna. Nelle so-
cietà d’oggi la scuola stenta a fun-
zionare come, in parte, una volta.
Ne è conseguenza, tra l’altro, quel
disruptive behavior, quell’indisci-
plina degli studenti delle seconda-
rie che sarebbe causa maggiore di
ineicienza della scuola secondo
gli insegnanti di 24 paesi. In propo-
sito Nicolas Sarkozy è intervenuto
più volte di recente. Se molti ra-
gazzi sono teppisti e migliaia sono
décrocheurs che interrompono la
scuola prima del diploma, ciò non
riguarda la scuola, ma l’intera so-
cietà che deve sapersi “réinventer”
(parola di Sarkozy) e deve “faire
une place” alla giovane generazio-
ne. Non solo con lo studio, ma an-
che, per esempio, con un servizio
civile di alcuni mesi deve a sua vol-
ta imparare a sentire i suoi doveri
verso la società. Nella sinistra
francese molti hanno torto il naso.
La linea di Sarkozy forse è in-
suiciente, ma centra un proble-
ma ed è più ragionevole di braccia-
letti elettronici, perquisizioni, vigi-
lantes e voti in condotta. u

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 93

Scienza
Perché le donne incinte
non cadono?
Jef Hecht, New Scientist, Gran Bretagna
A volte gli scienziati si pongono
delle domande strane. Così
strane che è stato creato
l’Ig Nobel, un premio per le
ricerche più assurde. Ecco
quelle premiate quest’anno
P
erché le donne incinte non cado-
no? Le mucche notano la genti-
lezza? Scrocchiarsi le nocche fa
venire l’artrite? Sono alcune del-
le domande che hanno ispirato le ricerche
premiate con gli Ig Nobel, consegnati il 1
ottobre all’università di Harvard in una ce-
rimonia organizzata dagli Annals of Impro-
ANGELO MONNE
bable Research. Vista la crisi economica
globale, il tema di quest’anno era il rischio,
presentato in un discorso di un minuto da
Benoît Mandelbrot, il matematico che ha
teorizzato il disordine dei mercati.
I candidati erano molti, ma alla ine l’Ig
Nobel per l’economia è andato a quattro
banche islandesi – Kaupthing, Landsbanki,
Glitnir e Banca centrale d’Islanda – per aver
dimostrato in modo sperimentale che le
luttuazioni dei mercati possono trasfor-
mare velocemente banche molto piccole in
banche molto grandi e poi, altrettanto velo-
cemente, ribaltare la situazione demolen-
do l’economia di un paese.
Il premio per la matematica è stato asse-
gnato a un altro mago della inanza, Gideon
Gono, governatore della Reserve Bank of
Zimbabwe, che ha permesso ai suoi conna-
zionali di acquisire una certa familiarità
con i grandi numeri stampando la valuta
nazionale in denominazioni che vanno da
un centesimo a centomila miliardi di dolla-
ri dello Zimbabwe, mentre l’inlazione sa-
liva ai 231 milioni per cento.
Un altro tipo di rischio ha ispirato Elena
Bodnar dell’università di Chicago, che ha
ricevuto l’Ig Nobel per la salute pubblica
con un reggiseno a doppio uso. Avendo vis-
suto in Ucraina all’epoca del disastro di
Chernobyl, conosce l’importanza di essere
pronti per le emergenze. Con due colleghi
di Chicago ha disegnato e brevettato un
reggiseno con le coppe che possono servire
da maschere antigas. In caso di necessità,
94 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
la donna che lo indossa può staccare le due
coppe, assicurarsene una sulla bocca e sul
naso per proteggersi e ofrire l’altra a un
astante bisognoso.
Il premio per la isica ricompensa un de-
licato studio sulla gravità per rispondere a
una domanda che solo i bambini osano por-
re: perché le donne incinte non si ribaltano?
Nei mammiferi quadrupedi e nei nostri cu-
gini che camminano sulle mani, il carico
Ig Nobel
u Pace. è stato assegnato a Stephen Bollinger
della facoltà di medicina legale dell’università
di Berna, in Svizzera, per aver dimostrato che,
per spaccare un cranio, una bottiglia di birra
vuota è più eicace di una piena.
u Biologia. Fumiaki Taguchi dell’università
giapponese Kitasato ha dimostrato che i batteri
estratti dalle feci del panda gigante possono
ridurre gli scarti di cucina del 90 per cento.
u Letteratura. Il premio è andato alla polizia
irlandese per aver intestato 50 multe a Prawo
Jazdy, che in polacco signiica patente di guida.
u Veterinaria. Catherine Douglas e Peter
Rowlinson dell’università di Newcastle hanno
scoperto che le mucche chiamate per nome
danno più latte delle altre.
u Chimica. Javier Morales, Miguel Apátiga e
Victor Castaño dell’università autonoma del
Messico hanno scoperto che dalla tequila si può
ricavare una pellicola di diamante.
materno è bilanciato tra arti anteriori e po-
steriori, ma nei bipedi umani il bebè e la
pancia sporgono pericolosamente. Come
hanno fatto le donne primitive a sopravvi-
vere visto che passavano la maggior parte
della vita adulta incinte o ad allattare, si so-
no chiesti gli antropologi Katherine Whit-
come dell’università di Cincinnati, in Ohio,
Daniel E. Lieberman di Harvard e Liza J.
Shapiro dell’università del Texas di Austin.
La risposta, hanno scoperto, è che le donne
hanno una curvatura più pronunciata degli
uomini nella zona lombare, che sposta
all’indietro la parte superiore del tronco in
modo da bilanciare meglio il corpo durante
la gravidanza.
Donald Unger, allergologo di Thousand
Oaks, in California, si è aggiudicato il pre-
mio per la medicina per aver risposto a
un’altra domanda eterna: farsi scrocchiare
le nocche causa davvero l’artrite, come gli
diceva sua madre? Per risolvere la questio-
ne, Unger ha condotto un esperimento a
lungo termine e ha cominciato a farsi scroc-
chiare le nocche della mano sinistra due
volte al giorno, ma non quelle della destra.
Lo ha fatto per oltre sessant’anni e non ha
mai soferto di artrite. “Mamma, avevi tor-
to”, ha detto guardando in alto. Quello che
ora vuole sapere è: “Era davvero necessario
mangiare tutti quei broccoli?”. u sdf
BIOLOGIA
L’energia
dopo il sesso
Proceedings of the Royal
Society B , 7 novembre 2009
Dopo il sesso lei si dedica ai la-
vori domestici, mentre lui non
rinuncia alla siesta pomeridia-
na. L’origine di questo compor-
tamento della Drosophila mela-
nogaster sta in un “peptide ses-
suale” presente nello sperma. Il
moscerino della frutta è attivo
all’alba e al tramonto, e di notte
dorme. Nel pomeriggio entra in
uno stato di riposo per rispar-
miare energia e proteggersi dal
Sole. Dei biologi dell’università
di Leeds hanno scoperto che
dopo l’accoppiamento le fem-
mine saltano la siesta per dedi-
carsi alla ricerca del cibo e di
luoghi sicuri dove deporre le uo-
va. Questo periodo di intensa
attività domestica dura otto
giorni. Invece, quando le fem-
mine amoreggiano con dei ma-
schi privati del “peptide sessua-
le” non saltano la siesta.
SALUTE
Più farmaci
contro l’aids
Alla ine del 2008 sono salite a
più di quattro milioni le persone
nei paesi a medio e basso reddi-
to che seguono una terapia anti-
retrovirale, hanno annunciato
Oms, Unicef e Unaids. Sono un
milione in più rispetto al 2007.
Malgrado i progressi, sono mi-
lioni i sieropositivi che non han-
no accesso alle cure. Si stima
che ogni anno muoiano di aids
circa due milioni di persone.
Numero di persone che ricevono una
terapia antiretrovirale nei paesi a
medio e basso reddito, milioni
Africa subsahariana Sudest asiatico
America Latina Altro
4
3 inibire l’assorbimento del fer-
2 tannini, possono agire da che-
1
0 sorbirli. Ma è improbabile che
2002 ’03 ’04 ’05 ’06 ’07
Fonte: Organizzazione mondiale della sanità
Paleoantropologia I NOBEL
Medicina Elizabeth Blackburn,
Carol Greider e Jack Szostak
Alle origini di Lucy hanno ricevuto il Nobel per la
medicina per il loro studio sui
cromosomi umani. Hanno
Science, Stati Uniti, 2 ottobre 2009 scoperto come il dna viene
copiato nella parte inale dei
Ora anche Lucy ha una mamma.
cromosomi, cioè i telomeri, e
È stato trovato un antenato
hanno individuato l’enzima
dell’Australopithecus afarensis, coinvolto, chiamato telomerasi.
l’ominide vissuto tra gli uno e i quattro Questo enzima ha un ruolo
milioni di anni fa in Africa, considerato chiave nell’invecchiamento
un precursore dell’Homo. Questo delle cellule e nello sviluppo dei
ominide ancora più antico, chiamato tumori.
Fisica Metà del premio è stato
Ardipithecus ramidus, sta
assegnato a Charles K. Kao per
rivoluzionando l’albero genealogico umano. I resti di 110
le sue ricerche sulle ibre
frammenti, scrive Science, sono stati trovati in sedimenti ottiche. L’altra metà è andata a
vulcanici nel nordest dell’Etiopia. Risalgono a 4,4 milioni Willard S. Boyle e George E.
di anni fa e sono quindi tra i più antichi mai trovati. Uno Smith per l’invenzione della
scheletro quasi completo è stato chiamato Ardi: teconologia Ccd, alla base
apparteneva a una femmina di 50 chili, alta 120 delle macchine fotograiche
digitali.
centimetri. Aveva una testa piccola con un cervello poco
sviluppato. I denti indicano una dieta a base di frutta, noci
e foglie, che Ardi poteva trovare facilmente nella foresta
temperata di allora. Nei maschi i canini erano poco
sviluppati, più simili a quelli umani che a quelli delle
scimmie antropomorfe, un segno di scarsa aggressività e
di una società basata su coppie, non sulla poligamia. Le Chimica Venkatraman
mani erano grandi, dotate di buona destrezza e prive dei Ramakrishnan, Thomas A.
successivi adattamenti all’andatura sulle nocche degli Steitz e Ada E. Yonath hanno
ricevuto il Nobel per la chimica
scimpanzé e alla capacità di dondolarsi dai rami. I piedi
per i loro studi sulla funzione e
rendevano possibile sia salire sugli alberi sia l’andatura
perfettamente bipede. Tutte queste caratteristiche fanno
la struttura dei ribosomi, gli
organelli cellulari che
pensare che l’antenato comune tra scimpanzé e umani, fabbricano le proteine,
che ancora sfugge ai ricercatori, dovesse avere un aspetto traducendo le istruzioni
molto diverso dalle scimmie antropomorfe attuali. u contenute nel dna.
Davvero? Anahad O’Connor
Il ferro nel sangue
Bere tè può abbassare studio, gli scienziati hanno of- incidono solo sui livelli di ferro
i livelli di ferro? ferto a un gruppo di volontari non emetico, che si trova nei
un pasto a base di hamburger, cereali e nella verdura. Il ferro
Con i suoi abbondanti antios- fagiolini e purè di patate, com- emetico, quello di carne e pe-
sidanti e i livelli di cafeina re- binato con diverse bevande, sce, non viene intaccato. Visto
lativamente bassi, il tè è una per poi misurare i livelli di fer- che in occidente la maggior
bevanda molto sana, ma può ro. I soggetti che avevano parte delle persone assume
mangiato bevendo tè mostra- più ferro del necessario, un pa-
ro. I composti del tè, chiamati vano una riduzione del 62 per io di tazze di tè o cafè al gior-
cento dell’assorbimento del no non dovrebbero abbassare i
latori, legarsi ai minerali e ini- ferro. Il cafè ha prodotto una livelli di ferro del sangue.
bire la capacità del corpo di as- riduzione del 35 per cento, il Conclusione. I composti del
succo d’arancia un aumento cafè e del tè possono incidere
’08
questo abbia un impatto signi- dell’85 per cento circa. Ma c’è sull’assorbimento del ferro.
icativo sulla salute. In uno stata una sorpresa. Cafè e tè The New York Times
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 95
 Il diario della Terra
Inondazioni Almeno 300
persone sono morte nelle
inondazioni causate dalle forti
piogge monsoniche nel sud
dell’India. Gli stati più colpiti
sono il Karnataka e l’Andhra
Pradesh. Centinaia di migliaia
di persone sono state costrette
a lasciare le loro case.
AFP
Terremoti Un sisma di ma-
gnitudo 6,6 sulla scala Richter
ha colpito il sud delle Filippine,
senza causare vittime. Altre
scosse sono state registrate al
largo di Tonga, nella provincia
indonesiana di Papua Ovest, a
Taiwan, nella penisola russa
della Kamchatka e in Califor-
nia. Il bilancio del terremoto
che ha colpito Sumatra il 30
settembre è salito a 704 morti
e 295 dispersi.
Cicloni Quindici persone
sono morte nel passaggio del
tifone Parma sul nord delle Fi-
lippine. Il tifone ha causato
una serie di inondazioni e di
blackout elettrici. Il tifone Me-
lor ha raggiunto le coste meri-
dionali del Giappone. La tem-
pesta tropicale Olaf si è forma-
ta al largo della penisola messi-
Stati Uniti
96 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
cana della Baja California. Il
bilancio del passaggio del tifo-
ne Ketsana sull’Asia sudorien-
tale è di 293 morti nelle Filippi-
ne, 162 in Vietnam, 24 in Laos e
17 in Cambogia.
Incendi Un incendio nella
foresta di San Bernardino, a est
di Los Angeles, ha costretto le
autorità a trasferire i 4.500 abi-
tanti della cittadina di Wright-
wood. Le iamme hanno di-
strutto 1.500 ettari di vegeta-
zione.
Pinguini Una colonia di
pinguini reali si è stabilita
nell’isola di Macquarie, tra la
Nuova Zelanda e l’Antartide.
Centinaia di esemplari sono
stati segnalati da un’équipe
di scienziati australiani nella
regione di Lusitania Bay. I
pinguini reali erano assenti
dall’isola da più di cent’anni,
quando furono sterminati dai
cacciatori.
Panda La popolazione
dei panda in Cina è rimasta
stabile nonostante il terremo-
to del 2008 nella provincia del
Sichuan. Secondo gli esperti,
gli animali si sarebbero salvati
grazie alle loro capacità di
adattamento, che gli hanno
permesso di far fronte alla
distruzione di molte foreste
di bambù. Attualmente 1.590
panda vivono in libertà in
Cina.
Cina
48,9°C
Ed Dueim
Sudan
-70,6°C
Vostok
Antartide
Malattie Il 26 per cento delle
morti nel mondo (circa 15
milioni di persone) è causato
dalle malattie infettive. Il
90 per cento di queste morti
è dovuto a: diarrea, aids,
malaria, morbillo, polmonite
e tubercolosi.
Altro
Morbillo
Infezioni
delle basse
vie respiratorie
Malaria
Tbc
Aids
Diarrea
Fonte: New Scientist
Insetti Le farfalle della
famiglia delle Ninfalidi hanno
cominciato a evolversi 90
milioni di anni fa, quando il
pianeta era ancora dominato
dai dinosauri. Da allora questo
gruppo di insetti ha continuato
a produrre nuove specie, ino a
raggiungere le attuali seimila,
con una pausa durante la
grande estinzione alla ine
del cretaceo, quando
scomparvero i dinosauri.
Per ricostruire l’albero
evolutivo di queste farfalle i
ricercatori hanno usato, oltre
alle caratteristiche
morfologiche e genetiche, i
fossili delle farfalle e delle
piante di cui si nutrono (P. of the
Royal Society B).
Russia
5,1 M
Giappone
Taiwan
Filippine
6,6 M
Papua
5,5 M
Tonga
6,3 M
Ethical living
Tecnologie
eicienti
Ecco alcune delle nuove tec-
nologie per rendere il pianeta
un posto più eiciente in ter-
mini energetici.
Il frigo magnetico I due
maggiori consumatori di elet-
tricità a casa, i condizionatori
e i frigoriferi, potrebbero di-
ventare molto più eicienti
grazie al rafreddamento ma-
gnetico, nel quale alcune leghe
metalliche vengono messe in
un campo magnetico e così
rafreddate. Questi apparecchi
potrebbero ridurre i consumi
del 40 per cento rispetto ai
modelli attuali.
Finestre Aumentate il nume-
ro di strati di vetro o plastica in
una inestra e risparmierete su
riscaldamento e aria condizio-
nata. Visionwall, di Edmon-
ton, in Canada, realizza ine-
stre a quattro strati composte
da due fogli di polietilene rigi-
do posti tra due lastre di vetro
che riducono la perdita di ca-
lore in modo quattro volte più
eicace dei doppi vetri.
Raccolti di metano Il meta-
no estratto dal letame può es-
sere usato come terremoto
combustibile.
Il più grande impianto di bio-
gas, a Penkun,incendio
in Germania, forestale
è
stato inito nel 2008 e conver-
tornado
te 84mila tonnellate di deie-
zioni animali in combustibile.
I liquami, con lampo
mais e cereali,
sono convogliati in serbatoi di
vulcano
fermentazione che producono
20 megawatt di inondazione
elettricità e 22
megawatt di calore per una
città di 50milafrana
abitanti.
Reti superconduttive Fino
al 10 per centotempesta
di tutta l’elettri-
cità prodotta si disperde per
siccità
l’ineicienza della rete distri-
butiva. L’aziendavalanga
American
Superconductor, del Massa-
iume un ca-
chusetts, ha sviluppato
vo a superconduzione che è tre
volte più eicace lagonell’elimina-
re le perdite se rafreddato a
-196 gradi.
animali
pesci
insetti
rettili
temparatures
 Il pianeta visto dallo spazio
Samoa, il terremoto e lo tsunami
EArTh ObSErvATOry/NASA
u La mattina del 30 settembre
2009 un terremoto sottomarino
vicino a Samoa, nell’oceano Pa-
ciico meridionale, ha causato
un violento tsunami che ha uc-
ciso circa duecento persone. Se-
condo le misurazioni dello Uni-
ted States geological survey
(Usgs), la scossa di magnitudo
8,0 è stata avvertita alle 6.48 lo-
cali (19.48 ora italiana). L’epi-
centro si trovava circa duecento
chilometri a sud di Apia, capita-
le di Samoa. Alcuni minuti dopo
il terremoto, uno tsunami ha
colpito le isole di Savi’i, Upolu e
Tutuila, con onde alte 3,1 metri
vicino a Pago Pago (Samoa
americane) e 1,4 metri ad Apia.
Tsunami minori hanno colpito
Tafahi
Niuatoputapu
altitudine (metri)
0 1.500 3.000
altre isole del Paciico, più lon-
tane dall’epicentro.
Il cerchio più grande in nero
nell’immagine, che si trova sulla
placca del Paciico vicino al con-
ine con la placca australiana,
mostra l’epicentro del terremo-
to. Gli altri cerchi rappresenta-
no le decine di scosse di asse-
stamento che hanno seguito il
primo terremoto. L’ultima scos-
sa, di magnitudo 6,3 è stata regi-
strata il 2 ottobre nella regione a
sud di Tonga. Il canyon blu scu-
ro che si vede lungo la placca del
Paciico è la fossa di Tonga, che
con i suoi 10.800 metri è una
delle più profonde del mondo.
La fossa e le relative faglie si
formano a mano a mano che la
Savi’i apia
Upolu
epicentro
conine approssimativo
della placca
profondità (metri)
5.000 2.500
Questa mappa della regio-
ne intorno a Samoa è stata
realizzata da Jesse Allen e
Robert Simmon della Nasa.
I dati sui terremoti e sulle
placche tettoniche sono
stati combinati con quelli
raccolti dallo Shuttle e dal-
la National oceanic atmo-
spheric administration.
Internazionale 816 | 9 ottobre 2009
Tutuila
Pago Pago
magnitudo terremoto
0 ≥8 5-5,9 4-4,9
placca del Paciico si sposta ver-
so ovest, sprofondando sotto
una complessa serie di placche
più piccole ai margini di quella
australiana, cioè la zona meno
profonda che si trova nell’ango-
lo in basso a sinistra dell’imma-
gine. Per l’Usgs, l’area intorno
alla fossa di Tonga è una delle
regioni sismiche più attive del
pianeta.
Secondo gli esperti, il forte
terremoto che ha colpito l’isola
indonesiana di Sumatra, provo-
cando circa mille morti, non è
collegabile a quello registrato
nella regione di Samoa. I due si-
u smi sono stati causati dall’attivi-
tà tettonica di due placche di-
verse.
97
Economia

Anche le recessioni
hanno dei lati positivi
The Economist, Gran Bretagna
Le crisi portano fallimenti e
disoccupazione, ma danno
anche una scossa salutare al
sistema. Abbattono i vecchi
modelli e premiano chi ha il
coraggio di innovare

ubito dopo le presidenziali statuni-

S tensi, parlando a un convegno di

imprenditori americani, Rahm
HARTMUT NAEGELE (LAIF/CONTRASTO)

Emanuel, il capo di gabinetto di

Barack Obama, ha detto: “Non dovete spre-
care una crisi così grave”. Speriamo che il
pubblico fosse attento, perché le recessioni
ofrono molte opportunità sia alle aziende
sia ai politici. Le crisi rallentano l’econo-
mia, ma al tempo stesso danno una scossa
salutare al sistema. Smascherano i difetti,
abbattono le vecchie abitudini, liberano Helsinki, Finlandia. La sede centrale della Nokia
l’energia repressa, permettono alle aziende
di comprare a prezzi convenienti, assumere un gruppo dirigente solido. Questi gruppi capo del gruppo californiano, “non si esce
persone di talento con pochi soldi e dare stanno usando la loro forza per ridurre i co- dalle recessioni risparmiando, ma inve-
spazio alle idee nuove. sti (per esempio, ottenendo tarife pubbli- stendo”. La Procter & Gamble sta lancian-
L’esempio più eloquente è stata la gran- citarie più basse) e strappare quote di mer- do il più grande progetto di espansione dei
de depressione. Molti pensano agli anni cato alla concorrenza. Secondo uno studio suoi 170 anni di vita, aprendo 19 stabili-
trenta come a un deserto economico pieno della società di consulenza Bcg, nel 2008 il menti. La Ibm ha inaugurato una serie di
di pignoramenti e disoccupati. Eppure, 58 per cento delle aziende leader dei mer- “sessioni d’innovazione” per spremere
quel periodo è stato una grande opportuni- cati analizzati ha aumentato i proitti, men- idee dai dipendenti.
tà per gli uomini d’affari più bravi. La tre sono cresciute solo il 21 per cento delle Un terzo gruppo è formato dalle azien-
DuPont investì molto nella ricerca assu- imprese minori. McDonald’s ha lanciato de che usano la recessione per riposizionar-
mendo gli scienziati disoccupati, e alla ine dei sistemi computerizzati che permettono si. La Cisco Systems sta comprando impre-
degli anni trenta il 40 per cento delle sue a ogni ristorante di adeguare il prezzo alle se di altri settori per espandere la sua ofer-
vendite proveniva da prodotti nuovi, tra cui condizioni economiche locali. Asda, una ta e diventare un colosso di internet più
invenzioni importanti come il nylon e la catena britannica di supermercati, ha deci- versatile. Il riposizionamento è una strate-
gomma sintetica. La Procter & Gamble so di aprire quattordici negozi, assumendo gia che in passato ha pagato molto. Dopo il
puntò così tanto sulla pubblicità radiofoni- settemila persone. La Pepsi ha comprato crollo dell’Unione Sovietica, che aveva get-
ca da dare il nome a una nuova forma arti- due importanti aziende d’imbottigliamen- tato la Finlandia nel caos, la Nokia abban-
stica, la soap opera. Tra le aziende decolla- to. Altre grandi imprese stanno approit- donò il 90 per cento dei suoi afari per con-
te durante la grande depressione ci sono tando dei prezzi bassi per fare acquisti. centrarsi sulle telecomunicazioni.
anche la Revlon, la Hewlett-Packard e la Analizzando le fusioni e le acquisizioni ne- La recessione produrrà anche nuove
Polaroid. La Pepperidge Farms fu fondata gli Stati Uniti tra il 1985 e il 2001, la Bcg ha aziende. Da uno studio della fondazione
dalla moglie di un investitore che era stato osservato che gli affari conclusi durante Kaufman si scopre che metà delle imprese
ridotto sul lastrico dal crollo di Wall street. una recessione garantiscono agli azionisti di Fortune 500 e Inc. 500, le liste delle prin-
circa il 15 per cento in più di quelli fatti du- cipali aziende statunitensi, è stata fondata
I vincitori rante i periodi di boom. durante una recessione o una fase di rallen-
Che dire allora di questa crisi? Ci sono an- Il secondo gruppo di vincitori sono le tamento. Molte di queste aziende, tra cui
cora molte incertezze, ma è già possibile aziende high-tech. Anche se ha perso il 23 Cnn e Microsoft, hanno cambiato la storia
farsi un’idea delle aziende che sono in cre- per cento nell’ultimo trimestre del 2008, la dell’industria. Insomma, è più probabile
scita e delle loro strategie. I vincitori più Intel continua a investire molto nell’inno- che siano le imprese, non i politici, a trarre
ovvi sono i colossi che hanno molti soldi e vazione. Come osserva Craig Barrett, ex vantaggio da questa crisi. ◆ sdf

98 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009

 INTERNET
Unione europea
Più autonomia
Lo sciopero del latte da Washington
La gestione della rete non sarà
più monopolio degli Stati Uniti.
Gli agricoltori e gli allevatori Lo stabilisce la nuova
“dichiarazione di intenti”, in
della Federazione europea
vigore dal 1 ottobre, irmata tra
dei produttori di latte (Emb), il dipartimento del commercio
OLIVIER HOSLEt (EPa/CORBIS)
cresce in modo esponenziale e
non è più concentrato negli Stati
Uniti. Nel mondo ci sono quasi
200 milioni di domini, che
generano un giro d’afari di 2,5
miliardi di dollari all’anno. La
nuova intesa, tuttavia, non
accontenterà paesi come Cina,
Russia e Iran, che vogliono
un’Icann completamente
autonoma dalla Casa Bianca”.

che raggruppa più di statunitense e l’Internet

centomila aziende, sono in corporation for assigned names
sciopero da quasi due and numbers (Icann), CRISI

settimane. Chiedono alla l’organismo che gestisce il

sistema degli indirizzi internet.
I poteri
Commissione europea più
aiuti per fermare il crollo del
L’Icann, scrive il Financial dell’Fmi
Times, resta legata a
prezzo del latte provocato dalla crisi. Il 5 ottobre gli Washington ma, come chiesto Il 7 ottobre si è chiuso a Istanbul
allevatori hanno invaso Bruxelles, versando migliaia di dall’Unione europea, dai paesi il meeting annuale del Fondo
litri di latte davanti alle sedi delle istituzioni europee (nella emergenti e dalle associazioni monetario internazionale (Fmi)
foto). Proteste simili sono state inscenate nelle scorse di utenti, sarà sottoposta al e della Banca mondiale. “I
settimane davanti a latterie e istituzioni locali in Francia, controllo di commissioni che salvataggi coordinati dall’Fmi
Belgio e Svizzera. L’Emb, spiega La Tribune, chiede di rappresentano più di cento durante la crisi”, scrive Die
paesi. La riforma, aggiunge Tageszeitung, “hanno ridato
aumentare i fondi stanziati per comprare la produzione di
l’Economist, “arriva mentre il importanza all’organismo, che
latte in eccesso rispetto alle quote issate dall’Unione numero di indirizzi e di domini ora chiede più risorse e una
europea. Ma ritiene “insuicienti” le proposte avanzate riforma che dia più importanza
Numero di nomi di dominio a livello
inora dalla commissaria all’agricoltura Mariann Fischer mondiale, milioni ai paesi emergenti, raforzando
Boel, che ha “avviato la procedura per versare ino a 15mila 200
la legittimità dell’Fmi nel
euro ai produttori in diicoltà entro la ine del 2010”. mondo. Brasile, Cina, India,
Bruxelles, continua il quotidiano francese, ha adottato il 150 Russia e altri trenta paesi
chiedono che sia ridotto il peso
progetto francotedesco di regolamentazione del settore, 100 di Stati Uniti e Unione europea”.
che ha già ottenuto “l’adesione di 19 paesi membri su 27. Le giornate del meeting sono
50
Secondo il piano, i prezzi dovranno essere negoziati tra i state caratterizzate dalle
produttori da un lato e le latterie e i caseiici dall’altro”. E 0 manifestazioni dei movimenti
per quanto riguarda le quote latte, Bruxelles ha annunciato 2004 2005 2006 2007 2008 2009 della sinistra radicale contro le
la loro completa abolizione entro il 2015. u Fonte: The Economist politiche neoliberiste dell’Fmi.
Gli scontri con la polizia hanno
portato all’arresto di almeno 128
Il numero Tito Boeri manifestanti.

104 miliardi di euro IN BREVE

Gli americani più ricchi
Patrimonio in miliardi di dollari

Con il Patto per la salute per il
2010 il governo vuole stanzia-
re 104 miliardi di euro per sod-
disfare il fabbisogno del servi-
zio sanitario nazionale. Secon-
do le regioni ci vogliono alme-
no altri sette miliardi. La pro-
posta, inoltre, ignora questioni
come la qualità del servizio e i
problemi dei bilanci regionali
nel nuovo quadro del federali-
smo iscale. C’è la possibilità
di aumentare il ticket e di abo-
lire ogni forma di esenzione
per ripianare i buchi di bilan-
cio. Ma in questo modo il ti-
cket diventa uno strumento di
inanziamento della spesa che
impone un prelievo difuso e
iniquo, perché ricade soprat-
tutto sui malati cronici.
La bozza del governo indi-
ca anche i livelli massimi di
posti letto nelle strutture resi-
denziali per gli anziani, senza
aggiungere indicazioni per
l’assistenza domiciliare e pre-
cisando che le eventuali ecce-
denze resteranno a carico dei
bilanci regionali. Per quanto
riguarda l’assistenza ospeda-
liera, che copre quasi la metà
della spesa sanitaria, entro il Bill Gates 50,0
2011 le regioni dovranno ridur- Warren Bufet 40,0
re i posti letto a quattro ogni Lawrence Ellison 27,0
mille abitanti, raforzando il Christy Walton 21,5
processo di de-ospedalizza- Jim Walton 19,6
zione. Inine, bisogna attuare alice Walton 19,3
tagli al personale. Robson Walton 19,0
Le tensioni con le regioni Michael Bloomberg 17,5
rischiano di inasprirsi soprat- Charles Koch 16,0
tutto sul tema delle risorse, ri-
Fonte: Forbes
ducendo il confronto a una ri-
vendicazione economica. Stati Uniti Bill Gates è ancora
Vengono così ignorati i proble- l’americano più ricco secondo la
mi che un vero patto per la tu- classiica Forbes 400. Ma il suo
tela della salute dovrebbe af- patrimonio vale sette miliardi di
frontare. (con lavoce.info) u dollari meno rispetto al 2008.

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 99

Annunci

100 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009

 Annunci

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ROMA 17 OTTOBRE 2009

PIAZZA DELLA REPUBBLICA - 14.30
per adesioni: comitatoroma17ottobre@gmail.com
www.17ottobreantirazzista.org

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 101

Strisce
ora che sono dio io, John Travolta, e non sono
è meglio dare al giuro solennemente raddoppiate solo neanche
mondo un'immagine di svolgere queste. a me.
che mi somigli il mio mandato ma che
di più. di presidente figata!
degli Stati Uniti...
Neil Swaab/Stati Uniti

porca zozza, non

abbiamo superato te l'avevo detto che
il test per "biscotti" non era la
ottenere il risposta giusta
Mr Wiggles

marmocchio. alla domanda

su cosa dargli scappa!
a colazione. aaargh!
Joey Alison Sayers/Stati Uniti

SONO COSÌ STUFO DEL FATTO
CHE TUTTA LA CITTÀ MI CHIAMA
LO SPAZZINO. NON CAPISCO,
IO FACCIO IL DENTISTA.
Thingpart
JIM, NOI TI CHIAMIAMO SPAZZINO MA NON È VERO,
ODDIO, PENSI CHE SIA LA MIA PAURA
PERCHÉ LA TUA CASA È FATTA DI NON SIAMO SPOSATI. DI IMPEGNARMI CHE MI FA PERDERE
SPAZZATURA, MANGI SPAZZATURA
TUTTI I MIEI PAZIENTI?
E TUA MOGLIE È UNA PILA DI
SPAZZATURA CON UNA PARRUCCA
IN TESTA.

In parole povere, il tuo cane è già

Ehi Dan... Ti dispiacerebbe darmi una mano?
Devo dare l'insulina al mio povero cane
e dovresti aiutarmi a tenerlo fermo
mentre gli faccio l'iniezione.
Max Cannon/Stati Uniti
Red Meat
Non c'è problema, Ted. Anzi, come molti
professionisti del latte degni di questo nome,
ho anticipato le richieste del mio cliente
e mi sono già occupato della situazione.
completamente immobilizzato e pronto
per una grossa siringa di morfina.
Ehm.. È insulina.

Credo di non capire.

Be', sarebbe disumano non dargli
della morfina, visto che è bloccato sotto
la ruota anteriore del mio furgoncino.

ALLORA CON ANITA

FAI SUL SERIO!
ANITA è UNICA!
EH… COSA VUOI
CHE TI DICA…?
Liniers/Argentina
Macanudo

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 103

IN EDICOL A

www.espressonline.it
 Rob Brezsny

L’oroscopo
COMPITI PER TUTTI
Prova a fare gli esercizi terapeutici del mio libro
La pronoia è l’antidoto alla paranoia.

BILANCIA Milosz ha vissuto per più di qua- CAPRICORNO

rant’anni a Berkeley, in California, Il mio collega John è un otti-
Sulla mia nuova casa il sole splende più luminoso.
continuando a scrivere in polacco, mo psicoterapeuta e anche
Quella vecchia somigliava a una caverna ed era circon- la sua lingua madre. Il poeta islan- suo padre si occupa di psicanalisi.
data da alberi altissimi. Adesso il mio nuovo spazio vi- dese Stephan G. Stephansson ha Quando qualcuno gli chiede se suo
tale è circondato solo dal cielo ed è bagnato dai raggi del sole passato quasi tutta la vita in Cana- padre lo ha aiutato a capire meglio
dall’alba al tramonto. Come potrai immaginare, Bilancia, le mie da, ma ha sempre scritto nella sua la psiche umana, risponde con una
piante hanno bisogno di bere molto di più. Prima le innaiavo lingua. Questi personaggi mi fan- vecchia massima: “Il iglio del cia-
una volta alla settimana, adesso devo farlo un giorno sì e uno no. no pensare alla situazione in cui ti battino cammina scalzo”. È suc-
Secondo la mia lettura dei destini astrali nei tuoi ritmi si sta veri- trovi adesso: cerchi di fare quello cesso qualcosa di simile anche nel-
icando un cambiamento simile. Metaforicamente parlando an- che ti viene spontaneo in un posto la tua vita, Capricorno? C’è un ta-
molto diverso da quello in cui hai lento, un sapere, un’abilità che
che tu stai per ricevere più luce e più calore.
imparato a essere spontaneo. Ma avresti dovuto ereditare ma non fa
questa sensazione di spiazzamen- parte del tuo patrimonio? L’am-
ARIETE questo momento, Gemelli, hai il to potrebbe essere la chiave del tuo biente in cui sei cresciuto ti ha sot-
In una lettera a un amico, il potere di reinventare il tempo da successo. tratto un dono naturale ? Le prossi-
poeta Stéphane Mallarmé solo. Chiediti quali sono le tre cose me settimane saranno il momento
scrisse questa frase: “Non so quale che potresti fare per smettere di SCORPIONE ideale per cominciare a riprenderti
dei miei climi interiori dovrei lottare contro il tempo e comincia- Le buone azioni che farai dalla tua perdita e guardare a tutte
esplorare per trovarti e venirti in- re ad amarlo di più. nei prossimi 21 giorni po- le cose positive che ti aspettano.
contro”. Adoro questo passo. Evo- trebbero bastare a risparmiarti
ca un aspetto importante: la quali- CANCRO l’inferno per sempre. Sembra che ACQUARIO
tà della nostra coscienza è cruciale La tua metafora della setti- Dio stia per sottoporti a una serie Facciamo inta che un regi-
per stabilire se saremo capaci di mana è la minestra. Da un di prove che ti daranno la possibili- sta indipendente ti abbia se-
produrre le risorse che servono a punto di vista simbolico è il model- tà di accumulare un karma subli- guito e ripreso per realizzare un
realizzare i nostri sogni. Per otte- lo che dovresti usare per tutto me. Che dici? Non credi che esista- ilm sulla tua vita. La prossima set-
nere quello che vogliamo dobbia- quello che fai. Forse dovresti an- no né Dio né l’inferno? Allora met- timana si troverà di fronte a un di-
mo lavorare su noi stessi e sul che mangiare un po’ di minestra tiamola così: grazie alle tue prossi- lemma, perché ci saranno sviluppi
mondo che ci circonda. Questo na- ogni giorno. Il tuo subconscio rice- me buone azioni i peccati che hai imprevisti. Non è che i protagonisti
turalmente è sempre vero, ma in verà suggerimenti importanti su commesso inora non macchieran- reciteranno male la loro parte, ma
questo momento, Ariete, per te lo come mescolare ingredienti diver- no la coscienza del mondo e non potrebbero non essere coerenti
è ancora di più. si e fare in modo che il valore del saranno scontati dalla prossima con quello che hanno fatto inora.
tutto superi quello della somma generazione. Potrebbero anche esserci intrusio-
TORO delle parti. Non solo in cucina, ma ni anomale nelle scene principali,
C’è qualcosa nella tua vita in tutti i campi della vita accosterai SAGITTARIO per esempio un insetto che atterra
che in realtà non ti interessa molte cose eterogenee in una com- Nel 1968 Aleksandr Sol- sul tuo naso durante una conversa-
ma da cui non riesci ancora a sepa- binazione più interessante. zhenicyn inì di scrivere il zione molto intensa. Ma non posso
rarti? Una situazione che ti dà un suo libro Arcipelago Gulag, in cui fare a meno di chiedermi se questo
piacevole senso di benessere per- LEONE denunciava l’oppressione subita capitolo della storia non sarà parti-
ché ti è familiare, ma ti costa cara Cambia password. Prendi sotto il regime dell’Unione Sovie- colarmente intrigante proprio per
in termini emotivi e non serve alla una strada diversa per tor- tica. Il libro rimase all’indice per questo motivo.
realizzazione dei tuoi sogni? La nare a casa. Fai una domanda che anni e in Russia fu pubblicato ui-
prossima settimana sarà il mo- non hai mai fatto. Inventati un cialmente solo nel 1989. Ma anche PESCI
mento ideale per cambiare il tuo nuovo soprannome. Scegli un nuo- in seguito il governo di Mosca ha “La tenerezza e il marciume
rapporto con questa cosa. Se ti vo numero fortunato. Rendi più cercato di controllare quello che coninano tra loro”, scrive la
sforzerai di disperdere l’energia diicile etichettarti. Assaggia qual- veniva insegnato nei corsi di storia poetessa statunitense Kay Ryan.
stagnante che ti tiene intrappolato, cosa che non hai mai mangiato. e ha vietato l’uso di libri di testo “E il marciume è un vicino aggres-
farai dei grandi progressi. Scopri perché una delle tue opinio- come quello di Solzhenicyn. sivo, che con la sua iridescenza
ni potrebbe essere sbagliata. Ag- Quest’anno la situazione è cam- cerca continuamente di violare il
GEMELLI giungi un altro gesto al rituale con biata: Arcipelago Gulag è diventato conine”. Il tuo compito per la
Una mia amica new age è si- cui ti prendi cura del tuo corpo. Ri- una lettura obbligatoria nelle prossima settimana, Pesci, è raf-
ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI

cura che i Sette signori del scopri una persona al cui fascino scuole superiori. Forse un giorno forzare quella frontiera, con un tri-
internazionale.it/oroscopo

tempo si riuniranno di nuovo nel
loro santuario sull’Himalaya il 21
dicembre 2012 e reinventeranno il
tempo, come hanno fatto nel 3114
avanti Cristo. Non so se è vero, ma
se lo è posso solo dire “alleluia !”.
Reinventare il tempo farebbe bene
a tutti. Ma a questo grande evento
mancano ancora tre anni. Cosa
possiamo fare nel frattempo? In
sei diventato insensibile. Sorpren-
diti almeno una volta al giorno.
VERGINE
Uno dei più grandi poeti tur-
chi moderni è stato Seyfet-
tin Bascillar, che per molti anni ha
lavorato come ispettore delle carni
nel New Jersey, dove è morto nel
2002. Il premio Nobel Czeslaw
qualcosa del genere succederà an-
che negli Stati Uniti e la storia al-
ternativa raccontata da Howard
Zinn e Noam Chomsky sarà inse-
gnata nelle scuole. Questo cam-
biamento è una metafora degli av-
venimenti che si veriicheranno
molto presto nella tua vita, Sagit-
tario: la verità che sembrava per-
duta sarà inalmente rivelata.
plo muro, se sarà necessario. Così
il marciume non potrà contagiare
la tenerezza. In questo momento è
particolarmente importante che la
dolce, profonda intimità che regali
e ricevi dagli altri non sia corrotta
dalla falsità o dal sentimentalismo.
Ti consiglio di stimolare l’afetto
più intelligente che tu abbia mai
provocato.

Internazionale 816 | 9 ottobre 2009 105

 L’ultima
SINFroNIo, DIArIo Do NorDeSte, BrASILe

olimpiadi a rio de Janeiro.

“Non sapete quanta ginnastica ho fatto”.

eL roto, eL PAíS, SPAGNA

“La cosa peggiore è non sapere se arriva o se ne va”.

DILem, LIBerté, ALGerIA

Scoperte alcune bombe-supposta.

“È Al Qaeda a usare questo nuovo metodo”. “Fiuu”.
GLez, Le JourNAL Du JeuDI, BurkINA FASo

DIFFee

Guinea: Dadis Camara e il potere. “I primi sei sono per le pallottole.

“In onda fra trenta secondi”. Questo per il burro di cacao”.

Le regole I parigini
1 Non è vero che a Parigi sono tutti odiosi: gli immigrati e il personale di Disneyland sono persone
squisite. 2 Quando chiedi un’informazione in inglese, il parigino risponde in francese. Quando la
chiedi in francese, lui risponde in inglese. 3 Se ti guardano male perché sei italiano, informali che
andavi alle medie con il cugino di Carla Bruni. 4 Per vedere un parigino davvero innervosito,
chiedi a un passante dov’è la Bastiglia. 5 Se pensi che i parigini ti trattino con suicienza, sappi che
i marsigliesi ti prenderebbero direttamente a testate. regole@internazionale.it

106 Internazionale 816 | 9 ottobre 2009

Vorrei un caffè
corretto.
Il gusto amaro che senti nel tuo caffè nasce da una miscela
sapiente di sfruttamento, avidità e malgoverno.
Il prezzo del caffè aumenta ma peggiorano le condizioni
di lavoro e di vita in cui sono tenuti i contadini che
lo producono. ActionAid lotta da anni al loro fianco,
unisciti a noi per chiedere ai governi e alle multinazionali
del settore di garantire i diritti di tutti nella produzione.

Per un caffè più buono vai su www.actionaid.it

o scrivi ad attivismo@actionaid.org