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Esprit

95
ISBN: 978-88-99433-90-1
Finito di stampare nel mese di Dicembre 2017
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PLATONE NEL
PENSIERO MODERNO
E CONTEMPORANEO
Vol. XIII

a cura di
Andrea Muni
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STEFANO ZEN

RISCOPERTA DI PLATONE E TEOLOGIE


DELLA RIFORMA: IL CASO DI THOMAS MÜNTZER
TRA MILLENARISMO E CRISTIANESIMO
RIVOLUZIONARIO
STEFANO ZEN

UTOPIA E CRISTIANESIMO RISCOPRONO PLATONE

Nel dicembre del 1516 Thomas More pubblicò a Lovanio, con


l’aiuto editoriale del suo amico Erasmo, il dialogo De optimo reipu-
blicae statu deque nova insula Utopia, destinato a diventare il testo
più famoso e influente dell’umanesimo inglese. In questo «libretto ve-
ramente aureo e non meno utile che divertente» – precisa argutamente
il sottotitolo – More delinea un modello di Stato perfetto posto nel fu-
turo storico e fondato su rigorosi principî egualitari, sull’abolizione
della proprietà privata, sulla comunione dei beni, sulla semplicità e ra-
zionalità delle leggi, sul pacifismo degli abitanti e sulla tolleranza re-
ligiosa1.
Elaborato piuttosto velocemente ad Anversa nell’estate del 1515 e poi
ultimato in Inghilterra con l’aggiunta del libro primo, l’operetta di

1
Sul fortunato Libellus vere aureus nec minus salutaris quam festivus e la personalità
del suo autore, si veda il sempre valido studio di J.H. Hexter, L‟Utopia di Moro. Bio-
grafia di un‟idea (1952), a cura di M. Fimiani, Napoli 1975; cfr., inoltre, R. Marius,
Thomas More. A Biography, London-Melbourne 1984 [ultima ed.: Cambridge (MA)-
London 1999]; G. Spini, Le origini del socialismo. Da Utopia alla bandiera rossa,
Torino 1992, pp. IX-XIV, 5-13 e passim; M.-C. Phélippeau, Thomas More, Paris 2016;
si veda anche Q. Skinner, Sir Thomas More‟s Utopia and the Language of Renaissan-
ce Humanism, in A. Pagden (a cura di), The Languages of Political Theory in Early-
Modern Europe, Cambridge 1987, pp. 123-157; sull’«intimo coinvolgimento di Era-
smo nel progetto» moreano, cfr. C. Ginzburg, Nessuna isola è un‟isola. Quattro
sguardi sulla letteratura inglese, Milano 2002, pp. 17-44: 19 (per la citazione testua-
le), 21, 27, 30-31 [l’ed. inglese è apparsa in anticipo con il titolo seguente: No Island
is an Island. Four Glances at English Literature in a World Perspective, New York-
Chichester 2000]; sulle relazioni tra Erasmo e More, E.E. Reynolds, Thomas More
and Erasmus, London 1965; H. Yoran, Between Utopia and Dystopia. Erasmus,
Thomas More, and the Humanist Republic of Letters, Lanham 2010.

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RISCOPERTA DI PLATONE E TEOLOGIE DELLA RIFORMA: IL CASO DI THOMAS MÜNTZER TRA MIL-
LENARISMO E CRISTIANESIMO RIVOLUZIONARIO

Thomas More vedeva la luce nel periodo in cui si affermava


l’umanesimo critico di Erasmo, che si rese fautore, tra l’altro, della ri-
scoperta dell’Antico Testamento e di un cristianesimo ricondotto ai
suoi più puri principî evangelici 2. A questa autentica rivoluzione cul-
turale si connette la riscoperta di Platone, a cui Marsilio Ficino aveva
dato a Firenze un contributo di straordinaria rilevanza con la traduzio-
ne latina dei suoi scritti, evento assurto poi a simbolo dell’umanesimo
fiorentino e del mecenatismo mediceo del Quattrocento. In questa cir-
costanza, il ‘divino’ Platone veniva filtrato attraverso l’interpretazione
in chiave mistica di Plotino, che servì da guida autorevole alla specu-
lazione filosofica degli umanisti legati a Ficino. Fu così che nella pe-
nisola italiana ebbe fortuna soprattutto Platone moralista e metafisico,
mentre gli umanisti d’Oltralpe concentrarono la propria attenzione in
modo particolare sulla Repubblica e sulle Leggi3.
La Repubblica di Platone era già conosciuta al pubblico di lingua lati-
na attraverso la versione realizzata nel 1402 da Emanuele Crisolora e
Uberto Decembrio, cui seguirono nell’arco di un triennio quella elabo-
rata nel 1441 da Pier Candido Decembrio e una seconda – giudicata la
migliore – redatta da Antonio Cassarino intorno al 1444, ma fu soltan-
to con la nuova edizione ficiniana del 1484 che il dialogo del filosofo

2
Su Erasmo, cfr. il classico studio di J. Huizinga, Erasmo (1924), tr. it. A. Vita, II ed.,
Torino 1983 [condotta sulla III ed. olandese (Haarlem 1936), tenendo conto delle cor-
rezioni introdotte nella III ed. tedesca (Basel 1936), di poco posteriore]; L.E. Halkin,
Erasmo (1987), tr. it. M. Garin, introduzione di E. Garin, Roma-Bari 1989; E. Garin,
Erasmo, S. Domenico di Fiesole 1988; L. D’Ascia, Erasmo e l‟Umanesimo romano,
Firenze 1991.
3
Sulla riscoperta umanistica di Platone, cfr. J. Hankins, La riscoperta di Platone nel
Rinascimento italiano (1991), tr. it. S.U. Baldassarri e D. Downey, Pisa 2009; J.
Hankins-F. Meroi (a cura di), The Rebirth of Platonic Theology. Proceedings of a
Conference Held at The Harvard University Center for Italian Renaissance Studies
(Villa I Tatti) and the Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, Florence, 26-27
April 2007, Firenze 2013; su Ficino e la filosofia platonica, si veda il breve e intenso
contributo di E. Garin, Marsilio Ficino e il ritorno di Platone, Figline Valdarno 2009;
cfr. anche A. Carlini, Marsilio Ficino e il testo di Platone, in S. Gentile-S. Toussaint
(a cura di), Marsilio Ficino. Fonti, testi, fortuna. Atti del Convegno internazionale di
studi, Firenze, 1-3 ottobre 1999, Roma 2006, pp. 25-64; G.C. Garfagnini (a cura di),
Marsilio Ficino e il ritorno di Platone. Studi e documenti, 2 v., Firenze 1986;
sull’umanesimo evangelico di Erasmo come «rivoluzione culturale» ha insistito Spini,
Le origini del socialismo, cit., pp. X-XI.

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STEFANO ZEN

greco trovò una sua stabilità sia sotto il profilo linguistico sia sotto
quello filosofico, ad iniziare dal titolo con il quale fu diffuso, De Re-
publica vel de iusto dialogi decem, in cui si sottolineava la centralità
conferita al tema della giustizia 4. Il dialogo platonico favorì nel tempo
una discussione ampia e approfondita sul concetto di giustizia, entran-
do così nel vivo della delicata questione della proprietà privata. Nella
concezione di Platone la comunità dei beni non è un regime universa-
le, ma è ristretta alla sola élite governante. Ai filosofi, giudicati in
grado di raggiungere la piena conoscenza della verità e assumere la
responsabilità del governo, si riserva una condizione sociale di rigoro-
so collettivismo, che va anche oltre la semplice comunione dei beni,
poiché include la sfera privata, quella familiare e la loro stessa condot-
ta sessuale. Il cosiddetto comunismo della Repubblica non richiede
tuttavia l’abolizione della proprietà privata per tutti i cittadini, ma sol-
tanto per la ristretta cerchia dei filosofi al governo. Il pensatore greco
decise tuttavia di rinunciare alla comunione dei beni quando, abban-
donata la riflessione sulla giustizia che aveva caratterizzato la Repub-
blica, passò nelle Leggi a delineare un modello immutabile di società
essenzialmente agricola, in cui risultano assenti le divisioni tra ricchi e
poveri, è proibita la circolazione dell’oro e dell’argento e lo Stato si
pone al servizio della verità religiosa, ossia della teologia. Nel propu-
gnare un regime di moralità assoluta, le Leggi riservano una particola-
re attenzione al sistema di norme penali ritenute necessarie nei casi di
manifesta empietà e disprezzo del divino, assumendo come fine politi-
co preminente la tutela del regno della virtù 5.
Tuttavia, fu proprio il comunismo dei beni delineato nella Repubblica

4
Cfr. M. Turchetti, La Repubblica di Platone nella Repubblica di Bodin. Note sul pla-
tonismo del Rinascimento, in L. Simonutti (a cura di), Forme del neoplatonismo.
Dall‟eredità ficiniana ai platonici di Cambridge. Atti del Convegno, Firenze, 25-27
ottobre 2001, Firenze 2007, pp. 179-198: 179.
5
La bibliografia su Platone politico è vastissima: cfr. i recenti contributi di G. Caser-
tano, Giustizia, filosofia e felicità. Un‟introduzione a La Repubblica di Platone, Ro-
ma-Ariccia 2015, e M. Borriello-A.M. Vitale (a cura di), Princeps philosophorum.
Platone nell‟Occidente tardo-antico, medievale e umanistico, Roma 2016. Per l’opera
di Platone ho tenuto presente in modo particolare l’edizione critica, ormai classica, di
John Burnet (Platonis Opera. Recognovit brevique adnotatione critica instruxit Ioan-
nes Burnet [1900-1907], 5 v., Oxford 1983-1985) e Platone, Tutti gli scritti, a cura di
G. Reale, Milano 2000.

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RISCOPERTA DI PLATONE E TEOLOGIE DELLA RIFORMA: IL CASO DI THOMAS MÜNTZER TRA MIL-
LENARISMO E CRISTIANESIMO RIVOLUZIONARIO

a esercitare un fascino profondo su Thomas More e su quanti aderi-


ranno alla sua visione utopistica. Difatti, partendo da un’analisi attenta
e per certi versi impietosa delle condizioni economiche e sociali
dell’Inghilterra del tempo, l’umanista inglese colloca su un piano di
assoluta uguaglianza tutti gli abitanti dell’isola di Utopia. More rimo-
dellò dunque il collettivismo minoritario platonico alla luce di una vi-
sione egualitaria saldamente radicata negli Atti degli Apostoli, esten-
dendo all’intera società di Utopia la proposta elitaria formulata da Pla-
tone6. D’altra parte, va ricordato che nella Città del Sole di Tommaso
Campanella, concepita nel mito rinascimentale di Platone e
dell’Utopia di More, sono in comune l’allevamento e l’educazione dei
fanciulli. Il filosofo calabrese, ritenendo ancora valida la corrispon-
denza moreana tra uguaglianza e giustizia, sostiene che la proprietà sia
la vera fonte della disuguaglianza e di conseguenza si debba indivi-
duare nella ricchezza l’elemento corrosivo e di disgregazione sociale
di ogni comunità; il solo antidoto in grado di contrastare una simile
sciagura politica è la comunanza dei beni, come si può rilevare dalla
storia istruttiva dell’antica Roma: «nella repubblica romana, quando i
cittadini erano poveri e la repubblica ricca, tutti volevano morire per la
patria; quando poi i cittadini furono ricchi, ciascuno avrebbe ammaz-
zato la patria pel proprio vantaggio» 7.
Ma già con Erasmo lo studio critico del Nuovo Testamento aveva

6
Sui rapporti di More con la tradizione platonica, cfr. J-Y. Lacroix, L‟Utopia de Tho-
mas More et la tradition platonicienne, Paris 2007; C. Starnes, The New Republic. A
Commentary on Book I of More‟s Utopia Showing Its Relation to Plato‟s Republic,
Waterloo (Ontario) 1990; per il suo approccio alla Scrittura, è ancora utile G.
Marc’Hadour, Thomas More et la Bible. La place des livres saints dans son apologé-
tique et sa spiritualité, Paris 1969.
7
Tommaso Campanella, Questioni sull‟ottima republica, in Id., Opere, scelte e anno-
tate da A. D’Ancona, II, Torino 1854, pp. 287-310: 306; questo testo costituisce la
traduzione in lingua italiana della Quaestio quarta delle Quaestiones politicae cam-
panelliane, edite in Id., Disputationum in Quatuor partes suae philosophiae realis li-
bri quatuor, Parisiis, ex typographia Dionysii Houssaye, 1637; sulle Quaestiones poli-
ticae, cfr. in particolare L. Firpo, Bibliografia degli scritti di Tommaso Campanella,
Torino 1940, p. 94; su Campanella e l’Utopia di More, Spini, Le origini del sociali-
smo, cit., pp. 83-95: 89-90; per il dibattito sulla proprietà privata nella prima età mo-
derna, a partire dalla pubblicazione dell’Utopia, si veda M. Cambi, Il prezzo della
perfezione. Diritto reati e pene nelle utopie dal 1516 al 1630, presentazione di F. Tes-
sitore, Napoli 1996, pp. 29-86.

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STEFANO ZEN

condotto alla riscoperta della protesta cristiana contro i soprusi e le


angherie dei potenti, espressa non tanto in termini ascetico-
pauperistici, ma di riforma complessiva della società, in analogia con
quanto si leggeva nella Repubblica platonica. La stessa polemica era-
smiana contro la guerra, condotta in particolare nell’adagio Dulce bel-
lum inexpertis, si alimentava di elementi tipici della protesta sociale 8.
È poi un fatto che nel 1524 si pubblicava a Basilea, nella stamperia di
Johann Bebel, la traduzione tedesca del secondo libro di Utopia grazie
alla solerte iniziativa dell’erasmiano Claudio Cantiuncula, che per for-
za di cose avvicinava alle seducenti posizioni moreane lettori di più
modesta cultura e a digiuno della lingua latina, proprio mentre esplo-
deva la tragica rivolta dei contadini appoggiata dal teologo Thomas
Müntzer9.
Pur non essendo il dialogo di Utopia un manifesto dichiaratamente ra-
dicale, è interessante rilevare come la sua apparizione coincida con
momenti di straordinaria tensione rivoluzionaria. Al pari di Erasmo,
More era però contrario alle dispute e alle divisioni religiose e semmai
sostenitore di una morale cristiana che non fosse in contrasto con
quella naturale. L’esercizio stesso della ragione non lascia spazio
all’autorità della fede e viene da lui concepito sul fondamento umani-
stico della dignitas hominis, ossia nell’autonomia di pensiero e di co-
scienza. Sulla scia di una tradizione che va da Cicerone (De natura deo-
rum, I, 11, 8-15) a Lattanzio (De falsa religione, I), senza trascurare
quanto scrive Cesare sui diversi culti praticati dai Galli (De bello Galli-
co, VI, 17) e Tacito su quelli dei Germani (Germania, 9), Thomas More
spiega che tra gli Utopiani la verità rivelata non occupa una posizione

8
Per il Dulce bellum inexpertis, si veda Erasmo da Rotterdam, Adagia. Sei saggi poli-
tici in forma di proverbi, a cura di S. Seidel Menchi, Torino 1980, pp. 196-285; sui
contesti di riferimento, cfr. l’ampia Introduzione della curatrice, ivi, pp. VII-LXIV, e J.-
C. Margolin, Erasme et la guerre contre les Turcs, «Il pensiero politico» 13 (1980),
pp. 3-38.
9
Su Müntzer e la guerra dei contadini, cfr. P. Blickle, La riforma luterana e la guerra
dei contadini. La rivoluzione del 1525 (1975), tr. it. C. Tommasi, Bologna 1983; T. La
Rocca (a cura di), Thomas Müntzer e la rivoluzione dell‟uomo comune, introduzione
di M. Miegge, Torino 1990; Spini, Le origini del socialismo, cit., pp. 14-30; S. Zen,
Lutero, Müntzer e la guerra dei contadini: l‟accusa di banditismo come delegittima-
zione della Riforma radicale, in Banditi e banditismo, «Chronica Mundi» 11/1 (2016),
pp. 9-37, e altri contributi segnalati infra.

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RISCOPERTA DI PLATONE E TEOLOGIE DELLA RIFORMA: IL CASO DI THOMAS MÜNTZER TRA MIL-
LENARISMO E CRISTIANESIMO RIVOLUZIONARIO

privilegiata: ciascuno vive pacificamente secondo natura, rispettando


ogni forma di culto religioso. Tuttavia, la maggioranza degli abitanti di
Utopia si orienta verso una sorta di deismo razionalistico e crede
nell’esistenza di un Essere supremo radicato ontologicamente nella sfe-
ra della natura. Nella parte in cui prende in esame le religioni degli Uto-
piani, l’umanista inglese fa infatti osservare:

Si praticano religioni diverse non solo nell’ambito dell’isola, ma anche in seno


alle singole città, perché taluni venerano come divinità il sole, altri la luna, altri
i pianeti, e ve ne sono di quelli che onorano come dio, anzi come dio supremo,
un qualche uomo che abbia brillato per virtù o rinomanza. Ma una parte di loro,
che costituisce la stragrande maggioranza ed è anche di gran lunga la più sag-
gia, escludendo tutte queste divinità, ritiene che esista un unico Iddio incono-
scibile, eterno, immenso, inesplicabile, superiore alle possibilità di compren-
sione della mente umana, diffuso nell’intero nostro universo con la sua potenza
immateriale; ad esso assegnano il nome di padre.10

La diffusione europea di Utopia non conobbe sostanziali battute


d’arresto e avvenne, tra l’altro, senza farsi condizionare da steccati ideo-
logici o barriere confessionali, favorita com’era dalle numerose ristam-
pe che fecero seguito alla prima edizione di Lovanio, a partire da quella
parigina del 1517, curata da Thomas Lupset, le quali contribuivano a
promuovere l’«aureo libretto» anche negli ambienti più prossimi allo
spirito della Riforma. L’edizione stampata a Basilea nel 1518 poteva
tra l’altro esibire, a mo’ di premessa, una lettera dell’umanista tedesco
Beato Renano, in rapporto costante con Erasmo fin dal 1511, che tra-
suda lodi sincere nei confronti dell’autore inglese. Wolfgang Köpfel,
meglio noto col nome umanistico di Capitone, che di lì a poco si porrà
a Strasburgo alla guida della Riforma, ne segnalava la ristampa basi-
leese – preparata con grande cura dal Froben – all’amico Lutero, il
quale a sua volta incaricava il confratello Johannes Lang, a quel tempo
priore degli agostiniani di Erfurt, di farla acquistare tempestivamente
alla fiera annuale di Francoforte del 1518, avendo un desiderio irrefre-
nabile di leggerla: «Utopiam Morinam sitio» («ho sete dell’Utopia di

10
Si cita dalla seguente edizione: Thomas More, Utopia (1516), a cura di L. Firpo,
Napoli 1981 [I ed.: Napoli 1979], p. 282.

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STEFANO ZEN

More»), gli scriveva non senza enfasi il teologo di Wittenberg 11. A su-
scitare particolare interesse tra i suoi lettori era soprattutto la conce-
zione del comunismo dei beni, che l’erasmiano Beato Renano – in una
nota lettera a Zwingli – riscontrava non a caso nel cristianesimo evan-
gelico, elevandola a suo principio di fondo e assimilandola all’analogo
ideale teorizzato da Platone nella Repubblica12.
Occorre rilevare che già il teologo e filologo Jacques Lefèvre
d’Étaples, anticipando More e la sua Utopia, aveva offerto un contri-
buto non irrilevante alla diffusione rinascimentale di Platone.
L’umanista transalpino non poteva dirsi un suo ammiratore in senso
stretto, ma piuttosto un biblista e uno studioso della patristica greca,
commentatore autorevole delle opere di Aristotele nonché editore di
Niccolò Cusano e di autori mistici medioevali. In un volume dato alle
stampe il 5 agosto del 1506, contenente per l’appunto un suo commen-
to alla Politica e all’Economia di Aristotele, Lefèvre d’Étaples sinte-
tizzò il pensiero politico di Platone nelle Ecatonomie, una sorta di or-
dinata compilazione manualistica condotta sulla traduzione latina di
Ficino e strutturata in sette libri, ciascuno dei quali consta di cento re-
gole desunte dalla Repubblica e dalle Leggi. L’opera dell’umanista
francese, più volte riedita nell’arco di un trentennio, ebbe grande for-
tuna nel mondo giuridico e circolò anche in ambienti intellettuali vici-
ni alla Riforma e all’evangelismo umanistico13. Tra gli altri, era nota

11
Cfr. Spini, Le origini del socialismo, cit., pp. 14-15. Su Lutero, mi limito a ricordare
i contributi di R.H. Bainton, Martin Lutero (1950), tr. it. A. Comba, introduzione di
A. Prosperi, prefazione di D. Cantimori, Torino 2013; M. Lienhard, Martin Luther.
Un temps, une vie, un message, Genève 1983; M. Miegge, Martin Lutero (1483-
1546). La riforma protestante e la nascita delle società moderne, Torino 2013.
12
Beato Renano vede realizzarsi nell’Utopia di More il vero cristianesimo e la giusti-
zia sociale, che è poi desunta da Platone: «[…] missum in terra a Deo Christum ut do-
ceret nos […] pacem et concordiam ac pulchram rerum omnium communionem qua-
lem olim Plato, magnis adnumerandus prophetis, utcumque in sua Republica somnias-
se visus est». Beato Renano a Huldrych Zwingli, 6 dicembre 1518, in A. Horawitz- K.
Hartfelder (a cura di), Briefwechsel des beatus Rhenanus (1886), Nieuwkoop 1966, p.
124, n. 81.
13
L’intitolazione dell’opera di Lefèvre d’Étaples è la seguente: Aristotele, Contenta
Politicorum libri octo. Commentarii. Economicorum duo. Commentarii. Hecatono-
miarum septem. Economiarum publ. unus. Explanationis Leonardi [i.e. Leonardo
Bruni] in oeconomica duo, apud Parisios, ex officina Henrici Stephani, 1506; il nome
di Aristotele e del suo commentatore transalpino figurano nella prefazione. Sulla sua

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RISCOPERTA DI PLATONE E TEOLOGIE DELLA RIFORMA: IL CASO DI THOMAS MÜNTZER TRA MIL-
LENARISMO E CRISTIANESIMO RIVOLUZIONARIO

allo stesso More e con ogni probabilità anche a Calvino, su cui può
dirsi certa l’influenza dei dialoghi politici di Platone. Non a caso, il
Concistoro calvinista richiamava assai da vicino il modello del Consi-
glio notturno delineato nelle Leggi. Difatti, Calvino si rifaceva alle
Leggi di Platone (IV, 719-723b) per giustificare un punto-cardine del
suo programma riformatore: la città razionale è davvero tale quando
accetta di buon grado la legge di Dio, poiché il compito supremo del
legislatore è quello di realizzare il trionfo definitivo del bene sulle
provvisorie forze del male. E tale assunto Calvino si sforzò di applica-
re a Ginevra, che sembrava con lui essere diventata «Utopia avvera-
ta»14.
Anche Zwingli, come il suo amico Beato Renano, riteneva che tra le
caratteristiche peculiari del cristianesimo ci fosse la comunione dei
beni, mostrandosi nel contempo sensibile al fascino dei cambiamenti
politici e sociali ispirati dalle idee di Platone, Erasmo e Thomas More.
Sul piano dottrinale la teologia di Zwingli collima in parte con quella
luterana: sacerdozio universale dei credenti e giustificazione per gra-
zia – e non attraverso le opere – costituiscono infatti il nucleo basilare
della sua dottrina. Zwingli era tuttavia di formazione umanistica e
nell’analisi dei sacramenti introduce uno spiritualismo critico di deri-
vazione erasmiana. Più di altri riformatori coevi era dotato di senso
politico e a Zurigo riuscì ad attuare compiutamente i suoi progetti di
riforma, finalizzati a instaurare un regime di austerità morale sul mo-
dello di Platone e dell’Utopia di More. Del resto, Zwingli aveva mu-
tuato proprio da Platone la visione di uno Stato concepito essenzial-
mente come regno della verità e della pubblica moralità. Inoltre, oc-
corre rilevare che se a Zurigo non si era giunti ad abolire la proprietà
privata, la risoluzione di socializzare le rendite degli Ordini religiosi
costituiva in ogni caso una concessione evidente al comunismo dei

personalità di studioso, cfr. J.-Fr. Pernot (a cura di), Jacques Lefèvre d‟Etaples
(1450?-1536). Actes du Colloque d’Etaples les 7 et 8 novembre 1992, Paris 1995; per
l’influsso di Platone, S. Cavazza, Platonismo e riforma religiosa: la „theologia vivifi-
cans‟ di Jacques Lefèvre d‟Étaples, «Rinascimento», 22 (1982), pp. 99-149.
14
L’efficace espressione si deve a Spini, Le origini del socialismo, cit., pp. 66-80: 66
(cfr. anche pp. 73-76); sulla rivoluzione ermeneutica di Calvino, oppositore delle ap-
plicazioni millenaristiche ed eversive della profezia di Daniele, si veda M. Miegge, Il
sogno del re di Babilonia. Profezia e storia da Thomas Müntzer a Isaac Newton, Mi-
lano 1995, pp. 69-90.

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STEFANO ZEN

beni, la cui matrice di fondo rinviava – prima ancora che a More – alla
concezione delineata nella Repubblica. Quando poi nel 1525 si deter-
minò la frattura tra Zwingli e la comunità anabattista, non deve mera-
vigliare se proprio Platone – fautore in politica della pena di morte nei
reati contro la religione – veniva apertamente chiamato a legittimare
una lunga serie di sentenze capitali emesse dal Consiglio di Zurigo
contro gli anabattisti e la Riforma radicale 15.
Martin Butzer, altro futuro riformatore di Strasburgo, si vantava
anch’egli di possedere Utopia fin dal 1518, il che non doveva destare
eccessivo stupore se si considera che il suo trattato De regno Christi,
nel proporre un programma ampio e dettagliato di riforma sociale, at-
tingeva a piene mani sia da Thomas More sia da Platone. Buona parte
del suo progetto di rilancio strategico dell’agricoltura e di incremento
dell’industria tessile, cartaria e mineraria evidenzia coincidenze non
occasionali con la fortunata visione moreana. Tuttavia, a proposito
dell’impiego dei mercenari, Butzer prende le distanze dall’Utopia di
More per aderire al modello platonico (Leg., v, 732). Da Platone deri-
va anche la convinzione che i buoni agricoltori sono in grado di tra-
sformarsi in buoni soldati (Resp., III, 415b-c; e cfr. IV, 425c-d). Anco-
ra più aderente al modello platonico è la parte del De regno Christi
dedicata al commercio, in cui è evidente il disegno di vincolare la
programmazione economica al rispetto di severe norme morali. In
questo contesto, Butzer si attiene a Platone quando chiede di limitare
il traffico dei beni di lusso, con l’obiettivo di scoraggiare ogni forma
di sperpero o di edonismo e far dunque prevalere il pubblico interesse
su quello individuale (Leg., XI, 916d-917c). Da qui il caloroso invito –
mutuato ancora da Platone – di darsi al commercio soltanto quando si
è inidonei alle arti liberali o semplicemente poco adatti agli studi

15
Sulla complessa personalità di Zwingli, si veda Ulrico Zwingli, Scritti teologici e
politici, a cura di E. Genre-E. Campi, introduzione di P. Ricca, Torino 1985; cfr. an-
che Id., Scritti pastorali, a cura di E. Genre-F. Ferrario, Torino 1996; F. Ferrario, La
«Sacra ancora». Il principio scritturale nella Riforma zwingliana, 1522-1525, Torino
1993. Il concetto di ‘Riforma radicale’ fu coniato da Heinrich Bullinger, riformatore
zurighese e continuatore dell’opera di Zwingli, per indicare le posizioni più estreme
della Riforma non coinvolte dal processo di unificazione da lui stesso promosso
d’intesa con Calvino: cfr. in proposito C. Martinuzzi, “Riforma radicale” e violenza.
Riflessioni sulla spada temporale negli anni del Bauernkrieg, «Bollettino della Socie-
tà di studi valdesi» 213 (2013), pp. 3-43.

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RISCOPERTA DI PLATONE E TEOLOGIE DELLA RIFORMA: IL CASO DI THOMAS MÜNTZER TRA MIL-
LENARISMO E CRISTIANESIMO RIVOLUZIONARIO

(Resp., II, 371); oppure di optare per l’agricoltura, auspicando nel con-
tempo il ritorno della nobiltà alla salutare e sobria austerità dei tempi
passati (Leg., XI, 921a-b)16. Tuttavia, in materia di giustizia anche Bu-
tzer, come Zwingli, contrappone a Platone e all’Utopia di More la
conservazione della pena di morte nella legislazione penale, per cui
non deve meravigliare se lo stesso Campanella, in altro contesto, giun-
se a insinuare il sospetto che, finanche nel migliore dei mondi possibi-
li, «nessuno vorrebbe vivere sotto leggi ed osservanze così severe» 17.
I casi esemplari sopra descritti e le circostanze connesse alla riscoperta
dei dialoghi politici di Platone documentano come la diffusione euro-
pea di Utopia, nel promuovere ad ampio spettro le idee di Thomas
More, accendeva contestualmente il desiderio di tradurle in pratica,
passando dal piano della riflessione teorica a quello dell’attuazione
politica dell’utopia. Fu in particolare il grande fascino esercitato sui
contemporanei dalla rilettura moreana di Platone a far sì che le più va-
rie aspirazioni di rinnovamento religioso della cristianità si saldassero
con imprevedibili tensioni intellettuali e con sforzi individuali e collet-
tivi volti al cambiamento radicale della società, il che avvenne, come
nel caso emblematico di Müntzer, non senza tragiche conseguenze. 18

16
Sul De regno Christi, cfr. Spini, Le origini del socialismo, cit., pp. 54-65; sulla per-
sonalità del suo autore, E. Genre, Martin Bucer. Un domenicano riformatore, Torino
2010; B. Lugioyo, Martin Bucer‟s Doctrine of Justification. Reformation Theology
and Early Modern Irenicism, Oxford 2010.
17
Campanella, Questioni sull‟ottima republica, cit., p. 288. Per l’accenno al severis-
simo diritto delle comunità utopiche, si veda Cambi, Il prezzo della perfezione, cit.,
pp. 143-199, con ampia disamina delle pene previste per le diverse forme di devianza
e di criminalità.
18
Sulla fortuna italiana del Libellus moreano, cfr. L. Firpo, Thomas More e la sua for-
tuna in Italia, «Il pensiero politico» 2-3/9 (1976) , pp. 209-236; per quella europea, La
fortuna dell‟Utopia di Thomas More nel dibattito politico europeo del Cinquecento.
2^ Giornata Luigi Firpo, 2 marzo 1995, Firenze 1996. Più in generale, sull’utopia co-
me genere e sui caratteri dell’utopismo rinascimentale, L. Mumford, Storia
dell‟utopia (1922), introduzione di F. Crespi, tr. it. R. D’Agostino, Roma 2017 [I ed.
it.: Bologna 1969]; G. Costa, La leggenda dei secoli d‟oro nella letteratura italiana,
Bari 1972; L. Firpo, L‟utopismo, in Storia delle idee politiche economiche e sociali,
diretta da L. Firpo, III: Umanesimo e Rinascimento, a cura di G. Alberigo et alii, Tori-
no 1987, pp. 811-888; J. Van der Stock, In Search of Utopia. Art and Science in the
Era of Thomas More, Amsterdam 2017 (il volume accompagna la mostra «In Search
of Utopia» allestita a Leuven presso il M - Museum Leuven dal 20 ottobre 2016 al 17
gennaio 2017); sui contesti di riferimento, S. Zen, Monarchia della verità. Modelli

160
STEFANO ZEN

THOMAS MÜNTZER E LA GUERRA DEI CONTADINI

Dal mese di giugno del 1524 alla primavera del 1525 si ebbe il pe-
riodo più drammatico delle rivolte contadine in Germania, che furono
determinate non tanto e non solo da condizioni economiche e sociali
di generalizzata miseria, quanto piuttosto da ragioni politiche. A pro-
durre uno stato di straordinaria tensione sociale era stato infatti
l’aumento progressivo di imposte di varia natura, che si associava al
timore diffuso di non poter fruire, sia pure soltanto in minima parte,
dei benefici offerti dal progresso, motivo per cui alla rivolta dei conta-
dini aderirono anche quei ceti urbani che si sentivano trascurati, per
non dire emarginati, dall’organizzazione politica e amministrativa del-
le città. Fu così che si riuscì a mettere in piedi un esercito costituito
non solo da contadini, ma anche da operai tessili e minatori, che con-
tava all’incirca trecentomila armati.
Delle quattro principali aree toccate dalle rivolte contadine, vale a dire
la Svevia, la Franconia, la Sassonia-Turingia e i domini asburgici del
Tirolo, la prima a essere normalizzata fu proprio la Svevia, ove i rivol-
tosi furono in un primo momento tenuti a bada con allettanti proposte
di pace e poi ripetutamente sconfitti dalle truppe guidate da Georg
Truchsess von Wadburg, comandante della Lega sveva, il quale subito
dopo pensò bene di muovere senza indugi verso la Franconia, ponen-
do fine alla rivolta anche in questa regione nel giugno del 1525. Tut-
tavia, ciò che stava avvenendo contemporaneamente in Turingia, non
solo per la presenza sul terreno di guerra di Thomas Müntzer, ma an-
che per l’imminente bagno di sangue di Frankenhausen, era destinato
ad avere una tale risonanza da diventare nell’immaginario collettivo
del tempo l’emblema stesso della rivolta dei contadini in Germania e
del suo tragico epilogo. In poco meno di un anno l’ansia di rinnova-
mento religioso e il sogno millenaristico di realizzare il Regno terreno
di Cristo si saldarono con le rivendicazioni di carattere sociale avanza-
te dai contadini, il cui programma antifeudale si trova esposto nei Do-
dici articoli di Memmingen, apparsi nel marzo del 1525 ed elaborati
da Sebastian Lozer, un pellicciaio locale, con l’aiuto del parroco
zwingliano Christoph Scheppeler.

culturali e pedagogia della Controriforma, Napoli 2002, pp. 17-32.

161
RISCOPERTA DI PLATONE E TEOLOGIE DELLA RIFORMA: IL CASO DI THOMAS MÜNTZER TRA MIL-
LENARISMO E CRISTIANESIMO RIVOLUZIONARIO

Gli estensori dei Dodici articoli – la cui diffusione può dirsi assai am-
pia e senza precedenti – chiedevano in modo esplicito che i sacerdoti
predicassero il puro Vangelo e i parroci venissero eletti direttamente
dalle comunità; propugnavano l’abolizione della ‘piccola decima’, li-
mitando la ‘grande decima’ al solo sostentamento dei parroci e devol-
vendo il resto all’assistenza dei poveri; esigevano la riduzione dei fitti
e il ripristino dei propri diritti cancellati; rivendicavano l’uso delle ter-
re comuni, dei boschi e dei corsi d’acqua; pretendevano la libertà di
caccia e di pesca; richiedevano, inoltre, la revisione del sistema pena-
le, attenendosi al solo diritto scritto e rigettando ogni forma di arbitrio
da parte del signore locale. Reclamavano infine l’abolizione della ser-
vitù della gleba, con la precisazione che nel XII e ultimo articolo chi
dava voce ai contadini si mostrava disponibile a verificare la compati-
bilità di tali rivendicazioni con la parola di Dio, dichiarandosi pronto a
invalidare ogni richiesta considerata non legittima dalla Scrittura 19.
In questa drammatica congiuntura, Thomas Müntzer non si fece trova-
re impreparato e seppe cogliere la grossa opportunità di poter final-
mente tradurre in realtà il suo cristianesimo rivoluzionario, tenuto però
conto che non ricoprì mai il ruolo di guida della rivolta contadina nel
suo complesso. Laureatosi in teologia, dopo aver studiato dal 1506 al
1512 nelle università di Lipsia e Francoforte, Müntzer possedeva una
cultura notevole e solidi strumenti filologici: Johann Agricola lo
chiamava con rispetto homo trilinguis. Le sue letture includevano la
tradizione umanistica nella sua versione erasmiana e con ogni proba-
bilità anche Platone, studiato sulla scorta della nota traduzione di Fici-
no. Di certo, doveva conoscere Erasmo e Thomas More. In ogni caso,
il suo radicalismo religioso non derivava dalla lettura di Utopia, ma da

19
Testi della rivolta dei contadini si trovano raccolti in H. Eilert (a cura di), Riforma
protestante e rivoluzione sociale. Testi della guerra dei contadini tedeschi, 1524-
1526, Milano 1988, e in S. Lombardini (a cura di), Rivolte contadine in Europa. Seco-
li XVI-XVII, Torino 1983. Per l’interpretazione marxista di Friedrich Engels, si segnala
una recente riedizione: F. Engels, La guerra dei contadini in Germania (1850), Mila-
no 2014. Per l’influsso sul coevo programma di Michael Gaissmayr, cfr. G. Politi, Gli
statuti impossibili. La rivoluzione tirolese del 1525 e il programma di Michael Gai-
smair, Torino 1995, e la sintesi di Spini, Le origini del socialismo, cit., pp. 31-41. La
posizione di Lutero sui Dodici articoli si trova esposta nella sua Esortazione alla pa-
ce, sopra i dodici articoli dei contadini di Svevia, in Martin Lutero, Scritti politici, a
cura di G. Panzieri Saija, introduzione di L. Firpo, Torino 1949, pp. 445-474.

162
STEFANO ZEN

una precedente riflessione teologica ben radicata nel misticismo tede-


sco20.
Nel 1519 Thomas Müntzer si trovava a Wittenberg, ove ebbe modo di
conoscere Lutero, senza però mai entrare a far parte della schiera dei
suoi discepoli. Il 17 maggio del 1520 l’inquieto teologo giunse a
Zwickau, importante località mineraria dell’epoca, ove iniziò a dif-
fondere tra i piccoli artigiani e la gente più umile di quell’area un par-
ticolare misticismo visionario espresso con un linguaggio da profeta
biblico e con ricorrenti richiami a forme di utopismo di matrice mille-
naristica. D’intesa con Nikolaus Storch, Müntzer predicava il primato
della rivelazione diretta e invitava contadini, minatori, emarginati e
gente comune a realizzare il Regno millenario di Cristo sulla terra. Lo
stesso Lutero era sceso in un primo momento tra i rivoltosi per con-
vincerli a lasciar perdere l’idea dell’insurrezione armata e a non farsi
sedurre dall’attraente parola di Müntzer. Accusato di aver fomentato a
Zwickau la rivolta operaia degli inizi del 1521, fu poi prudenzialmente
destituito dal consiglio cittadino il 15 aprile di quell’anno con
l’imputazione di essere un nemico della pace religiosa e di istigare
consapevolmente all’odio. Due mesi dopo, in compagnia di Markus
Stübner, Müntzer faceva tappa a Praga, ove iniziò a predicare su invi-
to della locale università. A quel periodo risale la sua Protesta riguar-
dante la causa boema, vale a dire il ben noto Manifesto di Praga, ap-
parso in tedesco, ceco e latino e rivolto contro preti, monaci e teologi,
accomunati in un’unica condanna per aver falsificato la parola di Dio.
20
Su Thomas Müntzer, in aggiunta ai testi indicati supra (nota 9), è d’obbligo rinviare
alla classica opera di E. Bloch, Thomas Münzer teologo della rivoluzione (1921), a
cura di S. Zecchi, tr. it. S. Krasnovsky e S. Zecchi [condotta sull’ed. Frankfurt am
Main 1969], Milano 2010, e cfr. T. Scott, Thomas Müntzer. Theology and Revolution
in the German Reformation, New York 1989; H.-J. Goertz, Thomas Müntzer. Mysti-
ker, Apokalyptiker, Revolutionär, München 1989 [tr. inglese: Edinburgh 1993]. In
particolare, sui caratteri del suo profetismo visionario, Miegge, Il sogno del re di Ba-
bilonia, cit., spec. pp. 35-40. Un tentativo di riportare la riflessione storiografica in-
torno a Müntzer sul terreno storico-filologico, strappandolo alla morsa delle interpre-
tazioni ideologiche, si deve a C. Martinuzzi, Thomas Müntzer. Dall‟ideologia alla
storia, in L. Felici (a cura di), Ripensare la riforma protestante. Nuove prospettive
degli studi italiani, Torino 2015, pp. 311-323, in cui l’autore fa osservare che «Egli è
stato inquadrato alternativamente nell’ottica del fanatismo religioso, del millenarismo
apocalittico, della rivoluzione sociale e persino del totalitarismo, diventando riflesso
stesso dei dibattiti ideologici avvenuti nel corso degli ultimi secoli» (ivi, pp. 311-312).

163
RISCOPERTA DI PLATONE E TEOLOGIE DELLA RIFORMA: IL CASO DI THOMAS MÜNTZER TRA MIL-
LENARISMO E CRISTIANESIMO RIVOLUZIONARIO

Contro Lutero e i ‘falsi profeti’ del suo tempo, Müntzer afferma che il
cristianesimo autentico si realizza con la rivoluzione, anche nella sua
forma più radicale e violenta21.
Thomas Müntzer abbandonò Praga nel dicembre 1521 e dopo varie
peregrinazioni giunse ad Allstedt, ove nel marzo del 1523 riuscì
nell’impresa di farsi nominare pastore. In questa piccola città della
Sassonia ebbe modo di avviare la sua riforma liturgica, senza tuttavia
perdere di vista l’altra esigenza primaria, vale a dire la critica della
teologia luterana, di cui un saggio esemplare è la sua Esplicita messa
a nudo della falsa fede, quella di Lutero, composta all’incirca diciotto
giorni dopo la famosa Predica ai prìncipi, tenuta il 13 luglio 1524 nel
castello di Allstedt. Fin dall’inizio è evidente tutto il livore espresso
nei confronti di Lutero, reo di aver diffuso «scritti infamanti» a danno
della cristianità:

Lo Spirito di potenza e il timore di Dio siano teco, o uomo compassionevole.


Dacché scritti infamanti ti hanno reso timoroso o protervo è estremamente
necessario prevenire il danno incombente mostrando la superiorità cristiana,
che presentemente non può essere manifestata altrimenti che con
l’interpretazione della sacra Scrittura secondo l’insegnamento dello Spirito di
Cristo, mediante il confronto di ogni segreto e di ogni giudizio 22.

Nella Predica ai prìncipi Müntzer aveva sostenuto che spetta partico-


larmente al prìncipe eliminare fisicamente gli empi e qualora questi si
rifiutasse di usare la spada della giustizia divina, soltanto allora gli sa-
rebbe definitivamente sottratta per essere riconsegnata al popolo 23. In

21
Thomas Müntzer, Manifesto di Praga, in Id., Scritti politici, a cura di E. Campi,
Torino 2007 [I ed.: ivi, 1972], pp. 53-63 (testo alle pagine 57-63). Il Manifesto ci è
giunto in quattro esemplari manoscritti: una delle due copie stese in tedesco, più breve
e autografa, reca la data del 1° novembre 1521. Per quanto segue, si veda Zen, Lutero,
Müntzer e la guerra dei contadini, cit., pp. 25-28.
22
Thomas Müntzer, Esplicita messa a nudo della falsa fede del mondo infedele me-
diante la testimonianza del Vangelo di Luca esposto alla misera compassionevole cri-
stianità per rammentarle i suoi falli, in Id., Scritti politici, cit., pp. 89-116: 93-94 (te-
sto alle pagine 93-116); nel richiamare genericamente gli «scritti infamanti» di Lute-
ro, Müntzer si riferisce particolarmente al coevo testo intitolato Eyn Brieff an die Für-
sten zu Sachsen von dem auffrührerischen Geist («Lettera ai prìncipi di Sassonia sullo
spirito di sedizione»).
23
Thomas Müntzer, Predica ai prìncipi, in Id., Scritti politici, cit., pp. 65-87 (testo

164
STEFANO ZEN

definitiva, il teologo si mostrava ancora fiducioso di poter guadagnare


i prìncipi di Sassonia alla sua causa, che prevedeva un nuovo ordine
sociale con forti reminiscenze platoniche e moreane, in cui «omnia
sunt communia» e «a ciascuno è dato secondo il proprio bisogno e se-
condo l’opportunità» 24. Nella posteriore Esplicita messa a nudo emer-
ge invece la rottura con i prìncipi sassoni, che lo porterà a ipotizzare
per la prima volta la possibilità di uno scontro armato con le loro mili-
zie:

E coloro che dovrebbero eccellere nel sovraintendere la cristianità (anche per


questo si chiamano prìncipi) dimostrano ampiamente la loro incredulità in
ogni faccenda e in ogni progetto, dimostrano che hanno timore dei loro soci
nel fare quel ch’è giusto (Is., 1, 23). Pensano che se si attenessero alla verità –
che hanno accolto solo apparentemente, onde non gli cada addosso nessuna
persecuzione – sarebbero scacciati.25

Quando Thomas Müntzer dichiarò in modo esplicito di voler realizza-


re il cristianesimo nella sua forma più pura attraverso un processo ri-
voluzionario, la polemica a distanza con Lutero si fece inevitabilmente
più aspra. A Müntzer – che frattanto aveva stabilito intorno al 15 ago-
sto del 1524 il suo quartier generale nella ‘libera città imperiale’ di
Mühlhausen – restava ora solo una possibilità: scegliere se «tacere
come un cane» o «patire il martirio» 26. Fu in particolare nella Confu-
tazione ben fondata che Müntzer sancì definitivamente la frattura con
Wittenberg e i prìncipi, affrontando apertamente Lutero e definendolo
con disprezzo la «carne senza spirito che vive mollemente a Witten-
berg»27. Lo spunto polemico fu offerto dalla luterana Lettera ai prìn-
cipi di Sassonia sullo spirito di sedizione, a cui Müntzer volle replica-
re pur essendo consapevole che assai spesso Lutero si sottraeva al

alle pagine 71-87).


24
Cit. in E. Campi, Introduzione a Müntzer, Scritti politici, cit., pp. 11-52: 24.
25
Müntzer, Esplicita messa a nudo, cit., p. 113.
26
Lettera di Müntzer al Consiglio della città di Allstedt, 15 agosto 1524, cit. in Mün-
tzer, Scritti politici, cit., p. 119.
27
Thomas Müntzer, Confutazione ben fondata e risposta alla carne senza spirito che
vive mollemente a Wittenberg e che in modo perverso, mediante il furto della sacra
Scrittura, ha macchiato miseramente la compassionevole cristianità, ivi, pp. 117-138
(testo alle pp. 121-138).

165
RISCOPERTA DI PLATONE E TEOLOGIE DELLA RIFORMA: IL CASO DI THOMAS MÜNTZER TRA MIL-
LENARISMO E CRISTIANESIMO RIVOLUZIONARIO

confronto teologico con l’avversario di turno, rifiutandosi di discuter-


ne le tesi e preferendo indugiare nella parodia, nell’ironia e nella sati-
ra28. Concepita appena dopo l’Esplicita messa a nudo, con ogni pro-
babilità tra il 3 e il 7 agosto 1524, dunque prima della fuga da Allstedt,
e completata a Mühlhausen non oltre il 19 settembre, la Confutazione
ben fondata veniva divulgata nel momento di maggiore difficoltà per
Müntzer, ossia quando i suoi avversari – soprattutto i prìncipi di Sas-
sonia, ma senza escludere il non meno pericoloso fronte cattolico –
avevano come unico obiettivo quello di regolare definitivamente i
conti con lui:

Guarda, i signori e i prìncipi sono l’origine di ogni usura, d’ogni ladrocinio e


rapina; essi si appropriano di tutte le creature: dei pesci dell’acqua, degli uc-
celli dell’aria, degli alberi della terra (Is., 5, 8). E poi fanno divulgare tra i
poveri il comandamento di Dio: «Non rubare». Ma questo non vale per loro.
Riducono in miseria tutti gli uomini, pelano e scorticano contadini e artigiani
e ogni essere vivente (Michea, 3, 2-4); ma per costoro, alla più piccola man-
canza, c’è la forca29.

O LTRE P LATONE : L UTERO CONTRO IL PROFETISMO


RIVOLUZIONARIO DI M ÜNTZER

Il materiale platonico è nel complesso scarsamente presente in Lu-


tero e nei suoi scritti non si rileva traccia dell’Utopia di More, che tut-
tavia doveva conoscere bene. Nonostante il suo enfatico «Utopiam
Morinam sitio» del 1518, il riformatore di Wittenberg era rimasto ai
margini del dibattito sviluppatosi intorno ai dialoghi politici di Platone e
all’Utopia. Tutt’al più se ne potrebbe avvertire un’eco nell’appello Alla
nobiltà cristiana della nazione tedesca, apparso nel 1520, in cui sono
invocate misure a dir poco restrittive per combattere il lusso dei vestiti,
per ridurre il consumo delle spezie e per condannare il prestito a interes-
se. Tuttavia, nell’ambiente stesso dei suoi seguaci, germogliavano

28
Sul discorso delegittimante di Lutero, finalizzato a gettare discredito sull’avversario
per non doverlo poi affrontare seriamente sul terreno teologico, si veda qualche esem-
pio in Zen, Lutero, Müntzer e la guerra dei contadini, cit., pp. 16-20.
29
Müntzer, Confutazione ben fondata, cit., p. 127.

166
STEFANO ZEN

istanze di trasformazione radicale della società, in cui risultava evidente


il nesso con le idee di Platone e Thomas More. Ne è prova quella singo-
lare utopia anticlericale che è Wolfaria di Johann Eberlin von Günz-
burg, influenzata da Utopia e modellata sulla falsariga delle Leggi, in
cui l’autore illustra i cambiamenti da apportare alla società del tempo,
fornendo una lettura di Platone in chiave popolaresca30.
La posizione di Müntzer contrastava decisamente con quella da tempo
assunta da Lutero, tutto preso dal rapporto tra uomo e Dio e tra contin-
gente ed eterno. Lutero appare come il teologo senza storia, assorbito
completamente dal problema del destino dell’individuo e indotto a dare
forma coerente alla sua teologia dopo aver fatto irruzione sulla scena
europea, nel 1517, con le Tesi di Wittenberg. Coerentemente con il suo
programma teologico, credeva fiduciosamente che le istituzioni terrene
si sarebbero rigenerate spontaneamente su basi nuove per effetto della
Riforma. Essenzialmente Lutero era convinto che la rinascita evangelica
della cristianità dovesse trovare compimento nelle coscienze individua-
li, piuttosto che nelle istituzioni statali e sociali. In realtà, la sua dottrina
metteva irrimediabilmente in crisi l’ordine tradizionale della società e il
sistema stesso centrato sulla Chiesa e l’Impero. Lutero era tuttavia
esplicitamente contrario allo spirito e alla prassi rivoluzionari e inti-
mamente convinto che alla violenza occorresse rispondere con
l’accettazione del proprio destino, ragion per cui si adoperò per la rea-
lizzazione di una riforma religiosa senza esiti violenti31.
Dopo essere stato dapprima smascherato da Lutero come ‘falso profe-
ta’ e poi espulso da Mühlhausen, Thomas Müntzer non abbandonò il
suo entusiasmo profetico e si diede ai preparativi di una grande rivol-
ta, la quale, considerato il suo crescente isolamento politico, si andava
configurando fin dall’inizio come una guerra della lega contadina con-

30
Cfr. Spini, Le origini del socialismo, cit., pp. 16-18.
31
Nella classica disamina di Engels (La guerra dei contadini, cit., passim) il «rivolu-
zionario plebeo» Müntzer si contrappone al «riformatore borghese» Lutero in virtù
della sua concezione del Regno di Dio, che non è trascendente, ma va realizzato sulla
terra, in uno Stato ove vige l’uguaglianza sociale, i beni sono in comune, la proprietà
privata è stata abolita e non esistono più le differenze di classe. Cfr. in proposito
Campi, Introduzione, cit., pp. 43-44; L. Ronchi De Michelis, Apocalittica, profetismo
e l‟idea della storia: Lutero e Müntzer, «Annali di storia dell’esegesi», 9 (1992), pp.
19-34; si veda anche G. Cotta, La nascita dell‟individualismo politico. Lutero e la po-
litica della modernità, Bologna 2002, pp. 43-63.

167
RISCOPERTA DI PLATONE E TEOLOGIE DELLA RIFORMA: IL CASO DI THOMAS MÜNTZER TRA MIL-
LENARISMO E CRISTIANESIMO RIVOLUZIONARIO

tro tutte le autorità costituite32. Nella primavera del 1525 Müntzer, as-
sieme al fedele collaboratore e amico Heinrich Pfeiffer, guidò i conta-
dini in armi alla riconquista di Mühlhausen, dando il suo consenso alla
secolarizzazione delle proprietà della Chiesa e alla comunione dei beni
in nome di una società senza più vincoli feudali e fondata sul principio
di uguaglianza universale, il che andava ben oltre lo spirito dei Dodici
articoli. Tra il 26 e il 27 aprile lanciò quello che Ernst Bloch ha defi-
nito «il più appassionato e rabbioso manifesto rivoluzionario di tutti i
tempi», vale a dire il Proclama ai cittadini di Allstedt, il quale, se non
altro, va considerato almeno l’appello più rivoluzionario della guerra
dei contadini. In esso Müntzer esprime tutto il suo profetismo millena-
ristico e l’apocalittico radicalismo religioso, ponendosi l’obiettivo po-
litico di sollevare Allstedt contro i prìncipi, dopo avervi costituito la
Lega degli eletti:

Se siete solo tre, ma fiduciosi in Dio, e ricercate solo il suo nome e la sua glo-
ria, non temete neanche centomila. Ed ora sù, sù, sù che è tempo, gli scellera-
ti tremano come cani. […] Sollevate i villaggi e le città e soprattutto i compa-
gni minatori assieme con altri validi compagni e questo vi favorirà. Non
dormiamo più a lungo. […] Sù, sù, sù finché il fuoco arde. Non lasciate raf-
freddare la vostra spada, non vi infiacchite! Battete, pink, pank pink, pank
sull’incudine di Nembrod, buttate giù la loro torre! Finché essi vivono non è
possibile che vi liberiate dal timore umano. Non vi si può parlare di Dio fin-
ché essi signoreggiano su di voi. Sù, sù, su mentre la luce vi accompagna,
Dio vi precede, seguite, seguite! La storia è già scritta 33.

Il 5 maggio 1525 Lutero replicava in gran fretta a Thomas Müntzer


con l’opuscolo Contro le empie e scellerate bande dei contadini,
evidenziando un brusco mutamento di opinioni in tema di tolleranza
religiosa. Il teologo di Wittenberg attaccava aspramente i contadini
tedeschi e rigettava con fermezza, e in via definitiva, il programma di

32
Lutero mise in guardia le autorità di Mühlhausen dal ‘falso profeta’ in una sua lette-
ra all’«onorevole borgomastro e al Consiglio della città», segnalata in Campi, Intro-
duzione, cit., p. 26.
33
Thomas Müntzer, Proclama ai cittadini di Allstedt, in Id., Scritti politici, cit., pp.
139-144: 143-144. Per il giudizio di Ernst Bloch, si veda Bloch, Thomas Münzer, cit.,
p. 75; sulla fortunata interpretazione del filosofo tedesco, Campi, Introduzione, cit.,
pp. 44-46.

168
STEFANO ZEN

rinnovamento religioso e sociale elaborato da Müntzer, dileggiato co-


me ‘l’arcidiavolo’ di Mühlhausen e accusato di aver travisato la parola
del Vangelo. Quando apparve il violento libretto luterano, la guerra
dei contadini era già giunta al suo punto di massima espansione, ma
anche la reazione dei prìncipi poteva dirsi al suo massimo storico. Il
suo impianto argomentativo mira essenzialmente alla delegittimazione
teologica dell’avversario, per cui non deve meravigliare se Lutero
ricorre sistematicamente all’insinuazione volgare e alla dimostrazione
corrosiva, violenta e a tratti scurrile. Ciò che più colpisce nell’aspra
requisitoria luterana è l’accusa di banditismo da subito formulata a
carico dei contadini e rivolta con eguale livore anche contro Müntzer,
che «va apparecchiando solo rapine, uccisioni e spargimento di
sangue»:

Nel mio scritto precedente non ardivo giudicare i contadini, dato che
mostravano di voler accettare ammaestramenti migliori, poiché anche Cristo
impone di non giudicare (Matt., 7, 1). Ma in un batter d’occhio essi sono
andati oltre e si scagliano col pugno chiuso, dimentichi della loro profferta, e
predano e infuriano e fanno come i cani arrabbiati; da ciò appare chiaro che
cosa racchiudevano nelle loro menti false, e come fosse solo menzogna e
doppiezza quello che hanno proclamato nei dodici articoli sotto il nome del
Vangelo. Insomma esercitano solo opere diaboliche, e in particolare è
l’arcidiavolo che tra essi regge a Mühlhausen, e va apparecchiando solo
rapine, uccisioni e spargimento di sangue, come di lui dice Cristo (Joh., 8,
44), ch’esso fin dal principio è un uccisore. E ora che cotesti contadini e
cotesta gente sciagurata si lasciano sedurre, e fanno altro da quello che prima
avevano proclamato, anch’io devo parlare di loro in modo diverso, e innanzi
tutto porre loro davanti agli occhi i loro stessi peccati, come Dio ordinò a
Isaia ed Ezechiele [cfr. Is., 58, 1; Ez., 2, 7], se qualcuno vorrà riconoscerli;
quindi ammaestrare la coscienza dell’autorità secolare, insegnando come
debba condursi in tale frangente34.

34
Martin Lutero, Contro le empie e scellerate bande dei contadini, in Id., Scritti poli-
tici, cit., pp. 484-490: 484. All’inizio del testo, l’autore allude alla precedente Esorta-
zione alla pace, cit.; altri suoi scritti del periodo sono i seguenti: Patto tra l‟onorevole
Lega Sveva e i due gruppi di contadini del Bodensee e dell‟Allgäu, ivi., pp. 475-483;
Replica del dottor Martin Lutero riguardo al libretto contro gli empi e scellerati con-
tadini [dettata nel giorno di Pentecoste dell’anno 1525], ivi., pp. 491-494; Una terribi-
le storia e un giudizio di Dio sopra Tommaso Münzer, nei quali Dio manifestamente
ne smaschera e condanna lo spirito, ivi., pp. 495-502 [pubblicato a Wittenberg il 21 o

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RISCOPERTA DI PLATONE E TEOLOGIE DELLA RIFORMA: IL CASO DI THOMAS MÜNTZER TRA MIL-
LENARISMO E CRISTIANESIMO RIVOLUZIONARIO

Lutero esorta perciò i prìncipi a reprimere brutalmente i contadini in


armi e a ripristinare l’ordine costituito, essendo totale la sua sfiducia
nell’attuazione violenta della Riforma e nel rinnovamento politico e
sociale perseguito per vie insurrezionali:

Poiché dunque i contadini muovono ad ira contro di sé Dio e gli uomini, e


poiché per tante ragioni già meritarono la morte del corpo e dell’anima, né
ammettono o rispettano una giustizia qualsiasi, ma imperversano sempre più
furiosamente, devo a mia volta insegnare all’autorità secolare come condursi
con giusta coscienza in questo frangente. Innanzi tutto non intendo impedire
a quell’autorità, che lo possa e lo voglia, di punire e colpire questi contadini,
[...] anche se essa non seguisse il Vangelo, perché ha comunque tutte le ra-
gioni per farlo, dal momento che i contadini non combattono più per il Van-
gelo, ma è chiaro che sono diventati infidi, spergiuri, ribelli, sediziosi ed as-
sassini, predoni e bestemmiatori; quindi anche un’autorità non cristiana
avrebbe il diritto e il potere di punirli, anzi è tenuta a farlo. Proprio a questo
scopo, infatti, essa impugna la spada ed è ministra di Dio sopra quanti com-
mettono il male (Rom., 13, 4)35.

Motivo ricorrente nell’opuscolo luterano è la rappresentazione a tinte


fosche e minacciose di Müntzer e dei contadini, funzionale a dimo-
strare sul piano argomentativo l’inaccettabilità del loro programma e
l’estrema pericolosità sociale:

Vi scongiuro, chi lo può fugga dai contadini come dal demonio in persona.
Ma quanti non ne fuggono, prego Iddio che li voglia illuminare e convertire.

il 22 maggio 1525; sotto questo titolo, Lutero include il Proclama ai cittadini di All-
stedt di Müntzer con tre sue lettere, aggiungendo di suo pugno una prefazione e una
conclusione; pochi giorni dopo, il 27 maggio, Müntzer sarebbe stato giustiziato]; Una
lettera sul duro libretto contro i contadini, ivi, pp. 503-528; e si veda in proposito an-
che L. Firpo, Introduzione, ivi, pp. 7-22. Per l’accenno alla tolleranza religiosa, cfr. i
testi raccolti in M. Firpo (a cura di), Il problema della tolleranza religiosa nell‟età
moderna: dalla Riforma protestante a Locke, Torino 1989 [I ed.: ivi, 1978], e in S.
Zen (a cura di), Tolleranza e repressione, in Le fonti della Storia moderna, a cura di
R. De Maio, Torino 1993, pp. 203-263; all’interno dell’ampia bibliografia sulla tolle-
ranza, cfr. almeno J. Lecler, Storia della tolleranza nel secolo della Riforma (1955),
tr. it. G. Basso, 2 v., Brescia 2004 [ristampa dell’ed. 1967], e il classico R.H. Bainton,
La lotta per la libertà religiosa (1951), tr. it. F. Medioli Cavara, Bologna 1982.
35
Lutero, Contro le empie e scellerate bande dei contadini, cit., p. 487.

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Quelli infine ch’è impossibile convertire, voglia Iddio che non abbiano felici-
tà né fortuna. Qui ogni pio cristiano dica: Amen, perché la preghiera è buona
e giusta e gradita a Dio, questo ben so. E se qualcuno troverà tutto questo
troppo duro, pensi che la sedizione è cosa insopportabile e che ad ogni istante
c’è da attendersene la distruzione del mondo36.

In definitiva, l’accusa di banditismo e di sedizione armata rivolta con-


tro Müntzer e i contadini sembra soddisfare due esigenze di fondo ad
alto potenziale delegittimante: la prima, ridimensionare il cristianesi-
mo rivoluzionario del suo avversario, «sanguinario e scellerato profe-
ta», assimilandolo a un volgare bandito di strada e rendendo palese
come deve esprimersi la giustizia divina sulla terra al cospetto di
«quanti al giorno d’oggi praticano sedizione e disordine» 37; la secon-
da, trattare la tragica vicenda della guerra dei contadini e del suo dotto
ideologo come un problema di mero ordine pubblico, sia pure di di-
mensioni straordinarie per numero dei rivoltosi coinvolti e vastità
dell’area interessata, rispetto al quale occorre applicare con forza e
fermezza la legge umana, dal momento che Dio stesso «vuole rispetta-
ti i re e annientati i sediziosi» 38.
La condanna della guerra dei contadini da parte di Lutero può dirsi ora
completa. L’atteggiamento irremovibile del teologo tedesco sul piano
dell’apologia della repressione, ancorata solidamente all’accusa di
banditismo, che peraltro già contribuiva a ridimensionare la portata
del programma rivoluzionario di Müntzer, poneva inevitabilmente an-
che le premesse teoriche per il tragico massacro di Frankenhausen:

Dunque l’autorità proceda di buon animo e colpisca con buona coscienza fin-
ché le resta un filo di vita; essa può vantare a suo credito l’avere i contadini
dalla loro una coscienza cattiva e una causa ingiusta, e qualunque d’essi ven-
ga per ciò ucciso, è perduto anima e corpo ed in eterno è preda del demonio.
Ma l’autorità ha buona coscienza e giusta causa dalla sua [...]. Dunque può
bene accadere che chiunque dalla parte dell’autorità venga ucciso sia un vero
e proprio martire al cospetto di Dio per avere combattuto con quella coscien-
za che dicemmo: egli procede infatti nella parola e nell’obbedienza di Dio.
Ma quanti periranno tra i contadini, saranno tutti anime dannate: infatti im-

36
Ivi, p. 490.
37
Lutero, Una terribile storia, cit., p. 495.
38
Lutero, Una lettera sul duro libretto, cit., p. 506.

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LENARISMO E CRISTIANESIMO RIVOLUZIONARIO

pugnarono la spada contro la parola e l’obbedienza di Dio e sono creature del


demonio. E se anche i contadini prevalessero e ce ne guardi Iddio, [...] pur
tuttavia morrebbero sicuri e perirebbero con buona coscienza quanti fossero
colpiti nell’esercizio del loro ufficio della spada, e solo abbandonerebbero il
regno della terra al demonio, per ricevere in cambio il regno dei Cieli. 39

Il 15 maggio del 1525 si ebbe il tragico epilogo della guerra dei con-
tadini. A Frankenhausen trovarono la morte oltre seimila combattenti
guidati da Thomas Müntzer; più di un migliaio furono trucidati nella
città espugnata e abbandonata al crudele saccheggio dei vincitori.
Müntzer, riconosciuto quasi per caso da un mercenario e subito cattu-
rato, fu decapitato il 27 maggio, dopo alcuni giorni di torture, assieme
al fedele Pfeiffer. A Lutero si deve in questa drammatica circostanza
anche l’elaborazione di un ethos militare della Riforma, una sorta di
ascesi dai risvolti prevalentemente pratici, in grado di definire con ri-
gore un ambito in cui l’intervento armato, nella misura in cui fosse
stato finalizzato allo sterminio dei nemici di Dio, si configurasse es-
senzialmente come una pia professione:

Verso i contadini testardi, caparbi ed accecati, che non vogliono sentir


ragioni, nessuno abbia un po’ di compassione, ma percuota, ferisca, sgozzi,
uccida come se fossero cani arrabbiati chiunque possa e comunque possa, e
ciò per avere compassione di quanti furono rovinati, cacciati e traditi da
costoro, affinché siano ristabilite la pace e la sicurezza.40

D’altra parte, una tale operazione concettuale trova ampio riscontro


proprio nel libretto Contro le empie e scellerate bande dei contadini,
in cui Lutero fa rientrare ogni genere di nefandezza militare in un
superiore ambito d’intervento, sospeso tra l’eterno e il contingente, in
cui si opera per realizzare il piano divino e salvaguardare la diffusione
della Riforma:

[...] cari signori, liberate, salvate, aiutate e abbiate misericordia della povera
gente; ma ferisca, scanni, strangoli chi lo può; e se ciò facendo troverai la
morte, te felice, morte più beata giammai potresti incontrare, perché muori in
obbedienza alla parola ed al volere di Dio (Rom., 13, 5 ss.) ed al servizio

39
Lutero, Contro le empie e scellerate bande dei contadini, cit., pp. 488-489.
40
Lutero, Una lettera sul duro libretto, cit., p. 515.

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della carità, per salvare il prossimo tuo dall’inferno e dai lacci del demonio. 41

A Concilio di Trento concluso, Antonio Possevino si renderà


protagonista in area cattolica di un’operazione del tutto analoga, volta
a definire un ethos militare della Controriforma. Nel suo fortunato
trattato Il soldato christiano, apparso nel 1569 e distribuito sia alle
truppe pontificie in Francia sia a quelle impegnate a Lepanto, lo
scrittore gesuita, per nulla intenzionato a teorizzare un ritorno
anacronistico al crociato medioevale, si proponeva di rendere
compatibili, nei soldati al servizio della Chiesa, le regole richieste
dalla ferrea disciplina militare con quelle proprie dell’anima e della
morale cattolica42.

41
Lutero, Contro le empie e scellerate bande dei contadini, cit., p. 490.
42
Cfr. A. Possevino, Il soldato christiano con l‟instruttione dei capi dello essercito
catolico …Libro necessario a chi desidera sapere i mezzi per acquistar vittoria contra
heretici, turchi et altri infedeli. Non più stampato, in Roma, per li heredi di Valerio &
Luigi Dorici, 1569; II ed.: Il soldato christiano …, in Macerata, appresso Sebastiano
Martellini, 1576; cfr., inoltre, l’ed. 1604: Il soldato christiano con nuove aggiunte...,
in Venetia, appresso Domenico Imberti, 1604. Per altra documentazione sulla densa
letteratura del «soldato cristiano», si veda S. Zen, Oratori devoti, combattenti spiri-
tuali, soldati di Cristo. Percorsi della perfezione cristiana in Italia nella prima età
moderna, Napoli 2012, pp. 54-56 e passim, e cfr. G. Brunelli, Soldati del papa. Politi-
ca militare e nobiltà nello Stato della Chiesa (1560-1644), Roma 2003, pp. 12-13 e
passim; G. Civale, Guerrieri di Cristo. Inquisitori, gesuiti e soldati alla battaglia di
Lepanto, Milano 2009; V. Lavenia, Il catechismo dei soldati. Guerra e cura d‟anime
in età moderna, Bologna 2014 [già apparso con il titolo Non arma tractare sed ani-
mas. Cappellani cattolici, soldati e catechesi di guerra in età moderna, «Annali di
storia dell’esegesi» 26 (2009), pp. 47-100], pp. 51-56 e passim.

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