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Rivista trimestrale a pubblicazione online registrata presso il Tribunale di Modena il 09/07/2009 prot. n°1963

Rivista di Pesca a Mosca


LA PRIMA RIVISTA ITALIANA DI PESCA A MOSCA ONLI
INE GRATUITA Marzo 2014

n°23
Wally Baetis Le spinte dell’acqua
Remo Blasi Massimo Magliocco

Catgut Pupa
Graziano Viviani

Una
Bruno Generali

Pescare in acque C
Andrea Garunei
Direttore Responsabile
Franco Baroni

Direttore Editoriale
Alberto Mondini

Grafici
Alberto Mondini

Coordinatore
Redazionale
Magliocco Massimo

Collaboratori
Massimo Matteuzzi
Marco Terzani
Michele Malagugini
Stefano Roviaro
Roberto Miceli

Distribuzione WEB
Pubblicazione
TRimestrale - Gratuita

Registrazione Presso il
Tribunale di Modena n°
1963 del 09/07/2009

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Tel. 3343328889
e-mai: francobaroniffm@gmail.com

Tutti i Diritti Riservati


FFMagazine
www.ffmagazine.eu
Wally Baetis
Remo Blasi
Amo Hanak H100BL o simile #12 o #14;
filo di montaggio: standard 6/0 Light brown;
code: fibre di gallo pardo aconchado oscuro;
corpo: biot di tacchino oliva;
ali: piuma di anatra mandarina;
hackles: CDC naturale in asola.
1) Dopo aver messo l'amo nel morsetto, iniziamo col filo di
montaggio in prossimità dell'occhiello per arrivare all'inizio della
curvatura dove posizioneremo le code (una decina di barbule di
gallo pardo) disposte a ventaglio. Torniamo quindi a circa tre mil-
limetri dall'occhiello.
2) Qui dovremo montare le ali dell'insetto. Prima però dob-
biamo “lavorare” la piuma per tirare indietro delle barbule verso
la parte inferiore così come mostrato in figura. Non perdetevi
d'animo se all'inizio la piuma non sembri cedere alle vostre “ca-
rezze”, bensì continuate fino a quando non sono belle sistemate.
3) A questo punto sistemiamo le ali come in figura (fig. 3)
4) Nella figura seguente facciamo vedere un immagine frontale
dalla quale si può dedurre ancora meglio come dovranno essere
montate.
Una volta sistemate le ali, tagliamone l'eccedenza che è verso il
gambo dell'amo (tanto per intenderci la parte di calamo più
grande);
5) Torniamo col filo di montaggio nel punto in cui abbiamo
montato le code, per mettere la biot di tacchino e avvolgiamola
fino in prossimità delle ali. A questo punto passiamo col filo di
montaggio davanti a queste, facendo alcuni avvolgimenti alla loro
base per metterle perpendicolari al gambo dell'amo.
6) Ora arriva il momento più delicato,
quello di “aprire” la piuma per dare
“vita” alle ali. Per fare ciò prendiamo al-
cune barbule da un lato dell'eccedenza
anteriore come mostrato.
7) Stringiamo ognuna delle parti
tra pollice ed indice e tiriamo leg-
germente fino a che l'apertura non
arrivi alla base delle ali. Ripetendo
la medesima operazione per il lato
opposto dovremmo avere un risul-
tato come quello in figura e cioè
con due ali ai alti e, centralmente,
la rimanenza del calamo.
9) Questa è una veduta
frontale dell'artificiale ter-
minato
A questo punto tagliamo la parte centrale del ca-
lamo così come le barbule eccedenti al di sopra
delle ali. Torniamo col filo di montaggio dietro le
ali stesse e montiamo del CDC in asola per for-
mare le hackles. Avvolgiamo il CDC arrivando in
prossimità dell'occhiello. A questo punto non ci ri-
mane che fare la testina, il nodo di chiusura e
l'artificiale può essere messo nella nostra fly box.
LE SPINTE D

Lanciare la mosca in acque mosse senza conoscere le cor-


renti ed in particolar modo il gioco dinamico che creano,
vuol dire quasi sempre essere sconfitti dal dragaggio del-
l’artificiale.
DELL’ACQUA
Massimo Magliocco
Quel lontano pomeriggio di tanti anni fa, il Velino era di una bellezza
unica. Da non molto ero entrato nel mondo della pesca a mosca e
molto dovevo ancora imparare. Le correnti superficiali del fiume quel
giorno non sembravano particolarmente ostiche e credevo che la mia
tecnica era all’altezza per poterle contrastare discretamente. Così non
fu e capii che se in futuro volevo aumentare le mie catture in acque
mosse, oltre che affinare la tecnica, dovevo necessariamente capire
perché l’acqua in superficie crea delle velocità diverse, insomma do-
vevo intuire come avvengono certi fenomeni dinamici cioè come si ge-
nerano le ‘spinte dell’acqua’. Se esiste un corso d’acqua in cui ogni
centimetro quadrato è diverso dagli altri, questo è il torrente. Che sia
alpino o appenninico, il torrente racchiude contemporaneamente in se
tutta la bellezza e la forza che la natura può regalare. L’elemento prin-
cipe del torrente è chiaramente l’acqua quello in cui si sviluppa la vita
sia interna che circostante, che ne regola i ritmi e che può essere, per
i suoi abitanti, elemento protettore o pericoloso distruttore. Alla luce
di tutto ciò se analizziamo un attimo quello che l’acqua rappresenta,
inevitabilmente non possiamo non soffermarci a pensare come la sua
dinamica condizioni l’aspetto alieutico. Riflettendo sui movimenti delle
masse liquide di quei corsi d'acqua che vengono convogliati artificial-
mente in lunghi e rettilinei canali con le sponde e il letto completa-
mente cementato, ci rendiamo conto che hanno anche loro delle
velocità diverse da punto a punto.
Figuriamoci quello che può succedere in un corso d'acqua come un
torrente dove la natura ha disegnato un percorso sinuoso disseminato
di mille ostacoli, pietre, massi, tronchi e radici sommerse, profondità
del letto del fiume molto diverse tra loro, e quindi di conseguenza una
miriade di 'nervature liquide', di correnti e correntine, di intrecci d'ac-
qua che variano ogni millimetro e che sono poi il sale della pesca. Esi-
ste una differenza tra corrente e velocità nel senso che la prima non è
altro che un 'fascio' di acqua che possiede una direzione, mentre la
velocità è, come dice la parola stessa, la rapidità con cui la corrente si
muove. Le masse d’acqua si spostano seguendo quelle che si chia-
mano le rette di massima pendenza. Queste linee immaginarie non
sono altro, come dice la parola stessa, che le parti del torrente in cui
esiste una pendenza maggiore, ed è in queste zone che la corrente
corre di più e di conseguenza crea maggiori problemi di stabilità della
mosca e quindi problemi con il dragaggio. Come abbiamo detto prima,
essendo il torrente un elemento estremamente diverso in ogni sua
parte, ogni piccola zona avrà una sua precisa conformazione in rela-
zione al letto del fiume e di conseguenza un andamento dell’elemento
liquido relativo. Questo a grandi linee, ma più in particolare penso che
ogni pescatore debba necessariamente conoscere quello che succede
lanciando la mosca in queste zone e quindi sapere a priori come la
trota possa reagire e come combattere il dragaggio. Lo sviluppo delle
correnti e quindi delle varie velocità dell’acqua, sono causate, come
abbiamo detto, dalle pendenze e dalla larghezza dell’alveo del fiume,
nonché dalla quantità delle pietre e dei massi.
Tra tutti questi elementi, le pietre e i massi sono quelli che più degli
altri ne condizionano le dinamiche sia superficiali che sommerse. In ef-
fetti le correnti superficiali spessissimo sono il risultato di ciò che suc-
cede sotto l’acqua ed in relazione a questo se potessimo sezionare il
torrente e colorare le varie correnti, noteremmo che l’andatura di que-
ste non è uguale. In prossimità di un ostacolo la velocità diminuirà e
causerà dei mulinelli che andranno ad influenzare quelle in superficie.
Coloro che pescano a ninfa, hanno anche il problema del dragaggio
'verticale' causato appunto da questi fenomeni. Chi utilizza la secca
avrà come risultato finale una sorta di risultante che deriva da tutta
una serie di velocità distinte che scaricano la loro energia in superficie
con tutta una miriade di 'vortici' diversi, è come un po' per i gas che
generando turbinii causati da ostacoli ed anche, in questo caso, tem-
perature dissimili. E’ chiaro che non dobbiamo in questa sede analiz-
zare sotto l’aspetto fisico le varie correnti e la loro formazione, ma
essendo queste comunque fortemente condizionanti la pesca in rela-
zione al dragaggio e non solo, può essere interessante capire qualcosa
in più. Un ruolo importante in fatto di cambi di velocità lo esercitano
quelle pietre che sono affioranti.
Di queste ne possiamo individuare
due tipi, quelle semi sommerse che
comunque possiedono una parte
fuori dall’acqua, e quelle affioranti
in cui l’acqua ora passa sopra ora
ci gira intorno. In entrambi i casi il
pericolo sta nel fatto che la coda di
topo depositata sulla superficie in
qualche modo sia da loro intrappo-
lata dagli intrecci liquidi e quindi il
pescatore inevitabilmente avrà dei
grossi problemi nel gestirla. Infatti
nel primo caso si creano delle cor-
renti di cui, due che lambiscono la
pietra e che saranno più veloci, ed
una più ampia, che è poi un occhio
della corrente vero e proprio e che
sta dietro (valle) alla pietra, che è
più lenta. Il secondo caso genera
senza dubbio una situazione più in-
fida. In effetti quando la coda
passa sopra all’acqua che in quel
momento sta ricoprendo la pietra,
aumenterà di velocità e immedia-
tamente a valle di essa verrà risuc-
chiata sotto la superficie facendo si
che il pescatore non riesca più a
controllare la coda. Il tutto diventa poi estremamente complicato
quando le pietre semi sommerse sono di discrete dimensioni. In acque
mosse anche i più piccoli mulinelli creano dei problemi, non tanto alla
coda quanto al finale. Ed proprio questo caso in cui è necessario porre
la massima attenzione. In effetti quando la nostra ‘lenza’ è stesa in
acqua, il finale non lo si scorge più e quindi non siamo in grado di ca-
pire se esso è in balia delle correnti anche le più piccole. In questi casi
il cosiddetto dragaggio del finale, per intenderci quello che genera una
scia di parecchi centimetri subito a monte della mosca, è estrema-
mente deleterio anche se il nostro artificiale sta scendendo bene verso
valle e quindi non da nessun segno di dragaggio lasciandoci tranquilli
sulla sua naturalezza.
LE CORRENTI NELLE BUCHE
Una buona tecnica associata ad una giusta attrezzatura, non basta ad
affrontare al meglio una buca del torrente. In effetti per poter ‘coman-
dare’ in acqua, cioè superare brillantemente le situazioni più difficili, è
necessario a priori capire quelle che sono le forze dell'acqua, ovvero
le varie correnti che si generano in una buca. Ogni buca è estrema-
mente diversa da tutte le altre per forma, per profondità, per l’am-
biente circostante e, molto importante, per le realtà strutturali del
torrente che si trovano a monte di essa e che di conseguenza possono
incidere sulle correnti. Come precedentemente accennato, non bisogna
confondersi tra la corrente e la velocità dell’acqua, e quindi la prima
cosa che si deve fare prima di affrontare una buca, sia pescando sulla
bollata sia se si sta operando in caccia, è quella di fare una dettagliata
analisi delle varie correnti esistenti in essa, che sono poi la griglia delle
spinte dell’acqua, e poi individuare le varie velocità che queste possie-
dono, in particolare quelle più forti, per poter studiare in maniera rapida
come depositare la coda in acqua. In questo contesto analizzeremo al-
cune delle più comuni tipologie di buche che si possono trovare in un
torrente chiaramente esaminate come semplice esempio. La prima ti-
pologia di buca che affronteremo è la più comune e cioè quella che
possiede una depressione al centro. In generale questo tipo di buca è
dotata di una corrente centrale più forte e due fasci laterali più lenti il
tutto in relazione alla pendenza ma non solo.
Chiaramente la velocità aumenterà anche in relazione alla conforma-
zione della buca ovvero se questa finisce con una diminuzione della
profondità o se immediatamente dopo vi è un veloce raschio, ecc. Se
la velocità della corrente più forte non è eccessiva, in generale questo
tipo di buca non crea troppi problemi in relazione al dragaggio, cosa
che invece nasce qualora la velocità è piuttosto sostenuta. Lo scopo
del lancio quindi sarà quello di dare alla coda a contatto con la corrente
più veloce un assetto tale da ritardarne lo spostamento repentino a
valle, o se questa è piuttosto forte, mettere in contatto con questa la
coda il più tardi possibile. Un’altra situazione classica in torrente è
quando ci sono una serie di massi affioranti, uno vicino all’altro, messi
di taglio al fiume. In queste circostanze se a monte esiste un fine buca
interessante di acqua poco veloce, lanciare in essa stando a valle dei
massi genera all'istante il dragaggio poiché la restante coda verrà im-
mediatamente presa dalle innumerevoli correnti che stanno al disotto
dei massi le quali trascineranno addirittura la coda sotto la superficie
dell’acqua. In questi casi
lanciare da valle dei massi è
da evitare, ma se non è pos-
sibile fare altrimenti, si
dovrà optare per un curvo o
cercare di raggruppare il fi-
nale facendo costantemente
dei mending, al fine di non
far entrare la coda a con-
tatto delle correnti per evi-
tare l’inconveniente poc’anzi
esposto. Un’altra situazione
è quando si incontra una
lunga e profonda depres-
sione. Di solito la buca in
questione possiede un di-
screta profondità dando alla
corrente una velocità non
molto elevata. In queste cir-
costanze grossi problemi
non ce ne sono se il letto è
sabbioso, mentre se c’è la
presenza di pietre e massi
gli impulsi delle correnti su-
bacquee possono ripercuo-
tersi in superficie generando
delle piccole ma infide
spinte. Ribaltati, curvi o
anche semplicemente dei
mending, possono bastare per superare senza problemi particolari
queste situazioni. U’altra situazione molto frequente in torrente in cui
l’acqua genera delle correnti con delle velocità diverse è quella di una
buca laterale con una diminuzione della profondità verso la sponda
opposta. Questo tipo di situazione, in relazione alle velocità dell’acqua,
può dare i risultati più svariati. Se ad esempio a monte esiste un ra-
schio di acqua bassa, di solito le velocità delle correnti non sono par-
ticolarmente forti, ma se invece c’è una curva in cui è concentrata le
spinte sulla sottostante buca, allora le spinte dell’acqua saranno molto
forti. In questo caso si cercherà la trota a ridosso delle correnti più forti
evitando di andare a depositare la coda in queste che, oltre a non es-
sere le zone più interessanti, non lascerebbero molto spazio di mano-
vra. Il raschio classico, non genera particolari geometrie delle spinte
dell’acqua essendo piuttosto compatto come correnti. L’unico accorgi-
mento è che si deve cercare di non far compiere alla coda lunghi tragitti
dal momento che al centro le velocità sono sempre leggermente su-
periori. Nei torrenti appen-
ninici spesso si possono tro-
vare delle isolette in cui le
acque scorrono ai lati di
esse. Anche questa situa-
zione genera a valle delle
realtà tutt’altro che trascu-
rabili. Infatti, i due rami
d’acqua quando a valle
dell’isoletta si uniscono,
danno vita ad un'unica cor-
rente che come spinta è
quasi il risultato della
somma delle due. Anche
qui è importante ciò che
esiste a valle, e se ad
esempio vi è un raschio (A)
la corrente si spalmerà su
tutta la superficie non cre-
ando particolari problemi,
mentre se il materiale tra-
sportato dai due rami ge-
nera una sorta di gobba
centrale a valle dell’isola,
(B) automaticamente si for-
meranno due depressioni
laterali molto interessanti
dal punto di vista alieutico.
In generale anche queste
sono superabili brillantemente, ma va sempre ricordato che le due de-
pressioni laterali alla gobba centrale, influiranno certamente sull’anda-
mento delle spinte dell’acqua. In situazioni del genere in
corrispondenza della gobba centrale la corrente avrà una velocità mag-
giore e se si è costretti a depositare la coda di taglio su tutta la super-
ficie, si avrà una spinta più rilevante al centro con relativo immediato
dragaggio dell’artificiale. Se ne potrebbero elencare ancora di buche in
cui esistono delle situazioni diverse, ma a mio avviso queste sono quelle
più comuni e le più importanti. Del resto il torrente è tutto tranne che
geometria, simmetria o sistematicità, nel senso che ogni angolo è di-
verso dagli altri e che oggi possiede queste geometrie e forse domani
è completamente diverso. Il bello di queste acque è che il pescatore
deve necessariamente entrare in simbiosi con esse e solo così si pos-
sono immediatamente capire le dinamiche liquide e quindi intervenire
al meglio inventando spesso e volentieri in molte situazioni.
Catgut
Pupa
Graziano Viviani

Amo: grub BL #12;


bead: 1, misura 3,0 gold;
filo di montaggio: standard 6/0 Light brown;
corpo: catgut biothread misura L;
ali e sacca alare: Medallion Sheeting Durk Dun;
zampe: pernice
torace: argentinian Hare dubbing Natural
testina: dubbing sintetico dark brown.
Dopo aver inserito la bead, stringiamo l'amo nel morsetto.
Iniziamo col filo di montaggio partendo in prossimità della
bead; arriviamo quindi a metà circa della curvatura
Torniamo a circa 2 mm dalla bead e fissiamo il catgut. Una volta
fissato torniamo verso la curvatura (dove c'eravamo fermati pre-
cedentemente) ATTENZIONE !! Prima di usarlo, è bene immergere
il catgut per circa 3 minuti in acqua calda per ammorbidirlo;
Torniamo col filo in prossimità della bead e avvolgiamo quindi il
catgut a formate il corpo. Una volta raggiunto il punto in cui ci
siamo fermati col filo, blocchiamo il tutto e tagliamo l'eccedenza
Ora blocchiamo due striscioline di medallion, precedentemente
sagomate, ai lati dell'artificiale per formare le ali
A questo punto prendiamo la piuma di pernice e la “sagomiamo”
come in figura per consentirle di imitare le zampette dell'artifi-
ciale.
Fissiamo una striscia di medallion sopra l'artificiale, che servirà a
formare la sacca alare e, successivamente, mettiamo la piuma di
pernice che costituirà le zampe della pupa.
Montiamo del dubbing in asola con l'argentinian hare, formiamo il
torace e ribaltiamo il medallion a formare la sacca alare
Infine, mettiamo un po' di dubbing sintetico dark brown sul filo di
montaggio, formiamo la testina, effettuiamo il nodo di chiusura e
l'artificiale è terminato .
Nella figura seguente viene illustrato l'effetto che può avere la
pupa una volta bagnata
Spazio
33433
francobaroniffm
Libero
328889
m@gmail.com
Bruno Generali

Una The Pearl of


Europe” è un libro
straordinario che ri-
costruisce la storia
di un fiume bellis-
simo, uno e unico,
eterna fonte di vita.
Un corso d'acqua di
214 chilometri dalla
sorgente alla con-
fluenza con la
Sava.
Nasce in Croazia, attraversa la Bosnia e rappresenta in larga parte
confine naturale tra i due stati. L'autore Zeljko Mirkovic, propone un
lavoro importante, risultato di anni di ricerca e approfondimento sul
territorio. Pubblicato da Damir Design nel 2011 in sole 1000 copie, con
il sostegno di sponsor internazionali, ha una cura editoriale notevole e
un ricchissimo corredo fotografico che conta centinaia di belle immagini
a colori, di cui molte a piena o doppia pagina. Interessante l'idea di
riportare i dati GPS nelle didascalie, al fine di offrire la possibilità
agli escursionisti di trovare i luoghi descritti.
UNA alla sorgente
Non si tratta esattamente di un libro di pesca, ma di una vera e propria
monografia sul fiume, con approfondimenti su tutte le meraviglie na-
turali che nasconde, con approfondimenti sui fenomeni idrologici e geo-
logici più significativi. Oltre a contenere tante preziose informazioni per
il pescatore a mosca. Il testo è bilingue: Bosniaco e Inglese.
La sorgente di origine carsica si trova a soli 375 metri sul livello del
mare. Le prime testimonianze legate ad essa risalgono all'epoca ro-
mana, quando i primi legionari raggiunsero queste terre. Si presenta
come una larga pozza di colore verde intenso, con acqua molto fredda.

UNA a Grmusa
L'esplorazione più significativa è stata fatta dall'italiano Luigi Casati,
con una immersione di 205 metri che ha permesso di svelare la vastità
del fenomeno carsico che la origina. Il mistero di queste profondità ha
dato vita nel tempo a diverse leggende, una di queste narra di fate che
durante la notte raggiungono la sorgente per danzare e fare il bagno
in questo angolo magico. Gli affluenti, man mano che il fiume disegna
il suo corso, sono tanti, piccoli ruscelli e torrenti più ampi. Uno dei più
affascinanti è certamente il Krka, un torrente selvaggio di pochi chilo-
metri, che per buona parte attraversa orridi difficilmente raggiungibili.
Un susseguirsi di rapide e larghe pozze con acqua di color turchese. La
confluenza con l'Una è uno spot leggendario. Piccoli gamberi di acqua
dolce sono presenti nelle lame popolate da trote e temoli. Dopo un
viaggio di circa sessanta chilometri, disegnando isole, rapide e cascate,
superata la cittadina di Martin Brod, il fiume Una accoglie un altro af-
fluente da destra: l'Unac. Le sue origini vanno cercate a Bosansko Gra-
hovo, a 850 metri di altitudine, all'ombra dei Monti Dinari.

UNA allaconfluenza con Krka


Qui si trova Ledenica, una ca-
verna lunga oltre venti chilo-
metri con quattordici tunnel, di
cui solo settecento metri sono
stati al momento esplorati. In
questa zona, tra vasti prati e
foreste, si trovano anche i resti
di due insediamenti romani
"Stridon" e "Salvia". L'Unac è
un torrente inusuale, riceve
acqua da dozzine di piccoli af-
fluenti e sorgenti sotterranee,
più di una volta scompare in
passaggi sotterranei per riap-
parire poco dopo, come se gio-
casse a nascondino con chi lo
cerca.
A causa dei frequenti movi-
menti del terreno il suo corso è
cambiato tante volte nel corso
del tempo. Nei pressi del villag-
gio di Prekaja si apre e forma il
Lago di Zupica, ricchissimo di
pesce e considerato un para-
diso dai pescatori.
Poco prima della confluenza
con l'Una un altro torrente di
grande fascino fa ingresso nel-
l'Unac, il Bastasica. Anche in
questo caso l'origine è carsica,
le acque cristalline color verde
smeraldo sono ricche di trote e
temoli e abbondanti di bellezze
naturali. Il fondale di roccia
gialla permette alla luce di
creare effetti cromatici unici at-
traverso l'acqua.
Krka
Lago di Crno
UNA a Klokot

In questa zona si trova anche la "Caverna di Tito", divenuta celebre


durante la Seconda Guerra Mondiale, quando una imponente manovra
militare delle forze tedesche di occupazione tentò di catturare Tito ed
i partigiani al suo seguito, invano. Successivamente l'Una diventa un
fiume importante, attraversa la pittoresca cittadina di Kulen Vakuf,
forma cascate altissime di travertino, rapide imponenti, attraversa ke-
nyon altissimi e selvaggi, fino a raggiungere Martin Brod e poi Bihac.
La temperatura dell'acqua rimane stabile intorno ai 7 gradi per tutto
l'anno, anche in estate.Questo fattore, sommato alla ricchezza di or-
ganismi acquatici, permette a trote e temoli di prosperare un pò ovun-
que. Sono ancora tanti gli affluenti che si incontrano verso valle, tra i
più belli il Klokot e la Krusnika, anche questi teatro di scenari mozza-
fiato, profonde caverne carsiche di acqua purissima, popolate da una
biodiversità difficilmente riscontrabile altrove nel sud Europa.
In queste sorgenti vivono diverse specie di cro-
stacei ed il raro proteo, un piccolo anfibio verte-
brato dalla pelle rosata e la forma sinuosa, simile
ad una lucertola “anguilliforme”. Impossibile poi
non menzionare il fiume Sana, il più grande tra
gli affluenti. Acqua cristallina e limpida, che
portò nell'antichità i romani a chiamarlo "Sana",
da "sanus", che significa salute, per le sue rico-
nosciute proprietà curative. Queste zone, poco
frequentate dal turismo internazionale, offrono
mete davvero interessanti, gli spunti di viaggio
sono tantissimi. Le riserve dedicate alla pesca a
mosca cominciano ad essere numerose, ma
tante di più sono le acque di fatto libere, an-
ch'esse avvincenti. Certo è meglio, queste ul-
time, affrontarle con una guida locale. Le
strutture di accoglienza non sono molte e di
gran pregio, ma disponibili un pò ovunque, pic-
coli hotel, campeggi e soprattutto case private,
solitamente dignitose ed accoglienti. Alcune
informazioni sul territorio si possono reperire sul
sito del Parco Nazionale Una: http://national-
park-una.ba/eng/index.php. Nonostante le ricer-
che fatte non saprei indicare dove poter
acquistare il volume, non sono riuscito a trovarlo
disponibile in nessuna delle librerie specializzate
in Europa. La copia nelle mie mani l'ho ricevuta
direttamente dall'autore incontrato in Germania
lo scorso anno. Comunque, qualche piccola dif-
ficoltà rende la ricerca più intrigante, quindi
buon divertimento a chi vuole provare!

UNA a Rastoke
PESCARE IN

foto (1)
ACQUE “ C ”
Andrea Garinei
Con l’arrivo dell’inverno nella maggior parte dei nostri amati fiumi e
torrenti classificati con
acque “B “ vige generalmente un periodo di chiusura , una parte dei
pescatori rinuncia quindi alla pesca poiche’ questo e’ il periodo della
riproduzione dei nostri amati salmonidi e questa a dir di tutti e’ sicu-
ramente l’espressione piu’ etica e corretta della pesca; ma non tutti
riescono a resistere al richiamo di “ posar piume ” e quindi un’ altra
schiera di pescatori temporeggia l’arrivo della primavera e dell’ aper-
foto (2)

tura pescando quand’ e’ possibile in costose riserve invernali o sem-


plicemente in laghetti a pagamento.
Ma c’e’ anche un piccolo gruppo “ d’ impavidi “ che incurante del freddo
pungente dell’inverno, delle poche ore di luce e della ridotta attivita’
dei pesci, che si sposta semplicemente piu’ a valle dei nostri amati e
consueti corsi d’acqua, in quei luoghi molto spesso poco conosciuti e
snobbati perche’ tratti classificati “ acque C “ .
FOTO 1
Queste acque sono davvero foto (3)
poco considerate per via della
presenza di pesce definito “di
poco valore”, ovvero il “pesce
bianco”, questo e’ da sempre
il regno incontrastato del ca-
vedano…..ma e’ sempre e
solo cosi’? .
FOTO 2
Chi ha avuto modo di speri-
mentare e di dedicare qual-
che uscita invernale
all’esplorazione di questi tratti
credo che sappia che spesso
si possono fare incontri deci-
samente interessanti, infatti
trote e temoli anche se in
presenza molto ridotta,
spesso a seguito degli spo-
stamenti naturali o semplice-
mente a causa delle piene
che si verificano nel corso
dell’anno, trovano anche qui
se pur non con poca diffi-
colta’, una collocazione abita-
tiva.
FOTO 3
Naturalmente i limiti di questi
tratti ci sono e sono sotto gli
occhi di tutti, infatti la popo-
lazione ittica di questi esem-
plari spesso come detto e’
molto limitata e ridotta, l’am-
biente risulta essere meno
naturale e piu’ contaminato
dall’ uomo e la presenza a
volte di qualche scarico non e’
fofto (4)
proprio incoraggiante per il Pam
raffinato ed un po’ schizzinoso; foto (5)
ma per tutti quei pescatori che
si sanno adattare e che non
sono capaci di stare lontano dal
fiume e dalla pesca a mosca,
questi luoghi sono spesso dav-
vero l’ unica salvezza, poiche’ ci
permettono ancora una volta di
divertirci nel praticare la nostra
irrefrenabile passione e rendere
meno noioso il lungo e freddo
periodo invernale.
FOTO 4
Da qui inizia l’avventura che
come prima fase spesso e’ affi-
data alla tecnologia, infatti gra-
zie a Google Maps e’ possibile
identificare quei tratti che a no-
stro giudizio ci sembrano piu’ in-
teressanti e che si presuppone
possano essere redditizi; l’
esplorazione ed il sopraluogo e’
il passo successivo e sono fon-
damentali per rendersi vera-
mente conto se nel tratto scelto
ci possano essere o meno le
condizioni indispensabili per la
presenza dei nostri amati pin-
nuti.
L’ ultima fase e’ quella sicura-
mente piu’ divertente ed entu-
siasmante e che tutti noi
vogliamo vivere, ovvero quella
dedicata alla pesca, quindi ini-
ziano le classiche camminata
lungo la sponda, con lo sguardo
attento e gli occhi puntati sul fiume alla bramosa ricerca di uno di quei
tipici segnali ( bollata o cacciata che sia), che identifichi in maniera
inequivocabile la presenza e l’ attivita’ dei nostri amici; perche’ il no-
stro cuore e’ bramoso ed “affamato” di rivivere ancora una volta la
coinvolgente emozione di una cattura, consapevoli pero’ del fatto che
non sara’ cosi’ facile perche’ siamo in inverno ed il tanto nominato e
temuto “cappotto” e’ sempre in agguato pronto ad essere comoda-
mente indossato.
FOTO 5
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