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Al- Faqr o la povertà spirituale (René Guénon)

L’essere contingente può essere descritto come non autosufficiente e non


capace di comprendere in sé la propria esistenza; ne segue che tale essere è di
per sé nulla e non possiede niente di ciò che lo determina. Tale è la situazione
dell’essere umano per quanto riguarda lo stato individuale, così come lo è per
ogni altro essere manifesto, in qualunque stato si trovi, per quanto possano
esservi grandi differenze tra i gradi dell’Esistenza Universale, di essere nulla
in confronto al Principio. Tali esseri, umani o altri, sono perciò, in tutto e per
tutto, in uno stato di completa dipendenza nei confronti del Principio “a parte
il quale non vi è nulla, assolutamente nulla che esista”; la consapevolezza di
questa dipendenza determina quello stato che talune tradizioni hanno
chiamato “povertà spirituale”.

Allo stesso tempo, per quell’essere che abbia acquisito tale consapevolezza, si
ha, come immediata conseguenza, il distacco nei confronti di tutte le creature
manifeste, poiché diviene consapevole, di qui in avanti, che tali oggetti, come
lui stesso, sono nulla e non hanno alcun valore in confronto alla Realtà
Assoluta. Questo distacco implica essenzialmente e soprattutto, nel caso
dell’essere umano, indifferenza verso il frutto delle azioni, come è insegnato
in particolare nella Bhagavad Gita, atteggiamento che permette all’essere di
sfuggire l’infinita catena di conseguenze che derivano dalle azioni; si tratta
dell’”agire senza desiderio” (nishkaama karma) , mentre l’“agire con
desiderio” (sakaama karma) è l’azione svolta in vista dei suoi frutti. “La vera
causa delle cose è invisibile e non può essere catturata, definita o determinata.
Si può coglierla nella profonda contemplazione da colui che si sia ri-stabilito
nella stato di perfetta semplicità, e da nessun altro.” (Lie-Tseu. ch.IV.)

"Semplicità", come unificazione di tutti i poteri dell’essere, è una caratteristica


del ritorno allo "stato primordiale"; qui si osserva la differenza che separa la
conoscenza trascendente del saggio dalla conoscenza ordinaria e "profana".
Questa "semplicità" è quanto altrove è chiamato "infanzia" (in sanscrito
baalya), da intendersi in senso spirituale, infanzia che nella dottrina Indù è
considerata la condizione indispensabile per la vera conoscenza.

Si ritrovano qui le parole corrispondenti nei Vangeli: "Chi non accoglie il


regno di Dio come un bambino, non vi entrerà" (Luca XVIII 17), "Tu hai
nascosto queste cose agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Matteo XI 25)
Luca X 21). "Semplicità" e "piccolezza" sono equivalenti, in realtà alla
"povertà" che spesso è menzionata nei Vangeli, e che spesso è oggetto di
equivoci: "Beati i poveri di spirito, loro è il Regno dei Cieli" (Matteo V 2).

Questa "povertà" (in Arabo al-faqr) conduce, secondo l'esoterismo islamico,


ad al-fanaa, all'estinzione dell'ego; (nota: tale "estinzione" non è priva di
analogie, fino al significato letterale della parola, con il Nirvana della dottrina
Indù; oltre al-fanaa vi è fanaa' al-fanaa', l'estinzione dell'estinzione, che
corrisponde adeguatamente al paranirvana.) e, grazie a questa "estinzione" si
raggiunge la "stazione divina" (al-maaqam al-ilaahii), il punto centrale in cui
tutte le distinzioni proprie dei punti di vista estrovertiti sono superate e tutte
le contrapposizioni sono svanite e risolte in un equilibrio perfetto. "Nello stato
primordiale, le contrapposizioni non esistono. Esse derivano dalla
diversificazione degli esseri (inerente la manifestazione e, come essa,
contingente) e dal reciproco contatto causato dalla rotazione Universale (la
rotazione della "ruota cosmica" sul proprio asse). Esse cessano di affliggere
l'essere che abbia ridotto a nulla la distinzione dell'ego e il suo particolare
movimento. (Choang-Tseu, ch. XIX.)

La riduzione dell'ego individuale, che infine scompare riassorbito nel singolo


punto, è quanto si indica con al-Fanaa e anche con il "vuoto" menzionato; per
di più, è chiaro che, seguendo il simbolismo della ruota, il "movimento" di un
essere si riduce mano a mano che si avvicina al centro.

Per "semplicità" si intende l'unità "senza dimensioni" del punto primordiale,


che segna la fine del movimento nella sua origine. "L'uomo completamente
semplice influenza con la sua semplicità tutti gli esseri, così che dalle sei
regioni dello spazio nulla si oppone al lui, nulla gli è ostile e il fuoco e l'acqua
non gli possono nuocere". (Lie-Tseu, ch. II.) In effetti egli rimane al centro
delle sei direzioni che da lui provengono per emanazione e a cui ritornano,
per quel movimento che riporta all'indietro, per essere neutralizzate due a
due, cosicché in quello stesso punto le tre coppie di opposti cessano di esistere
completamente, e nulla che ne derivi o che vi appartenga può raggiungere
l'essere che dimora nell'unità immutabile.

Se dunque non si oppone a nulla, nulla si porrà contro di lui, poichè


all'opposizione è necessaria la reciproca relazione, che necessita della
presenza di due termini, incompatibile con l'unità del principio; l'ostilità, che
è solo il risultato della manifestazione esteriore dell'opposizione, non può
esistere in relazione a un essere che è al di fuori e al di là di tutte le
opposizioni. Fuoco e acqua, che sono i generi opposti nel "mondo
elementare", non possono nuocergli, poichè, in realtà, non esistono più come
opposti, essendo ritornati, bilanciando e neutralizzandosi l'uno con l'altro
nella riunione delle specifiche qualità, che sebbene opposte le une alle altre,
cono effettivamente complementari, nell'indifferenziazione dell'etere
primordiale.

Quel punto centrale che è per l'essere umano la comunicazione con gli stati
più elevati o "celesti", è la "porta stretta" del simbolismo evangelico e che per
le ragioni esposte sopra risulterà chiaro chi siano quei "ricchi" che non
possono oltrepassarla; sono gli esseri attaccati alla molteplicità, che sono
perciò incapaci sollevarsi dalla conoscenza distintiva; di unificare la
conoscenza. L'attaccamento infatti, è l'esatto opposto del distacco indicato in
precedenza, così come la ricchezza è l'opposto della povertà, e coinvolge
l'essere in una infinita serie di cicli di manifestazione.

L'attaccamento alla molteplicità è anche, in un certo senso, la "tentazione" di


cui parla la Bibbia che, facendo assaggiare all'essere il frutto dell'"Albero della
Conoscenza del Bene e del Male" lo allontana dall'unità centrale originaria e
gli impedisce di raggiungere l'"Albero della Vita"; proprio per questo, infatti,
l'essere è sottoposto alla nascita e alla morte. L'apparente via senza fine della
molteplicità è raffigurata con esattezza dalle spire del serpente avvolte attorno
all'albero che simboleggia l'"Asse del Mondo"; questa è la via di "coloro che
sono condotti fuori strada (ad-daalliin), di coloro che sono in "errore" nel
senso etimologico della parola, in contrapposizione alla "retta via" (as-siraat
al-mustaqiim), in ascensione verticale sullo stesso asse, via citata nella prima
Sura del Corano. (nota: la "retta via" è identica al Te o la "Rettitudine" di Lao-
Tze, la direzione che deve essere seguita affinché la vita sia in armonia con la
"via" (Tao) o il altre parole, in conformità col Principio.)

"Povertà", "semplicità" e "infanzia" sono niente altro che la stessa cosa, e il


processo di svestizione che queste parole esprimono [..] culmina in una
"estinzione", che in realtà è la pienezza dell'essere, come l'"inazione" (wu-wei)
è la pienezza dell'attività, poiché da quella tutte le attività derivano; "Il
Principio è sempre inattivo, eppure ogni cosa è prodotta da lui".(Tao-Te-
Ching, XXXVII.)

L'essere che ha raggiunto in questo modo il punto centrale ha realizzato, in


senso compiuto, l'umanità nella sua interezza; egli è il "vero uomo" (chenn-
jen) del Taoismo e quando, partendo da questo punto per raggiungere gli stati
più elevati, abbia raggiunto il pieno completamento delle sue possibilità, sarà
diventato l'"Uomo Divino" (sheun-jen), ovvero l'"Uomo Universale" (al-
insaan al-kaamil) dell'esoterismo islamico. Dunque possiamo dire che coloro
che sono "ricchi" dal punto di vista della manifestazione sono realmente
"poveri" in relazione al Principio, e viceversa; ciò è quanto viene espresso
chiaramente "Gli ultimi saranno primi e i primi saranno ultimi" (Matteo XX
16); e noi dobbiamo ancora una volta osservare la perfetta concordanza tra
tutte le dottrine tradizionali, che non sono altro che diverse espressioni della
sola Verità.

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