ESERCIZIO
Il più spesso possibile diventa consapevole della grande terra sotto di te.
Diventa consapevole con la vista e il tatto, e soprattutto prendi coscienza delle
sensazioni che provengono dalle piante dei piedi. Se non sei all’esterno, puoi
usare la tua immaginazione per sentire la terra sotto il pavimento su cui ti trovi o
nell’edificio in cui sei al momento.
SCOPERTE
Passiamo tutto il giorno camminando o guidando sulla superficie terrestre e
siamo quasi completamente ignari dell’enorme globo che è il nostro
sostentamento, così come della forza di gravità che la Terra esercita su di noi.
Per molti diventare consapevoli della Terra sotto di noi, che sostiene ogni
nostro passo, che è alla base stessa della nostra vita, è profondamente
incoraggiante.
È facile perdere l’equilibrio quando rimaniamo chiusi in noi stessi, distratti,
continuando a rimuginare sulle cose. Se l’attenzione viene estesa, attraverso le
piante dei piedi, fino alla Terra, ci sentiamo invece radicati, più solidi, meno
sballottati da pensieri ed emozioni o da eventi imprevedibili.
Il monaco Thich Nhat Hanh scrive:
“Amo camminare da solo lungo i sentieri di campagna, fra piante di riso
e maggesi, posando a terra ogni piede con consapevolezza, sapendo
che cammino sulla nostra meravigliosa Terra.
In questi momenti l’esistenza è una realtà miracolosa e misteriosa.
Solitamente si considera un miracolo camminare sull’acqua o nell’aria.
Ma, per quanto mi riguarda, il vero miracolo è camminare sulla Terra…un
miracolo che non riconosciamo nemmeno.”
LEZIONI PROFONDE: PRATICA DELL’ EQUANIMITA’
“La vera equanimità non è tenersi lontano dagli aspetti della vita, ma
un’equilibrata apertura verso ognuno di essi.”
L’equanimità riguarda il conseguimento dell’equilibrio nella vita. Essa consiste
in una stabilità mentale e in una calma comprensione che consentono di
“restare con” il panorama costantemente mutevole del mondo in cui viviamo.
Consente di connettersi più profondamente, invece di prendere le distanze
dalle cose o allontanarle.
Può aiutare a non sentirsi sopraffatti dal dolore a cui si assiste, che si ascolta e si
percepisce su di sé.
L’equanimità si sviluppa imparando a restare nel momento presente e a
mantenere aperto il proprio cuore. Non comprende solo la capacità di regolare
le emozioni, ma anche una profonda accettazione e una saggezza senza
prevenzioni.
Non importa quanto possa essere piacevole o dolorosa una situazione, si
impara ad accogliere l’esperienza con equilibrio e apertura, per incontrare
pienamente il momento, come “un amico”.
Possiamo immaginare l’equanimità come il sistema GPS delle auto: esso non si
arrabbia mai quando facciamo un errore; capisce di aver preso una strada
sbagliata e invece di arrabbiarsi pronuncia un neutrale “ricalcolo”.
Attraverso l’equanimità si sviluppa il coraggio di restare aperti alla sofferenza. È
una stabilità senza reattività, senza la necessità di restare aggrappati alle cose,
che aiuta ad abbracciare il cambiamento piuttosto che resistergli. È una qualità
illimitata del cuore che dona la capacità di incontrare la vita così com’è
diventando la “miglior casa di sé stessi”.
Per coltivare l’equanimità si possono usare delle frasi, ripetute silenziosamente,
per aiutarci a rimanere radicati quando perdiamo il nostro appoggio. Ad
esempio:
Vorrei che le cose fossero diverse, ma che io possa rimanere con loro
lasciandole così come sono.
Non importa quanto io possa desiderare che siano diverse, le cose sono come sono.
Non si cerca di forzare nulla né di fare in modo che l’esperienza propria o altrui
divenga un particolare stato mentale.
Lo scopo è invece quello di sviluppare un particolare atteggiamento verso
l’esperienza o una qualità della consapevolezza che consentano di “restare
con” qualunque cosa si presenti, accogliendola con pazienza e comprensione.
Un’immagine che viene usata spesso per illustrare l’equanimità è quella di una
montagna. Non importa come sia il clima, la montagna resta salda e incrollabile.
Durante la nostra meditazione ci possiamo identificare con la montagna,
legandoci alla sua forza e stabilità e adottarle come se fossero nostre.
Possiamo usare le sue energie per supportare i nostri sforzi e per incontrare
ogni momento con un atteggiamento chiaro ed equanime…le nostre tempeste
emozionali e le nostre crisi sono molto simili al clima della montagna.
Tendiamo a viverle in modo troppo personale, ed invece la loro natura è
impersonale…proprio in mezzo alle tempeste arriviamo a conoscere un silenzio
più profondo e una fermezza e una saggezza che non avremmo mai pensato
possibili.
CONCLUSIONE
Se riuscissi a mantenere una costante consapevolezza dell’intera Terra che sta
sotto i miei piedi, nonché la consapevolezza di me stesso come un punto
minuscolo, temporaneamente animato,
che abita la sua superficie, non avrei bisogno di altri esercizi.
Bibliografia:
“Come addomesticare un elefante selvaggio”, di Jan Chozen Bays
“Mindfulness in psicoterapia”, di Pollak, Pedulla & Siegel