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N. 1
comitato scientifico
Massimo Adinolfi, Jean-François Courtine, Jesus Adrian Escudero,
Roberto Esposito, Enrica Lisciani-Petrini, Jeff Malpas, Giacomo
Marramao, Alberto Martinengo, Peter Sloterdijk, Elettra Stimilli,
Peter Trawny, Gianni Vattimo,Vincenzo Vitiello.
I QUADERNI NERI
DI HEIDEGGER
a cura di
Donatella Di Cesare
MIMESIS
La traduzione di Bensussan è di Marco Carassai, quella di Zaborowski è di Alberto
Martinengo, quella di Cohen e Zagury-Orly è di Diana Napoli. Le altre sono di Dona-
tella Di Cesare.
Prefazione 7
di Donatella Di Cesare
Alessandra Iadicicco
La prosa e lo stile dei Quaderni Neri. Un diario sui generis 9
Alberto Martinengo
La metafisica dei Quaderni neri 41
Peter Sloterdijk
Imprigionato nei Quaderni neri 61
Paolo Vinci
Hölderlin nei Quaderni neri 75
Vincenzo Vitiello
Historie e Geschichte nei Quaderni neri di Heidegger 105
Judith Werner
Heidegger e la Lügenpresse 145
Jesús Adrián Escudero
Heidegger sui tedeschi e sul popolo ebraico 155
Riccardo Pozzo
Lo spirito contro l’anima.
L’antisemitismo tra Klages e Heidegger 171
Gianni Vattimo
Heidegger teologo cristiano? 183
Holger Zaborowski
La metafisica, il cristianesimo e la morte
di Dio nei Quaderni neri 193
Gérard Bensussan
Heidegger, una metapolitica dell’autodistruzione 225
Peter Trawny
Il mito di Heidegger 241
Donatella Di Cesare
Heidegger – tra apocalittica e rivoluzione 253
Francesco Valerio Tommasi
HEIDEGGER E LA “DISTRUZIONE”
DELLA STORIA DELLA FILOSOFIA
NEI QUADERNI NERI
tali, come esibizione dei loro «certificati di nascita», non ha niente in comune
con una brutta relativizzazione dei punti di vista ontologici. Altrettanto poco
questa decostruzione ha il senso negativo dello sbarazzarsi della tradizione on-
tologica. [...] La decostruzione non si propone di seppellire il passato nel nulla,
ma ha un intento positivo; la sua funzione negativa resta inesplicita e indiret-
ta.1
Troviamo risposta alla domanda su cosa sia la filosofia non nelle definizio-
ni che storicamente sono state date della filosofia, ma nel colloquio con ciò che
ci si è tramandato come essere dell’ente. Questa via di risposta alla nostra do-
manda non rappresenta né una rottura con la storia, né una negazione della sto-
ria stessa, ma una appropriazione e una metamorfosi di ciò che è stato traman-
dato. È questa appropriazione che intendiamo con il termine «distruzione»
[Destruktion]. Il senso di questo termine è stato circoscritto in modo chiaro in
Essere e tempo (§ 6). La distruzione non significa demolizione [Zerstörung],
A partire dalla traduzione di Gérard Granel nel 1968 del testo heideggeria-
no Della questione dell’essere [Zur Seinsfrage], déconstruction è stato usa-
to infatti per rendere in francese il termine heideggeriano di Abbau. Ma ho
detto di come Abbau sia esattamente il termine con cui Heidegger spiega e
chiarisce – pur non univocamente, come dirò – il senso “positivo” della
Destruktion. A queste circostanze e al rapporto proprio tra Destruktion e
déconstruction rimanda espressamente anche Jacques Derrida.4
Traducendo la stessa Destruktion – e dunque non lo Abbau – con «deco-
struzione» compio evidentemente un ulteriore e più deciso passo; e la scel-
ta è tanto più carica di conseguenze teoriche, visto che ci troviamo oggi a
valle della vicenda storica della decostruzione stessa. Il termine infatti ri-
suona carico di ulteriori significati, e non può più essere proposto solo
come un tentativo linguistico di rendere meglio il senso insito nella spiega-
zione della Destruktion come «smontaggio», Abbau. La decostruzione der-
ridiana, poi, è evidentemente anche altro e molto di più della Destruktion e
sono note le critiche derridiane ai residui heideggeriani di metafisica e di
«logocentrismo». Inoltre, voler intaccare una tradizione consolidata di tra-
duzione è operazione evidentemente rischiosa – potrei dire quasi “distrut-
tiva” nel senso negativo.
Tuttavia questa scelta di traduzione è soprattutto funzionale, qui, all’a-
nalisi della Destruktion e della distruzione in generale nei Quaderni neri.
Rispetto infatti a una trattazione che in Heidegger sembra presentarsi con
tratti di continuità, i primi due volumi dei Quaderni, e – almeno contrasti-
vamente e negativamente anche il terzo, come dirò – sembrano presentare
una sfasatura rilevante. Negli appunti di quei testi risalenti alla fine degli
anni ̔30 e all’inizio degli anni ̔40, infatti, si assiste a una altrimenti inedi-
ta messa in questione della Destruktion. Heidegger arriva persino a teoriz-
zarne un superamento. Tutto ciò procede parallalemente a un’accentuazio-
ne enfatica del tema della Zerstörung – che infatti all’inizio degli anni ̔20,
sia pur raramente, è talora utilizzato con un senso analogo alla Destruktion.
Tale accentuazione è accompagnata poi dall’affacciarsi di idee che ne
estremizzano il senso, come l’annichilimento [Vernichtung] o la desertifi-
cazione [Verwüstung]. Nel dopoguerra, come detto, le occorrenze di De-
struktion si diradano, certo, ma ciononostante non sono assenti. Soprattut-
to, il concetto non viene messo più direttamente in questione, come invece
nei Quaderni neri. Anzi, il suo chiarirsi in positivo alla luce dello Abbau e
in negativo anche mediante il contrasto con la Zerstörung, è un guadagno
4 Cfr. J. Derrida, Lettre à un ami japonais, in Id., Psyché, Inventions de l’autre, vol.
I, Galilée, Paris 1987, p. 338.
26 I Quaderni neri di Heidegger
che, pur presente già negli anni ̔20, sembra definitivo – o quantomeno più
consolidato – proprio a partire dai testi degli anni ̔50 e ̔60.
Il superamento della Destruktion sembra quindi essere in qualche modo
una tentazione presente solo nei primi Quaderni neri, o comunque in que-
gli anni, ma Heidegger vi rinuncia quasi subito: già nel quarto volume de-
gli stessi Quaderni, il concetto viene ripreso e descritto in termini coerenti
a quelli di Essere e tempo. Tuttavia, questa tentazione è forse indice di qual-
cosa. L’analisi dei testi mostrerà come lo scetticismo, da parte di Heidegger,
nei confronti dello strumento teorico, che si è potuto fecondamente svilup-
pare nel senso della decostruzione derridiana, vada legato a un tentativo di
radicalizzazione del discorso del «nuovo inizio» e dell’Ereignis.
La scelta di traduzione di Destruktion con decostruzione, e la messa in
luce della novità della tentazione presente soprattutto nei Quaderni neri,
lascia emergere una distinzione – certo non pensabile schematicamente, e
ciononostante, a mio giudizio, tracciabile – tra due direzioni possibili del
pensiero heideggeriano. Si tratta di due direzioni che solo parzialmente
sono sovrapponibili alla distinzione tra il “primo” e il “secondo” Heideg-
ger. Una procede – oserei dire spasmodicamente – alla ricerca di un punto
di partenza nuovo, di una arché pura e incondizionata: per cui Heidegger
insiste sull’essenza [Wesen] – come sostantivo – dell’essere, che può e
deve emergere dalle rovine di un mondo dove onnipresente e innarestabile
è la «distruzione» [Zerstörung]. Tale linea riduce il carattere di paradossa-
lità, provvisorietà, passività che è struttuale alla «decostruzione» [De-
struktion]. Secondo un’altra direzione possibile, invece, Heidegger insiste
sulla inevitabilità di aspetti circolari e non riducibili, sulla natura non con-
clusivamente dialettica del rapporto tra storia e filosofia, sul carattere ine-
luttabilmente deuterologico e deuteronomico del pensiero, sulla contami-
nazione e velatezza dell’essere, sul wesen come verbo, mai espressione di
una identità fissa e definita. La Destruktion come decostruzione è paradig-
matica di questa seconda opzione.
Ogni indagine filosofica, anche la più radicale e quella che più cerca un nuo-
vo inizio, è permeata di concetti traditi e dunque di orizzonti e prospettive tra-
mandati dalla tradizione, dei quali non si può dire con certezza che derivino
dall’ambito di essere e dalla costituzione di essere che pretendono di compren-
dere. Perciò all’interpretazione concettuale dell’essere e delle sue strutture, os-
sia alla costruzione riduttiva dell’essere [reduktive Konstruktion des Seins] si
accompagna necessariamente una decostruzione [Destruktion], ossia uno
smontaggio critico [kritischer Abbau] della tradizione e dei concetti che in pri-
ma battuta si devono inevitabilmente usare, riconducendoli alle fonti da cui de-
rivano. Solo mediante la distruzione l’ontologia si può assicurare fenomenolo-
gicamente della veridicità dei propri concetti.5
Su queste basi non sembra casuale che nelle lezioni del semestre suc-
cessivo, dedicate alla Fenomenologia dell’intuizione e dell’espressione, il
cui sottotitolo recita Teoria della costruzione concettuale filosofica, ven-
ga dedicato alla «decostruzione fenomenologica» l’intero ultimo paragra-
fo dell’introduzione, e che poi la Destruktion compaia nei titoli di entram-
be le parti in cui si suddivide il testo – Decostruzione del problema
dell’apriori e Decostruzione del problema del vissuto –, nonché nei titoli
delle due sottosezioni della seconda parte, dedicate rispettivamente a Na-
torp e Dilthey. La Destruktion qui viene ripetutamente definita «fenome-
nologico-critica» e viene descritta come il movimento che, legato a quan-
to inevitabilmente precede il pensiero, in particolare all’esperienza e alle
parole nel loro uso comune, si prefigge non di ridurre in macerie [Zer-
trümmern], ma di «smontare» secondo un «orientamento» [gerichteter
Abbau]. La decostruzione, dice ancora Heidegger, ha a che fare con
l’«impallidire della significatività» [Verblassen der Bedeutsamkeit], ossia
con quel processo per cui si perde il riferimento originario alla «esperien-
za fattuale della vita» [faktische Lebenserfahrung]: non si tratta di uno
scomparire, ma di un perdere il riferimento originario all’esistenza [Exi-
stenzbezug], che deve essere ristabilito.9
Si deve altresì notare che nel già citato testo delle lezioni dedicate ai
Grundprobleme der Phänomenologie del 1919-20 compare anche il termi-
ne Zerstörung, con un significato che ancora non sembra molto distante da
quanto Heidegger vuole esprimere con la Destruktion: si parla ad esempio
della «distruzione» della vita del mondo ambiente, ossia della cancellazio-
ne dei rapporti immediati e spontanei con cui si ha a che fare con la quoti-
dianità mondana, per lasciar apparire la legalità delle relazioni stesse nella
sua Sachlichkeit, nella sua obiettività neutra.10 Inoltre, anche negli appunti
preparatori a quelle che sarebbero dovute essere lezioni dedicate ai fonda-
menti filosofici della mistica medievale del 1918-19, si descrive la fenome-
9 GA 59, SS 1920, pp. 29-35. Nel paragrafo 18 delle lezioni del semestre invernale
1920-21, dedicate alla Introduzione alla fenomenologia della religione, Heidegger
utilizza ancora il concetto di «decostruzione fenomenologica», discutendo il
rapporto tra storia della religione e filosofia e fenomenologia della religione: cfr.
GA 60, p. 78 (trad. it. di G. Gurisatti, Fenomenologia della vita religiosa, Adelphi,
Milano 2003). Il concetto qui non viene descritto, ma ripetutamente chiamato in
causa e applicato alla esperienza di vita fattuale cristiana e poi alla teologia: cfr.
pp. 79, 125, 131, 135. Nelle successive lezioni dedicate ad Agostino e al
neoplatonismo, Heidegger consacra due paragrafi alla Destruktion sia del decimo
libro delle Confessioni che di Plotino: cfr. pp. 27 e 269.
10 Cfr. GA 58, p. 209.
30 I Quaderni neri di Heidegger
del giovane Lutero si riscontra l’uso del termine destructio in due sensi non
distanti da quello heideggeriano: da un lato l’umiliazione divina delle pre-
tese umane di autogiustificarsi, che è un opus alienum da parte di Dio, una
mossa negativa volta a preparare il terreno alla grazia; dall’altro lato, l’idea
che anche la teologia debba procedere a una destructio delle sovrastutture
scolastiche, aristoteliche e perciò pagane.16
Il giovane Heidegger era cresciuto formandosi alla neoscolastica prima,
alla fenomenologia poi: due impostazioni di pensiero evidentemente mol-
to distanti tra loro, ma accomunabili almeno per un tratto. Il rifiuto di attri-
buire un ruolo decisivo alla storia. Mirando alla philosophia perennis o al
ritorno alle “cose stesse”, entrambe le correnti credono alla possibilità di
una “filosofia come scienza rigorosa”, astorica, tanto che la fenomenologia
fu accusata di voler costituire una “nuova scolastica”. Proprio contro que-
sta impostazione della fenomenologia polemizza esplicitamente Heidegger
in un paragrafo delle lezioni dedicate al Sofista platonico del 1924-25,
dove afferma che andare «alle cose stesse» non significa «liberarsi dal pas-
sato», quanto piuttosto «liberare il passato» dai vincoli della tradizione: ap-
propriazione del passato è quindi – in queste pagine – decostruzione [De-
struktion] della tradizione.17
18 Cfr. GA 65, p. 179 (trad. it. Contributi alla filosofia (Dall’evento), di F. Volpi,
Adelphi, Milano 2007.
19 GA 65, p. 68.
20 Ivi, p. 221.
21 In un testo degli stessi anni, invece, Abbau chiarisce già positivamente la
Destruktion, mentre a Zerstörung è attribuito il senso solo negativo: cfr. Besinnung,
GA 66, p. 66.
22 GA 65, pp. 276-277 e 315.
F.V. Tommasi - Heidegger e la “distruzione” della storia della filosofia 33
23 GA 65, p. 478.
24 GA 65, p. 3.
25 GA 65, p. 228.
26 GA 94, p. 1 (trad. it. Quaderni neri 1931-1938 [Riflessioni II-VI], di A. Iadicicco,
Bompiani, Milano 2015).
27 Cfr. GA 94, p. 529.
34 I Quaderni neri di Heidegger
Ora il mondo è fuori di sé [die Welt aus den Fugen]: la terra è un campo di
distruzione [Zerstörung]. Nessuno sa cosa significhi essere [Seyn]. Ma, di prin-
cipio [überhaupt], possiamo [können] saperlo? E se sì, abbiamo il dovere [sol-
len] di farlo? E se sì ancora, come deve diventare conoscibile?28
28 Ivi, p. 218.
29 Cfr. ivi, p. 75.
30 Cfr. ivi, p. 322
31 Ivi, p. 55.
32 In un passaggio significativo si fa riferimento al saggio sul Satz vom Widerspruch:
«smontaggio [Abbau] delle leggi del pensiero assimilato. Ritorno all’origine, che
così viene mostrata. Montaggio [Auf-Bau] di ciò che quelle leggi del pensiero
propriamente esprimono, a partire dall’origine e verso l’assunzione di potenza
[Ermächtigung]». Cfr. ivi, p. 47.
F.V. Tommasi - Heidegger e la “distruzione” della storia della filosofia 35
33 Ivi, p. 90.
34 Ivi, p. 89.
35 Ivi, p. 95. In una nota a margine al testo Dell’essenza del fondamento Heidegger
aveva già parlato di Destruktion riferendosi alla differenza ontologica: cfr. GA 9,
p. 163 (trad. it. di F. Volpi, Dell’essenza del fondamento, in Segnavia, Adelphi,
Milano 1987). Al proposito cfr. P. Ciccarelli, Gli anni ̔30. Distruzione della
differenza ontologica, cap. II, in Sentieri della differenza. Per un’introduzione a
Heidegger, a cura di A. Ardovino NEU, Roma 2008, pp. 47-87.
36 I Quaderni neri di Heidegger
La storia della filosofia non è la «storia» [Geschichte] degli errori nel senso
della messa in fila di un’inesattezza dietro l’altra; ma certo la storia della filo-
sofia è in sé un’odissea [Irrfahrt] in cui si esperiscono [er-fahren] gli errori e in
cui ogni volta si intravvede una sporgenza della verità dell’essere.38
36 GA 94, p. 213.
37 Ivi, p. 115: si parla di «Zerstörung dell’università», ma questo movimento
«negativo» diventa efficace solo se orientato all’educazione di una nuova genia
[Geschlecht]. Si hanno altresì molte occorrenze di Zerstörung in senso ordinario
e dunque tendenzialmente negativo: alle pp. 316, 340 e 401 si parla di «distruzione
della terra» e alla p. 520 di «mondo distrutto»; alla p. 240 la distruzione della
verità è affiancata all’oblio dell’essere.
38 GA 95, p. 227 (trad. it. Quaderni neri 1938-1939 (Riflessioni VII-XI), di A.
Iadicicco, Bompiani, Milano 2016).
F.V. Tommasi - Heidegger e la “distruzione” della storia della filosofia 37
Possiamo osare una convinta non scientificità della filosofia solo se siamo
in condizione di vagare attraverso [durchirren] le vie false [Irrwege] della sua
storia [...] A partire da ciò intravvediamo un minimo dell’essenza dell’inizio
del pensiero e tralasciamo alcune di quelle cose che dobbiamo anzitutto evita-
re di pensare come presupposti [Hinwegdenken], per porci nelle condizioni di
ideare [erdenken] l’essere; ma questo ha così poco a che fare con l’opinare co-
mune e con il suo procedere quasi a tastoni, che in realtà deve trattarsi di un evi-
tare presupposti nel pensiero [Hinwegdenken] che non distrugge [zestört] o
nega, ma costruisce binari in cui può scorrere il percorso di coloro che si pon-
gono questioni. Questo evitare di presupporre nel pensiero [Hinwegdenken]
precedentemente chiamato, per un malinteso, decostruzione [Destruktion] vale
per il superamento [Überwindung] del primato, presente universalmente ma
allo stesso tempo irriconoscibile, dell’ente».39
39 GA 95, p. 228.
40 Cfr., rispettivamente, ivi, pp. 16, 47, 94, 104, 227, 392.
38 I Quaderni neri di Heidegger
vente anche associata alla questione della storia, e posta soprattutto in con-
nessione alla contrapposizione tra storia [Geschichte] dell’essere (Seyn) e
storia della filosofia [Historie der Philosophie] come disciplina letteraria.41
In un passaggio dove tratta proprio della «distruzione storica», Heidegger
afferma che detta «distruzione storica [geschichtliche Zerstörung] [...] può
ancora – contro la propria volontà – contribuire a dare l’avvio all’inizio di
un divenire essenziale [wesentlich], se non è divenuta ancora
desertificazione». 42 La distruzione viene quindi associata anche
all’annichilimento,43 mentre il «nuovo inizio» viene definito come ciò che
non può essere «distrutto».44
Se invece nel volume 97 della GA, il quarto dei Quaderni, ricompare a
tratti la Destruktion,45 con un senso che inizia a tornare a essere analogo a
quello di Essere e tempo – e che si ritroverà come detto anche in seguito,
nel dopoguerra – nel volume 96, risalente agli anni 1939-41, il termine non
compare mai.46 Questo volume è invece posto sotto il seguente esergo:
41 Cfr. ad esempio GA 95, pp. 99, 103, 160, 182, 202, 253, 295, 336, 371, 380, 386,
427, 436. Sulla polemica di Heidegger con lo storicismo, e sulla sua importanza
per comprendere lo sviluppo più in generale del suo pensiero cfr le considerazioni
che già nel 1963 conduceva G. Vattimo in Essere, storia e linguaggio, Edizioni di
Filosofia, Torino 1963.
42 GA 95, p. 366. Sulla desertificazione cfr. le importanti considerazioni di D. Di
Cesare, Heidegger e gli ebrei. I «Quaderni neri», Bollati Boringhieri, Torino
2014, pp. 126 e ss. dove all’idea negativa di desertificazione come idea anarchica
si contrappone il senso positivo del deserto nella tradizione ebraica, connesso al
rifiuto di ogni arché umana. Proprio questa potenzialità “anarchica” ci sembra
presente nel concetto originario di Destruktion-decostruzione, come continua
rimessa in discussione dei presupposti, mentre al contrario la ricerca del «nuovo
inizio» come momento determinato del tempo risponde piuttosto alla nostalgia di
un principio rassicurante.
43 GA 95, pp. 371 e 425.
44 GA 95, p. 265.
45 Cfr. ad esempio GA 97, pp. 141, 177, 198-99.
46 Lo stesso, significativamente, si verifica nei testi della fine degli anni ’30 raccolti,
sotto il titolo di Geschichte des Seyns, nel volume 69 della GA (trad. it. La storia
dell’essere, di A. Cimino, Marinotti, Milano 2012).
47 GA 96, p. 3.
F.V. Tommasi - Heidegger e la “distruzione” della storia della filosofia 39