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Nota per il lettore: per evitare di essere pedanti nel ripetere troppe volte gli stessi concetti e in
modo da favorire una lettura scorrevole dell’elaborato, in alcune domande sono presenti alcuni riferimenti di
rimando ad altre risposte. Il fine dei riferimenti è da intendersi come le conoscenze e i concetti necessari – che
avremmo sicuramente esposto a guisa di introduzione in un’ipotetica risposta orale - ai fini di una
trattazione completa e approfondita dell’argomento richiesto.
Inoltre, per facilitare una lettura veloce ma al contempo riportare argomentazioni utili ai fini di una risposta
che non dà niente per scontato, si è deciso di porre tra parentesi quadre e in una dimensione carattere
inferiore argomenti non espressamente richiesti.
1) Disegnare il diagramma di stato Fe-C. Identificare le fasi di equilibrio e la loro
struttura cristallografica, i campi monofasici e bifasici. Quale è la massima solubilità del
carbonio nelle differenti soluzioni solide? Quali sono le trasformazioni invarianti?
Quale è la microstruttura della perlite e della ledeburite?
Ferrite: soluzione solida con piccole percentuali di carbonio nel Fe-α e Fe-δ, a
struttura CCC e con piccole percentuali di carbonio
Austenite: soluzione solida di carbonio nel reticolo CFC del Fe-γ
Cementite: si tratta in realtà di una fase metastabile che tende a separare grafite, ma
con tempi estremamente lenti; formata da cristalli di carburo Fe3C. si distingue in:
o Cementite primaria: separata dal liquido nelle leghe ipereutettiche;
o Cementite secondaria: separata dall’austenite in seguito alla diminuzione di
solubilità del carbonio nel Fe-, nelle leghe ipereutettoidiche e nelle leghe
ipoeutettiche;
o Cementite terziaria: separata dalla ferrite in seguito alla diminuzione di
solubilità del carbonio nel Fe-α, talvolta trascurata (piccolissime quantità).
Ledeburite: lamelle alternate di austenite e cementite, formate alla T eutettica
quando il liquido raggiunge la composizione eutettica (per leghe eutettiche,
ipoeutettiche e ipereutettiche).
Ledeburite trasformata: formata dall’eutettoide in seguito alla trasformazione della
ledeburite; la solubilità del carbonio nell’austenite contenuta nella ledeburite
diminuisce formando cementite secondaria, fino a raggiungere la composizione
eutettoidica. A questa T l’austenite contenuta nell’eutettoide si trasforma in perlite.
La ledeburite trasformata risulta quindi costituita da lamelle alternate di cementite
e perlite.
Perlite: lamelle alternate di ferrite e cementite; si forma alla composizione e alla T
eutettoidiche per trasformazione dell’austenite.
Nei campi monofasici è sempre presente soltanto una delle fasi precedentemente discusse.
Nei campi bifasici sono sempre presenti due sole delle fasi precedentemente discusse;
tuttavia, a seconda della composizione, la microstruttura della lega varia sensibilmente.
Il ferro puro è un materiale polimorfo con tre forme allotropiche, che formano altrettante
soluzioni solide:
Per le reazioni invarianti, ricavando le composizioni delle varie fasi mediante la connodale
e calcolando la quantità relativa delle stesse tramite l’applicazione della regola della leva, è
possibile conoscere la composizione delle fasi prima e dopo la reazione. Si precisa inoltre
che le relazioni valgono anche in senso inverso, ma ovviamente avverrà la reazione
opposta. Tali avvengono anche in leghe con composizioni diverse da quelle invarianti, nel
momento in cui una fase della lega raggiunge la composizione invariante a quella T.
6,7−1,2
%γ= ∙ 100=93,22 %
6,7−0,8
1,2−0,8
%Fe3C= ∙ 100=6,78 %
6,7−0,8
4,3−2,5
%γ= ∙ 100=81,82 %
4,3−2,1
6,7−5,5
%L= ∙100=50 %
6,7−4,3
Si intende che tutte le considerazioni fatte per questa domanda fanno riferimento a
strutture che si formano all’equilibrio, cioè con raffreddamenti quasi-statici e con velocità
di raffreddamento lentissime.
2) Per le leghe Fe-C studiate al punto1 (denominate a, b, c, d, e) individuare la
microstruttura, l’abbondanza relativa delle varie fasi e la composizione delle stesse alla
temperatura di: 25°C, 750°C, 1000°C, 1200°C.
A 25°C:
6,7−0,4
%α= ∙ 100=94 %
6,7
0,4
%Fe3C= ∙100=6 %
6,7
A 750°C
0,7−0,4
%α= ∙ 100=43,48 %
0,7−0,01
0,4−0,01
%γ= ∙ 100=56,52 %
0,7−0,01
A 1000°C:
%γ=100 %
A 1200°C:
%γ=100 %
A 25°C:
6,7−0,8
%α= ∙ 100=88,06 %
6,7
0,8
%Fe3C= ∙ 100=11,94 %
6,7
Struttura: completamente perlitica
A 750°C
%γ=100 %
A 1000°C:
%γ=100 %
A 1200°C:
%γ=100 %
A 25°C:
6,7−1,2
%α= ∙100=82,09 %
6,7
1,2
%Fe3C= ∙ 100=17,91 %
6,7
A 750°C
6,7−1,2
%γ= ∙ 100=94,83 %
6,7−0,9
1,2−0,9
%Fe3C= ∙ 100=5,17 %
6,7−0,9
Struttura: austenite e cementite secondaria che nuclea ai bordi dei grani austenitici,
formando una configurazione a maglie
A 1000°C:
%γ=100 %
A 1200°C:
%γ=100 %
A 25°C:
6,7−2,5
%α= ∙ 100=62,69 %
6,7
2,5
%Fe3C= ∙ 100=37.31 %
6,7
A 750°C
6,7−2,5
%γ= ∙ 100=72,41 %
6,7−0,9
2,5−0,9
%Fe3C= ∙ 100=27,59 %
6,7−0,9
Struttura: austenite e cementite secondaria che nuclea ai bordi dei grani austenitici,
formando una configurazione a maglie
A 1000°C:
6,7−2,5
%γ= ∙ 100=84,00 %
6,7−1,7
2,5−1,7
%Fe3C= ∙ 100=16,00 %
6,7−1,7
Struttura: austenite e cementite secondaria che nuclea ai bordi dei grani austenitici,
formando una configurazione a maglie
A 1200°C:
3,8−2,5
%γ= ∙100=65,00 %
3,8−1,8
2,5−1,89
%L= ∙ 100=35,00 %
3,8−1,8
A 25°C:
6,7−5,5
%α= ∙100=17,91 %
6,7
5,5
%Fe3C= ∙ 100=82,09 %
6,7
A 1000°C:
6,7−5,5
%γ= ∙ 100=24,00 %
6,7−1,7
5,5−1,7
%Fe3C= ∙ 100=76,00 %
6,7−1,7
A 1200°C:
5,5−4,8
%Fe3C= ∙ 100=36,84 %
6,7−4,8
2,5−1,89
%L= ∙ 100=63,16 %
3,8−1,8
Sfruttando i dati ricavati nella domanda precedente alla temperatura di 25°C (si è assunta
con ottima approssimazione pari a 0 la solubilità del carbonio nel Fe-α) abbiamo che:
Dai dati riportati in tabella si può notare come effettivamente il 6,7% di carbonio, %C a cui
termina il diagramma di stato Fe-C, corrisponde al 100% di cementite. È per questo motivo
che spesso si parla anche di diagramma Ferro-Carburo di ferro.
%Fe3C
0
0 6,7
%C
0,8−0,4
%α primaria= ∙100=50,00 %
0,8
%perlite=100 , 00 %
1,2−0,8
%Fe3C secondaria= ∙ 100=6,78 %
6,7−0,8
2,5−0,8
%Fe3C totale = ∙100=28,81%
6,7−0,8
2,5−2,1
%ledeburite= ∙100=18,18 %
4,3−2,1
La perlite che si forma all’eutettoide dall’austenite primaria è quindi:
4,3−0,8
%Fe3C totale = ∙100=59,32 %
6,7−0,8
%ledeburite trasformata=100 %
%ledeburite trasformata=50,00 %
g) Unendo i dati ricavati ai punti precedenti e, consci del fatto che la ledeburite si
forma solo per tenori di carbonio maggiori del 2,1% (ghise), e che al 6,7% di
carbonio corrisponde una struttura costituita interamente da Fe3C primaria, si
ottiene il seguente diagramma della microstruttura:
100
0
0 6,7
Leggenda:
Osservazione: si è indicato con linea tratteggiata gialla la perlite per tenori di carbonio
oltre il 2,1% per indicare che in realtà essa è contenuta sia nelle colonie di perlite formate
dall’austenite primaria che raggiunge l’eutettoide sia nella ledeburite trasformata.
4) Disegnare e commentare il diagramma delle proprietà meccaniche degli acciai al
carbonio allo stato ricotto (resistenza a snervamento, resistenza massima, durezza,
allungamento percentuale in funzione della percentuale di carbonio).
Come si può osservare dal diagramma, le curve relative a durezza e resistenza subiscono
una variazione di pendenza in corrispondenza della composizione eutettoidica (la durezza
addirittura inizia a decrescere): ciò è dovuto alla differente microstruttura che si forma. Al
di sopra dell’eutettoide si forma infatti cementite secondaria, costituente sicuramente
indurente ma anche fragile, che determina il progressivo abbassamento di R m.
Vengono tracciate due curve continue, una rappresenta il tempo richiesto ad ogni
temperatura affinché abbia inizio la trasformazione, l’altra relativa all’istante in cui la
trasformazione risulta conclusa.
L’istante in cui inizia la formazione delle nuove fasi dipende essenzialmente da due
fattori: la mobilità atomica (moti diffusivi) e la riduzione di energia libera del sistema, cui
segue un aumento della driving force necessaria alla trasformazione. La mobilità atomica
aumenta con l’aumentare della temperatura mentre la riduzione dell’energia libera del
sistema aumenta all’aumentare del sottoraffreddamento. Combinando questi due
fenomeni si verifica che:
le temperature A1 e A3 coincidono
la trasformazione austenite-perlite si innesca a temperature inferiori all’eutettoide
a sinistra della curva di inizio trasformazione è presente austenite instabile;
a destra della curva di fine trasformazione sono presenti i prodotti della
trasformazione, la cui microstruttura varia a seconda del sottoraffreddamento;
la zona compresa tra le due curve indica il tempo che intercorre tra l’inizio e la fine
della trasformazione;
per piccoli sottoraffreddamenti rispetto alla temperatura eutettoidica è presente una
microstruttura costituita da lamelle piuttosto grossolane di ferrite α e Fe 3C che
prende il nome di perlite grossolana. Al diminuire della temperatura diminuisce la
velocità di diffusione del carbonio, fenomeno che comporta un affinamento delle
lamelle (perlite fine);
All’aumentare del sottoraffreddamento (al di sotto del “naso” della curva, 500°C
ca.) dall’austenite viene prodotto un altro costituente denominato bainite,
caratterizzato da particelle isolate con forma aciculare di cementite (layer non più
continuo come nella perlite). Fino a 350°C ca. si forma bainite superiore (particelle
di dimensioni più rilevanti e con orientazione parallela alla direzione dell’asse delle
placchette di Fe-α), mentre al di sotto di tale temperatura si forma bainite inferiore
(cementite più fine e cristalli orientati a 60° rispetto all’asse delle placchette di Fe-α).
Quando un acciaio viene raffreddato rapidamente fino a basse temperature, si viene
a formare un ulteriore costituente dell’austenite denominato martensite. La
martensite è una struttura monofasica di non equilibrio che si ottiene dalla
trasformazione senza diffusione dell’austenite. L’inizio della trasformazione
austenite-martensite è rappresentata da un segmento orizzontale designato con M s
(martensite start), mentre la fine della trasformazione viene rappresentata da un
segmento orizzontale designato con Mf (martensite finish), al di sotto del quale
esiste un’unica fase martensitica. Ms decresce con la percentuale di carbonio e dei
principali elementi di lega (ad eccezione del cobalto). La quantità di austenite che si
trasforma in perlite dipende esclusivamente dalla temperatura e non dal tempo in
cui avviene la reazione.
Per un acciaio ipoeutettoidico (contenente lo 0.4% di C) ed ipereutettoidico (contenente
l’1.2% di C), considero anche le trasformazioni dell’austenite nel campo bifasico austenite-
ferrite e austenite-cementite. I punti critici di equilibrio per questi due campi saranno
rispettivamente A3 - A1 per l’acciaio ipoeutettoidico e Acm- A1 per l’acciaio ipereutettoidico.
Per gli acciai ipereutettoidici valgono le stesse considerazioni, con l’accortezza di sostituire
la cementite al posto della ferrite e la temperatura Acm al posto di A3. [Per un acciaio di
composizione ipoeutettoidica ed ipereutettoidica, analogamente a quanto detto per un acciaio di
composizione eutettoidica, all’ aumentare del sottoraffreddamento si separa dall’austenite dapprima una
struttura perlitica grossolana e fine, successivamente una struttura bainitica superiore e inferiore, infine una
struttura martensitica delimitata rispettivamente da Ms e Mf.]
7) Curve CCT: Disegnare e commentare le curve CCT per un acciaio eutettoidico, per un
acciaio contenente lo 0.45% C e per un acciaio contenente 1.0 %C. In particolare
descrivere l’effetto della velocità di raffreddamento sulla microstruttura e proprietà
meccaniche.
Poiché nella maggior parte dei casi gli acciai non subiscono un trattamento isotermo a
temperatura costante, è importante analizzare le curve di trasformazione anisoterma
(CCT) , che descrivono l’evolversi della microstruttura di un acciaio posto a
raffreddamento continuo, più o meno rapido.
Rispetto alle curve TTT, che descrivono l’evoluzione della microstruttura di un acciaio
mantenuto a temperatura costante, nelle curve CCT la temperatura di fine trasformazione
è spostata in basso e a destra rispetto a quella di inizio trasformazione, in quanto il
raffreddamento continuo di un acciaio è un trattamento che richiede temperature inferiori
a quelle delle TTT per periodi più lunghi.
Inoltre in questo diagramma è possibile notare una zona di trasformazione in bainite (non
presente nelle CCT di un acciaio eutettoidico), una struttura particolare ottenuta
raffreddando in modo discretamente rapido l’austenite. (vd. domanda 1)
La struttura che si otterrà in questo regime di raffreddamento sarà una struttura di tipo
ferritico-perlitica. All’aumentare della velocità di raffreddamento la quantità di ferrite
presente nella struttura diminuisce mentre la perlite sarà sempre più fine e composta da
lamelle sempre più sottili. Superata una certa velocità di raffreddamento, i punti critici A 1 e
A3 coincideranno, ciò determinerà la trasformazione della struttura austenitica in una
struttura completamente perlitica.
Lo scopo della tempra è quello di ottenere una microstruttura fine che possiede
un’elevata durezza e una buona resistenza a trazione a scapito della duttilità e
tenacità del pezzo. Tale microstruttura si ottiene mantenendo l’austenite non
trasformata tramite tempra fino alla temperatura MS. Per migliorare il materiale,
dal punto di vista di duttilità e tenacità, bisogna intervenire in un secondo momento
mediante trattamento termico.
Il trattamento termico di rinvenimento (o tempering), segue il quencing e in genere si
usa per spessori sottili. Con questo trattamento si pone la struttura ad una
temperatura inferiore al punto A1 (punto eutettoidico).
Lo scopo finale del rinvenimento è quello di ottenere una migliore combinazione tra
durezza e tenacità e di ridurre le tensioni interne al pezzo, su strutture
martensitiche. Inoltre durante il trattamento si ha una riduzione della tetragonalità
della martensite, (responsabile della durezza) e all’aumentare del tempo la
microstruttura evolve verso l’equilibrio.
agire sul mezzo di tempra, utilizzandone uno meno drastico (nella pratica, tuttavia,
di solito si usa l’aria ed è scomodo intervenire sul mezzo);
utilizzare alliganti, che favoriscono la temprabilità della lega ma non risolvono il
problema dovuto al ritardo;
martempering e austempering (vd. sotto).
o La martempering consiste nel far
agire contemporaneamente la
trasformazione martensitica sia sul
cuore e in superficie. Ciò si può fare
mantenendo il componente su
un’isoterma di poco maggiore della
temperatura Ms, in maniera tale da
uniformare il sotto raffreddamento
del cuore e della superficie (per
abbassare il gradiente termico tra i
due e ridurre cricche e distorsioni in tutto il materiale). Successivamente si
esegue un sotto raffreddamento con delle velocità moderate per far avvenire
la trasformazione martensitica;
o L’austempering, invece, prevede l’austenitizzazione del materiale e un
successivo sotto raffreddamento fino ad una temperatura di poco superiore
a Ms. Si mantiene a tale temperatura fino a dar luogo alla trasformazione
bainitica e segue un raffreddamento in aria. Grazie alla microstruttura
bainitica si ha una maggiore duttilità e tenacità, riducendo cricche e tensioni
interne del materiale. Il vantaggio di usare il trattamento di austempering è
che non necessita del rinvenimento.
13) Descrivere i trattamenti termochimici di cementazione e nitrurazione (scopo,
composizione degli acciai, trattamenti termici post cementazione)
Come abbiamo visto nel diagramma delle proprietà meccaniche per gli acciai allo stato
ricotto (vd. Domanda 4), la duttilità diminuisce all’aumentare della percentuale di
carbonio. A tale proprietà è legata la tenacità, che infatti è la capacità della lega ad assorbire
energia e dunque la sua tendenza a non rompersi, e anch’essa diminuisce all’aumentare
della %C. Quindi, aggiungendo carbonio, l’acciaio diventa meno duttile e tenace finché ad
un preciso valore di %C, a cui è legato un preciso valore di temperatura (temperatura di
transizione), cambia comportamento e si infragilisce. Possiamo notarlo meglio dal seguente
grafico:
1. La T di transizione aumenta
all’aumentare della percentuale di
carbonio (indicata dalla freccia).
Dipende quindi dalla %C.
2. A bassi valori di temperatura e a parità
di %C, la tenacità è molto bassa.
Quest’ultimo è un difetto tipico degli acciai. Tuttavia, si può migliorare la tenacità
riducendo la T di transizione. Questa può essere controllata attraverso le seguenti modalità:
Per gli acciai al carbonio di uso generale (non TT), la T di transizione si avvicina alla
temperatura ambiente. Essa può essere abbassata per alcuni di questi acciai, i cosiddetti
acciai perlitico-ferritici ad alta resistenza e tenacità (facenti parte degli HSLA, vd. Domanda
successiva). Il meccanismo da utilizzare è l’affinamento del grano ferritico.
Infatti, come notiamo da questo grafico, all’aumentare della dimensione del grano d
(indicata dalla freccia), la tenacità si abbassa. Pertanto, essa può essere migliorata
riducendo la dimensione del grano, cioè affinandolo.
1. Gli acciai microalligati vengono riscaldati fino a 1230 ℃ , alla quale i carburi e i
nitruri si dissolvono. Si effettua quindi la prima laminazione.
2. La seconda laminazione avviene per valori inferiori a 900 ℃ , perchè in queste
condizioni si formano precipitati di “pinning”, che cioè inibiscono l’ingrossamento
del grano austenitico, rendendolo fine. Durante l’attesa per raggiungere tali valori
di temperatura, si osserva la ricristallizzazione dell’austenite e la precipitazione di
carburi e idruri, precedentemente dissolti, che iniziano già il loro lavoro di
bloccaggio.
3. L’inibizione di questi precipitati sull’austenite continua fino alle fasi finali della
seconda laminazione, con l’ottenimento finale di una struttura austenitica fine.
4. Come spiegato in precedenza, grano austenitico fine comporta anche grano ferritico
fine.
b) Aggiunta di Nichel.
Negli acciai legati, gli alliganti migliorano le proprietà meccaniche. La tenacità è migliorata
dall’aggiunta di Manganese e, soprattutto, di Nichel.
Quest’ultimo è uno stabilizzatore dell’austenite che migliora la tenacità della ferrite, oltre
che la sua resistenza. Esalta maggiormente le sue caratteristiche negli acciai Cr-Ni.
Martensitici
Ferritici
Austenitici
In particolare, gli acciai inossidabili austenitici hanno una T di transizione inferiore ai −190 ℃ .
In sintesi:
15) Gli acciai da costruzione di uso generale: proprietà, applicazioni, rafforzamento,
limiti
Gli acciai da costruzione sono utilizzati per la realizzazione di strutture, impianti, organi
di macchina ecc. Si suddividono in acciai di uso generale e acciai speciali.
Noi, però, andremo ad analizzare in particolare gli acciai da costruzione di uso generale.
Gli acciai da costruzione di uso generale sono le leghe di maggiore utilizzo per la loro
economicità e le buone caratteristiche meccaniche.
Da soli costituiscono circa I'80% della produzione globale di acciaio; sono acciai con un
rapporto tra resistenza allo snervamento e resistenza a rottura non inferiore a 0,5, con un
buon comportamento alle sollecitazioni statiche e a fatica.
In genere sono posti in opera allo stato grezzo di laminazione a caldo (o al più dopo
normalizzazione) proprio per cercare di mantenere il costo al più basso livello possibile.
I principali acciai da costruzione di uso generale previsti nella UNI EN 10025 per impieghi
strutturali sono gli:
Questi acciai sono utilizzati per la produzione di lamiere, profilati, barre, larghi piatti ecc.
Negli acciai ferritico-perlitici per costruzioni saldate (ad esempio: ponti, serbatoi, navi),
l’unico meccanismo di rafforzamento che accresce contemporaneamente le proprietà
resistenziali e la tenacità, è l'affinamento del grano ferritico. Questo può essere ottenuto, in
linea di principio:
Per questo tipo di acciai il problema della tenacità non è di rilevante importanza.
Per questa ragione conviene adottare, per ragioni economiche, soprattutto per una
maggiore produzione oraria, una temperatura di fine laminazione superiore ai 900
°C.
Il massimo valore del carico di snervamento (R s), raggiunto con questi acciai, è di
circa 450 MPa.
Nel settore degli acciai saldabili ad alta tenacità, il limite dei 500-600MPa di
snervamento degli acciai a struttura ferritico-perlitica laminati in controllo può
essere superato, pur mantenendo una combinazione adeguata di proprietà di
resistenza, tenacità e buona saldabilità direttamente ottenute sul materiale laminato
a caldo, senza alcun trattamento termico, al massimo un rinvenimento, ricercando
una microstruttura in parte o totalmente costituita da bainite, chiamata anche ferrite
aciculare o ferrite apoligonale, e una percentuale di carbonio molto bassa (0,02-0,06%).
Si è capito solo successivamente che quest’ultima proprietà era dovuta alla presenza di
boro all’interno della struttura. Il problema di esaltare la temprabilità bainitica, senza
deprimere la tenacità, è stato poi risolto sostituendo il niobio al boro.
Il massimo valore del carico di snervamento (R s), raggiunto con questi acciai, è, quindi,
compreso tra 635 e 790Mpa.
2. Acciai laminati a caldo con migliorata resistenza alla corrosione atmosferica (COR-
TEN):
Sono acciai che grazie all’aggiunta di elementi quali P, Cu, Cr, Ni e Mo hanno un
miglioramento della resistenza alla corrosione atmosferica favorendo la formazione di
una patina di ossido di ferro rinforzato con gli elementi di lega, tenace, resistente e di
alto spessore che protegge il materiale sottostante.
Si tratta di acciai dolci, con tenore di carbonio di circa 0,060%, in cui le caratteristiche
meccaniche sono innalzate mediante l’aggiunta di Manganese.
Gli acciai per laminati sottili per imbutitura o piegamento a freddo trovano applicazioni
nelle diverse lavorazioni a freddo, per realizzare strutture stampate e saldate, quali
carrozzerie di automobili, elettrodomestici ecc.
Questi acciai si distinguono in:
L’alluminio puro non esiste in natura, esso viene ricavato dalla bauxite, all’interno della
quale si trova l’allumina. Attraverso una serie di processi industriali (processo Bayer e
processo Hall) si ottiene l’idrargillite, l’allumina e solo dopo l’idrolisi di quest’ultima si ha
l’alluminio.
• Bassa densità (2,80 g/cm3), infatti assieme a titanio e magnesio costituiscono delle
leghe leggere
• Brillantezza
• Resistenza meccanica
Ciò fa sì che esso abbia varie applicazioni, in particolar modo nell’ambito dell’edilizia
(21%) e dei trasporti (29%):
1. Nel primo ambito si sfrutta la sua elevata resistenza alla corrosione e la sua
brillantezza e sono presenti leghe in Mg e Si usate nella realizzazione di porte,
facciate continue ecc.
2. Nel secondo si sfrutta la sua leggerezza che permette di ridurre gli scarichi e
alleggerire il carico, vista la sua bassa densità.
Negli aerei abbiamo leghe Al-Mg-Cu e Al-Mg-Zn, mentre nei motoscafi si
utilizzano leghe in magnesio vista la buona resistenza di questo componente in
ambiente marino.
3. Infine, essendo inalterabile, è utilizzato anche per i cibi in leghe con Mn o con il Mg.
Le leghe di alluminio si dividono in leghe da deformazione plastica (wrought alloys) e leghe
da getto (cast alloys). Entrambe sono descritte da 4 cifre, la prima delle quali indica
l’elemento presente in maggiore quantità; ma mentre per le wrought le 4 cifre sono unite,
nelle cast tra la terza e la quarta cifra c’è un punto. La quarta cifra può essere 0 se il
prodotto è fornito sotto forma di componente gettato o 1 se è fornito sotto forma di
lingotto. Se la prima cifra è 1 ci si riferisce all’alluminio e solo per le wrought le ultime 2
cifre indicano la sua %.
• T5 che indica un
invecchiamento artificiale dopo
deformazione a freddo senza
solubilizzazione
• T6 che indica
solubilizzazione e invecchiamento artificiale
Solo per queste ultime 2 è presente una seconda cifra che indica il grado di incrudimento
che varia da 1 a 8 (8 è il valore max)
Le principali applicazioni sono dovute alla sua leggerezza, poiché ha una densità molto
bassa (1,84 g/cm3), inferiore persino a quella dell’alluminio. Viene perciò utilizzato in
ambito aerospaziale e automobilistico, anche se, vista la sua bassa resistenza alla
corrosione e meccanica rispetto all’alluminio spesso gli viene preferito quest’ultimo.
Si è però notato che leghe di magnesio ad elevata purezza hanno buoni valori di resistenza
meccanica e alla corrosione.
Il suo utilizzo è ancora piuttosto limitato, infatti all’interno delle automobili le componenti
in magnesio non superano il 2%.
I numerosi limiti sono dovuti ad una resistenza meccanica e alla corrosione generalmente
inferiore rispetto alle leghe di alluminio. Per migliorarle è necessario aggiungere Zirconio,
Ittrio e Terre Rare, ma ciò comporta un notevole costo.
Le leghe di magnesio si usano solo sotto forma di getto perché il magnesio ha una
struttura esagonale compatta e viene difficilmente deformato plasticamente. Parti in
magnesio da getto vengono usate per scatole del cambio e basamenti motore. Spesso anche
i telai delle auto vengono fatti in lega di magnesio, anziché in acciaio, perché diminuisce
notevolmente il peso.
Un’importante distinzione riguarda le leghe senza Zirconio già usate in passato e le leghe
con Zirconio, sviluppate in tempi più recenti e che trovano larga applicazione in ambito
aerospaziale.
Per designare le leghe in magnesio si segue il metodo usato dall’ ASTM. Le prime 2 lettere
indicano i principali elementi alliganti, la prima si riferisce a quello presente in maggiore
quantità, se le composizioni dovessero risultare uguali si segue l’ordine alfabetico.
Successivamente ci sono 2 cifre che indicano la composizione dei due alliganti,
approssimando il valore all’intero più vicino.