Sei sulla pagina 1di 12

VIENNA: TRA SECESSIONE ARTISTICA E MUSICALE

La Vienna a cavallo tra Ottocento e Novecento fu la patria di alcuni grandi


protagonisti della cultura europea. Nell’ultimo secolo del millennio la vita
di questa città si tradusse in enorme fervore culturale comprendente le
arti figurative, l’architettura e la musica.
Massima espressione di questo spirito creativo fu la Secessione Viennese,
ovvero quel movimento artistico organizzato nato ad opera di diciannove
pittori, incisori e architetti nel 1897. Questa corrente artistica voleva
essere manifestazione di un esplicito distacco dalla rigida tradizione
accademica e del desiderio di aprire il mondo della cultura ai rapporti
internazionali mediante mostre ed eventi puntando a quell’ideale
dell’integrazione tra le arti.
Questo movimento artistico, cosi come la letteratura di tutto il 900, non
fu esente dall’influenza delle nuove teorie che il filosofo Sigmund Freud
stava esponendo in quegli stessi anni a Vienna. Infatti al 1899 risale la
pubblicazione de “L’interpretazione dei sogni”, opera concernente il
pensiero freudiano. Mediante questo scritto il filosofo mise totalmente in
discussione la concezione umana affermando che l’uomo non è padrone
della sua mente in quanto governato per la maggior parte dall’inconscio,
ovvero quella dimensione psichica contenente pensieri e istinti di cui il
soggetto non è consapevole.
La dimensione dell’inconscio è per Freud raggiungibile solo attraverso il
sogno, il quale mediante una manipolazione dei contenuti dell’inconscio
in chiave simbolica e metaforica arriva a parlare all’uomo. Questa teoria
non segnò solo la nascita della psicoanalisi, ma determinò uno
spartiacque tra la civiltà dell’800 e quella del 900.
Oltre ciò Freud rivoluzionò la filosofia mediante altre teorie. Egli
riconosceva due principi fondamentali che dominavano l’animo umano e
che sono strettamente legati tra loro: la morte e il desiderio. Quest’ultimo
è un protrarsi verso la vita mentre la morte è una tendenza opposta, ma
paradossalmente questi due elementi arrivano a coesistere dell’atto
sessuale, emblema del pensiero freudiano.

Nelle arti figurative queste teorie sono rintracciabili nelle opere degli
esponenti di spicco della Secessione viennese. Tra questi ricordiamo
Gustav Klimt, pittore illustre e capostipite del movimento da cui presero
spunto altri due importanti artisti: Oskar Kokoschka ed Egon Schiele.
Per quanto riguarda l’architettura ricordiamo invece Joseph Maria
Olbrich, Josef Hoffmann e Otto Wagner. Il movimento ebbe vita fino al
1906, anno in cui avvenne una secessione nella Secessione. Klimt infatti si
scisse dal gruppo per creare il Kunstschau Wien o Gruppo Klimt.
In ambito pittorico Klimt fu la massima espressione di questo movimento.
Egli ebbe fin da piccolo legami con l’arte grazie ai genitori (padre
cesellatore e orafo) e decise autonomamente di non frequentare
l’accademia di Belle Arti preferendo la Scuola di Arti Decorative di Vienna.
In questi anni si fece conoscere e acquistò notorietà grazie a dipinti e
disegni ispirati al Rinascimento italiano. Il 1897 fu l’anno della svolta:
nacque la Secessione Viennese e Klimt divenne il presidente
dell’Associazione degli Artisti diventando il punto di riferimento artistico
del movimento.
Per rendersi conto dell’innovazione e delle caratteristiche pittoriche di
Klimt è bene analizzare due delle sue opere più rappresentative: Giuditta I
e Giuditta II (o Salomè).
Qui Klimt si rifà all’eroina biblica che salvò il popolo ebraico dall’assedio
degli Assiri. Giuditta sedusse il generale assiro per poi decapitarlo e
dunque assicurando vittoria certa al suo popolo.
Già dalla vicenda a cui il quadro si ispira risulta evidente quel motivo
amore-morte che lega indissolubilmente l’opera al pensiero freudiano
dove queste due tendenze contrapposte trovano risoluzione nell’acme
dell’eccitamento sessuale.
Klimt nella composizione raffigura Giuditta come una femme fatale: ella è
infatti caratterizzata dalle labbra rosse, gli occhi socchiusi che
racchiudono tutto il potere incantatore dello sguardo mentre nella mano
tiene la testa di Oloferne.
Per quanto riguarda l’ambientazione sottolineiamo un’atmosfera sospesa
e vaga richiamante la dimensione onirica data dall’utilizzo del colore
sfumato contrapposto al fondo bidimensionale realizzato mediante le
foglie d’oro.

La Giuditta II o Salomè si presta a una duplice interpretazione: ella


appunto può essere l’eroina biblica, ma v’è il dubbio che possa invece
essere Salomè.
Nella seconda ipotesi Klimt si rifarebbe al Banchetto di Erode dove la
ragazza, dopo aver danzato e sotto consiglio della madre, chiese a Erode
la testa di San Giovanni su un piatto d’argento. In questo caso, Salomè
non rappresenterebbe più la femme fatale: lei avrebbe solo fatto ciò che
la madre desiderava.
Nell’opera poi è evidente la cifra pittorica dell’artista, ovvero le
tassellature cromatiche bidimensionali che Klimt riprende dall’arte italica
in seguito al suo viaggio a Ravenna dove aveva potuto ammirare
numerosi mosaici.

Altro artista significativo della Secessione fu Egon Schiele, morto


giovanissimo a causa dell’epidemia di spagnola e molto apprezzato in vita
da Klimt stesso.
I temi principali trattati nelle sue composizioni sono quelli di natura
amorosa e sessuale e fu per questo anche accusato di pornografia.
Esempio della sua pittura è L’abbraccio.
In questa tela ricorre nuovamente l’influenza del pensiero di Freud, il
quale appunto vedeva nel raggiungimento assoluto del piacere una
tensione verso la morte.
Qui i due amati sono stretti in un abbraccio che per l’estrema spigolosità
appare di disperazione più che di amore mentre intorno a loro v’è un
grande lenzuolo stropicciato, ricordo del loro amore. Questo appare
come un campo di battaglia dove i due personaggi, nonostante l’intimità,
si ritrovano comunque soli e distanti, serrati in un abbraccio che vorrebbe
forse unire le loro anime e che forse non riesce nemmeno a unire i loro
corpi.
Altro esponente del movimento fu Oskar Kokoschka, di cui ricordiamo la
Sposa del vento.
Il dipinto si rifà alla biografia dell’autore e ha la funzione di proiettare
fuori da sé le angosce del pittore. L’opera infatti rappresenta la fine del
travolgente rapporto che aveva legato Oskar Kokoscka alla vedova di
Mahler, Alma. Tuttavia in questa composizione sono presenti suggestioni
che ricordano il V canto dell’Inferno dantesco, ovvero le figure dei due
amanti che vengono sospinti da questa tempesta perpetua.

Ma, come si è detto, il movimento della Secessione non interessò solo la


pittura, ma anche l’architettura. L’esempio più rappresentativo è il
Palazzo della Secessione, simbolo di questa corrente.
Costruito tra 1897 e 1898 dall’architetto Josef Maria Olbrich (allievo a sua
volta di Otto Wagner) il palazzo della Secessione fu uno spazio realizzato
per allestire mostre periodiche degli artisti secessionisti.
L’edificio è estremamente rigoroso e quasi privo di elementi decorativi e
già in ciò appare in controtendenza con l’eclettismo dominante in quegli
anni. Caratterizzato da una pianta quadrata e da porte e finestre senza
modanature, il palazzo ha come unici elementi decorativi il fregio floreale
sotto il cornicione e soprattutto la cupola traforata a motivi floreali fatta
di rame dorato, nettamente in contrasto con le pareti semplicemente
intonacate di bianco. Va inoltre ricordata la frase che compare sopra il
portale e che è il motto della Secessione stessa: “al tempo la sua arte,
all’arte la sua libertà”.
Per quanto riguarda gli spazi interni, questi sono stati pensati con un
criterio funzionale: infatti sono costituiti da elementi fissi, ma soprattutto
da tramezzi e pannelli mobili. L’utilizzo di questi ultimi è molto duttile in
quanto permette una certa libertà di allestimento.
Nel 1902, in occasione della mostra in onore di Ludwig van Beethoven,
l’interno del palazzo della Secessione venne trasformato in un tempio
d’arte: Hoffmann ritoccò gli spazi espositivi mentre Klimt realizzò il Fregio
di Beethoven in una sala contenente la statua del compositore tedesco
realizzata da Max Klinger. La mostra per Beethoven allestita nel Palazzo
della Secessione incarnava quell’ideale di integrazione tra le arti così caro
agli artisti secessionisti. Alla cerimonia d’inaugurazione il musicista
austriaco Gustav Mahler diresse l’ultimo movimento della Nona Sinfonia
sul testo di Schiller, in parte citato sulla terza parte del Fregio.
L’opera di Klimt è di dimensioni imponenti (oltre 2 m in altezza, 34 in
lunghezza) in cui il pittore illustra i temi trattati dalla Nona sinfonia
incentrati sulla possibilità dell’anima di sconfiggere le forze del male e
accedere alla felicità custodita nel regno dell’arte. Nel Fregio, Klimt fa uso
di intarsi di pietre e vetri colorati riprendendo dunque quell’attenzione
per l’arte italica del mosaico.

Parallelamente questo spirito di rottura con l’arte precedente si


manifestò con altre esperienze: le Avanguardie artistiche, le quali
dominarono il primo trentennio del 900 e si legarono indissolubilmente a
quella stessa frattura che si attuò in musica con la nascita dell’atonalità
ideata da Schönberg. Per comprendere questo legame è dunque
importante riallacciarsi alle altre esperienze artistiche del momento.

Nei primi anni del 900 si affermò in Germania e Austria il movimento


espressionista, il quale ebbe come tematiche principali l’esaltazione della
spontaneità creativa, dell’istinto e dell’irrazionale, ovvero quegli elementi
propri della neonata psicoanalisi condivisi con gli ambienti secessionisti.
In ambito musicale l’Espressionismo si manifestò con un graduale
allontanamento dalla tonalità che venne portato alle estreme
conseguenze dal compositore viennese Arnold Schönberg.

Come si è detto, Vienna tra 800 e 900 fu una città ricca di fervore
culturale e fu proprio in questo ambiente che operò il compositore e
didatta Schönberg, il quale diede vita alla cosiddetta seconda scuola di
Vienna di cui fecero parte i suoi allievi Berg e Webern. Egli rivoluzionò il
mondo musicale ideando un nuovo linguaggio musicale che non obbediva
più a rapporti gerarchici dei suoni, ma che si fondava sul concetto di
parità fra essi. Quest’idea di atonalità venne sviluppata nel periodo che va
tra il 1908 e il 1913 e trovò espressione nelle opere di questi anni come i
5 pezzi per orchestra op.16 in cui nel terzo movimento, intitolato Colori, è
costituito da un accordo tonalmente ambiguo che cambia continuamente
il timbro strumentale inducendo il compositore a parlare di melodia di
timbri. Di questo periodo ricordiamo anche i Tre pezzi per pianoforte
op.11 del 1909 di cui forniamo una breve analisi della prima
composizione;
Nel primo pezzo dei tre per pianoforte dell’opera 11 notiamo già alcuni
elementi che saranno poi propri del successivo metodo dodecafonico
risalente al 1913 ideato da Schönberg e che altro non è che l’estrema
conseguenza dell’abolizione della tonalità. La dodecafonia infatti si fonda
di quell’idea di parità fra i 12 suoni, i quali vengono inseriti in serie dove
non c’è ripetizione fin quando la serie non viene riprodotta nella sua
interezza.
La composizione tuttavia non è inscrivibile nello stile dodecafonico, ma
rappresenta uno dei primi esperimenti di questo nuovo sistema. Infatti
qui Schönberg presenta serie di 11 suoni che non vengono riproposte con
quella rigidità che sarà tipica della fase dodecafonica vera e propria.
Tuttavia l’opera nella sua innovatività è ancora legata alle forme classiche:
presenta infatti una sorta di esposizione (battute 1-11) dove il
compositore fornisce il materiale tematico che verrà sviluppato durante
tutto il corso del brano. All’interno di quest’ultimo troviamo forti contrasti
di agogica e di dinamica che sottolineano gli interessanti contrasti
cromatici nelle “dissoluzioni” che il compositore inserisce tra l’esposizione
e i seguenti momenti di sviluppo tematico. Il primo esempio di queste
“dissoluzioni” lo troviamo alla fine dell’esposizione (battute 12-16).
Successivamente abbiamo uno sviluppo tematico (battute 17-27) in cui
possiamo notare la ripresa di frammenti melodici presentati
nell’esposizione, ma variati per diminuzione e aumentazione e per
spostamento di accenti. Notiamo una prevalenza di intervalli di settima
maggiore e di quinta diminuita e l’utilizzo di accordi già presentati
precedentemente nell’esposizione.
Dopo un’alternanza di dissoluzioni e riprese tematiche giungiamo alla
coda (ultime 6 battute) in cui è presente una sorta di pedale particolare
non in ottava, ma in settima maggiore (la sol#); questo pedale risolve
sull’ottava giusta nell’ultima battuta al basso, il quale viene armonizzato
con un accordo per quarte prevalentemente eccedenti all’interno delle
quali riecheggia l’intervallo armonico di settima maggiore.

As we have seen, the city of Vienna was a very active musical town and its
long musical tradition has not been forgotten. In fact, in Vienna every
year are celebrated many festivals like: the Osterklang, a classical music
festival, the Wien Modern, an electronic music festival and in December
there is for three weeks the Mozartfest.
Beyond these, we remember the Jazzfest. It is celebrated in July in many
Vienna clubs and it brings together jazz stars from all over Austria.
Jazz is a musical form born between the end of 1800 and the beggining of
1900 in the Usa, in New Orleans. The birth of Jazz hasn’t certain dates as
it has many ancestors and parents. We’ll try to explain what is this
musical form.
The Blues is the fondation of Jazz and it is an African American derived
form evolved from hyms, work song and field hollers. Instead the basic
rhythm of jazz is the Swing; it indicates an elastic pattern, so means being
in sync with other people.
Jazz came also to Chicago and later in Europe thanks Louis Armstrong
who perfected the improvised jazz solo, the most defining feature of jazz.

Alla luce di ciò, è evidente quanto la città di Vienna sia culturalmente


attiva tuttora e che la sua tradizione musicale non sia stata dimenticata,
ma anzi alimentata anche da generi non propriamente europei.

SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA
http://www.swissinfo.ch/ita/klimt--schiele-e-la-vienna-del-primo-
900/28441984

https://it.wikipedia.org/wiki/Vienna#Feste_e_festival

Carlo Bertelli, La storia dell’arte, Mondadori 2012

Stefano Zuffi, Artist: Klimt e la Secessione viennese, 24 Ore Cultura


2014

Cricco - Di Teodoro, Il Cricco Di Teodoro. Itinerario nell’arte (volume


5- versione rossa), Zanichelli 2016

Alessandra Vaccarone, Maria Grazia Sità, Corrado Vitale, Storia della


musica vol.3, Zanichelli 2016

Potrebbero piacerti anche