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Il nostro corso si è soffermato sull’oggetto di tutela che traspare dall’art. 113 della
cost. “Contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa la tutela
giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione
ordinaria o amministrativa.” Questo è stato l’oggetto del nostro corso fin ad oggi.
Abbiamo approfondito il discorso della tutela giurisdizionale che ciascun cittadino
titolare di un diritto soggettivo o interesse legittimo può ottenere contro gli atti e
provvedimenti di un pubblico potere. La cost. parla di p.a. ma io preferisco “pubblico
potere” perché il pubblico potere può essere esercitato non solo da una p.a. ma anche
da un privato titolare di un pubblico potere per atto di concessione o convenzione. Se
vogliamo tirare le somme di tutte le lezioni che sono state fatte fin ad oggi dobbiamo
dire che qualora il privato sia titolare di un:
- diritto soggettivo chiederà tutela al g.o. e la p.a. non sarà titolare di un potere ma
sarà titolare di un comportamento, cioè agirà come se fosse un soggetto privato, si
porrà su un piano paritario con il privato, quindi un rapporto paritetico. Il g.o.
sindacherà la lesione del diritto soggettivo e la conoscenza dell’atto amministrativo
potrà essere sindacata non in modo diretto ma indiretto e qualora la consideri non
conforme a legge disapplicherà l’efficacia dell’atto accertato non conforme a legge,
cosa significa? Che l’atto amministrativo verrà privato dei suoi effetti giuridici ma
limitatamente alla fattispecie processuale davanti al giudice dedotta. Al contrario,
cioè se conforme a legge, allora lo applicherà. La disapplicazione è diversa
dall’annullamento perché ha efficacia erga omnes.
Quindi chiudendo questo discorso sulla tutela giurisdizionale potremmo dire che la
dicotomia g.o e g.a. la possiamo incasellare nella dicotomia carenza di potere e
cattivo uso del potere.
Possiamo dire che il primo argomento che abbiamo studiato è stato l’origine della
giustizia amministrativa in Italia, poi ci siamo soffermati sulle diverse sedi e forme di
tutela giurisdizionale per poi passare a parlare delle azioni che possono essere
esperite dal privato davanti al g.a. L’azione madre è l’azione costitutiva di
annullamento, inoltre se parlate degli interessi legittimi pretensivi non potete non
parlare della nuova azione che si prospetta a tutela piena degli int. Leg. Pretensivi
ossia l’azione di adempimento. Altra azione innovativa è l’azione risarcitoria, che
però ha delle pecche tra cui tempo entro cui può essere esercitata (120 giorni). Altra
azione è l’azione avverso il silenzio (art.31). L’azione di accertamento di un
provvedimento nullo, è stata introdotta dalla giurisprudenza e poi recepito dal c.p.a.
Connesse alle varie azioni ci sono le tipologie di sentenze che può adottare il g.a.,
proprio per garantire il massimo della tutela, il g.a. può anche convertire le azioni ed
emanare una sentenza diversa da quella richiesta dal privato. Quindi può cambiare le
azioni d’ufficio per dare maggior soddisfazione al privato. Ma prima di arrivare alle
sentenza dovete analizzare i poteri che possono essere esercitati dal g.a. sotto il
profilo dell’istruttoria probatoria e soprattutto i poteri cautelari (giudizio cautelare).
Poi per concludere abbiamo parlato del giudizio di ottemperanza, il g.a. ha poteri
incisivi sul provvedimento amministrativo.
Tutto questo per dirvi che in tutto ciò si sostanzia la tutela giurisdizionale. Ma oggi
noi dovremmo chiudere il corso parlando di un altro tipo di tutela: la tutela
giustiziale amministrativa. È la tutela che un soggetto può ottenere rivolgendosi non
ad un giudice ma alla stessa p.a. per la riforma di un provv amministrativo che si
ritiene illegittimo. Questo istituto si chiama autodichia cioè una tutela amministrativa.
Non confondete l’autodichia con l’autotutela amministrativa, perché l’autotutela è
una cosa diversa, vi ricordate è un potere che ha la p.a. di autodifendersi, di
riesaminare una illegittimità che affliggeva un suo provvedimento, è come se fosse lo
ius penitendi. Questo è importante e potrebbe essere una domanda d’esame
“differenza tra autodichia e autotutela (ripassatela da amministrativo 1)”. L’autotutela
è l’esercizio di uno ius penitendi che ha la p.a. di ritornare sui suoi passi e di
riesaminare, di depurare un precedente atto amministrativo attraverso l’annullamento
o la revoca o il riesame o la ratifica ecc... a volte la p.a. può essere anche spinta ad
effettuare ciò e in tal caso si parla di autodichia, es un soggetto si rivolge alla p.a. per
ottenere la rimozione dell’illegittimità di un provv amministrativo. Qual è la
caratteristica di questa azione giustiziale? È la conclusione in tempi molto rapidi, ci
sono tempi limitati per la proponibilità di queste azioni. La differenza rispetto
all’autotutela è che nell’azione giustiziale c’è un esame doveroso che richiede la
valutazione di un interesse pubblico che è del tutto assente nei confronti dell’autorità
tenuta a decidere sui ricorsi. Quindi sono dei mezzi rapidi, gratuiti, che non
richiedono la corresponsione di un contributo unificato importante, e soprattutto non
è richiesta la presenza di un avvocato iscritto negli albi professionali. E anche qui i
ricorsi che possono essere azionati sono degli strumenti di tutela qualificati cioè sono
fatti per tutelare sia diritti soggettivi che interessi legittimi. Chi può esperire questi
ricorsi amministrativi non giurisdizionali? È necessaria una legittimazione ad agir,e
che non spetta a qualsiasi cittadino ma solo a chi faccia valere un diritto soggettivo o
un interesse legittimo qualificato, cioè è necessario un interesse attuale diretto e
concreto a proporre un ricorso amministrativo. Anche qui c’è una spessa somiglianza
con l’istituto del ricorso giurisdizionale perché le autorità competenti adita dal privato
a seguito di questo ricorso nel decidere il ricorso stesso deve attenersi al ricorso e non
può introdurre d’ufficio motivi nuovi che sono diversi e ulteriori rispetto a quelli
contenuti nel ricorso. Anche qui vale il principio dispositivo o principio della
domanda. La legge di riferimento di questi ricorsi amministrativi è il DPR 24
novembre 1971 n 1199 ‘Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi
amministrativi’. In questo decreto del presidente della repubblica sono indicati 4 tipi
di ricorsi:
-ricorso in opposizione
-ricorso straordinario
-ricorsi ordinari ( quelle esperiti avverso provvedimenti non definitivi che possono
essere impugnati di fronte ad un autorità gerarchicamente sovraordinata e che quindi
sono emanati da organi che vedono al di sopra un superiore gerarchico)
Vediamo i ricorsi ordinari, cioè quelli esperiti contro provvedimenti non definitivi,
sia per far valere diritti soggettivi sia per far valere interessi legittimi sono i ricorsi
gerarchici propri e impropri e quelli in opposizione. Sono quelli che si risolvono
nell’ambito del settore amministrativo cui appartiene l’autorità che ha emanato l’atto
impugnato e determinano la pronuncia dell’ultima parola da parte dell’autorità
amministrativa. Mentre l’unico ricorso straordinario è il ricorso al presidente della
repubblica e può essere esperito solo contro provvedimenti definitivi e si risolvono al
di fuori del settore amministrativo cui appartiene l’autorità che ha emanato l’atto.
Questo ricorso viene spedito al presidente dalla repubblica, quindi a un settore
amministrativo diverso rispetto a quello cui appartiene l’autorità che ha emanato
l’atto. In questo caso c’è una tutela esterna rispetto al settore amministrativo
dell’autorità che ha emanato l’atto. La peculiarità del ricorso straordinario, rispetto al
ricorso ordinario, è che questo può essere esperito SOLO per motivi di legittimità
(violazione di legge, eccesso di potere, incompetenza). I ricorsi ordinari possono
essere esperiti non soltanto per motivi di legittimità ma anche di merito. L’atto non
definitivo può essere modificato da un’autorità superiore gerarchicamente che può
riformare l’atto amministrativo non definitivo. È chiaro che qui vengono esperiti
ricorsi amministrativi per vizi anche di merito cioè quei vizi che attengono il cuore
della scelta, sotto il profilo dell’opportunità della decisione, sotto il profilo della
congruità e convenienza della decisione. In questi casi l’autorità superiore può
addirittura ritornare sulla scelta operata e riformarla sotto il profilo dell’opportunità,
della congruità della convenienza della scelta, oltre che depurarla da un vizio di
legittimità. Mentre il ricorso straordinario può essere esperito solo contro un
provvedimento definitivo che ha raggiunto la definitività dell’oggetto della decisione
sotto il profilo della convenienza, della congruità dell’opportunità. Quindi non può
essere esperito un ricorso straordinario per motivi di merito perché il merito è già
ampiamente assodato, chiuso, definito. Il ricorso straordinario può essere esperito
solo per vizi di legittimità. La differenza è anche sotto il profilo dei termini. I ricorsi
ordinari si esperiscono entro il termine di 30 giorni. Il ricorso straordinario entro il
termine di 120 giorni.
RICORSO GERARCHICO
Art 2 3comm: i ricorsi rivolti nel temrine prescritto ad organi diversi da quello
competente ma appartenente alla medesima amministrazione, non sono soggetti a
dichirazioni di irricevibilità e i ricorsi stessi sono trasmetti sul sito all’organo
competente.
E’ molto importante il termine entro il quale la p.a adita deve pronunciarsi, ci dice
l’art. 6.
Art.6 dpr.n 1199/1971 : decorso il termine di 90 giorni dalla data di presentazione del
ricorso,senza che l organo adito abbia comunicato la decisione, il ricorso si intende
respinto a tutti gli effetti e contro il provvedimento impugnato è esperibile il ricorso
all’autorità giurisdizionale competente o quella straordinaria del presidente della
repubblica.
In questo caso si ha silenzio diniego, o meglio rigetto. Cioè un silenzio a cui viene
dato valore di rigetto, di non accoglimento di questa volontà impugnatoria propria del
ricorrente e questo silenzio rigetto può essere impugnato davanti al giudice
amministrativo nel successivo termine di 60 giorni e detto termine è perentorio nel
caso di lesione di interessi legittimi ma come è stato anche indicato , per quanto
riguarda la lesione di diritti soggettivi, in questo caso possono valere le regole delle
prescrizione. Contrariamente alla regola del silenzio la decisione deve essumere la
forma scritta.
Può accadere che dopo la presentazione del ricorso dinanzi al TAR, un ricorso quindi
giurisdizionale avverso il silenzio, sia poi emanata la decisione su ricorso gerarchico.
( la p.a se non provvede entro 90 giorni si forma il silenzio rigetto e quindi contro
questo silenzio rigetto si può adire il g.a )
Cosa accade se una volta adito un ricorso giurisdizionale avverso il silenzio rigetto
della decisione del ricorso gerarchico , la p.a provvede sul ricorso gerarchico?
L’art.1 comm.2 : contro gli atti amministrativi dei ministri,di enti pubblici e di
organi collegiali è ammesso il ricorso da parte di chi vi abbia interessi nei casi,
nei limiti e con le modalità previste dalla legge o dagli ordinamenti dei singoli
enti.
Nel ricorso gerarchico improprio viene adita una autorità amministrativa che
non si trova in un rapporto gerarchico con l’organo che ha emanato il
provvedimento che si reputa lesivo per il ricorrente ma è comunque collocata
nell ambito della sua amministrazione.
La decisione del ricorso in questo caso si struttura nella disciplina degli art. 1 ;
art. 2 con il rispetto dei termini di 90 giorni ; l’istruttoria che può vedere anche
la presentazione di memorie avverse anche da parte dei possibili
controinteressati non notiziati e poi questa decisione che deve essere motivata
e emanata dall’organo che è stato adito e che se non viene emanata nel termine
di 90 giorni si provoca la fictio iuris del silenzio rigetto. Si applica una stessa
misura che abbiamo gia conosciuto nel processo giurisdizionale e cioè la
sospensione dell’ esecuzione.
In queste poche righe vediamo la stessa dicitura che abbiamo gia analizzato per
quanto riguarda la misura cautelare nel processo amministrativo.
Ratio della sua eccezionalità dipende dal fatto che l’autorità che l ha adottato
non è più idonea a sindacare sulla legittimità del proprio operato e si restringe
ad un numero limitato di casi.
E’ forse il ricorso più importante rispetto agli altri due che non sono molto
usati.
Il ricorso straordinario al capo dello stato è un ricorso che ha un orgine
antichissima e che un tempo era il ricorso al Re, il ricorso con il quale il
suddito si rivolgeva al sovrano per ottenere una giustizia amministrativa.
Ad oggi questo ricorso amministrativo offre delle garanzie anche molto più
rilevanti, in quanto il capo dello Stato firma e sottoscrive la decisione che
viene sostanzialmente assunta dal consiglio di stato. La garanzia maggiore
deriva dal fatto che l’organo del consiglio di stato prende la decisione che
però formalmente viene sottoscritta e firmata dal presidente della
Repubblica.
Art8: Contro gli atti amministrativi definitivi è ammesso ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica per motivi di legittimità da
parte di chi vi abbia interesse.
Quando l'atto sia stato impugnato con ricorso giurisdizionale, non è ammesso il
ricorso straordinario da parte dello stesso interessato .
-Solo contro gli atti definitivi che non hanno possibilità di essere modificati da un
autorità gerarchimente sovraordinata. Essendo l’atto definitivo il ricorso straordinario
può essere esperito solo per motivi di legittimità e non per motivi di merito. Non può
essere oggetto di una modifica sostanziale per l oggetto o il contenuto del
provvedimento ma solo come si è arrivato a quel provvedimento. I motivi di
legittimità possono riguardare solo la fase procedimentale. La legitimatio ad esperire
un ricorso può essere fatta valere solo da chi dimostra di avere un interesse
diretto,attuale e concreto ad avere una decisione di annullamento di questo
provvedimento amministrativo ritenuto lesivo e non può essere esperito da un
quisque de populo.
Come si vede dal 2 comm, il ricorso è caratterizzato dal principio della alternatività.
Una volta che sia stata scelta la via giurisdizionale o la via amministrativa non è
possibile tornare indietro e rivolgersi ad un altro organo. E’ quindi un rimedio
ammissibile proprio perchè frutto di una scelta consapevole del cittadino che
nonostante la garanzia che deriva dalla costituzione di avere una tutela
giurisdizionale, preferisce rivolgersi all’autorità amministrativa. Piuttosto che
rivolgersi ad un avvocato per il ricorso al TAR, può sottoscrivere egli stesso il ricorso
straordinario e non ha bisogno di una difesa legale. Se c’è un conflitto tra le due
esigenze prevale la tutela in sede giurisdizionale e nei confronti del ricorrente,la
proposizione del ricorso giurisdizionale che impedisce il ricorso straordinario ,si
verifica se si è perfezionata la fattispecie costitutiva del rapporto giurisdizionale. Cioè
il ricorso giurisdizionale deve essere non solo notificato ma deve essere anche
depositato. Una volta che il ricorso giurisdizionale sia stato notificato e anche
depositato, non può più essere esperito ricorso straordinario al capo dello stato. Fino a
quando non c’è il deposito e il perfezionamento della fattispecie costitutiva del
rapporto processulae, io posso sempre scegliere la strada del ricorso straordinario.
La norma dice che non sempre si può scegliere la strada del ricorso straordinario
perchè è ammesso solo per atti definitivi e a volte ci sono espressamente delle
disposizioni di legge che in maniera diretta escludono alcune controversie dall’
esperimento del ricorso straordinario al capo dello stato. Possiamo dire che il ricorso
straordinario al capo dello stato è si un rimedio amministrativo importante che si
pone in maniera alternativa al ricorso giurisdizionale, ma non sempre può essere
esperito in primo luogo perchè può essere esperito solo nei confronti di atti definitivi
e poi perchè ci sono alcune leggi che espressamente esclusono la possibilità di
esperire un ricorso amministrativo di questo tipo per alcune determinate controversie.
(ci sono alcune sentenze del 1998 che hanno ampliato la platea degli atti
amministrativi definitivi che sono oggetto di impugnativa per mezzo del ricorso al
capo dello Stato)
Sono impugnabili davanti al presidente della Repubblica tutti gli atti delle autorità
statati,regionali, locali ad eccezione per gli atti delle province autonome di Bolzano ai
sensi delle norme di attuazione dello statuto speciale. Ancora,sono impugnabili gli
atti delle autorità amministrative indipendenti,degli enti istituzionali e del parastato.
Con espresso riferimento all’impugnazione degli atti delle autorità indipendenti,
proponibilità del ricorso straordinario è stato riconosciuta da un importante pronuncia
della commissione speciale del consiglio di stato (29Maggio/1998) che ha
considerato all’interno della platea degli atti definitivi anche gli atti delle autorità
amministrative indipendenti.
Per quanto riguarda la possibilità di tutela, questo ricorso è possibile che venga
proposto sia a tutela delle posizioni soggettive di interessi legittimi e sia di diritti
soggettivi e sono proponibili solo vizi attinenti alla legittimità del procedimento di
adozione del provvedimento che si impugna e mai il cuore della scelta assunta e del
contenuto del provvedimento che si reputa lesivo. Questo ricorso straordinario del
capo dello stato oggi può essere esperito anche avverso i provvedimenti definitivi dei
dirigenti generali delle p.a dello stato perchè è venuta meno la possibilità di ricorso
gerarchico al ministro. Prima vigeva un rapporto di gerarchia tra ministro e dirigente
generale ma oggi questo rapporto gerarchico piramidale è venuto meno e si parla di
un rapporto di direzione tra ministro e dirigente generale dello stato; quindi avverso
l’atto del dirigente generale dello stato è possibile proporre ricorso straordinario al
capo dello stato.
Art.9 : Il ricorso deve essere proposto nel termine di 120 giorni dalla data della
notificazione o della comunicazione dell'atto impugnato o da quando l'interessato ne
abbia avuto piena conoscenza.
Per “proposto” si intende tanto la notifica alle parti quanto il deposito del ricorso;
deve intendersi come un momento di perfezionamento del rapporto di tutela
amministrativa.
Possibilità di proporre un ricorso incidentale e la norma dice che anche in questo caso
possiamo vedere come in questo procedimento è ammessa la domanda di misure
cautelari che viene esaminata e decisa dal ministro sempre dietro parere della sezione
del consiglio di stato che è tenuta ad esprimerlo. Sulla funzione del consiglio di stato
c’è una norma ad hoc.
Oggi in base all art.69 della l. N.69/2009 è possibile sollevare anche all’interno di un
ricorso straordinario al capo dello stato, questioni di legittimità comunitaria con
rimessione degli atti alla corte di giustizia dell’UE e questioni di legittimità
costituzionale dinanzi alla corte costituzionale.
Vediamo l’istruttoria che deve essere espletata dal ministro competente per materia e
al quale ministro gli atti vanno trasmessi dall’autorità emanante il provvedimento
impugnato e se ciò non avviene il ricorrente può sostituirsi ( trascorsi 120 giorni) ad
esse e al ministro, depositantando copia del ricorso direttamente dinanzi al consiglio
di stato. Una volta completata l’istruttoria il ricorso viene trasmesso al consiglio di
stato, il quale esprime il parere in sede consultiva e questo parere è obbligatorio e
vincolante. Gli articoli di riferimento solo art.11 ; art. 12 ; art.13 .
Art.12 ( quello che più risente delle novità per quanto riguarda il processo
amministrativo) :
Anche in questo caso la rimessione può avvenire o da parte della sezione semplice o
da parte del consiglio di stato e l’adunanza generale esprimerà il parere su preavviso
della sezione della commissione speciale a cui il ricorso è assegnato. Il parere
espresso si configura, anche se non chiarito nella norma, come uno stare decisis: ciò è
implicito nell’affermazione “La sezione o la commissione speciale, se rileva che il
punto di diritto sottoposto al loro esame ha dato luogo o possa dar luogo a contrasti
giurisprudenziali, può rimettere il ricorso all'Adunanza generale”. In pratica,
l’adunanza generale si comporta come un’adunanza plenaria con una funziona di
nomofilachia perché dirime un contrasto giurisprudenziale in ordine ad un quesito, un
parere, una richiesta di consulenza legale o giuridica necessaria per la risoluzione di
una controversia in via amministrativa. Infine, dopo il parere, la norma afferma che il
capo dello stato può emanare la decisione: il presidente della repubblica, infatti,
dovrà emanare una decisione obbligatoriamente conforme al parere del consiglio di
stato e che ottenga il visto della corte dei conti. La disciplina precedente in tema di
ricorso straordinario prevedeva che il ministro competente, qualora ritenesse di non
poter emanare una decisione conforme al parere, potesse proporre al consiglio dei
ministri una decisione difforme. Ciò veniva però concesso in relazione al carattere
amministrativo del rimedio e della sua configurazione come rimedio extra ordinem:
la scelta di configurare la possibilità di presentare al consiglio dei ministri una
decisione difforme serviva per trasferire il ricorso dalla sfera amministrativa alla sfera
di alta amministrazione in cui non è ammesso alcun sindacato in sede giurisdizionale
per via di una scelta puramente politica. Questa sistema richiedeva poi che il decreto
del presidente fosse conforme alla deliberazione del consiglio dei ministri. Per una
serie di motivi, il meccanismo appena delineato non fu mai applicato, se non forse in
unico caso. La legge 69/2009 ha oggi eliminato definitivamente questo sistema
prevedendo oggi la soluzione seguente: il ministro competente deve sempre oggi
presentare al presidente della repubblica la decisione del ricorso in assoluta
conformità a quanto statuito dal consiglio di stato favorendo una visione sempre più
giustiziale del rimedio e non più politica (la visione politica vigeva con il sistema
precedente, dove non vi era un regime di imparzialità e di terzietà, che dava la
possibilità al consiglio dei ministri di discostarsi dal parere del consiglio di stato). In
questo caso particolare, la decisione del capo dello stato può essere impugnata. In
realtà, di solito, la decisione del capo dello stato non può essere impugnata in virtù
del principio di alternatività (se io vado dal capo dello stato anziché al TAR, è perché
almeno in teoria le decisioni non dovrebbero essere impugnabili). Nello caso
particolare però, la decisione del capo di stato ha una natura amministrativa e non si
sottrae all’art. 113 della costituzione che sancisce il principio secondo cui tutti gli atti
della pa sono sottoposti al controllo dinanzi agli organi di giustizia amministrativa
ordinari per la tutela dei diritti soggettivi o degli interessi legittimi. Per questi motivi,
la decisione è impugnabile dinanzi al TAR, ma è impugnabile solo per vizi o errori in
procedendo (nelle procedure) che sono successivi all’espressione del parere
vincolante del consiglio di stato. Forse, l’unica possibilità di impugnazione vera e
propria si ha quando dei soggetti siano stati pretermessi dal procedimento del ricorso
straordinario perché ad essi non è stato notificato il ricorso: in questo caso, essi
potranno dedurre tutte le censure formali e sostanziali presentando un ricorso non
solo legato a dei visi di legittimità. Inoltre, è possibile che il decreto del presidente
della repubblica venga impugnato anche per revocazione nei casi previsti dell’art.
395 del codice civile, quindi con la stessa procedura del ricorso introduttivo. Tale
articolo afferma:
1) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra (2);
3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non
aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto
dell'avversario;
6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in
giudicato.
Dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, la dottrina, ma anche
in giurisprudenza, hanno affermato che si fosse verificata una giurisdizionalizzazione
del ricorso straordinario, ossia che si fosse finalmente riconosciuta una natura
giurisdizionale al ricorso. L’attuale e quasi totale equiparazione, in termini di
funzioni e compiti, del ricorso dinanzi al presidente della repubblica con il ricorso
dinanzi al giudice amministrativo si è affermata per una serie di motivi: prima di
tutto, per l’autorevolezza dell’organo che decide il ricorso, ossia il consiglio di stato,
e poi per la forza giuridica del provvedimento. In più, con la legge 69/2009, è stata
prevista la possibilità, prima inesistente, di rimettere le questioni di legittimità
costituzionale o di legittimità comunitaria rispettivamente alla Corte Costituzionale e
alla Corte di giustizia: quindi, in tutto e per tutto, sia la procedura amministrativa
dinanzi al presidente della repubblica sia la procedura giurisdizionale dinanzi al TAR
stanno acquisendo una assimilazione. Tale equiparazione è ancor più visibile in
quanto il procedimento di esecuzione delle sentenze amministrative è adottabile
anche per le decisioni assunte dal capo dello stato secondo l’art.112 cpa nel quale si
afferma che l’azione di ottemperanza può essere proposta per ottenere l’esecuzione
delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i
quali non sia previsto il rimedio dell'ottemperanza, al fine di ottenere l'adempimento
dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi alla decisione. Da tale
affermazione si comprende che sono stati finalmente eliminati tutti gli ostacoli
formali che impedivano l’attuazione giurisdizionale delle decisioni del capo dello
stato. Infatti, a seguito del ricorso straordinario dinanzi al capo dello stato, scatta
sempre l’obbligo in capo alla pa di conformarsi ad una decisione formalmente di
natura amministrativa, la quale, per il solo fatto che sottostà al giudizio di
ottemperanza, fa assumere al ricorso straordinario dinanzi al capo dello stato una
natura sostanzialmente giurisdizionale.
Tutto ciò che è stato analizzato fino ad ora, ossia il ricorso straordinario dinanzi al
capo dello stato, è disciplinato dagli articoli 8. 13, 14 del dpr n.1199 del 1971. Oltre a
questa normativa datata, anche se ancora attuale, si deve aggiungere la normativa
recente presente nel codice del processo amministrativo. Nel cpa, gli articoli che
riguardano il ricorso straordinario al capo dello stato sono: art. 7 ultimo comma, art.
48, art. 112 (prima analizzato), art. 113.
Prendendo in considerazione prima l’art.48 del cpa, si nota che anche in questo caso
si fa riferimento alla natura sostanzialmente giurisdizionale del ricorso straordinario
dinanzi al capo dello stato. Tale articolo afferma:
1. Qualora la parte nei cui confronti sia stato proposto ricorso straordinario ai sensi
degli articoli 8 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre
1971, n. 1199, proponga opposizione, il giudizio segue dinanzi al tribunale
amministrativo regionale se il ricorrente, entro il termine perentorio di sessanta giorni
dal ricevimento dell'atto di opposizione, deposita nella relativa segreteria l'atto di
costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione alle altre parti.
Un altro articolo che manifesta questo connubio è l’art. 113 del cpa il quale afferma:
1. Il ricorso si propone, nel caso di cui all'articolo 112, comma 2, lettere a) e b), al
giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta; la
competenza è del tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti
confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e
conformativo dei provvedimenti di primo grado.
2. Nei casi di cui all'articolo 112, comma 2, lettere c), d) ed e), il ricorso si propone al
tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha
emesso la sentenza di cui è chiesta l'ottemperanza.
Se è vero che nella disciplina recente si nota ugualmente il legame tra il ricorso
straordinario e quello processuale, gli articoli del dpr. 1199/71 sono più sintomatici.
Si ricordi l’art. 8:
2. Quando l'atto sia stato impugnato con ricorso giurisdizionale, non è ammesso il
ricorso straordinario da parte dello stesso interessato.
Da ciò, si comprende che il primo elemento a favore della natura non amministrativa,
ma giurisdizionale del ricorso è l’alternatività.
Uno degli articoli più importanti del dpr 1199/71 è l’art. 13 il quale scandisce la
disciplina del parere sul ricorso straordinario. Esso è importante perché si nota che,
sebbene il ricorso sia di natura amministrativa, la procedimentalizzazione dei
momenti è propria di un ricorso giurisdizionale. Tale articolo afferma:
1. La decisione del ricorso straordinario è adottata con decreto del Presidente della
Repubblica su proposta del Ministero competente.
(comma così modificato dalla legge n. 69 del 2009 che ha previsto che non vi sia più
la possibilità, prettamente politica, di discostarsi dal parere del consiglio di stato)
2. (comma soppresso dalla legge n. 69 del 2009)