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ULTIMA LEZIONE DIRITTO AMMINISTRATIVO

Il nostro corso si è soffermato sull’oggetto di tutela che traspare dall’art. 113 della
cost. “Contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa la tutela
giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione
ordinaria o amministrativa.” Questo è stato l’oggetto del nostro corso fin ad oggi.
Abbiamo approfondito il discorso della tutela giurisdizionale che ciascun cittadino
titolare di un diritto soggettivo o interesse legittimo può ottenere contro gli atti e
provvedimenti di un pubblico potere. La cost. parla di p.a. ma io preferisco “pubblico
potere” perché il pubblico potere può essere esercitato non solo da una p.a. ma anche
da un privato titolare di un pubblico potere per atto di concessione o convenzione. Se
vogliamo tirare le somme di tutte le lezioni che sono state fatte fin ad oggi dobbiamo
dire che qualora il privato sia titolare di un:

- diritto soggettivo  chiederà tutela al g.o. e la p.a. non sarà titolare di un potere ma
sarà titolare di un comportamento, cioè agirà come se fosse un soggetto privato, si
porrà su un piano paritario con il privato, quindi un rapporto paritetico. Il g.o.
sindacherà la lesione del diritto soggettivo e la conoscenza dell’atto amministrativo
potrà essere sindacata non in modo diretto ma indiretto e qualora la consideri non
conforme a legge disapplicherà l’efficacia dell’atto accertato non conforme a legge,
cosa significa? Che l’atto amministrativo verrà privato dei suoi effetti giuridici ma
limitatamente alla fattispecie processuale davanti al giudice dedotta. Al contrario,
cioè se conforme a legge, allora lo applicherà. La disapplicazione è diversa
dall’annullamento perché ha efficacia erga omnes.

- interesse legittimo  quindi il privato si scontra con un potere pubblico e quindi la


giurisdizione sarà del g.a. con tutto quello che è stato argomentato. Oggi la disciplina
è regolata dal d.lgs. 104/2010 (c.p.a.).

Quindi chiudendo questo discorso sulla tutela giurisdizionale potremmo dire che la
dicotomia g.o e g.a. la possiamo incasellare nella dicotomia carenza di potere e
cattivo uso del potere.

Possiamo dire che il primo argomento che abbiamo studiato è stato l’origine della
giustizia amministrativa in Italia, poi ci siamo soffermati sulle diverse sedi e forme di
tutela giurisdizionale per poi passare a parlare delle azioni che possono essere
esperite dal privato davanti al g.a. L’azione madre è l’azione costitutiva di
annullamento, inoltre se parlate degli interessi legittimi pretensivi non potete non
parlare della nuova azione che si prospetta a tutela piena degli int. Leg. Pretensivi
ossia l’azione di adempimento. Altra azione innovativa è l’azione risarcitoria, che
però ha delle pecche tra cui tempo entro cui può essere esercitata (120 giorni). Altra
azione è l’azione avverso il silenzio (art.31). L’azione di accertamento di un
provvedimento nullo, è stata introdotta dalla giurisprudenza e poi recepito dal c.p.a.

Connesse alle varie azioni ci sono le tipologie di sentenze che può adottare il g.a.,
proprio per garantire il massimo della tutela, il g.a. può anche convertire le azioni ed
emanare una sentenza diversa da quella richiesta dal privato. Quindi può cambiare le
azioni d’ufficio per dare maggior soddisfazione al privato. Ma prima di arrivare alle
sentenza dovete analizzare i poteri che possono essere esercitati dal g.a. sotto il
profilo dell’istruttoria probatoria e soprattutto i poteri cautelari (giudizio cautelare).

Poi per concludere abbiamo parlato del giudizio di ottemperanza, il g.a. ha poteri
incisivi sul provvedimento amministrativo.

Tutto questo per dirvi che in tutto ciò si sostanzia la tutela giurisdizionale. Ma oggi
noi dovremmo chiudere il corso parlando di un altro tipo di tutela: la tutela
giustiziale amministrativa. È la tutela che un soggetto può ottenere rivolgendosi non
ad un giudice ma alla stessa p.a. per la riforma di un provv amministrativo che si
ritiene illegittimo. Questo istituto si chiama autodichia cioè una tutela amministrativa.
Non confondete l’autodichia con l’autotutela amministrativa, perché l’autotutela è
una cosa diversa, vi ricordate è un potere che ha la p.a. di autodifendersi, di
riesaminare una illegittimità che affliggeva un suo provvedimento, è come se fosse lo
ius penitendi. Questo è importante e potrebbe essere una domanda d’esame
“differenza tra autodichia e autotutela (ripassatela da amministrativo 1)”. L’autotutela
è l’esercizio di uno ius penitendi che ha la p.a. di ritornare sui suoi passi e di
riesaminare, di depurare un precedente atto amministrativo attraverso l’annullamento
o la revoca o il riesame o la ratifica ecc... a volte la p.a. può essere anche spinta ad
effettuare ciò e in tal caso si parla di autodichia, es un soggetto si rivolge alla p.a. per
ottenere la rimozione dell’illegittimità di un provv amministrativo. Qual è la
caratteristica di questa azione giustiziale? È la conclusione in tempi molto rapidi, ci
sono tempi limitati per la proponibilità di queste azioni. La differenza rispetto
all’autotutela è che nell’azione giustiziale c’è un esame doveroso che richiede la
valutazione di un interesse pubblico che è del tutto assente nei confronti dell’autorità
tenuta a decidere sui ricorsi. Quindi sono dei mezzi rapidi, gratuiti, che non
richiedono la corresponsione di un contributo unificato importante, e soprattutto non
è richiesta la presenza di un avvocato iscritto negli albi professionali. E anche qui i
ricorsi che possono essere azionati sono degli strumenti di tutela qualificati cioè sono
fatti per tutelare sia diritti soggettivi che interessi legittimi. Chi può esperire questi
ricorsi amministrativi non giurisdizionali? È necessaria una legittimazione ad agir,e
che non spetta a qualsiasi cittadino ma solo a chi faccia valere un diritto soggettivo o
un interesse legittimo qualificato, cioè è necessario un interesse attuale diretto e
concreto a proporre un ricorso amministrativo. Anche qui c’è una spessa somiglianza
con l’istituto del ricorso giurisdizionale perché le autorità competenti adita dal privato
a seguito di questo ricorso nel decidere il ricorso stesso deve attenersi al ricorso e non
può introdurre d’ufficio motivi nuovi che sono diversi e ulteriori rispetto a quelli
contenuti nel ricorso. Anche qui vale il principio dispositivo o principio della
domanda. La legge di riferimento di questi ricorsi amministrativi è il DPR 24
novembre 1971 n 1199 ‘Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi
amministrativi’. In questo decreto del presidente della repubblica sono indicati 4 tipi
di ricorsi:

-ricorso gerarchico proprio

-ricorso gerarchico improprio

-ricorso in opposizione

-ricorso straordinario

Se vogliamo operare un’ulteriore distinzione questi 4 tipi di ricorsi amministrativi si


distinguono in ricorsi di tipo ordinario e quelli di tipo straordinario.

-ricorsi ordinari ( quelle esperiti avverso provvedimenti non definitivi che possono
essere impugnati di fronte ad un autorità gerarchicamente sovraordinata e che quindi
sono emanati da organi che vedono al di sopra un superiore gerarchico)

-ricorsi straordinari ( è tra i 4 il ricorso straordinario al capo dello stato che in


alternatività con il ricorso giurisdizionale può essere esperito soltanto contro atti
amministrativi definitivi cioè emanati da organi che non hanno superiori gerarchici)

Vediamo i ricorsi ordinari, cioè quelli esperiti contro provvedimenti non definitivi,
sia per far valere diritti soggettivi sia per far valere interessi legittimi sono i ricorsi
gerarchici propri e impropri e quelli in opposizione. Sono quelli che si risolvono
nell’ambito del settore amministrativo cui appartiene l’autorità che ha emanato l’atto
impugnato e determinano la pronuncia dell’ultima parola da parte dell’autorità
amministrativa. Mentre l’unico ricorso straordinario è il ricorso al presidente della
repubblica e può essere esperito solo contro provvedimenti definitivi e si risolvono al
di fuori del settore amministrativo cui appartiene l’autorità che ha emanato l’atto.
Questo ricorso viene spedito al presidente dalla repubblica, quindi a un settore
amministrativo diverso rispetto a quello cui appartiene l’autorità che ha emanato
l’atto. In questo caso c’è una tutela esterna rispetto al settore amministrativo
dell’autorità che ha emanato l’atto. La peculiarità del ricorso straordinario, rispetto al
ricorso ordinario, è che questo può essere esperito SOLO per motivi di legittimità
(violazione di legge, eccesso di potere, incompetenza). I ricorsi ordinari possono
essere esperiti non soltanto per motivi di legittimità ma anche di merito. L’atto non
definitivo può essere modificato da un’autorità superiore gerarchicamente che può
riformare l’atto amministrativo non definitivo. È chiaro che qui vengono esperiti
ricorsi amministrativi per vizi anche di merito cioè quei vizi che attengono il cuore
della scelta, sotto il profilo dell’opportunità della decisione, sotto il profilo della
congruità e convenienza della decisione. In questi casi l’autorità superiore può
addirittura ritornare sulla scelta operata e riformarla sotto il profilo dell’opportunità,
della congruità della convenienza della scelta, oltre che depurarla da un vizio di
legittimità. Mentre il ricorso straordinario può essere esperito solo contro un
provvedimento definitivo che ha raggiunto la definitività dell’oggetto della decisione
sotto il profilo della convenienza, della congruità dell’opportunità. Quindi non può
essere esperito un ricorso straordinario per motivi di merito perché il merito è già
ampiamente assodato, chiuso, definito. Il ricorso straordinario può essere esperito
solo per vizi di legittimità. La differenza è anche sotto il profilo dei termini. I ricorsi
ordinari si esperiscono entro il termine di 30 giorni. Il ricorso straordinario entro il
termine di 120 giorni.

Inoltre, i ricorsi amministrativi possono distinguersi in ricorsi impugnatori( che hanno


ad oggetto un atto amministrativo ritenuto lesivo) e non impugnatori ( hanno ad
oggetto un mero comportamento della PA o la costituzione o modificazione di un
rapporto giuridico in cui è coinvolta la PA e che hanno quindi un carattere
eccezionale e atipico -> esempio di ricorso non impugnatori è il ricorso alle
commissioni di vigilanza per l’edilizia economica popolare quella cioè effettuata per
venire incontro a cittadini meno abbienti e queste commissioni individuano gli aventi
diritto ad ottenere questi alloggi popolari, se vengono formate delle graduatorie c’è la
commissione che vigila sulle assegnazioni e quindi si può fare un ricorso a queste
commissioni che deve vigilare sulla correttezza di queste assegnazioni e quindi sui
rapporti giuridici in cui sia coinvolta una PA che assegna questi alloggi).

RICORSO GERARCHICO

Il ricorso gerarchico è quello strumento di tutela amministrativo e giustiziale con il


quale il destinatario di un provvedimento amministrativo che non lo soddisfa può
rivolgersi all’autorità gerarchicamente superiore a quella che ha emanato il
provvedimento stesso. Che vuol dire gerarchicamente superiore? Il rapporto di
gerarchia lo ricordate dai modelli organizzativi della PA. Il rapporto di gerarchia si ha
quando all’interno di una PA, un organo sovraordinato ha poteri di comando, di
controllo sull’operato, di sostituzione, di avocazione delle funzioni dell’organo
sottostante. Il rapporto di gerarchia era quello che esisteva prima della riforma del
pubblica impiego, dlg 29 del ’93, tra il potere politico e quello amministrativo
dirigenziale (rapporto gerarchico). Io mi ricordo una norma contenuta in un DPR del
’72 che prevedeva proprio la possibilità che avverso gli atti dei dirigenti si
proponesse ricorso gerarchico all’organo politico. Questo accadeva proprio perché il
dirigente era sott ordinato rispetto all’organo politico. Prima della riforma del ’93
quindi il ricorso gerarchico era uno di quelli più utilizzati nelle PA perché era il
ricorso che si espletava avverso gli atti dei dirigenti e dinanzi agli organi politici
correlati. Una volta che il rapporto di gerarchia è venuto meno all’interno delle PA E
una volta che gli atti del dirigente sono diventati atti definitivi, perché non c’è un
soggetto sopra il dirigente cui inoltrare un ricorso gerarchico, capite bene che questo
ricorso è divenuto poco utilizzato nelle PA, quasi se vogliamo sparito. Si usa più il
ricorso gerarghico improprio che quello proprio. Proprio perche nelle pubbliche
ammistrazioni manca questo rapporto di gerarchia tra l autorità che ha emanato l’atto
e una possibile autorità superiore rispetto a quella che ha emanato l’atto. Questo
ormai è diventato un ricorso poco utilizzato, solo in alcune peculiari pubbliche
amministrazioni (es:amm. militare) . E’ un ricorso amministrativo che comunque
esiste e la norma è ancora vigente e vedremo che la disciplina del ricorso gerarghico
si applica al ricorso in opposizione e quindi è un istituto che potrete conoscere. Il
ricorso gerarghico è esperibile solo verso atti amministrativi non definitivi, atti
emanati da organi che non hanno un superiore gerarchico e questo dpr.n1199/1971
prevede che sia rivolto all’organo immediatamente superiore a quello che ha emanato
il provvedimento da impugnare e che sia proposto sia a tutela dei diritti soggettivi che
a tutela di interessi legittimi. Si possono far valere in questo ricorso sia vizi di
legittimità che vizi di merito.

La norma dice: “ l’errata identificazione dell’autorità adita non comporta


l’inammissibilità del ricorso” . Il ricorso deve essere proposto nel termine di 30 giorni
dalla data della notificazione o della comunicazione in via amministrativa dell’atto
impugnato da quando l’interessato ne abbia avuto piena conoscenza. ( art.2) .

Art 2 3comm: i ricorsi rivolti nel temrine prescritto ad organi diversi da quello
competente ma appartenente alla medesima amministrazione, non sono soggetti a
dichirazioni di irricevibilità e i ricorsi stessi sono trasmetti sul sito all’organo
competente.

Non è necessario, diversamente dal ricorso giurisdizionale, nel ricorso gerarchico


notificare o comunicare il ricorso anche al controinteressato.

 Il controinteressato è colui che vanta un interesse uguale o contrario a quello


del ricorrente. Uguale perchè si appunta il suo interesse al medesimo
provvedimento. Contrario perchè mentre il ricorrente vorrebbe la sua
caducazione, il controinteressato si costituisce perchè vorrebbe la
conservazione del provvedimento.
Mentre nel processo amministrativo, l’omessa notificazione ad almeno uno dei
controinteressati, fa si che il ricorso sia dichiarato inammissibile perche non si
instaura il contraddittorio. Nel ricorso gerarghico non deve essere obbligatoriamente
notificato e comunicato al controinteressato , il quale però se ne viene a conoscenza
in altra via può presentare memorie nel termine di 20 giorni. (art.4)

E’ molto importante il termine entro il quale la p.a adita deve pronunciarsi, ci dice
l’art. 6.

Art.6 dpr.n 1199/1971 : decorso il termine di 90 giorni dalla data di presentazione del
ricorso,senza che l organo adito abbia comunicato la decisione, il ricorso si intende
respinto a tutti gli effetti e contro il provvedimento impugnato è esperibile il ricorso
all’autorità giurisdizionale competente o quella straordinaria del presidente della
repubblica.

Domanda: quale dei silenzi che conosciamo si applica in questo caso?

Ricordiamo i silenzi che la p.a può manifestare : silenzi significativi e silenzi


inadempimento.

In questo caso si ha silenzio diniego, o meglio rigetto. Cioè un silenzio a cui viene
dato valore di rigetto, di non accoglimento di questa volontà impugnatoria propria del
ricorrente e questo silenzio rigetto può essere impugnato davanti al giudice
amministrativo nel successivo termine di 60 giorni e detto termine è perentorio nel
caso di lesione di interessi legittimi ma come è stato anche indicato , per quanto
riguarda la lesione di diritti soggettivi, in questo caso possono valere le regole delle
prescrizione. Contrariamente alla regola del silenzio la decisione deve essumere la
forma scritta.

Il ricorso giurisdizionale avverso la decisione assunta su ricorso gerarghico non può


contenere motivi di legittimità diversi rispetto a quelli prospettati in sede gerarchica e
le censure di merito non sono reiterabili. Questo perchè davanti al g.a non possono
essere prospettati riti di merito,possono essere prospettati soltanto vizi di legittimità.
Non posso chiedere al giudice di rivedere nel merito una decisione assunta. Qualora
le decisione di rigetto del ricorso gerarchico venga posta necessariamente in forma
scritta dalla p.a,io posso impugnare nel termine di 60 giorni questo rigetto della
decisione del ricorso gerarchico davanti al g.a ma posso addurre solo motivi di
legittimità cioè motivi prospettati in sede gerarchica.
Possono verificarsi alcune peculiarità in questo ricorso ormai poco utilizzato nella
prassi amministrativa .

Può accadere che dopo la presentazione del ricorso dinanzi al TAR, un ricorso quindi
giurisdizionale avverso il silenzio, sia poi emanata la decisione su ricorso gerarchico.
( la p.a se non provvede entro 90 giorni si forma il silenzio rigetto e quindi contro
questo silenzio rigetto si può adire il g.a )

Cosa accade se una volta adito un ricorso giurisdizionale avverso il silenzio rigetto
della decisione del ricorso gerarchico , la p.a provvede sul ricorso gerarchico?

Dobbiamo analizzare i diversi scenari che si possono prospettare :

1) La decisione della p.a respinge il ricorso gerarchico : in questo caso la difesa


era presentare un ricorso al TAR. Ma in questo caso non è necessario
presentare un nuovo ricorso giurisdizionale perchè già l’avevo inoltrato
avverso il silenzio rigetto. Questo però non è precluso o vietato ed è possibile
comunque un ulteriore ricorso giurisdizionale che sarà riunito con quello
precedente con il quale il ricorrente aveva chiesto l’illegittimità della decisione
perchè emanata dopo il termine di 90 giorni. Quindi di solito non si fa, ma nel
caso in cui si voglia comunque fare un ulteriore ricorso al TAR sarebbe riunito
con quello precedente avverso il silenzio rigetto.
2) La decisione sul ricorso gerarchico accoglie il ricorso e quindi riforma l’atto
amministrativo impugnato. Se accoglie il ricorso, accoglie la tesi del ricorrente.
In questo caso il ricorso giurisdizionale non ha più ragione di esistere, in
quanto è stato riformato l’atto impugnato e se ne dovrà dichiarare
l’improcedibilità per cessazione della materia del contendere.

Però ci potrebbe essere la figura del controinteressato che può intralciare la


decisione e potrebbe dedurre la non tempestività della decisione e proporre a
sua volta impugnazione verso una decisione avvenuta oltre il tempo di 90
giorni. Potrebbe accadere che dopo la presentazione del ricorso gerarchico, il
ricorrente proponga ricorso al TAR, in questo caso prevale quest’ultimo e il
ricorso gerarchico non sarà deciso.
Ancora, potrebbe accadere che dopo la presentazione del ricorso gerarchico,
altri controinteressati si rivolgano al TAR, perchè il ricorrente può decidere di
effettuare il ricorso all’autorità gerarchicamente superiore ma qualora ci siano
dei controinteressati potrebbero rivolgersi direttamente al TAR attaverso un
ricorso giurisdizionale. In questo caso l’autorità amministrativa adita, dovrà
comunicare questa notizia al ricorrente gerarchico il quale dovrà riassumere il
ricorso gerarchico all’interno del ricorso giurisdizionale e effettuare ricorso
davanti al TAR entro il termine perentorio di 30 giorni.
Questo è il ricorso gerarchico proprio che si fa dinanzi all’autorità
gerarchicamente superiore rispetto a quella che ha emanato l’atto.

L’art.1 comm.2 : contro gli atti amministrativi dei ministri,di enti pubblici e di
organi collegiali è ammesso il ricorso da parte di chi vi abbia interessi nei casi,
nei limiti e con le modalità previste dalla legge o dagli ordinamenti dei singoli
enti.

Questa norma indirettamente ci da l’idea che ci sia un altro ricorso gerarchico


che si chiama ricorso gerarchico improprio.

Ricorso gerarchico improprio : è quello che oggi più che mai si va


espandendo a seguito di una riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni.
Il ricorso gerarchico improprio implica che ci sia una relazione tra una autorità
interna e una autorità esterna nel senso che l autorità interna non può sostituirsi
alla seconda che però riveste un ruolo generico di preminenza o di vigilanza
rispetto all’autorita interna che ha emanato l’atto. In pratica si struttura
come un ricorso gerarchico vero e proprio ma questo ricorso gerarchico
improprio ha caratteristiche di eccezionalità e particolarità perche non può
aver luogo se non nei casi stabiliti dalla legge e dinanzi a organi indicati dalla
legge stessa. Per questo motivo questa figura di impugnazione viene chiamata
ricorso gerarchico improprio o atipico e la parte in questo caso può far valere
sia vizi di legittimità sia vizi di merito così come prescritto dalla normativa di
riferimento (articoli del dpr.1199/1971). Vedete come il ricorso gerarchico
improprio è esperibile verso gli atti amministrativi dei ministri,degli enti
pubblici o di organi collegiali.
Quindi a chi può essere proposto?
- A un organo individuale avverso atti di organi collegiali
- Ad un organo collegiale avverso atti di organi individuali
- Ad organi statati avverso atti di altri enti pubblici statati
- Ad organi stati avverso organi diversi
Es: qualche anno fa ho visto un ricorso al rettore dell’università avverso un atto
emanato dal consiglio di dipartimento; in questo caso è un ricorso gerarchico di
tipo improprio, preposto ad un organo individuale avverso un organo
collegiale. Si applica la normativa di riferimento del dpr.1199/1971.

Nel ricorso gerarchico improprio viene adita una autorità amministrativa che
non si trova in un rapporto gerarchico con l’organo che ha emanato il
provvedimento che si reputa lesivo per il ricorrente ma è comunque collocata
nell ambito della sua amministrazione.

Es. rettore dell’università : consiglio di dipartimento

Tanta dottrina ammette questo ricorso gerarchico impoprio solo nell’ambito di


un’ identica amministrazione o nell ambito di amministrazioni riconducibili ad
enti diversi che sono però legate fra loro da rapporti funzionali; non invece nell
ambito di amministrazioni diverse caratterizzate reciprocamente da posizioni di
autonomia costituzionalmente garantite ( es: rapporti tra enti locali,regioni e
stato) .

La decisione del ricorso in questo caso si struttura nella disciplina degli art. 1 ;
art. 2 con il rispetto dei termini di 90 giorni ; l’istruttoria che può vedere anche
la presentazione di memorie avverse anche da parte dei possibili
controinteressati non notiziati e poi questa decisione che deve essere motivata
e emanata dall’organo che è stato adito e che se non viene emanata nel termine
di 90 giorni si provoca la fictio iuris del silenzio rigetto. Si applica una stessa
misura che abbiamo gia conosciuto nel processo giurisdizionale e cioè la
sospensione dell’ esecuzione.

Art3: D'ufficio o su domanda del ricorrente proposta nello stesso ricorso o in


successiva istanza da presentarsi nei modi previsti dall'art 2, secondo comma,
l'organo decidente può sospendere per gravi motivi l'esecuzione dell'atto
impugnato.

In queste poche righe vediamo la stessa dicitura che abbiamo gia analizzato per
quanto riguarda la misura cautelare nel processo amministrativo.

Quei gravi motivi rappresentano il periculum in mora : pregiudizio economico


che può subire il privato che può chiedere la sospensione dell’efficacia del
provvedimento e questa richiesta può essere fatta o nel ricorso stesso o con una
successivo ricorso o istanza da presentare con le stesse modalità della domanda
principale ovvero con il ricorso principale nel processo amministrativo. Qui
non c’è questa valutazione del fumus boni iuris, c’è solo una valutazione dei
gravi motivi (periculum in mora). Non c’è una valutazione del fumus boni iuris
perchè dati i tempi stringenti, la rapidità della decisione, quando l’autorità deve
pronunciarsi sulla questione lo fa soprattutto in relazione alla domanda
principale e la sospensione viene fatta solo se vengono ravvisati quei
presupposti riguardati i gravi motivi.
Questa disciplina del ricorso gerarchico proprio e improprio si applica
pedissequamente al ricorso in opposizione il cui articolo di riferimento è l’
art.7

Art.7 : Nei casi previsti dalla legge, il ricorso in opposizione è presentato


all'organo che ha emanato l'atto impugnato. Per quanto non espressamente
previsto dalla legge, valgono, in quanto applicabili, le norme contenute nel
capo I del presente decreto.

Cioè al ricorso in opposizione si applica la stessa disciplina del ricorso


gerarchico proprio o anche improprio. Il ricorso in opposizione è analogo al
ricorso gerarchico in quanto a forma, termini e motivi di impugnativa (vizi di
legittimità, vizi di merito) e lo si impugna davanti allo stesso organo che ha
emanato l’atto. Non è un istituto di carattere generale ma è ammesso nelle sole
ipotesi tassativamente previste dalla legge (numero chiuso di fattispecie in cui
può essere esperito) .

Ratio della sua eccezionalità dipende dal fatto che l’autorità che l ha adottato
non è più idonea a sindacare sulla legittimità del proprio operato e si restringe
ad un numero limitato di casi.

Anche in questo caso i termini per la proponibilità sono di 30 giorni dalla


comunicazione e conoscenza del provvedimento; di questa conoscenza deve
essere data comunicazione ai controinteressati che sono ammessi sempre a
proporre osservazioni e ulteriori documenti entro il termine di 20 giorni e
anche in questo caso è previsto che l’istruttoria debba concludersi entro il
termine di 90 giorni dalla presentazione del ricorso in opposizione e decorso
tale termine il ricorso si intende respinto e si forma il silenzio rigetto con la
possibilità di impugnativa o dinanzi al TAR (ricorso giurisdizionale ) o
con l’eccezionale ricorso al capo dello stato.

Ripetiamo il concetto: il privato presenta un ricordo gerarchico (proprio o


improprio) e noi sappiamo che la p.a deve pronunciarsi entro 90 giorni
altrimenti si forma il silenzio rigetto. Dopo il silenzio rigetto il ricorrente può
presentare ricorso giurisdizionale avverso il silenzio rigetto e lo fa dinanzi al
TAR. Mentre il privato presenta il ricorso al tar, la p.a emana il provvedimento
fuori tempo e in questo caso si possono verificare due ipotesi :

1) Che la p.a respinga il ricorso gerarchico : in questo caso non occorre un


nuovo ricorso giurisdizionale al TAR anche se comunque non è vietato, in
questo caso si riassumono tutti e due i ricorsi .
2) La p.a accoglie il ricorso e emana una pronuncia che accolga il mio ricorso
gerarchico e accoglie il mio motivo : il ricorso giurisdizionale in questo
caso non ha più ragione di esistere e cessa la materia del contendere. Il g.a
dovrà dichiarare “l improcedibilità per sopraggiunta carenza di interesse” .

Nel caso in cui il controinteressato potrebbe dedurre la non tempestività


della decisione (oltre i 90giorni) e impugna la decisione con cui la p.a
accoglie il ricorso e quindi potrebbe accadere che dopo la presentazione del
ricorso gerarchico il controinteressato proponga ricorso al TAR e ci sia un
altra possibilità. In questa ipotesi l’autorità adita dovrà comunicare questa
notizia di questo successivo ricorso del controinteressato ( che ha
impugnato la decisione di accoglimento del ricorso gerarchico tardiva) al
ricorrente gerarchico, il quale potrà riassumenere ricorso davanti al TAR
entro il termine di 30 giorni.
L ipotesi si ha se il ricorso gerarchico è stato accolto e il ricorso gerarchico
del ricorrente diventa improcedibile e non ha piu ragione di esistere perchè
la p.a ha accolto i motivi di diritto del ricorrente. Il problema è che un
eventuale figura del controinteressato potrebbe impugnare la decisione di
accoglimento di ricorso gerarchico perchè tardiva e in questo caso si fa un
ricorso davanti al TAR , ad opera del controinteressato che in questo caso
diventa ricorrente e l’autorità amministrativa deve comunicare al ricorrente
gerarchico questo nuovo ricorso straordinario cosicchè il ricorrente
gerarchico fa di nuovo una costituzione in giudizio dal punto di vista
processuale, rimanendo però i motivi di diritto del ricorso gerarchico.

Ricorso straordinario al capo dello Stato ( art.8-art.15 del dpr.1199/1971)

E’ forse il ricorso più importante rispetto agli altri due che non sono molto
usati.
Il ricorso straordinario al capo dello stato è un ricorso che ha un orgine
antichissima e che un tempo era il ricorso al Re, il ricorso con il quale il
suddito si rivolgeva al sovrano per ottenere una giustizia amministrativa.
Ad oggi questo ricorso amministrativo offre delle garanzie anche molto più
rilevanti, in quanto il capo dello Stato firma e sottoscrive la decisione che
viene sostanzialmente assunta dal consiglio di stato. La garanzia maggiore
deriva dal fatto che l’organo del consiglio di stato prende la decisione che
però formalmente viene sottoscritta e firmata dal presidente della
Repubblica.
Art8: Contro gli atti amministrativi definitivi è ammesso ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica per motivi di legittimità da
parte di chi vi abbia interesse.
Quando l'atto sia stato impugnato con ricorso giurisdizionale, non è ammesso il
ricorso straordinario da parte dello stesso interessato .
-Solo contro gli atti definitivi che non hanno possibilità di essere modificati da un
autorità gerarchimente sovraordinata. Essendo l’atto definitivo il ricorso straordinario
può essere esperito solo per motivi di legittimità e non per motivi di merito. Non può
essere oggetto di una modifica sostanziale per l oggetto o il contenuto del
provvedimento ma solo come si è arrivato a quel provvedimento. I motivi di
legittimità possono riguardare solo la fase procedimentale. La legitimatio ad esperire
un ricorso può essere fatta valere solo da chi dimostra di avere un interesse
diretto,attuale e concreto ad avere una decisione di annullamento di questo
provvedimento amministrativo ritenuto lesivo e non può essere esperito da un
quisque de populo.

Come si vede dal 2 comm, il ricorso è caratterizzato dal principio della alternatività.
Una volta che sia stata scelta la via giurisdizionale o la via amministrativa non è
possibile tornare indietro e rivolgersi ad un altro organo. E’ quindi un rimedio
ammissibile proprio perchè frutto di una scelta consapevole del cittadino che
nonostante la garanzia che deriva dalla costituzione di avere una tutela
giurisdizionale, preferisce rivolgersi all’autorità amministrativa. Piuttosto che
rivolgersi ad un avvocato per il ricorso al TAR, può sottoscrivere egli stesso il ricorso
straordinario e non ha bisogno di una difesa legale. Se c’è un conflitto tra le due
esigenze prevale la tutela in sede giurisdizionale e nei confronti del ricorrente,la
proposizione del ricorso giurisdizionale che impedisce il ricorso straordinario ,si
verifica se si è perfezionata la fattispecie costitutiva del rapporto giurisdizionale. Cioè
il ricorso giurisdizionale deve essere non solo notificato ma deve essere anche
depositato. Una volta che il ricorso giurisdizionale sia stato notificato e anche
depositato, non può più essere esperito ricorso straordinario al capo dello stato. Fino a
quando non c’è il deposito e il perfezionamento della fattispecie costitutiva del
rapporto processulae, io posso sempre scegliere la strada del ricorso straordinario.

La norma dice che non sempre si può scegliere la strada del ricorso straordinario
perchè è ammesso solo per atti definitivi e a volte ci sono espressamente delle
disposizioni di legge che in maniera diretta escludono alcune controversie dall’
esperimento del ricorso straordinario al capo dello stato. Possiamo dire che il ricorso
straordinario al capo dello stato è si un rimedio amministrativo importante che si
pone in maniera alternativa al ricorso giurisdizionale, ma non sempre può essere
esperito in primo luogo perchè può essere esperito solo nei confronti di atti definitivi
e poi perchè ci sono alcune leggi che espressamente esclusono la possibilità di
esperire un ricorso amministrativo di questo tipo per alcune determinate controversie.

Atti amministrativi definitivi :

(ci sono alcune sentenze del 1998 che hanno ampliato la platea degli atti
amministrativi definitivi che sono oggetto di impugnativa per mezzo del ricorso al
capo dello Stato)

Sono impugnabili davanti al presidente della Repubblica tutti gli atti delle autorità
statati,regionali, locali ad eccezione per gli atti delle province autonome di Bolzano ai
sensi delle norme di attuazione dello statuto speciale. Ancora,sono impugnabili gli
atti delle autorità amministrative indipendenti,degli enti istituzionali e del parastato.
Con espresso riferimento all’impugnazione degli atti delle autorità indipendenti,
proponibilità del ricorso straordinario è stato riconosciuta da un importante pronuncia
della commissione speciale del consiglio di stato (29Maggio/1998) che ha
considerato all’interno della platea degli atti definitivi anche gli atti delle autorità
amministrative indipendenti.

Per quanto riguarda la possibilità di tutela, questo ricorso è possibile che venga
proposto sia a tutela delle posizioni soggettive di interessi legittimi e sia di diritti
soggettivi e sono proponibili solo vizi attinenti alla legittimità del procedimento di
adozione del provvedimento che si impugna e mai il cuore della scelta assunta e del
contenuto del provvedimento che si reputa lesivo. Questo ricorso straordinario del
capo dello stato oggi può essere esperito anche avverso i provvedimenti definitivi dei
dirigenti generali delle p.a dello stato perchè è venuta meno la possibilità di ricorso
gerarchico al ministro. Prima vigeva un rapporto di gerarchia tra ministro e dirigente
generale ma oggi questo rapporto gerarchico piramidale è venuto meno e si parla di
un rapporto di direzione tra ministro e dirigente generale dello stato; quindi avverso
l’atto del dirigente generale dello stato è possibile proporre ricorso straordinario al
capo dello stato.

I tempi sono più lunghi e vengono indicati dall art.9

Art.9 : Il ricorso deve essere proposto nel termine di 120 giorni dalla data della
notificazione o della comunicazione dell'atto impugnato o da quando l'interessato ne
abbia avuto piena conoscenza.
Per “proposto” si intende tanto la notifica alle parti quanto il deposito del ricorso;
deve intendersi come un momento di perfezionamento del rapporto di tutela
amministrativa.

La norma dice anche che i controinteressanti e l amministrazione possono chiedere,


nel termine di 60 giorni dalla notifica del ricorso,che il ricorso sia trasposto /
trasferito dinanzi al TAR.

Possibilità di proporre un ricorso incidentale e la norma dice che anche in questo caso
possiamo vedere come in questo procedimento è ammessa la domanda di misure
cautelari che viene esaminata e decisa dal ministro sempre dietro parere della sezione
del consiglio di stato che è tenuta ad esprimerlo. Sulla funzione del consiglio di stato
c’è una norma ad hoc.

Oggi in base all art.69 della l. N.69/2009 è possibile sollevare anche all’interno di un
ricorso straordinario al capo dello stato, questioni di legittimità comunitaria con
rimessione degli atti alla corte di giustizia dell’UE e questioni di legittimità
costituzionale dinanzi alla corte costituzionale.

Vediamo l’istruttoria che deve essere espletata dal ministro competente per materia e
al quale ministro gli atti vanno trasmessi dall’autorità emanante il provvedimento
impugnato e se ciò non avviene il ricorrente può sostituirsi ( trascorsi 120 giorni) ad
esse e al ministro, depositantando copia del ricorso direttamente dinanzi al consiglio
di stato. Una volta completata l’istruttoria il ricorso viene trasmesso al consiglio di
stato, il quale esprime il parere in sede consultiva e questo parere è obbligatorio e
vincolante. Gli articoli di riferimento solo art.11 ; art. 12 ; art.13 .

Art.12 ( quello che più risente delle novità per quanto riguarda il processo
amministrativo) :

Il parere sul ricorso straordinario è espresso dalla sezione o dalla commissione


speciale, alla quale il ricorso è assegnato.
La sezione o la commissione speciale, se rileva che il punto di diritto sottoposto al
loro esame ha dato luogo o possa dar luogo a contrasti giurisprudenziali, può
rimettere il ricorso all'Adunanza generale. Prima dell'espressione del
parere il presidente del Consiglio di Stato può deferire alla Adunanza generale
qualunque ricorso che renda necessaria la risoluzione di questioni di massima di
particolare importanza. Nei casi previsti nei due commi precedenti l'Adunanza
generale esprime il parere su preavviso della sezione o della commissione speciale,
alla quale il ricorso è assegnato.
Adunanza generale: è il complesso dell’autorità del consiglio di stato in sede
consultiva. Mentre l’adunanza plenaria è il massimo organo di giustizia
amministrativa, l adunanza generale è il massimo organo di consulenza giuridica in
capo al consiglio di stato.

Si riconosce una funziona nomofilattica all’adunanza generale perché, prima


dell’espressione del parere, il presidente del consiglio di stato può deferire
all’adunanza generale qualunque ricorso. Essa deve garantire un’unicità dei pareri e
di giudizi.

Anche in questo caso la rimessione può avvenire o da parte della sezione semplice o
da parte del consiglio di stato e l’adunanza generale esprimerà il parere su preavviso
della sezione della commissione speciale a cui il ricorso è assegnato. Il parere
espresso si configura, anche se non chiarito nella norma, come uno stare decisis: ciò è
implicito nell’affermazione “La sezione o la commissione speciale, se rileva che il
punto di diritto sottoposto al loro esame ha dato luogo o possa dar luogo a contrasti
giurisprudenziali, può rimettere il ricorso all'Adunanza generale”. In pratica,
l’adunanza generale si comporta come un’adunanza plenaria con una funziona di
nomofilachia perché dirime un contrasto giurisprudenziale in ordine ad un quesito, un
parere, una richiesta di consulenza legale o giuridica necessaria per la risoluzione di
una controversia in via amministrativa. Infine, dopo il parere, la norma afferma che il
capo dello stato può emanare la decisione: il presidente della repubblica, infatti,
dovrà emanare una decisione obbligatoriamente conforme al parere del consiglio di
stato e che ottenga il visto della corte dei conti. La disciplina precedente in tema di
ricorso straordinario prevedeva che il ministro competente, qualora ritenesse di non
poter emanare una decisione conforme al parere, potesse proporre al consiglio dei
ministri una decisione difforme. Ciò veniva però concesso in relazione al carattere
amministrativo del rimedio e della sua configurazione come rimedio extra ordinem:
la scelta di configurare la possibilità di presentare al consiglio dei ministri una
decisione difforme serviva per trasferire il ricorso dalla sfera amministrativa alla sfera
di alta amministrazione in cui non è ammesso alcun sindacato in sede giurisdizionale
per via di una scelta puramente politica. Questa sistema richiedeva poi che il decreto
del presidente fosse conforme alla deliberazione del consiglio dei ministri. Per una
serie di motivi, il meccanismo appena delineato non fu mai applicato, se non forse in
unico caso. La legge 69/2009 ha oggi eliminato definitivamente questo sistema
prevedendo oggi la soluzione seguente: il ministro competente deve sempre oggi
presentare al presidente della repubblica la decisione del ricorso in assoluta
conformità a quanto statuito dal consiglio di stato favorendo una visione sempre più
giustiziale del rimedio e non più politica (la visione politica vigeva con il sistema
precedente, dove non vi era un regime di imparzialità e di terzietà, che dava la
possibilità al consiglio dei ministri di discostarsi dal parere del consiglio di stato). In
questo caso particolare, la decisione del capo dello stato può essere impugnata. In
realtà, di solito, la decisione del capo dello stato non può essere impugnata in virtù
del principio di alternatività (se io vado dal capo dello stato anziché al TAR, è perché
almeno in teoria le decisioni non dovrebbero essere impugnabili). Nello caso
particolare però, la decisione del capo di stato ha una natura amministrativa e non si
sottrae all’art. 113 della costituzione che sancisce il principio secondo cui tutti gli atti
della pa sono sottoposti al controllo dinanzi agli organi di giustizia amministrativa
ordinari per la tutela dei diritti soggettivi o degli interessi legittimi. Per questi motivi,
la decisione è impugnabile dinanzi al TAR, ma è impugnabile solo per vizi o errori in
procedendo (nelle procedure) che sono successivi all’espressione del parere
vincolante del consiglio di stato. Forse, l’unica possibilità di impugnazione vera e
propria si ha quando dei soggetti siano stati pretermessi dal procedimento del ricorso
straordinario perché ad essi non è stato notificato il ricorso: in questo caso, essi
potranno dedurre tutte le censure formali e sostanziali presentando un ricorso non
solo legato a dei visi di legittimità. Inoltre, è possibile che il decreto del presidente
della repubblica venga impugnato anche per revocazione nei casi previsti dell’art.
395 del codice civile, quindi con la stessa procedura del ricorso introduttivo. Tale
articolo afferma:

Le sentenze pronunciate in grado d'appello o in un unico grado (1), possono essere


impugnate per revocazione:

1) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra (2);

2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la


sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o
dichiarate tali prima della sentenza;

3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non
aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto
dell'avversario;

4) se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della


causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto
la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di
un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso
se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare
(3);
5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa
giudicata [324], purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;

6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in
giudicato.

Inoltre, il codice del processo amministrativo fa un unico rifermento al ricorso


straordinario prendendo in considerazione il decreto legislativo 104 del 2010 art. 7
che ha ad oggetto l’ambito della giurisdizione amministrativa. L’ultimo comma di
tale articolo afferma: " Il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le
controversie devolute alla giurisdizione amministrativa." Qui si fa un espresso
richiamo alla alternatività del ricorso strairodinario che è ammesso in maniera
alternativa per tutte quelle controversie che potrebbero essere devolute alla
giurisdizione amministrativa in termini decadenziali molto brevi, ossia 60 giorni per
il giudice amministrativo e 120 per il presidente della repubblica. In più, si nota
l’equiparazione del ricorso straordinario dinanzi al capo dello stato con la
giurisdizione amministrativa ed essa sottolinea ancora una volta la natura
giurisdizionale del decreto presidenziale.

Dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, la dottrina, ma anche
in giurisprudenza, hanno affermato che si fosse verificata una giurisdizionalizzazione
del ricorso straordinario, ossia che si fosse finalmente riconosciuta una natura
giurisdizionale al ricorso. L’attuale e quasi totale equiparazione, in termini di
funzioni e compiti, del ricorso dinanzi al presidente della repubblica con il ricorso
dinanzi al giudice amministrativo si è affermata per una serie di motivi: prima di
tutto, per l’autorevolezza dell’organo che decide il ricorso, ossia il consiglio di stato,
e poi per la forza giuridica del provvedimento. In più, con la legge 69/2009, è stata
prevista la possibilità, prima inesistente, di rimettere le questioni di legittimità
costituzionale o di legittimità comunitaria rispettivamente alla Corte Costituzionale e
alla Corte di giustizia: quindi, in tutto e per tutto, sia la procedura amministrativa
dinanzi al presidente della repubblica sia la procedura giurisdizionale dinanzi al TAR
stanno acquisendo una assimilazione. Tale equiparazione è ancor più visibile in
quanto il procedimento di esecuzione delle sentenze amministrative è adottabile
anche per le decisioni assunte dal capo dello stato secondo l’art.112 cpa nel quale si
afferma che l’azione di ottemperanza può essere proposta per ottenere l’esecuzione
delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i
quali non sia previsto il rimedio dell'ottemperanza, al fine di ottenere l'adempimento
dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi alla decisione. Da tale
affermazione si comprende che sono stati finalmente eliminati tutti gli ostacoli
formali che impedivano l’attuazione giurisdizionale delle decisioni del capo dello
stato. Infatti, a seguito del ricorso straordinario dinanzi al capo dello stato, scatta
sempre l’obbligo in capo alla pa di conformarsi ad una decisione formalmente di
natura amministrativa, la quale, per il solo fatto che sottostà al giudizio di
ottemperanza, fa assumere al ricorso straordinario dinanzi al capo dello stato una
natura sostanzialmente giurisdizionale.

Tutto ciò che è stato analizzato fino ad ora, ossia il ricorso straordinario dinanzi al
capo dello stato, è disciplinato dagli articoli 8. 13, 14 del dpr n.1199 del 1971. Oltre a
questa normativa datata, anche se ancora attuale, si deve aggiungere la normativa
recente presente nel codice del processo amministrativo. Nel cpa, gli articoli che
riguardano il ricorso straordinario al capo dello stato sono: art. 7 ultimo comma, art.
48, art. 112 (prima analizzato), art. 113.

Prendendo in considerazione prima l’art.48 del cpa, si nota che anche in questo caso
si fa riferimento alla natura sostanzialmente giurisdizionale del ricorso straordinario
dinanzi al capo dello stato. Tale articolo afferma:

1. Qualora la parte nei cui confronti sia stato proposto ricorso straordinario ai sensi
degli articoli 8 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre
1971, n. 1199, proponga opposizione, il giudizio segue dinanzi al tribunale
amministrativo regionale se il ricorrente, entro il termine perentorio di sessanta giorni
dal ricevimento dell'atto di opposizione, deposita nella relativa segreteria l'atto di
costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione alle altre parti.

2. Le pronunce sull'istanza cautelare rese in sede straordinaria perdono efficacia alla


scadenza del sessantesimo giorno successivo alla data di deposito dell'atto di
costituzione in giudizio previsto dal comma 1. Il ricorrente può comunque riproporre
l'istanza cautelare al tribunale amministrativo regionale.

3. Qualora l'opposizione sia inammissibile, il tribunale amministrativo regionale


dispone la restituzione del fascicolo per la prosecuzione del giudizio in sede
straordinaria.

Qui vi è una correlazione intrinseca tra il ricorso giurisdizionale e il ricorso


processuale e lo si comprende dal fatto che l’opposizione della parte nei cui confronti
sia stato proposto il ricorso straordinario viene presentata al TAR e segue le regole
del procedimento amministrativo tout court; in più dalla strumentalità dell’istanza
cautelare che ha un’efficacia transitoria, interinale e che cessa alla scadenza del
60esimo giorno; in più dal fatto che il ricorrente può riproporre l'istanza cautelare al
tribunale amministrativo regionale; in più dal fatto che, qualora l'opposizione sia
inammissibile, il tribunale amministrativo regionale dispone la restituzione del
fascicolo per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria. Da ciò si comprende
che vi sia un interfacciarsi costante tra il ricorso straordinario e quello processuale.

Un altro articolo che manifesta questo connubio è l’art. 113 del cpa il quale afferma:

1. Il ricorso si propone, nel caso di cui all'articolo 112, comma 2, lettere a) e b), al
giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta; la
competenza è del tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti
confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e
conformativo dei provvedimenti di primo grado.

2. Nei casi di cui all'articolo 112, comma 2, lettere c), d) ed e), il ricorso si propone al
tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha
emesso la sentenza di cui è chiesta l'ottemperanza.

(leggere per sicurezza le lettere dell’articolo 112 a cui si fa riferimento)

Se è vero che nella disciplina recente si nota ugualmente il legame tra il ricorso
straordinario e quello processuale, gli articoli del dpr. 1199/71 sono più sintomatici.
Si ricordi l’art. 8:

1. Contro gli atti amministrativi definitivi è ammesso ricorso straordinario al


Presidente della Repubblica per motivi di legittimità da parte di chi vi abbia interesse.

2. Quando l'atto sia stato impugnato con ricorso giurisdizionale, non è ammesso il
ricorso straordinario da parte dello stesso interessato.

Da ciò, si comprende che il primo elemento a favore della natura non amministrativa,
ma giurisdizionale del ricorso è l’alternatività.

Uno degli articoli più importanti del dpr 1199/71 è l’art. 13 il quale scandisce la
disciplina del parere sul ricorso straordinario. Esso è importante perché si nota che,
sebbene il ricorso sia di natura amministrativa, la procedimentalizzazione dei
momenti è propria di un ricorso giurisdizionale. Tale articolo afferma:

1. L'organo – sarebbe quello competente ad esprimere il parere sul ricorso


straordinario, ossia una sezione consultiva del consiglio di stato - al quale è
assegnato il ricorso, se riconosce che l'istruttoria è incompleta o che i fatti affermati
nell'atto impugnato sono in contraddizione con i documenti - sembrano i poteri
istruttori del giudice amministrativo studiati in sede giurisdizionale di legittimità, vi è
un’analogia che permette al consiglio di stato in sede consultiva di fare propri i poteri
istruttori che potrebbe esperire in relazione ad un giudizio vero e proprio -, può
richiedere al Ministero competente nuovi chiarimenti o documenti ovvero ordinare
al Ministero medesimo di disporre nuove verificazioni, autorizzando le parti ad
assistervi ed a produrre nuovi documenti. Se il ricorso sia stato notificati ad alcuni
soltanto dei controinteressati, manda allo stesso Ministero di ordinare l'integrazione
del contraddittorio nei confronti degli altri secondo le modalità previste nell'art. 9,
quinto comma. Se ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente
dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti
manifestamente infondata, sospende l'espressione del parere e, riferendo i termini e i
motivi della questione, ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla
Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 23 e seguenti della
legge 11 marzo 1953, n. 87, nonché la notifica del provvedimento ai soggetti ivi
indicati. Se l'istruttoria è completa e il contraddittorio è regolare, esprime parere:

a) per la dichiarazione di inammissibilità, se riconosce che il ricorso non poteva


essere proposto, salva la facoltà dell'assegnazione di un breve termine per presentare
all'organo competente il ricorso proposto, per errore ritenuto scusabile, contro atti
non definitivi;
b) per l'assegnazione al ricorrente di un termine per la regolarizzazione, se ravvisa
una irregolarità sanabile, e, se questi non vi provvede, per la dichiarazione di
improcedibilità del ricorso;
c) per la reiezione, se riconosce infondato il ricorso;
d) per accoglimento e la rimessione degli atti all'organo competente, se riconosce
fondato il ricorso per il motivo di incompetenza;
e) per l'accoglimento, salvo gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione, se
riconosce fondato il ricorso per altri motivi di legittimità.

Le ipotesi elencate dimostrano anch’esse grande analogia con il processo


amministrativo. Giusto per fare un esempio, con la lettera a si richiama l’istituto
dell’errore scusabile, istituto prettamente processuale, che nella l. 241/90 appare
nell’art. 3 ultimo comma (In ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati
il termine e l’autorità competente cui è possibile ricorrere.). Tale istituto era molto
usato in passato e prevedeva che, nel caso in cui la pa non avesse indicato l’autorità
competente o il termine entro il quale ricorrere, il ricorrente potesse essere rimesso
nei termini in virtù dell’errore scusabile in base al quale si scusava il soggetto che
non fosse stato adeguatamente informato dalla pa dandogli un’altra chance
processuale.

Anche l’articolo 14 del dpr 1199/71 si intravede una natura sostanzialmente


giurisdizionale del ricorso straordinario. Tale articolo afferma:

1. La decisione del ricorso straordinario è adottata con decreto del Presidente della
Repubblica su proposta del Ministero competente.
(comma così modificato dalla legge n. 69 del 2009 che ha previsto che non vi sia più
la possibilità, prettamente politica, di discostarsi dal parere del consiglio di stato)
2. (comma soppresso dalla legge n. 69 del 2009)

3. Qualora il decreto di decisione del ricorso straordinario pronunci l'annullamento di


atti amministrativi generali a contenuto normativo, del decreto stesso deve essere
data, a cura dell'Amministrazione interessata, nel termine di trenta giorni dalla
emanazione, pubblicità nelle medesime forme di pubblicazione degli atti annullati.

4. Nel caso di omissione da parte dell'amministrazione, può provvedervi la parte


interessata, ma le spese sono a carico dell'amministrazione stessa. Come a dire che la
parte soccombente paga anche le spese di natura amministrativa come se fossero di
natura processuale.

A risolvere definitivamente il problema della natura sostanzialmente giurisdizionale


del ricorso straordinario è intervenuta l’Adunanza plenaria del consiglio di stato con
due pronunce gemelle con le quali ha sancito, anche se non espressamente, due
principi di diritto di fondamentale importanza che hanno assunto oggi un’efficacia
vincolante nonché una funzione nomofilattica. Le pronunce gemelle sono le n. 9 e 10
del 6 maggio del 2013. Esse hanno risolto un contrasto giurisprudenziale che vedeva
da tanto tempo, in giustizia amministrativa, contrapporsi due schieramenti: l’uno che
sosteneva la natura prettamente amministrativa del ricorso e l’altro che sosteneva la
natura sostanzialmente giurisdizionale del ricorso straordinario. Il primo principio di
diritto sancito è il seguente: il decreto del presidente della repubblica ha una natura
giurisdizionale. Il secondo è il seguente: l’esecuzione della decreto del capo dello
stato avviene con giudizio di ottemperanza in unico grado dinanzi al consiglio di
stato. E’ poi per le stesse ragioni che, con un orientamento innovativo e sulla base
delle caratteristiche del ricorso straordinario molto simili alle caratteristiche del
processo amministrativo, le giurisprudenza ha ammesso che avverso la decisione del
ricorso straordinario è possibile l’esperimento del ricorso alle sezioni unite della corte
di cassazione per questioni di giurisdizione. Si veda sul punto Corte di cassazione
sezioni unite 14 maggio 2014 n. 10414. Tale sentenza ha affermato che il ricorso per
questioni di giurisdizione può essere proposto soltanto se nel corso del procedimento
del ricorso straordinario la questione di giurisdizione è stata sollevata ed è stata
affrontata in analogia a quanto previsto dall’art. 9 del codice del processo per i
giudizi amministrativi. In questo modo, vi è stato un ampliamento dei rimedi avverso
il ricorso straordinario al capo dello stato. Inoltre, tale ricorso straordinario è simile
all’impugnazione che può essere proposta al presidente della regione siciliana solo
nei confronti degli atti amministrativi regionali. in questo caso, deve trattarsi di atti
emanati direttamente da organi regionali o da organi dipendenti o controllati
dall’amministrazione regionale nell’esercizio di una potestà amministrativa propria di
quella regione. Quindi, vi è un criterio della territorialità limitato alla regione sicilia.
Il ricorso, analogo al ricorso dinanzi al capo dello stato, viene deciso dal presidente
della regione su proposta dell’assessore competente e sempre previo parere del
consiglio di giustizia amministrativa per la regione sicilia, giudice di appello per le
controversie emanate dai TAR siciliani. Diversamente dal ricorso dinanzi al capo di
stato, è possibile che il presidente della regione si discosti dal parere del consiglio di
giustizia amministrativa su richiesta dell’assessore regionale sempre previa
deliberazione della giunta regionale.

Possiamo concludere con alcune riflessioni. Si è detto che il ricorso straordinario è un


rimedio alternativo alla giustizia vera e propria. Alcuni rimedi amministrativi sono
applicati ben poco oggi per la scarsa possibilità che hanno di offrire una tutela
effettiva, come ad esempio il ricorso gerarchico improprio. Vi è stato un grande
ritorno al ricorso al capo dello stato perché si stanno prospettando dei nuovi istituti di
derivazione europea. Un esempio è costituito dagli ADR- alternative dispute
risolution -. Essi sono degli strumenti alternativi delle controversie, nati nell’ambito
della disciplina del consumatore e oggi molto in voga, che dovrebbero servire per
garantire una più rapida ed effettiva tutela dei diritti ed una maggiore imparzialità.
Tra questi strumenti, il ricorso straordinario al capo dello stato si configura come uno
degli ADR per eccellenza, anche se non è munito della celerità della decisione finale
che invece di solito caratterizza gli istituti degli ADR e presenta molto caratteristiche
del processo amministrativo.

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