Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
© ............................2012
Il volume è distribuito gratuitamente.
Tartufaie naturali
della provincia di Arezzo
Caratteri ecologici e buone pratiche
di gestione del territorio per la loro tutela
a cura di
Lorenzo Gardin
L
a Regione Toscana è da anni impegnata nella tutela e sal-
vaguardia delle aree di effettiva produzione dei tartufi
così come nella valorizzazione dei tartufi toscani quali
prodotti di qualità, strettamente legati a territori gestiti in manie-
ra sostenibile.
Il censimento e la mappatura delle aree tartufigene rappresen-
tano i presupposti indispensabili per qualsiasi intervento di tutela
e per questo non si può che esprimere grande apprezzamento per
il lavoro promosso dall’Amministrazione provinciale di Arezzo e
realizzato attraverso i finanziamenti previsti dalla legge regionale
in materia di raccolta dei tartufi.
Su documenti come questo anche le altre Amministrazioni
provinciali saranno chiamate a impostare i propri programmi di
salvaguardia delle aree di effettiva produzione dei tartufi, secondo
indicazioni che l’Amministrazione regionale è determinata a inse-
rire nella normativa regionale in corso di revisione.
Obiettivo dell’Amministrazione regionale è continuare a ga-
rantire, attraverso la normativa sulla ricerca e raccolta e gli atti di
programmazione del settore agricolo-forestale, gli strumenti più
idonei alla tutela e valorizzazione dei tartufi toscani, continuando
quella collaborazione e quel confronto costruttivo con Enti locali
e Associazioni dei tartufai avviato da anni e che, come in questo
caso, porta a risultati di assoluto valore.
Gianni Salvadori
Assessore all’Agricoltura - Regione Toscana
5
L
a provincia di Arezzo è un territorio assai vocato alla
produzione di tartufo e riveste un ruolo di primario
interesse nel panorama regionale e nazionale.
Le necessità di tutela degli ecosistemi tartufigeni nascono dai pro-
fondi cambiamenti che si sono avuti nella gestione del territorio
rurale negli ultimi trenta anni e che ancora oggi sono in corso.
Per evitare la scomparsa dei fragili habitat necessari allo svilup-
po di una risorsa così importante la Provincia di Arezzo, grazie an-
che al cofinanziamento della Regione Toscana, nel 2009 ha dato vita
al progetto “Le tartufaie naturali della provincia di Arezzo. Caratteri
ecologici e buone pratiche di gestione del territorio per la loro tu-
tela” con il fine di tutelare, conservare e valorizzare il patrimonio
delle tartufaie naturali esistenti. Uno degli obiettivi prioritari è stato
quello di sensibilizzare sia gli uffici della pubblica amministrazio-
ne chiamati a gestire il territorio, sia i soggetti i privati interessati al
comparto sul valore e la delicatezza di questa risorsa, perché ope-
rando sul versante della consapevolezza diffusa dell’importanza
degli ambienti tartufigeni la comunità locale potesse da un lato tu-
telare e dall’altro cogliere le opportunità di questo settore. Una delle
difficoltà incontrate è stata proprio quella di coniugare la famige-
rata riservatezza delle preziose informazioni che ciascun tartufaio
conserva con tanta discrezione con il fatto che, senza la conoscenza
delle aree vocate, è impossibile dare corso a buone pratiche di ge-
stione del territorio rispettose degli ambienti di produzione.
Qui il ringraziamento va ai tartufai aretini e alle loro Associazioni
perché hanno saputo dare un essenziale contributo al lavoro.
Lo studio si è infatti concentrato sulla descrizione degli ecosi-
stemi tartufigeni delle tre principali specie di tartufo presenti nel
territorio provinciale: il tartufo bianco pregiato (Tuber magnatum
Pico), il tartufo scorzone (Tuber aestivum Vitt.) e il tartufo marzuolo
(Tuber borchii Vitt.).
La conoscenza dei territori, delle loro dinamiche e delle loro ca-
ratteristiche ha consentito di individuare quelle pratiche di gestione
del territorio che meglio si adattano alla tutela e alla salvaguardia de-
gli ecosistemi tartufigeni, calandole nel contesto normativo attuale.
La mappatura delle aree tartufigene costituisce uno strumento di
primaria importanza per poter far emergere questa peculiare risorsa
e porla all’attenzione dei diversi soggetti pubblici che operano nella
pianificazione e nella gestione del territorio come anche dei privati
interessati a valorizzarne le utilità.
Andrea Cutini
Assessore all’Agricoltura - Provincia di Arezzo
6
I
cambiamenti climatici degli ultimi venti anni, maggior-
mente evidenti e disastrosi nei recenti cinque, unitamente
a un continuo e progressivo aumento dei cercatori di tar-
tufo, affiancati da una sovra popolazione di animali selvatici, in
particolare di cinghiali, hanno portato a una sistematica, continua
e progressiva rarefazione di tutte le specie di tartufo.
La reiterata siccità ha colpito soprattutto il tartufo bianco che
sappiamo essere molto esigente in fatto di umidità, mentre specie
un po’ meno esigenti come il marzuolo e lo scorzone, sono state,
specialmente negli ultimi anni, letteralmente devastate dai selvatici.
Tutte le specie infine hanno subito una forte pressione antro-
pica, in modo diretto con la dissennata ricerca e indiretto con le
mutate tecniche di gestione del territorio, in particolar modo le-
gate all’agricoltura e alla selvicoltura. Sono principalmente questi
fattori e queste motivazioni che circa quattro anni fa hanno spinto
le nostre Associazioni a intraprendere un percorso di protezione
degli ambienti tartufigeni, insieme alla Provincia di Arezzo, alla
Regione Toscana, supportati dai nostri valenti tecnici.
Questo lavoro non è stato affatto semplice, anzi in alcuni mo-
menti anche molto difficile vista la non sempre ben accetta piena
disponibilità dei cercatori più anziani a svelare alcuni segreti gelo-
samente custoditi nel loro scrigno chiamato cuore; ma poi, piano
piano, facendo opera di convinzione, spiegando bene l’utilizzo a
fornire una corretta informazione, possiamo asserire di avere avu-
to piena collaborazione da parte di tutti i tartufai, nostri soci.
Oggi finalmente presentiamo questo lavoro convinti più che
mai della sua bontà e utilità; lo consegniamo nelle mani delle isti-
tuzioni, dei tecnici e di coloro che dovranno occuparsi del territo-
rio e della sua buona gestione con la speranza che questa preziosa
risorsa dal nome tartufo che la natura ci ha regalato, possa essere
salvaguardata e tutelata e anche, speriamo, incrementata, nell’in-
teresse di chi lo va a cercare, ma anche della comunità tutta.
Moreno Moroni
Presidente dell’Associazione Tartufai Valli Aretine
Pino Crestini
Presidente dell’Associazione Tartufai di Sestino
7
Autore e coordinatore del lavoro: Lorenzo Gardin, forestale
con la collaborazione di
Leonardo Nocentini, forestale, che ha curato gli aspetti forestali,
Paolo Gandi, agronomo, che ha curato gli aspetti legati al paesaggio.
Foto: tutte le foto sono di Lorenzo Gardin, tranne le foto alle pp. 15-21
che sono di proprietà della Regione Toscana, realizzate da Luigi Rinaldelli.
Ringraziamenti
Si ringrazia Stefano Boncompagni, dirigente Servizio Agricoltura Provincia di Arezzo,
e Moreno Moroni, presidente Associazione Tartufai Valli Aretine
Inoltre, si ringraziano per la collaborazione, i Servizi della Provincia di Arezzo
(Agricoltura, Programmazione Territoriale Urbanistica, Difesa del Suolo),
le Unioni dei Comuni del Casentino, del Pratomagno
e della Valtiberina toscana, il Consorzio di Bonifica Valdichiana Aretina,
e le Organizzazioni professionali agricole aretine.
Sommario
1_
Gli obiettivi del lavoro e le motivazioni 11
2_
I tartufi della provincia di Arezzo 13
3_
Materiali e metodi 23
4_
I caratteri ecologici degli ambienti di crescita
e le loro problematiche 27
5_
Buone pratiche di gestione del territorio
nell’attuale contesto normativo 65
6_
Iniziative intraprese e azioni dimostrative 77
7_
Lo sviluppo di filiera per il settore agricolo 83
8_
Conclusioni 91
Bibliografia 93
9
1_
Gli obiettivi del lavoro
e le motivazioni
12
2_
I tartufi della provincia di Arezzo
14
2_I tartufi della provincia di Arezzo
Tartufo bianco
pregiato(Tuber
magnatum Pico)
Ambienti
di crescita
del tartufo bianco
pregiato (Tuber
magnatum Pico)
nella provincia
di Arezzo
15
I Tartufi
Il tartufo scorzone
Tuber aestivum Vitt.
16
2_I tartufi della provincia di Arezzo
Tartufo scorzone
(Tuber aestivum
Vitt.)
Ambienti
di crescita del
tartufo scorzone
(Tuber aestivum
Vitt.) nella
provincia
di Arezzo
17
I Tartufi
Il tartufo marzuolo
Tuber borchii Vitt.
18
2_I tartufi della provincia di Arezzo
Tartufo marzuolo
(Tuber borchii
Vitt.)
Ambienti di
crescita del
tartufo marzuolo
(Tuber borchii
Vitt.) nella
provincia
di Arezzo
19
I Tartufi
Tartufo nero
pregiato (Tuber
melanosporum
Vitt.)
20
2_I tartufi della provincia di Arezzo
Il tartufo brumale
Tuber brumale Vitt.
Tartufo brumale
(Tuber brumale
Vitt.)
21
3_
Materiali e metodi
Vitt.) e del tartufo marzuolo (Tuber borchii Vitt.) per poter valuta-
re, quantificare e localizzare la risorsa tartufo.
Le aree tartufigene sono state delineate e archiviate come stra-
to vettoriale poligonale in un database geografico e rappresenta-
no quindi dei contenitori piuttosto ampi all’interno dei quali sono
presenti i singoli ambienti tartufigeni che costituiscono, di fatto,
le “aree di effettiva produzione” a cui fa riferimento la Legge re-
gionale n. 50/95 e il regolamento forestale (L.R. 39/2000); tali am-
bienti sono stati descritti e singolarmente delineati anche se, per
motivi inerenti alla scala di acquisizione del dato e per rendere
omogeneo il lavoro per tutto il territorio provinciale, è parso op-
portuno non scendere a livelli di dettaglio troppo spinti e invece
rappresentare e intervenire su aree di scala più generale.
25
I Tartufi
Gli obiettivi del Progetto, infatti, sono stati condivisi fin dal suo
inizio con i principali enti locali che, a diverso titolo e per differenti
settori, hanno un ruolo importante nella gestione del territorio; è
stato ritenuto strategico dapprima informare e sensibilizzare della
necessità di tutela degli ecosistemi tartufigeni e, successivamente,
individuare possibili percorsi, di carattere regolamentare, norma-
tivo o soltanto organizzativo, funzionali alla salvaguardia delle tar-
tufaie e all’attivazione di azioni per lo sviluppo della filiera tartufo.
In particolare alcuni aspetti specifici del lavoro sono stati con-
divisi con alcuni uffici provinciali, fra i quali: l’Ufficio del Piano
Territoriale di Coordinamento Provinciale affinché la localizzazio-
ne nel territorio delle aree tartufigene potesse trovare posto nella
pianificazione territoriale in una prossima revisione del Piano;
l’Ufficio delle Aree Protette, affinché si potesse inserire le aree tar-
tufigene e le buone pratiche di gestione del territorio nei Piani di
gestione delle Aree protette con l’obiettivo di prevedere, in modo
integrato, la possibilità di realizzare interventi di miglioramento
produttivo delle tartufaie naturali; con l’Ufficio per la Difesa del
Suolo sono state create delle sinergie che mirano a inserire nelle
autorizzazioni degli interventi di gestione della vegetazione ripa-
riale lungo fiumi e fossi in aree tartufigene, particolari prescrizioni
di tutela e di salvaguardia.
Infine il lavoro è stato proposto alle Organizzazioni Professio-
nali Agricole rappresentanti delle aziende agricole che sono i prin-
cipali proprietari privati dei fondi su cui crescono i tartufi, al fine
di condividere e trasferire con più efficacia le informazioni riguar-
danti le opportunità per gli imprenditori agricoli nel settore della
tartuficoltura, intesa sia come miglioramento di aree tartufigene
naturali che come realizzazione di nuovi impianti.
26
4_
I caratteri ecologici
degli ambienti di crescita
Produzione
La produzione delle tartufaie dei depositi fluviali e alluvionali del-
le Vallate aretine è stimata su livelli medi, in quanto le tartufaie
sono assai localizzate, sporadiche e in alcuni casi, in continua e
forte contrazione; inoltre le caratteristiche ambientali, in partico-
lare il suolo, non sempre presentano caratteri ottimali: l’assenza
di carbonato di calcio dal substrato determina dei valori di pH lo-
calmente non particolarmente idonei; si registra inoltre talvolta
un’eccessiva pressione dei raccoglitori sui siti maggiormente co-
nosciuti e frequentati. Lungo i corsi d’acqua secondari, es. Nic-
cone e Vingone, Sovana, Cerfone si ritrovano invece porzioni di
habitat meglio conservati, con una maggiore ricchezza di piante e
diversità specifica che danno produzioni buone e costanti.
32
4_I caratteri ecologici degli ambienti di crescita
34
4_I caratteri ecologici degli ambienti di crescita
37
I Tartufi
38
4_I caratteri ecologici degli ambienti di crescita
41
I Tartufi
Produzione
La produzione di tutti questi ambienti è alta e costante e anche la
pezzatura è buona.
Produzione
Questi ambienti sono molto produttivi, con buona pezzatura, an-
che se i siti di crescita del tartufo bianco pregiato sono localizzati,
presenti cioè solo in particolari condizioni ecologiche, caratte-
rizzate da stazioni umide e fresche, suoli calcarei non particolar-
mente compatti.
a suoli dai caratteri chimici e fisici molto differenti fra loro. Dai ri-
lievi effettuati solo le facies più siltose e marnose a matrice calcarea
determinano suoli idonei alla crescita del tartufo bianco pregiato.
Produzione
La produzione è medio alta, ma estremamente localizzata e avvie-
ne solo ove si verificano le condizioni ecologiche particolari sud-
dette, dovute alla reazione del suolo.
47
I Tartufi
Produzione
Sono ambienti mediamente produttivi e i siti sono localizzati e di-
stribuiti in modo non uniforme nell’ambiente.
Produzione
La produzione è alta, diffusa e la pezzatura è media.
52
4_I caratteri ecologici degli ambienti di crescita
Produzione
Questi sono fra gli ambienti più produttivi per il tartufo scorzone
per i quali la produzione è elevata, costante e i siti di crescita sono
uniformemente diffusi e danno una buona pezzatura. Minore è la
presenza del tartufo marzuolo.
Produzione
Questi ambienti sono mediamente produttivi per il tartufo scor-
zone, e si localizzano sul margine delle pinete e nelle zone non
completamente chiuse, mentre ove la copertura delle chiome è
massima si assiste a un progressivo decremento produttivo.
Produzione
Questi ambienti sono molto produttivi per il tartufo scorzone nei
quali la produzione è costante e i siti sono molto diffusi. La pez-
zatura è buona. Anche per il marzuolo sono ambienti di discreta
produzione.
Produzione
La produzione è alta, diffusa e la pezzatura è medio-grande. Negli
ambienti della Formazione Marnoso-arenacea i siti di produzio-
ne del marzuolo vengono spesso in contatto con quelli del tartufo
bianco pregiato (Tuber magnatum Pico), che però occupa le parti
basse dei versanti e le zone più concave, relegando il marzuolo
alle sommità e alle parti alte di versante.
62
4_I caratteri ecologici degli ambienti di crescita
Produzione
La produzione di questi ambienti è media sia come quantità gene-
rali, sia come pezzatura.
64
5_
Buone pratiche di gestione
del territorio nell’attuale contesto
normativo
Il contesto normativo
Regolamento forestale
art. 57 – Aree di effettiva produzione dei tartufi
In sintesi, tale articolo obbliga al rilascio di una fascia di terre-
no sodo di almeno 4 metri dal bordo esterno dell’argine di fiumi
o torrenti, ambienti prediletti dalle piante produttrici di tartufo e
aree a debole equilibrio.
Vieta l’abbattimento, fatti salvi motivi particolari, di tutte le
piante isolate di faggio, acero, tiglio, olmo, frassino maggiore, pino
domestico, castagno con diametro maggiore a 40 cm, di tutti gli
esemplari di tasso con diametro di 10 cm in quanto piante pro-
duttrici o potenziali produttrici di tartufo e di tutte le piante di
querce e pioppo bianco con diametro maggiore di 25 cm poste
nelle tartufaie ad effettiva produzione;
vieta le lavorazioni a profondità maggiori di 30 cm nell’area di
proiezione della chioma delle piante simbionti;
regolamenta le trasformazioni del soprassuolo consenten-
do esclusivamente la piantagione di specie arboree tartufigene:
querce, carpino nero e bianco, nocciolo, salice bianco, salicone,
tiglio, tiglio selvatico, pioppo bianco e nero, pino domestico, nero
e laricio.
Applicabilità: l’applicabilità di tale articolo è riferita, per quan-
to riguarda la Provincia di Arezzo, soltanto agli ambienti di cre-
scita del tartufo bianco del Casentino e della Valtiberina, uniche
zone geografiche previste dalla L.R. 50/95, nelle quali le aree di
66
5_Buone pratiche di gestione del territorio...
Regolamento forestale
art. 56 – Norme di tutela delle piante forestali non ricomprese nei boschi
Tale articolo prevede il divieto di taglio di piante adulte con
diametro >40 cm, piante singole, siepi e filari e prevede l’autoriz-
zazione per tagli dovuti a motivi fitosanitari, miglioramento fon-
diario etc.
Applicabilità: l’applicabilità di questo articolo di legge riguarda
terreni non boscati di aree agricole nelle quali siano presenti pian-
te adulte con diametro >40 cm, piante singole, siepi e filari ricono-
sciute e individuate dalla Comunità Montana o dalla Provincia ai
67
I Tartufi
Regolamento forestale
art. 51 – Boschi in situazioni speciali
Applicabilità: si applica solo ai boschi; oppure occorre pre-
ventivamente portare a bosco certi ambienti non attualmente a
bosco (art, 55); occorre che le Comunità Montane o le Provincie
svolgano la procedura di definizione degli elenchi dei boschi in
situazioni speciali.
Efficacia: alta, poiché è possibile modulare ogni tipo di inter-
vento con particolare attenzione alla tutela promossa dai commi
c, d, e, f; occorre tuttavia valutare attentamente l’opportunità che
certe aree tartufigene, attualmente non in bosco, diventino bosco
(margini, aree in abbandono etc.). Interventi che mantengano gli
ambienti in un certo stadio iniziale di sviluppo non sembra con-
sentito dal Regolamento Forestale. Per le piante isolate tale arti-
colo non è efficace.
Regolamento forestale
art. 7 – Autorizzazione e dichiarazione, comma 5
Ricordiamo che tale articolo consente all’ente competente di
commisurare specifiche disposizioni e prescrizioni per le utiliz-
zazioni forestali.
Pertanto in caso di boschi interessati da aree tartufigene, è
consentito specificare, ad esempio, il rilascio di singole piante
tartufigene, la localizzazione idonea degli imposti e delle piste di
smacchio etc. Tali considerazioni posso valere anche per l’auto-
rizzazione necessaria alla trasformazione dei terreni saldi che ri-
sultino interni ad aree tartufigene.
Applicabilità: si applica solo a boschi o terreni vincolati; oc-
corre che gli enti preposti all’autorizzazione o dichiarazione al
taglio siano a conoscenza tramite il sistema informativo, dei dati
inerenti alle aree tartufigene, per le quali poter emanare specifi-
che norme di tutela.
Efficacia: è efficace su superfici limitate e ben circoscritte. Oc-
corre una mappatura dettagliata e la collaborazione da parte delle
associazioni dei tartufai.
68
5_Buone pratiche di gestione del territorio...
Trattamenti selvicolturali
La cura del soprassuolo richiede un’analisi più approfondita.
Come già detto l’applicazione fedele dei contenuti della legge e
del regolamento forestale non sempre concorda con la tutela
dell’area di produzione del tartufo, che ha un’ecologia particolare,
diversa da quella del bosco: negli ambienti di crescita del tartufo
si deve favorire, come principio generale, il rilascio delle piante di
dimensioni maggiori e il controllo del sottobosco.
Nel caso della vegetazione degli impluvi, si consiglia di opera-
re sulle specie arboree un taglio riconducibile, fisionomicamen-
71
I Tartufi
Gli interventi, così come descritti, non rientrano fra quelli già
previsti dalla legge e dal Regolamento Forestale che, come già det-
to, hanno comunque finalità diverse rispetto alla produzione del
tartufo. In questo senso abbiamo valutato le effettive possibilità
di intervenire con strumenti autorizzativi in deroga rispetto ai di-
sposti generali previsti dalla legge forestale.
Il regolamento prevede, in alcuni casi, lo strumento del “pro-
getto di taglio” nel quale evidenziare i motivi per i quali si ritiene
opportuno proporre un intervento diverso da quello selvicoltura-
le tipico per un soprassuolo produttivo di legno.
Tale opportunità sembra comunque poco applicabile poiché
la finalità del progetto resta sempre la migliore utilizzazione dei
soprassuoli.
La possibilità di utilizzare lo strumento del “progetto di taglio”
è previsto dal Regolamento Forestale solo in alcune tipologie di
soprassuoli: nel caso del taglio dei cedui invecchiati, cioè di età
maggiore di 36 anni (art. 26) e nel caso del taglio di diradamento
dei boschi cedui in turno (art. 27).
Le finalità previste dalla legge sono, in via sintetica, il miglio-
re sviluppo del bosco, pertanto l’obiettivo perseguito si discosta
dalla produzione di “prodotti secondari del bosco”. Ancora più
difficoltosa sembra la deroga all’estirpazione delle specie di cui
all’allegato A della legge forestale quando siano indesiderate per
eccessivo rigoglio all’interno dell’ecosistema tartufigeno e addi-
rittura il Regolamento Forestale all’art. 83 comma 4 vieta il taglio
o l’estirpazione di arbusti di cui all’allegato A della legge forestale
finalizzati alla raccolta dei prodotti di cui all’art. 63 della stessa
legge che al punto a) indica funghi epigei e ipogei. Quindi se tali
specie vanno a colmare la chiaria interna al bosco non ci sono
strumenti che consentano il recupero dell’apertura, di fonda-
mentale importanza ai fini della produzione del tartufo.
Nel caso dei pascoli, dei pascoli arborati, dei terreni saldi che
ricadono in aree soggette al vincolo idrogeologico, il Regolamento
Forestale prevede la possibilità del taglio delle specie arbustive,
ma non consente danneggiamenti alle specie forestali, neppure
alla rinnovazione (art. 83, comma 1), quindi le specie forestali
sono destinate a diffondersi, non sono previste deroghe, pertanto
le specie forestali di cui all’allegato A, anche se indesiderate in un
ecosistema tartufigeno, non possono essere eliminate.
In definitiva, per operare con maggiore tranquillità all’interno
degli ecosistemi tartufigeni, sarebbe auspicabile una regolamen-
tazione d’intervento particolareggiata.
76
6_
Iniziative intraprese
e interventi dimostrativi
82
7_
Lo sviluppo di filiera
per il settore agricolo
83
I Tartufi
84
7_Lo sviluppo di filiera per il settore agricolo
I raccoglitori di tartufi
85
I Tartufi
Le opportunità di sviluppo
Lo sviluppo della parte iniziale della filiera del tartufo può portare
numerosi vantaggi a tutti i soggetti che hanno un ruolo attivo nel
settore agroforestale, ma anche, come indotto, a gran parte delle
attività di commercializzazione dei prodotti, di ristorazione, di tu-
rismo in genere.
La divulgazione delle informazioni sulle attività di tutela e va-
lorizzazione del prodotto nonché sulle opportunità previste dalle
leggi e dai regolamenti, in particolare la legge regionale 50/95 e il
Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013, dovrebbe accrescere la con-
sapevolezza da parte dei proprietari, delle aziende agricole, dei
consorzi di produttori di tutelare una risorsa che può essere di
tutti. Ciò può portare a una maggiore estensione di terreni tartufi-
geni da porre sotto tutela e oggetto di miglioramento produttivo e
quindi a un aumento della produzione.
88
7_Lo sviluppo di filiera per il settore agricolo
90
8_
Conclusioni
92
Bibliografia
93
Finito di stampare
nel novembre 2012
da Industrie Grafiche Valdarnesi
a San Giovanni Valdarno (AR)