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INTRODUZIONE (letterale)
Da non-comparativo a non-traslazionale
Le parole di Beach possono essere utilizzate in un contesto odierno, nel campo della
"ricerca traslazionale". Nelle scienze biomediche, “traslazionale” indica il processo di
raccolta di informazioni attraverso metodologie differenti e di trasformazione delle
stesse in conoscenza direttamente spendibile in favore del paziente (ciò viene definito
anche "passare dalla scrivania –del ricercatore- al letto -del paziente-"). Un ulteriore
significato del termine, di segno opposto, è quello di tradurre i risultati derivanti dalla
clinica in ricerca pre-clinica. Nel complesso, poi, l'idea di base della ricerca
traslazionale è sempre stata molto guidata dai concetti di validità esterna e di validità
predittiva.
Sì è consapevoli del fatto che i passi da compiere per tradurre i dati sperimentali in
dati pratici utili per il paziente sono ardui e numerosi; molto ingente è, infatti, il rateo
di insuccessi, specialmente nell'area dell'oncologia o della salute femminile. Ciò è
dato, spesso, dalla presenza di dati sperimentali inadeguati o distorti, da
studi metodologicamente imperfetti, e da una rilevante mancanza di validità esterna.
Molte condizioni, infatti, devono essere soddisfatte per poter asserire che dati
derivanti da studi su animali possano essere ugualmente pertinenti agli umani. È,
quindi, necessario utilizzare disegni sperimentali non unidimensionali ma che
facciano convergere approcci metodologici diversi.
In natura, gli organismi viventi variano sia a livello intra-specifico che a livello Inter-
specifico. Ciò dipende dai geni, dall'ambiente e dalla loro interazione; ovvero
dall'epigenetica. Evidenze sperimentali confermano, infatti, che le influenze
ambientali precoci modulano il fenotipo individuale nell’età adulta
("Programmazione fenotipica"). Un esempio di ciò è riscontrabile nella Dafnea,
ovvero un crostaceo che può presentare, o meno, un "elmetto" protettivo, a seconda
della presenza, in fase di sviluppo, dell'odore di un qualsiasi predatore. Nel caso in
cui, poi, il crostaceo riscontri, in vita adulta, un ambiente che corrisponda alle
condizioni del suo sviluppo precoce (con la presenza, o meno, di predatori), esso
acquisirà anche la possibilità di una sopravvivenza a lungo termine e, quindi, di
riprodursi. Un simile processo è stato osservato anche nei porcellini d'India e
nell'uomo, rilevando dati dalle condizioni sia intrauterine che neonatali.
Dunque, particolari condizioni ambientali, nei primi stadi dello sviluppo, calibrano
adattivamente il fenotipo individuale nella vita adulta. Se, viceversa, le condizioni
neonatali si discostano eccessivamente dalle condizioni della vita adulta, si può
incorrere in una vulnerabilità patologica. Per quel che riguarda i ratti da laboratorio,
la domanda è: può esserci la possibilità che essi siano cresciuti in maniera disadattiva,
con il senno dei compiti pertinenti alla loro vita adulta (inficiando, in tal caso, la loro
utilità predittiva)? Le evidenze, in condizioni controllate, sembrano affermare che la
vita neonatale dei ratti da laboratorio sia troppo tranquilla rispetto alla loro vita
adulta, e che la somministrazione precoce di stressor può ristabilire l'ambiguità
fenotipica.
1) No, non è fattibile in quanto alcuni dei fattori che modulano il fenotipo non
possono essere standardizzati tra differenti laboratori. Tali fattori possono essere, per
esempio, la posizione di una gabbia rispetto alle altre, l'umidità, l'illuminazione, le
specifiche individuali del personale di laboratorio, le particolari condizioni di viaggio
per arrivare fino al laboratorio.
CONCLUSIONI (letterale)