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LO SPECCHIO: DA PORTA SU SÉ STESSI A FINESTRA SULLA REALTÀ

Lo specchio diviene elemento centrale in materia devozionale a partire dalla riflessione di


Tommaso d'Aquino, padre della Chiesa e del pensiero filosofico occidentale. Nell'Europa del XIII
secolo infatti presero a diffondersi, per la prima volta in latino, le opere di Aristotele e dei
commentatori aristotelici greci ed arabi, provocando quello che è possibile definire come un vero e
proprio rinnovamento di interesse antropologico. Citando infatti le parole di Alessandro Ghisalberti,
professore di Filosofia Teoretica presso l'Università Cattolica di Milano, in un importante articolo
sulla Rivista di Filosofia Neo-Scolastica:

Diventano determinanti, ad ogni livello del dibattito sui rapporti anima-corpo, il confronto e
l'interpretazione del De Anima di Aristotele, in cui l'uomo è definito come una sostanza unitaria, risultante
dall'unione di corpo (principio materiale) e anima intellettiva (principio formale); la sua specificità è
connessa con la conoscenza intellettuale, che attraverso l'astrazione operata dall'intelletto nella sua
attitudine passivo-recettiva ed in quella attivo-astrattiva, perviene alla formazione dei concetti universali
immateriali.1

Seguendo le riflessioni di San Tommaso “guardare nello specchio dell’anima è una ricerca della
verità capace di considerare anche la scheggia più piccola in grado di riflettere [...], nel contempo è
anche l’acquisizione di un metodo umile [...] per la consapevolezza dell’inevitabile provvisorietà
dei risultati e del pericolo di errori di prospettiva”.2

Si rileva da qui come già dai contemporanei dell'Aquinate acquista importanza lo specchio; su
tutti Bonaventura da Bagnoregio - che dalla visione tomistica si distaccava - lo cita nella
introduzione alla sua opera magna, l'Itinerarium mentis in Deum.

Partendo dal pensiero tomistico, filtrato da pensatori religiosi a lui contemporanei, lo specchio e
l'atto dello specchiarsi giungono a una nuova centralità col misticismo cinquecentesco di Teresa
d'Avila, che lo fa divenire “metafora della creazione stessa”.3

Tutto questo substrato si riflette nel contesto controriformistico della fine del Secolo; per quanto
però si sia portati a ritener ciò come prerogativa prettamente romana e cattolica, troviamo elementi
di affinità anche nella religiosità inglese del periodo Elisabettiano. Il primo Act of Supremacy (ne
seguirà un secondo nel 1559 per mano di Elisabetta I) con cui nel 1534 Enrico VIII rompeva la
subalternità religiosa del regno rispetto a Roma e al Romano Pontefice, arrogandosi il titolo di Capo
Supremo della Chiesa di Inghilterra, portò in dote la avanguardistica possibilità di accedere alle
Sacre Scritture senza la mediazione del clero. Se il primo effetto fu la nascita di una Bibbia in

1 Alessandro Ghisalberti, Anima e corpo in Tommaso d'Aquino, Rivista Di Filosofia Neo-Scolastica, vol. 97, no. 2,
2005, pp. 281–296. JSTOR, www.jstor.org/stable/43063632. Accessed 20 Feb. 2021.
2 Cfr. Tommaso d’Aquino, Lo specchio dell’anima. La sentenza di Tommaso d’Aquino sul “De Anima” di Aristotele, a
cura del Progetto Tommaso, San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, pag 11.
3 Bert Treffers, Caravaggio. Nel Sangue del Battista, Shakespeare and Company 2, Roma, 2000.
inglese, il portato più diffuso e più importante fu il formarsi fin da subito di una nuova
intellighenzia interessata ai dibattiti teologici come le donne aristocratiche (fra cui Katherine Parr,
una delle mogli di Enrico VIII) e la borghesia istruita.

È in questo contesto sociale e culturale che si diffuse la lettura del genere delle meditazioni
penitenziali dinanzi allo specchio: lo testimonia la traduzione fatta nel 1544 dalla allora undicenne
principessa Elisabetta de Le miroir de l'âme pêcheresse (Lo Specchio dell'anima peccatrice),
meditazione del 1531 scritta da Margherita di Navarra:

«Elizabeth embroidered the covers for the manuscript, fashioning it as a 1544 New Year Gift to Katherine
Parr, Henry VIII's sixth and final wife. The test demonstrates the princess' learning to the stepmother who
commissioned humanist tutors like John Cheke and Roger Ascham to educate her along with Lady Jane
Grey and others at the royal school that Parr organized for the education of young Prince Edward»4

(«Elisabetta ha ricamato le copertine del manoscritto, modellandolo come un regalo di Capodanno del
1544 a Katherine Parr, sesta e ultima moglie di Enrico VIII. Il test dimostra l'apprendimento della
principessa alla matrigna che commissionò a tutor umanisti come John Cheke e Roger Ascham di
educarla insieme a Lady Jane Gray e altri alla scuola reale che Parr organizzò per l'educazione del
giovane Principe Edoardo»)

Lo specchio si presenta quindi come il luogo della riflessione declinata quale indagine sul reale e
sull'umano.

4 The Cambridge Companion to English Literature. 1500-1600, Edited by Arthur F. Kinney,

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