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ALESSANDRO MANZONI

BIOGRAFIA
Alessandro Manzoni nacque a Milano nel 1785, dal conte Pietro Manzoni (anche se forse il padre verso è
Giovanni Verri) e da Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria, grande esponente dell’illuminismo. Trascorse
la fanciullezza in diversi collegi retti da padri somaschi e barnabiti ma, una volta uscito dal collegio, si inserì
nell’ambiente culturale milanese dove frequentò Monti e Foscolo. Nel 1792, dopo la separazione dei
genitori, la madre si trasferisce a Parigi con il nuovo compagno. Si dedicò intensamente al lavoro
intellettuale, scrivendo parecchie opere nel gusto classicistico dell’epoca. Nel 1805 raggiunse la madre a
Parigi, dopo la morte del suo compagno Carlo Imbonati. Qui entrò in contatto con molti intellettuali, poiché
nei caffè solitamente si scambiavano idee culturali. Aderisce al circolo degli idologues e strinse amicizia con
Fauriel(era il fautore del circolo); venne anche a contatto con i giansenisti, i quali sostenevano che l’anima a
corrotta a priori e poteva liberarsi solo attraverso la morte, i quali incisero sulla sua conversione. Poi
conobbe Enrichetta Blondel che divenne sua moglie quando essa era ancora sedicenne e, essendo molto
religiosa, lo condusse alla conversione calvinista. Lei era un caposaldo per Manzoni, poiché essendo molto
insicuro, gli dava le risposte a tutte le sue domande aiutandolo nella strada più giusta da prendere. Inoltre
si racconta che, durante una cerimonia/matrimonio reale, Manzoni perse la moglie nella folla e quando,
poco dopo, si ritrovarono, interpretarono questo fatto come il volere del destino e decise così di convertirsi
al cristianesimo; ovviamente a questo si aggiunsero altri motivi, tra i quali quello politico. Nel 1810 tornò a
Milano dopo la morte del padre e ottenne l’ala protettiva di monsignor Tosi, dove si dedicò alla stesura
degli inni sacri. La sua vita era dedicata allo studio, alla scrittura, alla pratiche religiose, alla famiglia perché
aveva 10 figli e alla politica, nonostante fu sempre defilato. Fu vicino inizialmente al neoclassicismo, mentre
successivamente abbracciò le teorie romantiche. Nel 1820-1821 si dedica alla stesura delle odi civili e alle
tragedie. Nel 1827, con la pubblicazione dei promessi sposi, si può definire concluso il periodo creativo di
Manzoni, egli tendeva sempre a rifiutare la poesia, considerandola falsità rispetto al vero storico e morale.
Lavorò fino al 1840 al suo romanzo, ma gli intenti erano prevalentemente linguistici. Dopo la morte della
madre nel 1841, e poi della moglie, susseguirono una serie di lutti, tra i quali 8 dei suoi 10 figli. Inoltre
furono pochi dei suoi figli a soddisfarlo, perché non seguirono la sua strada ma si adagiarono agli ozi della
ricchezza famigliare. Con alcuni ebbe anche delle rotture, tanto che decise di non vederli nemmeno da
morti, anche se poi se ne pentì. Superò il tutto attraverso la provvidenza e la religione, sono le uniche due
cose che gli danno sicurezzaera anche agorafobico, ossia aveva paura delle piazze e dei luoghi pubblici,
perciò si chiude in casa. Si dedicò alle stesura di molte opere, ma in una letteratura non impegnata, bensì
con il fine dell’insegnamento. Dopo la costituzione del regno d’Italia, venne nominato senatore. Pur
essendo cattolico era contrario al potere temporale della chiesa. Manzoni fu un grande scrittore, maestro e
guida intellettuale, morale e politica. Morì a Milano nel 1873.
Tra il 1801 e il 1810 compone opere in linguaggio aulico e tipiche della tradizione neoclassica, fitte di
riferimenti mitologici. Tra le più importanti opere ci sono: trionfo della libertà, Adda, quattro sermoni, in
morte di Carlo imbonati (immagina che imbonati, che egli ammirava come un padre, gli appaia in sogno
dandogli degli insegnamenti di vita e di poesia); Urania e partenide. Dopo la conversione, che colpì tutti gli
aspetti della sua personalità, si distaccò dalla cultura neoclassica perché sente il bisogno di una cultura
nuova. Gli elementi più importanti sono:
 STORIA: il classicismo aveva visto nel mondo romano l’antenato della cultura moderna e aveva
scorto un modello supremo di civiltà in tutti i campi, quello politico e civile, quello letterario e
quello artistico. Manzoni invece vede il Medioevo, come lo vedono i romantici e non gli illuministi,
ossia come l’antenato della civiltà moderna; ammira il fascino dell’emozione e della spontaneità,
aldilà della tradizione oscura e superstiziosa. Ed è proprio da questa concezione della storia che
sviluppa non più l’interesse per gli aristocratici, tipico dei poeti neoclassici, ma per gli umili e i vinti.
 LETTERATURA:
NEOCLASSICISMO MANZONI
Forme ricercate, auliche e elaborate dal STILE Rifiuto della retorica aulica
punto di vista retorico
Letteraria e classicheggiante LINGUA Inizialmente vicino alla lingua dei colti, poi avvicinamento alla
lingua comune
Pubblico ristretto di persone colte DESTINATARI Il destinatario diventa l’uomo comune
Il piacere estetico dei destinatari, FINALITA’ L’utile e il vero diventano i principali temi
perché non è un poeta impegnato, fa
letteratura civile
Preferenza di contenuti mitologici e CONTENUTI È un contenuto vero (civile e storico), di interesse per gli umili
classici e i vinti. Dirà infatti nella lettera a Cesare Azeglio “l’utile per
iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo”
INNI SACRI: vennero scritti tra il 1812 e il 1815. Manzoni è ancora legato agli aspetti neoclassici, ma
introduce una nuova materia che è quella liturgica (vengono scritto dopo la sua conversione). Non è
un’opera che serve come insegnamento, bensì una scrittura di getto, una produzione letteraria istintiva.
Nonostante fosse ancora molto vicino alla poetica neoclassica, comincia a distaccarsi un po’. Infatti ne
deriva una poesia che non si rivolge più solo ad una cerchia ristretta, ma comincia ad allargarsi ad un
pubblico più ampio; ricorre inoltre a metri dal ritmo incalzante, discostandosi quindi dall’endecasillabo
classico. Manzoni progetta dodici inni, ma ne scrisse solo quattro: la resurrezione, il natale, la passione e il
nome di Maria; soltanto nel 1822 pubblicherà un quinti inno, la pentecoste, che ha subito diverse stesure. I
primi quattro seguono un schema fisso, tipicamente neoclassico, basato sull’enunciazione del tema,
rievocazione dell’episodio centrale e commento con riferimenti dottrinali e morali. Il quinto inno invece
viene rielaborato con coscienza in un momento nel quale Manzoni si allontana totalmente dal
neoclassicismo, infatti rompe lo schema utilizzato per gli altri inni e insiste sul rivolgimento portato dallo
spirito nella sua discesa nel mondo e culmina in un’invocazione affinché esso scenda ancora sull’umanità.
Ha un carattere liturgico e sembra di assistere a una messa, poiché ormai la conversione di Manzoni
permea tutte le sue opere.
LIRICA PATRIOTTICA E CIVILE: questo tipo di composizione si allontana sempre di più dalle immagini
mitologiche e dal neoclassicismo. Le più importanti sono Marzo 1821, è dedicata ai moti di quell’anno e alla
speranza che l’esercito piemontese si riunisse agli insorti longobardi; il 5 maggio è invece ispirato alla morte
di Napoleone. A queste si aggiungono i cori inseriti nella tragedia, poiché rientrano nella poesia lirica:
Carmagnola, deprecazione delle lotte fratricide che dividevano il popolo italiano nel quattrocento; Adelchi
tratta la ricostruzione delle vicende tra Longobardi e Franchi; Ermengarda tratta la ricostruzione dei
tormenti interiori dell’eroina, ripudiata dal marito Carlo Magno. Manzoni analizza il passato come un
autentico senso della storia, sollecitato dal bisogno di ricostruire la fisionomia di epoche lontane. Inoltre si
allontana del tutto dal neoclassicismo, perché la materia che tratta non è totalmente nuova e quindi risulta
difficile staccarla totalmente dal passato.
TRAGEDIE: come la lirica, anche la tragedia rappresenta profonde rotture con il neoclassicismo e
rappresentano, per la materia trattata(provvidenza), un preludio ai Promessi Sposi. Manzoni rifiuta le unità
aristoteliche e i canoni classici. Nella tragedia classica i fatti si svolgevano nell’arco di una giornata, non vi
erano mutamenti di scena, non si intrecciano azioni diverse. Manzoni invece con il suo teatro tragico vuole
collocare i conflitti dei suoi personaggi in un determinato contesto storico, ricostruito con fedeltà. Inoltre
afferma che non c’è bisogno di inventare fatti, perché nella storia, in ciò che gli uomini hanno
effettivamente compiuto, vi è un ricco ed affascinante repertorio di soggetti drammatici. Per creare la
poesia drammatica basta ricostruire un fatto storico nella dinamica interna delle sue cause e dei suoi
svolgimenti. Per questo il poeta deve essere fedele al vero storico, senza prendersi scelte inutili. Proprio per
questo carattere del vero, giunge al rifiuto delle unità aristoteliche. Chiudere lo sviluppo di un’azione in
stretti limiti di tempo e di luogo, costringe il poeta a esagerare le passioni, per far sì che i personaggi
giungano in un giorno alla risoluzione decisiva. Da questo nasce il falso della tragedia classicistica, ciò che
Manzoni chiama “romanzesco”: quella forzatura artificiosa dei caratteri e delle passioni che non
corrisponde al modo di agire degli uomini nella realtà. Solo la libertà da regole artificiose e consente di
riprodurre il vero, di costruire caratteri autentici. La falsità della tragedia, ha anche effetti morali deleteri,
poiché gli uomini finiscono per applicare nella vita reale i principi e i sentimenti falsi visti sulla scena. Il
principio delle unità aristoteliche fu consacrato dal teatro seicentesco di Corneille e Racine; mentre, nel
romanticismo tedesco, viene rifiutata questa regola per abbracciare la libertà teatrale tipica del teatro di
Shakespeare. Questo rifiuto nasceva dal principio che il genio poetico deve creare liberamente, senza
alcuna costrizione. La teorizzazione del rifiuto di queste regole venne fatta da Wilhelm nel suo “Corso di
letteratura drammatica”.
CONTE DI CARMAGNOLA: venne scritto tra il 1816 e il 1820 e si incentra sulla figura di un capitano di
ventura del quattrocento, Francesco Bussone, il quale era al servizio del duca di Milano ottiene molte
vittorie e giunge a sposarne la figlia; passa poi al servizio di Venezia, assicurandone la vittoria su Milano
nella battaglia di Maclodio. Ma, sospettato di tradimento dai Veneziani per la sua clemenza contro i
prigionieri, viene attirato a Venezia con un falso pretesto, imprigionato e ucciso. La tragedia si regge sul
conflitto tra l’uomo d’animo elevato e la ragione di Stato. Affronta dunque un tema centrale, la storia
umana come trionfo del male. Manzoni vede il conte come un vinto che ha dovuto affrontare il suo destino,
che però il vero eroe lo capisce e lo accetta, si tratta di una sorta di esaltazione della provvidenza.
ADELCHI: Ermengarda, figlia di Desiderio, re dei longobardi, è stata ripudiata dal marito Carlo Magno e
torna dal padre. Questi vuole vendicarsi e costringe il papa Adriano a incoronare re dei franchi i figli di Carlo
magno rifugiatisi presso di lui. Giunge così a desiderio un messo di Carlo magno che gli intima di restituire le
terre al papa e così scoppia la guerra che si conclude con la morte di Adelchi, il quale però chiede di essere
pietoso con il vecchio padre (Carlo magno) e muore anche Ermengarda subito dopo aver sapute delle
future nozze di Carlo magno con n’altra donna. Qui si fa evidente la contrapposizione tra i personaggi
politici, desiderio e Carlo, animati solo dall’interesse della ragion di stato e della passione di dominio e, i
personaggi ideali, adelchi e ermengarda, che nella loro purezza sono però destinati alla sconfitta. Si tratta
ancora di materia aulica e di protagonisti aristocratici, ma vi è l’inserimento della provvidenza, poiché ci
sarà poi un impero, quello di Carlo magno, che però verrà benedetto dal papa.
IL ROMANZO E IL REALE: la polemica contro il romanzesco chiarisce alcuni punti della nozione manzoniana
di letteratura. In primo luogo la letteratura si deve ispirare al vero, che coincide, per Manzoni, con la storia.
L’unità di tempo delle tragedie classiche costringe ad esagerare le passioni che hanno condotto a quelle
azioni; ai caratteri individuali si sono sostituiti tipi astratti, pure allegorie di certi concetti o sentimenti. Di
qui nasce il romanzesco nella tragedia che è il falso che soffoca l’individualità. La letteratura classicistica
tendeva a una rappresentazione idealizzata che fuggiva da ciò che era legato ad un particolare tempo e
luogo e rappresentava solo ciò che era universale. Al contrario la letteratura moderna punta proprio su ciò
che è concreto e individuale, i personaggi infatti sono collocati su uno sfondo nel tempo e nello spazio. La
verosimiglianza è quindi il ritrarre personaggi verosimili che corrispondono al teatro, poiché l’intento
diventa l’insegnamento. Gli viene rimproverato che si distacca dalla tragedia e abbandona formalmente le
vecchie unità aristoteliche e la materia del mito. Si ha quindi una drammaticità vera e legata alla storia,
cosa che era impossibile fare nella classicità.

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