Con metodo scientifico si vuole definire un percorso che sia capace di condurre alla
conoscenza piena e certa. Da Platone in poi, la sua elaborazione impegna generazioni
di intellettuali ma esso assume forma moderna a partire da Galileo, da Bacone
(Novum organum – 1620), da Cartesio (Discorso sul metodo – 1637).
Dibattito centrato sui seguenti problemi:
- definizione del ruolo dell’esperienza empirica nella ricerca scientifica;
- disciplinamento della ricerca scientifica attraverso un metodo rigoroso;
- legittimità di un ricorso diverso da quello deduttivo (centrale in Aristotele);
- demarcazione tra sapere scientifico e altre forme di esperienza cognitiva.
Con Bacone ha inizio una riflessione metodologica sul modo di procedere della
scienza. Scrive il “Novum Organum” in cui vuole indicare un nuovo metodo diverso da
quello aristotelico (deduttivo e sillogistico)
La prima compiuta sistemazione dell'arte del sillogismo come metodo centrale della logica fu data da Aristotele, che
vide in esso un ragionamento da cui, poste determinate premesse, derivano necessariamente determinate
conclusioni. Sulla base di questa definizione, per Aristotele il sillogismo si compone di tre proposizioni: due poste
come premesse e la terza derivante da esse come conclusione. Il tutto a condizione che la seconda proposizione sia
contenuta nella prima e la terza nella seconda, sicché anche la terza sarà contenuta nella prima: condizione unica di
validità del sillogismo stesso. Nella terminologia aristotelica, usata negli Analitici primi, la prima proposizione è detta
premessa maggiore, la seconda premessa minore e la terza conclusione. L'esempio classico del sillogismo
aristotelico, nella sua forma più generale, è il seguente: Tutti gli uomini sono mortali (prima proposizione, premessa
maggiore) - Socrate è un uomo (seconda proposizione, premessa minore) - Socrate è mortale (terza proposizione,
conclusione). I giudizi espressi tramite le proposizioni – e che possono differire in senso qualitativo come in senso
quantitativo – sono sintesi di concetti determinati, che Aristotele denomina noemi: fondamentale è per Aristotele la
posizione del noema medio, che è quello intorno a cui più propriamente è costruito il sillogismo (nell'esempio dato, il
concetto di “uomo”), in quanto comune alle due premesse.
COGITO
abbreviazione dell'inferenza cartesiana cogito, ergo sum (penso, dunque sono); occupa un posto fondamentale nella
filosofia di Cartesio, ma era già noto ad altri filosofi precedenti. Il cogito è l'affermazione dell'evidenza assoluta della
propria esistenza individuale, che si fonda sull'autocoscienza intellettuale. Sant'Agostino usava contro gli scettici un
argomento analogo al cogito: dubito, ergo sum; dubitando, egli diceva, si compie un atto intellettuale, che postula la
propria esistenza: perciò non si può non essere certi almeno di questa. In forma simile, l'argomento fu ripreso da San
Tommaso. La novità di Cartesio consiste nel fatto che il cogito è il punto di arrivo di un processo di radicale messa in
dubbio dell'attendibilità di ogni conoscenza e di ogni esperienza: di fronte alla certezza del cogito, il dubbio metodico
deve arrestarsi; il cogito diventa allora punto di partenza e fondamento di una ricerca razionale che, a partire da
esso, determina altre verità assolutamente evidenti. La validità del cogito fu più volte contestata: Nietzsche, per
esempio, afferma che concludere dal pensiero l'esistenza di un soggetto pensante è arbitrario; si dovrebbe dire “Si
pensa, dunque ci sono pensieri”, che è una semplice tautologia; per Nietzsche, cioè, la validità del cogito si fonda
sull'accettazione acritica dell'idea di sostanza.
Aspetto ambiguo: cogito e autonomia della ragione fondati sulla veracità di un Dio
non ingannevole. Sia Cartesio che Galileo e Bacone sono accomunati dal tentativo di
individuazione di un nuovo metodo scientifico. Ma la specifica rilevanza di Cartesio
è il proposito di pervenire ad una fondazione metafisica esterna a questo metodo
che poggia su basi certe e indiscutibili. In Cartesio: la ragione diventa criterio
supremo di giudizio e azione. Suo modello di scienza è di derivazione geometrico-
matematica. Da intuizioni chiare e distinte discendono deduttivamente e con
certezza, conclusioni necessarie (movimento inverso rispetto a Bacone). Nelle
Regulae non viene negato il ruolo dell’esperienza che ha la funzione di controllare le
ipotesi scientifiche).
NEWTON in polemica con Cartesio): ripropone l’intreccio fra induzione e deduzione
come sostenuto da Galileo.
Corretto procedimento (empiristico e sperimentale) consiste nel:
- dedurre proposizioni singolari dai fenomeni;
- estendere poi tali proposizioni per induzione;
- fino alla formulazione di leggi generali.
Punto di partenza: riferimento alla realtà empirica, sia per il lavoro induttivo-
deduttivo, sia come termine di confronto per rapportare le leggi generali.
Leggi generali mai da intendersi come risultati definitivi, ma come acquisizioni
provvvisorie. É il riferimento ai dati empirici a decidere delle affermazioni dello
scienziato.
Newton detta le sue regole metodologiche di modello meccanicista e determinista:
- costituire un modello di scienza che rinunci a qualsiasi principio di tipo metafisico
ed a qualsiasi ipotesi non passibile di verifica empirica o di calcolo matematico.
Differentemente da Galileo, la matematica non rappresenta la struttura metafisica
HUME: “Trattato sulla natura umana”, 1739 e “Ricerca sull’intelletto umano” – 1748.
Trattazione di due problemi:
- critica della nozione tradizionale di causa;
- critica all’induzione.
Distingue tra:
a) affermazione relative a relazioni fra idee:
possono essere stabilite direttamente dal pensiero, senza necessità di confronto
con la realtà empirica, ma in base alla derivazione logica basata sul principio di non
contraddizione. Sono asserzioni non contradditorie e certe per intuizione o per
dimostrazione (es. le asserzioni della matematica).
In opposizione al razionalismo:
- la conoscenza proviene dall’esperienza.
In opposizione all’empirismo:
- la conoscenza diventa possibile attraverso processualità inderivabili
dall’esperienza, universali e necessarie.
Riassunto “Da un luogo comune” per filosofia delle scienze sociali 7
Cinzia Falcade
Rivoluzione copernicana di Kant:
“La mente non si modella passivamente sulla realtà, ma è la realtà ad essere forzata
nelle forme a priori attraverso cui la conoscenza si attua”.
Problema relativo alla corrispondenza fra oggetto della conoscenza e risultato
dell’attività conoscitiva:
il problema non sussiste in una rappresentazione in cui l’intelletto è passivo rispetto
alla realtà empirica, poichè il risultato dell’attività conoscitiva rispecchierebbe
identicamente la realtà. Risultato opposto ma analogo, quando è l’intelletto a
risultare completamente attivo e a determinare integralmente la realtà. In
ambodue i casi non risulta scarto tra conoscenza e oggetto. Il modello kantiano si
colloca nel mezzo di queste due soluzioni: consiste nel distinguere l’oggetto in sè,
dall’oggetto per-noi. L’oggetto in sè non può diventare oggetto di esperienza,
rappresenta un concetto limite rispetto alla conoscenza possibile. Prospettiva che
non esclude l’esistenza di cose in sè, ma la conoscenza di esse. L’oggetto diventa
possibile oggetto di conoscenza in quanto oggetto per-noi (=in quanto pensato), e
per essere pensato è necessariamente categorizzato, pensato secondo le regole
dell’intelletto. “L’ordine e la regolarità dei fenomeni che noi chiamiamo natura,
siamo noi stessi ad introdurli”. Sono le categorie a modellare l’esperienza.
L’uniformità della natura non viene considerata come un bisogno psicologico
dell’uomo (Hume), ma viene giustificata in termini razionali. Il legame di causa ed
effetto non appartiene all’esperienza, ma Kant recupera la sua universalità e
necessità. “Con necessità l’intelletto interpreta causalmente il mondo: per
costituire oggetto di conoscenza, la natura deve necessariamente essere pensata in
termini causali.” Il programma kantiano rende possibile e sensata la scienza,
riparandola da Hume che la definiva attività illusoria priva di fondamento razionale.
Ma crolla l’illusione realista galileiana di una scienza quale struttura capace di
riprodurre identicamente la realtà.