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net/publication/284726671
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1 author:
Cesare Costi
University Hospital of Parma
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CONSIDERAZIONI IN ORDINE ALLA LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DEI PROVVEDIMENTI PER IL CONTENIMENTO E IL CONTRASTO DELL EMERGENZA COVID-19 View
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All content following this page was uploaded by Cesare Costi on 27 November 2015.
Relatore:
Chiar.mo Prof. CARLO MARCHESI
Laureando:
CESARE COSTI
Il Trattamento Sanitario Obbligatorio per malattia mentale (TSO), è una delle poche ed
eccezionali circostanze nella pratica clinica in cui il paziente può essere sottoposto ad un
le implicazioni legali e i dilemmi etici che sorgono durante l’attuazione di un TSO. Si è scelto
salute mentale. È proprio tale figura professionale che, una volta approfondite e comprese
tutte le implicazioni legate al Trattamento, potrà giungere alla risoluzione dei dilemmi
riscontrati in virtù del tipo peculiare di relazione che è in grado di instaurare con il malato.
Questo importante risultato può essere conseguito anche e soprattutto tramite l’attuazione di
Autodeterminazione, Etica.
ABSTRACT
Involuntary commitment (IC), can be considered as one of the rare and exceptional
without consent. The primary purpose of this research is to identify and analyze the main
legal implications and the ethical dilemmas related to that procedure, by making a
systematical review of scientific literature. The role of mental health nurse is particularly, but
not exclusively, emphasized. In fact, by virtue of the particular kind of relationship that he is
able to establish with the patient, after a complete work of comprehension and in-depth
analysis of all the implications of the Commitment, the mental health nurse will actually be
able to find a solution to ethical dilemmas. This important result can be achieved especially
3
4
INTRODUZIONE……………………………………………………………………..pag.9
DEONTOLOGICO ……………………………………………………………….…...pag.23
normativa.........................................................................................................................pag.64
risultati………………………………………………………………………………….pag.76
2.5 Quando il TSO non si può attuare: le patologie somatiche, i pazienti non affetti
da malattia mentale…………………………………………………………………......pag.91
PSICHIATRICO………………………………………………………………….…....pag.97
5
3.2 Competence and Decisional Capacity nelle scelte di cura: due concetti
differenti….....................................................................................................................pag.106
garanzia del diritto alla cura e del rispetto della volontà del paziente…………………pag.129
BBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA........……………………………………………….pag.171
RINGRAZIAMENTI……………………………………………………………….....pag.185
6
Ὥζηε καὶ ηαύηῃ σεῖπον νοζεῖν ηαῖρ τςσαῖρ ἢηοῖρ ζώμαζιν·
7
8
INTRODUZIONE
Fin dalla sua introduzione, il Trattamento sanitario obbligatorio nell'ambito della salute
difetto di consenso da parte del paziente, e di conseguenza in violazione del suo diritto di
anteponendo al diritto alla libertà di scelta (presumibilmente deviata), il diritto alla cura.
Il “problema del consenso” tuttavia non è trascurato, infatti è importante ricordare come la
trattamento già avviato, a testimoniare le finalità non certo punitive della normativa.
Il consenso si può considerare infatti come finis et initium della terapia: non solo come
(1)
presupposto del processo di cura, che come noto, richiede in qualche misura la
consapevolezza della malattia, ma anche come indicatore della qualità della relazione
Non sono passati molti anni dal riconoscimento del ruolo dell' infermiere, che ricordiamo, è
passato da ausiliario ed esecutore, a responsabile delle proprie azioni davanti alla legge dello
stato. Tuttavia è ben diverso il riconoscimento delle responsabilità civili e penali di una
Sebbene non manchino accurati lavori di analisi e di riflessione, molte strade risultano ancora
9
da percorrere e molti temi da approfondire, proprio per il ruolo peculiare dell'infermiere come
“agente intermedio” tra medico e paziente e per il tipo altrettanto peculiare di relazione che si
etici, sentiti come vicini al proprio pensiero e alla propria sensibilità, può costituire dapprima
la base per un loro approfondimento ed in seguito può stimolare la ricerca di strategie volte al
loro superamento.
difficile ricerca del consenso del paziente, non può essere avviata se non dopo un'analisi
attenta del significato e delle implicazioni, anche dal punto di vista filosofico, dei termini
Sono questi dunque i punti da cui prende inizio questa trattazione e che faranno da sfondo alla
dell'infermiere nell'alleanza terapeutica con il paziente, che costituisce lo strumento più utile
percorso di cura.
10
METODOLOGIA DELLA RICERCA
problema dei dilemmi etici che potrebbero sorgere per l’infermiere durante l’attuazione di un
Gli interrogativi della rassegna, al fine di prefissare spunti di discussione, possono quindi
1. Qual è l’obiettivo del TSO nell’ambito della salute mentale? Come si inserisce nel più
3. É possibile, per l’infermiere, giungere alla risoluzione del dillemma etico? In che
METODO
Strategia di ricerca
La ricerca ha seguito due binari paralleli. E’ stata condotta una ricerca bibliografica
11
1. Obiettivi del TSO in psichiatria, il TSO nel contesto della legge 180/78,
utilizzando il Sistema Opac Sebina Open Library, con accesso tramite il sito internet
considerazione libri moderni, che sono stati pubblicati in lingua italiana dal 1978 al 2014.
Ricerca
Criteri di Inclusione
12
Criteri di esclusione
Manuali di psicoterapia.
Dalle iniziali 192 monografie, sono stati esclusi manuali di pratica clinica e pubblicazioni che
Dalle restanti 12 pubblicazioni si è proceduto ad una più attenta lettura e valutazione delle
note e delle schede libro per verificare l’effettiva pertinenza rispetto ai criteri di inclusione e
In definitiva rientravano nei criteri di inclusione n. 3 monografie (si veda Flow Chart 1).
13
2. Dilemmi etici per l’infermiere nell’esecuzione di TSO in psichiatria, risoluzione
dei dilemmi etici legati al TSO, relazione infermiere paziente in salute mentale,
utilizzando il Sistema Ebsco, con accesso tramite il sito internet dell’Università degli Studi di
Parma.
patient relations [Mesh], Nurse’s Role [Mesh], Ethics [Mesh], Patient satisfaction [Mesh]1.
La ricerca è stata effettuata prendendo in considerazione documenti che sono stati pubblicati
Sanitario Obbligatorio, fa parte dei vocaboli utilizzati nelle pubblicazioni mediche a partire
dal 1975. In Italia il TSO attuato tuttora nella pratica clinica, è stato introdotto con la legge
180/78.
1
MeSH (Medical Subject Headings) is the NLM controlled vocabulary thesaurus used for indexing articles for
PubMed.
14
Tabella 2 : Strategia di ricerca
Relations [Mesh]
AND Patient
Satisfaction [Mesh]
(8)
[Mesh] (56)
AND "Ethics"[Mesh]
(1)
15
Sistema EBSCO ("Commitment of Anno di pubblicazione 1978/2014
jurisprudence"[Mesh])
AND "Nurses"[Mesh]
(6)
Criteri di Inclusione
Sono state considerate le pubblicazioni che avevano come figura principale (ma non
Sono state prese in considerazione pubblicazioni con disegni di ricerca e metodologie diversi;
pertanto sono stati inclusi studi che prevedevano l’utilizzo di strumenti qualitativi,
quantitativi, o integrati, sia per quanto riguarda la metodologia sia per quanto riguarda la
Ulteriori criteri di inclusione rispondevano a necessità di tipo pragmatico: sono state inclusi
16
Criteri di esclusione
Risk assessment.
Dalle iniziali 122, sono state escluse le pubblicazioni che avevano come principale
sui minori. Sono state escluse le pubblicazioni che pur facendo riferimento al Trattamento
Dalle restanti 20 pubblicazioni si è proceduto ad una più attenta lettura e valutazione degli
abstract per verificare l’effettiva pertinenza rispetto ai criteri di inclusione e agli obiettivi della
revisione.
In definitiva rientravano nei criteri di inclusione n. 7 pubblicazioni (si veda Flow Chart 2)
17
Flow chart 2: Selezione degli studi da includere nella revisione
Inclusi a seguito di
corrispondenza diretta con
l’autore n° 1 studi
FASE DI STESURA
Durante la fase preparatoria alla stesura della tesi in oggetto, si è scelto di ampliare la ricerca
Si è preferito utilizzare come motore di ricerca la seguente piattaforma: Google Scholar Beta.
“Alleanza Terapeutica”.
18
La ricerca è stata effettuata prendendo in considerazione pubblicazioni relative al campo
“Health and medical sciences/Psychiatry” che sono stati pubblicati dal 2000 al 2014.
Ricerca
Obbligatorio”
AND “Etica” IN
“Psichiatria”(144)
Obbligatorio”
AND “Consenso
Informato” IN
“Psichiatria”(91)
“Consenso
Informato” IN
19
“Psichiatria”(178)
Obbligatorio”
AND “Alleanza
terapeutica” IN
“Psichiatria”(69)
Criteri di Inclusione
Sono state considerate le pubblicazioni che avevano come figura principale (ma non
Sono state prese in considerazione pubblicazioni con disegni di ricerca e metodologie diversi;
pertanto sono stati inclusi studi che prevedevano l’utilizzo di strumenti qualitativi,
quantitativi, o integrati, sia per quanto riguarda la metodologia sia per quanto riguarda la
20
Ulteriori criteri di inclusione rispondevano a necessità di tipo pragmatico: sono state inclusi
Criteri di esclusione
Risk assessment.
Dalle iniziali 482, sono state escluse le pubblicazioni che avevano come principale
sui minori. Sono state escluse le pubblicazioni che pur facendo riferimento al Trattamento
Sono state altresì escluse le pubblicazioni incentrate sul consenso nella sperimentazione
sanitari.
Dalle restanti 100 pubblicazioni si è proceduto ad una più attenta lettura e valutazione degli
abstract per verificare l’effettiva pertinenza rispetto ai criteri di inclusione e agli obiettivi della
revisione.
In definitiva rientravano nei criteri di inclusione n.55 pubblicazioni (si veda Flow Chart 3).
21
Flow chart 3: selezione degli studi da includere nella revisione
RICERCA INCROCIATA
articoli reperiti nella prima e nella seconda fase della ricerca (in particolare dopo l’analisi di
22
CAPITOLO I: DAL CONCETTO FILOSOFICO DI ETICA AL CODICE
DEONTOLOGICO
Kant I. Critica della ragion pratica. 1st ed. Bari: Laterza; 1974
23
1.1 ETICA E MORALE: LE PREMESSE FILOSOFICHE
Oggi i termini Etico e Morale sono utilizzati nel linguaggio quotidiano alla stregua di
sinonimi e si può legittimamente affermare che fossero considerati tali anche da filosofi e
letterati almeno fino al XIX secolo e in particolare fino alla divulgazione delle opere del
Sappiamo infatti che l'origine del termine “etica” è greco (ἔθορ = costume, norma, usanza), e
che il termine “morale” (mos) non è altro che la traduzione latina di ἔθορ .
soprattutto in quanto intenda indicare quale sia il vero bene e quali i mezzi atti a conseguirlo,
quali siano i doveri morali verso se stesso e verso gli altri, e quali i criteri per giudicare sulla
Chi si occupa per la prima volta di filosofia morale dunque potrebbe iniziare la propria
riflessione a partire dal logico presupposto che vi siano per l'uomo “doveri verso se stesso e
verso gli altri” e che da questi siano stati elaborati dei “codici di condotta” che lo spingono ad
Sorge a questo punto spontanea una domanda: Quali sono questi doveri morali? Oltre ai
doveri quali sono i “criteri” che possono ispirare le azioni dell’uomo, sulla base dei quali
Questi criteri derivano forse dalle leggi? E allo stesso modo: le leggi e il diritto, essendo
La risposta a quest'ultima domanda, per usare le parole di P.Burzio nel suo “Piccolo
24
«In una società come quella greca arcaica la legge e il diritto sono fenomeni etico morali.
Nella nostra società moderna e industriale invece non lo sono o non lo sono più : può
capitare infatti che la legge ci permetta di fare delle cose che noi riteniamo immorali come
Dunque devono esistere altri criteri, che non siano le leggi, a guidare le nostre azioni e sono
quegli stessi criteri che, secondo Burzio, hanno caratterizzato e differenziato tra loro le
riflessioni di alcuni dei più importanti intellettuali, che nel corso della loro ricerca si sono
Criterio dell'azione morale per i sofisti del V secolo a.C., era l'Utilità, l'attribuire cioè “la
massima importanza morale” all'uomo stesso, alla sua persona, alle sue aspettative e desideri.
l'uomo è posto al centro della sfera di interessi e giudizi e attorno a lui, come attorno al sole,
Protagora, uno dei massimi esponenti della sofistica sosteneva infatti che :
«[…] l'uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non
Tutto viene dunque posto in secondo piano rispetto alla volontà di realizzazione dell'uomo,
che nell'ottica del proprio vantaggio e del proprio beneficio può compiere qualsiasi atto.
Per semplificare potremmo credere che un avvocato e retore sofista del V secolo (come
probabilmente fu lo stesso Protagora), non avrebbe mai difeso il proprio cliente perchè
innocente o perchè riteneva che avesse diritto ad un giusto processo, ma solamente perchè
25
«Sapiente è colui che a uno di noi, a cui le cose appariscano ed esistano come cattive, riesca,
invertendone il senso, a farle apparire ed esistere come buone...e così i sapienti e valenti
oratori fanno apparire come giuste alla città le cose oneste invece delle disoneste.» (5)
Nonostante questo tipo di etica abbia avuto una discreta fortuna nel passato (basti pensare agli
studi del filosofo inglese Bentham, che nel XVIII secolo elaborò la visione sociale e collettiva
del relativismo etico il cosiddetto Utilitarismo), e che per certi aspetti sia molto diffusa
«[…] egoista, chiuso in se stesso e nella propria sfera di relative certezze ed interessi,
Altro limite dell'etica utilitaristica è che l'uomo-misura si debba scontrare con una gerarchia di
utilità dalla quale scegliere. Infatti egli dovrà prima o poi riconoscere che nella vita e a
seconda dei casi vi siano cose più utili e altre meno utili. Come scegliere tra queste?
Secondo principale criterio dell'agire morale, sempre secondo il Burzio, riguarda il Valore,
che ha accomunato nel corso dei secoli la visione filosofica platonico-socratica alla visione
fortemente tributaria.
Solo grazie ai dialoghi di Platone, siamo venuti a conoscenza di quello che poteva essere il
pensiero del suo maestro Socrate,che come noto, nulla ha lasciato scritto.
Nonostante questo l'ombra del maestro sarà sempre presente nella filosofia dello stesso
Platone che nella VII lettera ammetterà di non aver scritto ciò che considera essere la parte
26
Da quanto è giunto fino a noi possiamo affermare che, l'etica platonica, come del resto la gran
parte della sua filosofia, sia fortemente dipendente dalla sua famosa dottrina delle idee.
Secondo Platone ogni entità appartenente al nostro mondo (il mondo sensibile creato dal dio-
fabbro il Demiurgo) non è che una copia, una rappresentazione dell'idea corrispondente e
Ciò significa che i vizi e le virtù come il coraggio, la bellezza, la giustizia e da ultimo il bene,
possono essere visibili all'uomo nelle loro manifestazioni solo in virtù della loro esistenza nel
A regolare i rapporti esistenti tra i due mondi sono il cosiddetto rapporto di Mimesi (che
spiega come le cose terrene non siano che una copia di quelle celesti), il rapporto di Metessi,
(grazie al quale le idee esistono e si manifestano nel mondo sensibile, attraverso le cose
corruttibili) e da ultimo il rapporto di Parusia (che dimostra la presenza delle idee all’interno
«[L‘iperuranio] nessuno dei poeti di quaggiù lo cantò mai, né mai lo canterà in modo degno.
[…] Infatti è l‘essere che realmente è, incolore e privo di figura e non visibile, e che può
essere contemplato solo dal pilota dell‘anima ossia dall‘intelletto, e intorno a cui verte il
genere della conoscenza vera che occupa tale luogo. [L‘anima] dopo che ha contemplato tutti
gli esseri che veramente sono [idee] e se ne è saziata, di nuovo penetra all‘interno del cielo, e
Solo quella del Mondo delle idee è la vera realtà, una realtà metafisica (termine che nel
L'etica platonica dunque, poggia su questa dottrina e in particolare su quella che è per il
filosofo è l'idea principale, da cui dipendono tutte le altre, il vero valore: il Bene.
«L'idea del bene, proprio perché è del bene rivela l'istanza di carattere etico che sta alla base
27
della teoria delle idee; se le idee sono altrettanti valori morali non c'è dubbio che l'idea
suprema, quella da cui in qualche modo dipendono tutte le altre, dovrà essere il supremo
valore morale. Il Bene per Platone è principio di tutte le altre idee nel senso che è causa sia
della loro conoscibilità, sia della loro stessa essenza, ossia il bene è ciò che conferisce a tutte
le altre idee la determinatezza che esse hanno;[…]; per questo essa è, a mio modo di vedere,
il vero principio supremo di ogni realtà ammesso da Platone e per questo la filosofia, cioè la
dialettica (in Platone filosofia e dialettica sono la stessa cosa) ha ultimato, ha compiuto la
sua opera soltanto quando è giunta a conoscere l'idea del bene.» (8)
Tecnicamente, secondo la gran parte degli autori, Socrate e Platone portano avanti un
intellettualismo etico in base al quale il bene si realizza praticando la virtù del sapere mentre
Un uomo che conosce il bene non può che essere portato ad agire in conformità ad esso, e se
agisce male la causa del suo agire è la mancata conoscenza, la conoscenza falsata.
(διάλογορ) che porti, elevandosi al di sopra della comune opinione (δόξα) alla scoperta delle
manifestazioni del bene nel mondo sensibile e delle relazioni tra le altre idee di ordine
Solamente seguendo il percorso che dalle copie porta agli originali,e risalendo attraverso le
altre idee il saggio potrà finalmente giungere all'idea del bene che per definizione non è
Anche nel caso dell'etica platonica, sono evidenti e rilevanti certi limiti.
La conoscenza del bene platonico non porta a benefici pratici e a “breve scadenza”.
Come identificare da vicino e in maniera concreta quali atti nella nostra vita quotidiana
28
rivisitazione e rilettura in chiave teologica dell'opera del filosofo, realizzata principalmente da
Agostino di Ippona.
Il Santo e Padre della Chiesa così commentava l'opera dei grandi del passato:
«Se poi quelli che vengono chiamati «filosofi», e in particolare i platonici, dissero per caso
alcune cose vere e conformi alla nostra fede, non solo non dobbiamo averne paura, ma
possessori. […] Allo stesso modo tutte le dottrine dei pagani non sono solo piene di menzogne
e superstizioni che richiedono gravi sforzi di inutile fatica, e che ciascuno di noi, sotto la
guida di Cristo, lasciando la società dei pagani, deve odiare e fuggire, ma contengono anche
discipline liberali adatte alla ricerca della verità e alcuni utilissimi precetti morali.» (9)
Con i filosofi cristiani e con la Patristica viene operato un importante cambio di prospettiva,
che diventa una prospettiva religiosa e non più metafisica, o per lo meno non metafisica
come era intesa in precedenza: con Agostino il Bene platonico viene identificato con Dio
stesso e le idee come le idee pensate dalla mente di quello stesso Dio.
Ora è la volontà divina a essere criterio dell'azione dell'uomo e un atto è eticamente corretto
L'uomo compie il bene se decide di seguire sia gli insegnamenti evangelici, di cui la Chiesa si
«[…] l'uomo crede – in Dio, nella sua creazione libera, volontaria e amorosa – allora potrà
comprendere razionalmente l'orizzonte all'interno del quale la propria esistenza è stata posta,
per agire conseguentemente e coerentemente con i fini della religione cristiana (crede ut
determinazione teorica e pratica, allora vivrà in se stesso la più profonda ed elevate delle fedi
religiose (intellige ut credas). In questo modo la fede e la ragione diventano alleate, nel
29
riconoscere e nel seguire la determinazione divina, che come luce illumina e fa procedere il
Si è giunti ad un punto cruciale per la filosofia morale in quanto viene per la prima volta
E' l'uomo che agisce, che riconosce la volontà divina e la persegue, oppure che pur sapendo
questa è allo stesso tempo inevitabilmente svincolata. Se per Platone la conoscenza del bene,
che ci deriva dalla dialettica, è di per se stessa sufficiente (in un modo se vogliamo quasi
meccanico) a far sì che l'uomo persegua il bene, ora per Agostino questo automatismo non è
Così l'ipponate descrive il tormento interiore tra malvagità fine a sé stessa e desiderio di
compiere il bene :
«Ecco qual era il mio cuore, mio Dio, ecco il cuore mio di cui ti sentisti pietà, quand‘era
precipitato nel fondo dell‘abisso. Ecco, ti dica, dunque, il mio cuore a che cosa mai mirava se
non a esser malvagio senza alcun tornaconto, tanto da non trovare altra causa alla
malvagità, se non nella malvagità stessa. Vergognosa essa era, eppur l‘amai, amai la mia
morte, amai la mia rovina stessa, non ciò per cui io rischiavo di rovinarmi, ma la mia stessa
rovina amai, anima sozza e che si staccava dal tuo fermo appoggio, per trascendere nella
rovina, non per commettere atto alcuno disonesto, ma solo perché desiderosa della
disonestà.» (11)
Terzo e ultimo dei criteri dell'agire etico può essere certamente la stessa Natura Umana, un
criterio adottato come base dell'etica aristotelica e parallelamente in epoca cristiana tardo
Anche nel caso di Aristotele, come in quello di Platone, di fondamentale importanza è l'idea
30
di Bene, tuttavia la principale differenza tra le due visioni è evidente.
Nel caso di Platone, come abbiamo visto, la conoscenza dell'idea di Bene è il fine dell'etica,
comportamento. L'etica non è più quindi la scienza delle idee ma una scienza pratica, la
Aristotele nega la validità dell'intellettualismo etico e afferma che l'uomo come tutte
l'esistente è dotato di un fine (ηέλορ) e la virtù di ciascuna creatura, uomo compreso sta nel
giungere a tale fine, che coincide con il conseguimento del Bene supremo.
«Noi diciamo dunque che è più perfetto il fine che si persegue di per se stesso che non quello
che si persegue per un altro motivo e che ciò che non è scelto mai in vista d'altro è più
perfetto dei beni scelti contemporaneamente per se stessi e per queste altre cose, e insomma il
bene perfetto è ciò che deve esser sempre scelto di per sé e mai per qualcosa d'altro. Tali
per se stessa e mai per qualche altro fine; mentre invece l'onore e il piacere e la ragione e
ogni altra virtù li perseguiamo bensì di per se stessi (infatti se anche essi dovessero esser
privi di ulteriori effetti, noi desidereremmo ugualmente ciascuno di essi), tuttavia li scegliamo
anche in vista della felicità, immaginando di poter esser felici attraverso questi mezzi.» (12)
ragione,la filosofia, che deve formare l'uomo a scoprire il modo d'agire migliore.
Per la realizzazione razionale dell'uomo sono necessari due tipi di virtù, dianoetiche, riferite
Mentre le prime sono presenti e legate alla natura dell'uomo, le seconde si possono acquisire
Entrambe sono accomunate tuttavia dalla ricerca del “giusto mezzo” tra estreme passioni,che
31
Se per Aristotele distinguere il giusto mezzo, almeno nei primi tempi,risulterà difficile, tale
«La virtù è una disposizione abitudinaria riguardante la scelta, e consiste in una medietà in
determinerebbe l'uomo saggio. Medietà tra due vizi, quello per eccesso e quello per difetto.»
(12 p. II, 6)
Come detto in epoca tardo medievale la filososfia di Aristotele subirà una profonda
rivisitazione.
Come S.Agostino aveva fatto a partire dalle opere di Platone, nel XIII secolo sarà S.
Per S.Tommaso l'etica non coincide con il raggiungimento del fine ultimo dell'uomo, ma con
un orientamento nel suo comportamento, che ha lo scopo di indirizzare a questo fine, che
Nell'agire morale dell'uomo,come per Agostino, il criterio resterà sempre il rispetto della
volontà di Dio, ma tale volontà si manifesterà attraverso la natura razionale dell'uomo creato a
immagine e somiglianza del divino e da questi ispirato e guidato nel compiere le proprie
scelte.
«Ogni atto riceve la specie dal suo oggetto, come abbiamo spiegato […]. Ora, gli atti umani
si denominano buoni o cattivi in rapporto alla ragione; poiché, come insegna Dionigi, il
bene umano consiste "nell'essere conforme alla ragione", e il male nell'essere "contrario
alla ragione". Infatti per ogni cosa è bene ciò che le si addice secondo la sua forma; e male
quello che è in contrasto con essa. Perciò è evidente che la differenza tra oggetto buono e
quanto concorda o non concorda con essa. […] Ora, la ragione dell'uomo deve il fatto di
essere la regola della volontà umana, e quindi la misura della sua bontà, alla legge eterna,
32
che è la ragione di Dio. […]» (13)
L'uomo è il solo padrone del giudizio morale che esercita tenendo conto della Provvidenza, in
base alla quale Dio ordina le vicende del mondo, ma con usando la propria ragione.
Tuttavia, egli necessita di opportuni mezzi, per valutare ogni comportamento che gli si
presenti. Tali mezzi sono: la coscienza (intesa come capacità di ragionamento pratico e
dunque di applicazione dei principi morali universali alle situazioni concrete particolari), la
prudenza (cioè la virtù pratica che consente di valutare rettamente in ogni caso particolare), la
volontà (che è il mezzo per decidere se tendere ad un bene per sé stesso, oppure per tendere ad
secondo ragione).
Questi tre criteri dell'agire morale (l’utilità, il valore, la natura umana) sono stati dunque i
punti di partenza, gli “schemi di base” che hanno poi influenzato, nel corso degli anni la
riflessione morale. Ciò non toglie che importanti filosofi abbiano modificato e approfondito
Tra i temi più importanti quello della libertà, sul quale la nostra riflessione si soffermerà
maggiormente.
Sappiamo che l'idea di libertà nelle azioni umane, per come la intendiamo nella filosofia
occidentale, nasce per la prima volta con le riflessioni di S.Agostino, e più in generale con la
Patristica.
Ma esistono forse diversi tipi di libertà? Vi è una libertà più completa di un altra?
Per rispondere alla prima delle due domande, nel corso della storia della filosofia, sono state
identificate due principali forme di libertà per l'uomo: libertà considerata come libero arbitrio
“autonomia” o libertà positiva (14)) e per definizione non soggetta ad alcuna volontà esterna, e
33
naturale (al contrario questa forma di libertà è definita “eteronomia” o libertà negativa ).
stampo cristiano medievale è limitato all'adeguamento dell'uomo alla volontà divina. L'unica
libertà vera dunque sarebbe solamente quella di Dio (che Spinoza chiama la Sostanza), alla
quale l'uomo nel momento in cui sceglie di compiere il bene si adegua, rinunciando di fatto in
L'uomo si illude di essere libero ma in realtà non lo è affatto,è anzi peggio di uno schiavo in
quanto non ha neanche conspevolezza della propria costrizione. L'azione morale consiste
dunque, secondo Spinoza, nel prendere atto della vanità dell’ illusione di libertà e ricavare
presupponendo questo, una linea di condotta basata sulla ricerca della migliore sopravvivenza
possibile.
«[...] agire per virtù non è altro che agire,vivere, conservare il proprio essere sotto la guida
Anche ammettendo l'idea di libertà intesa come libero arbitrio,cioè senza alcun riferimento a
problematiche.
«Qualora io adotti l'altra soluzione [quella del libero arbitrio], devo chiedermi se libero
arbitrio significhi scegliere tra un si o un no sulla base delle mie preferenze oppure significhi
poter scegliere tra un si o un no anche contro i miei desideri e le mie preferenze. Nel primo
fisiologica più o meno meccanicistica e deterministica,in ogni caso dubbiamente libera [...].
Nel secondo caso si rischia di lasciare l'azione morale completamente nel vago: che cosa
infatti spingerebbe la mia volontà ad agire contro le mie preferenze e i miei desideri?» (3 p. 55)
Una brillante soluzione a tale problema viene fornita da Immanuel Kant, alla fine del
settecento.
34
Questi elabora nella sua “Critica della Ragion Pratica” un nuovo tipo di etica, definita Etica
Formale, basata sul fatto che l'obiettivo della filosofia non sia quello di fornire un contenuto
per le azioni (“Cosa posso/devo fare?”), ma diversamente di fornire una forma generale
Infatti quale libertà potrebbe esservi per l'uomo se questo fosse soggetto a imposizioni (da
L'uomo può liberamente scegliere di fare il bene o il male (il contenuto), ricordando tuttavia
che in ogni sua azione ciò che conta non è solo la scelta ma bensì la “messa in pratica”(la
«Agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere nello stesso tempo
Cioè semplificando: io posso operare liberamente una scelta, tuttavia al momento di metterla
in pratica devo pensare a che tipo di mondo sarebbe quello in cui tutti agiscono come ho agito
io.
Si tratta di una soluzione, come detto, brillante e innovativa, che senza pregiudicare la libertà
di scelta dell'uomo indirizza, guida quello stesso uomo nelle sue azioni concrete.
L'uomo kantiano è dunque talmente libero da poter anche compiere il male, assumendosene la
responsabilità.
A questo punto emerge, anche se implicitamente, un'altro tipo di riflessione, che riguarda la
In termini etici interiorità significa che nell'agire non conta tanto l'azione di per se stessa, ma
Poco importa che la mia azione sia realmente compiuta, ciò che è realmente rilevante è il
35
quali che siano, di quella stessa azione (etica delle conseguenze).
Questa problematica (esteriorità-interiorità etica) costituisce uno dei tanti fili che uniscono la
E' a partire dalla ricerca di quest'ultimo che i termini etica e morale, che inizialmente avevamo
visto (ed erano stati utilizzati) come sinonimi assumono due differenti e precise accezioni.
Hegel indica infatti nell'esteriorità il campo d'azione dell'etica, mentre nell'interiorità quello
della morale.
Infatti:
«Finché all'interno di un sistema etico non è avvenuta la differenziazione tra livello teoretico-
astratto e livello pratico-concreto delle norme, non è possibile il sorgere del senso della
semplicemente essere seguite oppure violate. Quando le norme vengono poste come astratte,
emotive verso la morale ed emerge la coscienza. Sorge allora la moralità come relazione
individualizzata alla Sittlichkeit, alla eticità comune. […] Nelle società tradizionali ragion
pratica (autorità interna all'individuo) e eticità coincidono. Nel mondo moderno, a partire
dalla Riforma, si crea una frattura. Hegel tenta di fondere di nuovo i due termini, ma a prezzo
apre una nuova dimensione della morale, che può avere esiti fecondi ma anche drammatici.»
(17)
Se poi volessimo osservare che sulla base di tali definizioni, a partire dalla filosofia di Hegel,
36
l'etica sia diventata il campo dell'oggettivo, della convenzione scritta, del diritto e della legge,
Allo stesso modo, l'etica delle conseguenze troverà secoli dopo quelli che si possono definire
Su questa linea si sono infatti delineate quelle che potremmo considerare branche diverse,
specie a partire dal XX secolo,tuttavia accomunate dallo studio della condotta umana e dei
37
1.2 L'ETICA SANITARIA E LA BIOETICA
Abbiamo dunque visto come la morale sia uno dei campi della filosofia che da sempre suscita
Alla base di ciò parrebbe esservi una vera e propria “domanda di etica”, avvertita dall'uomo in
particolari momenti storici e che secondo filosofi come Giovanni Fornero trova la sua
Il primo è certamente la crisi delle comuni credenze morali, che si ha quando si attenua,o
manca, un ethos condiviso, quando cioè viene meno un patrimonio di costumi e valori
Un secondo motivo, di tipo più prettamente storico, è il venir meno di quelle grandi visioni
totalizzanti della realtà, con il loro bagaglio di ideali e certezze, che avevano in particolare,
Terzo motivo è la maggiore complessità del vivere umano, che va di pari passo con una
maggiore sensibilità nei confronti dell'altro, giustificata dal bisogno di garantire la coesistenza
Ultimo motivo, è quello legato ai grandi sviluppi della scienza (e in particolare della scienza
medica) che hanno portato nei tempi odierni, alla scoperta di nuove tecnologie in grado di
E' a partire da questi motivi che si può spiegare anche il proliferare, soprattutto dagli anni 60
del secolo scorso, di una serie di ricerche etiche interessate alla risoluzione di specifiche
questioni morali.
E' in particolare su una di queste riflessioni, quella Bioetica, che ci soffermeremo nel corso
Il termine Bioetica (formato da βίορ (vita) e ἔθορ ), sembra essere stato utilizzato per la prima
38
volta dall'oncologo statunitense Van Rensselaer Porter, nel suo articolo ―Bioethics, science of
Tuttavia con il passare dei decenni la parola ha assunto un'accezione specifica e differente da
quella di Porter, che la utilizzava allo scopo di descrivere un tipo di etica della biologia capace
di garantire “la sopravvivenza dell'uomo e il miglioramento della qualità della vita” dopo che
la rivoluzione scientifica che aveva caratterizzato il secondo dopoguerra era diventato una
specie di “cancro “ per il genere umano. Oggi “bioetica” è stato codificato dalla definizione
«[…] lo studio sistematico della condotta umana nell'area delle scienze della vita e della cura
della salute,in quanto tale condotta viene esaminata alla luce di valori e principi morali.» (18)
Secondo alcuni, i cosiddetti moralisti etici, sarebbero quelli di costituire una “barriera”, di
definire un limite invalicabile al di là del quale la ricerca tecnico-scientifica non può e non
«Sono state le conquiste nel campo della genetica e della biologia a rendere urgente il
discorso delle frontiera etica e a porre l'interrogativo di fondo se tutto quello che è
sarebbe una componente di rilevanza strategica del bagaglio culturale del cittadino comune
che funge da
Quello che è certo è lo spiccato carattere interdisciplinare di questo ramo dell'etica applicata
39
che abbraccia un numerosissimo e vario numero di settori, dalla medicina alla sociologia,dalla
Particolarmente stretto è il legame tra bioetica e filosofia, tale da far sì che la prima sia stata
imbattersi in taluni quesiti di fondo (circa la vita, il dolore, la morte ecc..) che esulano dalla
filosofia, come voleva Platone, è la disciplina che si interroga sull'uso del sapere a vantaggio
dell'uomo, la bioetica rappresenta una delle maggiori incarnazioni dello spirito filosofico,
possibile, si interroga su ciò che è moralmente lecito, ovvero intorno a quel "dover essere o
dover fare" che costituisce il tratto specifico dell'etica. La vocazione normativa della bioetica
non esclude, ma implica, una componente descrittiva. Infatti, se da un lato la bioetica tende a
configurarsi come un sapere diretto a individuare principi e valori da cui trarre norme
concrete atte a definire "le condizioni di liceità degli interventi sulla salute", dall'altro tende
a strutturarsi come una riflessione di tipo analitico volta a chiarire i concetti e le posizioni in
del discorso bioetico, il filosofo tende a giocare il ruolo specifico di "geografo dei concetti e
All'interno di questo quadro complesso dunque, sono stati individuati, tra gli altri, due grandi
modelli teorici, differenti per ispirazione e per valori, come abbiamo accennato in precedenza,
uno che vede la bioetica come “frontiera etica” e l'altro che nega questa visione limitante e
impositiva.
Questi modelli si rifanno esplicitamente a diverse concezioni, non tanto e non solo vincolate
alla scienza e all'agire umano, ma soprattutto a due diverse concezioni del mondo: una di
40
matrice religiosa e l'altra di matrice laica.
«[...] si specifica in una molteplicità di bioetiche,almeno quante sono le grandi religioni del
dalla bioetica cristiana di tipo cattolico-ortodosso. Tale bioetica ha, come comun
sacralità ed inviolabilità della vita, ovvero sulla dottrina secondo cui l'esistenza, essendo un
"dono" di Dio, non appartiene all'uomo ma a colui che lo ha creato e posto al vertice del
Tre in particolare sono i principali capisaldi di questo tipo di etica secondo Fornero:
-la consapevolezza di un ordine naturale immutabile del mondo e rispondente nella sua
- la conoscibilità con l’uso della ragione da parte dell'uomo ( e in questo punto in particolare
questo “piano divino” che funge di per se stessa da vincolo etico (infatti come potrebbe
opporsi al volere di dio l'uomo che riconosce l'esistenza del suo piano per le creature
viventi?);
-la presenza della Chiesa (ente intermediario tra uomo e Dio), che alla luce del sapere
Altro tema fondamentale della bioetica religiosa è quello del fine: come abbiamo visto nel
paragrafo precedente, fine dell'uomo è il raggiungimento del Sommo Bene o della felicità, che
può essere completa, secondo i teologi cristiani, solo nella comunione dell'anima con Dio.
Ora però, si aggiunge un altro importante tassello: se la sacralità della vita è evidente come il
suo fine, altrettanto sacri sono il corpo e gli organi che lo compongono.
41
Ciascuno di essi è dotato di un proprio specifico fine (la riproduzione nel caso dei genitali, la
vista nel caso degli occhi e così via) come la totalità del corpo di cui fanno parte.
Ne consegue che:
«Ogni intervento tecnico, volto a modificare il naturale finalismo del corpo e dei suoi organi
è da ritenersi illecito. Il medico, può intervenire a ristabilire l'ordine naturale del corpo,
qualora un organo o una funzioni ―si ammalino‖ ma non può sostituirsi a Dio,
modificandone i piani. Per cui, l'arte medica deve ―imitare la natura‖ e non spingersi al di là
dell'aiuto: se una gamba va in cancrena è consentito amputarla, per conservare il bene del
fecondazione artificiale: sono terapie che contraddicono il fine per cui la vita o i singoli
La libertà umana, nel campo della scienza e della tecnica, si trova necessariamente di fronte
ad una barriera invalicabile quella della volontà di Dio e del Suo disegno per l'uomo, e quindi
Il secondo modello di bioetica è quello definito generalmente “laico”, dove il termine stesso è
riferito ad un
«[...] metodo di ricerca che si ispira ai valori dell'autonomia e della libertà (metodo che può
indipendentemente dall'ipotesi di Dio (etsi Deus non Daretur)[...], ossia l'indirizzo di coloro
che nelle argomentazioni etiche e bioetiche,non fanno uso della nozione di Dio, né in senso
42
nel panorama italiano e riassunte nel Manifesto di Bioetica laica, firmato da C. Flamigni, A.
della “qualità della vita” che si può conseguire solo assumendo la piena autonomia delle
decisioni dell'individuo.
«Il primo dei principi che ispira noi laici è quello dell'autonomia. Ogni individuo ha pari
dignità, e non devono esservi autorità superiori che possano arrogarsi il diritto di scegliere
per lui tutte quelle questioni che riguardano la sua salute e la sua vita. Questo significa che
oggi non accada. Una conseguenza di questo principio è che coloro che più direttamente
sono toccati dai progressi delle tecnologie biomediche hanno un diritto prioritario di
informazione e di scelta reale. [...] Il secondo principio è quello di garantire il rispetto delle
convinzioni religiose dei singoli individui. Noi laici non osteggiamo la dimensione religiosa.
La apprezziamo per quanto possa contribuire alla formazione di una coscienza etica diffusa.
[...] Questo rispetto per le convinzioni religiose non ci fan tuttavia dimenticare che dalla fede
religiosa non derivano di per sé prescrizioni e soluzioni precise alle questioni della bioetica.
Vi può essere una discussione e una giustificazione razionale dei principi morali anche senza
la fede. Vi può essere una discussione e una giustificazione razionale che parte dai
presupposti della fede. Ma non vi può essere alcuna derivazione automatica di una
giustificazione razionalmente accettabile a partire dalla sola fede. Il terzo principio è quello
di garantire agli individui una qualità della vita quanto più alta possibile, di contro al
principio che fa della mera durata della vita il criterio dominante della terapia medica. […]
Il quarto principio è quello di garantire a ogni individuo un accesso a cure mediche che siano
dello standard più alto possibile, relativamente alla società nella quale egli vive e alle risorse
43
disponibili. Si tratta di una conseguenza di quell'idea di equità che ispira i rapporti sociali
nelle democrazie moderne, e che rispetta sia i sentimenti di libertà sia i sentimenti di
uguaglianza profondamente diffusi tra i cittadini. Noi siamo consapevoli che se all'equità non
verrà dato un contenuto reale, i progressi delle tecnologie biomediche rischiano di non
Questa concezione laica è quindi concentrata sull'uomo, su i suoi bisogni e desideri immediati
e considera la morale come una costruzione umana, in cui i criteri dell'agire morale possano
modificarsi ed adattarsi in base alla riflessione comune e non alla volontà di Dio.
Riepilogando, la bioetica religiosa per il suo carattere impositivo e limitativo è stata descritta
(24)
come “un 'etica deontologica (δέον dovere) assoluta” , nella quale è presente un ordine
gerarchico di doveri al cui apice trova posto un “dovere assoluto”, il rispetto della sacralità
«[...] tende ad assumere la forma di un' etica teleologica e consequenzialista, cioè orientata
alle conseguenze dell'agire […] oppure di un'etica deontologica ―prima facie‖ ossia di una
morale basata su una serie di principi e doveri che ammettono eccezioni e indirizzata in caso
dovere che, rispetto alla società in cui si vive, massimizza i benefici e minimizza i danni.»
(22 p. 628)
Diverso è il principio fondamentale alla base dei due tipi di bioetica (sacralità della vita/
qualità della vita), diversa è la visione della libertà umana che nel caso della bioetica religiosa
è dato dall' adeguamento ad un ordine, nel caso della bioetica laica si concretizza
nell'autodeterminazione del singolo nella ricerca della migliore delle vite possibili.
«Il principio assoluto che non ammette eccezioni e si pone al vertice della gerarchia dei
44
principi [della bioetica religiosa] è il principio della sacralità della vita che impone il
rispetto assoluto del finalismo intrinseco nel processo biologico naturale e quindi il dovere di
rispettare tale processo senza ammettere eccezion: ciò implica il divieto, in qualsiasi caso,
dell'aborto che interrompe il processo naturale che può portare allo sviluppo e alla nascita di
che conduce alla morte [...] il divieto della fecondazione artificiale che interviene separando
la sessualità dalla riproduzione; e così via. Per l'etica della sacralità della vita pertanto
l'uomo è libero di scegliere se seguire o meno le norme dettate dal principio primo e date
indipendentemente dalla sua volontà; ma il suo dovere resta l'obbedienza a tali norme
rispetto alle quali, come si accennava, la valutazione individuale della qualità della vita è un
fatto del tutto contingente. L'etica della sacralità della vita impone il controllo delle passioni
per obbedire alle leggi. All'uomo è negata qualsiasi possibilità di frapporsi al corso naturale
dei processi biologici egli ha solo la libertà di obbedire o meno alle leggi date, ma qualora
decida per la non obbedienza, il suo agire viene giudicato moralmente illecito e incorre
alle circostanze storiche e sociali, e pertanto mai assoluti, suscettibili di essere mutati, tali da
ammettere comunque almeno una eccezione da questi discendono delle norme considerate
adeguato. Non appena tale condizione sia insoddisfatta, norme, principi e giudizi risultano
adeguato livello di qualità della vita e l'obbedienza alle norme è solo il mezzo per
stabilirne le norme e, prima ancora, di stabilirle secondo la sua volontà, previo consenso del
gruppo che forma la comunità morale in questo caso l'individuo può decidere o per
45
l'interpretazione etica che prescrive di seguire la norma fondata sul principio che massimizza
l'utilità collettiva (etica utilitaristica), o per l'interpretazione etica che stabilisce un insieme di
principi prima facie e, in caso di conflitto, prevede che prevalga quello che minimizza il
danno. In tale prospettiva l'etica tende non al controllo delle passioni, ma alla soddisfazione
Il dibattito tra gli esponenti delle due principali correnti bioetiche, proprio per le incolmabili
differenze e per la portata e gravità dei temi trattati, nel corso dei decenni ha assunto talvolta
toni accesi.
Uno dei tentativi di accordo tra le diverse visioni è stato tentato in particolare con il "Belmont
Report", il rapporto conclusivo dei lavori del primo Comitato di Bioetica, (National
Commission for the Protection of Human Subjects on Biomedical and Behavioural Research)
che, istituito negli USA dal Presidente Carter con il mandato di fissare i principi etici di base
Principale obiettivo della commissione fu quello di individuare una base che potesse essere
condivisibile dalle varie correnti, dalla quale potesse avviarsi una riflessione comune, fatte
salve le differenze.
Tale base fu identificata in principi, che poi furono ampliati e chiariti da Beauchamp e
Childress nel loro “Principles of biomedical ethics” pubblicato nel 1979 ad un anno di
estendere l'applicazione del modello argomentativo basato sui principi dall'area della
sperimentazione a tutta l'area biomedica; (II) dare una più articolata sistemazione al modello
46
principi da cui vengono desunte delle regole capaci di determinare la decisione. La
distinzione che in questo approccio si opera tra principi e regole non è particolarmente
rilevante. Principi e regole sono entrambi generalizzazioni normative che guidano le azioni:
le regole, più specifiche nel contenuto, hanno un raggio di azione più ristretto rispetto ai
principi che sono guide più generali. Quanto alla derivazione, le fonti dei principi fanno
riferimento sia alla morale comune che alla tradizione medica. Funzione della teoria etica, in
questo approccio, è di incrementare i contenuti derivati da queste due fonti in maniera tale da
-Giustizia (l'obbligo di onestà ed equità nella distribuzione dei benefici e dei rischi).
Tali principi nonostante i decenni trascorsi sono considerati tuttora validi come guida dei
«I think the four principles should also be thought of as four moral nucleotides that constitute
the moral DNA - capable alone or in combination, of explaining and justifying all the
substantive and moral norms of health care ethics and I suspect of ethics in general.» (27)
E' poi il terzo punto, quello riguardante il rispetto per l'autonomia, che farà da sfondo alla
nostra riflessione, fornendo importanti chiavi di lettura per l'analisi dei problemi etici legati al
47
Eravamo dunque partiti nella nostra riflessione ammettendo la difficoltà, reale, che si
potrebbe presentare nel tentativo di identificare le finalità e i mezzi della bioetica, partendo
Tale difficoltà viene definitivamente superata solamente nel febbraio 1991, nel corso di un
convegno internazionale dal titolo “New trends in forensis haematology and genetics.
problemi etici delle professioni sanitarie e delle ricerche sull‘uomo; problemi sociali
controllo demografico; problemi relativi all‘intervento sugli altri esseri viventi ed all‘intero
bioetica;
l‘analisi razionale dei problemi morali della biomedicina e la loro connessione con il diritto e
le scienze umane; la formulazione di indicazioni etiche fondate sui valori della persona e sui
diritti dell‘uomo, nel rispetto di ogni visione religiosa, con applicazioni alla condotta
per introdurre l‘insegnamento della Bioetica nei corsi di laurea in medicina.» (28)
Tale documento, sebbene sia poco noto, costituì la base per l'elaborazione della più recente
48
E' tuttavia significativo rilevare come all'interno dei gruppi interdisciplinari che approvarono
49
1.3 LE RAGIONI DI ESISTENZA DI UN ' ETICA INFERMIERISTICA COME
DISCIPLINA AUTONOMA
applicata al campo sanitario (bioetica). Veniamo ora ad analizzare in che modo la professione
infermieristica possa ragionevolmente avviare una riflessione etica autonoma, che sia
svincolata da quella delle altre professioni (e in particolare da quella medica) e che sia
Senza entrare nel dettaglio delle evoluzioni storiche del nursing, è inevitabile porre
l'attenzione alla fase di passaggio da attività non professionale, cioè dalla pratica saltuaria,
Se ora l'Infermieristica può considerarsi legittimamente tale, altrettanto non si può dire del
passato quando l'assistenza era un compito per galeotti o donne di malaffare o quando si
«[…] non era ancora una professione ma uno stato d'animo, un modo di vivere la
Quali sono gli attributi che fanno si che un'attività possa essere considerata professione?
O meglio: quali sono le caratteristiche che il nursing nel passato non aveva e che ora invece
possiede?
A rispondere a questa domanda è E. Greenwood, che in un suo famoso articolo elenca tali
attributi:
«1) Systematic teory 2) Authority 3) Community sanction 4) Ethical code and 5) A Culture.»
(30)
«Una professione […] presuppone per il suo svolgimento un corpo sistematico di teoria
50
acquisita dopo un periodo di studio e il conseguimento di un titolo specifico per l‘esercizio
riconoscimento dalla comunità. Ultima caratteristica che deve possedere una professione è
[...] la dimensione morale necessaria al professionista che non può non interrogarsi su ciò
che risulta essere il miglior modo di agire nei confronti del destinatario del proprio servizio.»
(29 p. 26)
«[...] con il bagaglio di competenze e di conoscenze tecniche che porta con sé, ricopre un
ruolo centrale poiché condiziona decisamente le vite altrui. In altri termini, vi e' una presa di
coscienza dell' incidenza sociale che la professione esercita; ancor piu' , una presa di
coscienza delle implicazioni etiche che essa comporta e di conseguenza la presa d' atto che la
propria responsabilita' personale e' maggiore. Agire con competenza, anche tecnica, e con
senso di responsabilita' non e' indifferente per le persone destinatarie della prestazione.» (31)
La domanda di etica, propria della professione infermieristica, nasce per una serie di fattori
«The first is that nurses are concerned with promoting the best interests of their patients, just
as doctors are. Increasingly they are ready and willing to stand up and be counted if they feel
that what is being done to a patient by doctors (or any other health-care workers) is wrong.
Critical ethics helps them assess their own position more rigorously, in the light of counter
arguments.
The second motivation for an interest in ethics is personal - nurses may from time to time feel
that they are being required, in the name of patient care and obedience to higher authority
(whether this is medical or nursing), to do things which they themselves believe to be morally
wrong. […] As moral agents they bitterly resent any such imposition. The third motivation for
51
their interest in professional ethics is that nurses are increasingly resentful of their ancillary
role in medical care […]. The more firmly nurses can entrench themselves as an
acknowledged profession the more the resented 'ancillary' label and role can be replaced by
'professional ethic', a concern with nursing ethics may be seen to benefit this third objective
Alla luce delle sue responsabilità l'infermiere assume dunque, implicitamente, il ruolo di
«[…] che compie scelte di natura etica poiché il suo agire è condizionato, ma non del tutto
determinato, dalle disposizioni che riceve, dall‘organizzazione del lavoro e dalle richieste
«Non si può negare che l‘infermiere sia un agente morale indipendentemente dal fatto che
assista un neonato prematuro o che presti assistenza in campo domiciliare; la sua attività
richiede infatti l‘applicazione di giudizi e di azioni morali. Si crede erroneamente che solo
coloro che lavorano in certe unità operative (terapie intensive, cure palliative, patologie
neonatali...) si imbattono in problemi e dilemmi etici che richiedono una soluzione; in realtà
vi è anche ―l‘etica del quotidiano‖, ossia l‘insieme di valenze etiche che sono alla base dei
comportamenti quotidiani dell‘infermiere, per dirla più semplicemente: ―l‘etica che sta alla
base del fare quotidiano dell‘infermiere‖. La capacità di riflettere sull‘etica del quotidiano
52
delle proprie scelte, dei comportamenti, delle prese o meno di posizione, la capacità di
leggere, di riflettere sugli interrogativi di fondo che stanno dietro ai problemi comuni. È qui
[...] che si vede la raggiunta maturità della professione infermieristica. » (29 p. 27)
morali. Un atto o una situazione diventano moralmente significativi quando sono in gioco
valori morali. L‘analisi etica diviene indispensabile, non soltanto quando si tratta di
distinguere il bene dal male e il giusto dall‘ingiusto, ma anche e soprattutto quando due
perché, in una determinata circostanza, configgono fra loro; emergono così i problemi ed i
dilemmi etici. Un problema etico nasce quando si tratta di decidere ciò che si deve fare per
Un dilemma etico nasce invece quando si è costretti a scegliere tra due valori che, pur
Per quanto riguarda invece la distinzione tra etica medica ed etica infermieristica, è necessario
affrontare anche il discorso riguardante i valori. Nel caso dell'infermieristica valore principale
«Oggi l‘assistenza infermieristica fonda il proprio valore sul ―caring‖ che coincide col
prendersi cura dell‘altro attraverso lo sviluppo di una professionalità basata su una relazione
responsabilità collettiva e la particolare attenzione all‘individuo e alla sua volontà. » (29 p. 31)
Alla luce di questo tra gli anni 80 e gli anni 90, sono stati elaborati, nell’ambito del panorama
53
semplicistico potremmo affermare che
«L‘etica infermieristica [...] è basata sul caring (il prendersi cura), vale a dire sulla relazione
intersoggettiva e sulla sensibilità e attenzione umana, mentre l‘etica medica [...] è basata su
«The history of nursing and medicine may not demonstrate their different ethics, yet if we
examine the nature and function of what we have come to know of nursing and medicine in
today's healthcare climate, we can recognize the differences. In contemporary practice, the
activities are normally accomplished in short episodes and serve the goal of cure. On the
contrary, the nurse's interaction with the patient is far more in-depth and personal, focusing
on values and adaptive/restorative processes. I call this the nurse's "ever-presence," that is,
we are there, 24 hours a day, 7 days a week, providing bedside care. It is through this "ever-
presence" that our ethic of care differs from that of medicine, and that has much to do with
the trusting relationships that are built with our patients with whom we spend so much time.»
(34)
Ma quali sono i caratteri principali dell'etica infermieristica e per quali aspetti essa è vicina
alla bioetica?
L'American Nurses Association,ha dedicato l'anno 2015 (Year of Ethics) all'analisi e al loro
In Italia, invece tali valori sono stati lucidamente esposti e chiariti da A.G. Spagnolo che li ha
54
Atteggiamento del prendersi cura
Verità al paziente
Valori “contestuali”:
Dimensione collaborativa
La ricerca scientifica
«I valori―propri‖, essendo connaturati alla professione stessa,di per sé non sono soggetti a
possono mutare in relazione all‘emergere di situazioni nuove legate allo sviluppo tecnologico
Nei primi possiamo chiaramente leggere, almeno in parte, l'influenza teorica dei quattro
rappresenta il primo. Dai principi etici generali e dallo specifico scopo dell‘assistenza si
55
origina la struttura dei principi e valori professionali. Si tratta del livello più alto di
«La deontologia (l‘insieme dei doveri nell‘esercizio professionale) rappresenta per così dire
dovere). La consapevolezza della finalità etica dei comportamenti e dei doveri si concretizza
(29 p. 31)
nella formulazione dei codici deontologici.»
Illustrato brevemente qui il primo dei tre livelli, nel successivo paragrafo passeremo alla
56
1.4 LA DEONTOLOGIA PROFESSIONALE E IL CODICE DEONTOLOGICO
DELL'INFERMIERE
Abbiamo già accennato all'esistenza di un' etica di tipo deontologico, rimandando al concetto
valori.
L'origine del termine deontologia, che è tuttora utilizzato ad indicare in modo generale
Premesso ciò, la “particolare situazione” cui faremo riferimento nel corso della nostra
del sanitario (medico/infermiere), nei suoi rapporti con i pazienti e con i colleghi .
Per rispondere a questa domanda è necessario richiamare la differenza che abbiamo visto tra
etica come campo dell'oggettivo, della convenzione scritta, del diritto e della legge, e la
doveri, allora essa andrà a trattare in particolare il primo dei due campi, e trascurerà il
57
wrongness of the consequences of those actions (Consequentialism) or to the character and
Anche se utilizzati alla stregua di sinonimi etica professionale e deontologia non lo sono
affatto in quanto
«Professional ethics focuses attention on the good: what it is good to do, what kind of good is
served by each kind of profession, what kind of good lawyers, physicians, engineers,
pharmacists or journalists, etc., are trying to promote. Professional deontology deals above
all with duties and obligations […], and tries to articulate a set of norms which every
In altre parole la deontologia, agisce nello stesso campo dell'etica, ma da una prospettiva
«Un' etica professionale completa non puo' limitarsi ad indicare, in negativo, cio' che e'
moralmente illecito, ne' puo' ridursi a formulare delle norme minimali alle quali attenersi. L'
etica concerne anche le motivazioni, gli atteggiamenti che rendono possibile un intervento
E in secondo luogo
«[...] la dimensione morale travalica, per cosi' dire, la relazione che si viene a instaurare tra
professionista e cliente. Spesso essa investe questioni e problemi che esulano dalla
Certo, con questo non si vuol sminuire la responsabilita' personale del professionista,
responsabilita' che rimane pur sempre la risorsa primaria dell' esperienza morale; ne' si
(31 p. 69)
vuole sottovalutare l' importanza delle diverse deontologie.»
E'importante ricordare che la deontologia non è un' elaborazione esterna alla professione ma
interna infatti,
58
«[...] a professional association is created which, with public recognition, establishes the
norms and procedures for gaining access to the profession, and the criteria for what good
and bad professional practice is or should be. Membership in this association and an
adherence to the norms established are necessary conditions for the practice of the
profession.» (38)
Per quanto riguarda gli obiettivi e della deontologia Giovanni Cosi scrive
operano, adottando forme di autodisciplina che vanno dal semplice giuramento fino al codice
vero e proprio. L'insieme delle regole che dovrebbero informare la condotta del
secondo il ruolo' che assolve essenzialmente due funzioni: dal punto di vista esterno,
rappresenta un indicatore dei particolari doveri e privilegi che nel corso del tempo sono stati
socialmente e istituzionalmente attribuiti alla sua attività; sul piano interno, consiste in un
sostenere
L'obiettivo di “esibizione delle credenziali alla società” tuttavia può essere fonte di confusione
59
«Non devono in ogni modo essere confusi il concetto di deontologia con quello di codice
deontologico perché la deontologia, […], non può essere tutta rappresentata in codici i quali
chiariscono e riportano ciò che è espresso dal dibattito deontologico di un dato momento
storico.» (41)
Vediamo ora quali tipologie di norme sono comprese all'interno del codice deontologico e in
«a. Norme deontologiche che rafforzano determinate indicazioni previste dalla legislazione:
b. Norme di natura etica: sono norme di carattere generale, estratte dalla riflessione etica,
che permettono al professionista di chiarire punti e questioni che non sono strettamente
prescrittivi.
deontologica. (ad esempio: ―rapporti con i colleghi‖; ―rapporti con le altre professioni‖;
d. Norme di carattere disciplinare: sono norme che, almeno in parte, hanno un quadro di
riferimento, almeno per le professioni che hanno un albo professionale, nella normativa
Quindi
«Il Codice Deontologico si può allora definire come un insieme di regole di autodisciplina e
di comportamento che hanno un valore per gli appartenenti ad una determinata professione,
60
professione risponde in termini di trasparenza, competenza e fiducia. Nessun codice
portasse a pensare che tutto può essere previsto poiché tutto standardizzabile. Le norme
deontologiche indicano gli orientamenti generali e gli obiettivi da perseguire e non i relativi
processi, che devono essere lasciati alla determinazione del singolo professionista, in un
contesto dove è aumentata sia la complessità dei problemi da affrontare, sia l‘autonomia e la
Attualmente il codice deontologico degli infermieri in uso è quello approvato nel gennaio
un'identità finalmente netta e definita nei suoi contorni: l'infermiere non è più "l'operatore
complesso dei saperi, delle prerogative, delle attività, delle competenze e delle responsabilità
dell'infermiere in tutti gli ambiti professionali e nelle diverse situazioni assistenziali. Una
svolta significativa per la professione infermieristica che si delinea con nettezza nel rapporto
senza mediazioni da parte di altre professionalità e che acquisisce una sua specificità
condotta [...] l‘inviolabilità della vita umana in ogni momento della sua esistenza, il rispetto
61
dei limiti invalicabili posti dalla coscienza morale a difesa della vita e della salute secondo
giustizia e necessità, il raggiungimento della massima competenza possibile per poter fare il
meglio per la persona nella situazione in cui si trova ad operare, il rispetto della ―totalità‖,
E' dunque questo l'orizzonte nel quale agisce ogni giorno il professinista infermiere, un
orizzonte che non può in alcun modo essere perso di vista durante l'assistenza e in particolare
durante la valutazione etico-morale delle situazioni nelle quali potrebbe essere possibile
trovarsi ad operare.
62
CAPITOLO II: IL TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO
utili per i figli ormai adulti che possono così liberarsi dei genitori anziani,
Szasz T. Law, liberty, and psychiatry. New York: Macmillan Company; 1963.
63
2.1 LA LEGGE DELLO STATO E LA CONCEZIONE DI MALATTIA MENTALE:
L'EVOLUZIONE NORMATIVA
Chi volesse sintetizzare, in poche pagine, la storia della psichiatria in Italia, si troverebbe di
fronte a non pochi problemi; primo fra tutti quello di descrivere le diverse correnti teoriche e
interpretative che fin dall'antichità si sono sviluppate attorno al medesimo tema: quello della
salute mentale.
Non è ovviamente tale lo scopo di questa ricerca, che si limiterà a riassumere in poche pagine
psichiatria come strumento di custodia della follia (“custodialismo”) a quella di tutela della
salute mentale.
anche oltreoceano, tra il XIX e il XX secolo, basata sulla tendenza al ricovero del soggetto
Tale concezione vide nel nostro paese la sua massima espressione nella legge n. 36 del 1904
«[...] essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da
alienazione mentale quando siano pericolose a se o agli altri o riescano di pubblico scandalo
e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi.
Sono compresi sotto questa denominazione, agli effetti della presente legge, tutti quegli
istituti, comunque denominati, nei quali vengono ricoverati alienati di qualunque genere.» (44)
Importante rilevare che la vigilanza sui malati di mente ricoverati fosse di competenza del
64
indicare come il principale obiettivo della legge fosse quello di limitare la “pericolosità
P. Dazzan e C.M. Pariante nella loro revisione dell'edizione italiana del celebre “Manuale del
«Sulle preminenti funzioni di difesa sociale attribuite all'Istituzione manicomiale [dalla legge
36/1904] , non è consentito nutrire alcun sostanziale dubbio: l'unica modalità di ricovero era
quella coatta; in casi d'urgenza il ricovero poteva essere effettuato da organi di polizia. Il
malato- come il deviante sociale e il criminale- perdeva i diritti sociali e veniva sottoposto a
schedatura.» (45)
Non che prima del 1904 le possibilità di cura dei malati di mente fossero migliori, come
(46)
emerge dalla Relazione sulla ispezione dei manicomi del 1891 , era poi ben evidente a
livello locale la mancanza di una legge nazionale. Da questa fonte siamo in grado di
comprendere come bastasse ben poco per ricoverare un paziente in un manicomio, in alcune
città come Monza era sufficiente una richiesta da parte della famiglia, o un'autorizzazione da
parte del presidente dell'istituto di carità. Non è migliore la descrizione delle condizioni
igieniche e sanitarie dei manicomi post risorgimentali, molto più simili a carceri che a luoghi
di cura.
La nuova legge dunque andava a colmare un importante vuoto normativo, e con tutti i suoi
limiti rimase in vigore per quasi settant' anni, senza subire sostanziali variazioni. Per un
cambiamento di ottica e di pensiero, (che non investirà ancora il campo esecutivo) bisognerà
«La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un
65
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in
nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.» (47)
Ciò nonostante, solo nel 1968, con la legge Mariotti si ebbe la prima grande riforma
ospedaliera italiana con la trasformazione degli ospedali in enti pubblici (“enti ospedalieri”),
legge si riflessero anche sulle istituzioni manicomiali, i malati di mente non furono più
Tuttavia
«Le cose si muovevano […] ancora troppo lentamente, nel concerto delle iniziative
sviluppatesi nei paesi sanitariamente e socialmente più avanzati dell'Italia. Solo sull'onda di
dell'ospedale psichiatrico si arrivò nel 1978 all'approvazione della legge 180.» (45 p. 244)
che
«[…] espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall'autorità
sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della
persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto
possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.» (48)
È importante rilevare come il ricovero coatto, che in precedenza era l'unica tipologia di
66
ricovero per le malattie mentali, diventi con la legge 180/78 un provvedimento a cui fare
Si ammetteva così, in modo implicito, che anche il paziente con malattia mentale fosse dotato,
Criterio per il ricovero poi, non è più quello dell'evitare il “pubblico scandalo” e della “difesa
sociale”, ma diventa quello della tutela della salute dell'individuo, nel rispetto della sua
dignità e dei suoi diritti. Quello stesso individuo sottoposto a ricovero per malattia mentale
non andrà più incontro, come accadeva nel passato, a limitazioni dei diritti e delle libertà
civili.
Oltre alla volontarietà del trattamento il secondo “cardine” della legge 180 è certamente il
«Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati
Ciò significa che da un lato a partire dal 1981 non sarebbero più stati accettati ricoveri in
«[…] i pazienti, prima sistemati nei reparti con il criterio della gravità (agitati, violenti,
sudici, infermi, cronici) sono ridistribuiti sulla base della provenienza dalle zone della città
che corrispondono ai suoi Distretti Sanitari. Si dà così inizio a un lavoro che ha come
obiettivo esplicito la dimissione e il sostegno del paziente nel proprio domicilio e contesto di
vita.» (49)
Questa modifica va di pari passo con la trasformazione dei servizi di Guardia Psichiatrica
presenti nelle realtà ospedaliere in Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, previsti dalla
67
Legge, con funzioni di pronto soccorso psichiatrico, consulenza ai diversi reparti ospedalieri e
Si assumeva la
«[…] concezione dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura come funzionalmente correlati ai
servizi psichiatrici territoriali secondo il principio della ―continuità terapeutica‖.» (45 p. 245)
La legge 180/78 fu poi inglobata nella più ampia legge 833/1978 con la quale veniva istituito
Fu così definitivamente affermata sia la competenza delle Unità Sanitarie Locali (e dei loro
Dipartimenti di Salute Mentale che si andavano creando) sul governo della Riforma
Psichiatrica sia l'equiparazione, agli occhi della legge, alle altre patologie della malattia
mentale, per la quale non era più necessaria una legislazione ad hoc.
A questo punto tuttavia è necessario fare qualche passo indietro. Abbiamo fatto accenno in
cui si arrivò all'approvazione della legge 180 del 1978. Tale movimento aveva come massimo
periodo di formazione presso l'Università di Padova, assunse nel 1957 come primo incarico
«[...] non tardò ad esprimere la sua reazione di rifiuto di quella realtà. Identificò certi
classista. Individuò in quel sistema e nei suoi metodi di cura la causa prima
68
Al suo lavoro ospedaliero si affiancò un'intensa attività di ricerca e di studio, in particolare
In breve tempo
«Nel suo ospedale rovesciò il ritmo istituzionale e aggredì le premesse di una realtà che, a
medico-scientifico e avviò la battaglia per la distruzione del sistema manicomiale; attaccò gli
Nel concreto
«La sua opera impose alcune misure: l'eliminazione dei mezzi di contenzione meccanica, la
ripresa dei contatti con l'esterno, l'abbattimento delle barriere fisiche, recuperando l'antico
concetto dell'open door. Introdusse un più largo uso degli psicofarmaci e curò la
Fu a partire da queste misure rivoluzionarie che si accese anche in Italia il dibattito sulla
psichiatria, che coinvolse ben presto anche l'opinione pubblica e non solamente ristretti circoli
specialistici. A fronte di netti e talvolta duri contrasti, Basaglia riuscì ad acquisire un largo
consenso, anche in ambienti politico- sociali. Dopo un periodo all'estero Basaglia tornò in
Italia, dove venne chiamato a dirigere l'ospedale psichiatrico di Colorno e in seguito quello di
Trieste (1971).
Proprio a Trieste molte delle sue energie furono spese nella formazione del personale, e in
69
particolare degli infermieri, Basaglia stesso scrive che anche nella città friulana
«[...] predominava l‘ideologia che il matto era pericoloso e doveva stare chiuso in
manicomio. Perciò l‘inizio del lavoro consisteva nel convincere che le cose non stavano così.
Giorno per giorno abbiamo tentato di dimostrare che cambiando la relazione con l‘internato
lavoro poteva essere diverso, e a diventare così un agente della trasformazione. D‘altra parte
per convincere la popolazione era necessario innanzitutto riportare il folle in strada, nella
vita sociale. Con questo abbiamo stimolato l‘aggressività della città contro di noi. Noi
avevamo bisogno di creare una situazione di tensione, per mostrare il cambiamento che stava
realtà li ha portati a non essere più dipendenti dal medico, a essere operatori che potevano
«[...] in un clima sociale e politico animato da particolari fermenti che sostenevano esigenze
di rinnovamento in diversi settori della vita sociale. Il movimento antipsichiatrico ebbe gran
parte nel processo che indusse il Parlamento ad approvare la legge 13 maggio 1978, n. 180
[...]. Nella identificazione popolare la legge 180 venne spesso definita "legge Basaglia"; del
resto egli, nonostante le riserve, non rifiutò questa paternità. [...] Si può dire che la
formulazione definitiva della legge raccolse elementi importanti del pensiero del B., ma non
«[...] la cosa importante è che abbiamo dimostrato che l'impossibile diventa possibile. Dieci,
quindici, vent'anni fa era impensabile che un manicomio potesse essere distrutto. Magari i
manicomi torneranno a essere chiusi e più chiusi di prima, io non lo so, ma ad ogni modo
abbiamo dimostrato che si può assistere la persona folle in altra maniera, e questa
70
testimonianza è fondamentale. Non credo che il fatto che un'azione riesca a generalizzarsi
voglia dire che si è vinto. Il punto importante è un altro, è che ora si sa cosa si può fare [...]»
(51)
Alla luce di queste ultime considerazioni allora, non appare azzardato affermare che l'attività
di Basaglia abbia implicazioni che sono soprattutto etiche (“etica terapeutica”), e che rimandi
conseguenza avere poteri ancora maggiori, le neuroscienze potranno dirci ancora molto sul
nostro cervello, e molto ancora ci dirà la genetica. C'è però una cosa su cui mai potremo
avere risposte da queste scienze: sull'etica, ossia sulla modalità con cui gli uomini decidono
di stabilire un contratto sociale, sui valori e sui punti in base ai quali gli uomini decidono di
stabilire le modalità del proprio relazionarsi. Questo era il progetto di Basaglia. La chiusura
dei manicomi era solo un primo passo, in un campo limitato, quello del disagio mentale, per
chiedere alla società di non avere più paura della diversità che ospita, e che, in questa o in
71
2.2 TRATTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI E TRATTAMENTI SANITARI
VOLONTARI
La Cosituzione Italiana, come abbiamo visto, affianca al diritto alla cura, (il cosiddetto
“diritto ai trattamenti sanitari” ripreso nella legge 180/78) il diritto alla scelta dei trattamenti
cui l'individuo può essere sottoposto. Quest'ultimo diritto può essere riconducibile ad un altro
libertà personale.
Alla luce di questo, senza un valido consenso, qualsiasi pratica medico-sanitaria sarebbe da
È importante tuttavia sottolineare il fatto che la Costituzione stessa preveda una “riserva
legale”, e che la libertà di scelta possa venir meno nei casi “espressamente previsti dalla
legge”, con il vincolo di agire nel pieno “rispetto della dignità umana”.
Tali casi richiedono, per la loro gravità, l'imposizione di uno specifico trattamento sanitario
Questo trattamento non può essere imposto al singolo nel suo esclusivo interesse, ma solo
quando ricorre, oltre all'interesse del singolo, un riconosciuto interesse della collettività che
«L‘obbligo di sottoporsi a trattamento medico può essere imposto solo per legge e per
motivate esigenze di tutela della salute pubblica; non è ammessa l‘ipotesi di imporre cure
72
dunque, esercitare liberamente il suo diritto, rifiutando, se lo ritiene opportuno, anche cure
essenziali, purché questa scelta non abbia conseguenze sulla salute pubblica.» (53)
Fino a dove possa spingersi la libertà di scelta dell'individuo non è stato ancora chiarito, ed è
oggetto di dibattito a vari livelli della società e tra varie discipline, non ultime la
«[…] una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari
A tal proposito è possibile operare una distinzione tra trattamenti sanitari obbligatori in senso
stretto e trattamenti sanitari salvavita, intendendo con questi ultimi quei trattamenti
Scrive I. Lanza
parte del paziente sia indispensabile alla sua sopravvivenza. Qualora l‘individuo manifesti il
piena e completa sulle conseguenze derivanti dalla sua scelta, è indubbio che stia esercitando
laddove tale rifiuto sia espresso nei confronti di trattamenti destinati a un terzo minore o
incapace o qualora il paziente versi in stato di incoscienza e si debba ricercare la sua volontà
l‘intervento del medico che disattende al rifiuto del trattamento sanitario espresso dal
73
paziente, ritenendolo viziato perché manifestato in carenza di informazioni o non attuale. »
(53 p. 132)
Un trattamento sanitario, affinchè possa essere imposto per legge, deve presentare alcune
caratteristiche, oltre al possibile rischio per la collettività, relative sia al contenuto che alla
«In primo luogo, deve essere determinato; non può esistere un generico obbligo di curarsi,
ma la legge può autorizzare soltanto singoli trattamenti sanitari per curare o prevenire una
data malattia. Il trattamento obbligatorio non deve, inoltre, incidere negativamente sullo
stato di salute di chi vi è assoggettato. Non sono, quindi, ammissibili trattamenti nocivi per la
salute individuale, salvo che non si tratti degli effetti definiti dalla giurisprudenza
costituzionale come tollerabili in virtù della loro temporaneità e scarsa entità. [...]
imposto deve essere il risultato di una valutazione che tiene conto, da un lato, della finalità
(53 p. 132)
da perseguire e, da un altro lato, del sacrificio da sopportare.»
«[...] l‘applicazione delle sanzioni stabilite dalla legge, che attualmente sono
trattamento imposto per legge, tuttavia al rifiuto legittimamente espresso si ricollegano degli
«[…] tra le misure coercitive, cioè tra quelle misure poste in essere al fine di raggiungere un
74
obiettivo, prescindendo dalla collaborazione del soggetto che vi è sottoposto e, al contrario,
Sulla base di questa classificazione dunque i principali trattamenti sanitari obbligatori previsti
polizia.
75
2.3 IL TSO E L'ASO NELLA MALATTIA MENTALE: LA PROCEDURA
Il TSO per malattia mentale, previsto dalla legge 36/1904 prima e dalla legge 180/1978 poi,
rientra a pieno titolo tra i trattamenti classificati come “coattivi”, le sue caratteristiche sono
però peculiari.
In generale si può affermare che questo provvedimento, nasca dal presupposto che alcune
conseguenza rifiutati dal paziente interventi sanitari necessari e urgenti, sulla base di
valutazioni errate.
Nel precedente paragrafo abbiamo affermato che nessun tipo di TSO può essere imposto al
singolo nel suo esclusivo interesse, ma solo quando ricorre, oltre all'interesse del singolo, un
riconosciuto interesse della collettività che verrebbe compromesso dal rifiuto a curarsi.
Infatti mentre per alcune patologie, come ad esempio le malattie infettive, appare chiaro il
fondamento che sta alla base della obbligatorietà della cura (evitare l'infezione, la diffusione,
Quale sarebbe, nel caso della malattia mentale l'interesse della collettività?
Come abbiamo visto, prima della riforma psichiatrica portata avanti da Franco Basaglia, tale
“difesa sociale”.
Oggi queste motivazioni di per sé stesse non sono più né appovabili nè sufficienti, ne
Infatti
76
confronti del folle pericoloso, ma nell'interesse precipuo della collettività a recuperare,
sostituisce la volontà del singolo, inconsapevole della propria malattia, con la volontà della
ammalato.» (55)
Ad esempio, in una delle sue direttive la Regione Emilia-Romagna pur ricordando la non
validità, come ispiratore di un TSO, del criterio della pericolosità stabilisce che
«In detto caso [...] anche se la gestione di tali aspetti esula dalla competenza psichiatrica,
in cui si trova il sofferente psichico, agli organi preposti istituzionalmente alla prevenzione ed
Ricordando che
«[...] il reato commesso da persona sofferente di disturbi psichici non è diverso, per quanto
riguarda l'aspetto preventivo e repressivo, dal reato commesso da qualsiasi altro cittadino.»
(55 p. 2)
Un secondo problema è quello relativo alla relazione tra “non coscienza di malattia” e rifiuto
alle cure.
«Il paradigma della ―non coscienza di malattia‖ e/o dell‘incapacità di arrivare a questa
coscienza si presenta molto fragile, poiché proprio questo concetto rappresenta da sempre,
sul piano epistemologico, uno degli aspetti di maggiore debolezza della nostra disciplina.
Anche per questo, probabilmente, il legislatore del 1978 ha preferito erigere l‘impianto della
77
Legge sul binomio necessità/rifiuto delle cure, che, presentando minori implicazioni di
Nella già citata legge 833/78 sono elencate le caratteristiche e le condizioni necessarie per
proporre e applicare un trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale. Questi ultimi
«[...] sono attuati dai presidi e servizi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza,
Come sappiamo, la legge 180/78 aveva definito il territorio come luogo privilegiato di cura e,
di conseguenza, sede principale di esecuzione del TSO. Lo spirito della riforma psichiatrica
infatti, vedeva nella natura stessa del ricovero ospedaliero, una limitazione della libertà
in modo tempestivo, i mezzi per garantire da un lato l'esecuzione della procedura e dall'altro
«Il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale può prevedere che le cure
tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati
Viene poi identificato in modo inequivocabile l'unica sede possibile in cui effettuare il TSO in
78
È superfluo sottolineare che se fossero presenti le prime due tra le condizioni elencate (gravi
alterazioni e difetto di consenso), e mancasse la terza (possibilità di attuare idoenee misure nel
Le prime due condizioni dunque, possono essere considerate come “due facce della stessa
Disturbi d'ansia;
Disturbi di personalità;
Disturbi affettivi.
È bene ricordare che la presenza di tali patologie non implica meccanicamente il ricorso a un
TSO, che deve comunque essere proposto e convalidato da medici abilitati all'esercizio
Nel dettaglio la procedura del Trattamento prevede tappe ben definite e regolamentate che
Qualora questi tentativi fallissero il primo soggetto a essere coinvolto nel procedimento è il
79
psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici” 2.
Proposta motivata
di un medico
Convalida del
medico
(specialista) della
ASL (entro 48h)
Provvedimento del
Sindaco che TSO extraospedaliero
dispone il ricovero
(entro 48h)
Notifica al Giudice
Tutelare
Cessazione del
ricovero
La motivazione del medico proponente, non può essere limitata alla dignosi e alla valutazione
descritte le emergenze riscontrate di persona che hanno portato i medici alla convinzione che
fosse necessario un TSO. La motivazione [...] deve riportare gli elementi raccolti a prova
della sussistenza delle condizioni dalla legge per il TSO. E‘ opportuno, per il TSO in degenza
ospedaliera, ma anche per l‘ASO e per il TSO extraospedaliero, che siano documentati gli
2
Si ricorda che il Commissario Europeo ai Diritti Civili ha censurato la legislazione italiana che, in materia di
interventi obbligatori per malattia mentale, non prescrive l’intervento di uno psichiatra.
80
interventi fatti ―per assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è
obbligato‖.» (58)
Il medico è dunque l'unica figura a poter proporre il trattamento, che se convalidato da uno
competente per quel territorio), deve essere disposto dal sindaco, per il suo ruolo di Autorità
sanitaria del Comune di residenza del paziente. Ciò costituisce una garanzia per il paziente.
«Il provvedimento che dispone il TSO rientra pertanto nella competenza dell'ente Comune,
sia sotto il profilo dell'autorità che lo emana sia sotto il profilo dell'organo chiamato a dargli
alla generale tutela, sotto il profilo sanitario, dell'interesse della collettività alla salute.[...]
La notifica e l'esecuzione di una ordinanza non si configurano, sul piano giuridico, come atti
L'ordinanza viene dunque notificata al paziente, che non perde in alcun modo i diritti civili e
politici, può in qualsiasi momento comunicare con i famigliari o con chi ritenga opportuno,
non solo per evitare l'isolamento ma anche contro eventuali soprusi, nell'ottica della maggiore
trasparenza possibile.
Infatti
«La legge 14 febbraio 1904, n. 36 poneva forti limitazioni alla libertà del malato di mente,
riguardanti non soltanto l‘isolamento dello stesso dal mondo esterno attraverso
Tali disposizioni sono state abrogate, nell‘ottica di una maggiore garanzia del rispetto dei
diritti e della dignità dell‘individuo e dell‘abbandono della precedente concezione del malato
di mente come soggetto pericoloso dal quale la società doveva essere difesa.» (53)
81
di notifica del provvedimento , da parte del Sindaco, al Giudice tutelare entro 48 ore dalla sua
emanazione. Questi entro le successive 48 ore, dopo aver assunto le informazioni e disposto,
«Garanzie supplementari scaturiscono, per il TSO extra ospedaliero, dalla possibilità offerta
quale è stato disposto o prolungato il TSO. Per il TSO in degenza ospedaliera chi è
sottoposto a TSO, e chiunque vi abbia interesse, può proporre al tribunale competente per
territorio ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare. Anche il Tribunale
Nel caso in cui il provvedimento venga convalidato, la sua durata è limitata a 7 giorni, con
SPDC al Sindaco.
«La durata di sette giorni del TSO in degenza ospedaliera implica la convinzione che questo
tempo sia sufficiente a permettere la presa in carico del paziente da parte della rete di servizi,
grazie alla collocazione del SPDC nel Dipartimento di cui fanno parte anche i servizi
territoriali, al fine di instaurare altre modalità di rapporto con il paziente che favoriscano la
libera accettazione della cura, o forme attenuate di intervento obbligatorio come il TSO non
Gli eventuali prolungamenti, che possono anche essere più di uno, hanno una durata
82
Strettamente legato al TSO è l'ASO, o Accertamento Sanitario Obbligatorio per malattia
«[…] mira a garantire a tutti i cittadini una corretta valutazione dei loro bisogni di cura,
anche nei casi in cui il disturbo mentale possa essere di natura tale da menomare la
consapevolezza stessa della malattia. L‘ASO è pertanto una procedura attivabile solo allo
L'Aso viene attivato quando si abbia il fondato sospetto, della presenza della prima delle tre
sia accettato dal paziente. Il rifiuto del paziente a sottoporsi all'accertamento può essere
A fronte di tale situazione è facoltà del medico (anche non psichiatra) di avanzare proposta
motivata di ASO, con le stesse modalità del TSO, senza però la necessità della convalida di
«La proposta motivata contiene anche indicazioni sul luogo più opportuno – anche perché
più accettato dal paziente – per l‘esecuzione dell‘ASO. Precisato questo [...] in linea generale
è preferibile che l‘ASO sia praticato in un servizio territoriale, in primo luogo nel CSM, ma
chiusura, al Pronto soccorso del presidio ospedaliero. [...] In ogni caso l‘ASO non può essere
L'esito dell'ASO, che va in ogni caso comunicato al Sindaco, può essere differente: la
83
volontario, il TSO.
In conclusione, pur non essendo l'obiettivo di questa ricerca l'analisi dei risultati conseguiti
dopo l'introduzione del TSO così come previsto dalle legge 833, sembra doveroso sottolineare
Se sono numerosi i casi di pazienti, di cittadini, restituiti alla collettività dopo essersi
sottoposti a questo tipo di trattamento, altrettanto numerose sono le critiche, avanzate contro
«In primo luogo a causa di una carenza di personale (soprattutto in ambito territoriale)
lamentata da quasi tutti gli psichiatri. Ma non solo: nei casi [...] di totale solitudine [dei
paziente una volta dimesso riesce a mantenere "l'impegno" terapeutico con il servizio non
facendosi sovente dopo i primi incontri più vedere. Infine, accanto a quegli psichiatri che
ritengono che la presenza dello psichiatra "curante" nel corso di un trattamento sanitario
lealtà da un punto di vista umano e perciò doverosa, vi sono anche quelli che, ritenendo che
giorni.» (59)
Il fenomeno del re-ricovero del paziente obbligato, che nella maggior parte dei casi avviene
ancora in modalità di TSO, e che si verifica entro sette giorni dalla dimissione, prende il nome
di “Revolving Door”.
I dati, elaborati a livello nazionale sulla base dei Rapporti annuali sull'attività di ricovero
ospedaliero del Ministero della Salute, danno l'idea del fenomeno in rapporto al totale dei
84
TSO effettuati.
Nei dati, pubblicati nel 2013, con riferimento all’anno 2010, il tasso variava dall’ 4.1%
dell'Umbria al 18.0% della Campania. La variabilità intraregionale sembrava più elevata per
rispetto alle altre regioni (Emilia Romagna 2.5%-8.5%; Molise 8.3%; Umbria 1.9%-6.3%). (60)
Appare necessario dunque rimarcare l'importanza della continuità assistenziale nel territorio, a
TSO terminato, ricordando che la legislazione italiana, non prevede in alcun modo
La motivazione del paziente a proseguire il percorso di cura al termine del ricovero dipende
non solo e non tanto dall'efficacia della terapia somministrata, ma soprattutto dalla qualità
della relazione tra paziente ed operatori sanitari, medici e infermieri e dal consenso che può
derivare da essa.
Il tentativo di elaborare una legge, che fosse a tutela diretta del paziente e dei suoi diritti
amministrativo).
Proprio il fatto che il provvedimento sia complicato apre al rischio che si possano verificare,
nella pratica, situazioni problematiche, in cui tentare “strade alternative” a quella indicata
dalla legge.
La prima
libero/obbligato, che racchiude tutta una gamma di situazioni intermedie, a quelli che sono
comunemente definiti i TSO ―striscianti‖, in cui cioè il consenso ai trattamenti è ottenuto con
85
meno al TSO stesso.» (56)
Un secondo problema
tutti gli effetti trattamenti obbligatori, in gran parte di carattere sanitario, non derivano dalla
normativa sanitaria della Legge 833, ma da disposizioni dell‘Autorità Giudiziaria [...].» (58)
Questi possono essere considerati come alcuni dei limiti più evidenti, dal punto di vista
86
2.4 I RISCHI LEGATI ALLA NON ATTUAZIONE DI UN TSO
proposta di un medico abilitato all'esercizio della professione che rilevi la presenza delle
Abbiamo accennato alle garanzie legali, che impediscono, o dovrebbero impedire, l'impropria
attuazione del trattamento a carico del paziente, e all'assenza di automatismo tra presenza di
malattia mentale e perdita della capacità decisionale, rimandando l'analisi di questo problema
Nel caso in cui il trattamento sanitario non venisse attuato, pur essendovi le condizioni
necessarie, ci troveremmo però di fronte ad una circostanza non meno grave della precedente
simile sarebbe sanzionabile, al di là delle azioni successive messe in atto dal paziente che non
è stato ricoverato. Infatti, il codice di deontologia medica prevede che il professionista debba
«[…] svolgere i compiti assegnatigli dalla legge in tema di trattamenti sanitari obbligatori e
[…] curare con la massima diligenza e tempestività la informativa alle autorità sanitarie e ad
altre autorità nei modi, nei tempi e con le procedure stabilite dalla legge, ivi compresa,
«[…] per pacifico riconoscimento della letteratura dedicata al tema, l‘urgenza vera è rara in
discontinua e il dovere del medico è assicurarla con la propria presenza e/o attraverso
«[…] il variare incessante delle norme e la loro sempre più precisa scansione in termini di
87
modi, di tempi e di fini della loro esecuzione sono sembrate condizioni di tanto frastagliata e
pubblicistica.» (58)
Dunque non troviamo riferimenti diretti al TSO in salute mentale, né alla questione relativa
alla coscienza etica del singolo e ai dilemmi etici che potrebbero sorgere.
Anche se il medico è la sola figura con facoltà di proporre e convalidare un TSO, anche nel
professionali in tali circostanze. Il codice, riferendosi alle situazioni di urgenza, anche se non
«L'infermiere riconosce la salute come bene fondamentale della persona e interesse della
Oltre agli aspetti deontologici, un discorso a parte è quello relativo agli aspetti legali ed in
particolare penali, che sono più strettamente legati alle azioni del paziente, successive al
mancato ricovero. Il fatto che vi possano essere diverse interpretazioni della gravità della
patologia del malato di mente, così come del suo grado di capacità decisionale, rende
piuttosto vago agli occhi della legge la rispondenza di una patologia ai tre criteri stabiliti per
attuare il trattamento.
Alla luce di ciò si potrebbero configurare diverse ipotesi di reato, conseguenti alla non
88
attuazione di un TSO, alcuni esempi vengono da sentenze penali, talvolta anche recenti,
o sospeso prima dello scadere stesso: Abbandono di persona 1999, imp. Uras, in Foro it.,
577
dicembre 2008
giurisprudenza di legittimità,
Napoli, 2011
Mancato procrastinarsi del Omissione di atti d'ufficio Cass. VI, 15 marzo (15
ricovero oltre i 7 giorni, (art. 328 c.p.) maggio) 2012, n. 18504, imp.
Tali sentenze, come le loro motivazioni, riflettono secondo Sale, non solo gli orientamenti
89
giudiziari per quel che riguarda la responsabilità dell'equipe sanitaria, ma anche e soprattutto
riguardo la malattia mentale. Infatti anche se nella maggior parte dei casi viene negata
«[...] i presupposti per l‘attuazione del ricovero coatto sussisterebbero unicamente nei
quadro clinico che riveli un chiaro e indiscutibile disturbo dell‘ideazione e delle percezioni
sensoriali, quali ad esempio tutte le diverse forme psicotiche. Nonché, quando il paziente
Al fine di una legittima applicazione del t.s.o. non è, perciò,sufficiente la necessità di una
terapia, poiché al paziente psichiatrico, ex art. 32 Cost., è consentito rifiutare le cure anche
«I pazienti psichiatrici non sono, [...], liberi di non curare la malattia e i medici curanti
Quali sono dunque le patologie, definite di tale gravità da poter giustificare un TSO e che
«[...] le alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici sono soltanto
quelle che si manifestino attraverso agiti di aggressività nei confronti di se stessi o di terzi.»
(62 p. 33)
Ritorniamo purtroppo al discorso della pericolosità del soggetto malato di mente, che anche se
non accettabile, come criterio di applicazione di un TSO si presenta come chiaro discrimine,
90
2.5 QUANDO IL TSO NON SI PUÒ ATTUARE: LE PATOLOGIE SOMATICHE,
sanitario obbligatorio anche in assenza della prima delle tre condizioni necessarie, ovvero nel
caso in cui il soggetto, non affetto da malattia mentale o affetto da una patologia mentale non
Alla luce delle considerazioni precedenti, salvo gravi forzature, tale proposta sarebbe
inaccettabile, e di conseguenza il TSO fondato su simili basi dovrebbe essere non convalidato
fin dalla seconda tappa della procedura, ovvero la visita da parte del medico specialista
Altri esempi, potrebbero essere quelli di pazienti affetti da malattia somatica che per
In tali situazioni ai curanti si presentano diverse possibilità, tra le quali anche la richiesta di
applicazione del TSO, specie quando il rifiuto stesso di sottoporsi all'intervento si potrebbe
configurare come un sintomo predittivo di malattia psichica, fino a quel momento non
manifestata.
«Il rifiuto del trattamento di una malattia fisica può essere il sintomo di malattia psichica,
che però deve essere diagnosticata clinicamente e non solo presunta. Inoltre va ricordato che
il TSO autorizza il solo trattamento delle alterazioni psichiche. Per il trattamento di quelle
91
fisiche occorre comunque l‘assenso del paziente, salvo quel che è previsto per l‘urgenza e lo
stato di pericolo immediato di vita. Il punto centrale della norma che regola il TSO non è il
(62 p. 33)
rifiuto dell‘intervento medico ma il bisogno di intervento per disturbo psichico.»
verso cui è diretto (ovvero la malattia mentale) e non certo la patologia somatica, per il
dell'infermo.
Non si può escludere la possibilità che al termine del TSO, il paziente dia il consenso
consapevolezza e fiducia tale da rendersi finalmente conto della gravità delle proprie
In tal caso però sarebbe inevitabile considerare un ulteriore ostacolo alla cura.
Sappiamo che oltre alle 48 ore necessarie perchè il sindaco emetta il decreto definitivo, la
durata del trattamento stesso, fino a sette giorni, dilaterebbe troppo il tempo necessario per
«[...] che esistano rifiuti delle cure fisiche che sono irrazionali in persone non in grado di
valutare l‘incidenza della malattia non curata sul proprio destino e non capaci di ricevere e
comprendere le informazioni sul proprio stato di salute necessarie per prendere una
decisione consapevole. In questi casi la legge prevede le procedure che portano alla
valutazione della capacità di intendere e di volere e le modalità degli interventi legali. [...]le
norme TSO non sono applicabili, in linea generale, per far fronte al rifiuto di intervento da
Tratteremo diffusamente nel prossimo capitolo degli interventi legali indicati in casi come
92
questi, e nello specifico dell'applicazione dell'articolo 54 c.p. (Stato di Necessità) e
Ai fini della trattazione non è meno importante però, l’analisi di alcuni dei casi che possono
sanitario obbligatorio.
Una vicenda che è stata a lungo oggetto di dibattito, nel mondo sanitario, politico e civile, ha
visto protagonista una paziente anziana e diabetica ricoverata all'Ospedale San Paolo di
Di fronte alla soluzione prospettata dai medici, che prevedeva l'amputazione dell'arto stesso
Dopo numerosi tentativi, i sanitari hanno avanzato proposta di TSO per malattia mentale,
motivata dall'incapacità della paziente di assumere decisioni cliniche necessarie alla propria
In questo caso, come prevedibile, le critiche dirette agli specialisti (uno psicologo e uno
psichiatra), che hanno certificato la sanità mentale della paziente, sono state numerose.
I casi probabilmente più numerosi e di cui esiste una più ricca giurisprudenza, sono quelli che
La Chiesa Cristiana dei Testimoni di Geova infatti impone ai propri fedeli di rifiutare di
sottoporsi a trasfusioni ematiche, circostanza che si rende necessaria non certo raramente, in
L’atteggiamento generale delle istituzioni di fronte a questo tipo di scelte, pur lungi dall’
essere unanime, tende al rispetto delle convinzioni religiose dei cittadini italiani.
93
Tale comportamento non è mai stato oggetto di censura: il diritto a rifiutare le cure, anche
non – sottese, è infatti riconosciuto come direttamente discendente dal diritto alla salute e
«[...] il dissenso alle cure mediche, per essere valido ed esonerare così il medico dal potere-
dovere di intervenire, deve essere espresso, inequivoco ed attuale: non è sufficiente, dunque,
non era in pericolo di vita, ma è necessario che il dissenso sia manifestato ex post, ovvero
dopo che il paziente sia stato pienamente informato sulla gravità della propria situazione e
In taluni casi però, specie quando l'urgenza della trasfusione non era immediata o la
dichiarazione di volontà non formulata a norma di legge, i medici curanti hanno scelto di
avanzare proposta di TSO, che è stata accettata o respinta a seconda delle circostanze.
«Tale impostazione, oltre ad essere in contrasto con i principi di fondo del sistema
degli interessi in conflitto debba prevalere (il diritto all‘autodeterminazione ed il diritto alla
assenza di alcuna garanzia giuridica, tale non potendo considerarsi l‘autorizzazione da parte
dell‘autorità giudiziaria che, il più delle volte informalmente, viene talvolta chiesta dai
Inoltre una simile decisione equivaleva implicitamente, agli occhi dei fedeli, a paragonare la
94
«Un medico può volervi curare nel modo che ritiene migliore, ma non ha il diritto di cercare
una giustificazione legale per calpestare i vostri diritti fondamentali. E dato che la Bibbia
mette l‘astenersi dal sangue sullo stesso piano morale dell‘evitare la fornicazione,
Quando, pazienti o famigliari, hanno deciso di fare ricorso agli organi giudiziari denunciando
tali comportamenti e presentando accuse che andavano dal sequestro di persona, alle minacce,
alla violenza privata, sono emerse tendenze per lo più in linea con le considerazioni fatte in
Sentenza Note
Corte di Appello di Milano, Sez. II Pen., 21 ―La normativa vigente non consente ai medici
95
Corte d’Appello di Milano, I sezione civile, “È certamente da respingere una certa teoria
dunque, resta ancora aperto il dibattito circa la sua applicazione e le sue possibilità di
Comunque se da un lato, con la “legge Basaglia” non si sono pienamente ottenuti tutti quei
provvedimenti che lo psichiatra e riformatore a cui deve il nome si era prefissato, dall’altro
istanze morali condivise, ha permesso un importante cambio di ottica: dalla difesa della
Si può dire effettivamente, che la legge 180 rappresenti a pieno un tentativo di realizzare una
normativa che avesse valenza su piano giuridico ma che allo stesso tempo derivasse
«Alcuni bioeticisti, [...] hanno segnalato con forza il rischio di una scissione, proprio in
96
merito al consenso ai trattamenti sanitari, tra il piano giuridico e il piano etico del problema.
Il primo muove a partire da una dilatazione interpretativa dell‘art. 32 della Costituzione sui
senza risolvere alcuni nodi – divenuti oggi centrali – come quello di chi e come deve valutare
di limite delle capacità mentali (anche se non di totale sospensione/soppressione), che stanno
aprendo un nuovo orizzonte giuridico, normativo ed applicativo [...]. Il secondo ruota intorno
a una questione di fondo: tra diritto ed etica chi ha il primato? Cioè: l‘etica deve appiattirsi
sul diritto e quindi è il diritto che definisce spazi, confini e contenuti della dimensione etica,
97
98
CAPITOLO III. INFORMAZIONE, VOLONTÀ E CAPACITÀ DI
PSICHIATRICO
ma ognuno può ricercare la sua felicità per la via che a lui sembra buona,
purché non rechi pregiudizio alla libertà degli altri di tendere allo stesso scopo,
in guisa che la sua libertà possa coesistere con la libertà di ogni altro
secondo una possibile legge universale (cioè non leda questo diritto degli altri).»
99
3.1 LA LIBERA SCELTA NELLA MALATTIA E IN PARTICOLARE NELLA
MALATTIA PSICHIATRICA
La posizione del sanitario che ha parte attiva nell'esecuzione del Trattamento Sanitario
Obbligatorio è ben chiara sia dal punto di vista giuridico sia da quello deontologico.
« […] i compiti assegnatigli dalla legge in tema di trattamenti sanitari obbligatori […].» (69)
e dato che il TSO si può ragionevolmente considerare come un trattamento d'urgenza, anche il
professionista infermiere è vincolato a partecipare alla sua messa in atto ex art. 18 del Codice
deontologico. (42)
Allo stesso modo, la mancata esecuzione di un TSO per malattia mentale, quando questo era
ben delineato (pur essendo possibili fraintendimenti per quanto riguarda la definizione dei
limiti e delle modalità di esecuzione di TSO), dal punto di vista etico ci troviamo di fronte ad
Con l'attuazione di tale dispositivo infatti vengono irrimediabilemente a scontrarsi due diritti
fondamentali: il diritto alla cura e il diritto alla libertà di scelta del paziente.
In questo caso, abbiamo la certezza di trovarci di fronte ad un dilemma etico, ricordando che
esso si verifica
«[…] quando si è costretti a scegliere tra due valori che, pur essendo entrambi eticamente
In altri termini
«From an ethical perspective, the dilemma is usually framed as a tension between society's
obligation to protect its members by providing care and safety to those debilitated by the
100
ravages of mental illness versus the individual's right to be a self-determining, autonomous
agent who is responsible for his/her own life choices. Figured into this matrix, is the
physician's obligation to promote the good of the patient and not to inflict harm, duties based
squarely on the ethical principles of beneficence and non maleficence, respectively.» (71)
Dunque se da un lato con l'approvazione della legge 180/78, si tentò di applicare sul piano
giuridico istanze di matrice etica riuscendo almeno in parte a conciliare bioetica e diritto,
«[…] su quel punto centrale e delicato che concerne il rapporto tra malattia mentale e
libertà. Nei due sensi: in che misura siamo davvero liberi quando siamo in preda alla
malattia? E viceversa: quanta libertà ci può concedere la società quando siamo malati? Il
compito che la legge indica al medico è quello di mettersi al centro di questi dilemmi etici:
infatti, essa impone al medico di farsi carico della libertà del malato, nel senso di cercare di
ottenere il suo consenso alle cure con pazienza e tenacia, e lì dove ciò non accada, di farsi
carico del rifiuto, con una scelta responsabile che garantisca i diritti della persona, primo fra
Per meglio comprendere le enormi implicazioni legate all'idea di libertà, è opportuno operare
un'importante distinzione
«[…] occorre distinguere tra ―libertà di cura‖ e ―libertà di terapia‖. Di solito con la prima
espressione, ci si riferisce alla libertà del singolo citadino di curarsi, scegliendo anche il
modo in cui curarsi, mentre la seconda riguarda il medico, nel momento in cui sceglie una
Queste due libertà vengono enunciate, dal punto di vista bioetico, nei Principles of
e principio di beneficienza.
Mentre la prima libertà riguarda direttamente le scelte del paziente e il suo diritto di
101
autodeterminarsi, la seconda riguarda propriamente il medico, ed è un tipo di libertà piuttosto
I. Schinella parla di questa libertà come di una “libertà per‖ (un altro, un paziente) e in questa
«La libertà del medico è data ed espressa dal principio di beneficità. Al principio
―autonomia‖, infatti, si può obiettare che, in numerose situazioni, una scelta del medico,
orientata alla migliore indicazione terapeutica per il malato, è insostituibile. La logica della
chiamato a una responsabilità complessa: dare prova di una sollecitudine che non diminuisce
la libertà del paziente, ma al contrario contribuisce a restaurarla. Il medico deve farsi carico
desideri.» (74)
«Beneficità, in bioetica, ha un significato più ampio dell‘antica regola ipocrita primum non
nocere o principio di non maleficenza. Non si tratta solo di recare danno, ma soprattutto
l‘obbligo morale di fare effettivamente il bene, che è espressione sul piano del diritto.» (74)
La base della libertà di cura invece, dal punto di vista giuridico, è costituita secondo A.
Santosuosso,
«[...] dal riconoscimento […] del diritto del cittadino di rifiutare qualsiasi trattamento, di
rifiutare cioè qualsiasi intervento, che si presenti o meno come efficace: puramente e
semplicemente la possibilità di dire ―sul mio corpo nullla può essere fatto se non per mia
102
di conseguenza
tutte le modulazioni delle scelte che possono essere operate da una persona nell'individuare
una cura. È chiaro che non riconoscere tale libertà comporta un'imposizione terapeutica
(73 p. 547)
[…].»
In precedenza infatti, e almeno fino alla seconda metà del XX secolo, era nettamente
prevalente un'idea di medicina come “risposta unica” ai bisogni dell'uomo. Tale idea presenta
un'evidente base teologica : quella del medico come “mano di Dio” , autorizzato a violare il
corpo della persona, al solo scopo di ristabilirne la “buona condizione”, opposta a uno stato di
necessità dato dalla presenza di malattia. Tale concezione ha portato allo svilupparsi di una
«Questo concetto di stato di necessità […] era diventato la base per qualsiasi intervento sul
corpo dell'uomo da parte della medicina che aveva la sua risposta, o dei tentativi di risposta,
anche quando era consapevole di non avere la ―soluzione‖ per il male da cui la persona era
(73 p. 547)
affetta.»
La diponibilità maggiore di cure rispetto al passato (“soluzioni” molteplici e diverse dal punto
di vista tecnico anche in relazione a una singola patologia) si può considerare come una delle
cause che hanno portato all'instaurarsi del modello attuale basato sull'idea di libertà di cura.
Infatti,
«[…] se le risposte diventano più d'una il criterio della scelta non si giustifica più solo su un
piano strettamente tecnico. […] La medicina nel momento in cui ha sviluppato una pluralità
103
nei confronti del paziente. Il medico non ha più una risposta unica, ma una risposta preferita,
Se a ciò si aggiunge l'innalzamento del livello culturale della popolazione media, appaiono
In termini squisitamente giuridici, la libertà di cura costituisce uno dei presupposti della
È bene ricordare che il principio di autonomia non può esistere o valere in senso assoluto, così
«Il malato non è un incapace bisognoso della tutela sostitutiva del medico, convinzione
orizzontale (medico, famiglia, società) e una socialità verticale (il mondo dei valori, Dio),
talvolta si scontrano, ed in tali casi il compito del sanitario, avvalendosi dell'intervento dei
condizioni che fanno sì che uno dei due principi prevalga sull'altro.
Nel caso dell'applicazione di TSO, al di là del solo ambito della salute mentale, appare
«E' opportuno ribadire che si tratta di un intervento sanitario (seppur coattivo), non di ordine
pubblico, nel quale la deroga temporanea all'art. 13 della Costituzione ("Inviolabilità della
libertà personale") è resa possibile per il prevalere del principio di beneficialità nei confronti
della persona della quale in tal modo si intende tutelare la salute quale supremo diritto
104
individuale (art. 32 della Costituzione).» (75)
Può non essere possibile identificare una risposta definitiva e soddisfacente a queste
domande.
straordinarietà dei trattamenti medici coattivi, dunque essa implicitamente nega il fatto che di
Con la riforma psichiatrica, dopo essere arrivati all’affermazione del diritto alla libertà fisica
del malato di mente (dalle contenzioni indiscriminate, dagli ospedali prigione), l'obiettivo del
libertà di cura.
Inoltre, contrariamente a quanto potrebbe avvenire nelle patologie somatiche invalidanti, nella
malattia mentale rimangono, nella maggior parte dei casi, una volontà (sebbene deviata) e una
Obbligatorio, non si nega al paziente la titolarità di diritti e doveri (tra cui quello
La riduzione della libertà di azione non presenta solo limiti temporali ma anche e soprattutto,
105
clinici, perchè circoscritta alla malattia mentale e non estensibile a una concomitante
patologia somatica. Tali limiti, non sono generalmente presenti in altri provvedimenti (è il
Alla luce di tali considerazioni dunque, ci sembra opportuno far emergere un altro concetto,
quello di capacità, utilizzato per valutare se il paziente (sano o malato di mente), che de facto
106
3.2 COMPETENCE AND DECISIONAL CAPACITY NELLE SCELTE DI CURA: DUE
CONCETTI DIFFERENTI
La definizione proposta da Wong et al. esprime bene il rapporto fra la capacità dell’individuo
«[…] la capacità è ciò che distingue una persona capace di prendere una decisione e la cui
una persona per la quale le decisioni debbono essere prese dagli altri.» (76)
capacità naurale.
La definizione di capacità legale comprende due distinte capacità: quella giuridica e quella di
agire.
persona.
«È un concetto di carattere statico e di scarsa utilità, che però ha un notevole valore etico-
politico, in quanto nessun essere umano può essere privato della capacità giuridica generale
107
Diversamente dalla capacità legale, la capacità naturale si fonda sulla c.d. libertà di intendere
e volere.
«La capacità di intendere è l'attitudine del soggetto a conoscere la realtà esterna, ciò che si
svolge intorno a lui e di cogliere il valore sociale positivo o negativo dei suoi atti; essa
(art. 40 c.p.) ed i motivi della propria condotta. […] La capacità di volere è l'attitudine del
soggetto a determinarsi in modo autonomo, a scegliere tra i motivi coscienti in vista di uno
scopo, di "volere" ciò che l'intelletto ha reputato doversi fare, di comportarsi coerentemente
con tale scelta, di optare per la condotta che pare più ragionevole e resistere agli stimoli
La capacità di intendere e volere viene valutata, ai fini legali, con una perizia psichiatrica, e
Per meglio comprendere l'utilizzo e la differenza tra questi concetti in ambiente sanitario e
non solo giuridico, si può notare che la lingua inglese utilizza il termine competence a
indicare la capacità di agire, mentre ricorre al termine decisional capacity per intendere, anche
Questi termini potrebbero essere considerati alla stregua di sinonimi sebbene, in realtà, il loro
«Although decision-making capacity and competency both describe patients‘ ability to make
decisions, they are not synonymous. Whereas competency is determined by a court of law,
person is incompetent indicates that a court has ruled the person unable to make valid
decisions and has appointed a guardian to make decisions for the person. […] Though the
legal process of determining incompetence varies from state to state, it is often lengthy,
expensive, and emotionally draining. For this reason, the legal process is typically reserved
108
for people who are very impaired, not expected to recover, and making decisions that
defined as the ability to understand and appreciate the nature and consequences of health
decisions and to formulate and communicate decisions concerning health care. Although
clinicians do not have the power to determine whether patients are incompetent as a matter of
law, they do have the de facto power to determine that a patient is incapable of making health
care decisions and to identify a surrogate decision maker to act on the patients‘ behalf.» (79)
Ciascun individuo ha la possibilità di far valere il proprio diritto alla libertà di cura. È
viceversa incapace.
all'autodeterminazione sia leso dalla patologia o se questo non sia in alcun modo
compromesso.
«The fact that a patient has a particular psychiatric or neurologic diagnosis does not
necessarily mean that the patient lacks the capacity to make health care decisions—in fact,
patients with serious disorders such as Alzheimer‘s disease or schizophrenia often retain
particular psychiatric diagnosis does not necessarily imply incapacity, the most common
causes of incapacity include delirium and dementia. Therefore, the presence of such
syndromes should alert clinicians to assess decision-making capacity with special care.»
(79 p. 6)
109
Paradossalmente anche i soggetti non affetti da malattia mentale potrebbero andare incontro a
da stimoli esterni.
«The fact that a patient is agreeable and cooperative should not be interpreted as evidence
that the patient is capable of making an informed decision. A patient may assent to an
La valutazione della decisional capacity dunque andrebbe effettuata ogni qualvolta si propone
I casi particolarmente delicati, nei quali è indispensabile valutare la capacità decisionale del
«Four clinical scenarios are described that should alert physicians to assess a patient‘s
decision-making capacity more carefully than usual. The first occurs when patients have an
abrupt change in mental status. This change may be caused by hypoxia, infection, medication,
problem. The second occurs when patients refuse recommended treatment, especially when
they are not willing to discuss the refusal, when the reasons for the refusal are not clear or
when the refusal is based on misinformation or irrational biases. The third occurs when
patients consent to particularly risky or invasive treatment too hastily and without careful
consideration of the risks and benefits. The last scenario occurs when patients have a known
acknowledged fear or discomfort with institutional health care settings or who are at an age
at either end of the adult spectrum (adolescents younger than 18 years or adults older than 85
years).» (80)
110
Merita certamente un'attenzione particolare il secondo dei quattro scenari identificati (ovvero
quello del paziente che rifiuta un trattamento proposto dal proprio medico curante).
In questo caso, ci si potrebbe trovare di fronte sia a un paziente con precedente e accertata
diagnosi di malattia mentale sia a uno sano di mente, in entrambi i casi la valutazione della
sanitaria.
decisional capacity potrebbe equivalere all'avanzamento di una proposta di TSO, specie nel
caso in cui il paziente dovesse negare un intervento di tipo psichiatrico giudicato necessario
dai curanti.
Sia nel caso di un paziente affetto da malattia men tale sia in quello di un paziente affetto da
catalogare un soggetto come incapace di adottare decisioni sanitarie solo in base al fatto che le
sue propensioni di cura non obbediscono ai parametri che avrebbero verosimilmente guidato,
«Clinicians should not conclude that patients lack decision-making capacity just because they
make a decision that seems ill advised. Determining decision-making capacity involves
assessing the process the patient uses to make a decision, not whether the final decision is
Gli strumenti utilizzabili allo scopo di valutare la decisional capacity del paziente sono due
come identificati da Tunzi: l'intervista clinica diretta e una scala di valutazione formale della
capacità decisionale.
In una prima intervista clinica diretta è dunque opportuno tener conto di quattro elementi che
111
a. The ability to communicate a choice;
valutazione.
«Two such tools are the Aid to Capacity Evaluation (ACE) and the MacArthur Competence
Assessment Tool (MacCAT). Both use standardized questions and scoring systems to achieve
a more objective assessment of capacity than an interview. The abilities assessed, however,
Sebbene l'utilizzo di queste scale sia ancora piuttosto raro in Italia, è opportuno tenere conto
Infatti
essendo la pratica clinica ancora piuttosto lontana dal recepire metodologie di questa
«Primary care physicians are qualified to perform capacity assessments. […] Psychiatrists
are more expert in evaluating patients with severe mental illness and may be legally required,
in some locales, to assess patients referred to the courts. However, research comparing their
judgments to those of other physicians shows that they are no better at assessing capacity in
practice. At the same time, however, because psychiatrists perform capacity evaluations
frequently, primary care physicians should feel comfortable consulting them in difficult
cases.» (80)
112
Inoltre è bene ricordare che la che la competence, così come l'incompetence non sono
condizioni permanenti.
«Lack of decision-making capacity is not always permanent; in fact, it is often only short-
lived. Patients‘ capacity to make health care decisions may wax and wane over time,
especially in patients with evolving medical or mental health disorders. […] In such patients,
may need to be repeated to assure that any decisions made are an authentic reflection of the
(79)
patient‘s values and goals.»
di un percorso di cura (la cui durata, come sappiamo, può essere variabile da poche ore a
diversi anni); dall'altro permette di sottolineare come la temporanea limitazione della libertà
di agire (come si ha in occasione di TSO) non comporti la duratura e automatica perdita della
stessa.
113
3.3 IL PROBLEMA DELLA MANCANZA DI INFORMAZIONE: L'ASSENSO E IL
CONSENSO INFORMATO
Dopo aver illustrato i concetti di libertà di cura e di capacità, si può legittimamente arrivare a
trattare il delicato problema del consenso condiviso, che in modo forse riduttivo e
citati per il loro contributo nella definizione dei principi fondamentali della bioetica
moderna), due dei presupposti per l'esistenza di un consenso valido e informato. (83)
Secondo i due autori le componenti di un valido consenso condiviso risultano dunque essere :
1. l‘informazione ben data: ovvero l‘informazione dal punto di vista del medico ;
2. l‘informazione ben capita: ovvero l‘informazione dal punto di vista del malato, la sua
complessiva;
4. la capacità di decidere.
A prima vista può risultare provocatorio accostare i concetti di libertà e consenso con quello
contraddittorietà trova, in verità, più di una ragione d‘essere. Basti pensare che in Italia
l‘applicazione del TSO costituisce una delle eccezioni più frequenti all‘obbligo, che il medico
considerare il TSO anche come l‘esito del fallimento di ogni tentativo di ottenere il consenso
del paziente. In altri termini, verrebbe scontato affermare che non può esservi consenso
114
informato nel momento in cui ci si trova di fronte ad un paziente le cui condizioni hanno
personale, quale il TSO, specie se applicato in regime di degenza ospedaliera.» (82 p. 44)
Certamente però la conoscenza del significato e delle dinamiche che portano alla
formulazione di un consenso condiviso permette una più attenta analisi delle implicazioni di
Infatti, pur non potendo negare la natura limitativa del provvedimento di TSO è bene
ricordare che
«[…] ogni medico che abbia avuto a che fare con pazienti sottoposti a TSO ha
consapevolezza del fatto che, quantomeno alcuni, possono presentare degli spazi di libertà
nell‘ottica di quanto previsto […] dalla stessa Legge 180, che lo psichiatra focalizzi la
propria attenzione proprio su quegli spazi di libertà decisionale residua, anche in corso di
TSO, col preciso scopo di avviare un processo di progressivo recupero della capacità del
paziente di fornire un consenso valido. Riteniamo che, in quest‘ottica, tale recupero possa
essere considerato come uno degli outcome che dovrebbero destare maggiore interesse in
(82 p. 44)
psichiatria, specie nei disturbi caratterizzati da un decorso a lungo termine.»
Sarebbe dunque sconsiderato, per il medico come per l'infermiere, ritenere che non si possa
avviare una collaborazione con il paziente in regime di TSO, o ancora peggio limitare l'azione
professionale alla sola risoluzione del momento di maggiore criticità e trascurare così la
«[…] l‘atto con cui la persona conferisce al medico il potere di operare con mezzi diagnostici
115
e terapeutici per affrontare una condizione patologica secondo un programma condiviso. È
conseguenze dell‘astensione dalla cura, della prevedibile durata della terapia e della
prognosi. […] Il consenso valido deve essere: personale, libero e spontaneo, consapevole e
L'introduzione del consenso informato è relativamente recente nel complesso della storia della
medicina.
Il primo utilizzo del termine risale al 1914, e non a caso, in un aula di tribunale, nel corso di
una trattazione relativa alle problematiche legate alla responsabilità professionale dei medici.
Esso viene regolamentato nel Sistema Giudiziario Italiano dalla legge del 28 marzo 2001, n.
145, con la quale il nostro Paese ha ratificato la Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla
«Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona
interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una
informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell‘intervento e sulle sue conseguenze e i
La riflessione e l'analisi delle implicazioni del consenso informato, in Italia non ha cessato di
«La dottrina del consenso informato ha suscitato, sin dalla sua introduzione, un acceso
dibattito in campo medico, legale, etico e filosofico. Utilizzando un punto di vista strettamente
legale si potrebbe affermare che, se il medico non fornisce ad un paziente capace tutte le
116
o sperimentale, il paziente potrebbe essere danneggiato dalla medesima procedura, seppur
perfettamente eseguita dal punto di vista tecnico, e potrebbe pertanto rivalersi nei confronti
del medico. Da un punto di vista etico il consenso informato entra di fatto nell‘ambito della
In quest‘ottica gli scopi del consenso informato sono almeno due: promuovere l‘autonomia
la dottrina legale che quella etica considerano il paziente come un ―agente libero‖
all‘interno dei processi decisionali relativi al consenso alle cure; la decisione del paziente
Il consenso condiviso è nella fattispece la figura giuridica nella quale si incontrano e mediano
Per meglio comprendere, non solo la modernità ma anche e soprattutto la potenza di una tale
figura è possibile soffermarsi su un'ipotetica situzione così esposta da Mandarelli et al., dove
arbitrarietà di scelta del paziente, col medico relegato a mero esecutore della volontà dello
stesso. Nel primo caso è il medico che prende tutte le decisioni al posto del paziente, senza
curarsi della sua volontà. Nel secondo caso invece è il paziente che arbitrariamente sceglie
per sé, basando il proprio convincimento sulle informazioni che ritiene opportune, anche
senza il coinvolgimento del medico. È evidente che entrambi i modelli porterebbero, di fatto,
ad una situazione di limitazione della libertà del soggetto, dal momento che il primo elimina
la libertà di scelta, mentre il secondo limita la libertà in senso più ampio, se si ammette che
chi non ha conoscenza di un dato argomento non può scegliere liberamente per il proprio
bene. In entrambi i casi non sembra garantito il diritto alla salute[…]. Evidentemente quello
117
che già accade tutti i giorni nelle corsie, negli ambulatori e negli studi medici, è che ci si
muove all‘interno di queste due condizioni in antitesi. Ciò che però si vuole sottolineare è il
fatto che la dottrina del consenso informato è nata proprio con lo scopo di superare questa
Le modalità operative che portano all'acquisizione del consenso sono regolate e organizzate in
1. Informazione;
Espressione ed acquisizione del consenso sono due tappe differenti, al contrario di quanto si
Con il termine espressione del consenso si indica l'atto decisionale vero e proprio compiuto
dal paziente. Questo non avviene immediatamente dopo l'informazione, si ritiene buona
norma infatti permettere al paziente di riflettere liberamente, a meno che non vi sia un'urgenza
o un'immediata necessità.
(diagnostica, terapeutica, invasiva e non) e dal tipo di paziente (età, livello culturale, patologie
concomitanti).
Con il termine acquisizione del consenso si intende invece un atto di valenza più strettamente
formale. L'acquisizione del consenso può avvenire in forma scritta o orale, delle due la prima
118
prelievo di organi da cadavere;
sperimentazione clinica;
terapia elettroconvulsivante;
interventi chirurgici;
risonanza magnetica;
trattamenti oncologici;
«In qualsiasi momento può essere revocato ed è dovere del sanitario informare il paziente
delle possibili conseguenze per la propria salute derivanti da tale scelta. […] In seguito a
revoca sarà compito del sanitario incaricato del caso di mettere a disposizione del paziente il
modulo affinché possano esserne modificate le volontà, nonché di apporre firma e timbro in
calce alla revoca per ricollocare il modulo nella documentazione clinica del paziente.» (87)
119
costituisce una tappa e allo stesso tempo un presupposto fondamentale per l'esistenza di un
valido consenso.
Il Codice di Deontologia Medica, nella sua ultima edizione approvata, dedica a questo aspetto
Sulla stessa linea anche il Codice Deontologico dell'Infermiere (2009), che recepisce
maggiormente lo spirito della legge 145/2001 e il significato delle riflessioni emerse dalla
nel piano di assistenza. Tiene conto della dimensione interculturale e dei bisogni
120
Articolo 25 - L‘infermiere rispetta la consapevole ed esplicita volontà dell‘assistito di
non essere informato sul suo stato di salute, purché la mancata informazione non sia
È significativo rilevare come nel Codice si faccia riferimento più all'idea di informazione che
alla ricerca vera a propria del consenso, specie quando il consenso è inteso come mera
pone in linea con gli obiettivi della figura professionale dell'infermiere nei confronti del
paziente e con le consuetudini vigenti che vedono nel medico il principale agente (insieme
con il paziente) del processo che porta al consenso. Dall'altro lato però tale scelta apre margini
«Troppo spesso l‘attenzione del personale sanitario viene catalizzata dalla necessità di
detto, uno strumento imprescindibile nel proprio Codice Deontologico: per la professione
precedere l‘atto formale. Porre l‘accento sull‘informazione più che sul consenso, sposta
121
funzione rasserenante e di realizzare, concretamente, quell‘auspicata alleanza terapeutica e
di piena umanizzazione dei rapporti tra il professionista della salute e la persona siano
sgradito onere assolto con la mera acquisizione di un modulo scritto che, predisposto ex ante,
per lo più con lo scopo di dimostrare in maniera inequivocabile che alla persona sono state
fornite ampie notizie riguardo ai rischi connessi con la procedura proposta (diagnostica,
terapeutica od assistenziale), assorbe per cosi dire, in sé stesso, l‘ informazione che viene
fornita indirettamente, per via mediata, al di fuori di un corretto rapporto relazionale; dall‘
altra, esasperati dal malato con dilatazione dei già ampi confini della responsabilità (colpa)
medica.» (89)
I requisiti necessari affinchè si possa avere un'informazione medico paziente di buona qualità
sono molteplici
«[…] l‘informazione deve essere chiara, ossia non deve essere espressa con un linguaggio
tecnico-scientifico, solitamente arcano e inquietante per i profani; essa deve essere inoltre
adeguata al paziente, i dati cioè devono essere comprensibili e per esserlo devono essere
comunicati tenendo conto del livello sociale e culturale del soggetto, ma anche delle
situazioni di disabilità (ad esempio, sordità e cecità) e delle difficoltà dei pazienti di lingua
straniera; l‘informazione deve essere altresì personale, ovvero deve essere quanto più
possibile rispondente alle esigenze, alle aspettative e al quadro clinico del singolo paziente;
essa deve anche essere completa ed esauriente, tanto da non lasciare dubbi o interrogativi
irrisolti al paziente; essa infine deve essere corretta, deve basarsi su dati veritieri o di elevata
optare per una soluzione più ortodossa; la reticenza in questi casi integra un inadempimento
122
imputabile. L‘informazione deve essere veritiera anche rispetto all‘esito della diagnosi,
sofferenza alla persona, il medico non deve tacerne le reali conseguenze, sebbene lo stesso
codice di deontologia medica avverta che tali informazioni debbano essere fornite ―con
Queste riflessioni valgono per l'ambito della salute mentale non meno che per quello delle
A. Diurni e G.P. Milano ricordano che la validità del consenso richiede la presenza di quelle
influenzato dal decorso malattia stessa e che essa non è una condizione permanente.
Tale riflessione vale per le patologie somatiche ma anche e specialmente per quelle mentali e
certamente è inevitabile che lo psichiatra ne tenga conto nel momento in cui ricerca il
consenso del paziente, ma anche e soprattutto al momento in cui decide che tipo di consenso
«Da queste riflessioni emerge come il consenso possa essere concepito in modi differenti: il
oppure il consenso come processo dinamico che si rinnova continuamente nell‘ambito della
ha un carattere continuativo per l‘incontro delle volontà delle parti contraenti che instaurano
123
un‘alleanza per un progetto terapeutico, tenendo conto che, spesso, la partecipazione del
―oscillante‖.
Nella pratica clinica lo psichiatra non deve sentirsi delegato ―in bianco‖ e per sempre
magari sulla base della c.d. ―posizione di garanzia‖ ma nella concezione del consenso come
Nulla di più lontano dunque dall'idea di consenso come mera procedura burocratica.
decorso siano possibili perdite o limitazioni della decisional capacity (se non proprio della
poteva essere giudicato valido. In simili situazioni è possibile, per il paziente e per lo
ambito clinico è possibile stabilire un particolare accordo, ―contratto di Ulisse‖ (che si legò
all‘albero della nave per non soccombere al canto delle sirene, dando precisi ordini ai suoi
marinai di non obbedirgli qualunque protesta egli elevasse), tra medico e paziente, per cui
Tuttavia anche il “contratto di Ulisse” rischia di pregiudicare da un lato la libertà del paziente
124
Infatti
paziente, rischia di pregiudicarla sotto due profili. Innanzitutto, in ambito psichiatrico non è
sempre possibile effettuare una distinzione netta e chiara tra vissuti normali e patologici. In
solitamente la perdita irreversibile della coscienza da parte del malato, nelle malattie
psichiche il paziente rimane portatore di una volontà e della capacità di comunicarla anche
nella fase in cui si manifestano i disturbi. Di conseguenza, vi è il rischio che il medico tenga il
che la volontà attuale del paziente sia espressione della patologia e, quindi, non sia valida.
Questo ha suggerito l‘adozione di misure prudenziali: dovrebbe essere utilizzato solo dopo
che il paziente sia già passato attraverso almeno due episodi di completa remissione; il
contenuto delle direttive anticipate deve essere chiaro e circostanziato: il paziente deve
sapere quale trattamento accetta in anticipo e per quali sintomi, limitando la possibilità di
fraintendimenti; il periodo di validità del contratto deve essere definito. Infine il paziente
deve avere sempre il diritto di nominare una persona che tuteli i suoi diritti e interessi.»
(84 p. 10)
completa e dettagliata, mentre sono più efficaci informazioni essenziali e un limitato numero
di opzioni.» (90 p. 9)
La scelta compiuta dal medico di omettere di fornire al paziente un' informazione completa e
125
«Frequentemente gli psichiatri utilizzano in qualche misura, in modo diretto o indiretto, il
privilegio terapeutico specie nei casi in cui appaiono evidenti sia la necessità di un
situazione viene a determinarsi quando il paziente privo di consapevolezza, può rifiutare ogni
cura proprio in ragione dei proprio disturbo che compromette gravemente l‘esame di realtà.
Quindi a fronte di un marcato divario fra principio di beneficità e rischi trova giustificazione
Compiere questo tipo di scelta potrebbe risultare rischioso da un punto di vista deontologico.
Infatti spesso è lo psichiatra il solo a tracciare il limite tra quello che è lecito omettere per il
bene del paziente (che altrimenti potrebbe negare o ritardare un trattamento giudicato
necessario) e quello che è più comodo omettere (per ridurre il tempo dedicato
Esistono dunque dei criteri in base ai quali scegliere prima di ricorrere a tale pratica
«I limiti del privilegio terapeutico non possono essere stabiliti in modo univoco ma sono utili
restrizioni, a livello di informazioni essenziali riguardanti la terapia nei casi in cui essa possa
comportare rischi gravi; 2) il privilegio terapeutico non può essere utilizzato per contrastare
libere convinzioni (religiose, culturali, ecc.) della persona; 3) il privilegio terapeutico non
può essere esercitato nei progetti di ricerca. [...] Non è affatto ammissibile richiamarsi al
parte di terzi (famigliari, care givers), tale pratica però, pur essendo decisiva allo scopo di
126
rispetto della ―confidenzialità‖ delle notizie e, al tempo stesso dalla necessità di coinvolgere,
specie nei casi più gravi e complessi, altri ―attori‖, specialmente i familiari più stretti, le cui
informazioni e la collaborazione sono essenziali. Per bilanciare il rispetto della privacy con
trasparenza soprattutto all‘inizio della terapia per evitare possibili negative interferenze sul
Alla luce di queste riflessioni dunque sembra evidente come sia impossibile, nella pratica
Infatti se si fa ricorso alla consulenza dei famigliari o dei caregivers, si limita implicitamente
la definizione del consenso come personale (cioè elaborato su misura del paziente che lo
esprime senza condizionamenti). Allo stesso modo scegliendo di fare uso del privilegio
«La distanza fra le pratiche reali e quelle ideali è molto forte, infatti seguendo la legislazione
al punto da poter parlare di ―consenso impossibile‖ sulla base del seguente ragionamento
che rischia di sfiorare il paradosso: solo le persone sane di mente possono essere giudicate
127
Occorre quindi passare dal consenso ―impossibile‖ a quello ―possibile‖, ―sufficientemente
buono‖, che si inscriva in un processo preciso e che tenga conto del principio per il quale
quanto più è vulnerabile il soggetto tanto più il medico dovrà operare attraverso un esercizio
disposizioni anticipate e il supporto dell‘altro, terzo rispetto alla relazione medico paziente.»
(84 p. 12)
ragionevolmente affermare che, sebbene vi siano casi nei quali il TSO è indispensabile ed
appare come unica strada percorribile dall'equipe sanitaria, la consapevolezza delle sue
peculiarità e delle buone pratiche volte ad acquisire un consenso condiviso può essere un
valido strumento per evitare ostacoli ed errori che potrebbero impedire una partecipazione
È anche opportuno ricordare come il Legislatore veda nel ricorso al TSO, una pratica attuabile
ricerca della consulenza di famigliari e care givers, che possono essere messe in pratica solo
dopo aver valutato rischi e benefici, sul piano etico e legale, che potrebbero derivarne.
128
3.4 QUANTO PREVEDE LA LEGGE: LO STATO DI NECESSITÀ, LA TUTELA E
Nel corso della trattazione si è visto come il TSO non trovi margini legali di applicabilità
In simili circostanze (di fronte al rifiuto o all'impossibilità da parte della persona di affermare
Infatti
«Nella teoria generale del diritto, lo stato di necessità opera come ―esimente‖ o ―causa di
qualificabile come illecito, laddove sia posto in essere per la necessità di salvare sé od altri
dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, non comporta alcuna responsabilità
sanitaria, lo stato di necessità svolge un ruolo ancor più incisivo, perché vale a rimuovere il
imponendo, in sostanza, un obbligo di attivarsi per salvaguardare la salute del paziente.» (91)
Tale pratica trova la sua giustificazione in base dell'articolo 54 del Codice di Procedura
«Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare
sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non
129
pericolo.» (92)
Tuttavia sono rare le situazioni in cui risultano soddisfatti i requisiti contemplati da tale
pericolo grave alla persona, che non possa altrimenti evitarsi se non attraverso la
mancare tutte le volte in cui, con altri mezzi, si possa ottenere quanto è indispensabile
Inevitabilità del pericolo: La causa non opera se c‘è contributo causale del soggetto
colposo.
Proporzione tra pericolo e fatto : Necessita una proporzionalità tra pericolo e fatto.
Danno grave alla persona : Il danno grave temuto è alla vita e all‘ integrità fisica
della persona, ma anche a beni attinenti alla personalità (esempio:libertà sotto diversi
Nel caso in cui l'equipe sanitaria agisse in base alla convinzione di trovarsi in stato di
130
violenza privata (ex art. 610 c.p) in caso di esito fausto, mentre in caso di sito infausto sarebbe
configurabile una serie di reati che va dalle lesioni personali all'omicidio preterintenzionale.
D'altronde se i sanitari non dovessero intervenire quando vi sono le condizioni previste dalla
legge, potrebbe essere mossa loro l'accusa di Omissione, sulla base del fatto che
Nella pratica psichiatrica tuttavia, l'intervento giustificato dalla presenza di uno stato di
necessità trova larga applicazione non solo e non tanto in quelle circostanze in cui sia
Sarebbe irragionevole avanzare richiesta di TSO, che come sappiamo richiede accurate
valutazioni e tempi tecnici complessivamente lunghi (si ricodino le tappe obbligate del ricorso
allo psichiatra della struttura pubblica per la convalida e al sindaco per la convalida del
«Infatti, nell'ipotesi che esista veramente uno stato di necessità, il TSO crea un dannoso
rallentamento di intervento. Nel caso in cui, pur in presenza di proposta e convalida di TSO,
venisse ravvisata una urgenza clinica compatibile con lo stato di necessità, ciò
testimonierebbe l‘insorgenza di un aggravamento clinico che non era prevedibile e che però
dovrà essere riscontrato a seguito di una ulteriore valutazione sanitaria. Ne deriva che non è
mai ammissibile, a seguito della stessa valutazione medica, avviare le procedure per il TSO e
131
drammaticità, non richiedono l'attivazione della procedura di TSO, ma interventi immediati.
Nelle condizioni sanitarie in cui la presenza di gravi alterazioni psichiche non è espressione
riconosca un grave e attuale rischio per l'incolumità del paziente o di terzi (a domicilio del
di limitare la libertà del paziente. In questa situazione, dovrà avvalersi dell'intervento delle
forze dell'ordine. Di particolare rilievo a questo riguardo è la valutazione del clinico sul
―rischio o pericolo attuale‖ (immediato) di danno grave alla salute, anche di terzi,
comportamenti violenti aventi nesso di causa con un quadro clinico che comprometta la
volizione del paziente, il medico ha la specifica responsabilità, sia della cura che di
prevenirne le conseguenze, fatta salva la più specifica competenza per intervenire a questo
Di fronte al rifiuto del trattamento da parte del paziente, il TSO trova il proprio campo di
sanitari e qualora non siano presenti le condizioni di pericolo, un'altra strada percorribile da
132
Come accennato in precedenza l'interdizione rientra in quei provvedimenti che annullano la
L' istanza può essere avanzata in base all'articolo 414 del c.c., dallo stesso interdicendo, dal
coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado (padre, figlio,
fratelli, nonni, nipoti, bisnonni, pronipoti, zii), dagli affini (i parenti del coniuge) entro il
L'istanza di interdizione può essere accolta o ricusata dal giudice istruttore nominato a tal
scopo, dopo che questi abbia valutato le condizioni del soggetto e abbia richiesto una perizia
clinica.
infermità di mente: si intende una malattia grave al punto che impedisce al soggetto di
abitualità dell‘infermità: vale a dire una malattia irreversibile e/o incurabile (ad
Con l'accoglimento dell'istanza di interdizione viene anche nominato un tutore, con compiti
Nel caso in cui non siano presenti le condizioni per l'interdizione, ma il magistrato ravvisi
comunque la necessità di una figura che integri, senza sostituirla la volontà della persona, può
Prima che il tutore abbia assunto le sue funzioni è compito del giudice istruttore, disporre i
necessari provvedimenti urgenti per la cura della persona, sulla base delle valutazioni
133
Si tratta di un provvedimento di lunga durata (anche maggiore di 10 anni) fortemente
limitante, infatti
«Con l‘interdizione, conosciuta anche come ―morte civile‖, il soggetto viene privato di ogni
facoltà di disporre dei propri diritti e ogni esercizio di essi viene demandato al tutore
assolutamente precluso: non può compierli l‘interdetto né, a maggior ragione, il tutore).» (96)
Anche se uno dei criteri per avanzare istanza di interdizione, che come detto non è prerogativa
del medico ma dei famigliari o del magistrato competente, è quella della permanente e
abituale infermità mentale, esso è stato proposto anche nel trattamento dei pazienti affetti da
patologie somatiche che rifiutavano un trattamento giudicato necessario dai curanti, come
Si arrivò a un netto superamento di questa pratica poco conforme alle indicazioni del Codice,
9/01/2004).
«L‘amministratore di sostegno è una figura istituita per quelle persone che, per effetto di
parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi. Gli anziani e i disabili, ma anche gli
in previsione di una propria eventuale futura incapacità, che il giudice tutelare nomini una
persona che abbia cura della loro persona e del loro patrimonio.» (98)
134
Le differenze tra interdizione (o inabilitazione) e amministrazione di sostegno sono notevoli
«Il nuovo istituto dell‘Amministratore di sostegno, […] è più flessibile perché può riguardare
anche soltanto un atto e la persona non perde la capacità di compiere tutti gli atti che non
ovvero tutti quegli atti che non sono stati indicati nel decreto di nomina dello stesso. Si tratta
quindi di una tutela realmente personalizzata, poiché costruita in base agli specifici bisogni,
aspirazioni e richieste della persona: si cerca il più possibile il consenso del beneficiario e si
tiene in considerazione l‘eventuale dissenso. […] La novità principale è il rilievo dato alla
centralità della persona: ogni attività svolta dall‘amministratore di sostegno deve porsi come
obiettivo primario la cura della persona e, perciò, la stessa gestione del suo patrimonio è
funzionale e subordinata a questo. […] In sintesi, si prevede una tutela complessiva della
persona, che va oltre gli aspetti finanziari o patrimoniali, allo scopo di migliorare la sua
Viste brevemente le principali istituzioni di tutela del soggetto incapace o debole, è opportuno
avanzare qualche osservazione relativa proprio a quest'ultimo aspetto : la facoltà del tutore o
Infatti pur essendo questa una facoltà prevista dalle leggi dello stato e affermata negli
orientamenti giuridici, non è escluso che si possano avanzare dubbi e osservazioni di carattere
prettamente, ma non esclusivamente, deontologico. Deve essere chiaro per l'equipe sanitaria
che, una volta nominato, il rappresentante legale del paziente (che sia tutore o amministratore)
deve avere piena facoltà di esercitare il diritto di dissentire o di consentire alle pratiche
3
Si vedano a tal proposito le sentenze: Tribunale di Roma, decreto 19 marzo 2004, Tribunale di Modena,
decreto 28 giugno 2004, Tribunale di Modena, decreto 15 settembre 2004, Tribunale di Cosenza, decreto 28
ottobre 2004.
135
sanitarie proposte, non meno di un qualsiasi altro individuo. In altre parole il potere del
rappresentante legale, non deve differire nella forma e nella sostanza da quello che lo stesso
interessato avrebbe fatto valere in condizioni di capacità. Se ciò non avvenisse ci si troverebbe
«[...] la nomina di un rappresentante legale viene talvolta vista, per usare un'efficace
metafora, come ―il grimaldello che apre le porte della sala operatoria‖, con il rischio di
percorso circolare che, muovendo dal medico per restituire allo stesso, attraverso l'intervento
paternalismo medico si saldi con quello giuridico, privilegiando le esigenze di tutela della
non dovrebbero mai perdere di vista quale sia l'obiettivo principale di queste istituzioni: la
fragilità o incapacità.
136
CAPITOLO IV: L'ALLEANZA TERAPEUTICA
essendoci negli stati malati che sono schiavi e malati che sono liberi,
e nessuno di tali medici fornisce o accoglie ragione alcuna intorno alle singole malattie di
ciascuno, ma prescrive ciò che gli sembra opportuno in base all'esperienza che ha,
il medico libero, invece, cura e studia nella maggior parte dei casi le malattie dei liberi,
e rende partecipe l'ammalato stesso e i suoi amici della sua indagine e lui stesso apprende
qualcosa dai malati, e, nello stesso tempo, per quanto gli è possibile,
137
4.1 IL CONCETTO DI ALLEANZA TERAPEUTICA
«[...] le formule più usate in letteratura per indicare una dimensione interattiva riferita alla
capacità di paziente e terapeuta di sviluppare una relazione basata sulla fiducia, il rispetto e
Non è certamente obiettivo di questa ricerca analizzare nel dettaglio tutte le complesse e
molteplici sfumature legate a questo concetto quanto quello di tratteggiarne gli aspetti più
«Difficulty defining the therapeutic alliance, also known as the working alliance, or simply
the alliance, has led to a large amount of empirical research that is inconsistent and difficult
to interpretate. The reasons for this situation are: different conceptualisations of the alliance
and what make up its components (therapist empathy, bonds, tasks, goals); the use of different
assessment tools [...] and who does the rating (patient, therapist or researcher); different
results, depending on the phase of therapy studied (early, middle, late); the variety of therapy
changes, target complaints); the varied length of therapy; and variations reflecting the
Dunque
transfert e di relazione reale; si stempera, rinunciando a confini definitivi, nel più generale
concetto di relazione terapeutica. Sia nel transfert che nella relazione reale esistono elementi
138
consci ed elementi inconsci. Nell‘incontro tra un paziente e un terapeuta entrano in gioco
elementi transferali, controtransferali, consci ed inconsci e tale complessità non può non
terapeutica e alleanza terapeutica. L'alleanza terapeutica infatti può essere considerata: come
il presupposto principale e astratto della relazione terapeutica, come il punto di arrivo della
relazione stessa, come uno dei tanti modi di esprimere una relazione o da ultimo come vero e
morale prima ancora che pratica, alla luce del cambio di prospettiva nella relazione
Scrive A.Bianco
«Non a caso, tutta la costruzione etica e civile della Deontologia Medica e buona parte del
futuro della professione medica ruotano intorno ad un forte centro di gravità e cioè la
relazione di cura o meglio l‘alleanza terapeutica. Questa scelta non è un romantico disegno
illuminista o un accorto ripiego per reggere l‘urto insostenibile del nuovo paziente-
sofferenze che hanno profondamente caratterizzato e talora condizionato i profili etici, civili
terapeutica è Sigmund Freud negli articoli “Dinamica della traslazione” (1912), “Consigli al
medico nel trattamento psicoanalitico” (1912) e “Inizio del trattamento” (1913), nei quali
vengono anche esplorate le differenze tra gli aspetti nevrotici (transfert o relazione inconscia)
139
A partire dal 1912 possiamo riconoscere due periodi nei quali, grazie all'apporto di figure
«[Nel primo periodo] gli autori, quasi tutti psicoanalisti, che si sono occupati di alleanza
terapeutica, si proponevano di trovare, a partire dalla valutazione di singoli casi clinici, una
definizione soddisfacente e condivisa di alleanza. [...] Il secondo periodo va dai primi anni
'70 ad oggi. Pur senza abbandonare il dibattito sulla definizione, questa seconda fase è
costrutto e soprattutto il suo peso come variabile fondamentale del processo terapeutico.
L'alleanza terapeutica viene riconosciuta come il principale fattore aspecifico comune a tutte
Una delle tappe fondamentali di questo percorso si ha nella seconda metà del secolo scorso,
quando C. Rogers teorizzò l'esistenza di tre condizioni necessarie affinchè possa avvenire un
Emphaty.
«[Therapist genuineness means] that the therapist should be, within the confines of this
relationship, a congruent, genuine, integrated person. It means that within the relationship he
is freely and deeply himself, with his actual experience accurately represented by his
140
unknowingly. [Unconditional Positive Regard] means that there are no conditions of
acceptance, no feeling of ―I like you only if you are thus and so.‖ It means a ―prizing‖ of the
person, [...]. It is at the opposite pole from a selective evaluating attitude—―You are bad in
these ways, god in those‖. [Empathy means] that the therapist is experiencing an accurate,
empathic understanding of the client's awareness of his own experience. To sense the client's
private world as if it were your own, but without ever losing the ―as if‖ quality—this is
Ma a che scopo ricercare questo tipo di relazione? E perchè essa riveste una così grande
Per rispondere a tale domanda, A.Visi ha elencato dettagliatamente gli studi da cui emerge
«La maggioranza degli studi sulla psicoterapia, ha riconosciuto nella qualità dell‘alleanza
terapeutica, il predittore più affidabile dell‘efficacia del trattamento (Alexander & Luborsky,
1987; Horvath, Gaston, & Luborsky, 1993; Horvath & Greenberg, 1994; Horvath &
Symonds, 1991; Orlinsky, Grawe, & Parks, 1994). Altri studi hanno dimostrato che i casi con
rispetto a quanto non avvenganei casi con esito positivo (Henry,Schacht, & Strupp, 1986,
1990; Coady, 1991; Kiesler & Watkins, 1989; Tasca & McMullen, 1992; Binder & Strupp,
1997). Alcuni risultati empirici hanno rivelato che, l‘alleanza terapeutica, è una delle
variabili in psicoterapia per la quale esiste una prova sostanziale di un impatto positivo nei
risultati del trattamento (Henry & Strupp, 1994b). Altri risultati hanno indicato che la
relazione tra alleanza e outcome, è moderata e coerente (Martin, Garske, & Davis, 2000).»
(107)
Tuttavia è bene rimarcare come stabilire un' alleanza terapeutica significhi ben più di far
141
T. Aceti e A. Liverano, scrivono a tale proposito
«Per quanto ci riguarda consideriamo l‘alleanza e la relazione terapeutica, nel lavoro con i
pazienti, il fulcro ed il veicolo del cambiamento; l‘incontro con l‘altro, la reciproca curiosità
dall‘altra creano alleanza e quindi i presupposti e le condizioni del lavoro che si farà
cui è coinvolto non solo il paziente, ma il terapeuta stesso che attraverso la relazione reale
può guardare alla persona nella sua interezza ed umanità, a scapito della tentazione di
Sappiamo che
«[...] perché si verifichi il cambiamento terapeutico, il paziente deve non solo diventare
consapevole di aspetti di sé che fino ad allora non erano tali, ma deve imparare a
emozioni e con quelle degli altri e questo può avvenire solo all‘interno di una dimensione
Un altro aspetto da non trascurare è che l'alleanza terapeutica può costituire un fattore di
equilibio nel rapporto terapeuta paziente, rapporto che nelle fasi iniziali appare
inevitabilmente asimmetrico.
«Ritengo che all‘interno del rapporto medico-paziente non si possa trasferire pienamente il
concetto di simmetria [...]: tra i due soggetti non si dà simmetria in quanto il medico detiene
un certo potere che il paziente non ha, mentre il paziente si trova in una condizione di
142
l‘orientamento all‘alleanza terapeutica si prospetta come una autentica alternativa, purché
perseguita sul serio e non in termini moralistici. Intesa in termini autentici, l‘alleanza
terapeutica appare lo sfondo più adeguato per comprendere la figura del consenso
informato.» (108)
Partendo dal concetto di alleanza terapeutica si ritorna dunque ad affrontare uno dei nodi
A una prima impressione, considerando il consenso come presupposto per l'inizio di una
terapia, potrebbe sembrare che esso costituisca anche la premessa per stabilire un'alleanza
efficace.
«Diversi interventi nel campo psichiatrico vengono avviati partendo da un semplice assenso,
che in seguito nel costruirsi di un contesto clinico favorevole, nel divenire l‘alleanza
proprio consenso; con ciò è possibile affermare che in campo psichiatrico sarebbe fuorviante
cura; indicatore di esito del trattamento (o per meglio dire di una prima fase del trattamento)
come il paziente abbia raggiunto una consapevolezza nuova e matura circa la condizione di
143
malattia e la necessità del trattamento.
Dunque si può osservare chiaramente come queste considerazioni valgano anche e soprattutto
nei contesti di rifiuto delle cure, nei quali alleanza terapeutica e consenso informato seguono
continua.» (1 p. 32)
Dunque
«Esiste una affinità concettuale tra i termini "alleanza terapeutica" e ―consenso informato‖:
entrambi si riferiscono a una componente adulta e razionale della relazione. Il consenso non
è un atto ottenibile una volta per tutte: è un processo continuo, da sottoporre a verifica
periodica.» (1 p. 32)
«[...] sono inevitabili periodiche rotture (o fratture) dell‘alleanza terapeutica; può cioè
capitare che il paziente, ad un certo punto del percorso, metta in discussione il lavoro fatto
fino a quel momento o il rapporto con il terapeuta. Queste incrinature non vanno però
considerate solo come un ostacolo alla relazione e alla terapia,ma possono acquistare un
elaborate, se diventano cioè oggetto di lavoro comune, possono fornire spunti di riflessione di
grande interesse e valore per la terapia; la loro risoluzione può rafforzare il legame e porre
144
«It is theorised that this rupture-repair sequence is therapeutic for two reasons. Firstly, the
therapist is bound to empathically fail and mis-attune to the client, just as she was failed in a
similar way by her caregivers. Repairing these ruptures in attunement provides the client with
a ―gradually increasing ability to regulate negative affect states‖ while becoming more
aware of the other (Dales & Jerry 2008: 283). Secondly, alliance ruptures allow the client to
―reconcile their needs for agency versus relatedness‖ (Safran & Muran 2000a: 238), which
are often in conflict. The process of negotiating alliance ruptures ―involves helping clients to
learn that they can express their needs in an individuated fashion and assert themselves
without destroying the therapeutic relationship‖ (Safran & Muran 2000a: 238), supporting
in psichiatria e nelle discipline affini. Sappiamo però che questo concetto ha assunto un
rilievo via via maggiore negli ultimi anni anche in diverse altre branche della medicina e della
chirurgia, soprattutto considerando la relazione terapeutica come componente del processo per
dell'alleanza terapeutica tra medico e paziente in chirurgia o in altre branche della medicina
somatica sia la stessa che si può instaurare nel corso di una relazione psicoterapeutica.
«[...] mentre in psicoterapia, [...] la relazione terapeutica è essa stessa sia strumento che
l‘oggetto di lavoro, in medicina può configurarsi solo come uno strumento. Ma lo strumento
del chirurgo che si trova al tavolo operatorio non è certo la relazione che ha con il paziente,
145
decisionale degli obiettivi e strategie terapeutiche e a quello della partecipazione attiva per
L'alleanza terapeutica dunque, non va ricercata solamente nel campo, seppur vasto, della
psichiatria e delle discipline correlate ma in qualsiasi circostanza nella quale il sanitario senta
146
4.2 LA POSIZIONE DELL'INFERMIERE: INFORMARE, ASCOLTARE,
COINVOLGERE
assistenziale. È unanimamente riconosciuto infatti, che il medico non sia la sola figura in
grado di instaurare una valida alleanza terapeutica con il paziente. Una delle più importanti
teoriche del Nursing, H.Peplau, dedicò gran parte del suo lavoro di ricerca allo studio
«[...] (1) the orientation phase, in which parameters of the relationship are established and
initial trust develops; (2) the working phase, which includes problem identification and
exploitation (making full use of the services of the nurse); (3) the resolution phase, which
Peplau identificò inoltre diversi fattori che entrando in gioco, possono influenzare l'evolversi
«The evolving relationship is influenced by both the nurse and client. Specific intrapersonal
phenomena of nurse and client include the preconceptions the nurse and client have of each
competencies, and self understanding. Interpersonal factors evolve through the unique
caratteristica: l'unicità.
147
Sempre Peplau infatti affermò che
«The uniqueness of each nurse-client relationship occurs because the combination of the
contributions of each partner in the relationship is more important than the individual
contributions of either nurse or client. Each person brings unique experiences, beliefs,
Uniqueness in the nurse client relationship means that a nurse will experience different
relationships with different clients, and that a client will experience different relationships
dell'alleanza medico-paziente
«Trust: Trust is critical in the nurse-client relationship because the client is in a vulnerable
position. Initially, trust in a relationship is fragile, so it‘s especially important that a nurse
Respect: Respect is the recognition of the inherent dignity, worth and uniqueness of every
individual, regardless of socio-economic status, personal attributes and the nature of the
health problem.
Professional intimacy: Professional intimacy is inherent in the type of care and services that
nurses provide. It may relate to the physical activities, such as bathing, that nurses perform
for, and with, the client that create closeness. Professional intimacy can also involve
psychological, spiritual and social elements that are identified in the plan of care.[…]
Empathy: Empathy is the expression of understanding, validating and resonating with the
meaning that the health care experience holds for the client. In nursing, empathy includes
appropriate emotional distance from the client to ensure objectivity and an appropriate
148
l'assistenza è avvertita da gran parte dei professionisti.
Non a caso, l'America Nurses Association (1997) ha definito tra gli indicatori di qualità
«The essence of professional nursing is the therapeutic relationship with the patient.» (116)
È indicativo di questa tendenza il fatto che l'articolo 20 del Codice Deontologico degli
«L'infermiere ascolta, informa, coinvolge l‘assistito e valuta con lui i bisogni assistenziali,
Sebbene non si faccia riferimento esplicito all'alleanza terapeutica dunque, nel Codice
Deontologico si afferma l'importanza di tre di quelle che potrebbero essere considerate le sue
Soffermandoci sempre sul Codice, premettiamo che esso stesso costituisce l'espressione della
volontà di sabilire un'alleanza, se non terapeutica quanto meno fiduciaria, tra infermiere e
società.
operano, adottando forme di autodisciplina che vanno dal semplice giuramento fino al codice
vero e proprio. L'insieme delle regole che dovrebbero informare la condotta del
149
secondo il ruolo [...].» (39)
I termini informazione e il coinvolgimento poi, come si è visto anche nel capitolo precedente,
«[...] rilevante il peso che viene dato alla relazione infermiere/persona in termini di
informazioni sugli aspetti di tipo clinico-assistenziale, ma va anche intesa in senso più ampio
come ascolto, coinvolgimento e informazione, come strumento per valutare assieme, per
riservatezza, fiducia. Tutto ciò fa della relazione l‘elemento primario del processo
assistenziale e soprattutto promuove sia il ruolo attivo della persona e della rete di supporto
modo globale, con particolare attenzione al contesto; ciò impone di tener presenti specifici
aspetti legati alla metodologia diagnostica, alla somministrazione di farmaci ecc.» (43)
caso del consenso all'attività assistenziale. Il consenso alle cure infermieristiche presenta
consenso tacito, dedotto dalla cooperazione alle cure e dalla richiesta che il paziente rivolge
150
al contesto socio-sanitario del suo coinvolgimento nel percorso di cura. È un tacito accordo
basato sulla fiducia e dettato dal fatto che il paziente conosce per esperienza gran parte delle
sul fatto che il paziente ricorre all'infermiere e/o coopera con lui nell'attuazione delle
Queste caratteristiche, e in particolare il fatto che il consenso alle cure infermieristiche sia
un'acquisizione che, per consuetudine, ha ben poco di formale e burocratico, ci danno l'idea di
paziente.
Questo tipo di alleanza inoltre è peculiare rispetto a quella tra medico e cliente, e una volta
stabilita, salvo rinegoziazioni che sono pur sempre possibili, si mantiene in essere durante
tutto il percorso di cura. La differenza tra i due tipi di alleanza è dovuta in larga misura a due
il fatto che il paziente conosca per esperienza gran parte delle comuni prestazioni
infermieristiche (pensiamo ad esempio alle più comuni pratiche igieniche, alla nutrizione,
A causa di ciò dunque il gap esistente tra operatore e cliente viene avvertito in misura minore
professionista infermiere.
«Invero, non può sottacersi come l'infermiere viva a stretto contatto con il paziente e con i
suoi stati d'animo, fungendo da trait d'union tra quest'ultimo e il medico. Ad una più attenta
analisi il dato che emerge è che il ruolo dell'infermiere [nell'acquisizione del consenso
all'atto medico] sia tutt'altro che secondario, dal momento che lo stesso, rispetto al passato,
151
si trova in possesso di competenze specifiche che di fatto dovrebbero trasformare il consenso
informato da atto ad esclusivo appannaggio del medico, ad atto ―multidisciplinare‖ alla cui
formazione concorrono le informazioni di più professionisti del settore, tra i quali, appunto,
l'infermiere.» (119)
Perché l’informazione sia efficace dunque, gli elementi dell’alleanza devono essere integrati
In conclusione, è bene ricordare che la fiducia del paziente e la conoscenza di alcune delle
pratiche assistenziali cui è sottoposto non implica che l'infermiere perda una posizione di
152
Infatti se la relazione fosse simmetrica si perderebbe la valenza terapeutica e si giungerebbe
«The therapeutic relationship differs from a social relationship in that the needs of the client
always come first. […] By virtue of the nature of the nurse-client relationship, it is not
possible to maintain a therapeutic and a social relationship with the client at the same time. »
(121)
La “posizione di potere” che l'infermiere detiene nei confronti del paziente è indiscutibile e ha
«Although the nurse may not immediately perceive it, the nurse has more power than the
client. The nurse has more authority and influence in the health care system, access to
privileged information, and the ability to advocate for the client and the client‘s significant
others. The appropriate use of power, in a caring manner, enables the nurse to partner with
the client to meet the client‘s needs. A misuse of power is considered abuse.» (121)
153
4.3 LA RICERCA DEL CONSENSO COME PRESUPPOSTO PER L'INIZIO DI UN
L'alleanza terapeutica che risulta rivestire un ruolo importantissimo nella pratica medica e
infermieristica può trovare applicazione anche nel caso dei pazienti sottoposti a trattamento
valido consenso che sia anche presupposto dell'inizio di un sereno percorso di cura.
In questa circostanza, l'infermiere, una volta resosi conto di tutte le principali implicazioni del
TSO sul piano etico, deontologico e legale, può svolgere un ruolo di primissimo piano.
Ricordiamo come il trattamento sanitario obbligatorio veda “ sullo sfondo” della sua
attuazione, il sorgere di un dilemma etico, dove con dilemma intendiamo lo scontrarsi, nella
medisima circostanza, di due valori etici ugualmente validi e positivi: nel nostro caso libertà
Non potrebbe essere definito diversamente il contrasto tra il paziente, portavoce della propria
volontà di autodeterminazione nelle scelte di cura (con il rischio che la sua volontà sia più o
meno deviata dalla malattia mentale), e il medico, o piu precisamente l'equipe sanitaria spinta
Con l'applicazione del TSO, abbiamo una circostanza in cui questo dilemma viene
forzatamente superato con il ricovero coatto, con il prevalere cioè del valore della
La risoluzione del dilemma in questo modo può essere eticamente e moralmente accettabile?
Si può giungere ad una risoluzione del dilemma etico senza arrivare all'esecuzione di un
trattamento che di fatto priva, seppur temporaneamente e con ogni buona intenzione, il
154
È però probabile che una risposta, anche se parziale possa essere rappresentata dal ricorso allo
ospedali psichiatrici tra Inghilterra e Irlanda, sottolinea come la ricerca e l'instaurazione di una
solida alleanza terapeutica sia un importante predittore della guarigione del paziente e della
«The strongest association in this study was found between the therapeutic relationship and
treatment satisfaction; this association has already been established (Klikenberg et al., 1998;
Tattan and Tarrier, 2000). Treatment satisfaction predicts more favorable outcome at follow-
relationship.» (122)
Allo stesso modo, tale relazione sembra essere più facile da instaurarsi con pazienti ricoverati
trattamento era stata ben delineata (è la cosiddetta ―perception of effective procedural justice‖
avvertita dal paziente), piuttosto che con quelli ricoverati per esclusiva disposizione dei
sanitari, senza essere stati prima dettagliatamente informati della procedura o addirittura
coercion‖, simile al ricovero diretto extra moenias previsto dal legislatore italiano).
Tale considerazione era emersa anche in precedenza, in una ricerca di Gilburt et al. che
conclusero che
«[...] coercion was the main barrier to the formation of a therapeutic relationship and that
the coercive experience of involuntary admission is ―not necessarily a function of the Mental
Health Act, but of the relationship with the staff enforcing aspects of it‖.» (123)
155
Se da un lato dunque si afferma l'importanza dell'alleanza terapeutica, dall'altro si sottolinea
come un maggior coinvolgimento del paziente, che inizia fin dal momento della decisione del
ricovero, sia causa di traumi ben minori e sia predittivo di una migliore prognosi.
«Procedural justice is generally inversely related to perceived coercion, and it has been
suggested that clinicians might help minimize service users‘ experience of coercion during an
involuntary admission by attending more closely to procedural justice issues (Cascardi and
Poythress, 1997; Lidz et al., 1995). [...] Similar to these authors, we found that the level of
procedural justice experienced on admission was related to the therapeutic relationship. The
level of procedural justice experienced has been demonstrated to be associated with a service
user‘s willingness to engage in future treatment (O‘Donoghue et al., 2011). Therefore, the
importance of procedural justice experienced during a service user‘s initial contact with
medica.
Per quanto riguarda la ricerca del coinvogimento, C. Katsakou e S. Priebe, nel loro lavoro di
revisione della letteratura relativa all'esperienza dei pazienti durante il TSO pongono
Un dato assai rilevante che emerge dallo studio è che una minore relazione (che talvolta va
addirittura di pari passo con una colpevolizzazione del malato per la propria condizione) è
«[Patients involuntarly admitted] often express that they do not have the same status as a
healthy person, as they are being treated like criminals or mentally ill patients. They feel they
are punished for having a mental illness and for taking police‘s and staff‘s time. Their
156
personal integrity is violated, as they believe they are not treated like human beings. They feel
out of touch with normality and dehumanised. ―...everybody ought to be valued equally even
if you are ill. But sometimes you are made to feel that you are not worth anything, have no
human value. (Johansson & Lundman, 2002). ―You become a nobody, they can do whatever
they want with you, although maybe you are a very valuable person in a crisis‖. (Olofsson &
Jacobsson, 2001). Such feelings are sometimes more permanent, leaving people to feel
A cosa può essere dovuto un tale atteggiamento da parte degli operatori sanitari nei confronti
La visione del malato “obbligato” e l'atteggiamento parte degli infermieri nei suoi confronti è
«The ideal nursing care, within the psychiatric institutions, involves a greater proximity
between the nurse and patient, encouraging the independence of the latter in relation to the
caregiver, in a way that critical thinking is stimulated for their growth and maturation,
improving their actions and relationships with the environment through the way they self-
care, think, act, choose, and finally, to be care that helps the patient find a sense of being.
encountered, in which the patient makes it clear they do not want to be there and do not want
to receive any care provided, the characteristics of this hospitalization cause implications for
the nurse/patient relationship, in the context of the nursing care provided. The care is
understood as necessary and essential to improve the quality of life of the patient. However,
the treatment success is directly related to how patients comprehend their illness and how
157
they use this knowledge.» (125)
«Even today, the team remains with the view that the patient is considered severe, which
according to the nursing team is the individual who has a risk of escape, suicide or hostile
behavior and physical and/or verbal aggression to the approach, and must be monitored
constantly to avoid jeopardizing the integrity of the other patients and the nursing team,
which continually highlights the weakness in their autonomy. [...] It seems that nursing still
the harshness of a dogmatic vision in relation to it. The effects of such practices have had
important implications in the quotidian of the nursing team, such as the issue of ward
closures encountered in recent decades, and the role of the nurse as custodian.» (125)
Alla luce di ciò ecco emergere ancora una volta, l'importanza per l'infermiere, ma non solo, di
La componente etica del dilemma non deve mai essere disgiunta da quella legale nel
momento di compiere scelte di cura, anche se l'infermiere non è un avvocato né tanto meno
un giurista
«Because the dilemma concerning [Involuntary hospitalization] revolves around legal issues,
it is also appropriate to approach ethical decision making from a justice perspective.» (126)
della legge 180/78, e lo spirito che sta alla base della legge stessa e dell'ondata riformatrice
Solo una volta modificato il proprio atteggiamento nei confronti del paziente, l'infermiere
Dopo aver visto quali sono le conseguenze negative di una scarsa relazione con il paziente,
158
analizziamo un altro recente studio di H. Vartainen et al., dal titolo ―The patients' opinions
infermieristica, in termini di miglioramento della prognosi e della qualità percepita delle cure.
Dopo aver interrogato 225 pazienti affetti da malattia mentale e ricoverati in assenza di
Il dato è ancor più rilevante specie se lo si rapporta alla percentuale di pazienti che giudicò
invece più determinante, durante la degenza, la presenza di uno psichiatra (80%). (127)
Nonostante la dimensione del campione fosse ridotto, specie se rapportato al totale di pazienti
(128) (129)
che furono ricoverati involontariamente nel paese scandinavo nel 1995 , anno di
Infatti
«The successful nurses did all the conventional interventions related to medication. They did
medication education and disease education. They gave out pamphlets. They gave out
information sheets. […] They directed the patient to another patient who had a positive
experience with the medication. They offered rewards or privileges for cooperation. They
4
La Finlandia a cinque anni dalla pubblicazione dello studio deteneva già il primato per il maggior numero dei
ricoveri in seguito a trattamento sanitario obbligatorio in Europa 218.000 ogni 100.000 abitanti (2000). La
media europea era allora di 90,3 ricoveri ogni 100.00 abitanti. Nell'anno 1995 i ricoveri per trattamento sanitario
obbligatorio furono poco meno di 10.000.
159
even threatened the patient with coercion; although they didn‘t call it threatening, they called
it ―pointing out consequences.‖ The nurses made a special point of the necessity of giving the
patient options rather than giving orders. They tried very hard to have conversations that
allowed persuasion rather than getting into a power struggle. They said it is very important to
preserve the patient‘s dignity and they hated participating in forced medications because of
how demeaning it is to the patient. They made a point of not abandoning the patient after an
episode of forced medications, but instead returning to the patient and explaining the
Una volta raggiunto un buon livello di compliance nella terapia l'infemiere può
violenza auto o eterodiretta, e senza entrare in contrasto con i membri dell'equipe di cura.
Un individuo più rassegnato alla propria condizione che partecipe delle scelte di cura che lo
dimesso, probabilmente non assumerà più i farmaci prescritti. In simili casi, lo ricordiamo, il
rischio del fenomeno del “revolving doors” al termine del ricovero è più che concreto.
«It is estimated that 75% of psychiatric patients who fail to take their prescribed medications
will relapse and be re-hospitalized within two years (Jarboe, 2002; Saenger, 2007; Weiden &
Dunque
«The goal for adherence is to develop a therapeutic relationship and, in the context of that
160
empowerment and an alliance model when possible. […] Medication acceptance is much
more likely if there is an alliance with the treating professionals. A genuine alliance requires
engagement. All of the themes focused on strategies that take place only if the nurse and
patient participate in engagement. Engagement means that the nurse is committed to forming
a relationship, taking time to hear all the patient‘s concerns (finding out why), and going the
fase che si auspica sia di miglioramento delle sue condizioni generali, il paziente potrà
consenso condiviso.
Le strategie, che l'infermiere può mettere in atto per raggiungere questo scopo, non sono di
4. Being Available (invest time in the patient and discover his opinion and motivations);
5. Being Genuine;
7. Demonstrating respect;
161
Per riassumere
«The development of a therapeutic relationship within the mental health setting requires a
complex interplay of skills, adapted by the advanced practice psychiatric/ mental health nurse
to meet the requirements at hand. The constructs contributing to the development of a quality
therapeutic relationship […] provide a framework from which advanced practice clinicians
can conceptualise their practice. This paper provides evidence that specific constructs might
be more applicable in some contexts than others; and for some individuals than others.» (131)
dovuto anche alla ricerca di una solida alleanza terapeutica, ci viene illustrato da P. Balevre.
Balevre illustra l'esperienza dell'equipe dei Behavioral Health Services del St. Vincent’s
Dopo la diagnosi di schizofrenia e i primi tre mesi di trattamento a domicilio, John decide
L'interruzione della terapia porta a gravi conseguenze: in un primo tempo il soggetto si ritira
dal lavoro e si isola da amici e famigliari che vede con sospetto e diffidenza, in seguito mette
In applicazione della legge in materia di salute mentale dello stato della Florida (Florida
Mental Health Act Regulation altrimenti noto come “Baker Act”), John viene ricoverato
Prima di iniziare il trattamento l'equipe sanitaria dedica tempo alla discussione e all'analisi
approfondita dei vari aspetti legati al tipo di ricovero e al dilemma etico, in conclusione viene
«Although outcomes of dilemmas like this are so often discouraging, John‘s results were
surprisingly favorable. The treatment team discussed the legal imperatives and ethical
162
implications many times after John‘s involuntary admission. They concluded that the best
course of action was to support the Ex Parte ordered admission and concentrate on
partnering with John, through several key interpersonal therapeutic relationships, to focus on
productive steps toward meeting criteria for voluntary status and ultimately discharge. John
responded slowly but came to trust his physician and several of his primary care psychiatric
nurses. By the end of his second week, he started taking an antidepressant and was open to
discussion about returning to Risperidone therapy. He no longer was perceived as a high risk
for violent or acting-out behaviors and was transferred from the crisis stabilization unit to the
«Although the resolution of John‘s ethics-generating episode was not immediate, the
resolution of his immediate dilemma had been satisfactorily achieved. […] In fact, John‘s
nursing team had successfully structured his treatment environment to encourage John to act
as his own autonomous agent, able within the bounds of his therapeutic environment to
exercise his right of self-determination. In doing so, these nurses enhanced the solution to the
original dilemma. They returned to John the respect of person initially displaced by his
ethical and legal predicament. It is this skill of applying critical thinking to bioethics which
not only maintains the standards of the nursing profession, but also protects the rights of the
Secondo l'autrice dunque, la risoluzione del dilemma etico tra diritto del paziente
va di pari passo con un accurato lavoro di ricerca e di discussione dei presupposti etico/legali
terapeutica che, come abbiamo visto, è possibile sebbene non sia né facile né immediata.
163
L'entusiasmo di Balevre riguardo ad una soluzione per questa strada tuttavia è tanto
Tale entusiasmo deriva non solo dai risultati ottenuti con il ricorso all'alleanza terapeutica ma
presuppone anche un fondamento teorico di tipo utilitaristico5, che fa sì che la risoluzione del
dilemma si abbia percorrendo due strade: una via morale e una via etica.
Sappiamo infatti che lo stato della Florida, così come molti altri stati sovrani di Europa e
USA, diversamente dall'Italia, prevede come unico motivo per un ricovero il rischio di atti di
Alla luce di ciò, la teoria dell'autrice sarebbe supportata anche da una logica che porta alla
ricerca del “meno peggio tra due mali”, quando si decide per l’attuazione di un TSO.
«[…] John Stuart Mill (1978) provides ethical understanding by showing that, even though
the right to individual liberty should not be impinged, actions are ―right‖ when they promote
happiness and ―wrong‖ when they cause the reverse of happiness. Because an action is good
consequences. Using this ethical model, John‘s nurses and behavioral health care providers
Se si seguisse tale teoria nel momento in cui viene disposto il ricovero di un paziente violento,
il dilemma sarebbe risolto su un piano morale con l'alleanza terapeutica, mentre su un piano
sarebbe un male comunque inferiore a quello che egli stesso potrebbe arrecare alla società, se
lasciato in libertà.
Un sanitario che eserciti la professione in Italia non potrebbe concordare con simili
5
Si aveva fatto accenno ai principi dell’Utilitarismo anche nel cap.1, par. 1.
164
considerazioni principalmente perche, secondo la legge, il rischio di agiti di violenza auto o
L'unica motivazione accettabile è la ricerca di ciò che è bene per la salute del paziente stesso.
terapeutica.
Tale strategia sarebbe la sola applicabile anche al modello italiano di trattamento senza
trattamenti coattivi e non, imposti per altri motivi (accertamenti per positività HIV in primis) .
165
166
CONCLUSIONI E DISCUSSIONE
Il dilemma etico legato ai trattamenti sanitari obbligatori si sviluppa nel momento in cui il
Il trattamento una volta attivato, va nella direzione di far prevalere il principio di beneficità
Una volta giunti all'instaurazione di una solida alleanza terapeutica e alla formulazione di un
valido consenso, con il quale si pone implicitamente fine al TSO, si esclude contestualmente
Logicamente con l'affermazione del consenso viene a mancare non solo quel contrasto tra
volontà del paziente e volontà di beneficità degli operatori, che aveva costituito la base del
dilemma, ma anche la forzatura operata dalla legge per far sì che prevalgano delle ragioni dei
sanitari.
Una volta risolto il dilemma in tal modo, permane come fonte di dubbio e oggetto di
come quello del TSO per imporre il prevalere di uno dei due valori etici sull'altro.
In questo senso non ci è concesso di fare ricorso alla facile soluzione offerta dalle teorie
intraprendere la terapia.
6
S.v. a tal proposito nel Cap. 2 p.3, la classificazione delle alterazioni tali da compromettere la capacità
decisionale del paziente e rendere necessario il ricorso a TSO.
167
(132) (133)
Tuttavia, alla luce dei recenti fatti di cronaca sono stati aperti accesi dibattiti in
relazione ad una possibile correzione della normativa italiana in materia di salute mentale.
In alcuni casi si è arrivati addirittura a proporre l'eliminazione della fattispecie giuridica del
Uno dei più importanti giuristi statunitensi del secolo scorso R. Pound, affermava riguardo
«The law must be stable, but it must not stand still.» (135)
Per indicare come ciascuna legge debba essere prima di tutto equilibrata per essere applicata
in modo rigoroso, ma non deve mancare mai la consapevolezza che sia anche un'elaborazione
Certamente, come ammise lo stesso Franco Basaglia, la legge 180 del 1978 non era perfetta,
considerato assai controverso allora come oggi: la visione da parte della società dei soggetti
Ciò che è assai meno transitorio delle leggi sono i valori etici che devono guidare il
professionista in ogni fase del suo operato, e qualsiasi modifica tecnica delle leggi stesse non
può prescindere dalla discussione e dalla riflessione operata da parte degli operatori nel
La risposta alla domanda di partenza circa l’utilità del TSO, va quindi ricercata nella
Quello stesso medico, infermiere, uomo che ha il dovere di porsi consapevolmente al centro
dei dilemmi etici nei quali potrebbe trovarsi coinvolto nell'esercizio della professione.
168
Al di là delle conclusioni di ricercatori e teorici, quel che appare certo è che il professionista
infermiere debba acquisire una nuova e maggiore consapevolezza delle potenzialità della
propria professione e dei risultati che può contribuire ad ottenere anche in autonomia,
La più significativa criticità emersa durante il lavoro di documentazione che ha portato alla
stesura di questa ricerca riguarda la grave carenza di fonti, relative alla materia dei trattamenti
Tale grave carenza è tanto più rilevante se rapportata al gran numero di pubblicazioni
Rinunciare ad un ambito di ricerca, così complesso ma allo stesso tempo vasto e fertile
sarebbe un gravissimo errore, specie alla luce dei risultati conseguiti negli ultimi anni dalla
professione in numerosi campi, non ultimo quello del trattamento dei pazienti affetti da
malattie mentali.
169
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RINGRAZIAMENTI
Ringrazio il Dott. Pietro Pellegrini MD, Direttore del Dipartimento Assistenziale Integrato
Un particolare ringraziamento va alla Dott.ssa Francesca Scagnelli MD, che nonostante gli
impegni mi ha seguito come vera e propria tutor durante la stesura di questa tesi.
Senza i suoi preziosi consigli e suggerimenti difficilmente il mio lavoro avrebbe visto la
stampa.
In ultimo ringrazio anche il Prof. Sandrino Luigi Marra RN, per la pazienza dimostrata nel
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