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NUOVA SAPIENZA ORIENTALE


Direttore
Angelo A
“Sapienza” Università di Roma

Comitato scientifico
Cristiana B
Università degli Studi di Trieste
Elisabetta B
Università degli Studi di Torino
Arianna D’O
“Sapienza” Università di Roma
Giuliano L
Università degli Studi Roma Tre
Federico M
“Sapienza” Università di Roma
Matilde M
“Sapienza” Università di Roma
Paola O
“Sapienza” Università di Roma
Cristina S
Università degli Studi Roma Tre
Raffaele T
“Sapienza” Università di Roma
NUOVA SAPIENZA ORIENTALE

Articolata in diverse sezioni concernenti studi originali, ricerche, testi


letterari, documenti, traduzioni, sussidi didattici, dizionari bilingui,
miscellanee, atti congressuali ecc., è uno spazio libero messo a di-
sposizione degli studiosi, non necessariamente inquadrati nei ruoli
universitari, anzi particolarmente ricettivo e ospitale soprattutto nei
confronti dei lavori di giovani studiosi impegnati nella ricerca. L’am-
bito d’interesse è rappresentato dal ventaglio di aree di ricerca con-
nesse con le lingue, le civiltà, le culture, le società dei paesi dell’Asia e
dell’Africa.
Angelo Arioli
Miscellanea arabica –
Copyright © MMXIV
Aracne editrice int.le S.r.l.

www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it

via Quarto Negroni, 


 Ariccia (RM)
() 

 ----

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,


di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopie


senza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: dicembre 


In ricordo di Renato Traini
Indice

11 Angelo ARIOLI, Premessa.


15 Angelo ARIOLI, Lessico, codici, passioni yemeniche... ricordo
di Renato Traini.
41 Akeel ALMARAI, La rima nella poesia araba classica.
57 Angelo ARIOLI, Lārwī/Lārawī, nisba inventata per un incerto
mar.
83 Cristiana BALDAZZI, Strategie femminili in Siria: il caso delle
Qubaysiyyāt.
105 Elisabetta BENIGNI, Terre cristiane e confini d’Europa: il viag-
gio di Fakhr al-Dīn al-Ma‘nī II (1613-1618) fra le sponde del
Mediterraneo
125 Laura BOTTINI, Appunti per una storia della letteratura del ‘ilm
al-rijāl imamita: i Rijāl di al-Barqī e i suoi predecessori.
143 Leonardo CAPEZZONE, Genealogia, adozione, trasmissione.
Sulle strategie di accostamento alla parentela sacra dell’imam
(II/VIII-IV/X secolo).
179 Laura GUAZZONE, Studi sull’«islamismo»: approcci e defini-
zioni.
209 Erica IANIRO e Marco SALATI, Alvise Malipiero: mercanti e
consoli veneziani tra Aleppo e Tripoli di Siria (ca. 1550).
229 Giuliano MION, Un cas d’anarchie sémantique en arabe stan-
dard. La terminologie de la phonétique.
245 Marco SALATI, The prayer and the bread. II. Two legal docu-
ments on the Gulshaniyya order in 17th century Ottoman
Aleppo.
257 Cristina SOLIMANDO e Eleonora DI VINCENZO, Arab gramma-
rians and other languages.
273 Tommaso TESEI, The prophecy of Ḏū-l-Qarnayn (Q 18:83-102)
and the Origins of the Qurʾānic Corpus.
291 ‫ ﺧﻮاﻃﺮ ﰲ اﳋﻮارج ﰲ اﻟﺸﻌﺮ واﻟﻌﻘﻴﺪة‬،‫ﻧﺎﻳﻒ ﺷﻘﻴﺮ‬
309 ‫ اﺳﺘﻤﺮارﻳﺔ اﻟﻠﻐﺔ اﻟﻌﺮﺑﻴﺔ‬،‫ﻋﻘﻴﻞ اﻟﻤﺮﻋﻲ‬

9
Laura Guazzone, Sapienza Università di Roma

Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni1

Le mobilitazioni popolari della cosiddetta “primavera araba” del


2010-2011,2 e gli eventi che ne sono derivati in un gran numero di
paesi arabi, hanno messo in luce l’evoluzione dei processi politici e
sociali che caratterizzano oggi il mondo arabo. L’evidenziarsi di
queste evoluzioni, spesso iniziate ben prima della “primavera”, ha
inevitabilmente generato tra gli studiosi dell’area una riconsiderazione
delle categorie esplicative impiegate per analizzare i processi politici
dell’area.3
Uno dei cambiamenti politici più evidenti che ha riguardato tutto il
mondo arabo in questo periodo è stata la mutazione del ruolo dei co-
siddetti movimenti islamisti e del loro rapporto con gli stati e le so-
cietà arabe: nel 2011-2012 il successo elettorale dei partiti islamisti in
Egitto, Tunisia, Marocco ha fatto credere a taluni che la “primavera
araba” avesse finalmente posto fine all’eccezione islamista, permet-
tendo ai partiti islamisti di essere pienamente integrati quali attori le-
gittimi, anche in posizione di maggioranza relativa [Wright 2012;
Guazzone 2012, p. 166-67], nel contesto di quelle che apparivano
come vere e proprie transizioni democratiche, anche se taluni vi vede-
vano invece un “inverno islamista” che avrebbe posto fine alle spe-

1
Questo articolo è una rielaborazione della prima parte della relazione presentata al
seminario “L’evoluzione dell’islamismo arabo”, tenuto il 2-3 ottobre 2014 presso il Diparti-
mento di studi orientali dell’Università di Roma La Sapienza, nell’abito dell’omonima ricerca
di Ateneo diretta dall’autrice.
2
Per un’analisi critica del termine “primavera araba” e dei suoi usi v. Achar 2013.
3
Questa riflessione si evidenzia nella ripresa del dibattito sulla questione della democra-
tizzazione, sui movimenti sociali e sull’effetto del neo-liberismo nel mondo arabo: v. ad
esempio Stepan 2013, Ben Nefissa 2011, Bogaert 2013.

179
180 Laura Guazzone

ranze di democratizzazione [Israeli 2013; Fradkin 2013]. Tuttavia a


partire dal 2013 il drammatico fallimento dell’esperienza di governo
del partito Libertà e Giustizia dei Fratelli musulmani (FM) e il conse-
guente colpo di stato militare in Egitto, nonché le difficoltà incontrate
al governo da Ennahda in Tunisia e dal Parti de la Justice et du Déve-
loppement (PJD) in Marocco hanno creato una nuova interpretazione
degli eventi. Secondo questa più recente interpretazione il ruolo sto-
rico dei movimenti islamisti arabi si sarebbe esaurito nelle esperienze
di governo del 2011-2013, mentre l’attivismo politico islamista sa-
rebbe ormai residuale o riconfigurato in nuove forme e progetti poli-
tici, come testimoniato dalla crescita dell’influenza dei movimenti sa-
lafiti e delle organizzazione jihadiste nei paesi arabi [Meijer 2014a;
Shahid, Kirkpatrick 2011].
Come dimostra il rapido variare delle opinioni sul rapporto tra
islamisti e primavera araba, un’analisi storica ponderata non può es-
sere svolta alla luce di sviluppi ancora in corso, tuttavia gli studiosi
che si occupano del fenomeno islamista hanno già rilevato la necessità
di aggiornare i propri strumenti di analisi, sottolineando a questo fine
l’importanza di riconsiderare la definizione del concetto di “islami-
smo” e quello derivato di “movimenti islamisti” (Jadaliyya 2013; Po-
meps 2014).
Ricollegandosi a questo contesto politico e scientifico, il nostro
saggio vuole contribuire ad una riflessione sul concetto di islamismo
partendo da una rilettura, critica e selettiva, degli studi sull’islamismo
e sui movimenti islamisti elaborati dalla seconda metà degli anni Set-
tanta del Novecento ad oggi. La nostra rilettura rileva che le defini-
zioni dell’islamismo variano e divergono significativamente tra loro,
fatto che sinora ha impedito lo sviluppo non solo d’una definizione
condivisa, ma anche di un quadro analitico adeguato per lo studio del
fenomeno.
Tuttavia è possibile tentare di ricondurre le diverse interpretazioni
esistenti dell’islamismo ad alcuni approcci prevalenti e dedurne gli
aspetti complementari che possono essere utilmente impiegati a fini
specifici. In assenza di una definizione condivisa soddisfacente, ogni
tentata definizione dell’islamismo rappresenta infatti una interpreta-
zione, ma è anche uno specifico strumento analitico. In questo senso è
opportuno sottolineare già in sede introduttiva che, se “l’islamismo è
una categoria i cui contorni sono definiti dalle necessità analitiche” dei
singoli autori [Lauzière 2012, p. 88], non per questo è impossibile o
Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni 181

inutile tentare di ridefinire il concetto per meglio interpretare la storia


e l’evoluzione di questo fenomeno caratterizzante della storia contem-
poranea dei paesi arabi.

1. “La difficulté de nommer”.


Come innumerevoli studiosi hanno sottolineato, la definizione del
termine “islamismo” è problematica e per tentarla occorre partire da
una mappatura dei significati che il termine ha assunto e delle diverse
dimensioni analitiche che questi implicano. E’ possibile infatti che
parte della difficoltà di definire l’islamismo rilevata dagli studiosi di-
penda sia dall’accumulo di successive ondate di concettualizzazioni
incomplete o improprie, sia dall’evoluzione del fenomeno stesso. In
questo senso la mappatura dei significati che il termine ha assunto nel
tempo per gli studiosi (e per i militanti) è un passaggio imprescindi-
bile del percorso di storicizzazione del fenomeno.
Nel 1988 François Burgat, politologo francese del mondo arabo e
uno dei primi studiosi dell’islamismo nel Maghreb, rilevava già una
difficoltà di definizione del fenomeno, che chiamava appunto la “diffi-
culté de nommer”:

E’ la matassa di queste multiple denominazioni (tutte, ma solo par-


zialmente, sbagliate) che vorremmo cercare di sciogliere […] Dietro il
pretesto terminologico l’ambizione è un’altra…è quella di abbozzare,
in un contesto che si presta poco, l’oggettivazione di un fenomeno in
cui religione e politica…ma anche percezione dell’altro e sguardo su
stessi sono strettamente intrecciati [Burgat 1988, p. 13]. 4

Dopo circa trent’anni anni di studi sull’islamismo la difficoltà è


rimasta irrisolta, tanto che nel 2009 si sottolineava la: “nebbia di po-
lemica, timore e confusione che aleggia intorno al tema dell’islami-
smo all’inizio del XXI sec.” [Euben e Zaman 2009, p. 3], mentre
Samer Shehata, politologo americano di origine egiziana, ancor più di
recente ha affermato: “Ci sono tante definizioni di ‘Islam politico’
quanti sono gli autori che hanno scritto sull’argomento” [Shehata
2012, p. 6].

4
In L’Islamisme au Maghreb Burgat dedica ben due capitoli all’analisi delle defini-
zioni/interpretazioni del fenomeno offerte dagli specialisti e da una serie di intellettuali dei
movimenti islamisti magrebini [Burgat 1988, pp. 11-55].
182 Laura Guazzone

Nel frattempo gli studi sull’islamismo e gli islamisti (comunque de-


finiti) si sono moltiplicati al punto che sarebbe oneroso tentarne una
bibliografia esaustiva,5 mentre interi volumi sono stati dedicati alla di-
scussione dei significati attribuiti al termine islamismo in un determi-
nato contesto o momento storico. Nella prefazione ad un volume di
questo tipo i curatori, Martin e Barzegar, affermano:

Questo libro tratta della lotta nella sfera pubblica americana [Usa],
specie dopo l’11 settembre 2001, per capire e definire l’ascesa e il
ruolo della politica religiosa islamica sulla scena mondiale. Questa di-
scussione è dominata in particolare da un termine e un concetto:
l’islamismo. […] Tuttavia sembra esserci ben poca chiarezza, e ancor
meno consenso, sul significato e l’accuratezza di questa eti-
chetta…Questa evidente ambiguità ha motivato gli autori di questo
volume a cercare di scoprire le implicazioni… del termine islamismo
[…]. Tra i sedici studiosi che hanno scritto in questo volume, non ce
ne sono due che sostengono uno stesso significato del termine islami-
smo, tuttavia [gli autori] tendono a convergere su alcuni approcci ge-
nerali [Martin e Barzegar 2010, p. vii-viii].

Questa citazione contiene due indicazioni importanti ai nostri fini:


da un lato Martin e Barzegar mettono al centro dell’attenzione la for-
tissima influenza nel dibattito sull’islamismo del discorso sull’Islam
prodotto dai variegati interessi dei regimi arabi e delle grandi potenze,
gli Usa in primis, ma anche l’Europa e la Russia che hanno prevalen-
temente visto nell’islamismo e nei suoi militanti un pericoloso ne-
mico. Non indagheremo qui su questo aspetto del dibattito sull’islami-
smo, limitandoci a sottolineare che dalla rivoluzione iraniana in poi
sull’interpretazione dell’islamismo si è svolta (e si svolge) anche una
guerra di propaganda dagli inevitabili effetti distorsivi non solo sul
discorso pubblico, ma inevitabilmente anche sul dibattito scientifico.6
L’altro elemento utile della citazione è l’osservazione che, pur
differendo tra loro, le molteplici definizioni e interpretazioni del

5
Per una bibliografia ragionata sull’argomento v. comunque Voll et al. 2010 e le
bibliografie degli studi citati in questo articolo.
6
Gli intrecci tra interessi politici e dibattito sul rapporto tra Islam, politico e non, e
Occidente sono molteplici e terribilmente concreti: per un inquadramento teoretico v. Euben
1999; per un inquadramento storico-politologico rimandiamo, tra l’altro, a Guazzone 2004;
per uno studio di caso v. Baker 2012.
Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni 183

fenomeno dell’islamismo possono essere ricondotte ad alcuni approcci


prevalenti.

2. La terminologia dell’islamismo.
Prima di passare a considerare questi approcci prevalenti ci sembra
utile accennare, almeno rapidamente, all’origine e all’uso dei termini
islamismo/islamista in arabo e nelle principali lingue occidentali. Per
quanto riguarda l’uso del termine in arabo, notiamo in sintesi che
mentre taluni attivisti e studiosi arabi, soprattutto partire dalla fine de-
gli anni ’70, hanno usato talvolta il termine islāmiyyūn per “islamisti”
[ad es. al-Ǧuršī et al. 1989], il termine astratto corrispondente a “isla-
mismo” non sembra attestato. In sua vece è d’uso frequente, specie tra
gli osservatori critici (ma non solo), l’espressione islām siyāsī (islam
politico),7 mentre studiosi e attivisti sembrano preferire, per definire il
concetto e l’insieme dei movimenti, termini come “ḥaraka islāmiyya”
(“movimento islamista” ) o, più raramente, “tiyār islāmī” (“corrente
islamista”),8 specie in Egitto e nella Penisola.9 Per quanto riguarda
l’origine dell’uso in arabo del termine “islāmiyyūn” (islamisti) da
parte dei militanti stessi notiamo che Tareq Ramadan, il noto e di-
scusso intellettuale musulmano europeo, alla domanda “Come defini-
rebbe il termine islamismo?” in una recente intervista ha risposto:

Questo è stato un concetto che è venuto dall'interno del Fratelli


Musulmani negli anni '50 in carcere, dove un gruppo di persone sono
state, dicevo [sic], gli unici veri musulmani siamo noi, e Nasser non è
più un musulmano. I principali rappresentanti del movimento dei Fra-
telli Musulmani hanno detto di no, siamo “Islamiyun”, e siamo tutti
musulmani: “Muslimun”. Il che significa che gli islamisti hanno un
progetto sociale, un progetto politico diverso dai musulmani che sono
musulmani praticanti e credenti. Quindi qui c'è qualcosa che ha a che

7
V. ad esempio al-Ašmawī 1992 e Musṭafa 1992.
8
La scelta di tradurre con “islamista” l’aggettivo islāmī è dettata dal contesto e
confermata dall’uso fatto dagli stessi soggetti dell’aggettivo “islamista” quando si esprimono
sulla stessa materia in lingue occidentali.
9
V. la voce “ḥaraka islāmiyya” di Wikipedia http://ar.wikipedia.org., ma v. anche al-
Anani 2011 e al-Ġannūšī 2013, dove il leader del partito islamista tunisino Ennahda (al-
nahḍa) afferma la sua preferenza per la definizione di “movimento islamista” piuttosto che
“islam politico”.
184 Laura Guazzone

fare con una visione politica dello stato, ma anche con una visione
della società.10

Nelle lingue occidentali il termine islamismo sembrerebbe essere


stato introdotto nella seconda metà degli anni ’70 dagli studiosi e dagli
attivisti magrebini francofoni,11 per essere poi adottato anche dagli
studiosi (e dai militanti) anglofoni. Il termine appare infatti ben dif-
fuso negli studi francofoni a partire dal 1980, ed è esplicitamente
usato per distinguere il militante dal “musulmano classico” [Burgat
1988, p. 14-15]. I primi studi in inglese sull’islamismo e i movimenti
islamisti, scritti subito dopo la rivoluzione iraniana,12 inquadrano il fe-
nomeno come “risveglio islamico” (Islamic revival); ma pochi anni
dopo gli stessi autori iniziano ad usare il termine islamismo, anche se
il concetto è inizialmente reso col termine “Islamicist”13 e sempre
usato in modo intercambiabile con termini come “fondamentalismo” e
“revivalismo”.14

3. Le definizioni dell’islamismo.
Come già detto, le definizioni dell’islamismo che possiamo rilevare
dalla letteratura scientifica e dalla pubblicistica sull’argomento va-
riano e divergono e questo fatto ha impedito sinora lo sviluppo di un
quadro analitico adeguato per lo studio del fenomeno e, di conse-
guenza, anche di un’agenda di ricerca condivisa dagli studiosi [Bayat
2013, p. ix; Wictorowicz 2004, p. 3-4] come pure di una rilettura sto-
rica complessiva del fenomeno.
Le definizioni esistenti possono però essere raggruppate in modo
da evidenziare alcuni approcci interpretativi prevalenti caratterizzabili
in base a due criteri principali: l’obbiettivo metodologico e l’orienta-

10
V. Tareq Ramadan – intervista all’emittente televisiva Al-Jazeera English del 3 aprile
2014, video e trascrizione all’indirizzo http://www.aljazeera.com/programmes/headtohead-
/2014/03/transcript-tariq-ramadan-201432820219269232.html.
11
Nel 1980 Souhayr Belhassen riportava che le militanti tunisine usavano il termine fran-
cese “islamiste” per indicare la scelta di un’ideologia, preferendolo a “musulmane” [Belhas-
sen 1980, p. 77]; v. anche il numero monografico della rivista Esprit del gennaio 1980 intito-
lato “Khomeinisme, islamisme, tiers-monde” .
12
Ad esempio Ibrahim 1980 e Dekmejian 1980.
13
V. ad esempio p. 5 della prima edizione (1985) di Dekmejian 1995; secondo il
traduttore in inglese di Kepel Le Prophète et Pharaon [Kepel 1984] il passaggio da Islamicist
a Islamist è consolidato nel 1985 [Kepel 1985, p. 22].
14
Per una documentata (benché polemica) analisi dell’alterna fortuna dei termini “Islamic
fundamentalism” e “Islamism” in inglese v. Kramer 2003.
Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni 185

mento disciplinare. La maggioranza delle definizioni esistenti sono


definizioni funzionali, che tentano cioè di rispondere esplicitamente
alla domanda “cos’è l’islamismo?” e, più o meno esplicitamente, ad
altre tre domande fondamentali: “da chi è rappresentato? quando nasce
e si evolve? come si esprime e si realizza?”.
Possiamo chiamare definizioni “inclusive” quelle definizioni che
cercano di dare conto del maggior numero possibile di dimensioni del
fenomeno, senza privilegiarne esplicitamente nessuna come distintiva
o caratterizzante. Un valido esempio di definizione inclusiva è:

Il termine islamismo è usato…per designare ogni agente, organiz-


zato formalmente o informalmente, che agisce o aspira ad agire nel
suo ambiente sociale e/o politico allo scopo di renderlo conforme con
un ideale basato su un’interpretazione particolare dei precetti
dell’Islam [Lacroix e Holoch 2011, p. 1, nota 1].

Più sintetica ma ugualmente inclusiva è la definizione:


“l’Islamismo... si riferisce a quelle ideologie e a quei movimenti che si
sforzano di istituire un qualche tipo di «ordine islamico»” [Bayat
2013, p. 4]. Le definizioni inclusive sono le più recenti e riflettono più
di tre decenni di dibattito sull’islamismo, durante i quali si è passati da
definizioni focalizzate principalmente sugli aspetti politici ad una con-
cezione più larga del fenomeno. Questa evoluzione è stata frutto degli
apporti di una nuova generazione di studi, dedicati ad un più ampio
spettro di dimensioni e svolti con più articolati strumenti disciplinari,
principalmente d’origine sociologica e politologica.
Un’altra tipologia di definizione individuabile negli studi
sull’islamismo è quella delle definizioni “focalizzate”, che concen-
trano invece l’attenzione sulla dimensione del fenomeno che conside-
rano prioritaria e caratterizzante. Questa tipologia comprende la mag-
gioranza delle definizioni esistenti e include quattro sottogruppi prin-
cipali, che analizzeremo nella sezione seguente: l’islamismo come
“Islam politico”; l’islamismo come “politica dell’Islam”; l’islamismo
come “attivismo islamico”; l’islamismo come “attore del dibattito
sull’Islam”.
186 Laura Guazzone

4. Approcci allo studio dell’islamismo.

4.1 L’islamismo come “islam politico”.


Il primo e più diffuso sottogruppo delle definizioni focalizzate è
quello che considera l’islamismo principalmente come un’ideologia
politica e i movimenti islamisti come attori politici formalmente orga-
nizzati che agiscono sulla base di questa ideologia. Chi adotta questa
prospettiva analitica analizza l’islamismo e gli islamisti principal-
mente con strumenti storico-politologici e, per evidenziare questo ap-
proccio, spesso definisce il proprio oggetto di studio come Islam poli-
tico (Political Islam/islām siyāsī ecc.) e/o come “politica islamista”
(Islamist politics). Questa terminologia sottintende spesso che,
quand’anche sono considerati, gli aspetti sociologici, antropologici e
dottrinari del fenomeno islamista sono analizzati solo nella misura in
cui contribuiscono a spiegare i comportamenti politici degli islamisti.
Benché ante litteram, rientrano parzialmente in questa categoria i
primi studi storici sui movimenti islamisti che esistono da più lunga
data e dunque, nel mondo arabo, soprattutto gli studi sui Fratelli Mu-
sulmani (FM). Infatti, benché il termine islamismo non sia utilizzato
in questi studi, l’attenzione è principalmente dedicata ai FM come
movimento politico e gli strumenti di analisi sono quelli della storia
politica.15
Come già accennato, i primi studi esplicitamente dedicati
all’islamismo come fenomeno politico sono stati scritti subito dopo la
rivoluzione iraniana, nel momento in cui il ruolo politico dell’Islam,
dato per spacciato dalle teorie politologiche della modernizzazione, fu
“riscoperto” dagli studiosi del mondo musulmano.16 Nel 1991 lo stu-
dioso anglo-egiziano Nazih Ayubi definiva l’islamismo o, più preci-
samente, quello che lui, come altri, chiama “l’Islam politico”, come
“la dottrina e/o i movimenti che sostengono che l’Islam possiede una

15
Nel suo The Society of the Muslim Brothers, il primo e a tutt’oggi tra i principali studi
sulla storia dei Fratelli Musulmani, Mitchell attribuisce ad al-Banna l’adesione all’
“islamismo” inteso nel senso di pan-islamismo: “azione per la nazione islamica (al-watan al-
islami)” [Mitchell 1993, p. 269-270]; Mitchell spiega anche che i FM iniziarono come una
delle tante associazioni religiose della capitale fino a diventare “uno dei più importanti attori
politici della scena egiziana” [Mitchell 1993, p. 12, enfasi nostra].
16
Il concetto di revival o rinascita islamica considera collegati tra loro gli esempi di
attivismo politico islamico emersi dalle Filippine all’Asia sovietica e al Marocco dalla fine
degli anni ’70 C; v. ad esempio Ibrahim 1980, Dekmejian 1980; Clement 1980, p. 38.
Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni 187

teoria della politica e dello Stato” [Ayubi 1991, p. iv]. Nel 1995 la
scrivente definiva l’islamismo:

un’ideologia politica e l’insieme dei movimenti denotati da questa


ideologia, il cui comun denominatore risiede nel ritenere che
l’instaurazione dello stato islamico, regolato secondo la Legga isla-
mica (shari‘a) sia la condizione essenziale per il benessere della co-
munità musulmana [Guazzone 1995, p. 13].

Nel 2003 Fuller ribadiva l’intercambiabilità dei termini:

Uso i termini islamismo e islam politico come sinonimi…[e defini-


sco] islamista chi pensa che l’Islam sia una fede che ha qualcosa di
importante da dire su come la politica e la società devono essere ordi-
nate nel mondo musulmano contemporaneo e cerca di realizzare
quest’idea in qualche modo…Preferisco questa definizione perché è
abbastanza ampia da catturare l’intero spettro dell’espressione islami-
sta che va dai radicali ai moderati [Fuller 2003, p. xi-xii].

Notiamo che tutte definizioni dell’islamismo come islam politico


non distinguono preliminarmente tra le diverse tipologie dei movi-
menti islamisti, anche se quasi tutti gli autori (e Fuller già nella defini-
zione) specificano poi che esistono diverse “famiglie” di movimenti
islamisti distinti soprattutto in base alla modalità dell’azione politica
verso lo stato – definita come violenta/radicale/insurrezionale/golpista
oppure pacifica/moderata/istituzionale/elettoralista. In effetti è un li-
mite evidente di questo approccio quello di mantenere sotto lo stesso
‘tetto’ interpretativo movimenti islamisti ben diversi per storia, prassi
e ideologia come quelli appartenenti all’area dei Fratelli musulmani,
quelli jihadisti e quelli salafiti; un altro limite evidenziabile in questo
approccio è il fatto di non tenere sistematicamente conto della varia-
zione storica nelle prassi politiche, moderate o radicali che siano, dei
diversi movimenti.
All’interno dei filoni di studi che adotta la definizione
dell’islamismo come “Islam politico” l’analisi delle implicazioni poli-
tiche dell’islamismo, cioè dell’impatto dei movimenti islamisti
sull’evoluzione politica degli stati del mondo musulmano e dei lori
rapporti con i paesi occidentali è di gran lunga l’aspetto più sviluppato
(almeno quantitativamente). Non sorprende quindi che questo filone
di studi abbia importanti intrecci col discorso pubblico internazionale
188 Laura Guazzone

(soprattutto mediatico) sull’islamismo, in cui il fenomeno è stato eti-


chettato soprattutto come “fondamentalismo” e “radicalismo” isla-
mico. Queste definizioni sono state continuamente contestate dagli
studiosi di area, i cui approcci troppo “buonisti” sono stati a loro volta
contestati da quei politologi e opinionisti convinti, in buona o cattiva
fede, che l’islamismo costituisca un “pericolo per la sicurezza” (cioè
per la stabilità) dei paesi arabi e occidentali. Tuttavia, così come in al-
tri ambiti del sapere scientifico sul mondo musulmano, gli studi
sull’islamismo come “Islam politico”, non sono riusciti a controbilan-
ciare la manipolazione a fini politici del dibattito pubblico a cui si è
già accennato sopra, e in particolare l’emergere della cosiddetta “isla-
mofobia”.17
Va inoltre sottolineato che gli studi sull’islamismo come fenomeno
essenzialmente politico non adottano definizioni univoche di cosa sia
compreso (e di cosa sia prioritario) nella sfera politica. Semplificando
molto possiamo dire che una corrente di questi studi adotta una defini-
zione della politica incentrata sui suoi aspetti istituzionali e concentra
conseguentemente la sua analisi dell’islamismo in relazione a questi
aspetti, comprendenti da un lato lo stato e le sue istituzioni fonda-
mentali (il potere esecutivo, legislativo e giudiziario) e dall’altro i ca-
nali della rappresentanza politica organizzata (partiti, sindacati, asso-
ciazioni) e i loro processi formali (elettoralismo, propaganda, attivi-
smo e così via). Una seconda corrente utilizza un’accezione più ampia
e sociologica dei processi politici e articola di conseguenza il suo
campo d’indagine. Per dirla con Meijers:

Molti studi di movimenti islamisti hanno adottato una definizione low-


key della politica. Piuttosto che una lotta per il potere, la politica è consi-
derata come una lotta per il riconoscimento di una certa definizione del
bene, nonché le norme i valori che sono alla base di una comunità, che è
in fase di costruzione di una società parallela. [Meijers 2014a, p. 1].18

Una parte degli studi che si concentrano sulla dimensione istituzio-


nale della politica ha posto l’enfasi su un singolo elemento

17
Sui contenuti e lo sviluppo dell’islamofobia v. Sayyid 2007, Halliday 1999; Rana 2007
e le opere ivi citate.
18
Per un esempio delle definizioni della sfera politica dell’islamismo che comprendono
anche “la politica del quotidiano” [Bayat 2009] oltre alla politica istituzionale v. più sotto la
citazione da Ismail nella sezione 4.2 [Ismail 2006].
Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni 189

dell’ideologia islamista: l’obiettivo dell’applicazione della šarī‘a da


parte dello stato e la (conseguente) necessità di istituire un/lo stato
islamico: “l’islamismo è un’ideologia che connette dīn (religione) a
dawla (stato) in un ordine politico basato sulla šarī‘a” [Tibi 2012, p.
2]. Tutte le interpretazioni ‘politiche’ dell’islamismo, anche quelle in
cui prevale l’analisi testuale-teologica e ideologica [Halverson 2010;
Mousalli 2013], considerano l’aspirazione a creare lo stato islamico
una caratteristica fondante dell’ideologia islamista. Alcuni autori si di-
stinguono però perché sostengono che la realizzazione dello stato
islamico sia l’obiettivo strategico principale per tutti gli islamisti, ri-
ducendo così la realizzazione dell’ordine islamico (niẓām islāmī) au-
spicato dagli islamisti alla sola islamizzazione dello stato e relegando
in secondo piano altri obiettivi, quali la re-islamizzazione progressiva
degli individui e della società, cioè la ricostruzione e la protezione
della umma islamica realizzata attraverso la predicazione (daʽwa), la
rinascita individuale e le attività educative, che per molti studiosi e per
gli stessi leader islamisti costituisce la vera essenza dell’islamismo.19
Riprendendo la citazione di Burgat riportata in apertura, notiamo
inoltre che la definizione ‘stato-centrica’ dell’islamismo è solo par-
zialmente sbagliata, ma diventa fuorviante quando è usata per scredi-
tare l’islamismo sulla base della sua presunta falsificazione del rap-
porto tra Islam e politica. L’argomento più usato a questo fine è che
poiché lo stato islamico fondato sulla šarī‘a non è mai storicamente
esistito (se non nel breve periodo medinese, quando il governo della
neonata umma era guidato direttamente dal Profeta), l’islamismo
equivale ad un tentativo intrinsecamente autoritario di imporre a tutti i
musulmani un’interpretazione falsa dell’Islam [Tibi 2012, p. 1]. Un
falsa interpretazione legittimata in base ad una tradizione proditoria-
mente inventata: “ La Shari’a degli islamisti è un’invenzione della tra-
dizione” [Tibi 2013, p. 67] e quindi:

La sharia è per gli islamisti la costituzione di uno stato islamico in cui i


diritti sono obblighi [...] uno stato della sharia assomiglia a una prigione
in cui ci si aspetta che la gente obbedisca ai suoi governanti in nome della
sua sottomissione a Dio [Tibi 2013, p. 7].

19
Per una sintesi della concezione di Hasan al-Banna del niẓām islāmī (elaborata
sopratutto nei suoi Messaggi [al-Bannā n. d.]), v. Mitchell 1993 p. 231-236.
190 Laura Guazzone

Benché alcuni autori ritengano che per tutti i movimenti fonda-


mentalisti (islamici e non) l’interesse politico per lo stato è marginale
rispetto all’attivismo sociale [Davis at al. 2012], altri autori non pole-
mici invece hanno visto nell’enfasi stato-centrica un tipo e/o un pe-
riodo particolare dell’Islam politico. Bayat, ad esempio, pur utiliz-
zando la definizione inclusiva ricordata sopra,20 sostiene anche che gli
islamisti hanno una visione normativa fondata sull’obbligo di appli-
care il principio coranico di “ordinare il bene e proibire il male”, che
ha nello stato il suo strumento più potente ed efficace, mentre i post-
islamisti, emersi in alternativa agli islamisti negli anni ’90, hanno un
progetto politico-religioso che pone l’accento sui diritti, che “fonde
fede e libertà” e non aspira a istituire uno stato islamico [Bayat 2013
p. 5-8]. Un approccio “stato-centrico” storicizzato è anche quello di
Roy, che dal 1992 ha dichiarato il “fallimento dell’Islam politico”
[Roy 1992] proprio a partire dall’incapacità dei movimenti islamisti di
realizzare attraverso lo stato islamico l’ordine islamico preconizzato:
il fallimento secondo Roy è rilevabile sia nei casi storici (Iran, Afgha-
nistan, Sudan) in cui l’islamismo è giunto al potere per via
rivoluzionaria/militare, sia nei casi, prevalenti nel mondo arabo, in cui
i movimenti islamisti sono rimasti all’opposizione senza riuscire a
cambiare il regime politico.21
Un ulteriore filone, solo apparentemente ancillare, nella categoria
di studi politici dell’islamismo è quello dedicato alla presentazione del
pensiero politico dei principali leader dei movimenti islamisti attra-
verso antologie ragionate o sintesi critiche dei loro scritti o, talvolta,
testi scritti ad hoc.22 Le pur utili antologie di questo tipo hanno il di-
fetto di selezionare e commentare i testi in modo eclettico e di orga-
nizzarli in un repertorio tematico che corrisponde alle domande degli
studiosi sul pensiero politico islamico contemporaneo e non (anche)
alle categorie utilizzate nel dibattito tra gli intellettuali musulmani. Ad
esempio la seconda parte della ricca antologia di Donohue e Esposito
del 2007 è intitolata “l’Islam e lo stato moderno” e comprende sotto-
sezioni dedicate a “Islam e nazionalismo”, “Islam e socialismo”,

20
V. sopra sezione 3.
21
Secondo Roy il fallimento dell’islam politico sarebbe stato seguito dallo sviluppo del
post-islamismo, da lui inteso (diversamente da Bayat 2007) come trasformazione della re-
islamizzazione in modelli di comportamento individuali ma globalizzati [Roy 2002, p. 7].
22
Esempi di questi diversi tipi di antologia sono rispettivamente: Calvert 2008, Donhue e
Esposito 2007; Euben 1999, Abdelkader 2011; Esposito 1983, Kurzman 1998.
Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni 191

“l’Islam nello stato laico contemporaneo” in cui sono presentati brani


di ventuno autori molto diversi tra loro (da Rashid Rida a Muammar
Gheddafi) per collocazione storica, formazione e orientamento ideolo-
gico [Donohue e Esposito 2007, p. 39-142]. Rispondendo a categorie
euristiche derivate dal pensiero politico occidentale, il criterio di sele-
zione di queste antologie finisce per fornire una visione distorta del
dibattito intermusulmano a cui partecipano gli islamisti.23

Per quanto riguarda l’evoluzione degli studi sull’islamismo,


all’interno degli studi sull’“islam politico” possiamo individuare di-
verse ‘ondate’ cronologiche, diversificate soprattutto in base
all’applicazione di questo paradigma interpretativo ai diversi sviluppi
della storia dei movimenti islamisti.
Semplificando, possiamo individuare tre ondate di studi sull’Islam
politico: a) quella degli anni ’90, già esemplificata sopra, che reagiva
agli sviluppi sul terreno del periodo 1979- 1991; b) l’ondata del primo
decennio del 2000 che reagiva agli sviluppi sul terreno del periodo
1992- 2005 individuando tre diverse evoluzioni: la diffusione del jiha-
dismo; la globalizzazione del (neo-)islamismo; e l’emergere della co-
siddetta scuola della “wasaṭiyya” o dell’ “islamismo liberale”;24 c) in-
fine, l’ondata più recente che risponde agli sviluppi sul terreno evi-
denziatisi dal 2005 ad oggi, inclusa la cosiddetta “primavera araba”,
sviluppando (sinora) due prospettive analitiche principali: quella del
cosiddetto “post-islamismo” e quella dell’ingresso nel campo
dell’Islam politico dei movimenti cosiddetti salafiti.25

Nel loro complesso gli studi che considerano sull’islamismo come


un’ideologia politica e gli islamisti come attori politici hanno dato un
contributo importante allo studio dell’islamismo, proponendo perio-
dizzazioni e tipizzazioni che restano tuttora in uso. Per quanto ri-
guarda la questione storica, la prima ondata di studi politici
sull’islamismo ne ha datato la nascita nella seconda metà degli anni
’70, quando una serie di fattori politici comuni ai paesi del medio
oriente/mondo arabo avrebbe favorito la rinascita islamica (Islamic

23
In proposito v. più sotto la sezione 4.3.
24
Per un esempio degli studi sulla prima tematica citiamo Gerges 2005; sul secondo e
terzo tema, rispettivamente, Roy 2002 e Baker 2006.
25
sul primo tema v. ad es. (con approcci differenti) Roy 1999 e Bayat 2007; sul secondo
v. Rougiers 2008 e Meijer 2014b.
192 Laura Guazzone

revival), cioè la riattualizzazione delle diverse varianti dell’ideologia


islamista nate nel mondo arabo negli anni ’30-’40 con al-Banna nel
mondo arabo e Mawdudi nel subcontinente indiano e la ricomposi-
zione, o la costituzione ex-novo, delle organizzazioni islamiste da esse
derivate. Un altro contributo importante è emerso sulla questione
dell’individuazione delle diverse tipologie dell’azione politica islami-
sta, dei suoi militanti e della sua base sociale, temi sui quali questo
filone di studi ha individuato delle tipologie tuttora relativamente uti-
lizzabili. Ad esempio la tipizzazione dei movimenti islamisti basata
sulla modalità prevalente della loro azione politica (riformista o rivo-
luzionaria); l’individuazione del profilo della base sociale islamista,
costituita dalla piccola borghesia, modernamente istruita, ma margi-
nalizzata, e talvolta alleata con il proletariato urbano o rurale; oppure
la tipizzazione della leadership islamista, distinta per modalità
d’azione in carismatica e burocratica, o per formazione in laica e reli-
giosa (ʽulamā’ e non).
Nonostante questi contributi fondamentali, l’interpretazione
dell’islamismo come “Islam politico” ha anche generato problemi
metodologici che nascono dai vari tipi di distorsione della conoscenza
generati dall’assoluta prevalenza di questa prospettiva sulle altre (ana-
lizzate nelle sezioni seguenti). Da un lato, poiché l’islam politico a
causa dell’islamofobia è considerato sinonimo di “pericolo islamico”,
l’insistenza degli studi proprio sull’islam politico ha rafforzato i miti
fondanti dell’islamofobia nonostante la sostanza stessa degli studi ne
smentisse nella maggior parte dei casi i presupposti. D’altro lato, la
focalizzazione degli studi sulla (storia) politica dei movimenti islami-
sti ha lasciato solo uno spazio residuale e risorse limitate per lo studio
del fenomeno islamista da altre prospettive – antropologica, sociolo-
gica, giuridica, teologica, ideologica – al punto che il debole sviluppo
di queste altre prospettive di studio ha contribuito, paradossalmente,
ad indebolire gli stessi studi politologici sull’islamismo per carenza di
input adeguati. Ad esempio sono stati svolti pochi studi comparativi
sullo sviluppo del pensiero politico dei vari movimenti islamisti e
quasi solo in relazione ad alcuni temi “esterni” all’ideologia islamista,
quali il rapporto tra Islam e democrazia secondo gli islamisti.26

26
Per un esempio dell’approccio “islamofobico” alla questione v. Bukay 2007; per un
approccio scientifico v. Sadowski 1993, Krämer 1995 e Bayat 2007.
Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni 193

Va notato infine (ma la questione non è certo marginale) che gli


stessi leader e militanti islamisti ritengono che la definizione dei loro
movimenti e dei loro obiettivi in termini puramente politici sia troppo
riduttiva, proprio perché, come si ricordava prima, il niẓām islāmī che
aspirano a costituire è più ampio del sistema politico che pur inten-
dono riformare.
Com’è noto Hasan al-Banna definiva l’Associazione dei Fratelli
musulmani da lui fondata in termini molto ampi e non solo politici:

Fratelli, voi non siete un ente di beneficienza, né un partito politico, né


un’organizzazione locale dagli scopi limitati. Voi siete invece un nuovo
spirito che scorre nel cuore di questa Umma e la rivivifica attraverso il
Corano, siete una nuova luce che sorge a respingere le tenebre del mate-
rialismo con la conoscenza di Dio.27

Diversi altri leader islamisti hanno fornito definizioni dell’islami-


smo che rifiutano di confinarlo alla sfera politica. Ad esempio il leader
di Ennahda Ghannouchi ha descritto la ḥaraka islāmiyya come il mo-
vimento che comprende:

Tutte le attività che promuovono l’Islam inteso come definitiva parola


di Dio agli uomini, quadro di riferimento onnicomprensivo per la vita e
messaggio per tutti gli uomini del mondo [al-Ġannūšī 2013].

Abdessalam Yacine, il fondatore del movimento marocchino al-


ʽadl wal-iḥsān, ha criticato gli studiosi occidentali per la loro incapa-
cità di considerare anche la dimensione non politica e spirituale
dell’islamismo:

La denuncia della dominazione culturale dell’Occidente […]. La de-


nuncia del malgoverno e dell’ingiustizia sociale […]. Questo lo percepite
[…], il resto, il non detto rappresentato dalla spiritualità, dal ritorno a Dio
[…] esiste anch’esso [Burgat 1988, p. 71].

Anche Abdul Monem Abul Futuh, quando era ancora membro del
maktab al-iršād (l’Ufficio Direttivo) dell’Associazione dei Fratelli
Musulmani egiziani, ha corretto la terminologia degli studiosi occi-
dentali:

27
“Risāla bayna al-ams wa al-yawm” [Ḥasan al-Bannā s. d., p. 62].
194 Laura Guazzone

A mio avviso il termine "Islam riformista" [islām iṣlāḥī] rappresenta


una descrizione più precisa dell’attività del movimento islamista [al-
ḥaraka al-islāmiyya] che non il termine “Islam politico”. Quest'ultimo
termine infatti limita l’attività del movimento esclusivamente alla
partecipazione politica, escludendo l'attività sociale, educativa, cultu-
rale e per lo sviluppo [Abul Futouh 2006, p.1].

Dunque, per tutti i motivi considerati in questa sezione, la defini-


zione di islamismo come “islam politico” benché fondata e ampia-
mente diffusa, non può essere adottata come la definizione scientifica
di riferimento.

4.2 L’islamismo come “politica dell’Islam” (Muslim politics)


Anche questo secondo sottogruppo di quelle che chiamiamo le in-
terpretazioni “focalizzate” considera l’islamismo in una prospettiva
politica, ma ne propone un’accezione ben diversa, derivata dall’antro-
pologia culturale e dalla sociologia delle religioni.
Per Eickelman e Piscatori, i primi a concettualizzare questa pro-
spettiva, gli islamisti sono solo uno dei molteplici attori che “invocano
a sostegno delle loro rivendicazioni e contro-rivendicazioni idee e
simboli che i musulmani, in contesti diversi, identificano come ‘isla-
mici’” [Eickelman e Piscatori 1996, p. 4]. Ulamà, capi di stato e re-
gimi politici, gruppi di predicazione, partiti e movimenti: sono innu-
merevoli gli altri attori musulmani che partecipano alla competizione
per legittimarsi in nome della giusta interpretazione dell’Islam. Questa
competizione è sì politica, perché ha per oggetto il consenso sociale,
ma non è esclusivamente o prioritariamente legata alla politica for-
male rappresentata dai processi elettorali e dalle istituzioni di governo
[Salvatore 2004, xii]. E’ in questa prospettiva che Salwa Ismail so-
stiene che:

[La politica islamista] comprende le attività delle organizzazioni e


dei movimenti che si mobilitano e si muovono nella sfera politica di-
spiegando segni e simboli della tradizione islamica. [… Mentre]
l’islamismo comprende sia la politica islamista che la re-islamizza-
zione, processo attraverso il quale i diversi ambiti della vita sociale
sono investiti di segni e simboli associati alle tradizioni culturali isla-
miche…” [Ismail 2006, p. 2].
Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni 195

Questa definizione socio-antropologica dell’islamismo è stata uti-


lizzata negli studi sia per indagare il livello micro dell’azione politica,
ad esempio come i militanti si mobilitano localmente per acquisire un
potere di arbitrato sulla promozione/protezione della morale pubblica
[Haenni 2005; Ismail 2006], sia a livello macro e addirittura sistemico,
ad esempio per analizzare la “politica dell’Islam” come strumento per
la competizione di influenza nelle relazioni internazionali [Mandaville
2003]. Altri autori hanno proposto una visione socio-antropologica
ancora più ampia della “politica dell’Islam”, identificandola con
quello che si può definire come il suo principale prodotto: la re-isla-
mizzazione della cultura e della società stimolata, seppur con fini di-
versi, dai diversi attori islamici in competizione [Starret 1998, p. 191-
192].
L’apporto dell’antropologia culturale allo studio dell’islamismo è
stimolante e necessario nella misura in cui riconnette l’islamismo alle
pratiche e ai discorsi degli altri attori islamici e rivela la varietà dei ri-
ferimenti del suo universo culturale; d’altro canto però la definizione
dell’islamismo come una forma tra tante di “politica dell’Islam”
spesso non ci aiuta a capire le specificità dell’attore islamista e, dun-
que, ne fornisce una definizione molto parziale.
Questo filone di studi non ha dato apporti espliciti alla storicizza-
zione o alla tipizzazione dell’islamismo e dei suoi movimenti, ma ha
contribuito a precisarne l’analisi sociologica, soprattutto per quanto
riguarda le modalità di diffusione del discorso religioso e politico e la
sua “negoziazione” con gli altri attori islamici.

4.3. L’islamismo come “attivismo islamico”


Questo filone interpretativo si è sviluppato dalla fine degli anni ’90
dalla confluenza tra gli studi sociologici sui movimenti sociali e gli
studi sull’islamismo.28 Come nel caso degli studi dedicati alla
“politica dell’Islam” (v. sopra), anche gli studi dedicati all’attivismo
islamico considerano l’islamismo e gli islamisti come attori tra gli altri
di un fenomeno più largo: l’attivismo dei movimenti sociali islamici.
Questo attivismo è definito come:

28
Per un’introduzione agli studi sui movimenti sociali v. Della Porta e Dani 2006; per una
dettagliata analisi della convergenza tra i due filoni di studi e la relativa bibliografia v.
Wictorowicz 2004, p. 3-19.
196 Laura Guazzone

La mobilitazione della (contest)azione [contention] a sostegno


delle cause musulmane…che include i movimenti di predicazione, i
gruppi terroristi, l’azione collettiva radicata in simboli e identità isla-
mici, i movimenti esplicitamente politici che cercano di istituire uno
stato islamico e movimenti introspettivi che promuovono la spiritualità
islamica attraverso un impegno di gruppo [Wictorowicz 2004, p. 2].

Secondo questa definizione i movimenti islamisti sono considerati


un tipo particolare tra i movimenti sociali islamici. Di conseguenza gli
studi sull’islamismo ispirati a questo approccio in genere non conten-
gono definizioni dell’islamismo per sé, anche se usano il termine
islamista per individuare il proprio oggetto di ricerca, così che in que-
sto filone troviamo studi sui network dei movimenti sociali “islami-
sti”, sulle donne “islamiste” in Yemen, sugli incentivi “islamisti” per
il reclutamento dei giovani istruiti egiziani.29 Talvolta si nota, anche in
questi studi, un uso intercambiabile dell’aggettivo islamico/islamista
che denota, ancora una volta, la mancanza d’un definizione condivisa
del concetto di islamismo.30
La concezione dell’islamismo come agente dell’attivismo “isla-
mico” non sembrerebbe dunque proporre contributi di peso alla defi-
nizione e alla comprensione del fenomeno; ma non è così.
L’approccio derivato dallo studio dei movimenti sociali è sempre più
applicato allo studio dei movimenti islamisti perché, anche se non
tenta nemmeno di rispondere alla domanda “cos’è l’islamismo?”, for-
nisce strumenti disciplinari nuovi per rispondere alle altre domande di
fondo, che restano spesso implicite e/o irrisolte nelle definizioni ana-
lizzate nelle sezioni precedenti.
La teoria dei movimenti sociali offre infatti una serie di impor-
tanti elementi di risposta alla domanda “perché (esiste) l’islamismo?”.
Nelle sue diverse fasi questo approccio disciplinare ha infatti elabo-
rato diversi paradigmi esplicativi della nascita dei movimenti sociali,
che dalla fine degli anni ’90 sono stati progressivamente applicati allo
studio dei movimenti islamisti. Ad esempio, nella sua prima fase
“funzionalista” sviluppatasi negli anni ‘50 la teoria ha variamente so-
stenuto che tutti i movimenti sociali nascono in reazione agli “stress
strutturali” socio-economici, culturali o politici subiti dalle società in
determinate congiunture storiche. Pur senza mai utilizzare questa eti-
29
Si tratta di studi contenuti tutti in Wictorowicz 2004.
30
L’incongruenza terminologica è rilevata in Singerman 2004, p. 143-144.
Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni 197

chetta né fare riferimento alla relativa teoria,31 l’idea degli “stress


strutturali” è stata utilizzato da molti studiosi dell’islamismo per spie-
garne la nascita e lo sviluppo: benché lo “stress” dovuto alla moder-
nizzazione socio-economica sia stato spesso invocato tra le cause
strutturali dell’emergere dell’islamismo, ad esempio nell’Egitto
d’inizio Novecento o nell’Iran e l’Egitto degli anni ’70 [Dekme-
jian1995, p. 23; Ibrahim 2002, p. viii;], è lo stress culturale causato dal
colonialismo prima e dall’imperialismo poi ad essere stato invocato
più spesso come causa dell’islamismo, anche e specialmente dai
leader islamisti stessi.32 Particolarmente rappresentativi di questa spie-
gazione dell’origine dell’islamismo sono gli scritti di studiosi come
Burgat, che esplicitamente definiva l’islamismo come “la voce del
Sud” del mondo e ancora oggi ribadisce la validità di questo approccio
[Burgat 2012].
In una seconda fase “razionalista” la teoria dei movimenti sociali
ha sostenuto che i movimenti nascono perché, a certe condizioni, le
azioni di protesta e di lobbying che li contraddistinguono sono il modo
più razionale di superare le diverse forme di oppressione, privazione o
discriminazione di cui la società a loro avviso soffre. Secondo questo
approccio, noto come “teoria della mobilitazione delle risorse”, le
condizioni necessarie per lo sviluppo di movimenti sociali è la dispo-
nibilità di risorse e strutture adatte ad organizzare la mobilitazione so-
ciale. Anche in questo caso gli studi sull’islamismo non hanno inte-
grato esplicitamente questa teoria, ma un gran numero di studi di caso
sui movimenti islamisti si è concentrato proprio su quelle che possono
essere definite le risorse della mobilitazione islamista: le moschee, le
ONG islamiche, le associazioni professionali e studentesche, i movi-
menti e i partiti politici islamisti, ma anche i network e l’associazio-
nismo informali [Shehata 2012]. In una terza fase, sviluppatasi dagli
anni ’80, la teoria dei movimenti sociali si è concentrata anche sui co-
siddetti processi di “formulazione” (framing) culturale utilizzati dai
movimenti, portando l’attenzione su un terreno, quello del discorso
ideologico e identitario, già da lungo tempo indagato dagli studi
sull’islamismo, in particolare, ma non solo, nella prospettiva della

31
Un’eccezione è rappresentata dal sociologo egiziano Ibrahim Saad Eddin, che già nel
1980 parlava di attivismo islamico e definiva movimenti sociali i gruppi come Takfir wal-
hijra da lui studiati [Ibrahim 1980, p. 426].
32
Si v. ad esempio Hasan al-Banna nella lettera a re Faruk del 1946 “naḥwa al-nūr”
(“Verso la luce”) [al-Bannā s.d., p. 147] e al-Ġannūšī 1995.
198 Laura Guazzone

“Muslim politics”. Data la prevalenza delle definizioni essenzialmente


politiche dell’islamismo già illustrata sopra, anche la prospettiva del
framing applicata all’islamismo si è soprattutto concentrata sui conte-
nuti esplicitamente politici del discorso islamista (ad esempio le posi-
zioni sulla democrazia e il multipartitismo, i diritti delle donne e delle
minoranze, il concetto di stato islamico ecc.), dedicando relativamente
meno attenzione all’analisi del framing delle posizioni prettamente
dottrinarie degli islamisti e dello stile di (ri)costruzione delle prassi
religiose e dell’uso dei simbolismi religiosi [Wiktorowicz 2004].
Infine, nella sua quarta fase, la teoria dei movimenti sociali si è
concentrata sull’analisi degli “incentivi e disincentivi” provenienti
dall’ambiente (il sistema internazionale, il regime politico, gli altri
attori socio-politici) in cui operano i movimenti sociali; questo ap-
proccio è stato recepito più consapevolmente dagli studiosi dei movi-
menti islamisti, dando in particolare origine ad un filone di studi in cui
uno dei temi dominanti è stato quello dell’analisi dei fattori che, negli
specifici casi considerati, hanno contribuito alla “moderazione” o “ra-
dicalizzazione” dell’ideologia e/o delle prassi politiche dei movimenti
islamisti.33

4.4. L’islamismo come attore del dibattito sull’interpretazione del-


l’Islam
Questo approccio allo studio dell’islamismo non fornisce alcuna
definizione del fenomeno, ma mette al centro dell’analisi il contributo
che il pensiero e le prassi degli islamisti hanno dato, dagli anni Trenta
ad oggi, al più generale dibattito inter-musulmano sulle interpretazioni
e le applicazioni dell’Islam. Questa prospettiva analitica si è svilup-
pata in modo autonomo, come componente collaterale (e marginale)
nell’amplissimo campo delle scienze islamiche, soprattutto filosofiche
e giuridiche: è per questo che chi adotta questa prospettiva non è gene-
ralmente interessato a definire l’islamismo per sé.
Tre filoni di studi rientrano in questa categoria dedicando
un’esplicita attenzione all’islamismo: da un lato la letteratura critica (e
talvolta polemica) prodotta da quei musulmani e/o studiosi dell’Islam
che contestano su varie basi l’interpretazione dei principi dell’Islam
data dagli islamisti. Questo tipo di letteratura, elaborata soprattutto in

33
Per una sintesi degli studi su questo tema v. Schwedler 2011 e la letteratura ivi citata; v.
anche Cavatorta e Merone 2013; El-Said e Harrigan 2012.
Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni 199

arabo e nelle altre lingue locali del mondo musulmano, è ricchissima e


include le opere di alcuni tra i grandi intellettuali arabi dell’Islam con-
temporaneo, quali l’egiziano Hassan Hanafi, il marocchino Moham-
mad Abed al-Jabri o il siriano Sadiq al-Azm, accanto alle opere, di
valore diseguale, di ulamà dell’Islam istituzionale quali, tra gli altri,
l’egiziano al-Ashmawi, il marocchino Abdou Filali-Ansary, il siriano
Ramadan Al-Bouti o il saudita Ibn Uthaymin, spesso legati ai rispet-
tivi regimi al potere.
Un secondo filone in questo approccio è quello, non pregiudizial-
mente critico dell’islamismo, dedicato agli intellettuali aderenti al di-
battito sul cosiddetto “islam liberale” o wasaṭiyya, tra i quali vengono
annoverati alcuni leader islamisti come Rashid Ghannouchi, Yusuf
Qaradawi, Hasan Turabi, che ha ispirato l’evoluzione delle prassi so-
ciali e politiche di taluni movimenti islamisti.34 Infine un terzo filone
(talvolta sovrapponibile al secondo) è quello che considera gli intel-
lettuali islamisti come partecipanti al dibattito sulla riforma dell’Islam
che si è sviluppato dalla fine del XIX sec. nel mondo musulmano
[Halverson 2010; Zaman 2012]. Questo filone ci sembra particolar-
mente promettente per controbilanciare gli effetti distorsivi della pre-
ponderanza degli studi politologici sull’islamismo con una maggiore
conoscenza del più ampio contesto filosofico e dottrinario da cui
l’islamismo deriva e in cui si è evoluto. Questo approccio ci sembra
ben rappresentato da Zaman, che a proposito del dibattito sulla ri-
forma (iṣlāḥ) sociale e giuridica nel mondo musulmano afferma che:

Non solo i modernisti musulmani da una parte e gli islamisti


dall’altra si sono impegnati in critiche sulla tradizione religiosa isla-
mica… anche i dotti religiosi con un’educazione tradizionale… sono
spesso stati vigorosamente critici di aspetti particolari della tradizione,
contribuendo al dibattito sulla riforma delle società musulmane…
[che] si è accompagnato a contestazioni dell’autorità religiosa… è ri-
masto in gran parte irrisolto… [e contraddistinto] da tensioni, ambi-
guità e contraddizioni… generate dagli specifici contesti – locali, re-
gionali, globali – in cui i vari dibattiti hanno avuto luogo [Zaman
2012, p. 2-3].

34
Nel più ampio alveo degli studi sulle interpretazioni dell’Islam compatibili con, o
fondate su, i principi del liberalismo, mostrano un particolare interesse per il contributo degli
islamisti a questo dibattito Abdelkader 2011, Baker 2006 e Kurzman 1998.
200 Laura Guazzone

Notiamo en passant la distinzione operata qui da Zaman tra moder-


nisti e islamisti, che si ricollega anche a quella con i cosiddetti salafiti:
si tratta di una distinzione talvolta difficile da argomentare a causa sia
di una sedimentata confusione terminologica,35 sia della coincidenza
delle posizioni di questi tre gruppi (e dei singoli intellettuali che li
compongono) su talune questioni, quali l’esclusione della tradizione
giuridica dalle fonti essenziali dell’Islam (Corano e Sunna), e la di-
vergenza su altre, come ad esempio il rapporto con l’autorità politica
costituita e quello con la cultura occidentale. Quello che ci interessa
notare qui è che, svolta nei termini proposti da Zaman e pochi altri,
l’analisi del discorso islamista permette di distinguere la posizione de-
gli islamisti da quella di altri partecipanti al dibattito intermusulmano
– quali ad esempio i modernisti, ma anche i sufi, gli ulamà tradizionali
o i salafiti – rispetto a categorie interne e fondanti del dibattito
sull’interpretazione legittima dell’Islam, quali le posizioni in materia
di consenso (iǧmāʻ), sforzo interpretativo autonomo (iǧtihād) e bene
comune (maṣlaḥa). Nel sottolineare l’importanza di questo filone di
studi non vogliamo certo negare che lo sviluppo del pensiero islamico
contemporaneo (e dunque anche di quello islamista) sia il frutto di un
dibattito critico plurale, in cui incide chiaramente anche il confronto
col pensiero occidentale;36 ci sembra tuttavia fuorviante, come già
sottolineato sopra, che l’analisi del pensiero islamista sia fatta soprat-
tutto in relazione alle categorie del pensiero politico occidentale.

5. Una proposta di metodo per una possibile ridefinizione operativa.


L’analisi svolta sin qui delle diverse definizioni/interpretazioni
dell’islamismo conferma l’assenza, sinora, di una concettualizzazione
e definizione scientifica condivisa del fenomeno. Questa assenza, pur
comune ad altri fenomeni complessi studiati dalle scienze sociali,37
rappresenta un problema metodologico non marginale, ad esempio
perché non offre un modo efficace per distinguere tra le diverse tipo-
35
Si tratta della confusione terminologica generata dai primi studiosi occidentali del
modernismo che sono stati indotti ad utilizzare il termine salafiyya sia per il riformismo
musulmano (iṣlāḥ) di Afghani, Abduh e Rida (che non utilizzano mai questo termine per
definirsi) sia per la dottrina fondamentalista di rinnovamento (tağdīd) di Abd al-Wahhab ed
altri: v. in proposito l’illuminante studio di Lauzière 2010.
36
Su questa triangolazione intellettuale v. ad es. il capitolo “Orientalist Construction,
Islamic Reform and Islamist Revolution” in Jung 2012.
37
Pensiamo ad esempio alla molteplicità delle definizioni e degli approcci allo studio
della democrazia e dei fenomeni ad essa connessi, quali la democratizzazione.
Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni 201

logie dei movimenti islamisti e tra questi e i movimenti di matrice si-


mile, ma a nostro avviso distinti, come i movimenti islamici di predi-
cazione o i cosiddetti movimenti salafiti e jihadisti.
Tuttavia a partire dalla mappatura di significati, dei dati e delle in-
terpretazioni prodotti sinora dagli studi sull’islamismo è possibile ela-
borare definizioni operative utili a fini specifici. Quello che abbiamo
cercato di evidenziare con la nostra disamina è infatti la complementa-
rietà trasversale tra le definizioni prevalenti, che permette di eviden-
ziare la multidimensionalità del fenomeno dell’islamismo e la neces-
sità di analizzarlo in modo che sia al contempo inclusivo e specifico.
Perciò, benché ogni definizione complessiva d’un fenomeno com-
plesso rischi di essere reificante o riduttiva, riteniamo che la defini-
zione inclusiva di islamismo proposta da Lacroix e Holoch (che ripe-
tiamo qui per comodità del lettore) sia una buona definizione intro-
duttiva:

Il termine islamismo è usato… per designare ogni agente, organiz-


zato formalmente o informalmente, che agisce o aspira ad agire nel
suo ambiente sociale e/o politico allo scopo di renderlo conforme con
un ideale basato su un’interpretazione particolare dei precetti
dell’Islam” [Lacroix 2011, p. 1, nota 1].

Partendo da questa o da altre definizioni inclusive ampie bisogna


poi specificare ulteriormente il significato attribuito ai loro diversi
elementi. Ad esempio, trattando della storia dei Fratelli Musulmani
andrà chiarito che lo studio si occupa di un tipo specifico di “agente”
dell’islamismo: nella fattispecie i movimenti sunniti arabi formal-
mente organizzati, che fanno parte o sono indirettamente derivati
dall’Organizzazione dei Fratelli Musulmani. I criteri di appartenenza a
questo gruppo andranno poi definiti in modo esplicito, ad esempio
sulla base dei fattori interni che caratterizzano un determinato movi-
mento islamista al momento della sua fondazione, ad esempio
l’adozione delle modalità organizzative e dall’adesione ai principi
ideologici definiti da Hasan al-Banna, il fondatore dei Fratelli Musul-
mani. Data la numerosità dei movimenti che ricadrebbero in questa
categoria, occorrerà poi specificare se lo studio si occuperà di tutti i
movimenti in questione (impresa titanica!), o esclusivamente o princi-
palmente di alcuni, ad esempio i movimenti dei Fratelli Musulmani
egiziani e giordani. Come si noterà, la definizione dell’oggetto di stu-
202 Laura Guazzone

dio adottata sopra a titolo d’esempio evita deliberatamente di catalo-


gare i movimenti islamisti in base alle modalità della loro azione poli-
tica, al tipo di base sociale, di leadership o di rapporto con gli altri at-
tori politici e sociali. Metodologicamente questa scelta andrebbe ulte-
riormente argomentata, ad esempio sulla base del fatto che ciascuno
degli elementi identificativi esclusi è stato soggetto ad un’evoluzione
storica e, soprattutto, è sempre stato la risultante dell’interazione tra
componenti e orientamenti differenti, sia tra i diversi movimenti, che
all’interno di ogni singolo movimento nelle diverse fasi storiche.
Emergerebbe così una definizione chiara dell’ oggetto e della meto-
dologia dello studio, dove, nella fattispecie dell’esempio adottato, la
storicizzazione sarebbe un elemento chiave.
L’esempio di elaborazione d’un metodo di definizione specifica per
gli studi sull’islamismo e i suoi movimenti che abbiamo appena svi-
luppato non è fine a se stesso. Se si prova infatti a sviluppare una spe-
cifica accezione anche per gli altri elementi della definizione inclusiva
riportata sopra, diventa evidente come sia necessario affrontare siste-
maticamente i presupposti, troppo spesso impliciti, da cui gli studiosi
o i commentatori del fenomeno islamista partono. Ad esempio in ma-
teria di convergenza o divergenza tra gli islamisti e tra questi e, ad
esempio, i salafiti, in materia di applicazione dei precetti dell’Islam
(specificando quali). In altri termini, l’esercizio della specificità per-
metterebbe di superare molte delle impasse intellettuali denunciate
dagli studiosi dell’islamismo considerati nel corso di questo saggio e
di sviluppare un approccio di ricerca all’islamismo più solido, più
condiviso e meno ostaggio di manipolazioni derivate da interessi di
parte.
Questo nuovo approccio potrebbe anche portare a un superamento
dell’uso del termine islamismo, o alla sua applicazione solo a una più
ristretta categoria di agenti e di fenomeni.
Studi sull’«islamismo»: approcci e definizioni 203

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