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Richiami di microeconomia
Domanda di mercato
Curva di domanda: la curva di domanda D( p) o Q( p) determina la quantità totale
domandata dai consumatori in corrispondenza di un dato prezzo
Curva di domanda inversa: la domanda inversa, indicata come P(q) , rappresenta la
disponibilità a pagare del consumatore per la q-esima unità del bene. Di norma in economia
industriale si usa questa forma, senza indagare sulle funzioni di utilità sottostanti. p=a−bq
∆Q −p
/∆ p ∗δQ
Q p ∆Q Considerando variazioni infinitesimali Q
ϵ= = ϵ=
p Q ∆p δp
ϵ >1 → domanda elastica, consumatori molto sensibili a variazioni nei prezzi. Una variazione di prezzo dell’1%
genera una variazione della domanda superiore all’1%. Con ϵ=∞ si ha il caso di concorrenza perfetta
ϵ <1 → domanda rigida, consumatori poco sensibili a variazioni nei prezzi. Una variazione di prezzo dell’1%
genera una variazione della quantità domandata inferiore all’1%. Con ϵ=0 si ha domanda perfettamente rigida
ϵ =1 → elasticità unitaria, una variazione di prezzo dell’1% genera una variazione della quantità domandata pari
all’1%
Lungo una curva di domanda inversa lineare p=a−bq , l’elasticità della domanda è
a p
costante? Data p, q= − , dunque:
b b
1 p p
ϵ= =
b a p a− p
−
b b
Lungo la curva di domanda l’elasticità varia, in quanto varia il rapporto P/Q .
∂ TC
Costi marginali (c ): costo della produzione di un’unità aggiuntiva di output c=
∂q
Costi medi:
o Costo totale medio AC=TC (q)/q
o Costo variabile medio AVC=VC (q)/q
o Costo fisso medio AFC=FC /q
Il costo fisso medio decresce all’aumentare dell’output; quello variabile medio decresce e poi cresce (es. straordinari),
il costo medio totale prima cresce (quando c > AC ) e poi decresce (quando c < AC ). La curva dei costi marginali
interseca la curva del costo medio in corrispondenza del suo punto di minimo.
Si hanno:
Economie di scala (rendimenti di scala crescenti) se il costo medio decresce al crescere dell’output
Diseconomie di scala (rendimenti di scala decrescenti) se il costo medio cresce al crescere dell’output
Un indice per misurare l’entità delle economie di scala è s= AC /c: se superiore a 1 si hanno rendimenti crescenti (
AC diminuisce quando c < AC ), se inferiore a 1 sia hanno rendimenti decrescenti ( C aumenta quando c > AC . Con
s=1 si hanno rendimenti costanti, detta anche scala minima efficiente (SME), ovvero il livello di produzione al quale
le economie di scala si esauriscono.
Il valore della SME fornisce indicazioni utili sul grado di concentrazione del settore. Se nell’industria dei bulloni
SME=100 e il numero di bulloni richiesti dal mercato è 10.000, il mercato è poco concentrato: la domanda viene
soddisfatta da molte piccole imprese. Il valore della scala minima efficiente dipende dalla forma della curva del costo
medio; la curva del costo medio dipende dalla tecnologia adottata. Il grado di concentrazione di un settore dipende
quindi in larga misura dalla tecnologia adottata.
L’obiettivo di qualsiasi impresa è quello di massimizzare i propri profitti, ovvero aumentare l’output fino a quando il
ricavo marginale ( RM ) derivante dalla vendita di una unità addizionale di prodotto è uguale al costo marginale ( c )
sostenuto per produrre l’unità stessa.
max π=¿ R−C= p ( q ) q−C ( q ) ¿
La condizione di primo ordine necessaria per la massimizzazione del profitto si ottiene derivando la funzione del
∂ Π (q ) ∂ p ∂p
profitto rispetto alla quantità e ponendola uguale a 0: = q+ p−c=0, dove q+ p sono i ricavi
∂q ∂q ∂q
marginali e c i costi marginali. Se:
RM ( q ) >c ( q ), allora il profitto aumenta all’aumentare della produzione
RM ( q ) <c ( q ), allora il profitto diminuisce all’aumentare della produzione
RM ( q ¿ ) =c ( q¿ ) , allora il livello di output dell’impresa massimizza i profitti.
Il costo marginale è il concetto di costo da usare per determinare quanto un’impresa deve produrre, a patto che
l’impresa produca una certa quantità.
Nel breve periodo, se il prezzo supera il costo medio variabile
l’impresa continuerà a produrre, avendo profitti operativi su ciascuna
unità venduta. Il costo medio variabile è quindi utile per decidere se
produrre o meno nel breve periodo.
Nel lungo periodo, se il prezzo supera il costo medio totale l’impresa
continuerà a produrre. Il costo medio totale è quindi il concetto di
costo da valutare per decidere se produrre ancora nel lungo periodo.
Strutture di mercato
I tre casi limite di struttura di mercato sono la concorrenza perfetta (come nel caso di alcuni prodotti agricoli), il
monopolio (acqua, trasporti) e l’oligopolio (telefonia, concorrenza imperfetta).
Concorrenza perfetta
La concorrenza perfetta è una particolare situazione in cui vi sono beni omogenei, informazione perfetta, assenza di
costi di transazione ed esternalità. In questo contesto, le imprese sono price-taker: il prezzo è determinato dal
mercato.
La curva di domanda (inversa) è orizzontale, visto che il prezzo è definito dal mercato. Se l’impresa fissa un prezzo
maggiore di quello di mercato non venderà nulla; se fissa un prezzo minore, cattura tutta la domanda. Come visto
prima, la domanda è infinitamente elastica. L’impresa concorrenziale fronteggia una curva di domanda orizzontale
anche se la curva di domanda di mercato ha pendenza negativa.
Se il prezzo è un elemento non modificabile, la principale decisione che l’impresa deve prendere è quella relativa al
livello ottimo di produzione. Questo si troverà in corrispondenza del punto in cui il ricavo marginale è uguale al costo
marginale. A partire dall’equilibrio della singola impresa, possiamo ricavare l’equilibrio del mercato distinguendo tra
equilibrio di breve e di lungo periodo.
Con p= p ' , sono vendute Q ' unità del bene; tuttavia, esiste un certo numero di consumatori insoddisfatti. Ovvero,
alcuni hanno disponibilità a pagare inferiore a p ' , altri invece pagherebbero più di quanto costi un’unità aggiuntiva
del bene (c ). Questi ultimi sono quelli che acquisterebbero le unità da Q ' a Q ' ' , dove Q ' ' è l’output di concorrenza,
dove i costi marginali eguagliano la disponibilità a pagare. Finché la curva di domanda (disponibilità a pagare) sta sopra
la curva dei costi marginali (disponibilità a vendere), un aumento dell’output aumenta il surplus totale e l’efficienza.
Se non si raggiunge il punto di incontro tra domanda e offerta si osserva una perdita di efficienza (perdita secca, EL),
che è pari alla differenza tra il surplus totale associato a Q ' ' e quello di Q ' .
Monopolio
Nel monopolio il monopolista è in grado di fissare il prezzo (price-maker) attraverso la modifica dell’output produttivo,
con l’obiettivo di massimizzare il profitto. Nel modello monopolistico, si ha una sola impresa che detiene una quota di
mercato del 100%; ciò che è importante è il grado di potere di monopolio, ovvero la capacità di fissare un prezzo
superiore al costo marginale. La curva di domanda dell’impresa coincide con la curva di domanda dell’industria ( q=Q
); ne consegue che, a differenza della concorrenza perfetta, il monopolista affronta una curva di domanda con
pendenza negativa.
Per vendere un’unità addizionale deve abbassare il prezzo; i ricavi
aumentano o diminuiscono a seconda se la quantità aggiuntiva copre le
perdite derivanti dal prezzo inferiore. La vendita di un’unità aggiuntiva
comporta quindi un aumento dei ricavi pari a B e una perdita pari ad A . I
ricavi aggiuntivi dati da p1 ( Q 0+ 1 )− p0 Q 0 sono detti ricavi marginali.
A differenza della concorrenza perfetta, il ricavo marginale è sempre
inferiore al prezzo (per quanto detto prima).
∂p
Usando il calcolo differenziale dato da R ( Q )= p ( Q ) Q , si ha che: MR= p+ Q
∂Q
∂p
è la diminuzione di prezzo necessaria a vendere l’unità aggiuntiva.
∂Q
Calcoliamo l’equilibrio in caso di domanda lineare, dove la domanda interseca le ascisse in Q=a/b e i costi marginali
intersecano in Q=a/2 b.
R ( Q )=( a−bQ ) Q=aQ−bQ 2 → MR=a−2 bQ (derivata)
M a−c
L’equilibrio si ha quando i costi marginali e i ricavi marginali sono uguali: a−2 bQ=c , da cui Q =
2b
Data la domanda inversa p M =a−b ( a−c
2b ) =
a+ c
2
, il profitto di equilibrio è
2
a+ c a−c a−c ( a−c )
π M =pq−cq= −c =
2 2b 2b 4b
M
Il monopolista realizza un profitto π vendendo una quantità inferiore a di prodotto e ad un prezzo maggiore a quello
di concorrenza. Il surplus del consumatore diminuisce, ma non tutto viene assorbito dal monopolista.
π PC =pq−cq=cq−cq=0.
Monopolio, elasticità e concorrenza perfetta
Oligopolio
Monopolio e concorrenza perfetta sono casi estremi ma poco realistici. Una situazione più comune, intermedia tra i
due casi, è quella in cui ci sono poche imprese concorrenti e un gran numero di consumatori, ovvero l’oligopolio. Nel
caso in cui le imprese siano solo 2, si parla di duopolio. Importante caratteristica dell’oligopolio è l’interdipendenza
strategica tra le imprese: una certa azione dell’impresa 1 influisce sui profitti dell’impresa 2 e viceversa, dunque
quando un’impresa prende una decisione deve tener conto della reazione dei concorrenti.
Diversamente da quanto avviene per la concorrenza perfetta e il monopolio, non esiste un unico modello di oligopolio;
infatti, i mercati del mondo reale presentano caratteristiche che differiscono in modo sostanziale. I modelli di
oligopolio utilizzano la teoria dei giochi per analizzare in maniera formale le interazioni strategiche.
Definizioni di gioco
È possibile parlare di gioco quando 2 o più soggetti (giocatori) si trovano in un contesto di interazione strategica, in
virtù della quale devono adottare delle strategie che influiscono direttamente sui risultati (payoff) ottenuti dall’altro.
La teoria dei giochi analizza:
Giochi non cooperativi: giochi in cui non sono possibili accordi vincolanti tra i giocatori (autonomia dei giocatori).
Questa tipologia di giochi è classificabile in base a:
o Numero di ripetizioni: one-shot o ripetuti
o Simultaneità delle mosse: statici (contemporanee) o dinamici (sequenziali)
o Conoscenza o meno dei payoff: informazione completa o incompleta (bayesiani, asimmetria informativa)
Giochi cooperativi: giochi in cui è possibile realizzare accordi vincolanti fra tutti i giocatori o un sottoinsieme
I giochi possono essere rappresentati in due modi:
Forma normale: per i giochi statici, attraverso una matrice a n dimensioni (con n mosse)
Forma estesa: per i giochi dinamici, attraverso un albero di gioco che specifica la sequenza temporale delle mosse
Equilibrio di Nash
Risposta ottima: è la strategia che massimizza il payoff del giocatore, date per costanti le strategie degli altri
Strategia dominante: è la risposta ottima del giocatore qualunque sia la strategia dell’altro giocatore
L’equilibrio di Nash è una combinazione di mosse tali che la strategia di ogni giocatore è la risposta ottima alle
strategie degli altri. Nel famoso dilemma del prigioniero, l’unico equilibrio di Nash si verifica quando entrambi i
giocatori defezionano; in un equilibrio, nessun giocatore ha incentivo a deviare.
Nel caso di giochi dinamici, il teorema di Selten afferma che un equilibrio di Nash è detto “perfetto nei sottogiochi” se
le strategie di equilibrio costituiscono equilibri di Nash in ciascun sottogioco (ottenuto per induzione a ritroso).
Nel caso di giochi ripetuti, l’unico equilibrio è quello di non cooperazione (paradosso della catena di vendita).
Il potere di mercato
Il potere di mercato è la capacità di un’impresa di fissare prezzi superiori ai costi marginali. Detenere potere di
mercato implica l’ottenimento di maggiori profitti: le imprese sono interessate ad adottare strategie per conservarlo.
Le imprese possono acquisire potere in diversi modi: monopolio legale, comportamenti strategici ecc. In alcuni casi, il
potere di mercato può inoltre derivare da particolari strutture di mercato ad altra concentrazione (monopolio
naturale). Oltre ad acquisire il potere, un’impresa deve anche mirare a mantenerlo: da qui le misure di
consolidamento, come la deterrenza, i prezzi predatori, la collusione e la fusione. Esistono tuttavia situazioni limite in
cui le imprese NON detengono potere di mercato: concorrenza perfetta, monopolio ed oligopolio a la Bertrand.
facilmente ottenibili derivando la funzione dei ricavi totali per q 1. Riportando la quantità q ¿1 sulla curva di domanda
¿
residuale si ottiene il prezzo p(q ,q 2).
1
Se l’impresa 2 scegliesse un livello di q 2 diverso, si avrebbe una curva di domanda residuale diversa, e di conseguenza
¿
un diverso livello ottimale q 1.
¿
Se q 2=0 , la risposta di 1 sarà q 1 ( 0 )=q
M
∂ πi ∂p
L’impresa massimizza il profitto π i= p ( Q ) qi−c q i in base alla sua quantità prodotta:= p (Q)+ q −c=0
∂ qi ∂ qi i
Utilizzando l’espressione per la domanda più comune, ovvero quella inversa data da p=a−bQ=a−b Q−i−b qi
Il profitto è dato da: π i =( a−b Q −i−b q i) q i −c qi
∂ πi
E il problema di massimizzazione diventa: =a−c−2b q i−b Q−i=0
∂ qi
1
La funzione di reazione è data da q i= ( a−c−b ( N−1 ) qi )
2b
1
Poiché tutte le imprese sono uguali, e Q−i= ( N −1 ) qi , allora B R i =q i=
2b
( a−c−b ( N −1 ) qi )
Nella massimizzazione del profitto non si può sostituire direttamente Q−i , perché la massimizzazione del profitto
dell’impresa singola va fatta tenendo conto che i rivali producono appunto Q−i . Risolvendo per q i troviamo:
a−c
B R 1=qi =
b ( N +1)
N ( a−c )
¿
Quantità totale prodotta Q =N∗qi =N
(a−c
b ( N +1 )
=
)
b ( n+1 )
¿
Prezzo di equilibrio p =a−bQ=a−b
(b ( n+1 )
= )
N ( a−c ) a+ Nc
N +1
10
( a−c )2
Profitto
(
a+ Nc
π ¿i =( p ¿−c ) q i¿ =
N +1
−c )
a−c
=
b ( N +1 ) b ( N +1 )2
¿ a−c ¿ a−c
Con N=1 si avrà il risultato di monopolio: q 1= , con N=2 si avrà quello di duopolio q 2= .
2b 3b
N
Con N → ∞ si avrà concorrenza perfetta lim =1
n → ∞ N +1
In un modello di Cournot con molte imprese, al crescere del loro numero ( N ), l’output totale aumenta, quello
singolo diminuisce e il prezzo diminuisce. Quando il numero delle imprese tende all’infinito, output e il prezzo
convergono al valore della concorrenza perfetta.
Dato il prezzo di equilibrio, è possibile calcolare il potere di mercato per un’impresa che opera in un settore con n
imprese che competono sulla quantità, attraverso l’indice di Lerner per l’impresa i-esima:
a+ Nc
¿ −c
p −c N +1 a−c
Li = ¿ = =
p a+Nc a+ nc
N +1
Come si può notare, il potere di mercato diminuisce all’aumentare del numero di imprese presenti nel settore.
Si ipotizzi ora che vi siano n imprese (eterogenee) con diverse strutture di costo che competono alla Cournot.
Partendo dall’espressione generica per i profitti di un’impresa: π i= p ( Q ) qi−c q i
L’equilibrio si ottiene massimizzando il profitto:
∂ πi ∂p −∂ p
= p (Q)+ q i−c i → p(Q)−c i= q
∂ qi ∂ qi ∂q i i
In corrispondenza del prezzo di equilibrio p¿, la precedente equazione diventa (derivata composta):
dp[Q ( qi ) ] dp(Q) dQ ( qi ) ¿ −∂ p ∂ Q
= → p ( Q )−ci = q
d qi dQ d qi ∂ Q ∂ qi i
In equilibrio l’output dei rivali è dato, cosicché la produzione di un’unità aggiuntiva da parte di un’impresa corrisponde
alla produzione di un’unità aggiuntiva per l’intera industria, per cui:
∂Q −∂ p
=1 → p ( Q ) −c i= q
∂ qi ∂Q i
Dividendo entrambi i lati per p¿ e moltiplicando/dividendo l’espressione a destra per Q/Q , si ottiene:
p ¿−ci −∂ p Q 1 q i ∂p Q 1
¿ = qi → =si− =
p ∂Q Q p Q ∂ Q p¿ ϵ
si è la quota di mercato di equilibrio dell’impresa i-esima, 1/ϵ è l’inverso dell’elasticità della domanda del mercato
dQ
/ dP
rispetto al prezzo. Q dQ p dQ p
ϵ= = =
p Q dp dp Q
p ¿−ci s i s
¿ = → Li = i
p ϵ ϵ
Questa è una prima evoluzione dell’indice di Lerner, valevole per il potere di mercato di n imprese eterogenee in
un contesto competitivo alla Cournot. Il potere di mercato aumenta all’aumentare della quota di mercato, e
diminuisce all’aumentare dell’elasticità al prezzo.
1
Nel caso specifico di imprese uguali (c=ci ), la quota di mercato di ciascuna impresa è si= , dunque:
n
p ¿−c i 1
Li = =
p¿ nϵ
Il potere di mercato di ciascuna impresa diminuisce all’aumentare del numero di imprese nel settore.
Il potere di mercato dell’industria è una media ponderata (sulla base delle quote di mercato si) degli indici di Lerner
delle singole imprese. ć è il costo marginale medio (ponderato).
p c −c i ∑ si pc −∑ si c i pc − ć
L=∑ si Li → ∑ c
= c
= c
p ∑s i p p
si 1 2 2
L=∑ si Li → ∑ si = ∑ si ∑ s i =HHI
ϵ ϵ
∑ s2i =HHI è l’indice di Herfindal-Hirschman, dato dalla somma dei quadrati delle quote di mercato (espresse in
percentuale) di ciascuna impresa. Fornisce una misura del grado di concentrazione del mercato; le quote sono elevate
al quadrato per assegnare più peso a coloro che hanno una quota maggiore. Il suo valore va da 0 ≤ HHI ≤ 10.000
1 HHI
Li=∑ si Li= ∑ s 2i =
ϵ ϵ
HHI /ϵ è il potere di mercato dell’industria, relazione diretta tra il grado di concentrazione del settore (HHI) e il
potere di mercato. Quanto più concentrato è il mercato, tanto maggiore è il potere di mercato dell’industria (ovvero
nei confronti dei consumatori).
Attenzione: un numero di imprese ridotto non sempre implica maggiore concentrazione:
Mercato 1: 2 imprese con si=50 % → HH I 1=5000
Mercato 2: 3 imprese con s1=70 % , s 2=15 % , s 3=15 % → HH I 2=5350
12
Si procede ora ad un esempio più semplice, con 2 imprese che concorrono alla Cournot.
Domanda inversa (lineare) p=a−bQ , dove Q=q1 +q 2
Ricaviamo la funzione di reazione, data la domanda inversa p=a−bQ=a−b(q1 +q 2):
∂ π1
L’impresa 1 massimizza il suo profitto: max π 1=[a−b (q 1+ q2) ¿ ]q1−c q1 → =a−c−2 b q1−b q2=0 ¿
∂ q1
C 1
La funzione di reazione è data da: q 1 = ( a−c−b q 2)
2b
C 1
La funzione di reazione dell’impresa 2 sarà, seguendo lo stesso procedimento, q 2 = (a−c−b q1 )
2b
La quantità ottima q C per ciascuna impresa si ottiene risolvendo il sistema di equazioni che si ottiene sostituendo la
funzione di reazione di 2 in quella di 1:
{ [ ]} ( )
C
q1 =
C 1
2b
a−c−b
1
2b
( a−c−b q 1 ) → q 1 =
C C 1
2b
a c b q1
a−c− + +
2 2 2
3 C 1 a c a−c
→ q1 =
4
− =
2b 2 2 4b
C
→ q1 =
a−c C
3b
=q2 ( )
1 1 a−c
C
poichè q C1 =q C2 , si può anche fare q 1 =
2b
( a−c −b qC2 )= 2b ( a−c −b qC1 )= 3 b
C C
La quantità ottima per l’intera industria è Q =q1 +q 2 =
C 2 a−c
3 b ( )
C
Il prezzo di equilibrio risulta p =a−bQ=a−b
2 a−c
3 b [ =( )]
3 a−2 a+2 c a+2 c
3
=
3
2
a+2 c a−c a−c ( a−c )
Il profitto per ciascuna impresa è quindi π C1 =π C2 = pq−cq= −c =
3 3b 3b 9b
Il duopolio è una forma intermedia tra monopolio e concorrenza perfetta. Come saranno quindi il prezzo e la quantità
di duopolio rispetto alle altre due forme di mercato?
Prezzo Quantità Profitti
L’output di duopolio è maggiore di quello di monopolio ma minore di
a+c a−c ( a−c )2 quello di concorrenza perfetta; il prezzo di duopolio è minore del
Monopolio
2 2b 4 b prezzo di monopolio e maggiore di quello di concorrenza perfetta. Di
a−c conseguenza, i profitti sono maggiori in monopolio rispetto al
Concorrenza Perfetta c 0 duopolio, e nulli in concorrenza perfetta.
b
a+2 c 2(a−c ( a−c )2 E se le imprese nel mercato non sono identiche? Dati due costi
Duopolio Cournot
3 3b 9 b marginali diversi, ovvero c 1 e c 2, le imprese massimizzano il proprio
profitto, dal quale si ottengono le due funzioni di reazione:
{
Ca−c 1−b q2
q1 =
2b
Un aumento del costo marginale implica che la curva di reazione si sposta verso il basso.
C a−c 2−b q1
q2 =
2b
q C1 =
a−c 1−b qC2
2b
=
1
2b [
a−c1 −b
a−c 2−b q C1
2b (
=
1 a
2b 2 )] (
c b qC 4 1 a
−c 1 + 2 + 1 =
2 2 3 2b 2
1
−c 1 + c 2 =
2
a+c 2−2 c 1
3b ) ( )
a+c 2−2 c 1 C a+c 1−2 c 2
Quantità di equilibrio: q C1 = q2 =
3b 3b
L’impresa con i costi inferiori avrà l’output maggiore.
2 a−c 2−c1
Output totale Q C =qC1 +q C2 =
3b
2 a−c 2−c 1 a+c 1+ c 2
Prezzo di equilibrio pC =a−b Q C =a− =
3b 3
13
2 2
Profitti C ( a−2 c 1+c2 ) C ( a−2 c 2 +c 1 ) , supponendo che c 2 >c 1 allora le imprese con costi minori hanno
π =
1 π =
2
9b 9b
quote di mercato e profitti maggiori.
Competizione e mercati
La competizione sulla quantità (Cournot) si verifica in quei mercati dove le imprese stabiliscono dei piani o
programmi di produzione prima di mettere in vendita il prodotto ai consumatori. Ad esempio, i mercati
dell’energia elettrica o della produzione di automobili
La competizione sui prezzi (Bertrand) si verifica in aziende di servizi (banche, assicurazioni) e in aziende
manifatturiere (produzione software), dove la guerra sui prezzi è molto forte
In sostanza, Bertrand si applica nei casi in cui capacità produttiva e livello di output sono facilmente modificabili.
Altrimenti, se è costoso, si applica il modello di Cournot.
14
{
q ( p 1 ) se p1 < p2 → l ' impresa conquista tutto il mercato, ovvero ha domanda D( p)
q 1 (p 1) 1 1
q ( p1 ) se p1= p2 →duopolio perfetto, ciascuna impresa riceve D( p)
2 2
0 se p1 > p2 → l impresa perde tutto il mercato, ovvero ha domanda nulla
'
¿
Si avrà anche in questo modello una funzione di reazione P1 ( P2) , che rappresenta per ciascun prezzo dell’impresa 2 il
prezzo ottimale dell’impresa 1 (e viceversa):
Se p2 > p M → l’impresa 1 fissa p1= p M massimizzando il profitto e ottenendo D(q )
Se pCP < p 2< p M → l’impresa 1 fissa p1= p2−ε , ottenendo D(q ) con profitti che dipendono da p1
Se p2 ≤ pCM → l’impresa 1 fissa p1= pCP , con profitti nulli e perdite nulle
La funzione di reazione è:
{
pm se p 2> p M
B R 1( p 2) p2−ϵ se c < p2 ≤ p M
c se p2 ≤ c
L’equilibrio di Bertrand è dato dal punto di
intersezione delle due curve di reazione, ovvero nel
punto in cui si ha
p=c
Le battaglie di prezzo tendono ad azzerare i profitti delle imprese che vi partecipano. Nessuna impresa è incentivata a
deviare dall’equilibrio p1= p2=c . Se l’impresa fissa p1 <c → π <0, se fissa p1 >c → π=0
Le imprese di norma preferirebbero fissare p>c per ottenere profitti positivi; nel modello di Bertrand non lo fanno
perché entrambe sono incentivate a deviare, praticando un prezzo leggermente inferiore ( −ϵ ) della rivale così da
ottenere tutta la domanda del mercato. In questo contesto, l’equilibrio (paradosso) di Bertrand è un equilibrio di Nash.
Possiamo concludere che le imprese che competono sul prezzo non hanno potere di mercato? Assolutamente no:
l’evidenza empirica suggerisce che di norma i duopolisti fanno profitti elevati, ed inoltre l’aumento del numero di
competitors abbassa il prezzo di mercato. Infatti, il risultato di Bertrand dipende da assunzioni “forti”: prodotti
omogenei, gioco uniperiodale, produzione libera.
Statica comparata
Come varia il potere di mercato al variare di una serie di variabili esogene? Due risultati:
Il potere di mercato diminuisce all’aumentare del numero di imprese
1 ∂ Li
Li = <0 esempio: shock esogeno da liberalizzazione
nϵ ∂ n
Il potere di mercato diminuisce all’aumentare dei costi marginali
si ∂ Li
Li = se c i ↑ allora si ↓ <0 esempio: impresa UE che vende in USA e svalutazione €
ϵ ∂ ci
La politica della concorrenza (antitrust) ha come obiettivo la correzione dei fallimenti di mercato generati dal potere
15
di mercato. In particolare, le autorità si concentrano su un'implicazione importante del potere di mercato: nella
misura in cui p>c , il potere di mercato comporta un trasferimento di surplus dal consumatore al produttore.
16
( ) (
N ( a−c ) 2 1 N ( a−c )
)
2
C SCournot =b =
b ( N +1 ) 2 b N +1
Supponendo b=1:
( )
2
1 1
In caso di monopolio, C S
m
=( a−c ) = 1 ( a−c )2
2 2 8
( )
2
1 2( 2 2
a−c ) = ( a−c )
d
In caso di duopolio, C S =
2 3 9
Differenziazione verticale
Si verifica quando la caratteristica differenziante ha natura oggettiva (differenziazione per qualità).
Il modello A è superiore al modello B in entrambe le
caratteristiche osservate, che sono misurabili oggettivamente
(potenza motore, capienza bagagliaio).
Tutti i consumatori sono d'accordo rispetto al fatto
che un livello di qualità superiore sia preferibile ad
uno inferiore
Tutti i consumatori vorrebbero acquistare il bene di
qualità migliore
Non tutti esprimono la stessa valutazione monetaria
di tale incremento qualitativo, e la disponibilità a
pagare per la qualità varia fra consumatori
Differenziazione orizzontale
Si verifica quando la caratteristica differenziante ha natura soggettiva (differenziazione per qualità).
Questa tipologia si rappresenta attraverso lo spazio delle
caratteristiche, ovvero l’asse orizzontale che contiene tutti i gradi della
17
caratteristica differenziante. Non è possibile affermare che il prodotto più dolce (A) sia di qualità superiore rispetto al
prodotto meno dolce (F).
Diversi beni incorporano combinazioni diverse di caratteristiche
I consumatori hanno preferenze diverse
Alcuni consumatori scelgono una varietà del bene ed altri consumatori una varietà diversa
Maggiore è la distanza lungo lo spazio, maggiore è la differenziazione:
Le imprese F e D hanno un grado di differenziazione molto alto (beni differenziati)
Le aziende A, B e C mostrano un grado di differenziazione più basso (beni sostituti)
{
U 0 se non acquista nessun bene
U 1=b v 1− p1 se acquista il bene 1
U 2=b v 2− p2 se acquista il bene 2
La sua funzione di utilità dipende dalla qualità del bene e dal parametro b . Se il consumatore è ricco (quindi b
elevato), egli sarà in grado di acquistare anche il bene 2 più costoso.
Si supponga che i costi marginali dell’impresa siano nulli, e che il numero totale di consumatori sia 1 (es. 1 milione).
Come si trova l’equilibrio del modello?
1) Ricavare le funzioni di domanda del bene 1 e 2, in funzione dei prezzi
In b 1 il consumatore è indifferente tra non acquistare ed acquistare il bene 1:
p1
U 0 =U 1 → b v 1− p1 =0 →b 1=
v1
In b 2 il consumatore è indifferente tra acquistare il bene 1 e il bene 2:
p 1−p 2
U 1=U 2 → b v 1− p1=b v 2− p2 →b 2=
v 1−v 2
Dunque, le domande per i due beni sono date da:
18
p1 − p 2 p 1 p1 v 1 − p2 v 1 − p1 v 1 + p1 v 2 p1 v 2 − p2 v 1
D 1=b 2−b1 = − = =
v 1−v 2 v 1 v 1 ( v 1−v 2 ) v 1 ( v 1−v 2 )
p −p
D2=1−b2=1− 1 2
v 1−v 2
2) Data la funzione di domanda, si devono massimizzare i profitti (con c=0) per trovare le funzioni di reazione
p 1 v 2 − p2 v 1 ∂ π 1 2 p1 v 2 p2 v 1 p2 v1
π 1= p1 D 1=p 1 → = − =0 → B R 1= p1=
v 1 ( v 1−v 2 ) ∂ p1 v 1(v 1−v 2) v 1 ( v 1−v 2) 2 v2
π 2= p2 D 2= p2 1− ( p1 − p2
v 1−v 2 )→
∂ π1
∂ p1
=1−
p1
+
2 p2
v 1−v 2 v 1−v 2
=0→ B R 2=p 2=
p 1 + v2 −v 1
2
3) Il sistema tra le due funzioni di reazione consente di trovare i prezzi di equilibrio:
{ {
p2 v1 v (v −v )
p1= p¿1= 1 2 1
2 v2 4 v 2−v 1
→
p +v −v 2 v (v −v )
p 2= 1 2 1 p¿2= 2 2 1
2 4 v 2−v 1
Poiché v 2> v 1, si può osservare che p2 > p1: un incremento di qualità viene premiato dai consumatori sottoforma di
un aumento del potere di mercato.
In virtù del diverso livello dei prezzi p2 > p1, il bene 2 non è accessibile a tutti i consumatori, ma solo a quelli con una
maggiore disponibilità a pagare. Le imprese, quando p ≠ c, esercitano potere di mercato.
19
Il consumatore in x dovrà spostarsi di x per raggiungere l’impresa 1, e di ( 1−x ) per raggiungere l’impresa 2.
I consumatori sostengono un costo di trasporto lineare, uguale a t∗distanza percorsa
Il costo complessivo risulta quindi la somma di prezzo e costo di trasporto: p1 +tx p 2+t(1−x)
Il costo di trasporto (o disutilità) deriva dal dover scegliere una varietà di bene che non corrisponde esattamente alle
proprie preferenze. Dato il prezzo di riserva u, la funzione di utilità del consumatore sarà:
ui=
{ u− p1−tx→ acquisto impresa 1(U 1 >U 2 )
u−p 2−t ( 1−x ) → acquisto impresa2(U 2>U 1)
Il consumatore indifferente corrisponde all’equazione U 1=U 2 → u− p1−tx=u−p 2−t (1−x)
1 p2− p1
x= +
2 2t
Il consumatore indifferente si collocherà in corrispondenza di x : quelli collocati a sinistra di x acquisteranno il bene 1,
e quelli a destra di x acquisteranno il bene 2. Le funzioni di domanda per le due imprese saranno:
{
1 p −p
q1=x= + 2 1
2 2t
(1 p −p
q2=1−x=1− + 2 1 = + 1 2
2 2t
1 p −p
2 2t )
Per fissare il prezzo, le imprese massimizzano il profitto:
2
1 1 2
1
Analogamente, per l’impresa 2 si troverà che B R 2= p2= ( p1 + c+t )
2
Ponendo a sistema le due risposte ottime, si ottiene
{
p 1=c +t
p 2=c +t
→ in equilibrio si ha che p¿1= p¿2=c+ t
20
21
{
a+ b p2− p1
q1=x= +
2 2t
a+b
q2=1−x= +( p 1− p2)/2 t
2
p=a−bQ=a−b ( q 1+ q2 ) →
{ p1=a−b q 1−d q2
p2=a−d q1 −b q2
d /b è una interpretabile come misura inversa del grado di differenziazione. Assume un valore che va da:
−1 (−d=b ) quando i prodotti sono perfetti complementi (zucchero e caffè)
1 ( d=b ) quando i prodotti sono perfetti sostituti (indifferenza nella scelta)
0 quando i prodotti sono indipendenti
Esempio: i produttori di auto A e B vendono due auto differenziate, con domanda inversa
{ p 1=120−2 q 1−q 2
p 2=120−2 q 2−q 1
In questo caso, si ha d /b=1/2 e quindi beni differenziati.
{ ( )
{ {
2 1 ∂ π1 4 1 p 80
π 1=p 1 q 1= p1 40− p1 + p 2 =40− p 1+ p 2 → p 1=30+ 2 p¿1=40 →q ¿1=
3 3 → ∂ p 1 3 3 4 3
→
( 2
π 2=p 2 q 2= p2 40− p2 + p1
3
1
3 ) ∂ π2
∂ p2
4 1
=40− p 2+ p 1 → p 2=30+ 1
3 3
p
4
p¿2=40 →q ¿2=
80
3
Pubblicità veritiera
22
Per allentare la competizione e ottenere maggiore potere di mercato, è necessario che la differenziazione venga
percepita dai consumatori. La pubblicità è una strategia non di prezzo adottata dalle imprese per aumentare il potere
di mercato: essa informa sulle caratteristiche dei prodotti, aumentando la differenziazione e riducendo la concorrenza.
Se i consumatori non sono informati esattamente sui prezzi (informazione imperfetta) o devono subire switching costs
per cambiare i fornitori, con parità di prodotto la scelta non è indifferente. Più i costi di ricerca e di cambio fornitore
sono alti, maggiore è il potere di mercato.
Quando si parla di differenziazione del prodotto, si entra nell’ambito della tutela del consumatore. L’informazione
incompleta contribuisce a creare potere di mercato e quindi danneggiare il consumatore. Effetti ambigui:
Effetti positivi se la pubblicità ha natura informativa
Effetti ambigui o positivi se la pubblicità ha natura persuasiva
Se la pubblicità fa aumentare la domanda, questo potrebbe aumentare l’efficienza del mercato
23
Strategie di prezzo
Per ottenere e mantenere nel tempo il potere di mercato, le imprese possono anche adottare strategie di prezzo, quali
la discriminazione e le vendite abbinate – raggruppamento di prodotti.
Discriminazione di prezzo
La discriminazione riguarda la pratica di fissare prezzi diversi per lo stesso bene, discriminando tra i consumatori.
La discriminazione non può essere applicata in casi di arbitraggio, ovvero la pratica di acquistare un bene per
rivenderlo (ad un prezzo superiore) ai soggetti colpiti da discriminazione. Il monopolista deve evitare che i
consumatori a cui è diretto il prezzo minore rivendano a coloro a cui è diretto il prezzo più alto.
Non deve svilupparsi un mercato secondario per il bene: è necessario che ci siano degli alti costi di transazione
nella rivendita (es. 3x2), che ci sia informazione imperfetta o che la vendita sia illegale (energia) o impossibile
(servizi).
Differenze nei prezzi non sempre implicano discriminazione: per verificarne la presenza si dovrebbe controllare se il
rapporto tra i prezzi prevalenti nei vari mercati è diverso dal rapporto tra i rispettivi costi marginali. La discriminazione
è comunque talvolta giustificata da esigenze produttive e/o distributive.
La discriminazione può essere così classificata:
Discriminazione di primo grado (perfetta): l’impresa applica prezzi diversi per ciascun consumatore in quanto
conosce la sua esatta disponibilità a pagare (es. prestazioni mediche, aerei)
Discriminazione di secondo grado (menu pricing): l’impresa ha qualche informazione sulle preferenze ma non è in
grado di osservare le caratteristiche individuali; porta i consumatori ad auto-selezionarsi
Discriminazione di terzo grado (group pricing): le caratteristiche generali dei compratori sono osservabili,
consentendo la suddivisione in categorie (es. giovani e anziani)
Discriminazione di primo grado: si procede a fissare un prezzo diverso per ogni consumatore
Il primo grafico rappresenta una classica
situazione di monopolio, con prezzo
uniforme. Le aree corrispondenti al
profitto, al surplus del consumatore e
alla perdita secca sono evidenziate.
Il secondo grafico mostra una situazione
in cui il monopolista applica un prezzo
diverso per ogni quantità venduta,
assorbendo tutto il surplus sottraendolo
al consumatore.
Il successo di questo modello richiede:
un grado massimo di informazione per poter discriminare correttamente sul prezzo per ciascun consumatore
un monopolista in grado di poter appunto discriminare sul prezzo
l’impossibilità di creare mercati secondari (arbitraggio)
Le condizioni fondamentali richieste (informazione completa e non arbitraggio) fanno pensare che questo tipo di
discriminazione sia puramente ideale e teorica.
Discriminazione di terzo grado: si fissa un prezzo diverso per ogni gruppo di consumatori (segmentazione di mercato)
Ciò richiede caratteristiche facilmente osservabili (localizzazione, reddito, età e la possibilità di evitare l’arbitraggio.
In un regime di questo tipo, un venditore dovrebbe praticare un prezzo minore in quei mercati/segmenti in cui la
domanda è più elastica.
Si consideri un monopolista che vende lo stesso prodotto a due gruppi differenziati:
La sua funzione dei profitti è data da: π= p1 ( q 1) q 1+ p 2 ( q 2 )−q2−c (q1 +q2 )
∂π ∂π
Per ottenere il prezzo di equilibrio va massimizzato il profitto, calcolando e (non cambia nulla massimizzare
∂ q1 ∂ q 2
rispetto al prezzo o alla quantità in quanto si è in monopolio)
∂π
∂ q1
= p1 +
∂ p1
∂ q1
q1−c=0→ p1 1+ (
∂ p 1 q1
∂q 1 p1 )1
=c → p 1 1− =c
ϵ1 ( )
Stessa cosa vale per il secondo gruppo di prodotti, da cui si ottiene poi:
( ϵ1 )= p ( 1− ϵ1 )=c
p1 1−
1
2
2
24
L’impresa riesce così a far pagare di più ( pi superiore) i consumatori dotati di una domanda più rigida (ϵ i inferiore)
se ϵ 1 >ϵ 2 allora p1 > p2. Questo modello spiega perché il prezzo di esportazione di un bene può essere minore di
quello “domestico”, in quanto le elasticità sono diverse. Si veda il seguente esempio.
Supponiamo di avere due mercati (USA ed Europa), ciascuno con funzione di domanda q i=ai −bi p i
Negli USA, i parametri valgono a 1=12 e b 1=2, in Europa invece a 1=4 e b 1=1. Il costo marginale è c=1 .
Quale sarebbe il guadagno del monopolista con prezzo unico? Q=q1 +q 2=( a1 +a2 )−( b 1+ b2 ) p= A−Bp
A−Q
I profitti del monopolista sono dati da π= pQ−cQ= Q−cQ
B
∂ π A−2Q A−cB
Il problema di massimizzazione diventa = −c=0, da cui si ha che Q= =6,5 e
∂Q B 2
A−Q
p= =3,17
B
Otteniamo q 1=5,67 e q 2=0,83, con profitti pari a π=14,08
Supponendo che si possa evitare l’importazione parallela dall’UE agli USA, possiamo individuare i profitti con
discriminazione di prezzo. Il profitto diventa: π= p1 ( q 1) q 1+ p 2 ( q 2 )−q2−c (q1 +q2 )
a1−q1 a2−q 2
Ovvero, π= q 1+ q2−c (q1 +q 2)
b1 b2
∂ π a 1−2 q1 a −c b1 a −c b2
Massimizziamo ora il profitto: = −c=0 → q1 = 1 =5 similmente, q 2= 2 =1,5
∂Q b1 2 2
a1−q1 a2 −q2
I prezzi sono ora pari a p1= =3,5 e p2= =2,5
b1 b2
I profitti diventano π=3,5 ( 5 ) +2,5 ( 1,5 )−1 ( 5+1,5 ) =14,75(+4,76 % )
La segmentazione risulta più difficile da applicare se si vuole dividere finemente il mercato, questo per due motivi:
L’elasticità è simile tra mercati contigui, quindi la segmentazione non produce effetti significativi
L’elasticità varia molto nel caso in cui ci sia arbitraggio
Più il mercato è segmentato, più ci si avvicina alla discriminazione di terzo grado.
Discriminazione di secondo grado: nella maggior parte dei casi, il venditore non ha sufficienti informazioni né per
comprendere la disponibilità a pagare del singolo consumatore (1° grado) né per operare segmentazione di mercato
(3° grado). Questo tipo di discriminazione (2° grado) induce i consumatori ad auto-selezionarsi, scegliendo tra un
ventaglio di offerte (es. viaggia per lavoro o per piacere? Nel primo caso il prezzo sarà più alto)
Si può infatti applicare il versioning, ovvero la pratica di offrire versioni diverse dello stesso bene o servizio per indurre
la clientela ad auto-selezionarsi (es. i diversi modelli di Kindle o di MS Office).
Ogni consumatore acquista esattamente 1 unità di ciascun bene, a patto che il prezzo risulti inferiore al prezzo di
riserva R del suddetto bene. I prezzi di riserva per due prodotti saranno R1 e R2, quello per il bundle RTOT =R1 + R2
L’ipotesi RTOT è limitativa: se i beni fossero complementari, si avrebbe
RTOT > R 1+ R 2
Cosa succede se un monopolista vende separatamente i suoi beni, ovvero
fissando p1M e p2M ?
25
P1M e P2M
L’acquisto dei singoli beni costerà rispettivamente
L’acquisto del bundle comporterà una spesa PTOT ,B =PM M
1 + P2
A: i consumatori acquistano entrambi i beni, R> P1M , P2M
B: i consumatori acquistano solo il bene 2, R>P2M e R< P1M
C: i consumatori non acquistano nulla, R< P1M , P2M
D: i consumatori acquistano solo il bene 2, R>P1M e R< P2M
26
Raggruppamento puro: cosa succede se il monopolista adotta un bundle a prezzo fisso PB =R1 +R2?
Raggruppamento misto: il monopolista adotta una strategia in cui offre prodotti a prezzi separati P1 e P2 (non
necessariamente quelli di monopolio), oppure un bundle a prezzo PB < P 1+ P2
Area z : il consumatore acquista il pacchetto → R 1+ R 2> P B P1+ P 2> P B
Area h : il consumatore non acquista nulla → R 1+ R 2<P B P1+ P 2<P B
Area x : si ha R1 > P1 e R2 < P2, il consumatore compra il bene 1 se:
o C S1 >C S B → R1−P1 > ( R 1+R 2) −PB → R 2<(P B−P1)
o C S1 >0 → R1−P1 >0 → R 1> P1
R2 >P2 e R1 <P1, il consumatore compra il bene 2 se:
Area y : si ha
o C S2 >C S B → R2−P 2> ( R 1+ R 2 )−PB → R1 <( P B−P2 )
o C S2 >0 → R2−P2 >0 → R 2>P 2
Il raggruppamento misto permette al monopolista di aumentare le vendite (area rossa)
Il raggruppamento a prezzo pB serve ad attirare i consumatori che attribuiscono un prezzo basso ad uno dei due beni
ma che sono disposti a pagare il pacchetto una cifra ragionevole. I due prezzi separati p1 e p2 servono invece per
estrarre surplus da quei clienti che hanno grande disponibilità a pagare soltanto per uno dei due prodotti.
Il raggruppamento è visto come una strategia di discriminazione di prezzo perché il prezzo del pacchetto pB è
inferiore rispetto alla somma dei singoli prezzi p1 + p2. È una pratica molto diffusa (es. menu ristoranti, pacchetti
turistici).
27
V a +V g Q
Risolvendo rispetto al prezzo per trovare la domanda inversa aggregata si ottiene Q= −
2 2
Il profitto totale è dato da: π= pQ−cQ= ( V +2 V − Q2 )Q−cQ
a g
Massimizzando rispetto alla quantità o al prezzo (per il monopolista non cambia), si ottiene:
∂ π V a +V g
= −Q−c=0
∂Q 2
¿ V a+ V g
Si ottiene così la quantità di equilibrio Q= −c e il prezzo
2
V a +V g
−c
¿ V a+ V g Q V a +V g 2 V a +V g c
P= − = − = +
2 2 2 2 4 2
Qa=V a−P¿ =V a− ( V +V
4
a
+ )=
c 3V −V
2
g
4
−
c
2
a g
e Q g=V g −P¿=V g− ( V +V
a
4
+ )=
c 3V −V
2
g
4
−
c
2
g a
π=( P¿ −c ) Q¿= (
V a +V g c
4
V +V
+ −c a g −c
2 2 ) →
(
V a +V g +2 c−4 c
)
∗V a +V g−2 c
( )
2
4 1 V a +V g −2 c , ovvero l’area hijk
π= =
2 2 2
Con una strategia di prezzo uniforme, il proprietario del club non riesce ad estrarre completamente il surplus dei
clienti (aree verde e arancione). Il profitto del monopolista a prezzo uniforme è la somma dei due rettangoli (barrati).
V a +V g c
Esempio: se V a=16 ,V g=12, c=4, allora + =9 P u=
4 2
3 V a−V g c 3 V g−V a c
Quindi: Q a=V a−Pu= − =7, Q g =V g −P u= − =3, Π =π a +π g=35+ 15=50
4 2 4 2
28
La parte fissa corrisponde al C Si , ovvero all’area sotto la curva di domanda e sopra il prezzo (area triangolo):
2
( V i −p i ) qi (V i− pi )(V i− pi ) ( V i −p i ) ,
C Si = = = con profitti pari a
2 2 2
2 2
( V i− pi ) ( V i− pi )
Π i=( pi −c ) qi + =( pi−c )( V i−p i ) +
2 2
∂Πi 1
Il problema di massimizzazione diventa: =V i −2 pi +c + 2 ( V i− pi ) (−1 )=V i−2 pi +c−V i+ pi
∂ pi 2
Si ha pi=c, dunque il prezzo che massimizza il profitto lordo è pari al costo marginale.
Con una tariffa a due stadi, i profitti aumentano, il surplus totale anche, il surplus dei consumatori a netto di f
diminuisce a 0. Aumenta l’efficienza totale ma il benessere dei consumatori cala. Una tariffa a due stadi ottimali
consiste in una parte fissa positiva e una variabile inferiore al prezzo di monopolio. Il surplus totale è quindi più alto
che in regime di prezzi uniformi.
29
Supponiamo che ci siano due gruppi di consumatori n1 e n2. Dato C S2 >C S 1, la parte fissa per ogni consumatore è:
2
( V 1− p ) q1 ( V 1−p ) ( V 1− p ) ( V 1− p )
C S1= = =
2 2 2
Per trovare la parte variabile, bisogna massimizzare i profitti complessivi del monopolista:
Π=n1 ( p−c ) q 1+ n2 ( p−c ) q2 + ( n1 +n 2) C S1
2
( V 1− p )
Π=n1 ( p−c ) q 1+n2 ( p−c ) q2 + ( n1 +n 2)
2
∂Π n1 +n2 n2 (V 2−V 1 )
=n1 V 1−n1 2 p +n 2 V 2−n 2 2 p + 2 ( p−V 1 ) =−n2 p−n1 p+n2 V 2−n2 V 1 → p=
∂p 2 n2 + n1
( )
2
n2 ( V 2−V 1 )
2 V 1−
( V 1− p ) n2 +n 1
CS= =
2 2
Il menu ottimale di tariffe prevede:
{ Tariffa1 :f 1 =C S 1 , p1 >c
Tariffa2 : f 1< f 2 <C S2 , p 2=c
I consumatori di tipo 2 (con maggiore disponibilità a pagare) pagano una parte fissa più alta ( f 2> f 1), ma un
prezzo marginale basso ( p2=c). Gli acquirenti di grandi quantità attribuiscono maggiore valore a prezzi bassi
I consumatori di tipo 1 (con minore disponibilità a pagare) pagano una parte fissa più bassa ( f 1> f 2), ma un
prezzo più alto ( p1 <c ). Gli acquirenti di piccole quantità preferiscono pagare un prezzo marginale più alto vs un
diritto di acquisto costoso, viste le poche quantità che acquistano
È importante chiarire che sono i consumatori a scegliere la tariffa, e che questa non viene imposta.
non desiderabile. Altri elementi da tenere in considerazione sono i costi (la discriminazione potrebbe ridurre il
benessere totale) e l’equità (i consumatori non gradiscono l’idea di pagare prezzi diversi).
31
Abbiamo appena considerato le strategie di prezzo e non di prezzo che le imprese possono adottare per esercitare
potere di mercato (e ottenere profitti superiori). Si passa ora alla considerazione delle strategie anticompetitive delle
imprese: ovvero, quell’insieme di azioni intraprese per ridurre la concorrenza e ottenere maggior potere di mercato.
La predazione ha come obiettivi quelli di spingere i concorrenti fuori dal mercato e di ostacolare l’ingresso di
potenziali entranti (deterrenza)
La collusione è invece un accordo fraudolento stipulato tra le parti al fine di ottenere maggiori profitti
L’adozione di politiche anticompetitive da parte delle imprese ha ispirato la creazione delle leggi antitrust, ovvero quel
complesso di norme che sono poste a tutela della concorrenza sui mercati. L’applicazione delle norme richiede che il
legislatore sappia individuare quando un’impresa adotta una strategia illegale (tramite l’uso di modelli).
Predazione
Il comportamento predatorio comporta un costo, la cui unica giustificazione è la riduzione della concorrenza. Se
l’azione non implica alcun costo per l’impresa, tale comportamento rientra nella semplice strategia di massimizzazione
dei profitti e non è anticoncorrenziale. Per essere predatorio, un comportamento deve in apparenza ridurre il profitto
dell’impresa predatrice e sembrare irrazionale.
Supponiamo che in un mercato (in cui si compete sulla quantità) operi un’impresa incumbent e che ci sia un potenziale
entrante; quest’ultimo deve sostenere dei costi fissi f per entrare nel mercato. L’esito di questo mercato (entrata vs
non-entrata) dipenderà da diversi elementi: sia dal comportamento adottato dall’incumbent che dai costi fissi.
L’impresa incumbent può decidere di:
Accomodare l’entrata: l’incumbent lascia spazio all’entrante ma sfrutta il vantaggio della prima mossa
Deterrenza all’entrata: fissare un livello di quantità che scoraggia l’entrata del potenziale entrante
Entrata bloccata: non fare nulla (monopolista) perché l’entrata è bloccata naturalmente (costi fissi molto elevati)
Modello di Stackelberg
Se l’impresa decide di accomodare, inizia un gioco sequenziale alla Stackelberg: in questo modello si hanno due
imprese, una leader (1, gioca per prima) e una follower (2), che competono una volta soltanto. Chi ha vantaggio?
La domanda di mercato inversa è p ( q1 , q2 ) =a−b q1 −b q2 , con costi marginali c 1=c 2 e costo fisso di entrata f .
L’impresa 1 leader giocherà per prima, tenendo conto della risposta razionale dell’impresa 2 alla sua scelta q 1.
Risolvendo per induzione a ritroso, la funzione di reazione del follower è:
∂ π2 a−c q1
π 2=( a−b q 1−b q 2 ) q2−c q 2−f → =a−b q1 −2b q2−c=0 →q 2 ( q1 )= − =B R 2
∂ q2 2b 2
L’impresa leader massimizzerà il suo profitto tenendo conto della risposta ottima del follower (sostituendo):
Si noti che i profitti dipendono solo da q 1, in quanto l’impresa 1 prevede la scelta dell’impresa 2. Come prima:
∂ π1 a−c s a−c s a−c q1 a−c a−c a−c
=a−2 b q1 − + b q1 −c=0 → q1= → q2 = − = − =
∂ q1 2 2b 2b 2 2b 4b 4b
s s
Ne risulta che l’output del leader q 1 è superiore di quello del follower q 2, e corrisponde a quello di un monopolista in
presenza di domanda lineare (e costi costanti).
S a−c a−c 3 a−c
La produzione totale è data da: Q =q s1+ qs2= + =
2b 4b 4 b
Il prezzo di equilibrio diventa: p =a−b ( q s + q s ) =a−b
s 1 2
( 3 a−c a+3 c
4 b
= )
4
2
( a−c )
Il profitto di equilibrio per il leader è: π s1=( p s−c ) q1s= −f
8b
( a−c )2
Il profitto di equilibrio per il follower è: π ¿s2=( p s−c ) q2s = −f
16 b
In aggregato, i profitti totali ( π s1+ π s2) sono inferiori a quelli del modello di Cournot. Tuttavia, se si considerano i singoli
profitti, il leader produce una quantità maggiore e ha profitti maggiori; il follower produce una quantità inferiore e ha
profitti inferiori.
32
La differenza è dovuta all’asimmetria informativa tra le due imprese, in quanto il leader conosce la funzione di
reazione del follower. Infatti, a differenza di Cournot, nel calcolo del profitto del leader va sostituita B R 2.
Fare deterrenza significa giocare in maniera strategica per ostacolare l’entrata. Formalmente, equivale ad adottare la
strategia del prezzo limite.
33
Si consideri un mercato con l’impresa (1) ed un potenziale entrante (2), con prodotto omogeneo, gioco alla Cournot
(variabile strategica quantità) e dove le due imprese hanno accesso alla medesima tecnologia, con CT =cq+F .
Tempo 0: l’impresa 1 sceglie il proprio livello di produzione q 1
Tempo 1: l’impresa 2, prima di entrare, deve decidere innanzitutto se entrare o no e quanto produrre
Data la funzione di domanda inversa p=a−bQ e i costi totali CT =cq+F , la risposta ottima di 2 è data dalla
massimizzazione dei suoi profitti per ogni livello di q 1:
∂ π2 a−c−b q 1
π 2 (q 2 , q 1)=( a−b q1−b q2 ) q2−c q 2−f → =a−b q 1−2 b q2−c=0 → q2=
∂ q2 2b
Questa può anche essere scritta come b q 2=a−b ( q 1+ q2 ) −c ≡ p−c
Sostituendo nel profitto la funzione di risposta ottima, si ottiene π 2 solo in funzione di q 1:
2
( a−b q1−c )
π 2 ( q1 )= ( p−c ) q2−f =b q2 q2−f =b q2 −f =
2
−f
4b
Secondo la teoria del prezzo limite, l’impresa 1 deve fissare una q 1 tale che π 2=0 , dunque poniamo π 2=0 :
2
( a−b q1 −c )
−f =0 → ( a−b q1−c ) =4 bf → a−b q1−c=√ 4 bf → b q1=a−c−√ 4 bf
2
4b
a−c−√ 4 bf
q L1 =
b
La quantità limite si riduce all’aumentare di f . Dato q 1 , si ricava facilmente il prezzo limite: p =a−b ( q1 )
L L L
p L=c+2 √ bf
π M1 ( q1L , 0 ) =( p L −c ) q L1 −f
Calcoliamo ora il profitto dell’incumbent se l’entrante resta fuori:
π M1 =( c +2 √ bf −c )
a−c− √ 4 bf
b
2a 2c
−f = √ bf − √ bf −4 f −f =2 ( a−c ) −5 f
b b
f
b √
Il profitto dell’incumbent non dipende dalla quantità del potenziale entrante perché l’entrata è stata scoraggiata.
L’entrata è detta bloccata naturalmente se produrre la quantità di monopolio q M è sufficiente affinché il potenziale
entrante non entri. La quantità limite che il monopolista deve produrre per evitare l’entrata q L è minore della
quantità di monopolio q M . Poiché il monopolista ottiene profitti maggiori producendo q M , si avrà:
π M ( q M )>π M (q L )
Ovvero, il monopolista preferirà giocare “da solo” piuttosto che fare deterrenza.
Accomodare l’entrata: lascia entrare l’impresa 2, con π S1 ( qS1 ) → leader alla Stackelberg
Deterrenza all’entrata: gioco strategico, con π M1 ( q1L )
Entrata bloccata naturalmente: quantità di monopolio, con π M M
1 ( q1 )
Nel confrontare i profitti è importante tenere conto dei costi fissi f e quindi dell’entità delle economie di scala.
35
Entrata accomodata: se i costi di entrata sono bassi, la quantità limite che l’incumbent deve produrre per rendere i
profitti del potenziale entrante nulli è molto elevata, tanto che i profitti di deterrenza sono inferiori a quelli ottenuti
giocando alla Stackelberg. Se π M1 ( q1L ) < π 1S ( q1S ) allora all’impresa
S
conviene accomodare giocando q 1
π M1 ( q1L , 0 ) =2 ( a−c )
a−c
√ f
b
−5 f π S1 ( qS1 , q S2 )=
( a−c )2
8b
−f
- accomodare: π S1 =71
In questo caso è meglio accomodare!
Entrata bloccata: se i costi di entrata sono alti, la quantità limite che l’incumbent deve produrre per rendere i profitti
del potenziale entrante nulli è molto bassa, tanto che i profitti di deterrenza sono inferiori a quelli ottenuti giocando
da monopolista. Se π M1 ( q1L ) < π 1M ( q1M ) allora all’impresa conviene giocare q M1 (entrata bloccata da tecnologie)
π ( q , 0 ) =2 ( a−c )
M
1
L
L
1
M a−c
√ f
b
−5 f π S1 ( qS1 , q S2 )=
( a−c )2
8b
−f
q =10, q =
1 1 =12
2b
π 1 ( 12 ) =12∗16−4∗12−49=95
π 1 ( 10 )=10∗18−4∗10−49=91
In questo caso il monopolista non deve fare nulla, basta giocare q L1
Deterrenza all’entrata: se i costi di entrata sono intermedi, la quantità limite che l’incumbent deve produrre per
rendere i profitti del potenziale entrante nulli è tale per cui i profitti che ottiene sono maggiori di quelli ottenuti
giocando alla Stackelberg. Se π M1 ( q1L ) > π 1S ( q1S ) allora all’impresa conviene giocare q L1 , con entrata bloccata
strategicamente.
π M1 ( q1L , 0 ) =2 ( a−c )
√
q =18,3>q =12→ l’entrata non è bloccata
L M
f
b
−5 f π S1 ( qS1 , q S2 )=
( a−c )2
8b
−f
1 1
Se il monopolista accomoda, π S1 =64
Se il monopolista gioca il prezzo limite, π 1 ( q1 , 0 ) =121,6
M L
36
Per livelli intermedi dei costi fissi all’impresa conviene produrre la quantità limite e fare deterrenza all’entrata;
37
Minaccia di deterrenza
L
La minaccia dell’incumbent è detta credibile se i profitti che ottiene rispettando la minaccia (ovvero producendo q 1 ) in
caso di entrata dell’impresa 2 sono maggiori di quelli che otterrebbe giocando alla Stackelberg.
1) Calcolare quanto produce l’impresa 2 se entra e 1 gioca q L1 : ovvero, trovare q E2
a−c−b q 1
Data la funzione di risposta ottima dell’impresa 2, ovvero q 2=
, l’incumbent gioca
2b
a−c−√ 4 bf
√
L
q L1 = , e l’impresa 2 produce q E2 =
a−c−b(q1 )
=2
√ 4 bf = f
b 2b 2b b
2) Dati q 1 e q E2 , calcolare il prezzo p E
L
¿
a √ bf −c √ bf −2 bf
b
E L E
−f =( a−c )
√ bf −2 f −f =( a−c ) f −3 f
b √ b
4) Confrontare π 1 (q1 , q 2 ) con quelli che 1 ottiene se accomoda l’entrata π S1 ( q1S ,q S2 )
A meno che i costi di entrata non siano molto alti (entrata bloccata naturalmente), il monopolista non si può opporre
all’ingresso di altre imprese. L’esistenza di costi di entrata è una condizione necessaria ma non sufficiente per
impedire l’ingresso di altre imprese nel settore. Tuttavia, si osservano comportamenti strategici di deterrenza
all’entrata? Come si possono spiegare? Quali sono i modi per vincolare l’entrata? Come rendere la minaccia credibile?
Se le scelte dei giocatori sono facilmente reversibili, allora si apre una falla nella costruzione del gioco sequenziale (e
quindi della competizione). È cruciale che le scelte siano irreversibili (o almeno ritenute tali dai giocatori).
Come spiegare la deterrenza all’entrata?
Investimenti pubblicitari
Il monopolista può sostenere altre spese non recuperabili (sunk costs) al fine di modificare la struttura dei costi.
L’investimento in una campagna pubblicitaria rappresenta un costo non recuperabile che crea una reputazione per
l’incumbent: questa strategia eleva i costi di entrata, rendendo negativo il profitto ottenibile dal potenziale entrante.
38
Il punto di partenza è un modello di Hotelling con segmento unitario, senza competizione di prezzo ( p1= p2= p ).
L’impresa che muove per prima si colloca al centro, per ottenere l’intera domanda; l’entrante si colloca vicino in modo
da spartirsi il mercato.
1
DatoF< p come costo di produzione, i profitti delle due imprese sono:
2
1 1
π 1= p−F e π 2= p−F
2 2
Cosa succede se l’impresa esistente decide di localizzarsi con 2 prodotti? Dove si collocherà?
Le due varietà saranno collocate a ¼ e ¾; l’impresa 2 otterrà la massima quota di mercato al centro, ottenendo ¼.
1
Se F> p , si avrà π 2 <0 e l’impresa 2 non entrerà: le varietà scoraggiano l’entrata
4
II
I profitti di 1 con due prodotti sono π 1 = p−2 F=2
( 1
2 )
p−F >π I1= p−F
1
2
Vendite collegate
L’impresa decide di vendere due prodotti tra loro collegati. Esempio: Nel 1994 Jim Clark e Marc Andreessen fondano
Netscape; nello stesso periodo Microsoft propone Internet Explorer come parte del pacchetto Windows 95 (vendita
collegata). Nel 1998 il Dipartimento di Giustizia USA fa causa a Microsoft per abuso di posizione dominante. Windows
vende OS+browser, Netscape solo il browser. 3 tipi di consumatori, ciascuno da 1 milione di individui:
{
tipo 1: R E=25 e RN =10 Non esistono vendite collegate, e il prezzo di equilibrio (che massimizza i profitti delle
tipo 2: R E=10 e RN =25 due imprese) è 25. π E =$ 25 m+π E=$ 150 m dall ' OS , π N =$ 50 m
tipo 3: R E =10 e RN =38
Windows può vendere il pacchetto a 60 dollari (ovvero la somma del prezzo del sistema operativo (50) e la cifra
massima che i fan di Netscape sono disposti a pagare (10)). Per attrarre i propri fan, Netscape non può più vendere a
25, ma deve abbassare il prezzo. Avendo già il pacchetto Windows, i fan di Netscape compreranno il browser solo se il
prezzo è 15 (differenza tra 25-10).→ π E =$ 180 m , π N =$ 30 m
Scuola di Chicago
Una critica radicale dell’ipotesi di prezzi predatori è che un’impresa razionale non dovrebbe mai uscire quando subisce
un attacco predatorio, e conseguentemente un’impresa razionale non dovrebbe mai iniziare un tale attacco. Questo
punto di vista è riconducibile alla Scuola di Chicago e può essere spiegato nel gioco sequenziale che segue:
1) Se nel primo periodo il predatore fissa prezzi bassi, entrambi esercitano una perdita pari a L. Se il predatore
invece non si comporta aggressivamente, entrambe le imprese ottengono profitti di duopolio π D
2) Alla fine del primo periodo, la preda deve decidere se restare nel mercato oppure no: se esce, ottiene profitti nulli
mentre il predatore ottiene profitti di monopolio π M
Se la preda decide di rimanere nel mercato, la strategia ottimale per il predatore è quella di non comportarsi
aggressivamente. Se il predatore si comporta in maniera aggressiva la preda dovrebbe uscire dal mercato? La risposta
è no, la minaccia di fissare prezzi predatori non è credibile, perché se la preda rimanesse nel mercato il predatore
troverebbe conveniente non comportarsi in maniera aggressiva. L’entrante non ha dunque alcun motivo di uscire.
39
La preda prevedendo il comportamento del predatore deciderà di rimanere nel settore, ottenendo π D piuttosto che
uscire e ottenere profitto nullo. La soluzione del gioco è quindi data da ( π D , π D)
La minaccia dell’incumbent di continuare ad avere un comportamento predatorio anche se l’impresa concorrente
resta nel mercato non è credibile.
Secondo la Scuola di Chicago il comportamento predatorio non dovrebbe mai essere osservato. Se un monopolista
reagisce all’entrata di un concorrente riducendo il prezzo, questo è semplicemente l’effetto competitivo della sua
diminuzione di potere di mercato. La debolezza di questo ragionamento è che si basa su ipotesi di razionalità e di
informazione perfetta.
Dunque, la minaccia di adottare un comportamento predatorio è credibile solo se esiste un’ asimmetria informativa
(reale o percepita) tra l’impresa esistente e la nuova entrante.
Nella legislazione antitrust europea (ed italiana) i prezzi predatori sono una pratica illegale in quanto rappresentano
un abuso di posizione dominante. È però difficile individuare un comportamento oggettivamente predatorio.
Come distinguerlo dalla normale diminuzione di prezzo dovuta alla maggiore competizione?
La Corte Suprema statunitense ha sviluppato un test apposito, detto Test di Areeda e Turner. Un prezzo è predatorio
soltanto se entrambe queste condizioni si verificano:
Il prezzo è inferiore ai costi marginali (condizione non sufficiente: possibile diminuzione di p all’aumento di q
dovuto a learning by doing)
Il prezzo aumento in seguito all’uscita del concorrente dal mercato
40
Collusione
In tutti i modelli analizzati finora, i profitti totali di equilibrio sono minori rispetto a quelli di monopolio. Le imprese
cercano di raggiungere accordi, con l’obiettivo di accrescere il proprio potere di mercato. È possibile trovare delle
soluzioni alternative tali che tutte le imprese stiano meglio (normalmente a spese dei consumatori)
Questo tipo di comportamento è indicato col termine generale di collusione.
Cartelli, forma istituzionalizzata di collusione
Accordi segreti o taciti
L’elemento comune è il tentativo di sopprimere la concorrenza e ottenere maggiore potere di mercato per le imprese.
Due implicazioni: gli accordi collusivi esistono; sebbene siano illegali, spesso le imprese infrangono la legge. Perché?
Per ottenere chiaramente maggiori profitti. Come può essere sostenuta la collusione? Di certo non dalla legge, ci deve
essere da parte dei partecipanti l’incentivo a non deviare dall’accordo.
∂ π1
massimizzazione diventa =π 1=a−c−2b q 1−b q 2=0, da cui
∂ q1
2
a−c NC a+2 c NC ( a−c )
q NC = ,p = ,π =
3b 3 9b
qM CO a−c . Le due imprese si
Se le due imprese cooperano, la quantità di ognuna delle imprese sarà: =q =
2 4b
2
π M
( a−c )
divideranno equamente i profitti di monopolio: =π CO =
2 8b
I payoff di cooperazione sono quindi maggiori di quelli di non-cooperazione (Cournot) → π CO > π NC
( ( a−c )2 ( a−c )2
8b
;
8b )(>
( a−c )2 ( a−c )2
9b
;
9b )
Tuttavia, è facile verificare che le imprese hanno incentivo a deviare: se l’impresa 2 (impresa 1) continua a cooperare,
all’impresa 1 (impresa 2) conviene deviare dall’accordo collusivo. In altri termini, la quantità di cooperazione q CO
dell’impresa 1 (impresa 2) non rappresenta la miglior risposta dell’impresa stessa alla quantità di cooperazione fissata
dall’impresa 2 (impresa 1).
π D1 =( p−c ) q D1 = (3 a+5 c
8
−c )
3 ( a−c )
8c
=
9
64 b
( a−c )2 π 2= ( p−c ) qCO
2 = (
3 a+ 5 c
8
−c )
a−c
=
3
4 b 32b
( a−c )2
5) Se i profitti che ottiene sono maggiori di quelli che otterrebbe colludendo allora l’impresa 1 ha incentivo a deviare
41
Se l’impresa 2 coopera, l’impresa 1 ha incentivo a deviare in quanto ottiene un profitto più alto rispetto a
π 2 <π NC CO
2 < π2 → ( 3 ( a−c )2
32b )(
<
1 ( a−c )2
8b )
→ 0,093<0,125
In caso di competizione statica one-shot basata sulla quantità, le imprese non hanno incentivo a cooperare e quindi a
colludere.
42
{ {
q1=0 se p1 > p2 π 1=0 se p 1> p 2
( A−B ) p1 ( A−B ) p 1
Domanda impresa 1: q1= se p1= p2 profitti corrispondenti: π 1 =( p1−c ) se p 1=p 2
2 2
q1= A−Bp se p1 < p2 π 1=( p1 −c )( A−B p 1 ) se p1 < p2
Se le imprese cooperano, fissano il prezzo di monopolio e si dividono la domanda:
∂π A +cB a /b +c / b a+ c
π M =( p−c ) ( A−Bp ) → M
=A−2 Bp+ cB=0 → p = = =
∂p 2B 2 /b 2
M M A+ cB A +cB a−c
Quantità di monopolio: q = A−B p = A−B = =
2B 2 2b
2
Profitti di monopolio: π M =p M q M −c q M =
a+ c a−c a−c ( a−c )
−c =
2 2b 2b 4b
( a−c )2
Se le due imprese cooperano, si dividono i profitti di monopolio, e avranno π CO =
8b
Se l’impresa 2 coopera e fissa il prezzo di monopolio, la reazione dell’impresa 1 sarà quella di fissare un prezzo
( a−c )2
D M
leggermente più basso, prendendosi tutta la domanda con profitti π =π =
4b
Se l’impresa 1 deviasse, i profitti dell’impresa 2 diventano nulli.
Tuttavia, la collusione esiste: la spiegazione va ricercata in un contesto di gioco dinamico, dove l’interazione strategica
si ripete nel corso del tempo e dove c’è la possibilità di punire chi devia dall’accordo.
La promessa non è credibile nel 2° round, visto che 1 ha un payoff maggiore se non coopera. L’impresa 2 tuttavia sa
che nonostante la promessa, l’impresa 1 ha un payoff maggiore se non coopera nel 2° round: da ciò l’impresa 2
deciderà di non cooperare nel 2° round. Questa decisione influisce inevitabilmente sul 1° round:
1 sa che 2 nel 2° round giocherà non cooperare
1 deve promettere di cooperare nel 2° round, promessa non credibile
Da qui deriva il teorema di Selten: se un gioco con un unico equilibrio viene ripetuto per un numero finito di volte, la
soluzione di esso è quell’equilibrio ripetuto per ciascuna delle volte. La ripetizione finita di un unico equilibrio di Nash
è l’equilibrio di Nash del gioco ripetuto. Il teorema è valido solo se esiste un unico equilibrio per il gioco uniperiodale e
se il gioco viene ripetuto un numero finito di volte. Che succede ampliando all’infinito il modello?
Se un’impresa devia (non coopera), la deviazione fa scattare (trigger) la punizione (punishment phase)
La punizione consiste nel giocare l’equilibrio di Nash del gioco statico (non cooperazione) in tutti i periodi successivi.
M
CO π
Cooperazione: π = Deviazione: πD Punizione: π NC
2
Supponete che i profitti netti di ciascun periodo siano π t : in ciascun periodo l’impresa sa che con probabilità p
l’interazione continuerà nel periodo successivo. Partendo da un periodo 0, la probabilità di raggiungere il periodo 1 è
p, quella di raggiungere il periodo 2 è p2, e così via fino al periodo t ( pt ).
44
π −π NC
La collusione è sostenibile se il fattore di sconto che tiene conto della probabilità è maggiore di una certa soglia.
Bertrand (n=2)
( a−c )2
Se il profitto di cooperazione è dato dal profitto di monopolio/2, CO π M
4b ( a−c )2
π = = =
2 2 8b
2
( a−c )
Il profitto di deviazione è dato dal profitto di monopolio, π D =π M −ϵ=π M =
4b
NC
Il profitto di punizione è dato dal profitto di equilibrio di Nash (Bertrand), π =0
( a−c )2 ( a−c )2
−
Bert π D−π CO 4b 8b 1
Il valore minimo di δ è δ min ≥ D NC
= 2
=
π −π ( a−c ) 2
−0
4b
Bertrand (n=1)
( a−c )2 ( a−c )2
−
Bert
Il valore minimo di δ è δ min ≥ D
π D−π CO
π −π NC
=
4b
( a−c )
2
n 4b
−0
=
n−1
n
→ lim
n →∞
n−1
n ( )
=1
4b
La collusione è dunque più difficile da sostenere maggiore è il numero di imprese nel mercato.
Cournot (n=2)
( a−c )2
Il profitto di cooperazione è dato da: CO π M 4b ( a−c )2
π = = =
2 2 8b
9
Il profitto di deviazione è (punto 4 dimostrazione incentivo a deviare): πD= ( a−c )2
64 b
45
( a−c )2
Il profitto di punizione è dato dal profitto di equilibrio di Nash (Cournot con 2 imprese): π NC =
9b
2
( a−c ) ( a−c )
( 649 − 81 ) = 9
2
9 2
( a−c ) −
Courn π D−π CO 64 b 8b b
Il valore minimo di δ è: δ min ≥ D NC
= 2
= 2
π −π 9
64 b
2
( a−c ) −
( a−c ) ( a−c )
9b b ( 64 − 9 )
9 1 17
Cournot (n=1)
( a−c )2
Il profitto di cooperazione è dato da: CO π M 4b ( a−c )2
π = = =
n n 4 bn
NC ( a−c )2
Il profitto di punizione è dato dal profitto di equilibrio di Nash (Cournot con n imprese): π = 2
b ( 1+n )
∂ πi 1 a−c
=a−c −2b qi−b Q−i=0 qi = ( a−c−b ( N −1 ) q i ) qi =
NC
π i= p ( Q ) qi−c q i
∂q i 2b ( N +1 ) b
Il profitto di deviazione si ottiene sostituendo la risposta ottima delle n−1 imprese nella funzione di reazione di i
a−c 1
La funzione di reazione delle n imprese è: q i= − Q
2 b 2 −i
q M (a−c)
Se tutte le altre n−1 imprese cooperano, ciascuna produce: =
n 2 bn
Inserendo questa quantità nella BR:
q i= (
2 b 2 2 bn )
a−c 1 ( a−c ) 2an−2 cn−na+a+ nc−c (a−c)(n+1)
− =
4 bn
=
4 bn
46
Nella competizione di prezzo, si è visto come si passi dal paradosso di Bertrand alla possibilità che le imprese si
spartiscano i profitti di monopolio. Perché allora non colludono più spesso?
La politica antitrust è un vincolo effettivo al comportamento delle imprese
Se un’impresa si aspetta di uscire dal mercato con un’elevata probabilità (turnover elevato), gli incentivi a deviare
dall’accordo collusivo sono alti, in quanto l’impresa ha poco da perdere (in termini di minori profitti futuri attesi)
deviando dall’accordo collusivo.
I prezzi non si osservano con precisione, in quanto non è possibile sapere se la riduzione dei prezzi di un rivale
derivi da deviazione o da calo delle vendite. Può dunque partire una guerra dei prezzi anche se nessuno ha violato
formalmente l’accordo collusivo.
Vi sono quindi evidenti problemi di stabilità del cartello: l’impresa deve confrontare i vantaggi di breve periodo
ottenuti deviando e la perdita che così facendo sperimenterebbe nel medio-lungo periodo.
47
Un’impresa del cartello deve condividere i profitti con gli altri membri. I profitti totali del cartello diminuiscono
all’aumentare di n , i profitti derivanti dalla deviazione invece generalmente non diminuiscono con n . Ad esempio,
nella competizione a la Bertrand la deviazione porta al profitto di monopolio!
Ordini irregolari
Nel caso di cooperazione con ordini regolari (es. Bertrand):
1 πM 1
CO CO CO 2
(
CO 2 tt
) CO
V =π + δ π + δ π +…+ δ π =π 1+δ +δ + …+δ =π =
CO
=
CO
1−δ n 1−δ
∞
1
Ricordiamo che la serie geometrica ∑ ¿1+x +x 2+…+x t= 1−x
i=0
48
Nel caso di cooperazione con ordini irregolari, al periodo 0 il profitto è moltiplicato per 0<γ <1 :
Politica antitrust
L’obiettivo della politica antitrust è quello di combattere la tendenza delle imprese a cospirare ai danni dei
consumatori. Al crescere del potere di mercato diminuisce il benessere sociale: anche se la perdita di efficienza fosse
trascurabile, le autorità danno molta importanza al benessere dei consumatori.
Unione Europea: vietate pratiche di fissazione diretta dei prezzi, limitazione della produzione o quote di mercato
USA: trust limitanti sono illegali, il tentativo di creare accordi tesi al monopolio è reato grave
Vi è consenso diffuso sull'illegalità delle intese collusive, infatti c’è eterogeneità nel divieto di intese: oggi
l'atteggiamento delle autorità antitrust europee è più restrittivo (AGCM particolarmente rigorosa). La rilevanza di una
politica della concorrenza aumenta con la crescita e la deregolamentazione.
49
Le caratteristiche dei mercati aiutano le autorità ad individuare i settori e i mercati dove dovrebbero guardare più
attentamente per individuare gli accordi collusivi. Guardare non è però sufficiente, e provare legalmente l'esistenza di
cartelli ai fini giudiziari non è facile. Le autorità spesso devono fare affidamento sulle stesse imprese che stanno
indagando per ottenere le informazioni necessarie all'accusa.
Le autorità preposte alla tutela della concorrenza hanno adottato sempre più programmi di riduzione delle pene
come metodo per combattere i cartelli: leniency programmes (programmi di clemenza) e whistleblower programmes
(soffiate). Questi programmi non esenti da critiche: alcuni autori (Motta e Polo, 2002) hanno fatto notare che
potrebbero incoraggiare la formazione di cartelli, aumentando la possibilità di uscire dal cartello liberi dalla
persecuzione e quindi i guadagni netti attesi sin dall'inizio.
50
Fusioni orizzontali
Le fusioni e le acquisizioni implicano un’uscita (l’impresa acquisita) e un’entrata (la nuova impresa frutto della fusione)
dal mercato, e quindi alterano la concorrenza. Quali sono le ragioni di fusioni e acquisizioni?
Efficienza: anni '80 Sony (hardware) acquista la casa cinematografica Columbia (software) con l'obiettivo di
sfruttare le sinergie tra due produttori di beni complementari
Potere contrattuale: Phillips Morris e Kraft, produttori di prodotti alimentari, fondendosi aumentano il potere
contrattuale nei confronti dei rivenditori
Posizionamento di mercato: Nestlè acquista Rowntree per entrare nel mercato inglese dei cioccolatini
Fiscale: obiettivo diversificare il portafoglio e ridurre rischi finanziari
Esistono diversi tipi di fusione:
Fusioni orizzontali: fusioni o acquisizioni tra imprese dello stesso settore industriale (Philip Morris, Nestlè)
Fusioni verticali: fusioni tra imprese operanti in diversi stadi della catena di produzione (Sony-Columbia)
Conglomerati: concentrazione tra imprese senza apparente concorrenza o complementarietà (Gillette-Duracell)
I motivi per una fusione sono diversi: risparmi di costo (elimina duplicazioni), ricerca di sinergie tra imprese, sistema di
prezzi più efficiente e/o migliori servizi… Le fusioni devono essere regolamentate perché potrebbero portare alla
creazione di cartelli legali.
Le imprese si fondono se i profitti che ottengono post-fusione sono maggiori o uguali a quelli pre-fusione. Per ottenere
profitti maggiori, è necessario che si riduca la quantità prodotta, in modo tale che il prezzo di equilibrio aumenti.
Tuttavia, è possibile dimostrare che, sotto l'ipotesi che la competizione e i costi rimangano invariati a seguito della
fusione, le imprese che si fondono fanno minori profitti. Questo perché la minore quantità prodotta non è compensata
dall'aumento di prezzo nell'industria. Si parla in questo caso di paradosso delle fusioni: una fusione è infruttuosa se
avviene tra due imprese o più, a meno che non si crei un monopolio.
La tabella mostra il numero di imprese k che si deve fondere affinché la fusione sia redditizia per una serie di valori di
n, ovvero il numero di imprese nell’industria:
51
Perché la fusione sia redditizia, è necessario che dia luogo ad un mercato altamente concentrato.
52
Vantaggi di costo
Consideriamo ora un settore triopolistico in cui tutte le imprese hanno gli stessi costi (marginale c e fisso F ). Le
imprese 2 e 3 si possono fondere nell’impresa 2 post , che avrà costi diversi ( c post ed F post). Assumendo che ci sia una
variazione nella funzione di costo, quali sono le condizioni per cui la fusione è profittevole?
È necessario confrontare i profitti post-fusione con quelli pre-fusione. Dato n=3 e assumendo b=1, i profitti pre-
( a−c )2 ( a−c )2
fusione sono pari a: π ipre = 2
−F= −F
b ( n+1 ) 42
Deriviamo ora i profitti delle singole imprese post-fusione, che si ottengono risolvendo un modello di Cournot con n
imprese e costi eterogenei.
{
1
q1= (a−c 1−b q 2)
2b → Un aumento del costo marginale implica che la curva di reazione si sposta verso il basso.
1
q 2= ( a−c 2−b q 1 )
2b
1 1
Ora, procedendo per sostituzione: q 1=
2b
( a−c 1−b q 2 )= 2 b ¿
q 1=
1
2b ( 1 1 1
a−c1− a+ c 2+ b q1 → q1=
2 2 2 ) 1 a
2b 2 ( 1 1
−c 1 + c 2+ b q1 → q1− q1=
2 2
1
4 ) 1 a
2b 2 ( 1
−c 1+ c2
2 )
+c a−2 c 2 +c 1
( )
4 1 a 1 a−2 c1 2
q 1= −c1 + c 2 → q1= →per simmetria,q 2=
3 2b 2 2 3b 3b
L’impresa con i cosi inferiori avrà l’output maggiore.
2 a−c 2−c 1
Output totale: Q=q1 +q 2=
3b
2 a−c 2−c 1 a+c 1 +c 2
Prezzo di equilibrio: p=a−bQ=a− =
3b 3
2
( a−2 c1 +c 2 ) ( a−2 c 2+ c1 )2
Profitti di equilibrio: π 1= π 2=
9b 9b
Torniamo ora al settore triopolistico (fusione di 2 e 3 in 2 post , con c post ed F post). Dati n=2, b=1e i costi marginali c
2
e c post , il profitto della nuova impresa 2 post è dato da: π 2post =
( a−2c post +c )
2
−F post
3
La fusione è profittevole solo se π 2 > π 2 + π 3 , dunque π 2 >2 π ipre
post pre pre post
( ) ( ) ( )
2 2
a−2 c post +c
3
−F post > 2
a−c 2
4 ( )
−2 F , da cui si ottiene ( 2 F−F ) +
post a−2 c post + c
3
−2
a−c 2
4
>0
Quattro effetti diversi sono all’opera:
Effetto positivo che emerge dal contenimento dei costi fissi: se F post <2 F , allora ( 2 F−F post ) >0
Effetto positivo che emerge dal contenimento dei costi variabili: se c post <c , allora ( a+ c−2 c post ) > a−c
Effetto positivo che emerge dalla diminuzione del numero di imprese: se n diminuisce, la competizione è meno
intensa e i profitti sono più alti
Effetto negativo: fondendosi, le imprese trasformano 2 funzioni di profitto in una sola. I profitti variabili prima
della fusione sono moltiplicati per 2, mentre il profitto variabile unico post-fusione viene moltiplicato solo per 1.
Questo effetto è chiaramente negativo. Infatti, se F=0 e c=c post si torna al paradosso delle fusioni:
( ) (4)
2
(3) (4) ( 9 16 )
post 2 2 2
( 2 F−F post ) + a−2 c + c −2 a−c >0 → ( 0 )+ a−c −2 a−c =( a−c )2 1 − 2 , che è
3
negativa
( ) ( )
2 2
π = 1
a−2 c+ c post
post
3
−F →la differenza pre/post è π 1post −π 1=
a−2 c +c post
3
−F−
a−c 2
4
+F ( )
Effetto negativo dato dalla riduzione dei costi marginali: se c post <c , il numeratore della parte variabile del
profitto si riduce ad a+c post −2c <a−c →l’outsider subisce un danno, dovuto all’aumento dell’efficienza
dell’impresa nata dalla fusione
Effetto positivo dato dalla diminuzione del numero di imprese: il denominatore della parte variabile del profitto si
1 1
riduce, perché la fusione diminuisce il numero di imprese n . Se c post =c , l’espressione è positiva >
3 4
54
La politica antitrust deve quindi valutare con attenzione le dimensioni relative di guadagni e perdite. Il compito è
complesso quando bisogna stimare i vantaggi di costo derivanti dalla fusione, in quanto sono informazioni di norma
celate dalle imprese coinvolte.
Principi generali che possono guidare le autorità antitrust:
Maggiore l’aumento di prezzo, tanto più probabile sarà che l’effetto della fusione sia negativo
Tanto più piccole sono le imprese che si fondono, tanto più probabile che i guadagni di efficienza siano consistenti
e che l’effetto complessivo sia positivo
In mercati in cui l’entrata di nuove imprese è facile, è meno probabile che le fusioni abbiano effetti negativi
55
Relazioni verticali
Anche se di solito si tende a pensare che i clienti delle imprese siano i consumatori finali, in realtà la maggior parte
delle imprese vende ad altre imprese. Per “relazioni verticali” si intendono le relazioni tra imprese che operano in
stadi successivi del processo produttivo.
Di norma, vi è un’impresa a monte (lontana dal consumatore finale) che vende ad un’Impresa a valle (vicina al
consumatore finale). Vendere ad un’impresa a valle è diverso dal vendere ad un consumatore:
I rivenditori sono in competizione tra loro, i consumatori no. Ciascun rivenditore è interessato al prezzo
all’ingrosso che paga, e al prezzo all’ingrosso pagato dagli altri rivenditori
Il produttore a vendita diretta controlla quasi tutte le variabili che determinano la domanda finale (prezzo, qualità,
pubblicità, servizi di vendita ecc.) ma non è così nel caso dell’impresa che vende ad un distributore (es. gestione
della pubblicità del rivenditore)
56
a+c
Quando il Produttore fissa il prezzo all’ingrosso r= , il Rivenditore
2
a+c
a+
sostiene un prezzo finale a+ r 2 3 a+ c , e dunque
p= = =
2 2 4
a+ c
a−
produce la quantità a−r 2 a−c , con profitti
Q= = =
2b 2b 4b
( )
2
a+c
2 a−
( a−r ) 2 ( a−c )2
πR = = =
4b 4b 16 b
Cosa succede se le due imprese operano una fusione, secondo la quale il Produttore si fonde (ingloba) il Rivenditore?
57
Fusioni verticali
Le due imprese si fondono, creando una nuova società che è di fatto monopolista. In monopolio, si ha:
M a−c
= M a+c ( a−c )2
quantità: Q Prezzo: p = Profitto: π M =
2b 2 4b
M
Il prezzo applicato in regime di fusione verticale π è inferiore a quello applicato in caso di relazione verticale p.
La fusione verticale ha arrecato dei benefici a tutti:
I consumatori pagano un prezzo inferiore, e il loro surplus è
aumentato
( a−c )2
I profitti totali πM =sono aumentati del 12,5% rispetto a
4b
RV 3 ( a−c )2
quelli di relazione verticale π =
16 b
Le fusioni verticali possono avere quindi effetti positivi se rimuovono
inefficienze di mercato; ad esempio, nel caso di doppia
marginalizzazione, dove il prezzo finale include un doppio mark-up (dell’impresa a valle e di quella a monte).
Il modello fin qui considerato si basa comunque su ipotesi particolarmente stringenti, prevedendo la presenza di
monopolio ad ogni stadio della filiera produttiva.
58
59
Il Produttore stabilisce che il Rivenditore paghi una parte fissa T per accedere alla filiera, e poi una parte variabile r .
Strategia ottimale: il Produttore fissa r =c e chiede al Rivenditore una parte fissa T . Il Rivenditore fissa poi un prezzo
a+c
p R= p M = ( a−c )2
al dettaglio pari a quello di monopolio , ottenendo profitti pari a π R = −T
2 4b
2 2
=56, con π R = ( a−r ) −T = ( 100−12 ) −T =968−T
a+c 100+12
In equilibrio, il Rivenditore fissa p R= =
2 2 4b 8
Il Produttore stabilirà T >484 , che è l’ammontare che sarebbe in grado di ottenere senza l’accordo
Tuttavia, T < 726, perché altrimenti il Rivenditore guadagnerebbe meno di 242 che è quanto guadagnerebbe
senza l’accordo.
Qualunque sia il valore scelto di T , questo accordo risolve il problema della doppia marginalizzazione.
L'utilizzo di una tariffa a due parti in questo contesto assomiglia ad un contratto di franchising (anche se il contratto
comprenderebbe potenzialmente altre prestazioni da parte del Produttore). In presenza di una tassa di franchising, il
problema di massimizzazione dei profitti del Produttore è sostanzialmente equivalente alla massimizzazione dei
profitti congiunti, salvo poi fissare il valore di T che l'impresa Rivenditrice è disposta ad accettare.
Il valore di T svolge il ruolo di distribuire di profitto tra le due imprese.
60