Il termine macrotesto può avere diverse accezioni: può «indicare l'intera opera di
un'autore (...) o opportuni raggruppamenti di opere nell'arco della sua produzione»1 oppure
«un singolo libro di poesie, caratterizzato (...) da ridondanza tematica ed equilibrio
strutturale»2; nel corso della mia analisi si darà al concetto di macrotesto quest'ultimo
significato, con la precisazione che i Triumphi, più che un "libro di poesie", sono un libro
di poesia: poema i cui capitoli, sorretti e congiunti da un'impalcatura narrativa e diacronica
(ma il tempo dei Triumphi è un tempo progressivo e circolare insieme), acquistano senso e
significato dall'essere parte della macrostruttura che creano.
Quella che affronterò sarà un'analisi dei Triumphi di tipo strutturale, cioè uno «studio
delle relazioni che intercorrono tra il tutto e le parti»3, le quali «ne peuvent se comprendre
que par leur rapport à l'ensemble»4.
Tali relazioni saranno ricercate nei termini di connessioni macrotestuali individuabili
sulla superficie del testo: ripetizioni lessicali, ricorrenze di immagini, somiglianze di
locuzioni e giaciture ritmiche, simmetrie o opposizioni che creino una sorta di reticolato
visibile, riconoscibile; la quantità di queste connessioni definirà il grado di organicità del
macrotesto.
Con una tale analisi intendo dimostrare, in prima istanza, che il poeta ha attuato delle
strategie per aumentare la coesione tra i capitoli e che i Triumphi possono dirsi,
legittimamente, un poema. In seconda istanza mi propongo di assodare la compattezza del
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cosiddetto "poema di Laura" (cfr. pagg. 19-23) e se esistono connessioni macrotestuali tra
quest'ultimo e il dittico finale costituito dal Triumphus Temporis e dal Triumphus Mortis.
l'abito in vista sì leggiadro e novo Mossemi 'l lor leggiadro abito e strano
mirai (...)
(TC I, 19-20) (TC II, 7)
Nel primo caso l'abito leggiadro è di Cupido, sommo duce (TC I, 13), nel secondo
caso di Massinissa e Micipsa, i duo amanti (TC II, 74) e, sebbene i due sintagmi sembrino
sovrapporsi completamente - tenendo conto dell'iperbato che in TC I incorpora in vista
«ripetizione equivoca del v. 16»5 e che entrambi sono coordinati a un diverso aggettivo
(strano / novo) - il loro senso è, nei due contesti, assai diverso: l'abito di Cupido ha il
significato etimologico di aspetto, forma6, invece l'abito degli amanti africani è il vestito,
ciò che indossano (significato del termine oggi più comune). C'è da dire che qui la
somiglianza di situazione (il protagonista è attratto da uno o più personaggi per il loro
aspetto esteriore) e di espressione potrebbe innescare nel lettore un interessante
meccanismo mentale di associazione.
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corressero in parallelo senza far progredire l'azione:
Stanco già di mirar, non sazio ancora, Era sì pieno il cor di meraviglie
or quinci or quindi mi volgea, guardando, ch'i' stava come l'uom che non pò dire,
cose ch'a ricontale è breve l'ora. e tace, e guarda pur ch'altri 'l consiglie,
Giva il cor di pensier in pensier quando quando l'amico mio - Che fai? Che mire?
tutto a sé il trasser due (...)
(TC II, 1-5) (TC III, 1-4)
7 C. Giunta, Memoria di Dante nei Trionfi, cit., pp. 441-52, alla p. 413.
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in fin che mi fu detto: -Troppo stai
in un penser a le cose diverse,
e 'l tempo ch'è brevissimo ben sai. -
La risposta del poeta in TC III, che mette in campo "l'amor del saper" (vv. 7-8: "e tu
sai l'esser mio / e l'amor del saper che m'ha sì acceso") riecheggia TC II, 92-93 ("ancor
m'aggrada / saver quanto ciascun e 'n qual foco arda").
Detto ciò si può solo concludere che TC II e TC III fanno uso degli stessi moduli
narrativi (l'esortazione esterna e la curiosità intellettuale sono i motori dell'azione); questo
fatto non li pone in connessione e, semmai, conferma l'impressione di una sostanziale
assenza di connessioni macrotestuali nei primi capitoli dei Triumphi.
Stessa assenza di connessioni tra TC III e TC IV: si può però constatare che entrambi
i capitoli fanno uso di immagini comuni come quella di «Amore come (...) ferita»8 per cui,
ad esempio, un verso come "a questi le mie piaghe tutte apersi" (TC IV, 75) si arricchisce
nel confronto con il precedente "e ne le vene vive occulta piaga" (TC III, 182).
D'altro canto, TC IV mostra proprio in esordio la sua dipendenza dal precedente
capitolo (vv. 1-5):
8 PACCA, p. 175, n. 181-82; l'immagine è attinta dai classici (Ovidio, Virgilio), presente nei contemporanei
(Dante) e nei RVF (195,8).
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ella mi prese; et io, ch'avrei giurato
difendermi d'un uom coverto d'arme
con parole e con cenni fui legato.
(TC III, 89-93)
Una circolarità del Triumphus Cupidinis, infine, sembrerebbe essere suggerita dai vv.
130-136 di TC IV che riprendono e ampliano l'or e il quivi del v.112 ("Or quivi triumfò il
signor gentile"):
Il trionfo di "que' che 'l vulgo adora", cioè Cupido, avviene "in quel loco e 'n quel
tempo et in quell'ora / che più largo tributo agli occhi chiede". La perifrasi è assai ambigua9
e di certo si può solo affermare, sulla scorta dei vv. 130-132, che 'l tempo è «in prossimità
dell'equinozio di primavera»10; quanto al giorno e all'ora, verrebbe naturale pensare che qui
Petrarca si stia riferendo proprio al «mattino del 6 aprile (...) del primo incontro con
9 Si è interpretato "tributo a gli occhi" come pianto e, sulla base di RVF 33, 7-8 e RVF 101, 8, si è inferito
che il tempo sia la primavera e l'ora l'alba, quando «gli innamorati piangono perché costretti a separarsi»
(PACCA, p. 213, n. 134-35).
10 PACCA, pp. 211-212, n.130-31.
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Laura»11, il cui ricordo provocherebbe «il pianto del narratore»12, lo stesso 6 aprile che
"rinova i sospiri" (TC I, 1): con tale ipotesi, però, rimane inspiegato il loco «che designa
Cipro, non Avignone»13, l' "isoletta dilicata e molle" (v. 101) " che cotanto piacque / a
Venere, e 'n quel tempo a lei fu sagra / che 'l ver nascoso e sconosciuto giacque" (vv. 106-
108).
Faccio però due osservazioni: la prima è che nei Triumphi «è sempre il 6 di aprile»14,
lo è all'inizio del Triumphus Cupidinis e lo è nel Triumphus Mortis I15 «secondo la
mitologia simmetrica fissata nel Canzoniere»16, e sarebbe strano che proprio qui, nel
momento del trionfo d'Amore, Petrarca abbia deciso di discostarsi dall'usuale simmetria
cronologica, se non altro perché l'allestimento di un tale apparato di allusioni e perifrasi
suggerisce il contrario; in secondo luogo, è possibile che la relativa "che più largo tributo
agli occhi chiede" si riferisca soltanto al tempo e all'ora, non al loco.
Se si confrontano TC IV, 130-136 e TC I, 1-9 si nota anche un'interessante
concentrazione di ricorrenze lessicali:
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È dato acquisito della filologia che sulla collocazione nell'opera del secondo capitolo
del Triumphus Cupidinis il poeta dovette rimanere incerto a lungo. Pacca ne discute
ampiamente nell'edizione commentata dei Triumphi (pp. 93-96): da una parte due postille,
una collocata all'inizio di TC II in H, C, P e I che lo indica come terzo o come secondo
capitolo ("3 capitulum 3 vel 2") e una all'inizio di TC III - di cui non è dato sapere se
anteriore o posteriore - che lo indica come secondo capitolo, dall'altra «una parte
consistente della tradizione manoscritta» in cui «i primi capitoli dei Triumphi seguono
l'ordine (...) TM II, TF Ia e TC II, gruppo che precede TC I e poi gli altri capitoli nel loro
ordine naturale»17.
Esistono dunque connessioni macrotestuali di TC II ad altri capitoli del Triumphus
Cupidinis, che provino l'esistenza di una di una sua diversa posizione in origine? In effetti
sì. È Pacca stesso a notare un collegamento tra «la conclusione alternativa del quarto
trionfo»18, redazione precedente più lunga dei vv. 157-64 testimoniata dal ms. Palat. 19519,
e i primi versi di TC II, considerandolo «un tentativo abbandonato di creare una giuntura
fra i due capitoli»20; in particolare Pacca segnala «alcuni contatti verbali» tra TC IV, 165-66
(gran cose e memorabili mirando / volgea la vista vaga in ciascun lato) e TC II, 1-2
("stanco già di mirar, non sazio ancora, / or quinci or quindi mi volgea, guardando"): nella
versione breve poi definitiva il collegamento si perde, sopravvivendo in TC IV come
contatto lessicale il solo mirando, cui viene aggiunto il prefisso iterativo ri- (rimirando, v.
163).
Si possono però individuare all'interno di TC IV anche altre connessioni con TC II.
17 PACCA, p. 305.
18 Ivi, p. 96.
19 ARIANI, p. 194.
20 PACCA, p. 96.
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ricordano TC II, 58-60:
Massinissa sta parlando dei romani, non di Laura come in TC IV, ma il sintagma
identico "in forza altrui" mette in rilievo la non divergenza delle due situazioni21, l'una
concernente la violenza sottesa alla conquista politica e territoriale, l'altra la condizione di
oppressione in cui versa l'innamorato: come a seguito della guerra il regno cartaginese è
conquistato dai romani (artefice principale quello Scipione che fu sommo uom (TC II, 31),
alleato di Massinissa) così anche il personaggio di Petrarca è ridotto in schiavitù da Amore
essendo "tutti incisi i nervi / di libertate" (TC IV, vv. 2-3).
Difficile credere che la presenza della stessa clausola sia casuale o frutto di
disattenzione del poeta: in questo modo egli non solo dà alla propria vicenda individuale-
sentimentale valore storico-esemplare, ma opera anche una «sovrapposizione (...) delle
figure di Laura e Scipione»22, che è del resto costante nell'opera.23
Proseguendo nella lettura di TC IV ci si imbatte poi, ai vv. 67-69, nei personaggi di
Socrate e Lelio24, il cui riconoscimento è descritto dal poeta con tono dolcemente
affettuoso:
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quando Socrate e Lelio vidi in prima:
con lor più lunga via conven ch'io vada.
Anche qui l'essere "fuor di strada" indica una speciale condizione (Seleuco ha infatti
donato al figlio "la sua diletta sposa" TC II, 97) anche se connotata negativamente, come
suggerisce la collocazione a sinistra.28 L'analogia situazionale è sottolineata dall'identica
clausola ("fuor di strada") che è, tra l'altro, di derivazione dantesca (Paradiso, VIII, 148).
25 PACCA, p.199, n. 67-69 dice che la «terzina può essere spiegata in due modi, secondo che la si riferisca
alla biografia del P. reale o al comportamento del P. personaggio» e aggiunge che «la seconda spiegazione
può implicare metaforicamente la prima».
26 Discuto di questo verso a p. 38.
27 Non è importante determinare se il poeta è "fuor de la comune strada" perché si è innalzato con «gli studi
e le opere belle» (PACCA, p. 199, n. 67-69) o perché innamorato di Laura, in quanto le due esperienze
sono concomitanti (cfr. TM II, 13-14 e TC IV, 79-81).
28 PACCA, p.115, n. 94-96.
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Se non è possibile individuare una capillare rete di connessioni testuali nei primi
capitoli dell'opera, più decisive e importanti saranno invece le connessioni stabilite tra il
Triumphus Cupidinis e i trionfi immediatamente successivi: Petrarca sembra realmente
preoccupato di mettere in risalto la macrostruttura dei superamenti e viene così emergendo
il "cuore profondo" dei Triumphi costituito dalla triade TC, TP e TM I.
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La ricorrenza verbale è tanto più significativa se si considera che nella redazione
precedente di questi versi (quella appunto testimoniata dal ms. Palat. 195 e con la probabile
funzione di connettere TC IV a TC II) non compare consolai ma, al suo posto, il meno
suggestivo e più prosaico "e solo un rimedio ebbi".
La stessa strategia è adottata anche nell'explicit del Triumphus Pudicitie; infatti, ai vv.
187-192 si legge:
29 ARIANI, p.222, n. 187; Spurinna «vagheggiato da numerose donne per la sua bellezza, si sfregiò
volontariamente il viso per non dare a mariti e genitori motivo di sospettare di lui» (PACCA, p.264, n.
187-90).
30 Così parafrasa PACCA, p.264, n. 187-90.
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