16-11-2018
Quando si comincia con la filologia? Quando nasce il problema della salvaguardia dei testi
ritenuti alla base della cultura. Quando si ritiene un testo così importante che non si può farne
a meno, e nasce l’esigenza di conservarlo nel migliore dei modi. Qui nasce la filologia.
1- poemi omerici, quando i poemi di Omero sono stati ritenuti fondamentali per la
cultura, si è cominciato a cercare di costruirli, ardua impresa.
2- La Bibbia: tuttora viene rimaneggiata dalla Chiesa (vedi padre nostro), filologia
biblica.
3- La sua diffusione.
I primi importanti tentativi che si sono avuti in filologia, soprattutto nei poemi omerici, si
sono avuti da parte dei filologi alessandrini intorno al III - I secolo a.C.
Già allora i filologi alessandrini posero dei concetti alla base del lavoro filologico fino ad
oggi.
Esercizio della critica, ragionare su quali lezioni varianti siano più vicine o meno alla
versione originale. Capire quali sono gli errori e cercare di correggerli.
Fare attenzione al rapporto tra i testimoni e i luoghi della loro produzione. Sappiamo
che c’erano dei copisti che lavoravano meglio di altri e c’erano dei luoghi dove si
facevano delle copie migliori e quindi alcune copie sono più attendibili di altre.
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Il senso della complessità di una tradizione. Una tradizione di un testo antico è molto
più complessa di quel che si creda, bisogna essere molto prudenti nel formulare delle
congetture interpretative.
Dal IV al VI secolo si diffondono le sottoscrizioni nei codici, che sono delle note
apposte dal copista alla fine di un’opera copiata. Un suo pensiero, quali sono stati i
problemi nella comprensione della copia che stava facendo, le cose più vistose che
aveva modificato. Le sottoscrizioni sono i primi esempi di riflessioni filologica sul
testo copiato.
I secoli dal VII all’VIII (medioevo) sono stati i più bui per la trasmissione dei testi verbali,
perché c’è una caduta di interesse per le testimonianze, la Chiesa tende a cancellare le
testimonianze classiche, non le conserva. Si crearono così i palinsesti.
Palinsesto: è un testimone in pergamena dal quale è stato raschiato via uno scritto
per scriverci un nuovo testo, per risparmiare pergamena. Esempio: pittore che fa
un quadro e poi, perché ha pochi soldi, non sostituisce la tela, ma ci fa un altro
quadro sopra. Oggi con i raggi X si può recuperare quel che c’è sotto un
palinsesto.
Nel IX secolo c’è la rinascita della cultura, è il periodo di Carlo Magno, della rinascita
carolingia, questo secolo segna il fervore nel recupero dei testi e infittisce i contatti tra impero
d’oriente e impero d’Occidente. È il periodo nel quale i monaci dei monasteri cominciano la
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straordinaria opera di copiatura e diffusione dei testi antichi. In Occidente questo lavoro è
svolto dai monaci nei grandi monasteri (esempio “il nome della rosa”), che diventano dei
centri di copiatura e di lavoro filologico, però la vera nascita della filologia moderna si ebbe
con l’umanesimo, cioè con quel fenomeno che nel XV secolo tese al recupero della classicità.
Quando gli uomini del 4-500 cominciarono a ristudiare il greco e il latino e a recuperare i testi
antichi. Per esempio: Francesco Petrarca, grande poeta italiano.
Nel 1453, dopo la caduta di Costantinopoli, si ebbe una diaspora, una fuga di studiosi greci da
oriente verso l’Italia, i quali si portarono dietro migliaia di libri e di volumi. Si ebbe quindi un
notevole interesse di questi libri greci confluiti nelle grandi biblioteche storiche, soprattutto la
Capitolare a Verona, la Mediceo Laurenziana a Firenze, la Nazionale a Firenze (la più
grande), la Nazionale di Napoli, la Vaticana di Roma, la Marciana di Venezia. Queste sono le
biblioteche storiche, le più importanti d’Italia, che ancora conservano i testi di questo periodo,
che sono stati portati per salvarli dai turchi (impero ottomano) che sennò li avrebbero bruciati.
Non tutte le città diffusero la stampa con uguale interesse, Venezia fu un centro importante,
qui lavorò Aldo Manuzio, il più noto stampatore, il quale lavorò a stretto contatto con i grandi
umanisti, chiedendo il loro parere sulla correttezza filologica dei testi.
In Francia, altro noto stampatore, Robert Estienne.
L’interesse filologico si estese, oltre che alla Bibbia, soprattutto anche al nuovo testamento, il
Vangelo. Per esempio Erasmo da Rotterdam, uno dei primi filologi a formulare il concetto di
archetipo.
Negli anni della Riforma e Controriforma, l’interesse per la correttezza della Bibbia e del
Vangelo fu enorme, ma in realtà la filologia biblica diventò un terreno pericoloso, perché
l’interpretazione dei testi sacri poteva generare eresie. Si decide quindi che la corretta
interpretazione della Bibbia debba venire soltanto dall’autorità religiosa, quindi dal Papa,
nella Chiesa cattolica. È sbagliato e punibile fare una ricerca filologica sulla Bibbia che porti
a dei risultati diversi da quelli indicati dal Papa. Nel 1458 ci fu la creazione dell’Indice, che è
l’elenco dei testi proibiti dalla Chiesa, questi non si potevano leggere, pena la scomunica.
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Negli anni 80 del 500 ci fu l’istituzione della tipografia vaticana, che controllava la
distribuzione della versione consentita della Bibbia.
Fra i maggiori filologi del 600 ci fu Giovanni Battista Vico, il quale teorizzò la fusione di
filologia e filosofia. Scrive che “la filosofia è la scienza del vero, la filologia è la scienza del
certo”, cioè avere la certezza del testo.
Risalgono al 700 alcune regole che sono ancora attuali e valide, per esempio il valore di un
testimone. Come si capisce l’autenticità di un testimone? Un testimone è valido, non perché
più antico, ma per la qualità delle lezioni che attesta, legate alla qualità di copiatura.
Un altro concetto fondamentale che si profila è quello dell’importanza di testimoni che sono
stati redatti in luoghi molto lontani l’uno dall’altro. Ci si interroga sull’errore per i quali i due
copisti erano lontani e non hanno avuto rapporti tra loro.
Usus scribendi: le consuetudini dello scrivere. Riguarda gli autori, per esempio la
grafia di Beethoven, di Mozart, o di Bach, il loro modo di indicare certe cose. Per i
filologi riguarda anche l’Usus scribendi dei copisti, e questo studio ci fa capire
l’origine degli errori commessi da un determinato copista.
Agli inizi dell’800, epoca romantica, venne fuori l’idea di poter fare un albero genealogico,
tabula genealogica, della tradizione di un testo. Questo albero si chiama:
Nell’800, secolo del romanticismo, si vede un grande recupero del passato, per esempio
recupero del canto popolare, delle fiabe, di libri del passato. Il romanticismo un fenomeno
essenzialmente tedesco, non è un caso infatti che la Germania fu il più grande centro
filologico per la letteratura del passato.
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Ci furono centri per lo studio filologico molto importanti a Berlino e a Lipsia, qui si crearono
rispettivamente due scuole contrapposte per i diversi metodi: la scuola di Berlino a cui fa capo
August Boeck e la scuola filologica di Lipsia che fa capo a Gottfried Hermann.
1. August Boeck è il padre della filologia reale, che è basata sulla collaborazione delle
diverse competenze, ritenute essenziali per la critica di un testo. Boeck sosteneva che
il lavoro filologico non può essere fatto da un solo studioso, ma deve essere fatto da
uno che si occupa del testo, inteso come parole, da uno studioso della carta, da uno
studioso dell’iconografia (se ci sono immagini), etc. Il numero di studiosi che ci
vogliono varia da opera a opera, ma comunque sia ci vogliono studiosi di diverso tipo.
2. Gottfried Hermann è il padre della filologia formale, che distingue molto bene la
critica del testo, ovvero l’ecdotica (= risalire alla correttezza del testo), dalla esegesi
della cornice storico-culturale, cioè dallo studio del contesto. La separazione della
ecdotica dalla esegesi, vuol dire separare lo studio del testo dal contesto del testo, dalla
sua epoca, dal riferimento ad altre opere, dal suo contesto culturale, etc., quindi non
c’è bisogno di tante competenze diverse, perché il filologo deve occuparsi solo
dell’ecdotica del testo.
La filologia moderna, ad oggi, dice che per fare un’edizione critica fatta bene, non si può
escludere il contesto testo.
L’800 tedesco fu formidabile nel campo della filologia anche perché estese il campo di
interesse ad altre cose, come ai testi letterari di vario tipo, ma anche ad altre civiltà, ad altre
lingue, le lingue germaniche, slave, mediorientali.
È in Germania che nasce il metodo stemmatico, attribuito ad uno dei più famosi filologi
tedeschi, Karl Lachmann (1793-1851), a lui è stato attribuito il primo impiego del metodo
stemmatico, cioè di applicare uno stemma per chiarificare la trasmissione di un testo.
In epoca successiva Paul Maas, (1880-1964), altro grande filologo tedesco, ha preferito
formulare un metodo che si basa sul calcolo degli errori tra i testimoni e dei rapporti di
parentela, senza interpretarlo, senza formulare giudizi, soltanto tracciando un albero
genealogico.
Il metodo di Maas si basa su cinque punti fondamentali:
1. il rifiuto della vulgata;
2. la recensio esaustiva, totale, sistematica di tutti i testimoni (procurarsi tutte le stampe);
3. la collatio tra i testi, confrontare tutti i testimoni;
4. costruire uno stemma;
5. ricostruzione di un archetipo, del capostipite, quindi di una certa tradizione testuale.