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È la sera del plenilunio e nella sala comune di serpeverde, nei sotterranei di Hogwarts, si respira

un’atmosfera cupa. A volte la calma e il silenzio del lago nero al chiaro di luna ci sopraffà,
stordendoci al punto da credere di udire degli ululati in lontananza. O forse, quegli ululati non erano
affatto immaginari. Simona: -Io non riuscirò mai a prendere sonno per la paura!

Io:- Beh e questo è nulla! Qualche anno fa sono stata in vacanza in Scandinavia, dove la licantropia è
molto più diffusa che in Scozia. Sapete, lì la gente si barrica in casa nelle notti di luna piena. Interi
villaggi di maghi apparentemente deserti, dove solo i più coraggiosi mettevano naso nella neve oltre
il proprio cortile. Ci ha avvertito la locandiera del “Covo di Odino”.

Giulia:- Ma che meraviglia! Per tutte le pluffe, è una serata da storie di paura! Fra ne hai sentita
qualcuna interessante in scandinavia?

Io:- Beh non è una storia da paura, ma la locandiera mi ha anche raccontato la leggenda delle origini
della licantropia nella ødelagt bakkefylke, letteralmente la Contea della collina rovinosa.

È una storia antica, che risale a migliaia di anni fa, quando il grande Fenrir viaggiava ancora fra i
mortali libero. Un giovane della tribù insediata nella pianura della ødelagt bakkefylke aveva il
talento della caccia. Vantava le pelli orsi, coyote, alci e ambiva alla pelle di lupo. I lupi erano i più
temuti predatori dei dintorni. Il giovane cacciatore, di nome Lars, una mattina aveva ricevuto la
notizia che il grande lupo Fenrir era giunto a ødelagt bakkefylke. Recuperò subito le sue armi e delle
provviste per poi mettersi in viaggio alla ricerca del suo avversario. Dopo giorni di viaggio finalmente
trovò il lupo, maestoso e imponente, lo aveva guardato come fosse un insetto. Infatti, quando Lars lo
sfidò il lupo si rifiutò, voltandogli le spalle. Allora, arrabbiato il giovane pieno di sé sfoderò la lama e
attacco Fenrir alle spalle. Figlio di Loki, il grande lupo non si fece prendere alla sprovvista e parò il
fendente con la coda. Voltandosi, vide l’ira e la frustrazione nello sguardo dell’umano, allora decise
di combatterlo e di punirlo per la sua insolenza. Quale umano, poteva mai osare pensarsi più forte e
astuto del lupo mitico? Dopotutto, Lars era solo un giovanotto con una lama seghettata fra le mani,
agli occhi di Fenrir non era neanche meritevole del titolo di avversario.

Il ragazzo tornò sconfitto al villaggio della sua tribù, e cominciò a servare rancore nelle profondità del
suo cuore. Un giovane orgoglioso come lui, che non aveva mai conosciuto il fallimento, non poteva
conoscere il buon senso dell’arrendevolezza. Per molto tempo Fenrir continuò a viaggiare, ed
incominciava a essere noto come il distruttore di catene. Lars si era recato nella valle oltre la collina,
in città, per acquistare delle pelli e commissionare un’arma magica al fabbro elfo della città. Quando
giunse alla fornace dell’elfo Ausir, trovò degli uomini che lamentavano di un grosso lupo, alto quasi
quanto un uomo a 4 zampe. L’elfo lamentava le stesse cose, della bestia dagli occhi dorati
proveniente dalla foresta di ferro. Lars capì subito che il lupo in questione era il grande lupo Fenrir.
S’intromise nelle faccende fra umani ed elfi, scoprendo che gli umani avevano chiesto aiuto agli elfi
per intrappolare Fenrir con una catena magica. Lars vide in quello stravagante gruppo la sua
possibilità di riscatto. Aspettava da quel giorno di realizzare la sua vendetta sull’enorme creatura.

Così, Lars si unì al piano di cattura di Fenrir. Uno dei più anziani, uno stregone di nome Tyr,
conosceva bene Fenrir e non ebbe esitazione a credere all’esperienza di Lars, anzi, provò tanta pena
per il ragazzo che decise di concedergli l’onore e l’onere di essere il boia di Fenrir.

Il giorno della trappola giunse: Fenrir fu convocato sfidandolo a liberarsi da una catena,
apparentemente delle stesse fattezze di una morbida corda, che in realtà era stata incantata dagli
elfi, e allo stesso tempo la spada forgiata dagli elfi che Lars aveva richiesto per disintegrare la dura
carne del lupo sotto la sua lama era finalmente pronta. Lars era impaziente. E quando Fenrir lo
riconobbe fra i suoi sfidanti, cominciò a convincersi di essere finito in una trappola. Forse la corsa era
in realtà incantata, o forse maledetta. Nonostante i timori, Fenrir non poteva più tirarsi indietro, il
suo orgoglio glielo proibiva. Così, scelse l’astuzia. Richiese come prova di fiducia che mentr’egli
veniva legato alla catena e avrebbe provato a liberarsi uno fra i presenti avrebbe offerto la sua mano
davanti la bocca del lupo, a garanzia dell’onestà di quella prova. Gli uomini del gruppo si puntarono
fra di loro per un po’, farfugliando qualcosa senza apparire in accordo fra di loro, allora il lupo
semplificò loro il compito. “Voglio lui” pronunciò indicando il giovane Lars. Lars ebbe la prova
soddisfacente che Fenrir lo avesse effettivamente riconosciuto. Lars seppe solo in quel momento di
non essere stato una mosca schiacciata lungo la via per il lupo. Tuttavia, non voleva, non poteva,
accettare il rischio. Lui avrebbe dovuto ucciderlo! Non poteva rischiare di perdere la mano che
avrebbe dovuto usare per condannare la belva davanti a lui, i desiderio di vendetta era troppo
grande, troppo vicino all’avverarsi perché potesse accettare di rinunciarvici. Fortunatamente il
saggio Tyr, anziano del gruppo e soprattutto, ex allevatore del lupo Fenrir, si offrì spontaneamente
come garante per sé e i suoi compagni. Il lupo si trovò nuovamente alle strette, e teso, accettò di farsi
legare tenendo ben a portata le fauci dalla mano dell’ingannatore. Come cominciò l’incatenamento il
lupo seppe per certo si essere perduto. Addentò con forza e rabbia la mano di Tyr, gliela strappò in
un fiume di sangue e iniziò a dimenarsi con ferocia per ritrovare la sua libertà vanamente. Lo
tirarono su, incatenato dalla magia e dall’inganno trattogli da umani ed elfi. Portarono via lo
stregone Tyr e lasciarono il lupo incatenato a marcire per giorni. Alla fine Fenrir smise di dimenarsi e
decise di conservare le forze per un ultimo tentativo disperato. Dopo una settimana dalla cattura lo
stregone Tyr era deceduto a causa delle ferite troppo gravi e il dissanguamento che lo aveva reso
debole. Era giunto il giorno della vendetta. Non organizzarono un’esecuzione pubblica, sarebbe stato
più rischioso. Lars si recò nella stessa caverna in cui avevano imprigionato il lupo con la magia e non
lo avevano mai spostato da lì. Quando Fenrir aprì i suoi occhi dorati e riconobbe il suo carnefice
sorrise dell’ironia della sorte, ma allo stesso tempo si giurò vendetta per il torto subito. Poi avvenne
tutto in poco tempo: Lars estrasse la sua nuova spada lucente, forgiata dal ferro dei nani delle
montagne di Asgard, con rubini incastonati nell’elsa e un’incisione elfica che conferiva alla spada
durezza oltre ogni immaginazione. Con quella Lars avrebbe spezzato le ossa e fenduto la carne del
lupo. Gli uomini del gruppo abbassarono il lupo dalla sua catena, in modo che fosse alla portata di
Lars. Quello che non avevano considerato è che anche Lars si era appena trovato alla portata di
Fenrir che colse subito l’occasione per scattare verso di lui e morderlo. Lars gridò dal dolore, un
dolore così perforante che mai altro umano aveva provato. Gli occhi di Fenrir s’illuminarono, e
mentre veniva immobilizzato e gli venivano strette le catene il grande lupo sorrise e si leccò le fauci
gustando e godendo del sangue che gli inebriava i sensi. “Ti condanno, giovane umano, ad una vita
soltaria vissuta nella paura del tuo stesso rilesso sotto i raggi della luna piena, una vita come
carnefice, una vita da lupo.”

Lars provò ancora più rabbia a quelle parole, e brandì la sua spada levandola sopra il capo di Fenrir
per poi tagliargli la testa in un colpo solo, mentre il lupo ancora sorrideva, fissandolo negli occhi. In
quel momento, gli occhi di Lars s’illuminarono per un istante di un bagliore dorato.

Ecco ragazze, è per questo che la licantropia si trasmette quando si viene morsi da un lupo mannaro,
richiamano le origini della maledizione. Ed è per questo che i lupi mannari, quando si trasformano,
attaccano qualunque creatura incontrino solo per sete di sangue. È una storia tragica e poetica, non
trovate?

Giulia:- wow, si. Non era una storia di paura ma ci ha sicuramente tenuto compagnia per l serata.
Oraa forza ragazzi, andiamo a nanna che domani mattina abbiamo lezione!
-serpecorno-panda.

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