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Panthera leo

mammifero carnivoro della famiglia dei


Felini
Leone

Maschio (sopra) e femmina (leonessa)


(sotto), nell'Okonjima, Namibia

Stato di conservazione

Vulnerabile[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Classe Mammalia
Ordine Carnivora
Sottordine Feliformia
Famiglia Felidae
Sottofamiglia Pantherinae
Genere Panthera
Specie P. leo[2]
Nomenclatura binomiale
Panthera leo[2]
(L , 1758)[3]
Sottospecie
P. l. leo
P. l. melanochaita
† P. l. sinhaleyus
Distribuzione storica ed attuale del leone in
Africa, Asia ed Europa

Il leone (Panthera leo L , 1758) è


un mammifero carnivoro della famiglia
dei felidi. Dopo la tigre, è il più grande dei
7 grandi felidi del genere Panthera con
alcuni maschi la cui massa corporea
supera i 250 kg[4]. Il suo areale è, al 2011,
ridotto quasi esclusivamente all'Africa
subsahariana; il continuo impoverimento
del suo habitat naturale ed il protrarsi
della caccia di frodo ai suoi danni ne
fanno una specie vulnerabile secondo la
IUCN. La definizione è giustificata da un
declino stimato tra il 30 e il 50% nella
zona africana nei vent'anni precedenti[1].
Una popolazione di dimensioni assai
ridotte sopravvive nel Gir Forest National
Park in India, mentre gli esemplari che
abitavano il Nordafrica e il Medio Oriente
sono scomparsi da molti secoli. Sino al
Pleistocene, circa diecimila anni fa, il
leone era il secondo grande mammifero
più diffuso dopo l'uomo. A quei tempi si
trovavano leoni in gran parte dell'Eurasia
e dell'Africa, e, con la varietà Panthera leo
atrox, addirittura in America del Nord,
dallo Yukon al Perù[5].

In virtù delle dimensioni e delle abitudini,


questo felino non può essere allevato al
di fuori di aree protette e parchi naturali o
zoologici. Celebre è l'esempio della
leonessa Elsa, restituita all'habitat
naturale dopo avere vissuto per alcuni
anni con i coniugi Adamson. Sebbene le
cause del declino dei leoni non siano
certe, il degrado dell'habitat ed i conflitti
con l'uomo ne sembrano le cause
predominanti.

Conosciuto come il "re della savana" o il


"re degli animali"[6], in natura un leone
sopravvive da dieci a quindici anni,
mentre in cattività può arrivare a venti. I
maschi, in particolare, non superano
spesso i dieci anni d'età in natura, in
seguito agli infortuni derivanti dalle lotte
con i rivali per il dominio sul branco[7].
Tipicamente i leoni abitano la savana e le
praterie, ma possono adattarsi ad aree
cespugliose e foreste. In confronto ad
altri felini, i leoni sono animali con uno
spiccato spirito di socialità. Un branco è
formato generalmente da un maschio
alfa (affiancato a volte da alcuni
compagni, specialmente fratelli e/o
cugini), un gruppo di femmine
imparentate tra loro, con cui questo si
accoppia, e la loro prole. I cuccioli
maschi restano all'interno del branco fino
alla loro maturazione sessuale, quando
vengono scacciati da parte dell'alfa,
ossia il padre. I giovani maschi, una volta
allontanati dal vecchio branco, restano
insieme, formando un piccolo branco di
soli maschi (fratelli/cugini) o fanno
squadra con altri nomadi non imparentati
con loro, e cercheranno di formare delle
loro famiglie, in genere scacciando un
altro maschio alfa (e la sua coalizione)
prendendo così il controllo del suo
branco. Le femmine tipicamente
cacciano insieme per il gruppo,
principalmente ungulati, mentre i maschi
una volta impadronitisi di un branco si
nutrono delle prede uccise dalle femmine
e solo di rado cacciano essi stessi,
sebbene siano perfettamente in grado di
farlo. È un cosiddetto predatore alfa,
ovvero si colloca all'apice della catena
alimentare, non avendo predatori in
natura e potendo potenzialmente cibarsi
di qualsiasi specie. I leoni non cacciano
l'uomo con regolarità, ma alcuni
esemplari particolari lo hanno fatto.

Il maschio di leone, assai facile da


distinguere, ha una criniera caratteristica
e la sua immagine è uno dei simboli più
sfruttati nella storia dell'umanità. Le
prime rappresentazioni furono fatte nel
paleolitico superiore, e troviamo leoni
scolpiti o dipinti nelle grotte di Lascaux e
nella grotta Chauvet. Essi appaiono nella
cultura di praticamente ogni civiltà antica
che vi abbia avuto a che fare. Li troviamo
inoltre in un'enorme quantità di sculture,
dipinti, bandiere nazionali e regionali, film
e libri contemporanei. Furono tenuti in
menagerie fin dai tempi dell'impero
romano e sono stati la chiave delle
esibizioni degli zoo di tutto il mondo a
partire dal XVIII secolo. Diversi zoo
mondiali stanno collaborando per salvare
la sottospecie asiatica.

Etimologia
La parola leone, assai simile anche in
altre lingue romanze, deriva dal latino
leō[8] a sua volta preso in prestito in età
arcaica[9] dal greco antico λέων
(léōn).[10] La parola ebraica ‫( ָל ִביא‬lavi)
potrebbe anch'essa avere una relazione
con le precedenti,[11] così come quella in
egiziano antico rw.[12] Si tratta di una
delle molte specie descritte nel XVIII
secolo da Linneo nel suo lavoro Systema
Naturae, con il nome di Felis leo.[3]
Panthera è dal greco πάνθηρ panthēr,
imparentato con il sanscrito puṇḍarīka,
"tigre".[13]

Descrizione
Lo stesso argomento in dettaglio:
Criniera.

Questa ricostruzione degli scheletri di un leone


all'attacco di un'antilope alcina è conservata al
Museo di Osteologia di Oklahoma City.
Visione comparata della struttura dell'uomo e del
leone, ca. 1860

Cranio di leone conservato al Parco Nazionale


Kruger in Sudafrica.
Schema della laringe.

Il leone è uno dei più grandi predatori


terrestri in assoluto e il più grande in
Africa. Fra i felini, è quello più alto al
garrese e, in quanto al peso, è secondo
solo alla tigre. Il maschio può pesare dai
150 ai 250 kg,[4] mentre la massa
corporea delle femmine varia dai 120 ai
180 kg.[4][14] Nonostante questa
minoranza di peso a cacciare è sempre
la femmina mentre il maschio difende il
territorio.

Nowell e Jackson hanno riportato masse


corporee medie di 181–220 kg per il
maschio e di 126–150 kg per le femmine,
e hanno registrato l'abbattimento di un
esemplare eccezionale di 272 kg presso
il Monte Kenya.[15] L'appartenenza
regionale influisce pesantemente sulle
dimensioni dei leoni: quelli sudafricani
per esempio tendono a pesare in media il
5% in più rispetto a quelli dell'Africa
orientale.[16] Specialmente nel passato,
prima che la caccia da parte dell'uomo
eliminasse gli esemplari più grossi,
provocando così il rimpicciolimento
genetico della specie, i leoni potevano
raggiungere grandi dimensioni. Un
esemplare abbattuto nel 1936 presso
Hectorspruit nel Transvaal orientale in
Sudafrica pesava ben 313 kg.[17]
La sottospecie più grande, oggi estinta in
natura, era il leone dell'Atlante, che viveva
in Nord Africa e che pesava in media, nei
maschi adulti, dai 272 ai 300 kg e poteva
raggiungere 3,50 m di lunghezza.[18]
Atlas, un leone proveniente dal monte
Atlante, e tenuto in cattività dal re del
Marocco venne descritto come "molto
superiore in dimensioni e coraggio ai
leoni dalla criniera nera del Sud-Africa".

La lunghezza del corpo, esclusa la coda,


varia da 170 a 250 cm nei maschi e da
140 a 175 cm nelle femmine;[4] l'altezza
media al garrese è intorno ai 120 cm per i
maschi e 105–110 cm[4] per le femmine
(il massimo è rispettivamente di 126 e
110 cm).[17] Il record di lunghezza
succitato appartiene a un leone dalla
criniera nera che è stato abbattuto
presso Muccso, nell'Angola meridionale
nell'ottobre 1973.[17]

Il record di dimensioni per un leone in


libertà è di 3,6 m di lunghezza per 318 kg
di peso, appartenente a un leone del
Transvaal.[19]

In cattività la mancanza di attività e di


esercizio può comportare casi di obesità
che portano i leoni a pesare anche più di
300 kg; un maschio in particolare è
riuscito a raggiungere la massa corporea
record di 375 kg. Il leone in questione si
chiamava Simba e nel 1970, epoca della
misurazione, viveva nello zoo di
Colchester in Inghilterra.[20] Si tratta di
dimensioni ritenute impossibili da
raggiungere per un leone selvatico, anche
perché l'obesità sarebbe un ostacolo alla
caccia e alla lotta per questi animali.

Il leone asiatico è popolarmente ritenuto


più piccolo di quello africano poiché i
leoni che attualmente sopravvivono in
India sono effettivamente più piccoli
delle varie sottospecie di leoni africani. Si
tratta, tuttavia, di una conseguenza
dovuta alla caccia spietata da parte
dell'uomo che ha sterminato in gran parte
il leone asiatico riducendo la sua
popolazione a poche centinaia di unità e
riducendo anche le dimensioni della
specie (poiché gli esemplari più grossi
sono stati uccisi dai cacciatori, sono
sopravvissuti solo quelli più piccoli che
hanno avuto figli propensi a raggiungere
le loro dimensioni piuttosto che
superarle). Da uno studio effettuato
risulta che tra il 1620 e il 1880 i leoni
asiatici misurati pesassero in media tra i
222 e i 255 kg, dimensioni perfettamente
paragonabili ai cugini africani. Per
contrasto già nel 1994 i leoni asiatici
misurati pesavano tra i 160 e i 190 kg,
segno che la popolazione si era ridotta di
dimensioni a causa della caccia da parte
dell'uomo.
La coda ha una lunghezza considerevole
compresa tra 90 e 105 cm per i maschi e
tra 70 e 100 cm per le femmine.[4] Fatto
unico per i felidi, la coda termina con un
ciuffo peloso che nasconde una punta
ossea di circa 5 cm di lunghezza, la cui
funzione non è nota. Assente alla
nascita, questa propaggine, spesso
dotata di spine e formata dalle ultime
ossa della coda saldate assieme,
comincia a formarsi dopo i cinque mesi e
mezzo d'età ed è completa a sette.[21]
Formula dentaria
Arcata superiore
1 3 1 3 3 1 3 1
1 2 1 3 3 1 2 1
Arcata inferiore
Totale: 30
1.Incisivi; 2.Canini; 3.Premolari; 4.Molari;

Oltre alla differenza di stazza il più


evidente indizio di dimorfismo sessuale è
rappresentato dalla folta criniera di cui
solo i maschi sono dotati. Si tratta degli
unici felini che presentano una
caratteristica dimorfa così spiccata. Non
è certo che la presenza della criniera
abbia influenza sulle abitudini del leone
maschio. Se da una parte potrebbe
limitarne le capacità mimetiche, dall'altra
potrebbe svolgere una funzione protettiva
durante i frequenti scontri con altri
maschi o con altri predatori.

Gli arti potenti, la formidabile mascella e i


canini di 7–8 cm gli permettono di
abbattere prede di grandi dimensioni.[22]
Il teschio è assai simile a quello di una
tigre, anche se la parte frontale è più
depressa e appiattita e la parte
suborbitale è leggermente più corta. Le
aperture nasali sono inoltre più grandi
rispetto a quelle della tigre. In ogni caso,
vista la grande somiglianza, soltanto la
mascella inferiore viene considerata un
indicatore affidabile per distinguere le
due specie.[23]

Il colore della pelliccia varia sui toni del


giallo e del camoscio, sino al rossiccio e
all'ocra, più chiaro nelle parti inferiori del
corpo. La criniera varia in colore dal
biondo al marrone scuro e generalmente
si scurisce con l'età, mentre il ciuffo al
termine della coda è invariabilmente
nero. I cuccioli nascono con la pelliccia
maculata, simile a quella di un leopardo.
Anche se al sopraggiungere dell'età
adulta le macchie scompaiono, qualche
puntino tenue si può spesso osservare
sulle zampe e sul ventre, in modo
particolare nelle leonesse.
La criniera è una caratteristica dimorfica
fondamentale nei leoni.

Immagine termografica di un leone in inverno.

Variazioni …

Nelle popolazioni di leoni sono state


osservate un certo numero di variazioni
naturali. Alcune di queste sono state
facilitate dalla cattività.

Leoni bianchi …

Lo stesso argomento in dettaglio: Leone


bianco.

Il leone bianco deve il suo manto alla presenza di un


gene recessivo. Si tratta di una forma piuttosto rara
della sottospecie Panthera leo krugeri.

Sebbene siano rari, i leoni bianchi si


incontrano occasionalmente a Timbavati,
in Sudafrica. Il loro insolito colore è
dovuto alla presenza di un gene
recessivo.[24] In particolare non si può
parlare di una sottospecie distinta, ma di
un caso di polimorfismo genetico legato
a una condizione di leucismo,[25] che
causa una colorazione pallida e simile a
quella delle tigri bianche. La condizione è
inoltre analoga, anche se con effetti
opposti, al melanismo tipico della
pantera nera. Non si tratta invece di una
variante dell'albinismo, in quanto la
pigmentazione degli occhi e della pelle è
quella classica.

Un leone bianco incontra comunque degli


svantaggi quando va a caccia: la sua
presenza può essere tradita dal suo
colore, diversamente da quanto avviene
per la versione classica del felino che si
immerge quasi perfettamente
nell'ambiente circostante. I leoni bianchi
nascono quasi completamente di quel
colore, senza le normali macchie di
camuffamento che si trovano
generalmente nei cuccioli di leone. Il loro
colore si scurisce gradualmente fino a
diventare crema o avorio (colore noto
con il nome di biondo).[26]

La sottospecie in cui più frequentemente


viene osservata questa caratteristica è la
Panthera leo krugeri, in particolare
all'interno e nei pressi del Parco
nazionale Kruger e dell'adiacente Riserva
naturale di Timbavati, che si trovano nel
Sudafrica orientale. La peculiarità è
comunque molto più frequente in
cattività, grazie alla selezione effettuata
dagli allevatori. Questi leoni sono stati
infatti allevati per anni in Sudafrica in
modo da potere essere usati come trofei
per battute di caccia.[27]

Le prime conferme dell'esistenza di


questi animali sono arrivati soltanto nel
tardo XX secolo. Per centinaia di anni si
credeva che essi fossero solo i
protagonisti di un ciclo di leggende
sudafricane, e che il loro manto candido
simboleggiasse la bontà presente in tutte
le creature. I primi avvistamenti attendibili
all'inizio del Novecento tuttavia, sono
stati seguiti da molti altri, anche se non
frequenti, sino al 1975, quando una
cucciolata di leoni bianchi è stata
ritrovata nella Riserva Timbavati.[28]

Coppia di ligri.

Ibridi …

Lo stesso argomento in dettaglio: Ligre e


Tigone.
In cattività si sono verificati alcuni casi di
incrocio fra leoni e tigri: l'accoppiamento
tra un esemplare di leone maschio e uno
di tigre femmina origina un ibrido detto
ligre,[29][30] mentre l'incrocio tra una
leonessa e un esemplare di tigre maschio
origina un tigone.[30][31]

Biologia

Comportamento …

I leoni restano per molto tempo inattivi


durante la giornata, stando a riposo per
circa 20 ore su 24.[32] Nonostante
questo, se si dovesse rendere
necessario, i leoni possono attivarsi in
qualsiasi momento. In genere il periodo
di massima mobilità è quello successivo
al tramonto, dedicato alla socialità, alla
tolettatura e ai bisogni fisiologici.
Raffiche intermittenti di grande attività
avvengono durante le ore notturne fino
all'alba, dedicate alla caccia. Spendono
una media di due ore al giorno
camminando o correndo e all'incirca 50
minuti per nutrirsi.[33]

Vita e salute …

La vita dei leoni in natura arriva al


massimo a circa sedici anni, mentre in
cattività può protrarsi per ulteriori dieci.
Tuttavia, per varie cause, pochi esemplari
riescono a vivere così a lungo, in
particolare i maschi solitari.[22] Anche se i
leoni adulti non hanno predatori naturali
alcuni indizi provano come la maggior
parte delle morti siano violente e causate
dall'uomo o da altri leoni.[34] Ciò è
particolarmente vero per i maschi i quali,
essendo il primo baluardo in difesa della
prole, sono esposti agli attacchi di altri
aspiranti leader. Infatti, anche se l'età
massima in natura è di circa 16 anni, la
maggioranza dei maschi non supera i 10.
Ne consegue che la vita di un maschio
dura generalmente meno di quella di una
femmina, in natura. Tuttavia non solo i
maschi sono soggetti a morte violenta:
qualora i territori di due branchi si
sovrappongano, esemplari di entrambi i
sessi possono perdere la vita nelle lotte
che ne conseguono.

Uno dei leoni arrampicatori del Serengeti in


Tanzania.

Le specie di zecche che infastidiscono i


leoni sono diverse, e attaccano orecchio,
collo e inguine.[35][36] Forme adulte del
Cestoda Taenia sono state ritrovate
nell'intestino di alcuni leoni, che li
avevano probabilmente ingeriti allo
stadio larvale dalla carne di
un'antilope.[37]

Altri leoni all'interno del cratere di


Ngorongoro erano infastiditi da una
diffusione anomala di mosche cavalline
avvenuta nel 1962. I leoni in questione
apparivano ricoperti di macchie pallide,
indicative di aree prive di sangue, ed
emaciati. I felini hanno tentato
inutilmente di liberarsi del fastidioso
parassita arrampicandosi sugli alberi e
rifugiandosi in tane di iena. Alla fine molti
sono morti o fuggiti, poiché il loro
numero è crollato da 70 a 15 individui.[38]
Un'invasione di questi insetti avvenuta nel
2001 ha poi ucciso altri sei leoni.[39] In
modo particolare quando si trovano in
cattività, i leoni sono assai vulnerabili al
virus del cimurro, al virus
dell'immunodeficienza felina e alla
peritonite infettiva felina.[25] Il primo è
assai diffuso tra i cani domestici e tra
altri carnivori, e un'epidemia di questa
patologia avvenuta nel Parco nazionale
del Serengeti nel 1994 ha portato molti
esemplari allo sviluppo di sintomi
neurologici come le convulsioni. Molti di
questi leoni sono morti in seguito di
polmonite ed encefalite.[40] Il secondo
virus, che è simile all'HIV, non è ritenuto
molto dannoso per un leone, ma visti i
suoi effetti devastanti sui gatti, i leoni in
cattività sono tenuti sotto stretto
controllo da questo punto di vista.
Appare con frequenza alta o addirittura
endemica in molte popolazioni di leone
africano in natura, ma è praticamente
assente nelle zone asiatiche e in
Namibia.[25]

Alimentazione …

Le leonesse sfruttano i denti aguzzi per uccidere le


prede con un morso al collo.
I leoni sono carnivori e il fabbisogno
giornaliero di carne raggiunge i 5 kg tra le
femmine adulte e i 7 kg tra i maschi.[22]
Questi animali possono tuttavia
mangiare molto di più quando hanno una
preda a disposizione. Riescono infatti a
ingoiare fino a 30 kg di carne in un'unica
battuta di caccia.[41] Se la preda è troppo
grande per divorarla completamente si
riposano per qualche ora e ricominciano
a mangiare in seguito. Durante le giornate
più calde, nel corso di questi momenti di
riposo il branco può lasciare uno o due
maschi a difendere la preda e ritirarsi in
zone più in ombra.[42]
Le prede predilette sono grandi
mammiferi, in particolare gnu, impala,
zebre, bufali neri e facoceri nella zona
africana dell'areale, antilopi azzurre,
bufali d'acqua, gazzelle, cinghiali e varie
specie di cervo (come sambar e cervi
pomellati) nella parte indiana. Sono
molte tuttavia le specie di animale che
possono divenire oggetto della caccia di
questi felini, a seconda delle necessità.
Tra queste ricordiamo ungulati tra i 50 e i
300 kg come kudu, alcelafi, orici gazzella
e antilopi.[4] In alcune occasioni, possono
nutrirsi anche di animali più piccoli come
gazzelle di Thomson, springboks, o
addirittura lepri e uccelli. In generale un
gruppo di leoni è in grado di abbattere
qualsiasi animale, anche se adulto e
perfettamente in salute, ma essi tendono
a evitare di attaccare animali troppo
grandi, come per esempio le giraffe
adulte, per evitare il rischio di ferirsi
durante l'attacco.

Altre statistiche portano alla luce risultati


analoghi, ma leggermente diversi, dovuti
anche alle differenze geografiche. Il
range di massa corporea delle prede
sarebbe infatti compreso tra i 190 e i
550 kg. In Africa, la preda preferita
sarebbe lo gnu, che nel Serengeti
costituisce più di metà della dieta,
seguito dalla zebra.[43] La maggior parte
degli ippopotami, rinoceronti ed elefanti
adulti, e per opposti motivi le gazzelle e
gli impala più piccoli, escono
dall'intervallo sopracitato e quindi sono
normalmente evitati. In particolari regioni
comunque bufali e giraffe adulte sono
considerate prede dai leoni locali. Nel
Parco nazionale Kruger per esempio, le
giraffe sono regolarmente uccise e
mangiate,[44] mentre nel Parco nazionale
del lago Manyara sono i bufali neri a
costituire sino al 62% della dieta dei
leoni, poiché in quella zona tali bovini
sono presenti in numero abbondante.[45]
Un gruppo di leonesse collabora per abbattere un
bufalo nel Delta dell'Okavango in Botswana.

I leoni del fiume Savuti sono noti per attaccare


spesso gli elefanti.

Negli stessi luoghi possono


occasionalmente catturare addirittura
degli ippopotami, mentre in generale i
rinoceronti non sono alla loro portata.
D'altro canto, anche se pesano meno di
190 kg, i facoceri sono spesso catturati
in base alla disponibilità del momento.[46]
Questi felini sono inoltre in grado di
apprendere nuove tecniche di caccia e
acquisire una preferenza non istintiva per
determinati tipi di prede: i leoni della zona
del fiume Savuti in Botswana per
esempio, sono specializzati nella caccia
ai cuccioli di elefante,[47] mentre quelli
che vivono presso il fiume Cuando
(ancora Botswana) si nutrono soprattutto
di ippopotami.

Nel primo caso le guide del Parco


nazionale del Chobe hanno spiegato
come, spinti da una fame estrema, i leoni
abbiano cominciato dapprima ad
attaccare i cuccioli di elefante, poi i
giovani e in alcuni casi addirittura gli
adulti. Per avere la meglio su questi
giganti approfittano delle ore notturne,
che riducono le capacità visive dei
pachidermi.[48] In genere l'attacco a prede
di specie insolite è inizialmente
giustificato dalla scarsa disponibilità di
cibo, ma può in seguito consolidarsi
come abitudine. In alcune occasioni
comportamenti acquisiti di questo tipo
hanno trasformato i leoni in cacciatori di
uomini.

I leoni non disdegnano comunque la


carne di animali da allevamento: in India
per esempio i bovini domestici
rappresentano una parte importante
della dieta dei pochi leoni liberi ancora
presenti.[49] I re della savana arrivano
inoltre a uccidere i loro competitori come
leopardi, ghepardi, iene, licaoni anche se,
diversamente da quanto fanno la
maggior parte degli altri felini predatori,
assai raramente se ne nutrono. Infine i
leoni possono nutrirsi di carogne di
animali morti per cause naturali o uccisi
da altri predatori, e stanno molto attenti
ai movimenti degli avvoltoi, che sono
indicatori di animali morti o in gravi
difficoltà.[50]

I leoni del deserto della Namibia e del


Kalahari in Botswana sono stati
addirittura osservati spingersi fino alle
coste del mare per cacciare cormorani,
foche e sono stati perfino visti nutrirsi di
carcasse di balene arenate sulla
spiaggia, non certo le loro prede
abituali.[51][52]

Comportamento sociale …

I leoni sono carnivori predatori che


manifestano due tipi di struttura sociale.

Alcuni di essi sono stanziali, e vivono


all'interno di gruppi chiamati branchi.[53] Il
branco è normalmente costituito da
cinque o sei femmine adulte, con i
rispettivi cuccioli di ambo i sessi, e uno o
due leoni maschi adulti (che diventano
una coalizione se sono più di uno) che si
accoppiano con le femmine. Sono stati
comunque osservati branchi molto più
numerosi, composti da circa trenta
esemplari. Il numero di maschi in una
coalizione è tipicamente due, ma può
aumentare a quattro, e poi ulteriormente
incrementare fino, in casi molto rari, ad
arrivare a 8-9 esemplari.

Solitamente le coalizioni di leoni sono


formate da fratelli, che dopo avere
lasciato il branco di origine sono rimasti
insieme. Tuttavia, poiché è raro che tutti i
giovani leoni riescano a sopravvivere alla
vita nomade fino a raggiungere l'età
adulta, capita anche che i maschi
facciano squadra con altri nomadi non
imparentati con loro. Un esempio
particolare è una coalizione di leoni
formatasi in Kenya, nel parco Masai
Mara, e divenuta famosa tramite
documentari e film: nel 2007, un leone
chiamato Notch fu scacciato dal suo
branco insieme con i suoi cinque figli
maschi allora adolescenti (quindi non
uccisi dai nuovi capibranco). Notch e i
suoi figli (chiamati Ron, Notch II, Cesare,
Grimace e Long) formarono una
coalizione insieme e, una volta che questi
divennero adulti, aiutarono il padre a
riconquistare il suo branco. Oggi Notch è
morto ma i suoi figli superstiti dominano
ancora il territorio del Mara.[54]
Un dominante con due leonesse, nel Serengeti
settentrionale

Un branco fotografato lungo la strada che attraversa


la Masai Mara in Kenya.

Durante la lotta, la criniera consente al maschio di


apparire più imponente di quanto non sia in realtà.

Altri leoni vivono in condizioni di


nomadismo, coprendo grandi distanze,
singolarmente o in coppia.[53] Le coppie
sono spesso formate da maschi
imparentati che sono stati esclusi dal
branco di nascita. Lo stile di vita
comunque è soggetto a variazioni: un
leone del branco può diventare nomade e
viceversa. In ogni caso un maschio è
costretto prima o poi a sopportare
questa situazione, e potrebbe non essere
mai in grado di imporsi come capo di un
branco. Ciò in quanto i maschi sono
espulsi dal branco non appena
raggiungono la maturità sessuale, cioè a
2-3 anni d'età.[55] Mentre il maschio
cambia, le femmine costituiscono il
nucleo sociale del gruppo e per questo
non tollerano altre leonesse che cerchino
di entrare a farne parte.[56] Un certo
turnover è possibile solo tramite il ciclo
naturale della vita: alcune giovani
cucciole del gruppo sostituiscono le
leonesse che dovessero morire,[57] ma
altre devono allontanarsi e diventano
nomadi.[55] Per questi motivi, una
femmina che fosse in stato di
nomadismo, avrebbe anch'essa grosse
difficoltà a trovare un nuovo branco.

Il branco occupa un territorio di medie


dimensioni, i nomadi un'area più
grande.[53] In particolare i maschi di un
branco tendono a occupare le estremità
del territorio, in modo da poterlo
sorvegliare.

Il motivo per il quale le leonesse siano


più spiccatamente sociali rispetto ad altri
felini è fonte di dibattito; la ragione più
ovvia potrebbe essere la maggiore
probabilità di successo nella caccia, ma
un'analisi più attenta ci mostra altri
risvolti di questa caratteristica. La caccia
cooperativa non solo assicura una
predazione più efficace, ma riduce il
consumo calorico da parte degli animali
che pur non partecipandovi, sono
ammessi al pasto. Alcune leonesse
infatti si occupano dei cuccioli, che
altrimenti sarebbero lasciati soli per
lunghi periodi di tempo. La salute delle
cacciatrici, che è fondamentale per la
sopravvivenza del branco, è privilegiata,
ed esse hanno comunque diritto a nutrirsi
per prime della preda.

Ulteriori benefici di un comportamento


collaborativo familiare sono
rappresentati dalla possibilità di favorire i
propri parenti sul percorso
evoluzionistico (si preferisce infatti
dividere il cibo con i propri parenti
piuttosto che con estranei), dalla
protezione congiunta della prole, dalla
capacità di mantenimento del territorio,
dalla maggior protezione dalle ferite di
caccia e dalla fame.[58]

Nei branchi vi è una ripartizione dei ruoli


molto più marcata che in altre specie. Se
da un lato l'attività della caccia è
appannaggio quasi esclusivo delle
femmine, i maschi hanno un ruolo
ugualmente importante, ma diverso.
Hanno infatti il compito di perlustrare il
territorio, difendere le prede catturate e
proteggere il gruppo, e in particolare i
cuccioli, da minacce esterne. Questo li
espone costantemente a scontri diretti
contro altri leoni, iene, leopardi e
ghepardi, facendo dei leoni maschi dei
combattenti perfetti, modellati dalla
selezione naturale. Inoltre i giovani
maschi, che presentano criniere
relativamente corte, sono discreti
cacciatori, anche se non validi quanto le
leonesse, mentre i maschi adulti
partecipano solo occasionalmente a
battute di caccia se la preda è un
animale particolarmente vigoroso, come
un bufalo o una giraffa (che può arrivare
alle due tonnellate di peso).

Un cucciolo gioca con un adulto.


La maggior parte del lavoro per la caccia
è svolto dalle leonesse, che sono più
snelle e agili dei maschi e non
presentano l'ingombro della pesante
criniera, che può essere causa di
surriscaldamento durante gli sforzi e
rende l'animale più visibile durante la
stagione secca. La strategia di caccia
cooperativa permette di infastidire e poi
abbattere la preda. Se un maschio si
trova nei pressi della preda stessa, tende
a cercare di impossessarsene una volta
che essa è stata neutralizzata dalle
leonesse. I leoni maschi sono più
propensi a dividere il cibo con i cuccioli
piuttosto che con le femmine, ma capita
che lascino che il resto del gruppo mangi
insieme con loro. Le prede più piccole
sono consumate in loco, mentre quelle
più grandi possono venire trascinate
all'interno del territorio. Le prede più
grandi sono anche le più condivise[59].

I leoni maschi sono comunque capaci di


cacciare da soli[60]. Se un membro del
gruppo è ferito e non può cacciare, il
resto del branco procurerà il cibo per lui,
permettendogli perfino di nutrirsi per
primo per recuperare le forze.[61]

Sia le femmine sia i maschi si occupano


della difesa del branco contro gli intrusi,
ma sono soprattutto i maschi a condurre
questa operazione: uno o alcuni di loro si
portano in faccia al pericolo, gli altri
(comprese le femmine) li spalleggiano da
dietro[62]. Visto che ogni leone ha il suo
ruolo all'interno del branco anche quelli
che stanno alle spalle tendono a rendersi
utili nella lotta[63]. Ciò potrebbe essere
anche dovuto al fatto che all'interno delle
logiche del branco chi riesce a scacciare
con successo un intruso acquista un
certo credito, e il livello di popolarità
delle leonesse dipende in modo assai
marcato da questo fattore[64].

I maschi adulti, i capibranco, determinano


i movimenti del gruppo, guidandoli dove
c'è cibo, acqua e riparo. Loro compito è
anche placare i conflitti all'interno del
branco e proteggerlo da minacce esterne
di ogni tipo. Quando i membri del gruppo
sono attaccati da altri leoni, iene,
coccodrilli, elefanti o umani, i maschi
adulti li proteggono, anche a costo della
loro vita. Loro sono il centro
dell'attenzione durante i momenti di
riposo e i cuccioli si avvicinano spesso a
loro e li includono nei loro giochi. I leoni
adulti, inoltre, fingono volontariamente di
provare dolore quando sono morsi dai
cuccioli per incoraggiarli.[65]

Il fatto che i leoni maschi siano tanto


importanti per il branco è la ragione dei
conflitti con altri maschi per la
supremazia. Essi sono inevitabilmente
destinati, prima o poi, a venire sconfitti da
maschi più giovani e più forti che ne
prenderanno il posto come capi e guida
del branco. Ciò fa sì che il branco abbia
sempre dei maschi forti e in salute a
guidarli. Quando i maschi adulti muoiono
in altre circostanze (per esempio perché
uccisi dagli umani o, più raramente, da
altri animali), il gruppo ne risente in
quanto soffre della loro mancata guida e
protezione e molto spesso si sfalda.
Questa è una delle ragioni principali per
cui il leone è a rischio di estinzione: i
cacciatori mirano quasi sempre a
uccidere i maschi adulti perché
considerati trofei più prestigiosi e la
morte dei leader lascia il branco indifeso
e comporta, per riflesso, la morte dei
suoi individui più deboli, in particolare i
cuccioli.

Caccia …

Malgrado il peso elevato il leone è un


animale eccezionalmente agile: può
salire sugli alberi, nuotare, lanciarsi nel
vuoto, correre con grande rapidità
(quando è lanciato, raggiunge i 75 km/h
su terreni pianeggianti e percorre cento
metri in cinque secondi) e spiccare balzi
incredibili, fino a dodici metri in lunghezza
e tre in altezza. Malgrado ciò un aspetto
peculiare dell'attività predatoria dei leoni
è il fatto che in realtà non sono dotati di
grandi capacità di resistenza agli sforzi: il
cuore di una femmina infatti costituisce
lo 0,57% della massa corporea totale,
mentre quello di un maschio arriva
appena allo 0,45%. A titolo di paragone,
si sappia che il cuore di una iena pesa
quanto l'1% del corpo.[66] Pertanto, anche
se una leonessa è capace di raggiungere
velocità di punta pari a circa 81 km/h,[67]
non può riuscire a mantenerla se non per
la durata di uno scatto repentino,[68] e per
questo motivo tende ad avvicinarsi
silenziosamente alla preda prima di
attaccarla.
Quattro leonesse riescono ad avere la meglio su un
grosso maschio di bufalo nel Serengeti centrale, in
Tanzania.

A questo riguardo va notato come i leoni


siano abili nello sfruttare il territorio se
questo permette loro di nascondersi: la
maggior parte delle volte che uccidono
una preda infatti, ciò avviene di notte o in
presenza di efficaci nascondigli.[69]

La strategia di caccia prevede


l'avvicinamento silenzioso già citato in
precedenza sino a una distanza di circa
30 metri. Tipicamente inoltre alcune
femmine si avvicinano in gruppo a
branchi di prede circondandoli, e quando
si trovano alla distanza adatta,
attaccano repentinamente l'esemplare
più vicino o apparentemente più debole.
L'attacco è breve e potente e consiste in
uno scatto poderoso che culmina in un
balzo finale. La malcapitata preda è
generalmente uccisa per strangolamento
in seguito al tenace morso sul collo da
parte del felino,[70] che può causare
ischemia cerebrale o asfissia, che a sua
volta può trasformarsi in ipossiemia o più
in generale in ipossia. Il morso causa
spesso la perforazione della trachea, che
tronca sul nascere ogni possibile velleità
di fuga della preda. A volte i leoni
uccidono la preda mordendole la bocca
e le narici[4] causando ancora asfissia,
altre volte, se la preda è sufficientemente
piccola (come nel caso delle zebre)
sfondando il cranio con i canini.
Quest'ultimo comportamento è tipico
anche delle tigri. Le prede più piccole
comunque, possono morire anche in
seguito a un colpo di zampa ben
assestato.[4]

Generalmente un attacco preliminare è


portato tramite gli artigli, in modo da
proteggere i denti da possibili urti con
corna e zoccoli. La carcassa,
specialmente se di grandi dimensioni,
viene rapidamente portata in un luogo
riparato, dove il branco può difenderla da
predatori opportunisti come iene,
sciacalli ed avvoltoi. Al momento di
nutrirsi, liti e zuffe all'interno del branco
sono comuni, e servono in genere a
confermare i rapporti gerarchici, con i
maschi adulti che di solito mangiano per
primi seguiti dalle femmine e infine dai
cuccioli.

In alcuni casi, il leone maschio insegue


altri predatori come il licaone e il
ghepardo e, dopo che questi hanno
abbattuto la preda, interviene
scacciandoli e impadronendosi delle
spoglie.
Un gruppo di cacciatrici divora una zebra appena
catturata e uccisa.

Le leonesse cacciano in spazi aperti


dove possono essere facilmente
identificate dalle prede. Per questo
motivo le possibilità di successo sono
molto più alte quando esse si riuniscono
in gruppo per la caccia. In particolare
questo è vero quando le dimensioni della
preda superano quelle del predatore. Il
lavoro di gruppo consente inoltre di
proteggere il pasto dalle mire di altri
predatori quali le iene, che raggiungono
rapidamente i luoghi di caccia
percorrendo anche decine di chilometri
attirate dal volo degli avvoltoi al di sopra
degli spazi aperti della savana. La
maggior parte del lavoro durante la
predazione è svolto dalle femmine,
mentre i membri maschi del branco non
vi partecipano, se non quando si tratta di
uccidere animali molto grandi come
giraffe e bufali. Ciascuna leonessa ha
una posizione prediletta durante la
caccia: alcune colpiscono la preda sui
fianchi per disturbarla, altre si muovono
al centro del branco e balzano al di sopra
di essa, utilizzando a volte altre leonesse
come trampolino.[71]

I giovani cominciano a infastidire la preda


a partire dai tre mesi d'età, ma non
partecipano alla caccia sino al
compimento del primo anno. Hanno un
ruolo attivo ed efficace soltanto quando
hanno all'incirca due anni d'età.[72]

Competizione con altri predatori …

Leone attaccato da iene macchiate

Una leonessa deruba un leopardo


I leoni e le iene occupano la stessa
nicchia ecologica e pertanto si trovano in
competizione. Si stima che i loro areali si
sovrappongano per il 58,6%.[73] I re della
savana possono impossessarsi delle
vittime delle iene: nel cratere di
Ngorongoro i primi si sostengono in
maniera consistente proprio in questo
modo, obbligando le seconde a
incrementare l'attività di caccia. I leoni
sono rapidi a individuare le rivali quando
si nutrono, e ciò è stato provato dal Dr.
Hans Kruuk, che li ha visti avvicinarsi ogni
volta che ha simulato tramite nastri
registrati il loro pasto.[74] Al
sopraggiungere dei felini, le iene fuggono
o attendono pazientemente a una
distanza di almeno 30-100 metri che essi
abbiano consumato il pasto.[75] In alcuni
casi, esse sono abbastanza coraggiose
da mangiare accanto ai leoni, e in rare
situazioni riescono addirittura ad
allontanarli dalla preda. Le due specie
possono essere aggressive l'una nei
confronti dell'altra anche in assenza di
cibo. I leoni possono attaccare branchi di
iene senza alcuna ragione apparente. Per
esempio un maschio di leone è stato
filmato mentre uccideva due iene capi-
branco femmina senza nutrirsene.[76]
Un'interessante strategia di adattamento
ha portato le iene a infastidire i leoni
ripetutamente ogni qual volta essi
invadono il loro territorio.[77] Esperimenti
condotti in cattività hanno mostrato
come le iene non abbiano paura alla vista
dei felini, ma siano terrorizzate dal loro
odore.[74] I leoni maschi pattugliano
costantemente il territorio per tenere le
iene lontano. Le iene, per i leoni, non sono
soltanto dei competitori per le stesse
prede ma anche un pericolo per i loro
cuccioli, in quanto ucciderebbero i
leoncini, se ne avessero la possibilità, per
sbarazzarsi di un futuro nemico. Le iene
sono in grado di sopraffare le leonesse
se si trovano in vantaggio numerico di
almeno tre/quattro a uno. I leoni maschi,
invece, vengono evitati a tutti i costi.
Anche se le iene sono superiori in un
rapporto di venti a uno, fuggono
terrorizzate di fronte a un leone.[78] I leoni
uccidono le iene non per cibarsene ma
per sbarazzarsi di un nemico, ma se
hanno fame non esitano a nutrirsene.

I leoni tendono a dominare felini di minori


dimensioni come ghepardi o leopardi ove
gli areali si sovrappongano, rubando le
loro prede e uccidendo cuccioli o
addirittura adulti in caso di necessità.
Solitamente i leoni e i ghepardi si
ignorano perché il ghepardo caccia prede
piccole come gazzelle e antilopi che al
leone non interessano. Ma un leone
disperatamente affamato, come un
giovane nomade, quasi certamente
cercherà di sottrarre la preda a predatori
più deboli e il ghepardo è una vittima
frequente. Il ghepardo ha addirittura il
50% di possibilità di vedersi sottrarre la
preda da leoni o altri predatori.[79] I leoni
uccidono molti cuccioli di ghepardo: fino
al 90% di quelli che muoiono nelle prime
settimane di vita in seguito all'attacco di
predatori. I ghepardi reagiscono
cacciando in ore del giorno diverse da
quelle dei rivali e nascondendo i cuccioli
in folti gruppi di cespugli. Anche se non è
facile, le popolazioni di ghepardo che
vivono nei territori dei leoni sono stabili,
segno che i leoni non costituiscono una
minaccia per la sopravvivenza della
specie.[80] Si direbbe inoltre che la
convivenza tra i due predatori sia
collegata alle risorse disponibili: in
Tanzania, a causa della continua
distruzione dell'ambiente operata dagli
esseri umani che causa scarsità di prede
e spazio, i leoni e i ghepardi sono
costretti a competere più del necessario
con il risultato che i leoni uccidono il 75%
dei cuccioli di ghepardo. In Botswana,
invece, dove la situazione ambientale è
migliore, leoni e ghepardi coesistono
perlopiù pacificamente e solo il 6% dei
cuccioli di ghepardo viene predato dai
leoni.[81]

Anche i leopardi usano le stesse tattiche


dei ghepardi per evitare i leoni e, come i
ghepardi si sanno sostentare anche solo
tramite prede di piccole dimensioni.
Inoltre, a differenza dei ghepardi, i
leopardi sanno arrampicarsi sugli alberi e
li usano per tenere cuccioli e prede al
riparo. Le leonesse a ogni modo, sono a
volte in grado di scalare gli alberi (se
questi non sono troppo alti) per
impossessarsi del bottino nascosto.[82]

In modo simile, il leone domina il licaone,


non solo sottraendogli le prede, ma
cacciandone i cuccioli e gli adulti. La
densità di licaoni in aree dove i leoni
sono abbondanti è conseguentemente
scarsa.[83]
Il coccodrillo del Nilo è l'unico predatore
simpatrico che può minacciare il leone. In
base alle reciproche dimensioni,
ciascuno dei due animali può sottrarre la
preda e praticare sciacallaggio sull'altro.
Dei leoni hanno in passato ucciso
coccodrilli avventuratisi sulla
terraferma,[84] mentre il contrario accade
se i felini si immergono in acqua, come
dimostrato dalle ossa di leone
occasionalmente rinvenute negli stomaci
dei rettili.[85] Come gli altri animali, il
coccodrillo non teme leonesse o giovani
leoni mentre fugge i grandi leoni maschi
che sono in grado di contrattaccare e
mettere in fuga i rettili anche
nell'acqua.[86][87]
Riproduzione …

Cucciolo di leone.

Una coppia di leoni durante l'accoppiamento.

I leoni si riproducono in modo sessuato.


Le leonesse si riproducono per la prima
volta entro il compimento del quarto
anno d'età.[88] I leoni maschi divengono
sessualmente attivi a 26 mesi ma
cominciano a riprodursi solo verso i
quattro-cinque anni, poiché in precedenza
non sono in grado di conquistarsi un
branco e quindi delle compagne proprie.
L'accoppiamento non avviene in stagioni
specifiche, ma le femmine sono
poliestre.[89] Analogamente a quanto
avviene per la maggior parte dei felini, il
pene del maschio è dotato di spine che
puntano all'indietro e aiutano a
mantenere la presa durante
l'accoppiamento. Dopo il rapporto le
pareti della vagina possono essere
danneggiate, causando un effetto simile
all'ovulazione.[90]

Nei branchi dove è presente più di un


leone maschio, per evitare che sorgano
conflitti tra questi riguardo a una
leonessa, le femmine hanno sviluppato
una strategia efficace: sincronizzano
l'estro in modo che ci sia più di una
leonessa in calore il che fa sì che ogni
maschio abbia la possibilità di
accoppiarsi. Il corteggiamento è
cominciato dal maschio che segue la
femmina in calore e si avvicina a lei
progressivamente finché lei non dimostra
di ricambiare il suo interesse. Una volta
che la femmina si dimostra recettiva ha
inizio il corteggiamento che può
cominciare sia da parte del leone sia da
parte della leonessa: il rituale del
corteggiamento è composto da leccate,
strofinarsi il muso a vicenda, rotolarsi
insieme e diversi segni di affetto.

Analogamente ad altri felini è la femmina


a invitare il maschio ad accoppiarsi
distendendosi per terra e assumendo la
posizione ideale per essere penetrata. In
alcuni casi la leonessa esorta il leone al
rapporto strofinando la coda e la testa
sul muso del compagno per stimolarlo.

Durante il rapporto il leone a volte morde


delicatamente il collo della leonessa ed
entrambi possono mettersi a ringhiare.
All'apparenza feroci, questi gesti sono in
realtà sintomi non di rabbia ma di
eccitazione sessuale.

I leoni in amore rimangono insieme,


separati dal resto del branco, per giorni e
trascurano perfino l'alimentazione.
Quando non si accoppiano leone e
leonessa rimangono comunque uniti
dormendo insieme, leccandosi e
coccolandosi a vicenda. I maschi sono
molto gelosi e protettivi verso le loro
femmine e allontanano con irruenza
chiunque le avvicini, comportamento
condiviso dalle femmine se un'altra
leonessa si avvicina al loro compagno.
Entrambi si dimostrano più aggressivi
verso gli altri animali giacché non amano
essere disturbati. Per la stessa ragione le
guide safari in jeep mantengono una
distanza maggiore da una coppia di
leoni.

Durante il periodo degli amori, una coppia può


rimanere unita per molti giorni, accoppiandosi da
venti a quaranta volte al giorno.

La gestazione dura in media 110 giorni[89]


e la femmina mette alla luce da 1 a 4
cuccioli per volta in un covile appartato,
che può essere rappresentato da una
macchia di boscaglia, un letto di canne,
una grotta o un altro luogo protetto. Essa
si allontana pertanto dal branco al
momento del parto. Mentre la prole è
ancora indifesa la madre caccia da sola
rimanendo comunque a una distanza
ridotta dal covile.[91] I cuccioli nascono
ciechi, e gli occhi si schiudono soltanto
una settimana dopo il parto. Il peso di un
nuovo nato varia tra gli 1,2 e i 2,1 kg e,
dopo i primi movimenti che avvengono un
giorno o due dopo la nascita, i primi
passi regolari sono compiuti al
compimento delle tre settimane.[92] La
madre sposta i cuccioli in una nuova tana
diverse volte in un mese, trasportandoli
per il collo. Si comporta in questo modo
per evitare che l'odore dei cuccioli si
accumuli in un luogo e possa attirare i
predatori.[91]

In genere la madre non rientra nel branco


assieme alla prole prima che essa abbia
compiuto le 6-8 settimane d'età.[91] La
reintegrazione può comunque avvenire in
anticipo qualora più leonesse abbiano
partorito contemporaneamente. Avviene
spesso infatti che esse sincronizzino i
loro cicli riproduttivi in modo da partorire
insieme ed essere in grado di collaborare
all'allevamento e all'allattamento dei
cuccioli dopo che essi hanno superato un
periodo di isolamento con la madre più
breve rispetto all'ordinario. Va osservato
che i cuccioli accettano di farsi allattare
da qualsiasi femmina del branco e
viceversa. Oltre a fornire una maggiore
protezione collettiva, questo
stratagemma naturale ha anche degli
interessanti risvolti evoluzionistici: i
cuccioli provenienti da genitori diversi
hanno infatti più o meno tutti le stesse
dimensioni, e quindi a priori hanno le
stesse possibilità di sopravvivenza,
evitando la possibilità che un debole
sopravviva soltanto perché più adulto
degli altri. Succede infatti per esempio
che se due leonesse partoriscono a
distanza di due mesi i cuccioli più giovani
non abbiano la possibilità di accedere al
cibo, prevaricati dai più vecchi, e quindi
muoiano di inedia.

A destra possiamo osservare una leonessa incinta.

Oltre all'inedia i cuccioli devono


affrontare altri pericoli come la
predazione da parte di sciacalli, iene,
leopardi, licaoni, aquile marziali e
serpenti. Persino i bufali, guidati
dall'istinto naturale, quando notano
l'odore di una cucciolata di leoni,
distruggono il covile dove si trovano e li
colpiscono a morte contrastando il
disperato intervento della madre. In più,
quando un nuovo maschio dominante
conquista il dominio del branco, spesso
uccide tutti i cuccioli del branco
stesso.[93] Il motivo di questo
comportamento aggressivo è che le
femmine del gruppo non sono fertili e
ricettive fino alla maturazione o alla
morte dei loro cuccioli. Di fatto, circa
l'80% dei cuccioli di leone non raggiunge
l'età di due anni.[94]

Quando entrano nel branco i cuccioli


sono inizialmente molto timidi e tendono
ad avere rapporti solo con le rispettive
madri. Cominciano poi a socializzare tra
loro giocando e cercano infine di
coinvolgere anche gli adulti nei loro
giochi. Gli adulti sono tolleranti con i
cuccioli e non reagiscono mai con loro a
morsi e a graffi, lasciano che i cuccioli
giochino con la loro coda (o nel caso dei
maschi con la criniera) sebbene il loro
grado di tolleranza dipenda dall'individuo
e dalla situazione (un leone molto stanco
o ferito, per esempio, potrebbe non
essere dell'umore di giocare con i
cuccioli e allontanarli con un ringhio). In
generale, padri e madri sono affettuosi
verso i cuccioli e partecipano anche ai
loro giochi se incoraggiati. Può capitare
che se un cucciolo diventi più debole la
madre smette di prendersene cura e
concentrarsi sugli altri anche se, come si
è visto nel documentario "Africa:
Predatori Letali" ad un cucciolo del
branco di Nsefu è stata data una
seconda possibilità, per quanto magro e
fragile, per diventare un leone forte e
possente.

Il livello di tolleranza dei maschi nei confronti dei


cuccioli è vario. In generale tuttavia sono più
disposti a dividere il loro cibo con loro piuttosto che
con le femmine. Nell'immagine un maschio e un
cucciolo mangiano i resti di un bufalo in Sudafrica.
Lo svezzamento non avviene prima di sei
sette mesi dalla nascita. I maschi sono
maturi a tre anni d'età, e a 4-5 sono già in
grado di insidiare e sostituire il capo di un
altro branco. Cominciano tuttavia a
invecchiare a dieci anni, al massimo a
15,[95] ma solo se non hanno mai subito
danni considerevoli in una lotta per la
difesa del branco. In più, una volta
scacciati da un altro maschio, è assai
raro che riescano a rifarsi. Tutto ciò
sottolinea come il tempo che hanno a
disposizione per produrre e crescere una
cucciolata (prima che venga eliminata da
un altro maschio) è limitato. In teoria, se
procreano rapidamente non appena
conquistano il potere, i leoni maschi
possono produrre più di una generazione
di figli prima di essere a loro volta
eliminati. Le leonesse spesso tentano di
opporsi all'infanticidio dei loro cuccioli,
ma scarsamente hanno successo e
l'attaccante uccide tutti i cuccioli più
giovani di due anni d'età. Una leonessa
da sola non può nulla, in quanto più
fragile del maschio, ma a volte la
ribellione congiunta di più madri può
avere la meglio sul capobranco.[93]

Contrariamente a quanto si creda non


sono soltanto i maschi sconfitti e
allontanati dal branco a diventare
nomadi, benché in ogni caso la maggior
parte delle femmine preferisca rimanere
con il proprio branco di nascita. Quando
le dimensioni del branco sono eccessive,
tuttavia, le femmine giovani sono
costrette ad allontanarsi e a cercare un
nuovo territorio dove stabilirsi. I giovani,
maschi o femmine, possono inoltre
essere soltanto allontanati e non uccisi
da un nuovo maschio dominante che
dovesse prendere possesso del loro
branco.[96] La vita di una femmina
nomade è comunque assai dura. Molto
difficilmente essa riesce a crescere un
cucciolo senza la protezione del gruppo.

Comportamento affettivo …
Come molti altri mammiferi sociali i leoni
esibiscono un ampio spettro di
comportamenti che comunicano affetto.
Nei branchi di leoni a riposo è comune
osservare femmine che si puliscono a
vicenda il manto, cuccioli che giocano fra
loro o cercando di coinvolgere gli adulti, e
così via.

All'interno di un branco lo sfregamento della testa e


la leccata sono diffuse dimostrazioni di affetto.
A riposo la socializzazione tra leoni è
osservabile attraverso una serie di
comportamenti e movimenti espressivi
molto sviluppati. Tra questi i più comuni
sono lo sfregamento della testa e la
leccata,[97] che sono comparabili alla
toilettatura che osserviamo nei
primati.[98] Lo sfregamento della testa, in
particolare della fronte del muso e del
collo, sono probabilmente segnali di
saluto,[99] visto che viene osservata in
animali che sono stati lontani l'uno
dall'altro per qualche tempo, o alla fine di
una lotta. I maschi tendono a salutarsi
tra loro, mentre i cuccioli e le femmine si
comportano in questo modo nei riguardi
di altre femmine.[100] La leccata avviene
spesso in corrispondenza dello
sfregamento: in genere è mutua e chi la
riceve si mostra soddisfatto. Le parti del
corpo più soggette a leccata sono la
testa e il collo, e ciò può fare riflettere
sull'utilità di questo comportamento,
visto che queste parti sono impossibili
da pulire autonomamente.[101]

I leoni infine presentano una vasta


gamma di espressioni facciali e posture,
che utilizzano per comunicare.[102] Il
repertorio vocale è altrettanto vasto: le
variazioni di intensità e frequenza,
piuttosto che segnali prefissati,
sembrano la base della comunicazione.
Tra i suoni emessi da un leone
ricordiamo il brontolio, le fusa, il sibilo, il
colpo di tosse, il miagolio, l'abbaiamento,
il ruggito. Quest'ultimo suono in
particolare è molto caratteristico, in
quanto questi grandi felini cominciano a
comunicare con alcuni ruggiti profondi e
durevoli, e concludono con una serie di
ruggiti più corti. I ruggiti dei leoni si
sentono più spesso nelle ore notturne: il
suono, che può essere percepito a una
distanza di 8 km, serve a segnalare la
presenza dell'animale,[103] e presenta
l'intensità più alta tra quelle di tutti i
grandi felini.

In condizioni particolari i leoni possono


stabilire legami affettivi con individui di
altre specie, incluso l'uomo. Un episodio
particolarmente insolito, verificatosi in
Kenya nel 2005, coinvolse una leonessa
che adottò alcuni piccoli di orice (una
specie normalmente predata dai leoni),
allevandoli e proteggendoli anche dagli
attacchi dei propri simili.[104] Una vicenda
molto nota di relazione affettiva fra
uomo e leone è quello narrato da Joy
Adamson nel romanzo autobiografico
Nata libera.

Sebbene sia molto raro i leoni possono


inoltre sviluppare legami affettivi con
felini di altre specie. Una leonessa e un
leopardo femmina divenute amiche per la
vita e formato una coalizione insieme
sono divenute protagoniste di un noto
documentario.[105] Un'altra leonessa è
stata osservata, recentemente, adottare
un cucciolo di leopardo che ha anche
allattato.[106]

Evoluzione

Leoni preistorici nella camera dei felini delle Grotte


di Lascaux

La specie Panthera leo è nata in Africa tra


un milione e ottocentomila anni fa, prima
di diffondersi in tutta la regione olartica,
cioè in Africa, Eurasia, e
Nordamerica.[107] Una delle più antiche
specie di leone, ormai estinte, era il leone
delle caverne primitivo, di cui i resti più
antichi in Europa risalgono a circa
700.000 anni fa e si trovano a Isernia.
Durante l'ultima era glaciale erano diffuse
numerose specie di leoni delle caverne,
derivanti da quello primitivo, come il
leone delle caverne europeo e quello
americano, che avevano dimensioni
superiori a quelle dei leoni dei tempi
moderni e storici, raggiungendo circa il
25% di massa corporea in più.[108] Al
termine dell'era, all'incirca diecimila anni
fa, probabilmente in concomitanza con la
scomparsa della megafauna del
Pleistocene[109] e l'aumentare delle
temperature, i leoni scomparvero dalle
zone settentrionali dell'Eurasia e dal
Nordamerica.[110]

Fino al I secolo d.C. circa i leoni erano


presenti in gran parte dell'Eurasia (dal
Portogallo all'India) e in tutta l'Africa. Il
leone scomparve dall'Europa occidentale
entro il II secolo,[111] mentre l'ultima
popolazione europea in assoluto, nel
Caucaso, si spense nel X secolo.[112] In
Asia, il leone era presente nella
sottospecie Panthera leo persica dalla
Turchia all'India e dal Caucaso allo
Yemen; iniziò a scomparire nel Medioevo,
in particolare con l'introduzione delle
armi da fuoco, rimanendo presente solo
in alcune aree del Medio Oriente. Tra la
fine del XIX secolo ed i primi del XX i
leoni si estinsero anche in Africa
settentrionale ed in Medio Oriente[1] (in
Iran, l'ultimo leone fu ucciso nel
1942).[113]

La progressiva riduzione dell'areale del


leone si deve principalmente all'azione
dell'uomo, che lo considerava una delle
belve più pericolose insieme al lupo e lo
cacciò senza tregua. Già gli antichi Greci,
ma soprattutto i Romani, furono
responsabili della decimazione dei leoni
in Europa. Lo sviluppo delle grandi civiltà
del bacino del Mediterraneo, della
Mesopotamia, dell'Arabia e dell'India
coincise con la scomparsa progressiva
dei leoni in tutte queste zone.

Nell'Africa subsahariana il leone riuscì a


sopravvivere proprio in virtù della minore
diffusione delle comunità umane. Le
popolazioni di leoni in questa zona
iniziarono a diminuire drasticamente con
l'arrivo dei coloni europei, che cacciarono
i leoni dapprima per proteggere i propri
insediamenti (cosa che fu la causa, per
esempio, dell'estinzione del leone del
Capo) e poi per motivi ludici. Il leone
divenne infatti il primo dei Big Five, i
cinque grandi animali africani
rappresentanti i trofei più ambiti dai
cacciatori europei che si recavano in
Africa per praticare la caccia grossa.
Sebbene sia una specie protetta e siano
state istituite riserve naturali in molte
zone dell'Africa, il leone è ancora oggetto
di bracconaggio.[114]

Evoluzione morfologica …

La criniera rappresenta un tratto


somatico acquisito dai leoni in tempi
relativamente recenti (300.000-200.000
anni fa); i leoni con la criniera
coesistettero con quelli senza criniera
fino a circa 10.000 anni fa sia in Europa
che, probabilmente, in Nordamerica.[107]
Tassonomia

Albero filogenetico …

L'albero filogenetico comprendente la


"Panthera leo" appartenente al genere
Panthera è il seguente[115][116][117][118]

   Panthera leo - Leone




          Panthera pardus -
    Pantera o leopardo

   Panthera          Panthera onca - Giaguaro


   
   Panthera tigris - Tigre


        Panthera uncia - Leopardo
  delle nevi

Sottospecie …
La leonessa asiatica Moti, nata allo zoo di Helsinki
nell'ottobre del 1994 e trasferita allo zoo di Bristol
nel gennaio del 1996

Nel corso degli anni, basandosi su


differenze morfologiche (dimensioni,
caratteristiche della criniera) e di
distribuzione geografica, sono state
proposte diverse classificazione, due
delle quali sono presentate nel
seguito.[119][120]
Evidenze genetiche indicano che tutti i
leoni moderni derivano da un solo
antenato comune risalente a circa 55.000
anni fa. In base a tali ricerche alcuni
autori[121][122] suddividono i leoni in due
sole sottospecie: il leone africano
(Panthera leo leo L , 1758) e
quello asiatico (Panthera leo persica
M , 1826). Un sinonimo del secondo
nome è leone dell'Asia meridionale. Nel
2005 ne sopravvivevano 359
esemplari[123] nei pressi della foresta di
Gir in India. Un tempo spaziavano dalla
Turchia, attraverso il Medio Oriente,
all'India e al Bangladesh, ma le grandi
dimensioni dei branchi e l'intensa attività
diurna li resero più facili da cacciare di
tigri o leopardi.

Altre fonti[124] considerano la dicitura


Panthera leo leo riferita al solo leone
berbero, estinto in natura e
probabilmente anche in cattività.
Considerato come la sottospecie di
leone più grande, il suo habitat si
estendeva dal Marocco all'Egitto. Fu
oggetto di caccia intensiva già in epoca
romana: molti esemplari erano importati
in Italia per i giochi nelle arene. L'ultimo
esemplare selvatico di cui si ha menzione
fu ucciso nel 1942[41][125][126][127] nelle
montagne dell'Atlante marocchino.
Alcuni leoni dello zoo di Rabat
provenienti dal serraglio dei re del
Marocco, sono ritenuti da alcuni autori i
diretti discendenti di questa
sottospecie.[127]

Esemplare di leone berbero conservato al MUSE di


Trento

I leoni africani sono considerati nella


seconda classificazione divisi in sette
sottospecie:
Panthera leo leo - Leone dell'Atlante o
leone berbero.
Panthera leo senegalensis - Leone
dell'Africa occidentale o leone
senegalese.
Panthera leo azandica - Leone del
Congo nord-orientale.
Panthera leo nubica - Leone dell'Africa
orientale o leone nubiano.
Panthera leo bleyenberghi - Leone del
Katanga o leone dell'Angola.
Panthera leo krugeri - Leone del
Transvaal o leone sudafricano.
Panthera leo massaicus - Leone masai.
Esemplare di leone berbero (Panthera leo leo) allo
zoo di Lipsia in Germania

Sono riconosciute inoltre varie


sottospecie estinte:

Panthera leo melanochaita - Leone del


Capo: estinto in natura nel 1860 e
definitivamente estinto nel 2000.[128]
Panthera leo goojratensis - Leone
indiano.[129]
Panthera leo hollisteri - Leone del
Congo.[130]
Panthera leo maculatus - Leone
maculato del Kenya o marozi: lo status
di sottospecie non è confermato. Si
distingue dalle altre sottospecie per il
manto maculato. Probabilmente si
estinse a partire dal 1931. Potrebbe
essersi trattato di un ibrido naturale di
leopardo e leone, ma l'argomento è
ancora oggetto di dibattito tra gli
specialisti.[131]
Panthera leo roosevelti - Leone
abissino: sebbene attualmente non sia
più considerato tale, in passato il leone
abissino fu creduto una sottospecie
etiope di Panthera leo caratterizzata da
una criniera di colore nero o striata di
nero. La presunta sottospecie fu
battezzata con il nome scientifico di
Felis leo roosevelti (poi Panthera leo
roosevelti) in onore del presidente degli
Stati Uniti d'America Theodore
Roosevelt, che nel 1904 ne aveva
ricevuto in dono un esemplare
dall'imperatore etiope Menelik II.
L'esemplare, trasferito allo Smithsonian
National Zoological Park di
Washington D.C., divenne una popolare
attrazione fino al novembre 1906,
quando morì e venne imbalsamato. Il
suo corpo è conservato allo
Smithsonian National Museum of
Natural History.[132]
Panthera leo somaliensis - Leone
somalo.[133]
Panthera leo verneyi - Leone del
Kalahari: in questa sottospecie sono
stati riscontrati comportamenti e
anatomia distinti.

Oltre a queste sottospecie storiche ce ne


furono anche alcune preistoriche:

Panthera leo atrox - Leone americano o


leone delle caverne nord-americano,
da circa 35.000 a 10.000 anni fa;[110]
Panthera leo fossilis - Leone delle
caverne europeo primitivo del
Pleistocene inferiore e medio, circa
500.000 anni fa;[110]
Panthera leo sinhaleyus - Leone dello
Sri Lanka o leone di Ceylon, 37.000
a.C.;[134]
Panthera leo spelaea - Leone delle
caverne europeo, leone delle caverne
eurasiatico o leone delle caverne
europeo del Pleistocene superiore (da
300.000 a 10.000 anni fa);[110]
Panthera leo vereshchagini - Leone
delle caverne della Siberia orientale e
della Beringia.[110]
Panthera leo youngi - Leone delle
caverne della Cina nord-orientale del
Pleistocene, 350.000 anni fa.[5]

Distribuzione e habitat
Due leoni asiatici maschi all'interno del Parco
Nazionale Sanjay Gandhi a Bombay in India. La
popolazione in natura di questa sottospecie è in
pericolo e il suo areale è ristretto alla zona del Gir
Forest Wildlife Sanctuary nell'India occidentale.[135]

Distribuzione dei leoni in India. La foresta di Gir,


nello stato del Gujarat, è l'ultimo areale naturale per
circa 411 individui di Leone asiatico.[136]
Distribuzione dei leoni africani.

Una leonessa asiatica nel Parco Nazionale di Sasan-


Gir.

Agli albori del terzo millennio la maggior


parte dei leoni vive nelle riserve naturali
dell'Africa subsahariana. Una
popolazione di poche centinaia di leoni
asiatici sopravvive inoltre nel Parco
nazionale del Sasan-Gir (1412 km²), nello
Stato dei Gujarat in India. Al fine di
proteggere questa minuscola
popolazione da epidemie e altri rischi
ambientali, è in corso un programma di
reintroduzione del leone asiatico anche
nel Palpur-Kuno Wildlife Sanctuary, una
riserva naturale nel vicino Stato del
Madhya Pradesh.[137] La popolazione sta
aumentando di numero, anche se
lentamente.[138]

Il numero complessivo dei leoni in natura


negli anni duemila è stimato tra i 16.000
e i 30.000 esemplari. Questi numeri
evidenziano un calo drammatico dagli
anni novanta, quando la popolazione di
leoni veniva calcolata intorno ai 100.000
esemplari. Le popolazioni rimanenti sono
spesso isolate geograficamente dalle
altre, cosa che aumenta ulteriormente le
difficoltà di conservazione della
specie.[139]

In tempi relativamente recenti comunque


i leoni vivevano in tutta la zona
meridionale del continente eurasiatico,
dalla Grecia all'India, e sulla maggior
parte dell'Africa, fatta eccezione per la
zona della foresta pluviale centrale e per
il deserto del Sahara. Sembra che
abbiano attraversato inoltre la Beringia e
colonizzato l'America in tempi passati,
dallo Yukon al Perù.[5] Molte delle
sottospecie che occupavano questo
immenso areale sono tuttavia estinte.

Erodoto riportò che i leoni erano


piuttosto comuni in Grecia intorno al 480
a.C. Attaccarono tra l'altro la spedizione
di cammelli da carico del re persiano
Serse mentre marciavano attraverso il
paese. Già nel 300 a.C. comunque
Aristotele li considerava animali rari, e si
può dire che prima del 100 d.C. erano
stati completamente estirpati.[111] Sino al
X secolo inoltre una popolazione di leoni
asiatici sopravvisse nel Caucaso,
rappresentando l'ultimo avamposto della
specie in Europa.[112]

La specie fu invece allontanata dalla


Palestina prima del Medioevo e dal resto
dell'Asia dopo l'importazione di armi da
fuoco portatili nel XVIII secolo. Tra il
tardo XIX secolo e l'inizio del XX, si
estinse in tutto il Nordafrica e l'Asia
occidentale. Alla fine dell'Ottocento in
particolare era scomparsa dalla Turchia
e dalla maggior parte dell'India
settentrionale,[25][123] mentre l'ultimo
avvistamento di un leone vivo in Iran
risale al 1941 (tra Shiraz e Jahrom nella
Regione di Fars), benché una carcassa di
leonessa sia stata ritrovata presso il
fiume Karun (nel Khūzestān) nel 1944.
Non vi sono stati più comunque ulteriori
avvistamenti di leone.[41]

In generale l'habitat naturale di questi


animali è la savana. Al contrario i leoni
evitano fitte foreste e giungle, nonché
aree desertiche, in quanto povere di
selvaggina.[140] In Africa in particolare, li
troviamo nella prateria della savana
puntellate di alberi di Acacia, che offrono
all'animale un efficace riparo quando il
sole è alto nel cielo.[141] In India invece
l'habitat dei leoni è un misto di savana
secca e di boscaglia decidua ancora più
arida.[142]

Il leone nella cultura di


massa
Lo stesso argomento in dettaglio: Leoni
nella cultura popolare.
La sfinge di Giza, in Egitto

Questi grandi felini hanno un ruolo


fondamentale in mitologia, religione, arte
e cultura popolare in generale. La figura
del re della foresta e anche re degli
animali è stata utilizzata in araldica e
architettura. I leoni hanno spesso
rappresentato uno spettacolo in arene e
circhi antichi e moderni.

Il leone è stato menzionato nella


mitologia greca nella leggenda di Eracle
dove l'eroe affronta il leone di Nemea e
nella mitologia egizia dove Sekhmet era
raffigurata sia con la testa di una
leonessa, sia come una leonessa in sé.

Merita anche di essere menzionato Il re


leone (1994), uno dei massimi successi
della Disney nella seconda metà del XX
secolo.

Interazioni con l'uomo

In cattività …

I leoni fanno parte di quel gruppo di


animali esotici che rappresentano la
parte fondamentale degli zoo a partire
dal XVII secolo; altri membri di questa
classe sono vertebrati di grandi
dimensioni come elefanti, ippopotami,
rinoceronti, grossi primati e altri grossi
felini. Negli anni gli zoo sono stati in
competizione per accaparrarsi il maggior
numero possibile di questi tipi di
animali.[143] Anche se molti zoo moderni
sono più selettivi riguardo a ciò che
mettono in mostra,[144] vi sono oltre mille
leoni africani e oltre cento leoni asiatici
sparsi negli zoo di tutto il mondo. Sono
considerati come una specie
ambasciatrice e vengono tenuti per
motivi turistici, educativi e di
conservazione.[145] I leoni possono
raggiungere anche l'età di venti anni in
cattività; Apollo, un leone residente allo
zoo di Honolulu nelle Hawaii, morì all'età
di 22 anni nell'agosto 2007. Le sue due
sorelle, nate nel 1986 ad agosto 2007
erano ancora vive.[146] I programmi di
accoppiamento tengono in
considerazione l'origine degli individui per
evitare di accoppiare diverse sottospecie
perdendo il prezioso materiale genetico
di quelle in via di estinzione.[147] In media
i leoni dormono 13,5 ore al giorno in
cattività.[148]
Coppia allo zoo di Louisville.

Maschio allo zoo di Eberswalde.

I leoni venivano catturati e allevati dai re


assiri già nell'850 a.C.[111] e ad
Alessandro Magno fu fatto dono di leoni
addomesticati dal Mahli in India
settentrionale.[149] Poi, ai tempi dei
Romani, i leoni partecipavano a
combattimenti nelle arene. Notabili
romani, tra i quali Silla, Pompeo e Cesare
ordinavano spesso massacri di grandi
quantità di leoni.[150] In Oriente, i leoni
venivano addomesticati dai principi
indiani, e Marco Polo riportò come Kublai
Khan tenesse leoni al chiuso.[151]

I primi zoo europei cominciarono a


diffondersi tra le famiglie nobili e reali del
XIII secolo e fino al XVII venivano
chiamati serragli. A quel punto,
cominciarono a prendere il nome di
menagerie, estensioni delle
Wunderkammer. Si diffusero dalla
Francia e dall'Italia nel Rinascimento al
resto d'Europa.[152] In Inghilterra, anche
se la tradizione era meno sviluppata, i
leoni erano tenuti nella Torre di Londra in
un serraglio stabilito da Giovanni
Senzaterra nel XIII secolo,[153][154]
probabilmente insieme con altri animali
importati precedentemente da Enrico I e
tenuti nel suo palazzo di Woodstock,
presso Oxford. Nello stesso posto, alcuni
leoni erano stati portati da Guglielmo di
Malmesbury.[155]

I serragli servivano come espressione di


potere e ricchezza della nobiltà. Animali
come i grandi felini e gli elefanti in
particolare, simboleggiavano il potere ed
erano utilizzati in lotte tra simili o contro
animali domestici. Inoltre, menagerie e
serragli servirono come dimostrazione
del potere dell'uomo sulla natura. Di
conseguenza nel 1682 il pubblico fu
molto sorpreso dalla vittoria di una
mucca su un leone e allo stesso modo
ciò accadde quando un elefante
cominciò a fuggire da un rinoceronte.
Con la diffusione delle menagerie nel
XVII secolo, questi spettacoli divennero
più rari e gli animali cominciarono a
essere gestiti dai Comuni. La tradizione
di tenere grandi felini come animali
domestici perdurò fino al XIX secolo, ma
era vista come estremamente
eccentrica.[156]

Albrecht Dürer, schizzo di leoni. Circa 1520


La presenza di leoni nella Torre di Londra
fu intermittente, con vari monarchi, come
Margherita d'Angiò o Enrico VI, che
ricercarono o ricevettero questi animali in
dono. Vi sono prove che fossero
mantenuti in condizioni piuttosto
miserevoli nel XVII secolo, almeno se
confrontate con quelle in cui vivevano
altri leoni a Firenze in quel tempo.[157] Le
menagerie di Londra fu aperta al
pubblico nel XVIII secolo, al prezzo di tre
mezze sterline, o di un cane o gatto da
fornire al leone in pasto.[158] Uno zoo
rivale fu aperto all'Exeter Exchange e
continuò a esibire leoni sino all'inizio del
secolo successivo.[159] La menagerie
della Torre fu chiusa da Guglielmo IV,[158]
e gli animali furono trasferiti allo Zoo di
Londra, che aveva aperto il 27 aprile
1828.[160]

Il commercio di animali selvatici fiorì


accanto al crescere del commercio
coloniale nel XIX secolo. I leoni erano a
quel punto considerati piuttosto comuni e
non esageratamente costosi. Anche se il
loro costo era maggiore di quelli delle
tigri, erano assai meno costosi di animali
grandi e difficili da trasportare come
giraffe o ippopotami, nonché del raro
panda gigante.[161] Come altri animali, i
leoni non erano considerati altro che un
lusso naturale ed erano sfruttati senza
pietà, con terribili perdite nella cattura e
nel trasporto.[162] L'idea diffusa
dell'eroico cacciatore di leoni dominò
l'immaginario collettivo in quel
secolo.[163] Esploratori e cacciatori
sfruttarono la popolare divisione
manichea tra bene e male nel regno
animale per aggiungere pathos al
racconto delle loro avventure,
dipingendosi come eroi. Ciò portò al
fatto che i grandi felini, sospettati di
essere mangiatori di uomini,
cominciassero a rappresentare la paura
verso la natura e la soddisfazione per
saperla dominare.[164]
Un leone allo Zoo di Melbourne approfitta dell'erba
alta e del riparo offerto da alcuni alberi

Allo zoo di Londra i leoni erano tenuti in


pessime condizioni finché un nuovo
settore con gabbie più spaziose fu
costruito negli anni dopo il 1870.[165] Altri
cambiamenti avvennero nel XX secolo,
quando Carl Hagenbeck progettò recinti
più simili all'habitat naturale degli animali,
con rocce di cemento, più spazio e un
fossato al posto delle sbarre. Progettò,
tra gli altri, i recinti dei leoni allo zoo di
Melbourne e al Taronga Zoo di Sydney
all'inizio del Novecento. Ciononostante le
classiche gabbie con sbarre
sopravvissero fino agli anni sessanta
nella maggior parte degli zoo.[166] In
seguito furono predisposte aree sempre
più ampie e naturali per i felini e l'uso di
reti metalliche o vetro stratificato al
posto di tane ribassate permisero ai
visitatori di avvicinarsi sempre di più agli
animali, in alcuni casi addirittura
passeggiando al di sotto di loro, come
allo zoo di Oklahoma City dotato di una
zona denominata Cat Forest/Lion
Overlook.[25] I leoni occupano nel terzo
millennio aree ampie e simili alla natura;
procedure moderne sono imposte per
approssimare gli habitat naturali delle
bestie e cercare di accontentare le loro
necessità. A titolo di esempio spesso ai
leoni sono fornite aree separate, in
posizioni elevate con sia ombra sia sole
a disposizione per le lunghe ore di riposo,
adeguata copertura del suolo e moderni
sistemi di drenaggio dell'acqua, nonché
di spazio sufficiente al movimento.[145]

Anche in tempi moderni vi sono stati


leoni tenuti con successo da privati,
come la leonessa Elsa, che fu cresciuta
da George Adamson e sua moglie Joy
Adamson e sviluppò un forte legame nei
loro confronti, specialmente con la
donna. La vita di questa leonessa
divenne soggetto di numerosi libri e film.
Attacchi contro l'uomo …

Leoni nei pressi di un fuoristrada nel cratere di


Ngorongoro.

In tempi preistorici gli uomini furono


probabilmente predati dai grandi felini, e
quindi dai leoni. Nel mondo moderno,
anche se i leoni non cacciano l'uomo in
condizioni normali, può accadere che
alcuni (per lo più maschi) ne vadano in
cerca. Alcuni casi assai celebri sono
quello dei mangiatori di uomini dello
Tsavo, luogo nel quale ventotto operai
addetti alla costruzione della ferrovia tra
Kenya e Uganda furono catturati e uccisi
nel corso di nove mesi del 1898 durante i
quali si stava costruendo appunto il
ponte sul fiume Tsavo, e quello più
recente del mangiatore di uomini di
Mfuwe, che nel 1991 tolse la vita a sei
persone nella valle del fiume Luangwa
nello Zambia.[167] In entrambi i casi, i
cacciatori che sono riusciti a eliminare la
minaccia hanno poi pubblicato dei libri
che descrivevano il comportamento
predatorio degli animali. I due episodi
presentano alcune similarità: i leoni erano
più grandi della media, erano privi di
criniera, apparentemente soffrivano di
carie dentarie che causavano la perdita
dei denti stessi. La teoria legata a
quest'ultimo particolare, secondo la
quale questi leoni erano appunto malati,
non è in auge tra tutti i ricercatori.
Sembra infatti, anche in seguito alle
analisi compiute sulle collezioni di leoni
mangiatori di uomini che sono
conservate in vari musei, che le cause di
questo comportamento inusuale siano
ascrivibili piuttosto al degrado
dell'habitat e alla scomparsa delle prede
naturali dovuti all'attività umana.[168]

Nella loro analisi del comportamento dei


leoni dello Tsavo e dei cosiddetti
mangiatori di uomini in generale Kerbins,
Peterhans e Gnoske confermano che
animali malati o feriti possono essere più
portati ad attaccare l'uomo. Tale
comportamento viene definito “non
inusuale, e non necessariamente
aberrante”: in presenza di incentivi come
bestiame o cadaveri umani i leoni
possono attaccare regolarmente gli
uomini. Gli autori citati attestano inoltre,
grazie a ricerche paleontologiche, che
altri panterini hanno attaccato in passato
altri primati.[169]

L'attitudine dei leoni a cibarsi di esseri


umani è stata esaminata
sistematicamente: scienziati statunitensi
e tanzaniani hanno osservato un grande
incremento nella frequenza di tale
comportamento nelle aree rurali della
Tanzania tra il 1990 e il 2005. Almeno
563 abitanti dei villaggi di tali zone sono
stati vittima di attacchi e molti di essi
sono morti nel periodo in questione.
Questi numeri eccedono di molto quelli
del ben più famoso episodio dello Tsavo
avvenuto un secolo prima. In particolare
questi attacchi sono avvenuti presso la
riserva faunistica del Selous, nel Distretto
del Rufiji, nella Regione di Lindi, non
lontano dal confine con il Mozambico.

Anche se l'espansione dei territori


occupati dai contadini è una delle cause
gli autori delle osservazioni hanno
osservato come le politiche atte a
conservare i felini vanno ridotte in quanto
hanno causato direttamente la morte di
molte persone. A Lindi alcuni leoni sono
arrivati ad attaccare uomini al centro dei
loro villaggi.[170]

I leoni dello Tsavo nel Museo di Storia Naturale di


Chicago, nell'Illinois.

Il leone non è quindi innocuo per gli


uomini: sono tuttavia molto più frequenti,
per esempio, i casi di attacchi da parte di
tigri, sia in natura sia in cattività.
Robert R. Frump ha scritto in The Man-
eaters of Eden che i profughi
mozambicani che attraversano
nottetempo il Parco Nazionale Kruger in
Sudafrica vengono attaccati e divorati da
leoni. Gli ufficiali del parco hanno
confermato il problema. Frump crede che
qualche migliaio di uomini sia stato
ucciso negli anni dell'apartheid dopo che
il governo sudafricano aveva chiuso il
parco obbligando i profughi ad
attraversarlo di notte. Per circa un secolo
prima che il confine fosse controllato, i
Mozambicani avevano attraversato il
parco senza pericolo durante il
giorno.[171]
Un leone mangiatore di uomini è stato
ucciso da guide da caccia nella Tanzania
meridionale nell'aprile 2004; si crede che
fosse stato responsabile della morte di
almeno 35 persone in una serie di
incidenti nei villaggi attraverso la zona
costiera del Delta del Rufiji.[172]

Il dr Rolf D. Baldus, coordinatore del


programma GTZ per la fauna selvatica,
ha osservato come il probabile motivo di
questi attacchi fosse un grosso ascesso
al di sotto di un molare che era spezzato
in vari punti. Quel leone provava
probabilmente forti dolori, specialmente
nel corso della masticazione.[173] GTZ è
un'agenzia di cooperazione e sviluppo
tedesca e ha lavorato con il governo
tanzaniano per la conservazione delle
specie per quasi vent'anni. Come
accaduto nei casi citati in precedenza,
questo leone era di grandi dimensioni,
non presentava criniera, e aveva problemi
dentari.

Il record africano di persone uccise non è


legato allo Tsavo, ma ai meno noti
episodi avvenuti tra il 1930 e il 1940
nell'allora Tanganyika. George Rushby,
guardacaccia e cacciatore
professionista, ha infine ucciso il
predatore che si ritiene abbia massacrato
e divorato tra 1500 e 2000 persone nel
distretto di Njombe.[174]
Conservazione …

Il leone asiatico, un tempo diffuso dal Mar


Mediterraneo al subcontinente indiano, abitava nel
2005 solamente il Gir Forest National Park a Gujarat,
India: circa 320 esemplari sopravvivevano in
natura[175]

La maggior parte dei leoni abita l'Africa


meridionale e orientale, e il loro numero
sta calando rapidamente, con un declino
stimato tra il 30 e il 50% negli anni tra il
1990 e il 2010.[1] Le stime attuali parlano
di una popolazione di 15.000-47.500
leoni in natura nel triennio 2002-
2004,[176][177] mentre sembra che negli
anni novanta ve ne fossero circa
centomila e nel 1950 circa 400.000. La
causa del declino non è stata ancora
compresa appieno e potrebbe essere non
reversibile.[1] Al momento, il degrado
dell'habitat e i conflitti con l'uomo sono le
minacce peggiori per la specie.[139][178] Le
popolazioni sopravvissute sono isolate
l'una dall'altra e ciò comporta carenza di
diversità genetica. Pertanto il leone è
considerato vulnerabile dall'International
Union for Conservation of Nature and
Natural Resources, mentre la sottospecie
asiatica è classificata come in pericolo
critico. La popolazione dell'Africa
occidentale è completamente isolata da
quella dell'Africa centrale, con pochi o
nessuno scambio. I maschi maturi in
Africa occidentale erano circa 850-1160
nel triennio 2002-2004. Le dimensioni
dell'intera popolazione sono dubbie, ma
pare che ci siano da 100 a 400 leoni
nell'ecosistema dell'Arly-Singou in
Burkina Faso.[1]

Sia per la sottospecie africana sia per


quella asiatica si è reso necessario
creare e mantenere parchi nazionali e
riserve. Le più conosciute sono il Parco
nazionale Etosha in Namibia, il Parco
Nazionale del Serengeti in Tanzania, e il
Parco Nazionale Kruger nella zona
orientale del Sudafrica. Al di fuori di
queste aree i contrasti tra leoni e uomini
o bestiame sono in genere risolti con
l'eliminazione dei felini.[179] In India
l'ultimo rifugio per il leone asiatico è il Gir
Forest National Park, largo 1412 km² e
localizzato nell'Ovest del paese. Il parco
ospitava nel 2005 359 leoni.[123] Come in
Africa numerose abitazioni di uomini
sono nei pressi del parco, con
conseguenti scontri tra leoni, bestiame
domestico, locali e ufficiali forestali.[180]
Il progetto per la reintroduzione del leone
asiatico è volto allo stabilimento di una
seconda popolazione indipendente nel
Kuno Wildlife Sanctuary nello Stato di
Madhya Pradesh.[181] Questa seconda
popolazione avrebbe lo scopo di creare
la necessaria diversità genetica per la
sopravvivenza della specie.

Cucciolo intento a giocare con un pezzo di


corteccia.

L'antica popolarità del leone berbero


come animale da zoo ha portato a isolati
casi di esemplari in cattività che
sembrano appartenere a tale
sottospecie.
Un esempio sono i dodici leoni del Port
Lympne Zoo a Kent, in Inghilterra, che
sono discendenti degli animali posseduti
dal Re del Marocco.[182]

Altri undici leoni vivono nello zoo di Addis


Abeba e dovrebbero discendere da
animali posseduti dall'imperatore Haile
Selassie I. WildLink International, in
collaborazione con l'Università di Oxford
ha avviato l'ambizioso Barbary Lion
Project, volto a identificare e allevare
leoni berberi in cattività per reintrodurli
nel parco nazionale dell'Atlante in
Marocco.[127]

In seguito alla scoperta del forte declino


della specie nell'Africa Subsahariana
sono stati stabiliti molti sforzi per la loro
protezione. In particolare i leoni sono una
delle specie nello Species Survival Plan,
attività coordinata dall'Association of
Zoos and Aquariums per incrementare le
possibilità di sopravvivenza dei singoli
individui. Il piano ebbe inizio in origine nel
1982 ed era rivolto al leone asiatico, ma
era stato bloccato quando si scoprì che
la maggior parte dei leoni asiatici negli
zoo nordamericani non erano
geneticamente puri, essendo stati
incrociati con individui africani. Il piano
per il leone africano partì quindi nel 1993,
specialmente rivolto alle sottospecie
sudafricane, anche se il mantenimento di
un certo livello di diversità genetica è
reso arduo dall'incertezza sulla
provenienza di molti individui.[25]

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Voci correlate
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Collegamenti esterni
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