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A Parigi, nei due anni dei suo primo soggiorno, ebbe modo, in ripetuti
incontri con il Malebranche, di esporre i suoi dubbi sul rapporto
esistente tra teorie fisiche e cause prime metafisiche, e di chiarire
sempre meglio la propria interpretazione dell'intreccio tra forza e
materia. Nell'ambiente cartesiano. dell'Académie des sciences,
dominato dalla personalità del Fontenelle, in rapporto con i
matematici e geometri Varignon, Reyneau, Parent, Malezieu, con
chimici, naturalisti anatomi. come Homberg, E. F. Geoffroy, J. G.
Duverney e Petit, il C. approfondì la lezione di critica
spregiudicatezza e di fiducia nella possibilità dell'intelletto umano di
indagare e di conoscere il reale e prese atto, Con ammirato stupore,
dello stretto rapporto tra la sperimentazione della ricerca scientifica e
il potere sociale e politico francese. Tuttavia l'attenzionea problemi
filosofici più generali, come quello della catena degli esseri e della sua
finalità, dell'immediato e delle qualità sensibili, determinò nel C.,
proprio durante il primo soggiorno francese, una insoddisfazione
crescente per la filosofia cartesiana e lo indusse ad approfondire il
pensiero di Newton e di Leibniz. Datano a questo periodo i primi
contatti avuti con il giovanissimo Pérelle, gli scambi di opinione sul
newtonismo e sul rinvio da esso postulato a una struttura ancora
sconosciuta della materia; la discussione e le obiezioni critiche
al Traité du beau del cartesiano De Crousaz; l'inizio, secondo quanto
riferisce il biografo Toaldo, della corrispondenza con Christian Wolff
di prevalente argomento leibnizano; ed è dell'aprile 1715, proprio alla
vigilia della partenza per Londra e dell'incontro personale con
Newton, la lunga lettera che il C. scrisse a Leibniz, comunicandogli
una serie di osservazioni sul concetto di armonia universale e sulla
distinzione di qualità primarie e secondarie.
Anche per gli anni successivi è l'epistolario - per quella ridotta parte
che ne è rimasta - a documentare, ben più delle opere a stampa, la
varietà degli interventi e delle letture del Conti.
Del tutto inedite rimangono invece nel corso del Settecento le opere di
maggior respiro progettate dal C. come sintesi storiche e teoriche della
sua speculazione filosofica: l'incompiuto Trattato delle idee, il Saggio
di storia critica de' ragionamenti intorno Dio, Panima umana e gli
altri spiriti e il voluminoso manoscritto Delle potenze conoscitive
dell'anima umana che costituivano le due parti - storico-critica e
filosofica - dei libro Dell'anima umana cui il C. lavora tra il '45 e il
'46 e di cui invia la prefazione al Muratori (ora in buona parte
pubblicati da Badaloni in Scritti filosofici). Anche in questi scritti la
discussione delle teorie fisiche e filosofiche più recenti - attrazione,
vuoto, tempo, spazio, etere, materia, corporeo, incorporeo - si coniuga
con un interesse esegetico per la storia delle religioni all'interno di un
confronto di tipo sincretistico con la filosofia antica, soprattutto
platonica, e di una riflessione costante sui modi e i limiti della
conoscenza umana.Una testimonianza dell'ordine generale che l'autore
avrebbe voluto dare alla propria opera è conservata nell'ampia
prefazione (pp. 1-57, non numerate) al primo tomo delle Prose e
poesie che uscì a Venezia presso Giambattista Pasquali nel 1739.
Dopo il 1735 infatti, l'anno in cui solo grazie all'intervento di
autorevoli amici della nobiltà veneziana uscì assolto dalla denunzia di
ateismo presentata nei suoi confronti presso l'Inquisizione veneta (ma
lo stesso tribunale nel settembre di quell'anno farà catturare di notte
Pietro Giannone che rincasava accompagnato, appunto, dall'abate
padovano, dopo una serata di conversari in casa dell'avvocato Terzi),
il C. dà avvio alla stampa dei suoi scritti in una edizione che dovrebbe
comprenderli tutti, secondo un piano organico e sistematico.
L'edizione progettata non vide ma la luce: dopo il primo tomo furono
stampati nel 1740 alcuni dei testi che avrebbero dovuto costituime
un'appendice e che confluirono nel secondo tomo edito solo nel 1756,
ad opera dell'astronomo Giuseppe Toaldo, sette anni dopo che il C.,
colpito da apoplessia, era morto a Padova il 6 apr. 1749.