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LXXV

FRANCESCO CRAPANZANO

KOYRÉ, GALILEO
IL CULTO DI EPICURO.
E IL ‘VECCHIO SOGNO’
TESTI, ICONOGRAFIA E PAESAGGIO
DI PLATONE
a cura di
Marco Beretta, Francesco Citti
Alessandro Iannucci

Leo S. Olschki
Firenze
MMXIV
Tutti i diritti riservati

Casa Editrice Leo S. Olschki


Viuzzo del Pozzetto, 8
50126 Firenze
www.olschki.it

© Marco Beretta, Francesco Citti, Alessandro Iannucci

Centro Studi
La permanenza del Classico

Ricerche 31

ante retroque prospiciens

Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica


Università di Bologna
http://www.permanenza.unibo.it

ISBN 978 88 222 6189 2


Sara Elisa Stangalino – Nicola Badolato

EPICURO ALL’OPERA!

I saggi che seguono presentano l’analisi di due drammi per musica che
hanno per soggetto Epicuro e la sua scuola filosofica. Si tratta degli unici
due esempi finora noti nella storia dell’opera, peraltro appartenenti a epoche
tra loro distinte: Gl’atomi d’Epicuro, «drama per musica» di Nicolò Minato
e Antonio Draghi, risale al 1672; Épicure di Charles-Albert Demoustier e
Cherubini-Méhul fu rappresentato in forma di opéra-comique nel 1800.
Nella storia del teatro d’opera solo di rado i librettisti si preoccupano di
svelare al lettore-spettatore le fonti alla base delle proprie scelte poetiche.
L’insieme dei materiali sfruttati nelle loro rielaborazioni è assai composito:
fonti antiche (note per via diretta, per scelta antologica o per citazione),
scienza antiquaria, teatro letterario, svariati generi narrativi. I librettisti, nella
maggioranza dei casi, derivano i propri soggetti da testi precedenti, narrativi o
teatrali.1 Questo assioma è certamente valido per la maggior parte dei drammi
musicali; nel nostro caso invece si applica con fatica, giacché ci s’imbatte in
due drammi musicali non riconducibili a modelli letterari precedenti.
Nel contributo di Sara Elisa Stangalino (pp. 256-275) vengono affrontati
tre ordini di problemi: (1) la contestualizzazione dell’opera di Minato nel­
l’àm­bito della corte viennese di Leopoldo I d’Asburgo e nel panorama della
rivoluzione scientifico-filosofica del Seicento; (2) l’individuazione delle fonti
alla base dell’intreccio; (3) l’analisi drammaturgica (struttura e tecniche di
scrittura).
Il saggio di Nicola Badolato (pp. 276-287) propone una ricostruzione del
lavoro di Demoustier sulla base di fonti secondarie giacché dell’opera ci sono
pervenuti soltanto alcuni frammenti di partitura, non già un libretto che rechi
il testo drammatico, e una contestualizzazione nel più ampio quadro delle
riflessioni filosofiche del secondo Settecento francese.

1
 Cf. Lorenzo Bianconi, “Introduzione”, in La drammaturgia musicale (Bologna: il Mulino,
1986), pp. 21-22.

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sara elisa stangalino – nicola badolato

A) Un dramma filosofico per la corte di Leopoldo I: Gl’atomi d’Epicuro


di Nicolò Minato

1) Nicolò Minato: da Venezia a Vienna


La produzione di Nicolò Minato, noto agli studiosi del teatro d’opera
come acclamato autore di drammi per musica della seconda metà del Seicento,
è sintetizzabile in due principali periodi:2 dal 1650 al 1669 è attivo a Venezia
principalmente come drammaturgo del compositore Francesco Cavalli;3 dal
1669 fino al 1698, anno della morte, Mi­na­to è a Vienna quale poeta cesareo
di Leopoldo I d’Asburgo.
Poco si sa della sua formazione. Fu allievo di Giuseppe Renzuoli,4 giu­ri­sta,
pubblico lettore a San Marco e membro dell’Accademia degli Incogniti, ce­
na­colo di rilievo nel contesto della cultura veneziana, animato da intellettuali
libertini eredi della tradizione letteraria marinista.5

2
  Su Minato cf. Ellen Rosand – Herbert Seifert, “Minato, Nicolò”, in The New Grove Dic­
tion­ary of Opera, edited by Stanley Sadie (London: Macmillan, 1992), pp. 402-404; degli stessi,
“Minato, Nicolò”, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, edited by Stanley Sadie
(London: MacMillan, 1992), pp. 710-711. Cf. anche Norbert Dubowy, “Minato, Nicolò”, in Die
Musik in Geschichte und Gegenwart (Kassel: Bärenreiter, 2004), pp. 242-244; Sergio Monaldini,
“Minato, Nicolò”, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 74 (Roma: Istituto della Enciclopedia
Italiana, 2010), pp. 571-575; Maria Girardi, “Da Venezia a Vienna: le ‘Facezie teatrali’ di Nicolò
Minato”, in Il diletto della scena e dell’armonia. Teatro e Musica nelle Venezie dal ’500 al ’700, a cura
di Ivano Cavallini (Rovigo: Minelliana, 1990), pp. 189-221; Alfred Noe, “Biographische Notizen
zum kaiserlichen Hofdichter Nicolò Minato”, Biblos, 2000, 49: 317-325; Id., “Das Testament des
Hofdichters Nicolò Minato”, Biblos, 2001, 50: 315-317; Id., Nicolò Minato: Werkverzeichnis (Wien:
Österreichische Akademie der Wissenschaften, 2004). Ringrazio Lorenzo Bianconi per la paziente
lettura e per i consigli offerti durante la stesura di questo elaborato.
3
 Su Cavalli si veda Lorenzo Bianconi, “Caletti Bruni, Pietro Francesco”, in Dizionario
biografico degli Italiani, vol. 16 (Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 1973), pp. 686-696;
Thomas Walker, “Cavalli Francesco”, in The New Grove Dictionary of Opera (cit. n. 2), pp. 783-
789; Thomas Walker – Irene Alm, “Cavalli Francesco”, in The New Grove Dictionary of Music and
Musicians (cit. n. 2), pp. 302-313.
4
  Minato ricorda il maestro nella dedica anteposta alla sua prima pubblicazione, la traduzione
di un trattato erudito: Eruditioni per li cortigiani. Opera latina D’Autor incerto Fiammengo (Venezia:
Guerigli, 1645). Cf. Rossana Caira Lumetti, “Le Eruditioni per li cortigiani: teoria e pratica del
poeta cesareo Nicolò Minato”, in Sentir e meditar: omaggio a Elena Sala di Felice, a cura di Laura
Sannia Nowé, Francesco Cotticelli, Roberto Puggioni (Roma: Aracne, 2005), pp. 67-73; e Sara Elisa
Stangalino, “Eruditioni per li cortigiani di Nicolò Minato: genesi e incidenza di un trattato”, Studi
secenteschi, 2014, 55: 183-197.
5
  L’attività teatrale a Venezia è strettamente connessa alla vita delle accademie, che ne rap­pre­sen­
tano il centro di propulsione ideologica. Gli Incogniti, epigoni delle idee libertarie sostenute da Cesare
Cremonini nel contesto accademico padovano e sostenitori di una concezione di vita svin­colata dalla
rigida morale clericale, promuovono la celebrazione della Repubblica tramite l’esi­bi­zione del fasto
scenico e allegorico proprio dell’opera in musica, che diventa così un efficace mez­zo di propaganda
ideologica. Minato è membro dell’accademia degli Imperfetti, legata alla più celebre accademia degli

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epicuro all’opera!

Minato intraprende la carriera forense per poi dedicarsi, a partire dal


1650, alla scrittura di drammi per musica. A Venezia ha modo di sperimentare
e consolidare tecniche drammaturgiche sulla scorta delle esperienze teatrali
che vivacizzarono la Serenissima a partire dagli anni quaranta del Seicento,
ed acquisire abilità che gli torneranno alquanto utili una volta approdato a
Vienna.
A partire dalla metà del secolo Vienna ospita numerosi intellettuali italiani
poiché molti aristocratici avevano combattuto per l’Impero durante la guerra
dei trent’anni.6 La permanenza di Minato nella capitale austriaca è dunque
favorita dai rapporti intessuti con i conterranei in corte, ove v’è interesse per
l’arte della penisola, per la sua lingua, letta e parlata, nonché per le meraviglie
del dramma per musica. L’imperatrice Eleonora Gonzaga stessa,7 colta me­
cenate, è promotrice della cultura italiana. Andata in sposa nel 1651 a Fer­
di­nando III (padre di Leopoldo I),8 Eleonora detiene un ruolo di rilievo
nella scelta delle rappresentazioni musicali di corte9 e, insieme a Leopoldo,

Incogniti (le due accademie condividevano alcuni membri), e a quella dei Discordanti. Cf. Giorgio
Spini, Ricerca dei libertini. La teoria dell’impostura delle religioni nel Seicento italiano (Firenze: La
Nuova Italia, 1983; 19501), e la prefazione di Gino Benzoni (“Isto­riar con le favole e favoleggiar con le
istorie”) a Girolamo Brusoni, Avventure di penna e di vita nel Seicento veneto, a cura di Gino Benzoni
(Rovigo: Minelliana, 2001), pp. 9-28. Per l’ascendente eser­ci­tato dal Cremonini, dall’animatore
dell’Accademia Giovan Francesco Loredan e da personalità co­me Ferrante Pallavicino cf. Edward
Muir, “Why Venice? Venetian Society and the Success of Early Opera”, Journal of Interdisciplinary
History, 2006, 36: 331-353; cf. Id. Guerre culturali: liber­ti­ni­smo e religione alla fine del Rinascimento
(Bari: Laterza, 2008) e Jean-François Lattarico, Venise “Incognita”: essai sur l’académie libertine au
XVIIe siècle (Paris: Champion, 2012).
6
  Nobili famiglie italiane si stabiliscono a Vienna. Tra queste vi sono membri delle casate di
Montecuccoli, Colonna, Pallavicini, Caprara, Gonzaga, Strozzi, Collalto ecc. Cf. Caira Lumetti, “Le
eruditioni per li cortigiani” (cit. n. 4).
7
  Si tratta di Eleonora Gonzaga-Nevers (1630-1686), imperatrice vedova di Ferdinando III
d’Asburgo Lorena (1608-1657). Più di un’imperatrice asburgica portò lo stesso nome, a cominciare
dall’omonima Eleonora Gonzaga che nel 1622 andò in sposa a Ferdinando II, ed Eleonora
Maddalena Teresa, terza moglie di Leopoldo I. Eleonora Gonzaga-Nevers, moglie di Ferdinando
III, giunse a Vienna nel 1652. Cf. Herbert Seifert, “La politica culturale degli Asburgo e le relazioni
musicali tra Ve­nezia e Vienna”, in L’opera italiana a Vienna prima di Metastasio, a cura di Maria
Teresa Muraro (Fi­renze: Olschki, 1990), pp. 1-15, e Id., “Da Rimini alla corte di Leopoldo, l’opera
di Draghi in àm­bito viennese”, in “Quel novo Cario, quel divin Orfeo”. Antonio Draghi da Rimini a
Vienna, Atti del convegno internazionale, Rimini, palazzo Buonadrata, 5-7 ottobre 1998, a cura di
Emilio Sala e Davide Daolmi (Lucca: Libreria Musicale Italiana, 2000), pp. 3-14 e p. 493.
8
  Leopoldo I d’Asburgo (1640-1705) era nato dal primo matrimonio di Ferdinando III con
Maria Anna di Spagna.
9
 «Eleonora Gonzaga aveva una buona parte nelle attività musicali della corte imperiale.
[…] L’importanza nelle scelte musicali rivestita da Eleonora fece sì che ogni anno venisse dedicata
un’opera ad un personaggio femminile (Atalanta, Cidippe, Sulpizia, Tessalonica, Iphide, Gundeberga,
Turia Lucretia, Chilonida ecc.), le cui virtù e nobiltà d’animo, messe alla prova da contrasti e sventure,
trionfavano alla fine su ogni avversità». Cf. Girardi, “Da Venezia a Vienna: le ‘Facezie teatrali’ di

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sara elisa stangalino – nicola badolato

si impegna a ricreare l’atmosfera e il fervore intellettuale delle corti italiane


del Rinascimento. L’imperatore Leopoldo in persona, letterato e dilettante
di musica, scriverà svariate arie per i drammi di Minato e di Antonio Draghi,
maestro di Cappella dell’imperatrice.10
Minato, quale poeta cesareo, appartiene a un’équipe eletta per l’orga­
niz­zazione e la produzione di spettacoli di corte, accanto ad artisti come
lo scenografo Ludovico Ottavio Burnacini, i coreografi Santo e Domenico
Ventura, i musicisti Johann Heinrich e Anton Andreas Schmelzer (addetti in
primis alle musiche da ballo e da cerimonia). Con Antonio Draghi, Minato
forma una coppia affia­ta­tis­si­ma addetta alla confezione di drammi per musica
sacri e profani.
Abbandonato il contesto produttivo dell’opera veneziana, Minato deve
rispondere alle urgenze del cerimoniale di corte, che intende il teatro come
espressione del fasto imperiale e strumento di potere o propaganda, indirizzato
ad una platea di volta in volta ampia (nello Hoftheater) oppure ristretta (per
le opere di carnevale recitate auf geheimer Schaubühne).11 Il pubblico, all’atto
pratico, costituisce comunque un’élite, più o meno ampia o ristretta; e i testi
drammatici insinuano volentieri temi politici o ideologici.
Le occasioni dettate dal cerimoniale di corte impongono un rapido ritmo
di scrittura. A fronte dei soli dodici libretti veneziani in vent’anni, nei primi
dieci anni a Vienna Minato produce settanta lavori teatrali e quindici oratorii.
Si contano opere per il Carnevale (che costituiscono comunque la parte
del cartellone meno cospicua), per la Settimana Santa, per la celebrazione

Nicolò Minato” (cit. n. 2), p. 200; a p. 217, n. 35 leggiamo: «L’imperatrice Eleonora Gonzaga istituì
nel 1667 l’Accademia degli Illustrati […] “i quali ogni giorno festivo raduneranno a servir S.M. e a
far pompa del lor ingegno”. Minato fece parte dell’anonima accademia istituita da Leopoldo I nel
1674, accanto allo storico Galeazzo Gualdo Priorato, all’abate Filippo Maria Bonini, a Giovanni
Fontana, a Filippo Sbarra figlio del poeta Francesco, a Carlo Draghi e altri ancora».
10
 Antonio Draghi (1635-1700) dal 1658 è a Vienna dapprima in qualità di cantante nella
cappella fondata l’anno precedente dall’imperatrice vedova Eleonora. Nel 1669 Draghi succede a
Pietro Antonio Ziani come maestro di cappella dell’imperatrice, e nel 1682 è promosso a maestro
della cappella imperiale. Dal 1670 la coppia Draghi-Minato garantisce con stupefacente continuità
e abbondanza il fabbisogno di drammi musicali della corte. Cf. Herbert Seifert, “Da Rimini alla
corte di Leopoldo, l’opera di Draghi in àmbito viennese”, in “Quel novo Cario, quel divin Orfeo”
(cit. n. 7), pp. 3-14, pp. 4, 7, 10-11. Draghi scriverà più di duecento opere tra composizioni teatrali,
cantate, messe. Cf. anche Rudolf Schnitzler – Herbert Seifert, “Draghi, Antonio” in The New
Grove Dictionary of Music and Musicians (cit. n. 2), pp. 545-551, p. 546.
11
  Cf. Herbert Seifert, Die Oper am Wiener Kaiserhof im 17. Jahrhundert (Tutzing: Schneider,
1985), “Spielplan”, pp. 429 ss.; e Lorenzo Bianconi, Il Seicento, in Storia della musica, vol. 5 (Torino:
EDT, 1991; 19821), in particolare del cap. 4 “Il teatro d’opera” si vedano il paragrafo 21: “I teatri
d’opera di Venezia”, pp. 195-204, e il paragrafo 24: “L’opera nei paesi tedeschi: Vienna e Amburgo”,
pp. 235-252, alle pp. 235-236.

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epicuro all’opera!

dei Geburtstage e Namensfeste (compleanni e onomastici) della famiglia


imperiale, e componimenti per le villeggiature della corte.12
È in tale contesto che negli anni settanta del Seicento nascono i drammi a
sfondo filosofico-moralistico (tra i quali anche Gl’atomi d’Epicuro, scritto per
musica di Antonio Draghi),13 drammi che, attingendo tematiche e personaggi
dalle antiche scuole filosofiche, satireggiano i frivoli costumi della corte e
fungono da autorevole monito alle vanitates cortigiane.14
Questo singolare gruppo di opere prende avvio da Le risa di Democrito
(1670), il cui tema dominante è la salace critica della superbia cortigiana;
seguono titoli come L’avidità di Mida (1671), La lanterna di Diogene (1674), I
pazzi abderiti (1675),15 Il silenzio di Harpocrate (1677), La pazienza di Socrate
con due mogli (1680) e La Chimera (1682).
Ne Gl’Atomi d’Epicuro (1672), ad avere la meglio sui temi consueti,
ovvero vacuità dei beni terreni e satira cortigiana, è l’intreccio amoroso.

2) Gl’atomi d’Epicuro: le fonti letterarie16

Minato trae il soggetto del dramma dalle Vite dei filosofi di Diogene
Laerzio (cf. “Argomento”, pp. 279-280).17 Dal dramma emerge la profonda

12
 Cf. Franco Piperno, “Venezia e Vienna. Produzione e circolazione dello spettacolo operi-
stico”, in L’opera italiana a Vienna prima di Metastasio (cit. n. 7), pp. 115-125, p. 119.
13
  Per la definizione si veda Girardi, “Da Venezia a Vienna” (cit. n. 2), p. 201. Cf. Id., “Elenco
cronologico della produzione teatrale e dei drammi di Nicolò Minato rappresentati a Venezia (1650-
1730) e a Vienna (1667-1699)”, in Il diletto della scena e dell’armonia (cit. n. 2), pp. 222-266.
14
  È questo l’obiettivo dei ‘drammi a chiave’, che recano in calce una lista che esplicita la
corrispondenza tra personaggi del dramma e nome del cortigiano satireggiato. Tra i libretti a chiave
ricordiamo La lanterna di Diogene (1674), I pazzi abderiti (1675), Il silentio di Harpocrate (1677).
Cf. Manuela Hager, “La funzione del linguaggio poetico nelle opere comiche di Amalteo, Draghi
e Minato”, in L’opera italiana a Vienna prima di Metastasio (cit. n. 7), pp. 17-30, e Herbert Seifert,
Die Oper am Wiener Kaiserhof im 17. Jahrhundert (cit. n. 11), pp. 205-234.
15
  La commedia è basata sulla satira greca di Luciano di Samòsata. Si veda il saggio di Albert
Gier, “Nicolò Minato, ‘I pazzi Abderiti’: Amore (sintagmatico) e pazzia (paradigmatica)”, Musica e
Storia, 2004, 12: 389-399.
16
  Gl’ | Atomi | d’Epicuro. | Drama per musica | Nel giorno natalitio | Della S. C. R. M.tà | Dell’
| Imperatore | Leopoldo. | Per Com᷉ando | Della S. C. R. M.tà | Dell’ | Imperatrice | Margherita. |
L’Anno mdclxxii. | Et alla Medesima consacrato. | Musica del S.r Ant: Draghi, M.ro di Cap: della |
S. C. R. M.tà dell’Impetratrice [sic] Eleonora | In Vienna D’Austria, | Apresso Matteo Cosmerovio,
Stampatore di S. M. C.
17
  Cf. Alfred Noe, Nicolò Minato: Werkverzeichnis (cit. n. 2), pp. 42-43. Assumo la seguente
traduzione di riferimento: Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, a cura di Marcello Gigante, vol. 2
(Roma-Bari: Laterza, 2002), pp. 400-575. Numerose le edizioni dell’opera a Venezia e in Europa
tra Cinquecento e Seicento, tra le più diffuse: Diogenes Laertius, Vita de philosophi moralissime

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sara elisa stangalino – nicola badolato

cono­scenza che della dottrina epicurea dovette avere il drammaturgo; e seb­


bene non sussistano ragioni per supporre da parte di Minato una personale
pro­pensione alle dottrine epicuree (ma neppure per escluderla), è pur certo
che ben dovette vagliarne gli insegnamenti.
Cenni all’atomismo appaiono fin dalla dedica:18
Sac. Ces. Real Maestà.
Io so che per applaudere al dì natalizio dell’Augustiss. Leopoldo si doverebbe
la sublimità delle piramidi e de’ colossi, non la bassezza di debolissimi Atomi. Li
compatisca nondimeno la M.V., rifflettendo che di cose immense è talvolta segno
la picciolezza, come per appunto si dimostra il moto del sole con l’ombra, e con le
polveri quel del tempo. Si degni dunque la M.V. ch’io le prostri inanti questi fogli ne’
quali, se non altro, averò di vantaggio che meno appariranno le debolezze ridotte in
Atomi, e più l’ossequio sì minutamente inchinato.
Di V. S. C. R. Mtà.
Vienna 8 Giu. 1672
Hum.mo Div.mo Riv.mo S.re
Nicolò Minato.

A Minato, accademico erudito, non sarà sfuggito l’interesse che fin dal
secolo xv gli umanisti avevano manifestato per la cultura antica in genere, in
spe­cial modo attraverso il recupero, la traduzione e la riscrittura delle ope­
re scientifiche dei classici, tra i primi Democrito, alla cui dottrina Epicuro
fu iniziato. Né il drammaturgo avrà ignorato le diatribe post-galileiane che
corsero nella penisola all’epoca della rivoluzione scientifica, vertenti sulle
cause generatrici dei fenomeni della fisica moderna e sui principii invarianti
at­traverso i quali la natura opera. Argomenti come la composizione della
ma­teria, la resistenza dei materiali, le leggi della dinamica, la composizione

et de le loro elegantissime sententie (Venezia: Sessa, 1508); Le vite degli illustri filosofi di Diogene
Laertio, dal greco idiomate ridutte ne la lingua commune d’Italia (Venezia: Valgrisi al segno d’Erasmo,
1545); De vita et moribus philosophorum libri 10. Nunc iam ad finem graeci codicis diligentium quam
unquam antea recogniti, cum indice locupletissimo (Lugduni: Antonium Griphyum, 1566); Delle
vite e sententie de’ filosofi illustri. Di nuovo dal greco ridutto nella lingua italiana per i Rossettini
da Prat’Alboino (Venezia: Farri, 1566); Compendio delle vite de filosofi antichi greci, et latini, et
delle sentenze, & detti loro notabili. Tratte da Laertio, et da altri gravi auttori (Venezia: Brugnuolo
all’insegna della Porta, 1598); Delle vite de’ filosofi di Diogene Laertio, libri 10. Ripieni d’istorie
giouevoli; soggetti piaceuoli, essempi morali, & di sentenze graui. […] (Venezia: Bertoni al segno
del Pellegrino, 1606); Delle vite de’ filosofi di Diogene Laertio libri dieci. Ripieni d’istorie giovevoli,
soggetti piacevoli, essempi morali, & di sentenze gravi. […] (Venezia: Perchacino, 1611); Le vite de’
filosofi moralissime: estrate da Laertio, & da altri auttori. Nelle quali sono sentenze, & detti notabili,
vtili, & essemplari a’ fanciulli, che negli studij si essercitano (Venezia: Pietro Vsso, 1628).
18
Non occorrerà qui insistere sulle polemiche intorno all’atomismo diffuse in Francia e in Italia
nel Sei e nel Settecento, cf. in questo volume il contributo di M. Beretta.

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epicuro all’opera!

del­la luce e la natura del vuoto divengono per Minato spunti da cui trarre
una materia del tutto nuova, inusitata in un dramma per musica. Certo, nel
dramma la scienza e la filosofia sono assunte soltanto per dare una cornice
in­tellettuale all’opera: il sapere filosofico si pone come elemento posticcio,
co­munque assoggettato alle convenienze drammaturgiche.19
Riferimenti alla dottrina atomistica si ravvisano per esempio nell’ampia
scena v del second’atto, dove il filosofo indottrina Anassicrate, arconte di
Ate­ne, proprio in merito alla teoria degli atomi. Gli istituti formali adottati nel
dramma sono quelli collaudati da Minato nelle sue opere veneziane degli anni
‘60: a un pezzo chiuso (un’aria in due strofe polimetriche, con rima baciata
in chiusa) segue una lunga sezione dialogica in versi sciolti.20 La dottrina è
enun­ciata e dibattuta in forma di dialogo tra due interlocutori, il succitato
Anassicrate e lo stesso Epicuro. Quanto mai appropriato perciò è l’impiego
dello stile recitativo, in cui i versi sciolti tendono a riprodurre il ritmo del
par­lato. Nelle quaestiones poste dall’arconte spicca il tema del rapporto tra
microcosmo e macrocosmo; Epicuro replica argomentando intorno alla costi­
tu­zione della materia e del nulla, e affiorano altresì riflessioni circa la natura
della luce:
Epicuro  Non sia chi resista
a creder ch’il mondo
tutto consista
in atomi congiunti,
s’il tempo che ’l misura è sol di punti.
   Se forse v’adombra
vederlo sì grande,
mirate l’ombra
ch’a ricoprirlo basta:
come l’ombra, ch’è un nulla, è tanto vasta?
Anassicrate  Ma principii sì lievi
avrà sì nobil mole?
Epicuro  Non vien da picciol fonte

19
  È del 1647 un’opera capitale di Blaise Pascal, Expériences nouvelles touchant le vide, pub­
bli­cata a seguito degli esperimenti che gli permisero di dimostrare l’esistenza del vuoto sulla scia
del­le in­tuizioni di Evangelista Torricelli, e di sconfessare una volta per tutte il pensiero della fi­
sica ant­ica. Le sco­per­te della rivoluzione scientifica non dovettero lasciar indifferente Minato, che,
nell’argomento preposto all’opera, precisa: «Ebbe [Epicuro] varie opinioni di quelle che cade­ro­no
nella men­te de’ primi filo­sofanti quando ne’ principii delle specolazioni era imperfetta anco­ra la
co­gnizione del­le cose».
20
 Cf. Sara Elisa Stangalino, I drammi musicali di Nicolò Minato per Francesco Cavalli,
Bologna, Università degli Studi di Bologna, 2011 (tesi di dottorato in Musicologia e Beni musicali),
in particolare parte I, cap. 4: “La morfologia delle arie”.

— 261 —
sara elisa stangalino – nicola badolato

vastissimo torrente?
E da minuto seme
alta quercia non sorge?
La luce, a chi ben scorge,
è un incorporeo ente,
e pur anima gl’occhi,
colorisce gl’ogetti,
d’un atomo ell’è men, perch’egl’ha corpo.
Ell’è senza figura
e pur per tutto si dilata e spande.
Or, l’atomo che fia, s’il nulla è grande?
Anassicrate  Da granella sì lievi
uscir opre sì illustri?
Epicuro  Odimi, odimi attento.
Il non esser è meno
ch’esser atomo; dunque
il venir dal non esser è più strano
di quel che sia venir d’atomi lievi:
sì ch’è minor stupore
che dagl’atomi uscito il mondo sia,
che non è che sia ciò che non fu pria.
Così di te medesmo
stupir più tosto dei:
men d’un atomo fosti, e un rege or sei.
Anassicrate  Ammiro tua virtute.
Andiam. Di Teti in grembo
non cadrà ’l novo giorno
che dal Senato ti sarà permesso
poter negl’orti tuoi,
tra i più teneri fiori,
far germogliar de la virtù gl’allori.
(Gl’atomi d’Epicuro 2,5)

Cenni alla dottrina si ravvisano anche nell’atto primo, in particolare emergono


riferimenti alla qualità della materia, alla sua densità e rarefazione. Epicuro spiega
ad Anassicrate l’utilità degli studi filosofici grazie al procedere analogico:
Epicuro  D’Atene eccelso arconte.
Anassicrate  Che vuoi, saggio Epicuro?
Epicuro  Che permesso mi sia
d’aprire gl’orti miei
com’altrui l’academie ed i licei.
Anassicrate  Cercherò d’ottenerlo
dal Senato a tuo pro. Ma perché godi

— 262 —
epicuro all’opera!

ir rintraciando l’orme
de la materia informe,
de l’indistinto caos, degl’enti primi?
Son più proficui studi,
più sicure virtudi
di cittadi e di regni
andar in traccia, e con più fermo piede
filosofar quel che si tocca e vede.
Epicuro  Anassicrate, senti.
È d’atomi composto
quanto qua giù rimiri in varie forme,
quivi sono più rari, ivi più densi.
Folle sei, s’altro pensi.
Or di formiche nero stuolo osserva:
scorron l’estate i campi
e di predata messe i tetti angusti
a riempir intente:
una va, l’altra torna, a le più lente
altre porgono aita, altre dan fretta,
e con saggio governo
son poi proviste per l’algente inverno.
Or, che non s’arma Atene
e i loro erari a depredar non viene?
Anassicrate  Non sarebbe pazzia?
Epicuro  E tanto a punto è contro vaste mura
mover armi nemiche:
che tutti atomi son, città e formiche.
(Gl’atomi d’Epicuro 1,5)

3) Argomento e struttura del dramma


L’Argomento, tra i paratesti la sezione più articolata, ha la funzione di
in­trodurre il lettore al dramma, enunciandone la fabula e riferendo in bell’or­
di­ne gli antefatti necessari alla sua comprensione: all’at­to della recita teatrale
essi vengono invece dispensati secondo le esigenze, spes­so aggro­vigliate,
dell’intreccio.
A partire dal Xerse (1655), il suo primo dramma di successo, Minato
usa bipartire l’esposizione dell’Argomento: la prima sezione riporta ciò che
tramanda la storia, nella seconda il drammaturgo dichiara alcune delle trovate
impiegate per elaborare l’intreccio.
Di quello si ha dall’istoria
Epicuro, filosofo di setta agli stoici contraria, nacque in Atene. Con la colonia man­
data dagli ateniesi in Samo anch’egli colà si portò. Passò alcuni anni di sua adolescenza

— 263 —
sara elisa stangalino – nicola badolato

e gioventù in Mitilene ed in Lampsaco, indi ritornò in Atene mentr’eravi arconte


Anassicrate. Disse ch’il sommo bene consiste nella voluttà e, se bene egli l’intese con
onestà, nond‹i›meno gli stoici, presa ocasione dal nome di voluttà, detrassero, benché
ingiustamente, della sua fama. Ebbe varie opinioni di quelle che caderono nella mente
de’ primi filosofanti quando ne’ principii delle specolazioni era imperfetta ancora la
cognizione delle cose e, tra l’altre, ch’il mondo fosse d’Atomi composto.
Hæc & plura apud Laert.

Si finge
Che egli venga a chieder licenza dal Senato di Atene di poter aprire la sua scola
di filosofia negl’Orti a tal fine da lui comprati, e ciò col motivo che si ha, perché ciò
era proibito a ciascun filosofo senza la publica permissione.
Che Anassicrate si ritrovasse aver un figlio chiamato Focide e che, essendogli
nata una femina al tempo del cui parto mancò la genitrice, e si ebbe dagl’astrologi
che se prima degl’anni adulti si fosse allevata appresso il padre gli sarebbe avvenuto
grave sinistro, l’avesse perciò fatta nodrire in Mitilene appresso Firite, uomo saggio
e da sé dipendente.
Che in fascie fosse ella morta e che Firite, per timore dello sdegno di Anassicrate,
avesse finto essergli morta una sua bambina ch’aveva, ed avesse quella sostituita
all’estinta allevandola come figlia d’Anassicrate con il nome che quella ebbe, ch’era
stato Euleria.
Che, fatta adulta, venga in Atene con la sua nutrice, e che senta continuare nel
suo petto l’amore per Focide, di cui s’era accesa alcuni anni prima, quand’egli fu a
vederla in Mitilene, ma taccia l’amore, credendo esserli sorella.
In questo stato di cose si tesse il presente drama.

Lo svolgimento del dramma si articola essenzialmente in due filoni di per


sé eterogenei e autonomi; un intrigo di tipo amoroso (a) e una serie di dialoghi
filosofici (b). Il collegamento tra questi due nuclei, che tendenzialmente pro­
ce­do­no paralleli e giustapposti, è tenue. Da un lato essi sono annodati nella
figura dell’arconte Anassicrate: interlocutore del filosofo, è al contempo
genitore di Focide, protagonista maschile nel plot amoroso. Questo legame
og­gettivo si palesa soprattutto nello scioglimento del dramma, ma la dottrina
pro­pugnata da Epicuro ‘filtra’ talvolta al di fuori delle scene basate su dialoghi
filosofici (per esempio la prima scena del terz’atto, pur essendo riservata a
questioni di tipo amoroso, accoglie accenni alla dottrina atomistica; cf. sinossi
pp. 286-291, e tra­scrizione dei versi interessanti nel testo a p. 285).
Ecco un sunto dei due filoni: e si noti a colpo d’occhio il ben diverso svi­
lup­po che essi assumono.
(a) Focide, figlio di Anassicrate arconte di Atene, è amato – ma non è chiaro
in che misura egli lo sappia davvero – dalla principessa Euleria, ch’egli però
crede essergli sorella. Euleria ha lasciato Mitilene per approdare ad Atene con
l’intento di raggiungere finalmente il genitore da cui fu allontanata alla nascita a

— 264 —
epicuro all’opera!

causa delle funeste profezie di un oracolo. Soltanto più avanti si scoprirà che la
principessa Euleria era morta a Mitilene ancora in fasce, e Firite, l’uomo cui fu
affidata, per non incorrere nelle ire di Anassicrate aveva sostituito la propria figlia
alla principessa deceduta. Di Focide è innamorata anche Iblisca, principessa
ateniese a sua volta venerata da Ossinte, giovine che però ella disdegna. Euleria,
gelosa dell’amore – invero piuttosto tiepido – di Focide per Iblisca, macchina
un tranello per dimostrare a Iblisca la presunta infedeltà dell’amato. In seguito
a svariate peripezie i fatti si ribaltano: si scoprirà che Euleria e Focide non
hanno alcun legame di sangue. Nulla sembra ora impedire a Euleria d’unirsi
a Focide; il persistente tentennare del principe stanca Iblisca, inopinatamente
convertita all’amore del giovane Ossinte. Ma l’origine non nobile di Euleria osta
al matrimonio con Focide, e dunque al lieto fine. Giunge allora Epicuro il quale,
proprio come deus ex machina, scioglie il nodo intercedendo presso Anassicrate:
Euleria non ha nobili natali, ma non siamo forse tutti uguali? Non siamo forse
tutti formati da aggregazioni di atomi? Il provvidenziale intervento di Epicuro
consente la felice composizione delle coppie Focide-Euleria e Ossinte-Iblisca.
(b) Epicuro giunge in Atene per aprire la scuola negl’orti. Dialoghi con
Anassicrate.
Nel suo saggio sui Pazzi abderiti, dramma del 1675, Albert Gier propone
un modello analitico applicabile anche a Gl’Atomi d’Epicuro.21 Tale modello è
fondato sull’opposizione tra sezioni definite ‘sintagmatiche’, nelle quali l’a­zio­
ne procede con una certa qual speditezza e complessità (in questo caso si tratta
della vicenda amorosa (a), cf. sinossi, pp. 286 ss., quarta colonna), e sezioni
dal carattere più riflessivo, nelle quali l’azione ristagna, sezioni definibili ‘pa­
ra­digmatiche’ (vicenda (b), che coincide con le lunghe tirate dialogiche tra
Epicuro e Anassicrate; cf. sinossi, pp- 286 ss., quinta colonna).
Nelle scene di tipo paradigmatico la dottrina atomistica viene assunta
come modello analogico a sostegno della teoria degli affetti, in quanto l’amore
tra le coppie è concepito come effetto dell’attrazione indotta dal movimento
degli atomi.22
In tal caso l’insegnamento di Epicuro, oltre ad essere un pretesto per
moraleggiare divertendo ed esortare i cortigiani alla virtù, fa luce sulla logica
che sottende i rapporti umani-amorosi nella corte. Nell’affermare una basilare
uguaglianza tra gli uomini in ragione della loro comune ‘composizione’
corporea e animica, il testo è latore di un razionalismo materialistico in linea
con l’eredità del pensiero libertino.

  Gier, “Nicolò Minato,‘I pazzi Abderiti’” (cit. n. 15).


21

  Qui è lampante il riferimento a dottrine meccaniciste; l’uguaglianza tra gli uomini è garantita
22

da una innegabile realtà condivisa: la comune costituzione del corpo e dell’anima.

— 265 —
sara elisa stangalino – nicola badolato

Emblematici a tal proposito sono i versi nella scena dello scioglimento,


in particolare l’ultimo verso, probabilmente indirizzati ai cortigiani, se non
addirittura ai membri della famiglia reale:
Epicuro  Ne l’esser di Natura
non v’è disuguaglianza.
Bissi, porpore ed ori
son ornamenti esterni,
ma se meglio miriamo,
o sotto cenci od ostri, atomi siamo.
Neghi Focide a Euleria
perché inegual la credi?
Mira meglio i mortali:
nascono tutti nudi e tutti eguali.
Umile è sempre il ferro,
e trae la calamita anche dorato.
E noi forse pensiam di cangiar stato
per un vano decoro?
Atomi siam, benché coperti d’oro.
(Gl’atomi d’Epicuro, 3, scena ultima)

Il teatro d’opera del Seicento ama ricorrere a svariati espedienti per com­
plicare l’intreccio drammatico, la cui struttura consente di gestire con una
certa libertà una serie di convenzioni sceniche, topoi drammaturgici che
arricchiscono la nuda trama di intrighi e arrecano scompiglio nella vicenda,
diletto nella varietà.23 Minato ne fa ampio uso, fin dai suoi drammi veneziani.
La letteratura drammatica pullula di oggetti che favoriscono visivamente
sulla scena l’innescarsi di complicazioni:24 oggetti come lettere, per esempio,
recapitate a errati destinatari, o scritti il cui senso si presta a fraintendimenti,
sono tra le cause più frequenti d’equivoco. La parola scritta offre in questo

23
  La creazione di un genere teatrale in parte svincolato dalle norme aristoteliche è in linea
con le tendenze poetiche sostenute dagli accademici veneziani, in primo luogo dagli Incogniti. La
moderna drammaturgia si emancipa, i drammaturghi tendono a superare la precettistica antica
per voltarsi a una inaudita varietà di approcci e metodi finalizzati all’accrescimento dell’effetto
spettacolare. Cf. Renato Di Benedetto, “Poetiche e polemiche”, in Storia dell’opera italiana, a cura
di Lorenzo Bianconi, Giorgio Pestelli, vol. 6, “Teorie e tecniche, immagini e fantasmi” (Torino:
EDT, 1988), pp. 3-76; Alessandra Chiarelli – Angelo Pompilio, «Or vaghi or fieri». Cenni di
poetica nei libretti veneziani (circa 1640-1740) (Bologna: CLUEB, 2004); e Paolo Fabbri, Il secolo
cantante. Per una storia del libretto d’opera in Italia nel Seicento (Roma: Bulzoni, 2003), pp. 114 ss.
24
  Paolo Fabbri, Il secolo cantante (cit. n. 23), p. 191 ss. Per la funzione della lettera nella
drammaturgia musicale del secolo xvii si veda in particolare Beth L. Glixon, “The Letter as
Convention in Seventeenth-Century Venetian Opera”, in Critica musica: Essays in Honour of Paul
Brainard, edited by John Knowles (Amsterdam: Gordon and Breach, 1996), pp. 125-141.

— 266 —
epicuro all’opera!

senso copiose potenzialità: i personaggi interpretano i contenuti in base alla


carica informazionale assunta durante il corso della vicenda, un bagaglio di
conoscenze per propria natura parziale, perciò manchevole e imperfetto. Ne
Gl’Atomi d’Epicuro per esempio il rivelarsi dell’identità di Euleria è possibile
grazie alla comparsa di una lettera vergata dal padre Firite. Lo scritto
scivola tra le mani di diversi personaggi: Alea, ancella di Euleria, consegna
alla padrona il foglio rivelatore: la giovine non è figlia di Anassicrate, non
dunque sorella di Focide. Potrebbe allora divenire sua sposa, ma Focide,
una volta avuta la lettera dalle mani di Euleria, non la legge, e la consegna
a Iblisca. Entrambi sospettano che lo scritto riporti parole d’amore vergate
da Euleria per Focide. Iblisca, gelosa, consegna la lettera ad Anassicrate, il
quale, appresone il contenuto, la farà riconsegnare a Focide. Focide e Iblisca
leggono infine lo scritto e ne colgono finalmente la carica rivelatrice.
Un ulteriore topos risiede nel travestimento di uno dei personaggi, di solito
uno dei protagonisti, che sotto mentite spoglie raggiunge più facilmente gli
obiettivi prefissi.25 Se all’inizio del dramma Iblisca si traveste da paggio per
sorvegliare l’amato Focide, alla fine del second’atto Euleria, gelosa dell’amore
di Focide per la principessa, si vela il capo per non essere da lei riconosciuta
e per indurla a sospettare dell’infedeltà dell’amato. Quando Euleria avverte
l’approssimarsi di gente smorza il lume per fuggire da una porta segreta (2,11).26

25
 Cf. Fabbri, Il secolo cantante (cit. n. 23), p. 169 ss. Il travestimento è topos caro anche alla
drammaturgia del siglo de oro cf. Maria Grazia Profeti, Introduzione allo studio del teatro spagnolo
(Firenze: La Casa Usher, 1994), p. 170.
26
  La giovane che, velata, misteriosamente scompare per un andito segreto rinvia al dispositivo
scenico e drammatico centrale della Dama duende di Pedro Calderón de la Barca (1629), commedia
che ha dato luogo a numerose traduzioni e riscritture. Cf. Grazia Gori, “Fortuna italiana de
‘La dama duende’ nel Seicento”, in Commedia aurea spagnola e pubblico italiano, vol. 4, Spagna
e dintorni, a cura di Maria Grazia Profeti (Firenze: Alinea, 2000), pp. 61-104. Sulle traduzioni e
rifacimenti della Dama duende in Italia si veda in particolare il contributo di Carmen Marchante
Moralejo, “Calderón en Italia: traducciones, adaptaciones, falsas atribuciones y ‘scenari’”, in
Commedia aurea spagnola e pubblico italiano, vol. 2, Tradurre, riscrivere, mettere in scena, a cura di
Maria Grazia Profeti (Firenze: Alinea, 1996), pp. 17-64, pp. 30-35. Considerata la consuetudine
coltivata dalla casa imperiale con la drammaturgia teatrale spagnola intorno al 1670, è ipotizzabile
che Minato possa aver attinto alcune trovate da quel repertorio. La stessa imperatrice Margarita
era spagnola (il padre era Filippo iv di Spagna, la madre Marianna d’Austria), e la corte austriaca
fin dal 1666 è solita allestire feste di tipo spagnolo in suo onore: gli anni di punta sono quelli che
corrono dal 1667 al 1673. Ecco le principali pièces spagnole allestite nella corte austriaca: Amado y
aborrecido e Fineza contro fineza di Calderón (entrambe nel 1667), Aun vencido vence amor (1669) di
un autore altrimenti ignoto (Ximenes; musica forse di Draghi), Del mal lo menos di Antonio Folch
de Cardona (1671), La flecha de amor di autore sconosciuto (1672). Maria Grazia Profeti dimostra
però che in sostanza l’interesse dell’imperatore per il teatro spagnolo fu scarso: infatti, morta nel
1673 l’imperatrice Margarita, non si allestiranno più drammi spagnoli a corte. Cf. Maria Grazia
Profeti, “‘Primiero es la honra’ di Augustín Moreto con le musiche di Antonio Draghi”, in“Quel
novo Cario, quel divin Orfeo” (cit. n. 7), pp. 99-118, pp. 99-103.

— 267 —
sara elisa stangalino – nicola badolato

Ne Gl’Atomi d’Epicuro assume un certo rilievo una convenzione che pone


alle origini dell’intrigo una profezia annunciata da un oracolo, del cui con­te­
nuto lo spettatore è reso edotto se non altro dall’antefatto presentato nel­l’Ar­
go­mento.27 Euleria si allontana da Mitilene per raggiungere Atene poiché vuole
vedere il padre dal quale fu allontanata in fasce a causa delle infauste profezie
di un oracolo. Il ruolo dell’oracolo è dato per sottinteso fin dalla prima scena,
ed è reso manifesto allo spettatore nella scena ottava del primo atto:
Focide  Intendo a fé. Mia vita,
di gelosia discaccia ogn’ombra vana:
Euleria, ch’era meco, è mia germana.
Iblisca Germana?
Focide  Sì, qua giunta
di Mitilene, dove
fin da le fasce l’allevò Firite.
Iblisca Perché?
Focide  Perché nel parto
morì la genitrice,
ed a Fato infelice
esser sogetta minacciar le Stelle,
se pria degl’anni adulti
tratti i suoi giorni avesse
appresso il genitore.
(Gl’atomi d’Epicuro 1,8)

Per concludere: le convenzioni drammaturgiche impiegate da Minato


per tes­se­re l’intreccio del dramma rispondono perfettamente a schemi già

27
  Fabbri, Il secolo cantante (cit. n. 23), p. 89. Il topos è tra l’altro a fondamento di alcuni dram­
mi veneziani di Minato come L’Orimonte e Antioco. «Nel giorno dell’arivo del sudetto re di Media
in Assiria, per consue­tu­dine annua doveasi mandar un cavaliere a tentar la morte d’un serpe che in
certo bosco alla città vi­cino quella infestava, di cui correva oracolo che quando fosse rimasto uc­ciso si
sarebbe confir­mata a­micizia tra le corone di Media e d’Assiria. Nello stato di queste cose si dà prin­cipio
al drama» (L’Orimonte, Argomento). Analogamente in Antioco “si finge”: «Che dopo di ciò nascesse
a Tolomeo Berenice, della qua­le avesse avuto dagli oracoli che doveva sturbar le nozze tra Laodicea
ed Antioco. Che però Tolomeo, fatta allevar Berenice in una torre con concetto che fosse una schiava
presa in guerra, nominandola Erinta, allevò, in luoco di Berenice, Anassandra, figliola di Lincaste,
Satrape dell’Egitto, suo privato, con il quale il tutto partecipò, sì che crebbe Anassandra con nome di
Berenice, e Berenice, chiusa nella torre, mai da alcuno veduta, se non da chi permetteva Tolomeo, e
tutti la crederono Erinta» (Antioco, Argomento). Il tema della torre rimanda forse a uno dei drammi
più conosciuti del siglo de oro: La vida es sueño di Calderón (1635), che prende le mosse proprio
dalla reclusione del protagonista maschile nella torre-carcere. Ma il tema delle visite amorose notturne
potrebbe a sua volta rimandare a una comedia come La viuda valenciana di Lope de Vega (1620).
Nell’Antioco di Minato la torre è un carcere in cui la principessa Laodicea giace ogni notte, occultata
dalle tenebre della cella, con l’amante Stesicrate, il quale per questo ignora l’identità dell’amata.

— 268 —
epicuro all’opera!

collaudati nel pe­riodo veneziano, adattati a nuovi argomenti e per diverse


finalità. Emergono nondimeno alcune differenze: Gl’atomi d’Epicuro non è
sol­tan­to sensibilmente più breve dei drammi del periodo veneziano (i quali
con­tano tre atti con venti scene per atto a fronte delle sole dodici scene che
com­pongono ciascuno dei tre atti di questo drammetto viennese) ma è anche
tecnicamente meno articolato, non tanto per quel che concerne la struttura nel
suo complesso quanto per il minor numero dei topoi drammaturgici impiegati
e la maggior sveltezza nella loro gestione. Lo testimoniano proprio le scene
nelle quali Epicuro è implicato, nelle quali l’intrigo è pressoché assente.
Esse forniscono però all’intreccio principale la giustificazione filosofico-
ideologica, e in una certa misura anche quella drammatica: in primo luogo la
richiesta di apertura della scuola da parte del filosofo si configura come un
‘pretesto nel pretesto’: la domanda di apertura degli Orti consente lo svolgersi
di dialoghi pseudofilosofici, i quali non sono a loro volta che un pretesto
per dotare il dramma di una struttura dallo scheletro tanto più saldo, la cui
pregnanza è avvalorata dall’impiego di una auctoritas di indiscusso prestigio.
Secondariamente la dottrina atomistica fornisce a Focide l’‘alibi’ con cui
dimostrare la propria estraneità alla misteriosa vicenda della dama dileguatasi
alla fine del second’atto (2,10-3,1). Egli così placa infatti la gelosia d’Iblisca:
Focide  Oltre quel de’ tuoi lumi,
unico mio desio,
altro foco non arde il petto mio.
Iblisca  Così ancor mi favelli?
Pur udisti ch’udii,
pur vedesti ch’io vidi!
De la dama che sai gl’affetti e l’ire
dimmi, dimmi, che furo?
Focide  Atomi d’Epicuro
a caso congregati a danno mio,
che in nulla poi spariro.
(Gl’atomi d’Epicuro 3,1)

Non meraviglia perciò se il personaggio Epicuro sia infine ben lungi dal
configurarsi come protagonista, ma assuma la funzione a latere di aiutante o
‘fautore’,28 intercedendo presso l’arconte affinché questi dia il benestare alle
nozze dei due giovani.

  Rimando ai modelli di schematizzazione del testo drammatico proposti da Anne Ubersfeld,


28

“Le modèle actantiel au théâtre”, nel suo Lire le théâtre, vol. 1 (Paris: Belin, 1996), pp. 43-87.

— 269 —
Nicola Minato, Gl’Atomi di Epicuro
Intervenienti:
Epicuro
Anassicrate, arconte d’Atene    Cissello, servo d’Iblisca
Euleria, creduta sua figlia    Un paggio
Focide, suo figlio    Corteggio d’Anassicrate
Iblisca, prencipessa ateniese d’Euleria
Ossinte, prencipe d’Iblisca
Alea, rustica di Mitilene, nodrice d’Euleria di Focide

Sinossi delle scene:


Atto/ Mutazioni Sequenze Scene
scena sceniche

Prol. Felicità, Poesia, Musica, Orione, quattro raggi del Sole, voce del Sole
Scene sintagmatiche Scene paradigmatiche
ATTO PRIMO
sara elisa stangalino

I,1 Camere Affetto di Euleria per Foci- Focide siede sopra un letto, con­va­lescente. Eu­

— 270 —
de. Gelosia di Iblisca. le­ria ha lasciato Mitilene per venire in Atene,
«per conoscer la patria e il genitore amato» e
per vedere Focide.
I,2 Un paggio annuncia l’ar­rivo di una lettera per
Focide.
– nicola badolato

I,3 Iblisca, travestita da pag­gio, reca lo scritto a


Focide, che vede insieme ad Euleria. Iblisca
è gelosa, e pure Euleria, che non conosce il
contenuto dello scritto. Focide non legge.
I,4 Anassicrate s’accorge del­l’affetto di Euleria per
Focide, e mette in guardia la fanciulla: «Eule-
ria, Euleria, un’ombra | parmi veder per l’aria,
| che mi rende essitante. | Avverti, sei sorella,
e non amante!».
Atto/ Mutazioni Sequenze Scene
scena sceniche

I,5 Cortile Gelosia di Iblisca e di Eu­leria. Epicuro «O stoica stupidità, | vieni, rimira; |
Menzogna di Euleria. Arrivo qui tutto spira | giocondità». Epicuro doman-
di Epicuro. da ad Anassicrate il permesso di aprire la scuo-
la; spiega i principii della sua filosofia. «[…]
che tutti atomi son, città e formiche».

I,6 Iblisca crede Focide infedele e ne è gelosa.

I,7 Ossinte è in ambasce amorose per Iblisca. Ella


lo rifiuta.

I,8 Iblisca accusa Focide d’in­fedeltà, ma egli la ras-


sicura: Euleria non è sua amante, bensì sua
sorella, alla quale soltanto ora, a causa delle
antiche profezie di un oracolo, è concesso ve-
nire in Atene per incontrare il genitore.

— 271 —
epicuro all’opera!

I,9 Euleria, gelosa, insinua in Iblisca il dubbio


che Focide ami un’altra giovine.

I,10 Alea narra di essere stata incaricata da Firi-


te – affidatario di Euleria – di consegnare alla
fanciulla uno scritto nel terzo giorno dal suo
arrivo in Atene.

I,11 Epicuro e Anassicrate dialogano: «Il poter è


virtù, non violenza». Chi usa la forza per op-
primere non è uomo di potere, ma uomo vio-
lento.

I,12* Danza dei due comici Alea e Cissello.


Atto/ Mutazioni Sequenze Scene
scena sceniche

ATTO SECONDO

II,1 Logge Inganno di Euleria. Epicu- Ossinte implora l’amore di Iblisca, ma l’affet-
ro espone la dottrina degli to della fanciulla è tutto per Focide.
atomi.
II,2 Focide rassicura Iblisca della sua fedeltà: Eu-
leria mente.

II,3 Euleria insiste: Iblisca potrà assistere di lì a


poco all’incontro tra Focide e una fanciulla
misteriosa.
II,4 Euleria languisce delle proprie meschinità:
«L’acque intorbido altrui ch’io ber non posso».
sara elisa stangalino

II,5 Epicuro espone ad Anassicrate la dottrina

— 272 —
degli atomi. «Non vien da picciol fonte | va-
stissimo tor­rente?» In breve a Epicuro sarà
concesso di aprire la scuola agli Orti.

II,6 Cissello canzona Ossinte.


– nicola badolato

II,7* Alea canzona Cissello.

II,8 Fattasi not­ Imbroglio di Euleria. Nella stanza attigua a quella di Euleria Iblisca
te. Stan­ze attende di vedere la giovane.

II,9 Arriva Euleria con altre vesti e, sorpresa da


Iblisca, viene da questa interrogata. In quella
giunge […]
Atto/ Mutazioni Sequenze Scene
scena sceniche

II,10 … Focide, il quale nega di amare altra fan-


ciulla e tenta di scoprire l’identità della don-
na travestita. Euleria, velata, afferra la spada
di Focide per impedirgli di avvicinarsi.

II,11 Giunge Anassicrate. Euleria cede la spada a


Focide e smorza il lume per poi fuggire da una
porta segreta.

II,12* Euleria torna col lume nelle sue vesti usuali.


Tutti partono a cercare la misteriosa fanciulla
che sembra scomparsa nel nulla.
I paggi brucicchiano Cissello con le torce.

ATTO III

— 273 —
III,1 Portici Rivelazione della lettera di Iblisca interroga Focide sull’identità della
Firite. dama dileguatasi. «Atomi d’Epicuro», replica
epicuro all’opera!

egli, «a caso congregati a danno mio, | che in


nulla poi spariro».

III,2 Iblisca confida a Euleria di credere nella fe-


deltà di Focide.

III,3 Alea consegna a Euleria la lettera di Firite.


Euleria legge tra sé, sviene, poi, ripresi i sensi,
congeda Alea. La fanciulla commenta esalta-
ta quanto ha appena letto: il foglio rivela che
ella non è figlia di Anassicrate, dunque non
sorella di Focide. Può dunque divenire sua
sposa.
Atto/ Mutazioni Sequenze Scene
scena sceniche

III,4 Anassicrate accorda a Epicuro il permesso


di aprire la scuola. Anassicrate è sul punto
di muover guerra all’Asia. Epicuro lo am-
monisce: «Non ben ti persuadi: | credimi,
tu confondi | de le cose l’essenza; | e quel
ch’è crudeltà chiami potenza».

III,5 Ossinte sospira per Iblisca.


III,6 Euleria dichiara a Focide il proprio amore,
palesa l’imbroglio ordito la notte precedente,
gli mostra la lettera avuta da Alea, e parte.

III,7 Iblisca insiste per leggere il foglio. Focide, che


non l’ha ancora letto, glielo cede: entrambi
immaginano sia una lettera d’amore vergata
sara elisa stangalino

da Euleria. Iblisca non legge ma,…

— 274 —
III,8 … irata, porge la lettera ad Anassicrate che
l’apre e apprende la vera identità di Euleria.
Anassicrate sigilla il foglio, lo ridà a Iblisca
perché lo riconsegni a Focide.

III,9 Sala Scioglimento: l’identità di Focide è in ambasce per l’amore incestuoso


– nicola badolato

Euleria è rivelata. che Euleria nutre per lui.

III,10 Focide e Iblisca leggono la lettera.

III,11 Focide è confuso, e il suo tentennare induce


Iblisca a risolversi: ella non amerà chi non è
certo del proprio amore. Dunque sceglie di
cedere Focide a Euleria e di ricambiare l’amo-
re di Ossinte.
Atto/ Mutazioni Sequenze Scene
scena sceniche

scena Epicuro riconosce Euleria, già vista a Mitilene con Firite. Anassicrate non approva le nozze
ultima tra Focide e Euleria perché non sono pari di nascita. Epicuro sfoggia una tirata sull’ugua-
glianza degli uomini, e così facendo innesca il lieto fine schierandosi dalla parte della coppia:
«Mira meglio i mortali, | nascono tutti nudi e tutti eguali; | umile è sempre il ferro | e trae la
calamita anche dorato. […] Atomi siam, benché coperti d’oro».
Segue balletto […] in lode alla maestà di Leopoldo.

Il sottolineato indica le convenzioni drammaturgiche.


L’asterisco [*] le scene comiche.

— 275 —
epicuro all’opera!
sara elisa stangalino – nicola badolato

B) Un filosofo all’Opéra-Comique: Épicure di Demoustier e Cherubini-


Méhul (Parigi, 1800)

L’interesse per la cultura filosofica antica che fin dal primo Cinquecento
gli umanisti coltivarono attraverso la riscoperta e il recupero, in forma di
tra­du­zione e riscrittura, delle opere scientifiche dei classici greci e latini
persiste an­cora nel Seicento e per tutto il Settecento. Fra gli argomenti
più largamente di­battuti prevalgono le dispute sull’atomismo, diffuse in
particolar modo in Italia e in Francia tra pensatori illustri come Galileo
Galilei (1564-1642),29 Ales­sandro Marchetti (1633-1714),30 e soprattutto
Pierre Gassendi (1592-1655),31 la cui reinterpretazione del meccanicismo
atomistico alla luce di un fi­nalismo provvidenziale ebbe vasta eco in tutta
Europa.
Al centro della cultura libertina del primo Seicento troviamo ancora la
riscoperta delle filosofie antiche che si erano applicate all’analisi della con­di­zio­ne
umana e dei rapporti profondi tra ragione e istinto, tra teoria e azione. In àmbito
morale, il libertinismo secentesco rivaluta non solo la filosofia ma­terialista di
Democrito e Lucrezio (a cui anche Molière aveva dedicato una traduzione oggi

29
  L’interpretazione galileiana della dottrina atomistica democritea è affrontata nei Discorsi e
dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti la meccanica ed i movimenti locali
(Leida: Elsevirii, 1638). Cf. Francesco Iovine, Galileo e la Nuova Scienza (Firenze: La Nuova Italia,
1987); Michele Camerota, Galileo Galilei e la cultura scientifica nell’età della controriforma (Roma:
Salerno, 2004); Andrea Battistini, Galileo (Bologna: il Mulino, 2011).
30
  La fama di Alessandro Marchetti è legata soprattutto alla prima traduzione italiana del
De rerum natura di Tito Lucrezio Caro da lui avviata nel 1664 e conclusa nel 1668. Al di là dei
contenuti filosofici e scientifici, centrali per la riflessione coeva sulle dottrine epicuree, l’opera è
con­siderata fra gli esiti illustri della poesia scientifica italiana. Della traduzione, che ebbe vasta
cir­colazione in forma manoscritta – la prima edizione a stampa è quella londinese di Pickard,
1717 –, esistono varie redazioni: nel 1884 il Carducci ne curò un’edizione pubblicata a Firenze
presso l’editore Barbèra. Nei suoi elogi a Pierre Gassendi, il Marchetti definisce il significato
profondo da at­tribuire all’opera di Lucrezio: manifesto di una sintesi culturale rivoluzionaria, in
grado di col­le­gare la nuova scienza dei moderni con la tradizione materialistica antica. Cf. Mario
Saccenti, “Il manifesto galileiano di Alessandro Marchetti”, Lettere Italiane, 1965, 18: 407-419;
Nicola Badaloni, “Intorno alla filosofia di Alessandro Marchetti”, Belfagor, 1968, 23: 283-316;
Pier Carlo Masini, Lucrezio e Alessandro Marchetti (Firenze: Libreria Antiquaria Palatina, 2008);
Gustavo Costa, Epicureismo e pederastia: il Lucrezio e l’Anacreonte di Alessandro Marchetti
secondo il Sant’Uffizio (Firenze: Olschki, 2012).
31
 Gli opera omnia di Gassendi sono pubblicati nel 1658 in sei volumi a cura di Henri-Louis
Habert de Montmor. Si vedano almeno gli studi seguenti: Antonina Alberti, Sensazione e realtà.
Epicuro e Gassendi (Firenze: Olschki, 1988); Saul Fisher, Pierre Gassendi’s Philosophy and Science
(Leiden-Boston: Brill, 2005); Lynn Sumida Joy, Gassendi the Atomist: Advocate of History in an Age
of Science (New York: Cambridge UP, 1987); Antonia Lolordo, Pierre Gassendi and the Birth of
Early Modern Philosophy (New York: Cambridge UP, 2006).

— 276 —
epicuro all’opera!

perduta),32 ma anche l’Epicuro ciceroniano del De na­tura deo­rum e i testi


scettici di Sesto Empirico, le nozioni sulla natura e sugli animali provenienti
da Plinio e Plutarco, le lezioni erudite derivanti da Diodoro Siculo e Diogene
Laerzio.33
Ancora in pieno Settecento gli intellettuali e i poeti illuministi si associano,
almeno in parte, a simili forme di pensiero e concetti filosofici. Su tutti, gli
echi della filosofia di Epicuro nell’illustrazione, difesa e rilettura che a metà
Seicento ne aveva dato Gassendi in senso morale e cristiano si protraggono in
Francia per buona parte del secolo successivo fondendosi, dopo gli anni ’50,
con la ‘moda della mitologia’ tipica del neoclassicismo e con l’attenzione con
cui la letteratura e le arti figurative rivalutano e ripropongono moduli ed ele­
menti propri della cultura antica greco-romana.34 Un esempio concreto di tale
processo si ha con la pubblicazione del trattato La morale d’Épicure tirée de
ses propres écrits (Paris: Desaint & Saillant, 1758) dell’abate Charles Batteux
(1713-1780), professore di filosofia greca e latina nel Collège Royal de France
e nell’Académie Royale des Inscriptions et Belles-Lettres.35 Questo lavoro
con­tribuì assai efficacemente alla diffusione di una più esatta conoscenza del
pen­siero del filosofo greco, ancora una volta sulla scorta delle riflessioni di
Gas­sendi («J’aurai pour guide principal dans mon travail le sage Gassendi,
qu’on ne soupçonnera pas de m’avoir donné des impressions contraires à la
droiture et à l’équite», p. 10) volte in ottica moralizzatrice e cristiana («Épi­
cure […] admis les atômes; mais c’est Dieu qui les a crées», p. 12).

32
  Si vedano a tal proposito le considerazioni di Olivier René Bloch, “Molière metteur
en scène de la libre pensée”, in Libertinage et philosophie au XVIIe siècle, vol. 1 (Saint-Étienne:
Publications de l’Université de Saint-Étienne, 1996), pp. 111-124.
33
  Su queste riflessioni cf. Gerhard Schneider, Il libertino. Per una storia sociale della cultura
borghese nel XVI e XVII secolo (Bologna: il Mulino, 1974); Tullio Gregory, “Il libertinismo della
prima metà del Seicento”, in Ricerche su letteratura libertina e letteratura clandestina nel Seicento, Atti
del convegno di Genova, 30 ottobre-1° novembre 1980 (Firenze: La Nuova Italia, 1981), pp. 3-47;
Alessandro Metlica, “Libertini e libertinismo tra Francia e Italia”, Intersezioni, 2013, 33: 25-44.
34
  Cf. Howard Jones, The Epicurean Tradition (London-New York: Routledge, 1992), trad. it.
La tradizione epicurea. Atomismo e materialismo dall’antichità all’età moderna (Genova: ECIG, 1999),
pp. 207-229 (“La rinascenza francese”) e pp. 231-262 (“Epicurus Britannicus”); Roma triumphans?
L’attualità dell’antico nella Francia del Settecento, a cura di Letizia Norci Cagiano (Roma: Edizioni
di Storia e Letteratura, 2007); Alvaro Barbieri, Il mito classico nella letteratura francese, in Il mito
nella letteratura italiana, vol. 3, Dal Neoclassicismo al Romanticismo, a cura di Raffaella Bertazzoli
(Brescia: Morcelliana, 2009), pp. 155-200.
35
  Tra le opere principali di Batteux ricordiamo il trattato di poetica Les Beaux-Arts réduits à un
même principe (Paris: Durand, 1746), il Cours de belles lettres (Paris: Desaint & Saillant & Durand,
1753), i Principes de la littérature (Paris: Le Breton, 1773). Tra gli scritti filosofici, oltre al trattato su
Epicuro, ricordiamo l’Histoire des causes premières (Paris: Saillant, 1769).

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Su questa stessa linea ideologica si colloca anche l’opera del francese


Charles-Albert Demoustier (1760-1801).36 Giurista di formazione, attivo dap­
prima come avvocato, ben presto decide di dedicarsi alla letteratura. Scrit­tore
assai prolifico, è noto soprattutto come drammaturgo: numerose e spesso molto
fortunate le sue opere teatrali, fra le quali ricordiamo almeno Le Conciliateur
ou L’Homme aimable (1791); Le Tolérant ou La Tolérance morale et religieuse
(1795); Les femmes (1793).37 L’esordio letterario di Demoustier risale invero
al 1786 con la pubblicazione della prima parte delle Lettres à Émilie sur la
mythologie, fortunatissimo prosimetro in sei volumi concepito in forma
epistolare e terminato nel 1798 con la stampa della sesta parte.38 Nelle Lettres
à Émilie Demoustier raccoglie una serie di ‘lezioni’ indirizzate a una giovane
allieva, strutturate in forma di chiosa e commento a episodi del mito classico (le
divinità pre-olimpiche nelle lettere II e III, Giove e gli dèi olimpici nella IV e V,
gli amori tra Venere e Marte nella VI, e così via) o a massime di letterati e filosofi
greco-romani (Omero, Orazio, Ovidio).
La riflessione sull’antico ritorna anche in un altro lavoro (postumo) di
argomento segnatamente filosofico: il Cours de morale stampato a Parigi da
Antoine-Auguste Renouard nel 1804. Questo trattato è concepito, al pari delle
Lettres à Émilie, come strumento didattico per «l’instruction des femmes», e
viene ripartito in due distinti tomi.39 Nel primo tomo, suddiviso in due parti,
Demoustier sintetizza le dottrine filosofiche di dieci pensatori antichi: Talete
(pp. 13-34), Solone (pp. 35-59), Socrate (pp. 60-109), Antistene (pp. 110-125),

36
  Nato a Villerts-Cotterêts il 13 marzo 1760, Demoustier si proclamava discendente da Racine
per parte di padre e da La Fontaine per parte di madre (la notizia è riportata in tutti gli scritti,
peraltro non abbondanti, sulla vita e l’opera di Demoustier). Morì a Parigi il 2 marzo 1801, di
tubercolosi polmonare. Cf. “Charles-Albert Demoustier. Sa vie et ses œuvres”, Bulletin de la Société
Archéologique, Historique et Scientifique de Soissons, 1887, 12: 1-100 (una vera e propria monografia
sull’autore), e la “Notice sur Demoustier”, La décade philosophique, littéraire et politique, 1803, 8.2:
559-564.
37
  Oltre ai titoli citati, una parte cospicua della sua produzione teatrale è raccolta nel Théâtre
de Ch. A. Demoustiers (Paris: A.-A. Renouard, 1804).
38
  La prima edizione del volume inaugurale delle Lettres à Émilie sur la mythologie (Paris:
Garnier, 1786) fu seguita da numerose ristampe parigine lungo tutto il corso dell’Ottocento: Tenré,
1820 (I e II tomo); Bureau des Éditeurs, 1830 (I tomo); Librairie des Bibliophiles, 1833 (tomo II);
Langlois, 1835 (I e II tomo). Se ne registrano anche alcune traduzioni italiane: Domenico Rossetti,
La nascita d’amore. Lettera ad Emilia di C.A.D. (Parma: Luigi Mussi, 1806); Angelo Maria Ricci,
Lettere ad Emilia sulla mitologia. Libera imitazione di Demoustier (Livorno: Glauco Masi, 1821).
39
  Così nell’«Avis de l’éditeur» in apertura del volume citato (p. 1): «Charles-Albert Demoustier,
non moins recommandable par la pureté de ses mœurs, qu’ami zélé d’un sexe auquel la nature même
sembloit l’avoir attaché par des rapports sympathiques, je veux dire, par la délicatesse de son esprit
et l’aménité de son caractère, avoit ouvert une espèce de Cours de morale, principalement destiné à
l’instruction des femmes».

— 278 —
epicuro all’opera!

Aristippo (pp. 126-150), Platone (pp. 163-197), Diogene (pp. 198-219),


Cra­te­te e Zenone (pp. 220-267), ed Epicuro (pp. 268-311). In particolare,
del pen­siero epicureo Demoustier fornisce una visione ‘moralizzata’: il filo­
so­fo av­versato dai pensatori cristiani in quanto sostenitore della voluptas
come prin­cipale istinto dell’uomo (e dunque fonte di corruzione), viene
qui dipinto come un intellettuale amabile dell’Attica che predica il piacere
vir­tuoso, inteso come «sentiment sublime» e «pure émanation du ciel, qui
descendant sur la terre, pénètre nos sens, enivre notre cœur, gonfle notre
poitrine oppressée d’un bonheur qu’elle ne peut contenir» (p. 268).40 Anche
gli amori lussuriosi di Epicuro con la giovane etèra Leonzio (tanto criticati
già nell’antichità: secondo Cicerone, quello di Epicuro era un «giardino di
piacere, dove i discepoli languivano in mezzo a raffinati godimenti») sono al
contrario ricondotti a ben più casti sodalizi:
Il existoit à Athènes une femme célèbre qui, réunissant les talens les plus
aimables aux dons les plus parfaits de la nature, avoit rendu tous les Athéniens
esclaves et tributaires de ses charmes. On la nommoit Leontium […]. Lasse enfin de
demander vainement le bonheur aux amours, Leontium, pour l’obtenir, eut recours
à la philosophie. Elle écrivit à Épicure qu’elle desiroit se rendre chez lui. Épicure se
rendit chez elle (pp. 287-288).

Simili tematiche e riflessioni di àmbito filosofico si possono ritrovare


anche nella produzione teatrale di Demoustier, e in modo particolare nel suo
Épicure (1800), libretto confezionato per essere messo in musica sotto forma di
opéra-comique da due dei maggiori compositori attivi in Francia a fine secolo:
Luigi Cherubini (1760-1842) ed Étienne-Nicolas Méhul (1763-1817).41 Teatro
d’opera e indagine speculativa sembrano trovare nell’Épicure un territorio
d’intersezione, uno spazio di commistione che riporta sul palcoscenico il
filosofo di Samo, più di un secolo dopo la sua prima apparizione a Vienna
con Gl’atomi di Epicuro di Nicolò Minato e Antonio Draghi (1672).42
Se ferventi furono i dibattiti filosofici dell’ultimo Settecento francese, di cui
non è possibile in questa sede render conto in maniera esauriente, altrettanto
vivace furono l’attività teatrale e operistica (concentrata soprattutto a Parigi)

40
  Per questa visione del pensiero di Epicuro anche Demoustier, come il suo predecessore
Batteux, si rifà a Gassendi, cui assegna il merito di aver ricondotto alla ‘purezza originaria’ la
dottrina epicurea (p. 307).
41
  Il drammaturgo non era peraltro nuovo a questo genere di scrittura teatrale, avendo già
all’attivo almeno altri due lavori precedenti: Apelle et Campaspe (1798, musica di André-Frédéric
Eler) e L’amour filial (1792, musica di Pierre Gaveaux).
42
  Si veda il contributo di Sara Elisa Stangalino qui alle pp. 272-291.

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sara elisa stangalino – nicola badolato

e le relative teorizzazioni estetiche. Tra gli scritti più significativi e influenti in


tal senso, ricordiamo l’esteso saggio di Beaumarchais (1732-1799), stampato
come introduzione al suo Tarare (1784),43 in cui il drammaturgo dichiara
apertamente l’intenzione di creare un ‘genere misto’ di spettacolo operistico
che accolga nel tessuto drammatico scene comiche, satiriche, eroiche e filo­
so­fiche.44 Negli ultimi anni del Sette e nei primi dell’Ottocento, come del
resto nell’arco della maggior parte della storia francese, al teatro fu inoltre
accordato dal governo un posto di rilievo nella politica culturale, e assunse
un compito fondamentale nel sistema educativo pubblico e nella formazione
mo­rale e politica dei citta­dini, che nel teatro potevano celebrare i pochi eroi
repubblicani (Bruto, Guillaume Tell), i progenitori della Rivoluzione (Rous­
seau, Voltaire, Marat) e i principali eventi della storia recente (la presa della
Bastiglia, la conquista di Tolone). Il teatro diviene insomma una sorta di culto
cittadino, nazionale e laico, in forme peraltro già enunciate nelle riflessioni di
Denis Diderot, Louis-Sébastien Mercier e Jean-Jacques Rousseau.45
Furono in particolar modo i musicisti italiani stabilitisi a Parigi a fine
Sette e a inizio Ottocento (Piccinni, Sacchini, Salieri, Cherubini, Spontini) a
promuovere un forte rinnovamento del teatro d’opera francese, la cui ‘rina­

43
 L’opéra di Beaumarchais fu messo in musica da Antonio Salieri e rappresentato nel Théâtre
de la Porte Saint-Martin l’8 giugno 1787. Lo stesso dramma fu poi rielaborato da Lorenzo da Ponte
per lo stesso Salieri nell’Axur, re d’Ormus rappresentato a Vienna nel gennaio 1788.
44
  Per il contenuto ideologico (l’intreccio, ambientato in Asia, poggia interamente sull’oppo-
sizione tra un sovrano potente ma crudele e un suddito virtuoso e felice nei suoi affetti privati), il
ricorso a episodi spettacolari e l’intensificazione di elementi patetici e sentimentali, Tarare contiene
in nuce alcuni elementi che saranno poi ripresi nell’opera romantica del pieno Ottocento. Cf.
William D. Howarth, Beaumarchais and the Theatre (New York: Routledge, 1995).
45
 Durante il decennio della Rivoluzione e il successivo periodo napoleonico il linguaggio
tea­trale in genere, e quello operistico in particolare, si arricchì notevolmente sul piano tanto let­
terario quanto musicale. Nell’intento di sfruttare le arti per fini politici e propagandistici, le au­torità
rivoluzionarie incoraggiarono in particolare l’impiego della musica nei grandi spettacoli all’aperto
e nei teatri, dove venivano spesso inscenati soggetti ispirati agli ideali patriottici o che mettessero
in evidenza la dignità dell’uomo indipendentemente dal ceto sociale d’appartenenza. Si prediligono
dapprima opere basate sulla storia francese, poi su argomenti di derivazione classica, quasi a voler
prendere le distanze dalla monarchia e a voler nel contempo rappresentare le origini e il modello
della repubblica francese nelle corrispondenti forme politiche antiche. Per un pa­norama generale
si veda il saggio di Elio Franzini, Il teatro, la festa e la rivoluzione. Su Rousseau e gli enciclopedisti
(Palermo: Aesthetica, 2002). Il rinnovamento nei costumi, nell’architettura, nella pittura avviene
soprattutto sul modello romano antico: Jacques-Louis David, il noto pittore neoclassico, svolse un
ruolo decisivo anche nell’organizzazione di feste rivoluzionarie e negli alle­sti­menti teatrali, dipinse
un nuovo sipario per l’Opéra in cui tra l’esecuzione capitale dei tiranni e i martiri della libertà
era rappresentato un ‘trionfo del popolo francese’. Si vedano a tal proposito al­meno i seguenti
contributi: Laura Malvone, “L’Évènement politique en peinture. À propos du Marat de David”,
Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée, 1994, 106: 33-54; Régis Michel –
Marie Catherine Sahut, David. L’art et la Politique (Paris: Découvertes Gallimard, 1988).

— 280 —
epicuro all’opera!

scita’ era stata anticipata da una maturazione dello stile letterario e musicale
dell’opéra-comique. Strutturato secondo un’alternanza di parti cantate (arie,
duetti, cori), dialoghi parlati senza accompagnamento musicale e mélodrames
(melologhi, ossia scene mimate e recitate in concomitanza, o a rotazione,
con la musica), l’opéra-comique aveva avuto un grande sviluppo soprattutto
a partire dagli anni ’70, grazie a Romualdo Duni (1708-1775), François-
André Danican Philidor (1726-1795) e Pierre-Alexandre Monsigny (1729-
1817).46 Sul finire del secolo, il nuovo genere divenne lo strumento espressivo
privilegiato per veicolare messaggi di carattere politico, sociale, morale e –
come vedremo – filosofico.47
Negli anni più significativi nella storia dell’opéra-comique si stabilisce a
Parigi Luigi Cherubini.48 Nato a Firenze nel settembre 1760 in una famiglia di
musicisti (il padre è ‘maestro al cembalo’ nel Teatro della Pergola), si avvicina
alla composizione operistica attraverso Giuseppe Sarti, col quale lavora a
Bologna e Milano tra il 1778 e il 1780. Nel 1784 lascia l’Italia, dapprima per
Londra, poi per Parigi, dove nel 1788 esordisce all’Opéra col Démophoon.
Il decennio 1790-1800 è senza dubbio il più felice per Cherubini: collabora
con la banda repubblicana di Sarrette, compone inni e marce, riceve incarichi
uffi­ciali, mette in scena al Feydeau quattro importanti lavori, che lo assurgono
all’Olimpo dei compositori di Parigi: Lodoïska (1791), Éliza (1794), Médée

46
 Cf. Lo spettacolo nella Rivoluzione francese, Atti del Congresso internazionale di Milano,
4-6 maggio 1989, a cura di Paolo Bosisio (Roma: Bulzoni, 1989); Giuseppe Radicchio – Michel
Sajous D’Oria, Parigi: i teatri negli anni della Rivoluzione (Milano: Electa, 1989). Dagli anni della
Rivoluzione e dell’Impero Parigi dispone di tre principali organismi teatrali che occupano sale
diverse (con trasferimenti frequenti in nuove sedi), e che hanno la responsabilità di tre tipologie
principali di spettacolo: (1) il Théâtre de l’Opéra, finanziato dal governo nazionale, rappresenta
l’opera seria integralmente cantata e il balletto; possiede un’orchestra numerosa e cori formati da
molti elementi, ampie risorse sceniche e un eccellente corpo di ballo; (2) il Théâtre de l’Opéra-
Comique mette in scena tutta la gamma delle opere francesi che impiegano, oltre al canto, anche il
dialogo parlato; negli anni occupò sale diverse (Feydeau, Favart e Ventadour); (3) il Théâtre Italien
(dal 1801) che accoglie l’opera italiana cantata in italiano ed è luogo d’incontro per i ceti intellettuali
e altolocati; tra i musicisti italiani che ne tennero la direzione figurano Gaspare Spontini (1810-
1812), la cantante Angelica Catalani (1814-1815), Ferdinando Paer (1815-1824 e 1826-1827) e
Gioachino Rossini (1824-1826).
47
 Per un panorama sull’opera in Francia sul finire del Sette e il primo Ottocento si veda
Herbert Schneider, Il teatro musicale da Rameau al 1830, in Musica in scena, vol. 2, Gli italiani
all’estero. L’opera in Italia e in Francia, a cura di Alberto Basso (Torino: UTET, 1996), pp. 537-610.
48
  Dell’ampia bibliografia su Luigi Cherubini segnaliamo qui almeno i seguenti titoli: Luigi
Cherubini nel II centenario della nascita: contributo alla conoscenza della vita e dell’opera, a cura di
Adelmo Damerini (Firenze: Olschki, 1962); Basil Deane, Cherubini (London: Oxford UP, 1965);
Vittorio Della Croce, Cherubini e i musicisti italiani del suo tempo (Torino: EDA, 1983); Stephen
Charles Willis, Luigi Cherubini: A Study of his Life and Dramatic Music, 1795-1815 (Ann Arbor:
UMI, 1984).

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sara elisa stangalino – nicola badolato

(1797) e Les Deux journées (1800). L’apice della sua drammaturgia arriva
con Médée, da Euripide, un’opéra-comique che farà epoca nella storia del
teatro d’opera. Dopo il 1800 inizia per Cherubini un periodo più difficile:
in contrasto con l’ideologia artistica napoleonica, concentra la sua attività
musicale soprattutto sull’insegnamento in Conservatorio e cerca di lanciare
le sue opere ‘rivoluzionarie’ in Germania e in Austria. Nel 1803 presenta
Anacréon ou L’amour fugitif all’Opéra: l’opera non riscuote un gran successo,
in primis per l’argomento, scevro da qualsiasi eroismo, ma soprattutto per
ra­gioni strutturali della musica: troppo sinfonica l’ouverture, troppo grevi
i recitativi, troppo simili tra loro i pezzi musicali, scarse le idee melodiche
pregnanti.
Accanto all’italiano Cherubini, l’altro importante autore di opéras-comi­
ques fu il francese Étienne-Nicolas Méhul. Organista di formazione e con solidi
interessi per la musica strumentale, arriva al teatro sulla scia di Gluck, dal quale
fu incoraggiato a intraprendere la carriera di operista. Nel gruppo dei musicisti
rivoluzionari, è quello che più d’ogni altro condivide il nuovo corso repubblicano.
Nel 1793 fu nominato ispettore per la musica nel neonato Conservatoire National
Supérieur de Musique et de Danse di Parigi. Dopo aver pubblicato una raccolta di
sei Sonate per cembalo (1783) si impone al teatro Favart con Euphrosine et Corradin
(1790), poi con la Stratonice (1792) e Le jeune Henry (1797).49

Tra i lavori teatrali dei due musicisti qui sopra sommariamente introdotti,
come s’è detto, compare anche l’Épicure di Charles-Albert Demoustier, rap­
pre­sentato nel Théâtre Favart di Parigi il 14 marzo 1800 in forma di opéra-
comi­que; i tre atti furono composti a quattro mani da Cherubini e Méhul,
autori l’uno del primo e l’altro del second’atto, e coautori del terzo. Tanto
sul piano musicale quanto su quello della scrittura drammatica, Épicure è
oggi pressoché ingiudicabile, essendosene perduti sia il libretto sia la quasi
totalità della partitura, di cui restano soltanto otto brani in tutto, di mano
di Cherubini: i primi quattro numeri del prim’atto (1-4), due del terzo (8 e
10, quest’ultimo con due appendici che registrano alcune variazioni alla pri­
ma stesura), oltre all’ouverture.50 La tabella qui di seguito riporta l’elenco

49
  Su Méhul si vedano Arthur Pougin, Méhul: sa vie, son génie, son caractère (Genève: Minkoff,
1973); Mary Elizabeth Caroline Bartlet, Étienne-Nicolas Méhul and Opera: Source and Archival
Studies of Lyric Theatre during the French Revolution, Consulate and Empire (Weinsberg: Musik-
Edition Lucie Galland, 1999).
50
  Gli autografi di Cherubini sono conservati a Brunswick, Stadtarchiv und Stadtbibliothek
(Mus. Ms. Autogr. Cherubini, n. 125). Un’edizione moderna dell’ouverture dell’opera è stata recen­
temente pubblicata a cura di Pietro Spada: Luigi Cherubini, Épicure. Ouverture (Roma: Boccaccini
& Spada, 2007).

— 282 —
epicuro all’opera!

dei pezzi superstiti con l’indicazione dei personaggi coinvolti e dei rispettivi
incipit.51
Atto Primo
n. 1 Duetto Aspasie-Épicure «Du tourment cruel que j’endure»
n. 2 Épicure, Aspasie, Coro «Amans, amis» (Andantino grazioso)
n. 3 Épicuro, Coro «Voyez dans mon champêtre asile»
n. 4 Finale: Aspasie, Épicure, Héraclite, «Mon ami, qui vois-je là bas?»
Narcisse, Démocrite, Ruston
Atto Terzo
n. 8 Épicure, Héraclite, Narcisse, Démo- «Répands sur nous, céleste vérité, un pur rayon
crite, Ruston de ta lumière»
n. 10 Finale: Aspasie, Épicure, Héraclite «Voici les maux que mon génie enfante»
Narcisse, Démocrite, Ruston, Coro
n. 10a Finale: Aspasie, Épicure, Héraclite, «Voici les maux que mon génie enfante»
Narcisse, Démocrite, Ruston, Coro
n.10b Finale: Aspasie, Épicure, Héraclite,
Narcisse, Démocrite, Ruston, Coro «Grands dieux»

Quale sarà mai stato il ruolo di Epicuro in quest’opera? Come sarà stato
delineato il filosofo greco da un autore – Demoustier – che già aveva di­mo­
stra­to di conoscere a fondo il mondo antico e le dottrine filosofiche mag­giori?
Difficile a dirsi. Una ricostruzione plausibile dell’immagine del filosofo nel
dramma risulta estremamente ardua, in mancanza di un libretto che ci con­senta
di analizzarne partitamente i contenuti. E tuttavia possiamo tentare di comporre
un profilo a partire dalle considerazioni ‘di seconda mano’, contenute nelle non
poche descrizioni di corredo alla prima esecuzione del­l’opera.
Dalle recensioni coeve sappiamo che alla sua prima apparizione l’opera
ricevette un’accoglienza piuttosto negativa da parte degli spettatori, che giu­
dicarono irrazionale la figura del protagonista e sconclusionata l’intera vicenda.
Una seconda recita dell’opera, data tre giorni dopo la première del 14 marzo
1800, indusse Demoustier a rivedere il testo del libretto in vista di una terza
replica in programma il 20 marzo: l’esito non fu tuttavia dissimile, ed Épicure
venne cancellato dal cartellone del Théâtre Favart. La rumorosa oppo­sizione
del pubblico riecheggiò immediatamente sulla stampa parigina; ce lo dice il
seguente passo tratto dalla Gazette de France del 15 marzo 1800:
L’opéra d’Épicure a excité plus de bruit que d’applaudissements; cependant on
continuera à la jouer. La musique de Méhul et de Cherubini, les tirades qui ont fait
reconnoître l’auteur du Conciliateur, méritent de tenter plus d’une fois le goût du

51 
Lo schema è ripreso da Michael Fend, Cherubinis Pariser Opern (1788-1803) (Stuttgart:
Franz Steiner Verlag, 2007), pp. 348-352, p. 349.

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sara elisa stangalino – nicola badolato

public qui, soit dit sans l’offenser, porte à présent au spectacle la turbulence dont il
s’est corrigé dans les affaires politiques.52

Allo stesso modo una recensione comparsa sull’Année théâtrale a ri­dos­


so della ‘prima’ dell’opera ne riassume assai vivacemente la recezione, col­
locando peraltro Épicure nel quadro più ampio della produzione di Che­ru­
bini e Méhul:
Trois auteurs connus par des succès nombreux et mérités, le poète Demoustier,
les compositeurs Méhul et Chérubini, se sont réunis pour éprouver une chûte […].
Épicure, ainsi présenté, ne pouvait plaire à des spectateurs qui s’en étaient fait toute
autre idée. Rarement le public pardonne à un auteur de lui avoir appris qu’il était
dans l’erreur. Épicure a été mal accueilli: en vain par la suite on a supprimé un second
acte inutile. Les deux autres, quoique restés sans concurrens, n’ont pu se soutenir.
Méhul et Chérubini n’ont point démenti, dans les morceaux dont ils ont enrichi cet
ouvrage, leur réputation distinguée. On reconnut dans le premier acte la facture
originale et brillante de l’auteur de Lodoïska, et dans le second, la touche savante,
le style soutenu et harmonieux de l’auteur d’Euphrosine […]. Lorsque deux talens
unissent ainsi leurs efforts, les détails peuvent être charmans; mais l’ensemble est
rarement satisfaisant. L’ouvrage a deux couleurs, le même style n’est pas reconnu par-
tout, et l’unité, ce principe de tous les arts d’imitation, est sacrifié à une innovation
d’un dangereux exemple.53

Le cronache dell’epoca presentano ancora diversi resoconti di questo


sfortunato lavoro, ed è da tali dettagliate relazioni che occorre partire anche
per farsi un’idea dei contenuti di un’opera che, per l’argomento semiserio,
costituisce un elemento di curiosità per la mancanza di precedenti cherubiniani
nel genere. Una delle sintesi più particolareggiate ed efficaci dell’intreccio
dell’Épicure è questa che riportiamo dall’Almanach des Muses:
Épicure est aimé d’Aspasie, son élève et sa pupille; mais il croit plutôt à sa
reconnaissance qu’à son amour. Il lui annonce quatre soupirans qui prétendent à sa
main: le sybarite Narcisse, le stoïcien Rustaie [sic], le pleureur Héraclite et le rieur
Démocrite. Leur déclaration est mal accueillie; ils soupçonnent qu’Épicure en est la
cause, et, pour s’en venger, ils vont le dénoncer à l’aéropage. Épicure est conduit en
prison. Sa philosopie le soutient, et le lieu qu’il habite lui parâit un lieu enchanteur.
Il s’endort, et le rêve aimable qu’il fait se réalise par l’apparition de la Sagesse qui
descende du ciel, et vient chanter une ariette. Épicure s’éveille: le charme se son
rêve est détruit. Il est sous les verroux d’une prison, et sous la garde d’un geôlier

52
  Il passo è citato in Vittorio Della Croce, Cherubini e i musicisti italiani del suo tempo
(Torino, EDA: 1983), pp. 292-293.
53
  Si veda l’Année théâtrale: Almanach, 1800, 9: 226-229

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epicuro all’opera!

dont il veut faire son disciple. Cependant on le mène devant l’aéropage. Il est accusé
de séduire la jeunesse, et de prêcher la corruption. Épicure expose les principes les
plus purs de sa morale. Aspasie vient à son aide, et dévoile les motifs criminels de
l’accusation. Épicure est absous et pardonne à ses dénonciateurs.54

L’azione si svolge in Atene. Al centro della trama dell’opera vi è una vicenda


amorosa che vede coinvolti l’eroe eponimo e la sua giovane ‘allieva e pupilla’
Aspasia, contesa allo stesso tempo da altri quattro pretendenti, opposti per
carattere e per tendenze speculative rispetto al filosofo protagonista (i nomi
ri­mandano a personaggi del mito classico e a pensatori antichi; le loro con­
no­tazioni di ‘sibarita’, ‘stoico’, ‘plorante’ e ‘ridente’ sono eloquenti). Costoro,
respinti dalla giovane innamorata del maestro, denunciano Epicuro di fronte
all’areopago, trasformandolo in un novello Socrate accusato di corrompere i
giovani con le proprie dottrine filosofiche edonistiche. Proprio l’esposizione
dei principii «les plus purs» della sua morale assicura però a Epicuro
l’assoluzione e all’opera il lieto fine.
Un dato salta agli occhi: la vicenda sentimentale che coinvolge Epicuro
e Aspasia è storicamente infondata, perlomeno se si associa quest’ultima
all’omonima etèra di Mileto vissuta tra il 470 e il 400 a.C. (Epicuro visse
tra il 341 e il 271 a.C.), nota per la relazione con Pericle.55 L’Aspasia di
Demoustier appare in effetti molto diversa rispetto a quella che le fonti
classiche hanno tramandato, tradizionalmente associata all’immagine della
donna am­ma­lia­trice56 che, secondo Plutarco (Vita di Pericle 24,5), sedot­
to Pericle con la sua saggezza e abilità politica, fu addirittura tacciata pub­
blicamente di empietà e pros­ senetismo, condannata all’esilio e alla pena
capitale (evitata in extremis per l’intervento personale di Pericle). Di Aspasia
il drammaturgo Demoustier, sulla linea di quanto aveva fatto nel Cours de
morale a proposito dell’altra etèra, Leonzio (lei sì storicamente associata ad

54
  Cf. l’Almanach des Muses, 1801, 9: 311-312.
55
  La figura di Aspasia è ben nota tanto nel teatro per musica quanto nella letteratura e nell’arte
figurativa coeva. Ricordiamo rispettivamente: L’Aspasia di Gaetano Sertor musicata da Giuseppe
Giordani (Venezia: Fenzo, 1790); il romanzo L’amor tra l’armi ovvero La storia militare e amorosa di
Aspasia e Radamisto di Antonio Piazza (Venezia: Fenzo, 1773); il dipinto Aspasia s’entretenant avec
Alcibiadés et Socrate di Nicholas-André Monsiau (1798). Per un quadro complessivo sulla figura di
Aspasia nelle arti in genere si veda Ilaria Crotti, “Prime note per Aspasia”, Critica letteraria, 2003,
121: 651-669.
56
  Per un profilo della connotazione tradizionale di Aspasia cf. Nicole Loraux, Aspasia, la
straniera, l’intellettuale, in Grecia al femminile, a cura di Nicole Loraux (Roma-Bari: Laterza, 1993),
p. 135-137; Madeleine M. Henry, Prisoner of History. Aspasia of Miletus and Her Biographical
Tradition (Oxford: Oxford UP, 1995).

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sara elisa stangalino – nicola badolato

Epicuro),57 ci fornisce anche in questo caso un’immagine moralizzata, depurata


di ogni connotato erotico e tutta rivolta alla «céleste volupté». Le figure di
Aspasia e Leonzio sembrano quasi fuse in un solo carattere, contrario a quello
che la tradizione antica aveva disegnato, coerente col processo di rivalutazione
moralizzante del filo­sofo avviato da Demoustier sull’onda lunga di Batteux e,
prima ancora, di Gassendi. Lo si evince già dai toni del duetto che apre l’opera:58
Aspasie  Du tourment cruel que j’endure
   Faudra-t-il longtems souffrir!
  Ah mon ami! pour peu qu’il dure
   Je sens bien qu’il faut mourir.
Épicure   Ah! que ton cœur se rassure,
  Du tourment secret qu’il endure
   Il est rare de mourir
   Et facile de guérir.
Aspasie   Près de vous mon âme se trouble.
Épicure  Et bien, ma fille, éloigne-toi.
Aspasie   Mais loin de vous mon mal redouble.
Épicure  Mon enfant, reste auprès de moi.
  Viens dans mes bras, rassure-moi.
Aspasie   Comment supporter la vie
   Si je ne vous voyois pas.
Épicure  Sois sans effroi, ah calme-toi.
Aspasie   Ici que je passe ma vie,
  De ces lieux ne m’exilez pas
  Et permettez à votre amie
    De vous voir tous les jours.
  Mon ami, je vous verrai toujours.
Épicure  Oui, ma fille, tu me verras toujours.
Aspasie  Pour couronner tant de bonté,
  De vertus et de bienfaisance,
  Favorable divinité!
Conserve-moi l’ami de mon enfance.
Épicure  Pour couronner tant de beauté,
  De vertus, de reconnoissance,
  Viens, ô céleste volupté!
Viens habiter le cœur de l’innocence.

57
  Secondo il recensore della Décade philosophique, littéraire et politique, 1800, 8: 560, la scelta
del nome di Aspasia sarebbe semplicemente legata a ragioni tecnico-strutturali: «l’histoire désigne
sa courtisane Leontium, mais les formes lyriques ont fait préférer sans doute le nome d’Aspasie».
58
  Il testo è riprodotto in Michael Fend, Cherubinis Pariser Opern (cit. n. 52), pp. 350-351.

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epicuro all’opera!

Dai materiali lacunosi in nostro possesso emerge se non altro la buona


conoscenza che della figura di Epicuro dovette avere il drammaturgo, forte anche
delle precedenti esperienze nel campo della trattatistica filosofica. Dal Bulletin
de la Société Archéologique, Historique et Scientifique de Soisson,59 una vera e
propria monografia su Charles-Albert Demoustier, apprendiamo che del filosofo
di Samo il dramma offrì appunto una visione di tipo ‘mo­ra­lizzato’, coerente con
le posizioni più aggiornate in campo speculativo: Epi­curo è presentato come un
pensatore amabile dell’Attica che predica il pia­cere virtuoso, non l’abuso del
piacere stesso, che condurrebbe l’uomo alla cor­ruzione:
Dans son Traité de morale, il venge Épicure des reproches immérités et rétablit sa
mémoire: c’était un philosophe aimable de l’Attique qui prêchait la volupté, mais la
volupté vertueuse, et dont l’abuse a conduit à la corruption, aux excès de la débauche
qu’Horace désignait ainsi: «Epicuri de grege porcum» (porc du Tropeau d’Épicure)60
[…]. On a dit que, dans son Cours de morale, on retrouvait la peinture des sentiments
et des vertus qu’on admirait dans l’auteur pendant sa vie. (pp. 97-98)

La presenza della figura del filosofo in un’opéra-comique troverebbe inoltre


giustificazione nel coevo panorama teatrale e letterario, nonché figurativo,
ov­vero con l’imperante ‘moda della mitologia’ tanto cara al neoclassicismo
francese del secondo Settecento:
La mode tenait pour la mythologie et au théâtre, dans les lettres et les arts,
jusque dans les actes du gouvernement, on ne voit partout que des réminiscences du
paganisme, et des dieux et des déesses de l’antiquité: on peut voir les tableaux de David,
de Prud’hon, etc. les discours des orateurs, les poésies de Lebrun, Parny, Chénier, etc.

Si può presumere che nel dramma di Demoustier la riflessione scientifica e


la speculazione filosofica svolgessero un ruolo significativo, più ampio che non
quello di una semplice cornice intellettuale e ideologica (i resoconti circa l’in­
trec­cio dell’opera sembrerebbero confermarcelo): e forse proprio qui andrà
cer­cato il motivo della débâcle di questo Épicure. Tornando ancora al giudizio
espresso nell’Almanach des Muses del 1801 (p. 312, qui citato a nota 54), la tra­
ma ordita da Demoustier sarà forse risultata poco congeniale al palcoscenico
ope­ristico, forse squilibrata nel rapporto tra le parti musicali e quelle recitate:
«Peu d’action; situations qui, toutes, n’ont pas également intéressé. De jolis
détails. Des morceaux de musique qui ont plu généralement», conclude sbri­
ga­tivamente l’anonimo recensore della rivista parigina.

  Cf. “Charles Albert Demoustier. Sa vie et ses oeuvres” (cit. n. 36).


59

  Espressione autoironica, con cui Orazio si descrive nell’epistola a Tibullo (Hor. epist. 1,4,10).
60

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INDICE

Marco Beretta – Francesco Citti – Alessandro Iannucci, Premessa ......  Pag V


Michael Erler, La sacralizzazione di Socrate e di Epicuro .. . . . . . . . . .   » 1
Matteo Martelli, L’assimilazione al dio attraverso le τέχναι.
Gli ‘scie­nziati’ in età ellenistica e imperiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   » 15
Francesca Longo Auricchio, Il culto di Epicuro. Testi e studi:
qualche aggiornamento .................... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   » 39
Giovanni Indelli, Epicuro fondatore e maestro del giardino .. . . . . . .   » 65
Gianluca Del Mastro, Filodemo e la lode di Zenone Sidonio:
πιϲτὸϲ ἐραϲτὴϲ καὶ ἀκοπίατοϲ ὑμνητήϲ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   » 89
Guido Milanese, L’immagine di Epicuro, la totalità della vita,
la cultura romana .......................... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   »
111
Jürgen Hammerstaedt, Strategie di persuasione all’epicureismo
nell’iscrizione filosofica di Diogene di Enoanda . . . . . . . . . . . . . . . . . .   »
139
Maria Paola Guidobaldi, L’impronta epicurea nella Villa dei Papiri
di Ercolano alla luce delle recenti indagini archeologiche . . . . .   »
151
Fabrizio Pesando, Epicuri parietinae: Filodemo di Gadara ad Atene
all’epoca del sacco sillano .. ................ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   »
163
Bernard Frischer, Ripensando The Sculpted Word. Come ricostruire
e interpretare la statua di Epicuro oggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   »
177
Marco Beretta, Immaginare Lucrezio. Note storiche sull’icono-
grafia lucreziana ............................ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   »
193
Elena Nicoli, Il giudizio su Epicuro nel commento di Giovan Battista
Pio a Lucrezio .............................. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   »
227
Sara Elisa Stangalino – Nicola Badolato, Epicuro all’opera! . . .   »
255
Indice dei nomi ................................ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   »
289

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