FRANCESCO CRAPANZANO
KOYRÉ, GALILEO
IL CULTO DI EPICURO.
E IL ‘VECCHIO SOGNO’
TESTI, ICONOGRAFIA E PAESAGGIO
DI PLATONE
a cura di
Marco Beretta, Francesco Citti
Alessandro Iannucci
Leo S. Olschki
Firenze
MMXIV
Tutti i diritti riservati
Centro Studi
La permanenza del Classico
Ricerche 31
EPICURO ALL’OPERA!
I saggi che seguono presentano l’analisi di due drammi per musica che
hanno per soggetto Epicuro e la sua scuola filosofica. Si tratta degli unici
due esempi finora noti nella storia dell’opera, peraltro appartenenti a epoche
tra loro distinte: Gl’atomi d’Epicuro, «drama per musica» di Nicolò Minato
e Antonio Draghi, risale al 1672; Épicure di Charles-Albert Demoustier e
Cherubini-Méhul fu rappresentato in forma di opéra-comique nel 1800.
Nella storia del teatro d’opera solo di rado i librettisti si preoccupano di
svelare al lettore-spettatore le fonti alla base delle proprie scelte poetiche.
L’insieme dei materiali sfruttati nelle loro rielaborazioni è assai composito:
fonti antiche (note per via diretta, per scelta antologica o per citazione),
scienza antiquaria, teatro letterario, svariati generi narrativi. I librettisti, nella
maggioranza dei casi, derivano i propri soggetti da testi precedenti, narrativi o
teatrali.1 Questo assioma è certamente valido per la maggior parte dei drammi
musicali; nel nostro caso invece si applica con fatica, giacché ci s’imbatte in
due drammi musicali non riconducibili a modelli letterari precedenti.
Nel contributo di Sara Elisa Stangalino (pp. 256-275) vengono affrontati
tre ordini di problemi: (1) la contestualizzazione dell’opera di Minato nel
l’àmbito della corte viennese di Leopoldo I d’Asburgo e nel panorama della
rivoluzione scientifico-filosofica del Seicento; (2) l’individuazione delle fonti
alla base dell’intreccio; (3) l’analisi drammaturgica (struttura e tecniche di
scrittura).
Il saggio di Nicola Badolato (pp. 276-287) propone una ricostruzione del
lavoro di Demoustier sulla base di fonti secondarie giacché dell’opera ci sono
pervenuti soltanto alcuni frammenti di partitura, non già un libretto che rechi
il testo drammatico, e una contestualizzazione nel più ampio quadro delle
riflessioni filosofiche del secondo Settecento francese.
1
Cf. Lorenzo Bianconi, “Introduzione”, in La drammaturgia musicale (Bologna: il Mulino,
1986), pp. 21-22.
— 255 —
sara elisa stangalino – nicola badolato
2
Su Minato cf. Ellen Rosand – Herbert Seifert, “Minato, Nicolò”, in The New Grove Dic
tionary of Opera, edited by Stanley Sadie (London: Macmillan, 1992), pp. 402-404; degli stessi,
“Minato, Nicolò”, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, edited by Stanley Sadie
(London: MacMillan, 1992), pp. 710-711. Cf. anche Norbert Dubowy, “Minato, Nicolò”, in Die
Musik in Geschichte und Gegenwart (Kassel: Bärenreiter, 2004), pp. 242-244; Sergio Monaldini,
“Minato, Nicolò”, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 74 (Roma: Istituto della Enciclopedia
Italiana, 2010), pp. 571-575; Maria Girardi, “Da Venezia a Vienna: le ‘Facezie teatrali’ di Nicolò
Minato”, in Il diletto della scena e dell’armonia. Teatro e Musica nelle Venezie dal ’500 al ’700, a cura
di Ivano Cavallini (Rovigo: Minelliana, 1990), pp. 189-221; Alfred Noe, “Biographische Notizen
zum kaiserlichen Hofdichter Nicolò Minato”, Biblos, 2000, 49: 317-325; Id., “Das Testament des
Hofdichters Nicolò Minato”, Biblos, 2001, 50: 315-317; Id., Nicolò Minato: Werkverzeichnis (Wien:
Österreichische Akademie der Wissenschaften, 2004). Ringrazio Lorenzo Bianconi per la paziente
lettura e per i consigli offerti durante la stesura di questo elaborato.
3
Su Cavalli si veda Lorenzo Bianconi, “Caletti Bruni, Pietro Francesco”, in Dizionario
biografico degli Italiani, vol. 16 (Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 1973), pp. 686-696;
Thomas Walker, “Cavalli Francesco”, in The New Grove Dictionary of Opera (cit. n. 2), pp. 783-
789; Thomas Walker – Irene Alm, “Cavalli Francesco”, in The New Grove Dictionary of Music and
Musicians (cit. n. 2), pp. 302-313.
4
Minato ricorda il maestro nella dedica anteposta alla sua prima pubblicazione, la traduzione
di un trattato erudito: Eruditioni per li cortigiani. Opera latina D’Autor incerto Fiammengo (Venezia:
Guerigli, 1645). Cf. Rossana Caira Lumetti, “Le Eruditioni per li cortigiani: teoria e pratica del
poeta cesareo Nicolò Minato”, in Sentir e meditar: omaggio a Elena Sala di Felice, a cura di Laura
Sannia Nowé, Francesco Cotticelli, Roberto Puggioni (Roma: Aracne, 2005), pp. 67-73; e Sara Elisa
Stangalino, “Eruditioni per li cortigiani di Nicolò Minato: genesi e incidenza di un trattato”, Studi
secenteschi, 2014, 55: 183-197.
5
L’attività teatrale a Venezia è strettamente connessa alla vita delle accademie, che ne rappresen
tano il centro di propulsione ideologica. Gli Incogniti, epigoni delle idee libertarie sostenute da Cesare
Cremonini nel contesto accademico padovano e sostenitori di una concezione di vita svincolata dalla
rigida morale clericale, promuovono la celebrazione della Repubblica tramite l’esibizione del fasto
scenico e allegorico proprio dell’opera in musica, che diventa così un efficace mezzo di propaganda
ideologica. Minato è membro dell’accademia degli Imperfetti, legata alla più celebre accademia degli
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epicuro all’opera!
Incogniti (le due accademie condividevano alcuni membri), e a quella dei Discordanti. Cf. Giorgio
Spini, Ricerca dei libertini. La teoria dell’impostura delle religioni nel Seicento italiano (Firenze: La
Nuova Italia, 1983; 19501), e la prefazione di Gino Benzoni (“Istoriar con le favole e favoleggiar con le
istorie”) a Girolamo Brusoni, Avventure di penna e di vita nel Seicento veneto, a cura di Gino Benzoni
(Rovigo: Minelliana, 2001), pp. 9-28. Per l’ascendente esercitato dal Cremonini, dall’animatore
dell’Accademia Giovan Francesco Loredan e da personalità come Ferrante Pallavicino cf. Edward
Muir, “Why Venice? Venetian Society and the Success of Early Opera”, Journal of Interdisciplinary
History, 2006, 36: 331-353; cf. Id. Guerre culturali: libertinismo e religione alla fine del Rinascimento
(Bari: Laterza, 2008) e Jean-François Lattarico, Venise “Incognita”: essai sur l’académie libertine au
XVIIe siècle (Paris: Champion, 2012).
6
Nobili famiglie italiane si stabiliscono a Vienna. Tra queste vi sono membri delle casate di
Montecuccoli, Colonna, Pallavicini, Caprara, Gonzaga, Strozzi, Collalto ecc. Cf. Caira Lumetti, “Le
eruditioni per li cortigiani” (cit. n. 4).
7
Si tratta di Eleonora Gonzaga-Nevers (1630-1686), imperatrice vedova di Ferdinando III
d’Asburgo Lorena (1608-1657). Più di un’imperatrice asburgica portò lo stesso nome, a cominciare
dall’omonima Eleonora Gonzaga che nel 1622 andò in sposa a Ferdinando II, ed Eleonora
Maddalena Teresa, terza moglie di Leopoldo I. Eleonora Gonzaga-Nevers, moglie di Ferdinando
III, giunse a Vienna nel 1652. Cf. Herbert Seifert, “La politica culturale degli Asburgo e le relazioni
musicali tra Venezia e Vienna”, in L’opera italiana a Vienna prima di Metastasio, a cura di Maria
Teresa Muraro (Firenze: Olschki, 1990), pp. 1-15, e Id., “Da Rimini alla corte di Leopoldo, l’opera
di Draghi in àmbito viennese”, in “Quel novo Cario, quel divin Orfeo”. Antonio Draghi da Rimini a
Vienna, Atti del convegno internazionale, Rimini, palazzo Buonadrata, 5-7 ottobre 1998, a cura di
Emilio Sala e Davide Daolmi (Lucca: Libreria Musicale Italiana, 2000), pp. 3-14 e p. 493.
8
Leopoldo I d’Asburgo (1640-1705) era nato dal primo matrimonio di Ferdinando III con
Maria Anna di Spagna.
9
«Eleonora Gonzaga aveva una buona parte nelle attività musicali della corte imperiale.
[…] L’importanza nelle scelte musicali rivestita da Eleonora fece sì che ogni anno venisse dedicata
un’opera ad un personaggio femminile (Atalanta, Cidippe, Sulpizia, Tessalonica, Iphide, Gundeberga,
Turia Lucretia, Chilonida ecc.), le cui virtù e nobiltà d’animo, messe alla prova da contrasti e sventure,
trionfavano alla fine su ogni avversità». Cf. Girardi, “Da Venezia a Vienna: le ‘Facezie teatrali’ di
— 257 —
sara elisa stangalino – nicola badolato
Nicolò Minato” (cit. n. 2), p. 200; a p. 217, n. 35 leggiamo: «L’imperatrice Eleonora Gonzaga istituì
nel 1667 l’Accademia degli Illustrati […] “i quali ogni giorno festivo raduneranno a servir S.M. e a
far pompa del lor ingegno”. Minato fece parte dell’anonima accademia istituita da Leopoldo I nel
1674, accanto allo storico Galeazzo Gualdo Priorato, all’abate Filippo Maria Bonini, a Giovanni
Fontana, a Filippo Sbarra figlio del poeta Francesco, a Carlo Draghi e altri ancora».
10
Antonio Draghi (1635-1700) dal 1658 è a Vienna dapprima in qualità di cantante nella
cappella fondata l’anno precedente dall’imperatrice vedova Eleonora. Nel 1669 Draghi succede a
Pietro Antonio Ziani come maestro di cappella dell’imperatrice, e nel 1682 è promosso a maestro
della cappella imperiale. Dal 1670 la coppia Draghi-Minato garantisce con stupefacente continuità
e abbondanza il fabbisogno di drammi musicali della corte. Cf. Herbert Seifert, “Da Rimini alla
corte di Leopoldo, l’opera di Draghi in àmbito viennese”, in “Quel novo Cario, quel divin Orfeo”
(cit. n. 7), pp. 3-14, pp. 4, 7, 10-11. Draghi scriverà più di duecento opere tra composizioni teatrali,
cantate, messe. Cf. anche Rudolf Schnitzler – Herbert Seifert, “Draghi, Antonio” in The New
Grove Dictionary of Music and Musicians (cit. n. 2), pp. 545-551, p. 546.
11
Cf. Herbert Seifert, Die Oper am Wiener Kaiserhof im 17. Jahrhundert (Tutzing: Schneider,
1985), “Spielplan”, pp. 429 ss.; e Lorenzo Bianconi, Il Seicento, in Storia della musica, vol. 5 (Torino:
EDT, 1991; 19821), in particolare del cap. 4 “Il teatro d’opera” si vedano il paragrafo 21: “I teatri
d’opera di Venezia”, pp. 195-204, e il paragrafo 24: “L’opera nei paesi tedeschi: Vienna e Amburgo”,
pp. 235-252, alle pp. 235-236.
— 258 —
epicuro all’opera!
Minato trae il soggetto del dramma dalle Vite dei filosofi di Diogene
Laerzio (cf. “Argomento”, pp. 279-280).17 Dal dramma emerge la profonda
12
Cf. Franco Piperno, “Venezia e Vienna. Produzione e circolazione dello spettacolo operi-
stico”, in L’opera italiana a Vienna prima di Metastasio (cit. n. 7), pp. 115-125, p. 119.
13
Per la definizione si veda Girardi, “Da Venezia a Vienna” (cit. n. 2), p. 201. Cf. Id., “Elenco
cronologico della produzione teatrale e dei drammi di Nicolò Minato rappresentati a Venezia (1650-
1730) e a Vienna (1667-1699)”, in Il diletto della scena e dell’armonia (cit. n. 2), pp. 222-266.
14
È questo l’obiettivo dei ‘drammi a chiave’, che recano in calce una lista che esplicita la
corrispondenza tra personaggi del dramma e nome del cortigiano satireggiato. Tra i libretti a chiave
ricordiamo La lanterna di Diogene (1674), I pazzi abderiti (1675), Il silentio di Harpocrate (1677).
Cf. Manuela Hager, “La funzione del linguaggio poetico nelle opere comiche di Amalteo, Draghi
e Minato”, in L’opera italiana a Vienna prima di Metastasio (cit. n. 7), pp. 17-30, e Herbert Seifert,
Die Oper am Wiener Kaiserhof im 17. Jahrhundert (cit. n. 11), pp. 205-234.
15
La commedia è basata sulla satira greca di Luciano di Samòsata. Si veda il saggio di Albert
Gier, “Nicolò Minato, ‘I pazzi Abderiti’: Amore (sintagmatico) e pazzia (paradigmatica)”, Musica e
Storia, 2004, 12: 389-399.
16
Gl’ | Atomi | d’Epicuro. | Drama per musica | Nel giorno natalitio | Della S. C. R. M.tà | Dell’
| Imperatore | Leopoldo. | Per Com᷉ando | Della S. C. R. M.tà | Dell’ | Imperatrice | Margherita. |
L’Anno mdclxxii. | Et alla Medesima consacrato. | Musica del S.r Ant: Draghi, M.ro di Cap: della |
S. C. R. M.tà dell’Impetratrice [sic] Eleonora | In Vienna D’Austria, | Apresso Matteo Cosmerovio,
Stampatore di S. M. C.
17
Cf. Alfred Noe, Nicolò Minato: Werkverzeichnis (cit. n. 2), pp. 42-43. Assumo la seguente
traduzione di riferimento: Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, a cura di Marcello Gigante, vol. 2
(Roma-Bari: Laterza, 2002), pp. 400-575. Numerose le edizioni dell’opera a Venezia e in Europa
tra Cinquecento e Seicento, tra le più diffuse: Diogenes Laertius, Vita de philosophi moralissime
— 259 —
sara elisa stangalino – nicola badolato
A Minato, accademico erudito, non sarà sfuggito l’interesse che fin dal
secolo xv gli umanisti avevano manifestato per la cultura antica in genere, in
special modo attraverso il recupero, la traduzione e la riscrittura delle ope
re scientifiche dei classici, tra i primi Democrito, alla cui dottrina Epicuro
fu iniziato. Né il drammaturgo avrà ignorato le diatribe post-galileiane che
corsero nella penisola all’epoca della rivoluzione scientifica, vertenti sulle
cause generatrici dei fenomeni della fisica moderna e sui principii invarianti
attraverso i quali la natura opera. Argomenti come la composizione della
materia, la resistenza dei materiali, le leggi della dinamica, la composizione
et de le loro elegantissime sententie (Venezia: Sessa, 1508); Le vite degli illustri filosofi di Diogene
Laertio, dal greco idiomate ridutte ne la lingua commune d’Italia (Venezia: Valgrisi al segno d’Erasmo,
1545); De vita et moribus philosophorum libri 10. Nunc iam ad finem graeci codicis diligentium quam
unquam antea recogniti, cum indice locupletissimo (Lugduni: Antonium Griphyum, 1566); Delle
vite e sententie de’ filosofi illustri. Di nuovo dal greco ridutto nella lingua italiana per i Rossettini
da Prat’Alboino (Venezia: Farri, 1566); Compendio delle vite de filosofi antichi greci, et latini, et
delle sentenze, & detti loro notabili. Tratte da Laertio, et da altri gravi auttori (Venezia: Brugnuolo
all’insegna della Porta, 1598); Delle vite de’ filosofi di Diogene Laertio, libri 10. Ripieni d’istorie
giouevoli; soggetti piaceuoli, essempi morali, & di sentenze graui. […] (Venezia: Bertoni al segno
del Pellegrino, 1606); Delle vite de’ filosofi di Diogene Laertio libri dieci. Ripieni d’istorie giovevoli,
soggetti piacevoli, essempi morali, & di sentenze gravi. […] (Venezia: Perchacino, 1611); Le vite de’
filosofi moralissime: estrate da Laertio, & da altri auttori. Nelle quali sono sentenze, & detti notabili,
vtili, & essemplari a’ fanciulli, che negli studij si essercitano (Venezia: Pietro Vsso, 1628).
18
Non occorrerà qui insistere sulle polemiche intorno all’atomismo diffuse in Francia e in Italia
nel Sei e nel Settecento, cf. in questo volume il contributo di M. Beretta.
— 260 —
epicuro all’opera!
della luce e la natura del vuoto divengono per Minato spunti da cui trarre
una materia del tutto nuova, inusitata in un dramma per musica. Certo, nel
dramma la scienza e la filosofia sono assunte soltanto per dare una cornice
intellettuale all’opera: il sapere filosofico si pone come elemento posticcio,
comunque assoggettato alle convenienze drammaturgiche.19
Riferimenti alla dottrina atomistica si ravvisano per esempio nell’ampia
scena v del second’atto, dove il filosofo indottrina Anassicrate, arconte di
Atene, proprio in merito alla teoria degli atomi. Gli istituti formali adottati nel
dramma sono quelli collaudati da Minato nelle sue opere veneziane degli anni
‘60: a un pezzo chiuso (un’aria in due strofe polimetriche, con rima baciata
in chiusa) segue una lunga sezione dialogica in versi sciolti.20 La dottrina è
enunciata e dibattuta in forma di dialogo tra due interlocutori, il succitato
Anassicrate e lo stesso Epicuro. Quanto mai appropriato perciò è l’impiego
dello stile recitativo, in cui i versi sciolti tendono a riprodurre il ritmo del
parlato. Nelle quaestiones poste dall’arconte spicca il tema del rapporto tra
microcosmo e macrocosmo; Epicuro replica argomentando intorno alla costi
tuzione della materia e del nulla, e affiorano altresì riflessioni circa la natura
della luce:
Epicuro Non sia chi resista
a creder ch’il mondo
tutto consista
in atomi congiunti,
s’il tempo che ’l misura è sol di punti.
Se forse v’adombra
vederlo sì grande,
mirate l’ombra
ch’a ricoprirlo basta:
come l’ombra, ch’è un nulla, è tanto vasta?
Anassicrate Ma principii sì lievi
avrà sì nobil mole?
Epicuro Non vien da picciol fonte
19
È del 1647 un’opera capitale di Blaise Pascal, Expériences nouvelles touchant le vide, pub
blicata a seguito degli esperimenti che gli permisero di dimostrare l’esistenza del vuoto sulla scia
delle intuizioni di Evangelista Torricelli, e di sconfessare una volta per tutte il pensiero della fi
sica antica. Le scoperte della rivoluzione scientifica non dovettero lasciar indifferente Minato, che,
nell’argomento preposto all’opera, precisa: «Ebbe [Epicuro] varie opinioni di quelle che caderono
nella mente de’ primi filosofanti quando ne’ principii delle specolazioni era imperfetta ancora la
cognizione delle cose».
20
Cf. Sara Elisa Stangalino, I drammi musicali di Nicolò Minato per Francesco Cavalli,
Bologna, Università degli Studi di Bologna, 2011 (tesi di dottorato in Musicologia e Beni musicali),
in particolare parte I, cap. 4: “La morfologia delle arie”.
— 261 —
sara elisa stangalino – nicola badolato
vastissimo torrente?
E da minuto seme
alta quercia non sorge?
La luce, a chi ben scorge,
è un incorporeo ente,
e pur anima gl’occhi,
colorisce gl’ogetti,
d’un atomo ell’è men, perch’egl’ha corpo.
Ell’è senza figura
e pur per tutto si dilata e spande.
Or, l’atomo che fia, s’il nulla è grande?
Anassicrate Da granella sì lievi
uscir opre sì illustri?
Epicuro Odimi, odimi attento.
Il non esser è meno
ch’esser atomo; dunque
il venir dal non esser è più strano
di quel che sia venir d’atomi lievi:
sì ch’è minor stupore
che dagl’atomi uscito il mondo sia,
che non è che sia ciò che non fu pria.
Così di te medesmo
stupir più tosto dei:
men d’un atomo fosti, e un rege or sei.
Anassicrate Ammiro tua virtute.
Andiam. Di Teti in grembo
non cadrà ’l novo giorno
che dal Senato ti sarà permesso
poter negl’orti tuoi,
tra i più teneri fiori,
far germogliar de la virtù gl’allori.
(Gl’atomi d’Epicuro 2,5)
— 262 —
epicuro all’opera!
ir rintraciando l’orme
de la materia informe,
de l’indistinto caos, degl’enti primi?
Son più proficui studi,
più sicure virtudi
di cittadi e di regni
andar in traccia, e con più fermo piede
filosofar quel che si tocca e vede.
Epicuro Anassicrate, senti.
È d’atomi composto
quanto qua giù rimiri in varie forme,
quivi sono più rari, ivi più densi.
Folle sei, s’altro pensi.
Or di formiche nero stuolo osserva:
scorron l’estate i campi
e di predata messe i tetti angusti
a riempir intente:
una va, l’altra torna, a le più lente
altre porgono aita, altre dan fretta,
e con saggio governo
son poi proviste per l’algente inverno.
Or, che non s’arma Atene
e i loro erari a depredar non viene?
Anassicrate Non sarebbe pazzia?
Epicuro E tanto a punto è contro vaste mura
mover armi nemiche:
che tutti atomi son, città e formiche.
(Gl’atomi d’Epicuro 1,5)
— 263 —
sara elisa stangalino – nicola badolato
Si finge
Che egli venga a chieder licenza dal Senato di Atene di poter aprire la sua scola
di filosofia negl’Orti a tal fine da lui comprati, e ciò col motivo che si ha, perché ciò
era proibito a ciascun filosofo senza la publica permissione.
Che Anassicrate si ritrovasse aver un figlio chiamato Focide e che, essendogli
nata una femina al tempo del cui parto mancò la genitrice, e si ebbe dagl’astrologi
che se prima degl’anni adulti si fosse allevata appresso il padre gli sarebbe avvenuto
grave sinistro, l’avesse perciò fatta nodrire in Mitilene appresso Firite, uomo saggio
e da sé dipendente.
Che in fascie fosse ella morta e che Firite, per timore dello sdegno di Anassicrate,
avesse finto essergli morta una sua bambina ch’aveva, ed avesse quella sostituita
all’estinta allevandola come figlia d’Anassicrate con il nome che quella ebbe, ch’era
stato Euleria.
Che, fatta adulta, venga in Atene con la sua nutrice, e che senta continuare nel
suo petto l’amore per Focide, di cui s’era accesa alcuni anni prima, quand’egli fu a
vederla in Mitilene, ma taccia l’amore, credendo esserli sorella.
In questo stato di cose si tesse il presente drama.
— 264 —
epicuro all’opera!
causa delle funeste profezie di un oracolo. Soltanto più avanti si scoprirà che la
principessa Euleria era morta a Mitilene ancora in fasce, e Firite, l’uomo cui fu
affidata, per non incorrere nelle ire di Anassicrate aveva sostituito la propria figlia
alla principessa deceduta. Di Focide è innamorata anche Iblisca, principessa
ateniese a sua volta venerata da Ossinte, giovine che però ella disdegna. Euleria,
gelosa dell’amore – invero piuttosto tiepido – di Focide per Iblisca, macchina
un tranello per dimostrare a Iblisca la presunta infedeltà dell’amato. In seguito
a svariate peripezie i fatti si ribaltano: si scoprirà che Euleria e Focide non
hanno alcun legame di sangue. Nulla sembra ora impedire a Euleria d’unirsi
a Focide; il persistente tentennare del principe stanca Iblisca, inopinatamente
convertita all’amore del giovane Ossinte. Ma l’origine non nobile di Euleria osta
al matrimonio con Focide, e dunque al lieto fine. Giunge allora Epicuro il quale,
proprio come deus ex machina, scioglie il nodo intercedendo presso Anassicrate:
Euleria non ha nobili natali, ma non siamo forse tutti uguali? Non siamo forse
tutti formati da aggregazioni di atomi? Il provvidenziale intervento di Epicuro
consente la felice composizione delle coppie Focide-Euleria e Ossinte-Iblisca.
(b) Epicuro giunge in Atene per aprire la scuola negl’orti. Dialoghi con
Anassicrate.
Nel suo saggio sui Pazzi abderiti, dramma del 1675, Albert Gier propone
un modello analitico applicabile anche a Gl’Atomi d’Epicuro.21 Tale modello è
fondato sull’opposizione tra sezioni definite ‘sintagmatiche’, nelle quali l’azio
ne procede con una certa qual speditezza e complessità (in questo caso si tratta
della vicenda amorosa (a), cf. sinossi, pp. 286 ss., quarta colonna), e sezioni
dal carattere più riflessivo, nelle quali l’azione ristagna, sezioni definibili ‘pa
radigmatiche’ (vicenda (b), che coincide con le lunghe tirate dialogiche tra
Epicuro e Anassicrate; cf. sinossi, pp- 286 ss., quinta colonna).
Nelle scene di tipo paradigmatico la dottrina atomistica viene assunta
come modello analogico a sostegno della teoria degli affetti, in quanto l’amore
tra le coppie è concepito come effetto dell’attrazione indotta dal movimento
degli atomi.22
In tal caso l’insegnamento di Epicuro, oltre ad essere un pretesto per
moraleggiare divertendo ed esortare i cortigiani alla virtù, fa luce sulla logica
che sottende i rapporti umani-amorosi nella corte. Nell’affermare una basilare
uguaglianza tra gli uomini in ragione della loro comune ‘composizione’
corporea e animica, il testo è latore di un razionalismo materialistico in linea
con l’eredità del pensiero libertino.
Qui è lampante il riferimento a dottrine meccaniciste; l’uguaglianza tra gli uomini è garantita
22
— 265 —
sara elisa stangalino – nicola badolato
Il teatro d’opera del Seicento ama ricorrere a svariati espedienti per com
plicare l’intreccio drammatico, la cui struttura consente di gestire con una
certa libertà una serie di convenzioni sceniche, topoi drammaturgici che
arricchiscono la nuda trama di intrighi e arrecano scompiglio nella vicenda,
diletto nella varietà.23 Minato ne fa ampio uso, fin dai suoi drammi veneziani.
La letteratura drammatica pullula di oggetti che favoriscono visivamente
sulla scena l’innescarsi di complicazioni:24 oggetti come lettere, per esempio,
recapitate a errati destinatari, o scritti il cui senso si presta a fraintendimenti,
sono tra le cause più frequenti d’equivoco. La parola scritta offre in questo
23
La creazione di un genere teatrale in parte svincolato dalle norme aristoteliche è in linea
con le tendenze poetiche sostenute dagli accademici veneziani, in primo luogo dagli Incogniti. La
moderna drammaturgia si emancipa, i drammaturghi tendono a superare la precettistica antica
per voltarsi a una inaudita varietà di approcci e metodi finalizzati all’accrescimento dell’effetto
spettacolare. Cf. Renato Di Benedetto, “Poetiche e polemiche”, in Storia dell’opera italiana, a cura
di Lorenzo Bianconi, Giorgio Pestelli, vol. 6, “Teorie e tecniche, immagini e fantasmi” (Torino:
EDT, 1988), pp. 3-76; Alessandra Chiarelli – Angelo Pompilio, «Or vaghi or fieri». Cenni di
poetica nei libretti veneziani (circa 1640-1740) (Bologna: CLUEB, 2004); e Paolo Fabbri, Il secolo
cantante. Per una storia del libretto d’opera in Italia nel Seicento (Roma: Bulzoni, 2003), pp. 114 ss.
24
Paolo Fabbri, Il secolo cantante (cit. n. 23), p. 191 ss. Per la funzione della lettera nella
drammaturgia musicale del secolo xvii si veda in particolare Beth L. Glixon, “The Letter as
Convention in Seventeenth-Century Venetian Opera”, in Critica musica: Essays in Honour of Paul
Brainard, edited by John Knowles (Amsterdam: Gordon and Breach, 1996), pp. 125-141.
— 266 —
epicuro all’opera!
25
Cf. Fabbri, Il secolo cantante (cit. n. 23), p. 169 ss. Il travestimento è topos caro anche alla
drammaturgia del siglo de oro cf. Maria Grazia Profeti, Introduzione allo studio del teatro spagnolo
(Firenze: La Casa Usher, 1994), p. 170.
26
La giovane che, velata, misteriosamente scompare per un andito segreto rinvia al dispositivo
scenico e drammatico centrale della Dama duende di Pedro Calderón de la Barca (1629), commedia
che ha dato luogo a numerose traduzioni e riscritture. Cf. Grazia Gori, “Fortuna italiana de
‘La dama duende’ nel Seicento”, in Commedia aurea spagnola e pubblico italiano, vol. 4, Spagna
e dintorni, a cura di Maria Grazia Profeti (Firenze: Alinea, 2000), pp. 61-104. Sulle traduzioni e
rifacimenti della Dama duende in Italia si veda in particolare il contributo di Carmen Marchante
Moralejo, “Calderón en Italia: traducciones, adaptaciones, falsas atribuciones y ‘scenari’”, in
Commedia aurea spagnola e pubblico italiano, vol. 2, Tradurre, riscrivere, mettere in scena, a cura di
Maria Grazia Profeti (Firenze: Alinea, 1996), pp. 17-64, pp. 30-35. Considerata la consuetudine
coltivata dalla casa imperiale con la drammaturgia teatrale spagnola intorno al 1670, è ipotizzabile
che Minato possa aver attinto alcune trovate da quel repertorio. La stessa imperatrice Margarita
era spagnola (il padre era Filippo iv di Spagna, la madre Marianna d’Austria), e la corte austriaca
fin dal 1666 è solita allestire feste di tipo spagnolo in suo onore: gli anni di punta sono quelli che
corrono dal 1667 al 1673. Ecco le principali pièces spagnole allestite nella corte austriaca: Amado y
aborrecido e Fineza contro fineza di Calderón (entrambe nel 1667), Aun vencido vence amor (1669) di
un autore altrimenti ignoto (Ximenes; musica forse di Draghi), Del mal lo menos di Antonio Folch
de Cardona (1671), La flecha de amor di autore sconosciuto (1672). Maria Grazia Profeti dimostra
però che in sostanza l’interesse dell’imperatore per il teatro spagnolo fu scarso: infatti, morta nel
1673 l’imperatrice Margarita, non si allestiranno più drammi spagnoli a corte. Cf. Maria Grazia
Profeti, “‘Primiero es la honra’ di Augustín Moreto con le musiche di Antonio Draghi”, in“Quel
novo Cario, quel divin Orfeo” (cit. n. 7), pp. 99-118, pp. 99-103.
— 267 —
sara elisa stangalino – nicola badolato
27
Fabbri, Il secolo cantante (cit. n. 23), p. 89. Il topos è tra l’altro a fondamento di alcuni dram
mi veneziani di Minato come L’Orimonte e Antioco. «Nel giorno dell’arivo del sudetto re di Media
in Assiria, per consuetudine annua doveasi mandar un cavaliere a tentar la morte d’un serpe che in
certo bosco alla città vicino quella infestava, di cui correva oracolo che quando fosse rimasto ucciso si
sarebbe confirmata amicizia tra le corone di Media e d’Assiria. Nello stato di queste cose si dà principio
al drama» (L’Orimonte, Argomento). Analogamente in Antioco “si finge”: «Che dopo di ciò nascesse
a Tolomeo Berenice, della quale avesse avuto dagli oracoli che doveva sturbar le nozze tra Laodicea
ed Antioco. Che però Tolomeo, fatta allevar Berenice in una torre con concetto che fosse una schiava
presa in guerra, nominandola Erinta, allevò, in luoco di Berenice, Anassandra, figliola di Lincaste,
Satrape dell’Egitto, suo privato, con il quale il tutto partecipò, sì che crebbe Anassandra con nome di
Berenice, e Berenice, chiusa nella torre, mai da alcuno veduta, se non da chi permetteva Tolomeo, e
tutti la crederono Erinta» (Antioco, Argomento). Il tema della torre rimanda forse a uno dei drammi
più conosciuti del siglo de oro: La vida es sueño di Calderón (1635), che prende le mosse proprio
dalla reclusione del protagonista maschile nella torre-carcere. Ma il tema delle visite amorose notturne
potrebbe a sua volta rimandare a una comedia come La viuda valenciana di Lope de Vega (1620).
Nell’Antioco di Minato la torre è un carcere in cui la principessa Laodicea giace ogni notte, occultata
dalle tenebre della cella, con l’amante Stesicrate, il quale per questo ignora l’identità dell’amata.
— 268 —
epicuro all’opera!
Non meraviglia perciò se il personaggio Epicuro sia infine ben lungi dal
configurarsi come protagonista, ma assuma la funzione a latere di aiutante o
‘fautore’,28 intercedendo presso l’arconte affinché questi dia il benestare alle
nozze dei due giovani.
“Le modèle actantiel au théâtre”, nel suo Lire le théâtre, vol. 1 (Paris: Belin, 1996), pp. 43-87.
— 269 —
Nicola Minato, Gl’Atomi di Epicuro
Intervenienti:
Epicuro
Anassicrate, arconte d’Atene Cissello, servo d’Iblisca
Euleria, creduta sua figlia Un paggio
Focide, suo figlio Corteggio d’Anassicrate
Iblisca, prencipessa ateniese d’Euleria
Ossinte, prencipe d’Iblisca
Alea, rustica di Mitilene, nodrice d’Euleria di Focide
Prol. Felicità, Poesia, Musica, Orione, quattro raggi del Sole, voce del Sole
Scene sintagmatiche Scene paradigmatiche
ATTO PRIMO
sara elisa stangalino
I,1 Camere Affetto di Euleria per Foci- Focide siede sopra un letto, convalescente. Eu
— 270 —
de. Gelosia di Iblisca. leria ha lasciato Mitilene per venire in Atene,
«per conoscer la patria e il genitore amato» e
per vedere Focide.
I,2 Un paggio annuncia l’arrivo di una lettera per
Focide.
– nicola badolato
I,5 Cortile Gelosia di Iblisca e di Euleria. Epicuro «O stoica stupidità, | vieni, rimira; |
Menzogna di Euleria. Arrivo qui tutto spira | giocondità». Epicuro doman-
di Epicuro. da ad Anassicrate il permesso di aprire la scuo-
la; spiega i principii della sua filosofia. «[…]
che tutti atomi son, città e formiche».
— 271 —
epicuro all’opera!
ATTO SECONDO
II,1 Logge Inganno di Euleria. Epicu- Ossinte implora l’amore di Iblisca, ma l’affet-
ro espone la dottrina degli to della fanciulla è tutto per Focide.
atomi.
II,2 Focide rassicura Iblisca della sua fedeltà: Eu-
leria mente.
— 272 —
degli atomi. «Non vien da picciol fonte | va-
stissimo torrente?» In breve a Epicuro sarà
concesso di aprire la scuola agli Orti.
II,8 Fattasi not Imbroglio di Euleria. Nella stanza attigua a quella di Euleria Iblisca
te. Stanze attende di vedere la giovane.
ATTO III
— 273 —
III,1 Portici Rivelazione della lettera di Iblisca interroga Focide sull’identità della
Firite. dama dileguatasi. «Atomi d’Epicuro», replica
epicuro all’opera!
— 274 —
III,8 … irata, porge la lettera ad Anassicrate che
l’apre e apprende la vera identità di Euleria.
Anassicrate sigilla il foglio, lo ridà a Iblisca
perché lo riconsegni a Focide.
scena Epicuro riconosce Euleria, già vista a Mitilene con Firite. Anassicrate non approva le nozze
ultima tra Focide e Euleria perché non sono pari di nascita. Epicuro sfoggia una tirata sull’ugua-
glianza degli uomini, e così facendo innesca il lieto fine schierandosi dalla parte della coppia:
«Mira meglio i mortali, | nascono tutti nudi e tutti eguali; | umile è sempre il ferro | e trae la
calamita anche dorato. […] Atomi siam, benché coperti d’oro».
Segue balletto […] in lode alla maestà di Leopoldo.
— 275 —
epicuro all’opera!
sara elisa stangalino – nicola badolato
L’interesse per la cultura filosofica antica che fin dal primo Cinquecento
gli umanisti coltivarono attraverso la riscoperta e il recupero, in forma di
traduzione e riscrittura, delle opere scientifiche dei classici greci e latini
persiste ancora nel Seicento e per tutto il Settecento. Fra gli argomenti
più largamente dibattuti prevalgono le dispute sull’atomismo, diffuse in
particolar modo in Italia e in Francia tra pensatori illustri come Galileo
Galilei (1564-1642),29 Alessandro Marchetti (1633-1714),30 e soprattutto
Pierre Gassendi (1592-1655),31 la cui reinterpretazione del meccanicismo
atomistico alla luce di un finalismo provvidenziale ebbe vasta eco in tutta
Europa.
Al centro della cultura libertina del primo Seicento troviamo ancora la
riscoperta delle filosofie antiche che si erano applicate all’analisi della condizione
umana e dei rapporti profondi tra ragione e istinto, tra teoria e azione. In àmbito
morale, il libertinismo secentesco rivaluta non solo la filosofia materialista di
Democrito e Lucrezio (a cui anche Molière aveva dedicato una traduzione oggi
29
L’interpretazione galileiana della dottrina atomistica democritea è affrontata nei Discorsi e
dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti la meccanica ed i movimenti locali
(Leida: Elsevirii, 1638). Cf. Francesco Iovine, Galileo e la Nuova Scienza (Firenze: La Nuova Italia,
1987); Michele Camerota, Galileo Galilei e la cultura scientifica nell’età della controriforma (Roma:
Salerno, 2004); Andrea Battistini, Galileo (Bologna: il Mulino, 2011).
30
La fama di Alessandro Marchetti è legata soprattutto alla prima traduzione italiana del
De rerum natura di Tito Lucrezio Caro da lui avviata nel 1664 e conclusa nel 1668. Al di là dei
contenuti filosofici e scientifici, centrali per la riflessione coeva sulle dottrine epicuree, l’opera è
considerata fra gli esiti illustri della poesia scientifica italiana. Della traduzione, che ebbe vasta
circolazione in forma manoscritta – la prima edizione a stampa è quella londinese di Pickard,
1717 –, esistono varie redazioni: nel 1884 il Carducci ne curò un’edizione pubblicata a Firenze
presso l’editore Barbèra. Nei suoi elogi a Pierre Gassendi, il Marchetti definisce il significato
profondo da attribuire all’opera di Lucrezio: manifesto di una sintesi culturale rivoluzionaria, in
grado di collegare la nuova scienza dei moderni con la tradizione materialistica antica. Cf. Mario
Saccenti, “Il manifesto galileiano di Alessandro Marchetti”, Lettere Italiane, 1965, 18: 407-419;
Nicola Badaloni, “Intorno alla filosofia di Alessandro Marchetti”, Belfagor, 1968, 23: 283-316;
Pier Carlo Masini, Lucrezio e Alessandro Marchetti (Firenze: Libreria Antiquaria Palatina, 2008);
Gustavo Costa, Epicureismo e pederastia: il Lucrezio e l’Anacreonte di Alessandro Marchetti
secondo il Sant’Uffizio (Firenze: Olschki, 2012).
31
Gli opera omnia di Gassendi sono pubblicati nel 1658 in sei volumi a cura di Henri-Louis
Habert de Montmor. Si vedano almeno gli studi seguenti: Antonina Alberti, Sensazione e realtà.
Epicuro e Gassendi (Firenze: Olschki, 1988); Saul Fisher, Pierre Gassendi’s Philosophy and Science
(Leiden-Boston: Brill, 2005); Lynn Sumida Joy, Gassendi the Atomist: Advocate of History in an Age
of Science (New York: Cambridge UP, 1987); Antonia Lolordo, Pierre Gassendi and the Birth of
Early Modern Philosophy (New York: Cambridge UP, 2006).
— 276 —
epicuro all’opera!
32
Si vedano a tal proposito le considerazioni di Olivier René Bloch, “Molière metteur
en scène de la libre pensée”, in Libertinage et philosophie au XVIIe siècle, vol. 1 (Saint-Étienne:
Publications de l’Université de Saint-Étienne, 1996), pp. 111-124.
33
Su queste riflessioni cf. Gerhard Schneider, Il libertino. Per una storia sociale della cultura
borghese nel XVI e XVII secolo (Bologna: il Mulino, 1974); Tullio Gregory, “Il libertinismo della
prima metà del Seicento”, in Ricerche su letteratura libertina e letteratura clandestina nel Seicento, Atti
del convegno di Genova, 30 ottobre-1° novembre 1980 (Firenze: La Nuova Italia, 1981), pp. 3-47;
Alessandro Metlica, “Libertini e libertinismo tra Francia e Italia”, Intersezioni, 2013, 33: 25-44.
34
Cf. Howard Jones, The Epicurean Tradition (London-New York: Routledge, 1992), trad. it.
La tradizione epicurea. Atomismo e materialismo dall’antichità all’età moderna (Genova: ECIG, 1999),
pp. 207-229 (“La rinascenza francese”) e pp. 231-262 (“Epicurus Britannicus”); Roma triumphans?
L’attualità dell’antico nella Francia del Settecento, a cura di Letizia Norci Cagiano (Roma: Edizioni
di Storia e Letteratura, 2007); Alvaro Barbieri, Il mito classico nella letteratura francese, in Il mito
nella letteratura italiana, vol. 3, Dal Neoclassicismo al Romanticismo, a cura di Raffaella Bertazzoli
(Brescia: Morcelliana, 2009), pp. 155-200.
35
Tra le opere principali di Batteux ricordiamo il trattato di poetica Les Beaux-Arts réduits à un
même principe (Paris: Durand, 1746), il Cours de belles lettres (Paris: Desaint & Saillant & Durand,
1753), i Principes de la littérature (Paris: Le Breton, 1773). Tra gli scritti filosofici, oltre al trattato su
Epicuro, ricordiamo l’Histoire des causes premières (Paris: Saillant, 1769).
— 277 —
sara elisa stangalino – nicola badolato
36
Nato a Villerts-Cotterêts il 13 marzo 1760, Demoustier si proclamava discendente da Racine
per parte di padre e da La Fontaine per parte di madre (la notizia è riportata in tutti gli scritti,
peraltro non abbondanti, sulla vita e l’opera di Demoustier). Morì a Parigi il 2 marzo 1801, di
tubercolosi polmonare. Cf. “Charles-Albert Demoustier. Sa vie et ses œuvres”, Bulletin de la Société
Archéologique, Historique et Scientifique de Soissons, 1887, 12: 1-100 (una vera e propria monografia
sull’autore), e la “Notice sur Demoustier”, La décade philosophique, littéraire et politique, 1803, 8.2:
559-564.
37
Oltre ai titoli citati, una parte cospicua della sua produzione teatrale è raccolta nel Théâtre
de Ch. A. Demoustiers (Paris: A.-A. Renouard, 1804).
38
La prima edizione del volume inaugurale delle Lettres à Émilie sur la mythologie (Paris:
Garnier, 1786) fu seguita da numerose ristampe parigine lungo tutto il corso dell’Ottocento: Tenré,
1820 (I e II tomo); Bureau des Éditeurs, 1830 (I tomo); Librairie des Bibliophiles, 1833 (tomo II);
Langlois, 1835 (I e II tomo). Se ne registrano anche alcune traduzioni italiane: Domenico Rossetti,
La nascita d’amore. Lettera ad Emilia di C.A.D. (Parma: Luigi Mussi, 1806); Angelo Maria Ricci,
Lettere ad Emilia sulla mitologia. Libera imitazione di Demoustier (Livorno: Glauco Masi, 1821).
39
Così nell’«Avis de l’éditeur» in apertura del volume citato (p. 1): «Charles-Albert Demoustier,
non moins recommandable par la pureté de ses mœurs, qu’ami zélé d’un sexe auquel la nature même
sembloit l’avoir attaché par des rapports sympathiques, je veux dire, par la délicatesse de son esprit
et l’aménité de son caractère, avoit ouvert une espèce de Cours de morale, principalement destiné à
l’instruction des femmes».
— 278 —
epicuro all’opera!
40
Per questa visione del pensiero di Epicuro anche Demoustier, come il suo predecessore
Batteux, si rifà a Gassendi, cui assegna il merito di aver ricondotto alla ‘purezza originaria’ la
dottrina epicurea (p. 307).
41
Il drammaturgo non era peraltro nuovo a questo genere di scrittura teatrale, avendo già
all’attivo almeno altri due lavori precedenti: Apelle et Campaspe (1798, musica di André-Frédéric
Eler) e L’amour filial (1792, musica di Pierre Gaveaux).
42
Si veda il contributo di Sara Elisa Stangalino qui alle pp. 272-291.
— 279 —
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43
L’opéra di Beaumarchais fu messo in musica da Antonio Salieri e rappresentato nel Théâtre
de la Porte Saint-Martin l’8 giugno 1787. Lo stesso dramma fu poi rielaborato da Lorenzo da Ponte
per lo stesso Salieri nell’Axur, re d’Ormus rappresentato a Vienna nel gennaio 1788.
44
Per il contenuto ideologico (l’intreccio, ambientato in Asia, poggia interamente sull’oppo-
sizione tra un sovrano potente ma crudele e un suddito virtuoso e felice nei suoi affetti privati), il
ricorso a episodi spettacolari e l’intensificazione di elementi patetici e sentimentali, Tarare contiene
in nuce alcuni elementi che saranno poi ripresi nell’opera romantica del pieno Ottocento. Cf.
William D. Howarth, Beaumarchais and the Theatre (New York: Routledge, 1995).
45
Durante il decennio della Rivoluzione e il successivo periodo napoleonico il linguaggio
teatrale in genere, e quello operistico in particolare, si arricchì notevolmente sul piano tanto let
terario quanto musicale. Nell’intento di sfruttare le arti per fini politici e propagandistici, le autorità
rivoluzionarie incoraggiarono in particolare l’impiego della musica nei grandi spettacoli all’aperto
e nei teatri, dove venivano spesso inscenati soggetti ispirati agli ideali patriottici o che mettessero
in evidenza la dignità dell’uomo indipendentemente dal ceto sociale d’appartenenza. Si prediligono
dapprima opere basate sulla storia francese, poi su argomenti di derivazione classica, quasi a voler
prendere le distanze dalla monarchia e a voler nel contempo rappresentare le origini e il modello
della repubblica francese nelle corrispondenti forme politiche antiche. Per un panorama generale
si veda il saggio di Elio Franzini, Il teatro, la festa e la rivoluzione. Su Rousseau e gli enciclopedisti
(Palermo: Aesthetica, 2002). Il rinnovamento nei costumi, nell’architettura, nella pittura avviene
soprattutto sul modello romano antico: Jacques-Louis David, il noto pittore neoclassico, svolse un
ruolo decisivo anche nell’organizzazione di feste rivoluzionarie e negli allestimenti teatrali, dipinse
un nuovo sipario per l’Opéra in cui tra l’esecuzione capitale dei tiranni e i martiri della libertà
era rappresentato un ‘trionfo del popolo francese’. Si vedano a tal proposito almeno i seguenti
contributi: Laura Malvone, “L’Évènement politique en peinture. À propos du Marat de David”,
Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée, 1994, 106: 33-54; Régis Michel –
Marie Catherine Sahut, David. L’art et la Politique (Paris: Découvertes Gallimard, 1988).
— 280 —
epicuro all’opera!
scita’ era stata anticipata da una maturazione dello stile letterario e musicale
dell’opéra-comique. Strutturato secondo un’alternanza di parti cantate (arie,
duetti, cori), dialoghi parlati senza accompagnamento musicale e mélodrames
(melologhi, ossia scene mimate e recitate in concomitanza, o a rotazione,
con la musica), l’opéra-comique aveva avuto un grande sviluppo soprattutto
a partire dagli anni ’70, grazie a Romualdo Duni (1708-1775), François-
André Danican Philidor (1726-1795) e Pierre-Alexandre Monsigny (1729-
1817).46 Sul finire del secolo, il nuovo genere divenne lo strumento espressivo
privilegiato per veicolare messaggi di carattere politico, sociale, morale e –
come vedremo – filosofico.47
Negli anni più significativi nella storia dell’opéra-comique si stabilisce a
Parigi Luigi Cherubini.48 Nato a Firenze nel settembre 1760 in una famiglia di
musicisti (il padre è ‘maestro al cembalo’ nel Teatro della Pergola), si avvicina
alla composizione operistica attraverso Giuseppe Sarti, col quale lavora a
Bologna e Milano tra il 1778 e il 1780. Nel 1784 lascia l’Italia, dapprima per
Londra, poi per Parigi, dove nel 1788 esordisce all’Opéra col Démophoon.
Il decennio 1790-1800 è senza dubbio il più felice per Cherubini: collabora
con la banda repubblicana di Sarrette, compone inni e marce, riceve incarichi
ufficiali, mette in scena al Feydeau quattro importanti lavori, che lo assurgono
all’Olimpo dei compositori di Parigi: Lodoïska (1791), Éliza (1794), Médée
46
Cf. Lo spettacolo nella Rivoluzione francese, Atti del Congresso internazionale di Milano,
4-6 maggio 1989, a cura di Paolo Bosisio (Roma: Bulzoni, 1989); Giuseppe Radicchio – Michel
Sajous D’Oria, Parigi: i teatri negli anni della Rivoluzione (Milano: Electa, 1989). Dagli anni della
Rivoluzione e dell’Impero Parigi dispone di tre principali organismi teatrali che occupano sale
diverse (con trasferimenti frequenti in nuove sedi), e che hanno la responsabilità di tre tipologie
principali di spettacolo: (1) il Théâtre de l’Opéra, finanziato dal governo nazionale, rappresenta
l’opera seria integralmente cantata e il balletto; possiede un’orchestra numerosa e cori formati da
molti elementi, ampie risorse sceniche e un eccellente corpo di ballo; (2) il Théâtre de l’Opéra-
Comique mette in scena tutta la gamma delle opere francesi che impiegano, oltre al canto, anche il
dialogo parlato; negli anni occupò sale diverse (Feydeau, Favart e Ventadour); (3) il Théâtre Italien
(dal 1801) che accoglie l’opera italiana cantata in italiano ed è luogo d’incontro per i ceti intellettuali
e altolocati; tra i musicisti italiani che ne tennero la direzione figurano Gaspare Spontini (1810-
1812), la cantante Angelica Catalani (1814-1815), Ferdinando Paer (1815-1824 e 1826-1827) e
Gioachino Rossini (1824-1826).
47
Per un panorama sull’opera in Francia sul finire del Sette e il primo Ottocento si veda
Herbert Schneider, Il teatro musicale da Rameau al 1830, in Musica in scena, vol. 2, Gli italiani
all’estero. L’opera in Italia e in Francia, a cura di Alberto Basso (Torino: UTET, 1996), pp. 537-610.
48
Dell’ampia bibliografia su Luigi Cherubini segnaliamo qui almeno i seguenti titoli: Luigi
Cherubini nel II centenario della nascita: contributo alla conoscenza della vita e dell’opera, a cura di
Adelmo Damerini (Firenze: Olschki, 1962); Basil Deane, Cherubini (London: Oxford UP, 1965);
Vittorio Della Croce, Cherubini e i musicisti italiani del suo tempo (Torino: EDA, 1983); Stephen
Charles Willis, Luigi Cherubini: A Study of his Life and Dramatic Music, 1795-1815 (Ann Arbor:
UMI, 1984).
— 281 —
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(1797) e Les Deux journées (1800). L’apice della sua drammaturgia arriva
con Médée, da Euripide, un’opéra-comique che farà epoca nella storia del
teatro d’opera. Dopo il 1800 inizia per Cherubini un periodo più difficile:
in contrasto con l’ideologia artistica napoleonica, concentra la sua attività
musicale soprattutto sull’insegnamento in Conservatorio e cerca di lanciare
le sue opere ‘rivoluzionarie’ in Germania e in Austria. Nel 1803 presenta
Anacréon ou L’amour fugitif all’Opéra: l’opera non riscuote un gran successo,
in primis per l’argomento, scevro da qualsiasi eroismo, ma soprattutto per
ragioni strutturali della musica: troppo sinfonica l’ouverture, troppo grevi
i recitativi, troppo simili tra loro i pezzi musicali, scarse le idee melodiche
pregnanti.
Accanto all’italiano Cherubini, l’altro importante autore di opéras-comi
ques fu il francese Étienne-Nicolas Méhul. Organista di formazione e con solidi
interessi per la musica strumentale, arriva al teatro sulla scia di Gluck, dal quale
fu incoraggiato a intraprendere la carriera di operista. Nel gruppo dei musicisti
rivoluzionari, è quello che più d’ogni altro condivide il nuovo corso repubblicano.
Nel 1793 fu nominato ispettore per la musica nel neonato Conservatoire National
Supérieur de Musique et de Danse di Parigi. Dopo aver pubblicato una raccolta di
sei Sonate per cembalo (1783) si impone al teatro Favart con Euphrosine et Corradin
(1790), poi con la Stratonice (1792) e Le jeune Henry (1797).49
Tra i lavori teatrali dei due musicisti qui sopra sommariamente introdotti,
come s’è detto, compare anche l’Épicure di Charles-Albert Demoustier, rap
presentato nel Théâtre Favart di Parigi il 14 marzo 1800 in forma di opéra-
comique; i tre atti furono composti a quattro mani da Cherubini e Méhul,
autori l’uno del primo e l’altro del second’atto, e coautori del terzo. Tanto
sul piano musicale quanto su quello della scrittura drammatica, Épicure è
oggi pressoché ingiudicabile, essendosene perduti sia il libretto sia la quasi
totalità della partitura, di cui restano soltanto otto brani in tutto, di mano
di Cherubini: i primi quattro numeri del prim’atto (1-4), due del terzo (8 e
10, quest’ultimo con due appendici che registrano alcune variazioni alla pri
ma stesura), oltre all’ouverture.50 La tabella qui di seguito riporta l’elenco
49
Su Méhul si vedano Arthur Pougin, Méhul: sa vie, son génie, son caractère (Genève: Minkoff,
1973); Mary Elizabeth Caroline Bartlet, Étienne-Nicolas Méhul and Opera: Source and Archival
Studies of Lyric Theatre during the French Revolution, Consulate and Empire (Weinsberg: Musik-
Edition Lucie Galland, 1999).
50
Gli autografi di Cherubini sono conservati a Brunswick, Stadtarchiv und Stadtbibliothek
(Mus. Ms. Autogr. Cherubini, n. 125). Un’edizione moderna dell’ouverture dell’opera è stata recen
temente pubblicata a cura di Pietro Spada: Luigi Cherubini, Épicure. Ouverture (Roma: Boccaccini
& Spada, 2007).
— 282 —
epicuro all’opera!
dei pezzi superstiti con l’indicazione dei personaggi coinvolti e dei rispettivi
incipit.51
Atto Primo
n. 1 Duetto Aspasie-Épicure «Du tourment cruel que j’endure»
n. 2 Épicure, Aspasie, Coro «Amans, amis» (Andantino grazioso)
n. 3 Épicuro, Coro «Voyez dans mon champêtre asile»
n. 4 Finale: Aspasie, Épicure, Héraclite, «Mon ami, qui vois-je là bas?»
Narcisse, Démocrite, Ruston
Atto Terzo
n. 8 Épicure, Héraclite, Narcisse, Démo- «Répands sur nous, céleste vérité, un pur rayon
crite, Ruston de ta lumière»
n. 10 Finale: Aspasie, Épicure, Héraclite «Voici les maux que mon génie enfante»
Narcisse, Démocrite, Ruston, Coro
n. 10a Finale: Aspasie, Épicure, Héraclite, «Voici les maux que mon génie enfante»
Narcisse, Démocrite, Ruston, Coro
n.10b Finale: Aspasie, Épicure, Héraclite,
Narcisse, Démocrite, Ruston, Coro «Grands dieux»
Quale sarà mai stato il ruolo di Epicuro in quest’opera? Come sarà stato
delineato il filosofo greco da un autore – Demoustier – che già aveva dimo
strato di conoscere a fondo il mondo antico e le dottrine filosofiche maggiori?
Difficile a dirsi. Una ricostruzione plausibile dell’immagine del filosofo nel
dramma risulta estremamente ardua, in mancanza di un libretto che ci consenta
di analizzarne partitamente i contenuti. E tuttavia possiamo tentare di comporre
un profilo a partire dalle considerazioni ‘di seconda mano’, contenute nelle non
poche descrizioni di corredo alla prima esecuzione dell’opera.
Dalle recensioni coeve sappiamo che alla sua prima apparizione l’opera
ricevette un’accoglienza piuttosto negativa da parte degli spettatori, che giu
dicarono irrazionale la figura del protagonista e sconclusionata l’intera vicenda.
Una seconda recita dell’opera, data tre giorni dopo la première del 14 marzo
1800, indusse Demoustier a rivedere il testo del libretto in vista di una terza
replica in programma il 20 marzo: l’esito non fu tuttavia dissimile, ed Épicure
venne cancellato dal cartellone del Théâtre Favart. La rumorosa opposizione
del pubblico riecheggiò immediatamente sulla stampa parigina; ce lo dice il
seguente passo tratto dalla Gazette de France del 15 marzo 1800:
L’opéra d’Épicure a excité plus de bruit que d’applaudissements; cependant on
continuera à la jouer. La musique de Méhul et de Cherubini, les tirades qui ont fait
reconnoître l’auteur du Conciliateur, méritent de tenter plus d’une fois le goût du
51
Lo schema è ripreso da Michael Fend, Cherubinis Pariser Opern (1788-1803) (Stuttgart:
Franz Steiner Verlag, 2007), pp. 348-352, p. 349.
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public qui, soit dit sans l’offenser, porte à présent au spectacle la turbulence dont il
s’est corrigé dans les affaires politiques.52
52
Il passo è citato in Vittorio Della Croce, Cherubini e i musicisti italiani del suo tempo
(Torino, EDA: 1983), pp. 292-293.
53
Si veda l’Année théâtrale: Almanach, 1800, 9: 226-229
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epicuro all’opera!
dont il veut faire son disciple. Cependant on le mène devant l’aéropage. Il est accusé
de séduire la jeunesse, et de prêcher la corruption. Épicure expose les principes les
plus purs de sa morale. Aspasie vient à son aide, et dévoile les motifs criminels de
l’accusation. Épicure est absous et pardonne à ses dénonciateurs.54
54
Cf. l’Almanach des Muses, 1801, 9: 311-312.
55
La figura di Aspasia è ben nota tanto nel teatro per musica quanto nella letteratura e nell’arte
figurativa coeva. Ricordiamo rispettivamente: L’Aspasia di Gaetano Sertor musicata da Giuseppe
Giordani (Venezia: Fenzo, 1790); il romanzo L’amor tra l’armi ovvero La storia militare e amorosa di
Aspasia e Radamisto di Antonio Piazza (Venezia: Fenzo, 1773); il dipinto Aspasia s’entretenant avec
Alcibiadés et Socrate di Nicholas-André Monsiau (1798). Per un quadro complessivo sulla figura di
Aspasia nelle arti in genere si veda Ilaria Crotti, “Prime note per Aspasia”, Critica letteraria, 2003,
121: 651-669.
56
Per un profilo della connotazione tradizionale di Aspasia cf. Nicole Loraux, Aspasia, la
straniera, l’intellettuale, in Grecia al femminile, a cura di Nicole Loraux (Roma-Bari: Laterza, 1993),
p. 135-137; Madeleine M. Henry, Prisoner of History. Aspasia of Miletus and Her Biographical
Tradition (Oxford: Oxford UP, 1995).
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57
Secondo il recensore della Décade philosophique, littéraire et politique, 1800, 8: 560, la scelta
del nome di Aspasia sarebbe semplicemente legata a ragioni tecnico-strutturali: «l’histoire désigne
sa courtisane Leontium, mais les formes lyriques ont fait préférer sans doute le nome d’Aspasie».
58
Il testo è riprodotto in Michael Fend, Cherubinis Pariser Opern (cit. n. 52), pp. 350-351.
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epicuro all’opera!
Espressione autoironica, con cui Orazio si descrive nell’epistola a Tibullo (Hor. epist. 1,4,10).
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