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© Francesco Tormen – Corso di sogno lucido e consapevolezza onirica – DISPENSE seconda parte

Corso di Sogno lucido e consapevolezza onirica


Seconda parte: I sogni lucidi WILD o viaggi astrali

DISPENSE

Note introduttive

In questa fase del percorso esploreremo i fenomeni noti come “viaggi astrali”, cioè sogni lucidi
cominciati senza soluzione di continuità con lo stato di veglia – LaBerge li chiama WILD (Wake
Initiated Lucid Dream), mentre quelli affrontati nel primo modulo erano i DILD (Dream Induced Lucid
Dream), cioè sogni normali che si trasformano in sogni lucidi.
Anche se, secondo le attuali conoscenze scientifiche, non c’è differenza tra questi due stati (al di là
del modo in cui vi si accede), dal punto di vista soggettivo possono esserci delle differenze
significative:
 In molti casi (anche se non in tutti) i WILD cominciano con un’esperienza che è vissuta come
un’‘uscita’ dal corpo. È per questo che sono stati spesso indicati con nomi che sembrano
avere poco a che fare con la dimensione del sogno: “esperienze extra-corporee”, “viaggi
fuori dal corpo”, “viaggi astrali” o “proiezioni astrali” (dalla teoria del corpo astrale di matrice
teosofica, di cui parleremo prossimamente).
 La realtà che sperimentiamo in questi viaggi è di norma – almeno nei primi momenti – una
copia molto fedele dell’ambiente fisico in cui ci troviamo (la nostra stanza, casa, quartiere
etc.), anche se ci possono essere delle bizzarre varianti… D’altra parte, di solito più ci
allontaniamo dal luogo dove si trova il nostro corpo addormentato, più l’ambiente tende
discostarsi da quello fisico e si aprono scenari inaspettati.
 Nella maggior parte dei casi la ricchezza di dettagli e la vividezza dell’esperienza sono di
gran lunga superiori a quelle della maggior parte dei sogni lucidi cominciati da sogni ordinari.
 Parallelamente all’alto grado di coinvolgimento percettivo, di norma queste esperienze sono
anche molto intense e significative dal punto di vista psicologico, emotivo e spirituale.

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Perciò talvolta possono anche psicologicamente impegnative, a differenza della maggior


parte dei sogni lucidi più comuni, che di solito sono esperienze caratterizzate da un piacevole
senso di leggerezza e libertà.

Queste differenze tra sogni lucidi e viaggi astrali lasciano comunque il tempo che trovano, dal
momento che la realtà che stiamo tentando di mappare con questi termini è infinitamente più
complessa. Con le espressioni come ‘sogno lucido’ e ‘viaggio astrale’ ci si riferisce a una vastissima
gamma di esperienze che, se da un lato hanno in comune alcuni tratti generali (fondamentalmente
la consapevolezza di non trovarsi nel mondo della veglia), dall’altra presentano una tale varietà di
caratteri da poter affermare che, mentre la condizione di veglia può essere descritta come un unico
stato di coscienza, in queste altre esperienze si accede ogni volta a uno stato di coscienza
leggermente diverso, con caratteristiche uniche e irripetibili – benché con il tempo sia certo
possibile tentare di mappare con maggiore precisione questo vastissimo territorio, organizzando le
diverse esperienze sulla base delle loro caratteristiche fenomenologiche (come ad esempio il grado
di lucidità, la ricchezza di dettagli, la ‘densità’ del corpo e degli oggetti, la stabilità degli scenari, la
loro resistenza all’influenza del pensiero e così via). Questa esplorazione va però al di là degli
obiettivi di questo percorso di base.

Un altro aspetto da segnalare è che le tecniche per indurre i WILD (da qui in poi, per praticità, ‘viaggi
astrali’) sono più difficili da applicare rispetto a quelle finalizzate a favorire i DILD (da qui in poi
semplicemente ‘sogni lucidi’). Conseguentemente, negli studi in materia, il rapporto tra la frequenza
di questi due tipi di esperienze è del 70-80% di sogni lucidi contro un 20-30% di viaggi astrali.

Per converso, mentre persino il praticante esperto fatica a fare sogni lucidi DILD ‘a comando’ (dal
momento che le tecniche a nostra disposizione possono soltanto favorirne l’insorgenza spontanea),
le tecniche per il viaggio astrale, dopo un certo periodo di addestramento, permettono di accedere
a questo stato praticamente ogni volta lo si desideri (premesse le adeguate condizioni fisiologiche,
in primis il fatto di avere alle spalle un numero sufficiente di ore di sonno).

Infine bisogna dire che la facilità o difficoltà con cui si accede a questi due diversi tipi di esperienza
è una faccenda molto soggettiva. Chi non avesse avuto particolare successo con le tecniche per il
sogno lucido potrebbe avere una nuova chance con quelle peri il viaggio astrale, soprattutto

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considerando che la capacità di ricordare i sogni, che rappresentava un requisito fondamentale per
i sogni lucidi, non è altrettanto importante per i viaggi astrali, per i quali è più decisiva la capacità
di mantenere un certo grado di consapevolezza durante gli stati di dormiveglia che attraversiamo
ogni notte quando ci addormentiamo. Per capire come fare, può essere d’aiuto sapere che cosa
succede, dal punto di vista scientifico, nel momento in cui passiamo dallo stato di veglia allo stato
di sonno REM.

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Transizione dalla veglia alla fase REM

Innanzitutto va chiarito che non si verifica ogni volta che ci addormentiamo: come chiarito in
precedenza (cfr. pp. 2-3), quando andiamo a dormire stanchi dalla giornata, non entriamo subito in
fase REM, ma passiamo rapidamente dalla veglia a uno stato di sonno profondo pressoché privo di
sogni, nel quali rimaniamo per oltre un’ora. Anche nei 2-3 cicli successivi si verifica qualcosa di
analogo. Al contrario, se abbiamo alle spalle almeno 4-5 ore, oppure se andiamo a dormire di
pomeriggio, è probabile che quando ci addormentiamo passeremo più o meno direttamente dallo
stato di veglia a quello di sonno REM. Questo passaggio è reso possibile dal tronco encefalico, il
quale mette in atto, più o meno contemporaneamente, i seguenti 3 processi:
• Interrompe gli input sensoriali (di solito nell’ordine: tatto, gusto e olfatto, vista, udito);
• Interrompe l’output motore (si entra in uno stato di paralisi);
• Attiva le aree corticali (dando vita prima a immagini e pensieri molto vividi, che
progressivamente si trasformano in sogni).

In altre parole, il cervello ci ‘disconnette’ dal mondo dei sensi e ne crea uno alternativo (almeno
secondo la scienza). È importante sottolineare che normalmente durante questa fase di transizione
– che è chiamata “fase ipnagogica” – non siamo affatto consapevoli di quello che sta succedendo:
la nostra coscienza si offusca completamente dopo pochi secondi dall’inizio di questo processo.

L’obiettivo di questa fase della pratica è invece quello di mantenere un certo grado di presenza
durante il processo, spingendoci ogni volta un pochino più avanti, fino a riuscire ad entrare nel
mondo dei sogni senza aver mai (o quasi) perso coscienza. Non si tratta di un’impresa facile, perché
durante questo passaggio il nostro stato di coscienza di base si ‘sfalda’ progressivamente – e
questo comprende anche il nostro senso di identità, la cognizione del tempo e del luogo in cui ci
troviamo, la percezione del corpo, la forma logica dei pensieri etc. In questa transizione possiamo
percepire le cose più strane: immagini vivide e complesse, pensieri assurdi (che seguono una logica
irriproducibile nel nostro stato ordinario, anche se ci ridestiamo immediatamente per cercare di
ricostruirla), alterazioni nella percezione corporea e persino suoni che non sono davvero presenti
nell’ambiente; tutti questi strani fenomeni sono chiamati “allucinazioni ipnagogiche” e sono segni
del fatto che stiamo abbandonando il nostro stato di coscienza ordinario per entrare i un altro.
Succede ogni notte, ma normalmente ne siamo del tutto inconsapevoli.
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Anche l’io dalla cui prospettiva siamo soliti osservare ciò che ci accade si dissolve in questo
passaggio. Quindi non potrò essere “io” a rimanere consapevole durante il processo, ma una parte
di me più profonda e meno ‘attiva’: una presenza sottile e non interferente che rimane sullo sfondo
e che, al momento giusto, ci permetterà di entrare consapevolmente nella dimensione onirica.
Ci sono principalmente tre vie per raggiungere questo obiettivo:
 La via più diretta – che quando riesce pienamente è anche quella che dà accesso alle
esperienze più profonde e significative – è quella di concentrarsi sul proprio corpo fino al
momento in cui ci si accorge (per una serie di crescenti modificazioni delle sensazioni
corporee) che quello che percepiamo non è più il corpo fisico, ma quello astrale – o, a
seconda della prospettiva che intendiamo abbracciare, il nostro corpo onirico: una
simulazione del corpo prodotta dal cervello, svincolata ormai totalmente (o quasi) dagli input
sensoriali. A quel punto è possibile tentare di “separarsi dal corpo fisico”.
 Oppure è possibile concentrarsi sulle immagini ipnagogiche (immagini che si manifestano
spontaneamente durante il processo) fino a che queste non diventano così vivide, realistiche
e relativamente stabili da sembrare quasi una scena reale. Mentre fino a questo punto siamo
stato spettatori impersonali del processo, ora entriamo nella scena e cominciamo a
interagire con essa.
 O infine è possibile concentrarsi su una specifica visualizzazione, che può essere di vari tipi:
un esempio sono le sillabe luminose dello yoga tibetano, che si possono visualizzare in vari
punti del corpo, in particolare a livello della gola; un altro esempio, suggerito da Buhlman, è
di visualizzare noi stessi, in prima persona, mentre ci troviamo in qualche altra stanza della
casa e percepiamo il nostro corpo e i dettagli l’ambiente.

Queste diverse tecniche possono risultare più o meno congeniali a diversi tipi di soggetti: alcuni ad
esempio sperimentano spesso e senza particolare sforzo le immagini ipnagogiche, altri possano
avere più dimestichezza con le visualizzazioni; per qualcuno l’idea di separarsi dal corpo può essere
fonte di disagio o angoscia, o semplicemente qualcosa di inconcepibile, mentre per altri si tratta di
una faccenda relativamente naturale. La cosa migliore è mettersi alla prova con queste diverse
tecniche e trovare la propria variante ideale.

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1. La via più diretta: “uscire dal corpo”

Ecco i passaggi fondamentali di questa tecnica:


 Quando vai a dormire (meglio se dopo un risveglio notturno, o prima di un riposo
pomeridiano, quando non sei troppo stanco) metti in atto questa semplice tecnica di
rilassamento: cerca di fonderti con le sensazioni del corpo, evitando per quanto possibile di
lasciarti trasportare da pensieri e fantasie (perché così facendo perderesti coscienza in breve
tempo), ma anche di rimanere troppo vigile: abbandonati ad un totale rilassamento, ma
mantieni giusto quel filo di presenza necessaria a non addormentarti del tutto, lasciando che
sia il tuo corpo a farlo... È come se dovessi tendergli un piccolo inganno: pensa al tuo corpo
come a un compagno inseparabile che non vuole mai addormentarsi senza di te; fagli credere
di starti addormentando con lui, ma lascia che sia lui a farlo per primo!
 Puoi aiutarti in questo processo con una lenta scansione corporea che parte dalle dita dei
piedi e arriva fino alla testa. Se lo desideri, puoi immaginare un fluido luminoso che riempie
progressivamente il tuo corpo, portando con sé una sensazione di profondo benessere e
rilassamento e sciogliendo a poco a poco i confini del corpo. Diventa tutt’uno con questa
sensazione pervasiva, che si fa via via più fluida, leggera e svincolata dal corpo fisico.
 Prova a vedere se riesci a mantenere la consapevolezza (o a ritrovarla, se per qualche istante
l’hai persa) fino al momento in cui il corpo è completamente ‘addormentato’ – cioè quando
non lo percepisci più, oppure le tue sensazioni corporee sono molto insolite, non riesci più
ad avvertire chiaramente in quale posizione ti trovi e hai l’impressione di non poterti
muovere, se non con un considerevole sforzo di volontà.
 Se riesci ad arrivare a questo punto, prova semplicemente a ‘sollevarti’ o ‘staccarti’ dal
corpo. Trova il tuo modo per farlo: ad esempio puoi provare a levitare, oppure sgusciare o
traslare lateralmente, o semplicemente alzarti come faresti normalmente, ma con una parte
più ‘sottile’ di te. In questo momento potresti sentire delle sensazioni insolite, anche molto
intense (come ad esempio delle vibrazioni o scosse elettriche che attraversano il corpo, o
anche un suono molto forte, simile a quello del trapano del dentista, o di tonalità più bassa,
come il reattore di un aereo). Non preoccuparti, è tutto normale, anzi: significa che sei molto
vicina/o al risultato. Ricorda che puoi interrompere il processo in qualunque momento lo
desideri. Se invece te la senti, lasciati pervadere da quelle sensazioni, abbandonati al
processo continuando il movimento di “separazione dal corpo”.
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 Se dovessi riuscire nell’impresa, per il momento ti suggerisco di limitarti a fare un giretto nei
dintorni e, se intendi spiccare il volo, assicurati di stare davvero sognando (ad esempio puoi
fare un test di realtà)!

Quanto ai momenti migliori per cimentarsi nella pratica con successo, ripetiamolo: è importante
avere alle spalle almeno quattro o cinque ore di sonno, oppure eseguirla nel pomeriggio
(prendendoci almeno un’ora e mezza durante la quale siamo certi che nessuno ci disturberà).
Questo perché, come abbiamo visto, è solo a queste condizioni che avremo una probabilità
relativamente alta che una fase REM – l’unica in cui si verificano, a quanto sappiamo, queste
esperienze – cominci non appena ci addormentiamo (o quasi). Ciò non toglie che, come
addestramento, possiamo eseguire la pratica anche la sera prima di addormentarci. Per
comprendere meglio quest’ultimo punto, considera quanto segue.

Inizialmente è piuttosto difficile riuscire a passare, senza soluzione di continuità, dallo stato di veglia
a quello di sonno REM, inducendo un viaggio astrale nel modo canonico. È più probabile che succeda
qualcosa del genere: state svolgendo la vostra pratica ma a un certo punto vi addormentate; dopo
un tempo imprecisato, durante il quale potreste anche aver sognato o attraversato vari stati di
sonno o dormiveglia più o meno confusi, vi ritrovate di nuovo a letto e vi ricordate di cosa stavate
facendo. A quel punto probabilmente non sarete del tutto svegli, anzi: è probabile che stiate
semplicemente sognando di essere a letto, o che comunque vi troviate in qualche stato intermedio
tra la veglia il sonno. Quello è il momento migliore per tentare di separarvi dal corpo. Anzi, in alcuni
casi potrebbe non essere neppure necessario: potreste anche semplicemente alzarvi, perché, come
dicevo, probabilmente starete già sognando, e quello che percepite potrebbe essere già il vostro
corpo di sogno, nella vostra stanza di sogno! Ma questo genere di sogni è talmente realistico che
all’inizio è quasi impossibile riconoscerli, quindi per il momento è meglio limitarsi all’intento di uscire
dal corpo, e vedrete che qualcosa succederà...

Tutto questo potrà sembrarvi piuttosto complicato, ma con il tempo e la pratica chi vorrà cimentarsi
in quest’arte imparerà a riconoscere meglio la ‘consistenza’ di questo particolare stato, e a
padroneggiare sempre più il processo apparentemente confuso che permette di accedervi. Questo
era soltanto un esempio di quello che potrebbe succedere; le possibilità sono varie e il processo
molto soggettivo. Il punto importante è questo: anche se mancate l’obiettivo esplicito della pratica,

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non è affatto detto che non otterrete comunque il risultato sperato, anzi: è probabile che ci
arriverete per vie traverse, piuttosto che seguendo i passi canonici, anche a distanza di giorni dal
vostro ultimo tentativo. L’importante è provare e riprovare, mantenendo nel corso del rilassamento
l’intento subliminale di uscire dal corpo, che prima o dopo troverà la sua via per realizzarsi.

Un’altra cosa che potrebbe succedervi, opposta a quella appena descritta, è che il vostro stato di
rilassamento non sia abbastanza profondo da permettervi di separarvi dal corpo – in altre parole,
potreste trovarvi in uno stato di dormiveglia troppo vigile, da cui non riuscite ad accedere alla fase
REM: la vostra stessa consapevolezza potrebbe infatti inibire questo passaggio. Allora, nel momento
in cui tentate di sollevarvi dal corpo, potreste provare diversi tipi di sensazioni, più o meno piacevoli:
la sensazione che una parte di voi molto più leggera e ‘viva’ si stia leggermente separando da una
parte più pesante e inerte, senza però riuscire a staccarsi; oppure qualcosa di meno gradevole, come
la sensazione di stare tentando inutilmente di rompere una barriera inoltrepassabile, o di compiere
uno sforzo impossibile; o ancora la sensazione di essere imprigionati nel corpo. Oppure, come
dicevamo, potreste sentire delle vibrazioni che attraversano il vostro corpo, ma che poi cessano
senza avere raggiunto il loro apice, come un motore che si spegne prima di aver raggiunto la piena
potenza (nel qual caso però sarete davvero a un passo dalla meta). In tutti questi (o altri) casi, va
benissimo: state accumulando esperienza in quella misteriosa terra di nessuno tra il sonno e la
veglia, un’esperienza che nessun libro o spiegazione può sostituire. Bisogna passarci attraverso.

Inoltre – cosa ancora più importante – state imprimendo in livelli sempre più profondi della mente
l’intento di uscire dal corpo, o di fare un sogno lucido, o comunque vogliate riferirvi a questa
possibilità, intento che potrebbe dare i suoi frutti spontaneamente più avanti, nel corso della stessa
notte o anche a distanza di giorni o settimane.

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2. Concentrarsi sulle immagini ipnagogiche

Come abbiamo detto, durante la transizione tra la veglia e il sogno, se riusciamo a mantenere desta
l’attenzione senza interferire con il processo, possiamo notare una serie di anomalie percettive e
cognitive. È importante capire di cosa si tratta, innanzitutto dal punto di vista scientifico: una
progressiva sostituzione degli input sensoriali con pseudo-percezioni create dal cervello
(tecnicamente, allucinazioni). In altre parole, una realtà immaginaria comincia gradualmente a
sostituirsi a quella percepita dai sensi – benché, per essere precisi, entrambe le realtà siano
comunque, in un modo o nell’altro, create dal cervello: secondo le più recenti prospettive
neuroscientifiche, nel sogno come nella veglia siamo sempre immersi nella stessa "realtà virtuale",
la differenza sta tutta nel ruolo svolto (o meno) dagli input sensoriali nel modellarla. Alla luce di
questo possiamo comprendere che non si tratta di un passaggio repentino, ma di una progressiva
sostituzione che passa attraverso un periodo di relativa sovrapposizione tra questi due mondi: gli
occhi all'inizio vedono solo buio, ma a un certo punto cominciano ad apparire delle immagini che
diventano sempre più vivide. Lo stesso avviene per il tatto: dal momento che siamo immobili, le
sensazioni tattili tendono via via a dileguare, ma se ci concentriamo sul corpo, dopo un po’ si
presenteranno strane sensazioni: il corpo "immaginato" comincia a sostituirsi gradualmente a
quello percepito dai sensi. Tutte queste anomalie della percezione sono chiamate "allucinazioni
ipnagogiche".

Durante questo passaggio c'è una sorta di "competizione" tra i due mondi, quello dei sensi e quello
creato dalla mente. Ciò che dobbiamo imparare a fare è guidare questo processo, lasciandolo
avvenire dolcemente, senza interferire troppo, ma senza neppure perdere del tutto coscienza, fino
al momento in cui è possibile "afferrarsi" al secondo di questi mondi, facendolo prevalere
definitivamente sull'altro. Se ci si riesce, ci si troverà completamente immersi nel mondo dei sogni,
mentre quello della veglia sarà totalmente scomparso. Non è niente di diverso da ciò che avviene
ogni notte, anche se solito non ne siamo consapevoli. Infatti la nostra coscienza è molto più di casa
nel mondo della veglia che in quello dei sogni; dunque, senza volerlo, in questa “competizione”
parteggia inevitabilmente per il primo: più siamo presenti e più rimaniamo sintonizzati con la realtà
percepita dai sensi, interrompendo così il processo di addormentamento. Ecco che la maggior parte
delle persone per addormentarsi deve "perdere coscienza", e lo fa già nelle primissime fasi di questo
processo, così che le allucinazioni ipnagogiche (visive, tattili, ma anche uditive) non vengono quasi
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mai sperimentate. Le tecniche che stiamo esplorando in questa fase del percorso sono tutte, per
così dire, “trucchi” per attraversare questo passaggio mantenendo un certo grado di
consapevolezza, in modo da poterlo orientare nella direzione voluta.

In termini teosofici o esoterici, si tratta di imparare a spostare la coscienza dal corpo fisico a quello
astrale, in modo da poter accedere a questo veicolo per esplorare la dimensione che gli è propria.
Possiamo considerare questa prospettiva alternativa – che in questa sede potrà essere solo
accennata – come un’integrazione a quella scientifica che in molti casi si rivela più efficace dal punto
di vista fenomenologico, ossia più accurata nel descrivere l’esperienza così com’è vissuta dal
soggetto, indipendentemente dalla sua validità dal punto di vista oggettivo.

Nella tecnica precedente il suggerimento era quello di concentrarsi sulla trasformazione delle
sensazioni corporee fino al momento in cui esse non appaiono del tutto svincolate dagli input
sensoriali, ed è dunque possibile “lasciare il corpo”. Un’altra possibilità consiste nel concentrarsi
sulla formazione spontanea di immagini che accompagna il passaggio dalla veglia al sonno, note
come "immagini ipnagogiche". Si tratta di immagini più o meno bizzarre che sorgono senza il nostro
controllo cosciente (non si tratta dunque di visualizzazioni deliberate). Come abbiamo già detto, in
molti di noi, quando questo fenomeno si verifica, la coscienza si è già sopita. La produzione di
immagini ipnagogiche è infatti parte del processo attraverso il quale lo stato di coscienza di veglia si
sfalda progressivamente, per lasciar posto a quello di sogno. In questi momenti non solo le
percezioni corporee e ambientali vengono, ma anche tutti i processi cognitivi, la forma logica dei
pensieri e il senso dell’io sono significativamente indeboliti, o comunque alterati.

Se però riusciamo a mantenere un filo di consapevolezza lungo questo processo, probabilmente ci


accorgeremo di un progressivo mutamento nella qualità di queste immagini: dapprima si
presentano come brevi flash sconclusionati, per lo più statici e non particolarmente dettagliati; di
solito si tratta di forme geometriche, volti od oggetti isolati. Nell’arco di qualche minuto però – se
riusciamo a rimanere testimoni del processo senza impedirlo – le immagini diventeranno sempre
più stabili, dettagliate e dinamiche, fino a diventare delle vere e proprie scene o ambienti; quasi
dei sogni. Perché “quasi”? Normalmente nella fase ipnagogica non siamo soggetti situati in prima
persona nella scena: è come se fossimo spettatori incorporei, o come se fossimo tutt’uno con la
scena che si sta svolgendo. In altre parole, la forma di coscienza compatibile con questa fase di

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transizione è di solito piuttosto debole e ‘desoggettivizzata’, sia rispetto a quella di veglia che
rispetto a quella di sogno. Può succedere che in alcuni momenti si realizzi con stupore quanto sta
avvenendo e la coscienza dell'io si ridesti un po', ma quando ciò accade le immagini tendono a
perdere rapidamente vividezza e il processo di transizione verso il sogno si interrompe.

Riuscire a vivere questo stato con una certa consapevolezza richiede un difficile equilibrio tra
abbandono e presenza. In modo analogo a quanto visto per la tecnica precedente, dobbiamo
coltivare un tipo di consapevolezza molto delicata e sottile, non interferente e non identificata con
il nostro ordinario senso dell’io (che è parte di ciò che deve perdersi durante la transizione). Con
l’esercizio è possibile spingersi sempre più avanti nel processo, e persino imparare a prolungare
questo stato per contemplare le immagini ipnagogiche. In questo contesto tuttavia il nostro
obiettivo è un altro: usare le immagini ipnagogiche come trampolino di lancio per entrare in un
sogno vero e proprio (un sogno REM) in piena coscienza. Per farlo bisogna lasciare che queste
immagini diventino sempre più vivide e coerenti, fino a formare una scena relativamente stabile
e dettagliata. A quel punto semplicemente "si entra" nella scena (mentre fino a quel punto si era
rimasti, per così dire, sullo sfondo). Però è importante aspettare il momento giusto, che sarà giunto
soltanto quando avremo ormai perso ogni contatto con il mondo esterno. Un tentativo troppo
precoce ci porterebbe inevitabilmente a svegliarci. Dobbiamo riuscire a rimanere "silenti", quasi
dimentichi di noi stessi, fino a che la scena non sarà divenuta quasi reale. Durante il processo è
abbastanza inevitabile (e utile) avere qualche momento di incoscienza, che ci aiuterà a compiere dei
balzi in avanti nel processo. Sarà il nostro intento di fondo che, continuando ad agire a livello
subliminale, ci impedirà di addormentarci del tutto (ammesso che siamo abbasta motivati e non
troppo stanchi).

Se riusciremo nell’impresa, ci troveremo all’interno di un sogno lucido. A quel punto dovremo


evitare due rischi opposti: che il sogno rimanga poco vivido e realistico, troppo vicino alla
consistenza delle immagini ipnagogiche; o che, viceversa, la nostra lucidità si perda e l’esperienza
si trasformi in un sogno ordinario. Quest’ultimo rischio può essere arginato ripetendosi “sto
sognando” o altre frasi simili, oppure impegnandosi in attività che diano di per se stesse conferma
del proprio stato (in quanto impossibili da svolgere durante la veglia, come volare, attraversare
pareti etc.). Queste indicazioni possono essere utili in generale per qualunque sogno lucido, anche
se cominciato in altro modo. Con il tempo non saranno più necessarie e potrà anzi risultare più

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interessante seguire il corso del sogno senza fare appello ai nostri ‘superpoteri’, perché la nostra
lucidità si sarà rafforzata a tal punto da non necessitare più di una continua riprova del fatto che
stiamo sognando. Per quanto riguarda il secondo inconveniente (quello di trovarci in un sogno
scarsamente vivido e realistico), si tratta invece di uno svantaggio tipico di questa tecnica, che
dipende proprio dal modo in cui è avvenuto il passaggio dalla veglia al sogno. Infatti non vi è una
vera e propria soluzione di continuità tra stadio ipnagogico e sogno, ma piuttosto un progressivo
aumento del coinvolgimento percettivo ed emotivo all’interno del mondo onirico. Pertanto nel
passaggio dalla fase ipnagogica al sogno – cioè quando facciamo il nostro ingresso nella scena onirica
– potrebbe essere necessario esercitare uno sforzo deliberato per “incarnarci” e coinvolgerci
maggiormente nella situazione. Ciò può essere effettuato innanzitutto cercando di attivare il nostro
senso onirico del tatto e la nostra percezione corporea: toccando gli oggetti presenti nell’ambiente
e cercando di sentire il nostro corpo onirico, soprattutto attraverso il movimento. In secondo luogo,
possiamo cercare di interagire con la situazione onirica (ad esempio parlando con i personaggi che
incontriamo) e di lasciarci coinvolgere cognitivamente ed emotivamente nella trama del sogno –
sempre facendo attenzione a non dimenticarci che stiamo sognando!

L’efficacia di questa tecnica è molto soggettiva. Per alcuni potrebbe essere molto difficile anche solo
riconoscere le immagini ipnagogiche. Vi sono tuttavia soggetti particolarmente predisposti (spesso
persone che per lavoro o passione usano molto l’immaginazione visiva), che potrebbero avere già
sviluppato spontaneamente una certa familiarità con lo stato ipnagogico; per costoro si tratterà
soprattutto di apprendere una possibilità che fino a quel momento non avevano considerato: ossia
quella di “entrare” nelle proprie fantasticherie e imparare a trasformarle in un sogno lucido vivido
e realistico.

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Approfondimento: i “falsi risvegli” dopo un sogno lucido

È possibile che durante un sogno lucido, soprattutto se rivolgiamo l’attenzione al nostro corpo
onirico per percepirlo più nitidamente, ci ritroviamo improvvisamente a letto, convinti di esserci
svegliati. Potremmo esserci svegliati davvero, ma è anche possibile che non sia effettivamente così.
A questo proposito possiamo dare due spiegazioni; cominciamo da quella scientifica. Quando
portiamo l’attenzione a noi stessi, il cervello ci propone istantaneamente una rappresentazione
percettiva fedele del luogo e della situazione in cui sa che ci troviamo, vale a dire distesi sul nostro
letto. Si tratta di un tipo particolare di sogno, di solito molto realistico, noto come “falso risveglio”.
È bene sapere che i falsi risvegli sono ottimi punti di partenza per sogni lucidi di alto livello (molto
vividi). Potrebbe essere sufficiente alzarsi dal letto ed eseguire un test di realtà per scoprire che
stiamo ancora sognando. Ma potremmo anche trovarci in una dimensione intermedia tra la veglia
e il sogno, dove ciò che percepiamo è ancora il nostro corpo di sogno nella nostra stanza di sogno
(pressoché indistinguibili dagli originali), e tuttavia qualunque impulso a muoverci ci farebbe
svegliare. Questo potrebbe essere il momento ideale per tentare la tecnica dell’uscita dal corpo:
invece che tentare semplicemente di muoverci – cosa che rischierebbe appunto di riportarci
immediatamente al mondo dei sensi – possiamo provare a sollevarci o separarci dal corpo fisico con
la nostra volontà, come abbiamo spiegato in precedenza.

L’altra prospettiva, non scientifica, con cui possiamo interpretare il passaggio da un sogno lucido a
un falso risveglio è quella della teosofia (e di altre tradizioni che affermano l’esistenza di corpi e
dimensioni sottili). Da questo punto di vista quando sogniamo la nostra coscienza è sintonizzata su
un altro corpo, relativamente indipendente da quello fisico, chiamato “corpo astrale”. Tuttavia nei
sogni ordinari (così come nella fase ipnagogica sopra descritta) la coscienza astrale non è ben desta,
ma piuttosto immersa in un proprio mondo di immagini e proiezioni soggettive. Quando all’interno
del sogno cerchiamo di prendere consapevolezza del nostro stato (a partire dal nostro corpo) può
accadere che il sogno dilegui rapidamente e che noi prendiamo coscienza di dove ci troviamo
realmente con il nostro corpo astrale (che è il corpo su cui la nostra coscienza è sintonizzata in quel
momento). Soprattutto se abbiamo utilizzato la tecnica delle immagini ipnagogiche, è probabile che
il nostro corpo astrale non si sia mai allontanato da quello fisico. A questo punto ci ritroviamo a
letto, ma non siamo davvero “svegli”, anche se ne siamo convinti: quello che percepiamo non è

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l’ambiente fisico, ma la sua versione astrale, che all’inizio è molto difficile distinguere, ma la cui
peculiare ‘consistenza’ o ‘atmosfera’ ci diverrà sempre più familiare con l’esperienza.

Potremmo essere ancora talmente legati al corpo fisico che qualunque impulso a muoverci ci
riporterebbe immediatamente al mondo della veglia. In questo caso probabilmente avvertiremmo
un rapido cambio di stato, una sottile ma brusca variazione della nostra percezione corporea, che ci
farebbe realizzare di esserci svegliati del tutto soltanto in quel momento. Per evitare ciò, invece di
muoverci normalmente, possiamo tentare l’uscita dal corpo, un’operazione che ci risulterà molto
più facile rispetto a quando applichiamo questa tecnica da svegli, perché probabilmente saremo già
abbastanza “sintonizzati” con la nostra parte astrale. A questo punto probabilmente
sperimenteremo le vibrazioni o le altre sensazioni caratteristiche di questo momento di transizione.

Ma questo passaggio potrebbe anche non essere necessario: benché il nostro corpo astrale si trovi
ancora sul letto, potrebbe essersi già completamente separato da quello fisico, nel qual caso sarà
sufficiente alzarsi dal letto ed esplorare l’ambiente astrale. Noteremo una singolare immediatezza
nel muoverci, molto diversa da quella che sperimentiamo nello stato di veglia; eppure tutto
sembrerà talmente reale che all’inizio sarà difficile capacitarci di non essere nel nostro ambiente
consueto. È dunque consigliabile in questo caso eseguire un test di realtà (con particolare cura e
convinzione, dal momento che in simili circostanze è facile che il risultato del test sia falsato dalle
nostre aspettative) – un’abitudine che, se siamo impegnati in questo tipo di training, sarebbe utile
adottare ogni volta che ci svegliamo.

Una terza cosa che potrebbe accadere – sempre quando, all’interno di un sogno, portiamo
l’attenzione sul nostro corpo onirico o comunque cerchiamo di prendere coscienza del nostro stato
– è che ci ritroviamo in qualche altra stanza di casa, anche diversa da quella in cui dormiamo. Ciò è
dovuto al fenomeno noto come “sonnambulismo astrale”: analogamente a quanto avviene nel
sonnambulismo classico, il nostro corpo astrale se n’è andato a spasso mentre la coscienza non era
pienamente desta, ma piuttosto avvolta nella sua nube di fantasticherie soggettive e immagini
oniriche, cioè il nostro sogno. Allora ciò che succede è che ci risvegliamo, non però sul piano fisico,
ma su quello astrale. Simili fenomeni si verificano spessissimo ma normalmente noi non ce ne
rendiamo conto, anche se potremmo aver notato talvolta, ricordando i sogni, di essere passati più

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© Francesco Tormen – Corso di sogno lucido e consapevolezza onirica – DISPENSE seconda parte

o meno bruscamente da un livello di sogno abbastanza vago e confuso a uno più realistico e vicino
alla dimensione fisica, di solito ambientato a casa nostra.

Questo il modo in cui simili fenomeni sono spiegati in chiave esoterica. Ma entrambe le
interpretazioni qui accennate vanno prese con le pinze, tanto quella scientifica (per lo scarso livello
di approfondimento di queste recentissime branche della ricerca) quanto quella teosofica (per i suoi
impegnativi presupposti metafisici, legati all’esistenza oggettiva di piani sottili, di cui ovviamente
non esiste al momento alcuna prova). Ritengo che il migliore atteggiamento in questo campo di
indagine sia quello di mantenere la mente aperta alle varie possibilità in gioco, cercando di farsi
un’idea del fenomeno sulla base della propria esperienza.

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© Francesco Tormen – Corso di sogno lucido e consapevolezza onirica – DISPENSE seconda parte

3. Visualizzarsi già fuori dal corpo

L’ultima tecnica che esploreremo è stata sviluppata da William Buhlman, autore di vari testi sul
viaggio astrale, e ha aiutato migliaia di persone ad avere le prime esperienze “fuori dal corpo”. L’idea
è quella di bypassare il difficile scoglio rappresentato dal momento dell’“uscita”, visualizzandoci già
in qualche punto preciso dello spazio. Ecco i punti salienti da tenere presenti per applicare questa
tecnica correttamente, rispettando i quali è possibile personalizzarla a piacere:

 Il luogo in cui ci visualizziamo deve essere reale, non immaginario.


 Deve essere un ambiente che conosciamo bene. L’ideale è casa nostra, perché la vicinanza
alla stanza in cui dormiamo ci renderà più credibile la possibilità di trovarci davvero nel luogo
visualizzato. Se però c’è un altro ambiente che conosciamo bene e al quale ci sentiamo
emotivamente legati (la nostra casa di vacanze, la casa dei nostri genitori etc.) possiamo
anche provare con quello.
 Ci dovremmo concentrare in particolare su alcuni oggetti prescelti, precedentemente
studiati nei dettagli, in modo che possano fungere da catalizzatori per radunare la nostra
attenzione in quel particolare punto dello spazio.
 Gli oggetti prescelti non dovrebbero essere troppo difficili da visualizzare e, se possibile,
dovrebbero essere carichi di un qualche significato affettivo, o almeno risultare piacevoli e
attraenti, in modo da catturare la nostra attenzione.
 Durante la visualizzazione gli oggetti dovrebbero essere osservati da varie angolazioni
(immaginando di spostare fisicamente il nostro punto di vista, ad esempio accucciandoci,
piegandoci di lato o salendo sopra a una sedia o a un mobile) ma anche toccati e maneggiati.
 Oltre a visualizzare gli oggetti, è molto importante prestare attenzione all’ambiente
circostante e al nostro corpo, soprattutto nei momenti in cui ci spostiamo da un oggetto
all’altro, immaginando di compiere concretamente il tragitto. Dovremmo riuscire a “sentirci
lì”, fisicamente.
 Ogni tanto possiamo ripeterci frasi come “sono fuori dal corpo” o “sono in astrale” o “sto
sognando”, immaginando che cosa si possa provare a trovarsi in questa condizione.
 Dobbiamo addormentarci proprio mentre compiamo questa visualizzazione, spostandoci
ciclicamente da un oggetto all’altro. Dopo un po’ di esercizio, se riusciamo a percepire

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© Francesco Tormen – Corso di sogno lucido e consapevolezza onirica – DISPENSE seconda parte

l’ambiente in modo abbastanza dettagliato e a sentirci fisicamente collocati con precisione


al suo interno, possiamo anche improvvisare e muoverci più liberamente al suo interno.

All’inizio è consigliabile scegliere tre oggetti, osservarli con cura da svegli – notandone ogni dettaglio
e imperfezione, e chiudendo gli occhi a più riprese per vedere se riusciamo a riprodurli
accuratamente nella mente – e poi andare a letto ed esercitarci nella visualizzazione. Durante la
nostra ispezione da svegli prestiamo attenzione anche all’ambiente circostante e a ciò che
osserviamo durante i tragitti da un oggetto all’altro, in modo da visualizzare correttamente anche
questi passaggi. Almeno per i primi giorni ripetiamo il momento di ispezione, cercando di
aggiungere ogni volta qualche dettaglio in più, fino a che gli oggetti e l’ambiente visualizzati non
saranno una copia esatta di quelli reali. Se lo desideriamo, un po’ alla volta possiamo aggiungere
altri oggetti e altre stanze, in modo da ampliare progressivamente il nostro raggio d’azione.

Anche in questo caso, come in tutte le tecniche che stiamo esplorando, il momento migliore per
svolgerla è quando siamo abbastanza riposati (dopo almeno 4 ore di sonno, oppure al pomeriggio).
Possiamo comunque eseguire la visualizzazione anche la sera prima di dormire, come esercizio.

Che cosa dobbiamo aspettarci da questa tecnica? Come abbiamo visto anche negli altri casi, le vie
del sogno sono infinite: la scena visualizzata potrebbe diventare così reale da farci perdere ogni
contatto con gli input sensoriali proveniente dal nostro corpo fisico e farci entrare direttamente in
sogno lucido (o viaggio astrale). È più facile che questa ipotesi si verifichi qualora siano intercorsi
almeno dei brevi momenti di incoscienza, durante i quali è avvenuto il passaggio di stato. Alla luce
di questo, una buona strategia può essere proprio quella di lasciare che ciò avvenga. Il nostro scopo
infatti è quello di addormentarci, ma mantenendo una sottilissima consapevolezza del nostro
intento di uscire dal corpo e di trovarci nel luogo visualizzato: se ben coltivato, tale intento agirà a
livello subliminale e guiderà il processo, anche qualora ci assopissimo per qualche istante.

Oppure potremmo ritrovarci d’un tratto a letto – magari dopo un momento di oblio o quale altro
stato di dormiveglia più o meno confuso – accompagnati dalle vibrazioni o da qualche altra
sensazione anomala (segnale che ciò che avvertiamo probabilmente non è già più il nostro corpo
fisico). A questo punto potremmo tentare l’uscita dal corpo (come spiegato nella prima tecnica)
oppure ritornare alla visualizzazione. In quest’ultimo caso potrebbe essere molto più vivida del

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solito e diventare quasi istantaneamente un vero e proprio sogno (o viaggio astrale), perché
probabilmente il nostro legame con il corpo fisico e il mondo dei sensi sarà già pressoché nullo.

O, ancora, potremmo avere qualunque altra esperienza di sogno lucido – anche più avanti nella
notte o persino nei giorni successivi –, elicitata per vie traverse dall’intento impresso attraverso la
pratica.

Buhlman consiglia di provare questa tecnica per almeno un mese prima di tirare le somme. Io
ritengo che la si possa positivamente alternare con altre tecniche viste assieme, purché non si
disperdano eccessivamente gli sforzi. Direi che due tecniche, praticate in alternanza o combinate,
potrebbero essere sufficienti per un periodo di prova di alcune settimane. In particolare, ritengo che
questa tecnica si combini molto bene con quella dell’uscita diretta: come suggerito anche poco fa,
dopo aver dedicato un po’ di tempo alla visualizzazione (durante la quale possiamo anche esserci
assopiti per qualche secondo, permettendo al processo di addormentamento di avanzare) possiamo
tentare l’uscita diretta e vedere che cosa succede…

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