Da insetto sacro agli Egizi a specie dimenticata, oggi a rischio a causa dell'uso di antiparassitari. In Spagna, la percentuale di scarabei coprofagi rotolatori è diminuita di circa il 25% durante il XX secolo. E la stessa tendenza è in atto anche in Francia e Italia. Con gravi ripercussioni sugli ecosistemi Le meraviglie del mondo naturale, a volte, si celano dietro l’inimmaginabile. Osservare uno scarabeo stercorario far scivolare via la sua pallina di sterco sul terreno lascia una sensazione di stupore. Una sorta di danza ipnotica che ci ammalia e ci seduce. Una danza, quella fra scarabei ed escrementi, che si svolge da oltre 100 milioni di anni. Sebbene ogni specie abbia i suoi passi particolari. Infatti, fra le circa 9000 specie esistenti, troviamo i tipici rotolatori, presenti nell’immaginario comune, che fanno rotolare la loro pallina che poi interreranno; altre, i trivellatori, che scavano delle gallerie sotto l’escremento che poi riempiranno di sterco; altre ancora che attuano delle vere e proprie cure parentali fino alla nascita della propria prole; alcune che si comportano da autentici parassiti occupando e sfruttando i nidi di altre specie. Insomma, uno, nessuno, centomila.
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16 febbraio 2021 - 14:46 > Versione online
Quando divenne sacro. Questi insetti dalle abitudini così
particolari hanno da sempre affascinato l’essere umano. Tanto che gli Egizi consideravano lo scarabeo sacro, una specie particolare di scarabeo, una divinità. Gli antichi Egizi erano estremamente religiosi e il loro culto principale era quello del sole (il dio Ra). Pensate alla situazione: lo scarabeo sacro è molto attivo alle prime ore del mattino, momento in cui raggiunge l’escremento, modella una palla perfettamente sferica che fa rotolare via sul terreno… proprio mentre il sole inizia a sorgere. Per gli Egizi il nesso causale doveva essere palese. Lo scarabeo sacro, con il suo movimento di rotolamento dell’escremento sul terreno, è la causa del sorgere del sole. E venne divinizzato con il nome di Khepri, il dio del sole del mattino.
Da divinità a specie dimenticata. Purtroppo, questi insetti meravigliosi sono passati
dall’essere considerati delle divinità a non essere considerati per nulla. Infatti, un recente report pubblicato dalla Iucn nell’ambito del bacino del Mediterraneo, stima che delle 200 specie valutate (150 delle quali endemiche), circa il 20% siano a rischio di estinzione; con una forbice che va dal 12,5% al 49.5%. Le maggiori minacce sono riconducibili alla gestione dei pascoli e degli allevamenti. Da un lato l’abbandono dei pascoli e dall’altro l’intensificazione dell’allevamento in cui l’abuso di antiparassitari è forse l’aspetto più subdolo e problematico. I danni alla catena alimentare. Oggigiorno, l’abbandono dei pascoli e delle pratiche agro-pastorali tradizionali (come la transumanza) rappresentano un problema enorme. Molti allevamenti hanno abbandonato i pascoli delle aree submontane poiché poco produttive, causando una grande diminuzione di escrementi sui prati. In Italia, ad esempio, negli ultimi 30 anni sono stati persi oltre il 20% dei capi di bestiame nelle aree montane. E gli scarabei stanno soffrendo di questa diminuzione di risorsa trofica che determina un collasso delle popolazioni, le quali non riescono a mantenersi vitali usando esclusivamente gli escrementi della fauna selvatica.
La trappola ecologica dei pesticidi. Se a questo aggiungiamo i problemi legati
all’abuso di antiparassitari la situazione rischia di diventare drammatica. Tali sostanze, infatti, dopo essere state somministrate al bestiame, vengono eliminate attraverso le feci e mantengono il loro potenziale tossico inalterato. E gli scarabei, che si nutrono di escrementi, semplicemente moriranno caduti in una trappola ecologica. Nelle aree con una lunga storia di gestione umana come il bacino del Mediterraneo, dove l'eterogeneità degli habitat e la biodiversità sono state modellate e mantenute dalle attività agro-pastorali, i forti cambiamenti delle pratiche tradizionali avvenuti negli ultimi 50 anni sono una minaccia importante per la biodiversità. Basti pensare che, in Spagna, la percentuale di scarabei coprofagi rotolatori è diminuita di circa il 25% durante il XX secolo. E la stessa tendenza è riscontrabile anche in Francia e Italia.
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16 febbraio 2021 - 14:46 > Versione online
(Variazione percentuale nel numero di scarabei coprofagi rotolatori raccolti nella
Penisola Iberica dal 1870 al 2000 (Numa et al., 2020). La conservazione degli scarabei non è un puro capriccio etico, visto che la loro attività ha importanti ripercussioni su numerosi processi ecologici fondamentali anche per la nostra società. Attraverso la loro attività di disgregazione ed interramento degli escrementi, essi determinano il riciclo dei nutrienti, migliorano la qualità fisica del terreno, diminuiscono significativamente le emissioni di gas a effetto serra dagli escrementi, controllano le popolazioni di parassiti e ditteri presenti nelle fatte, aumentano la crescita della vegetazione erbacea e facilitano la dispersione e la germinazione di molte foraggere. Questo ci fa comprendere come le misure di conservazione nei loro confronti vadano realizzate urgentemente perché “quelle piccole cose che governano il mondo”, come scrisse il grande biologo Edward Wilson a riguardo degli invertebrati, rischiano di soccombere. E, con loro, si perderanno anche molti dei processi ecologici così importanti per l’essere umano e le sue attività. Oltre a non poter più godere di quella incantevole danza nata nella notte dei tempi. Eppure, un tempo, venivano considerati delle divinità. (Mattia Tonelli è ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomolecolari (DISB) dell'Universtà degli Studi di Urbino "Carlo Bo")