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Sommario
La continua richiesta di sfruttamento del suolo e la necessità di costruire su terreni ad elevata
compressibilità e bassa resistenza al taglio hanno indotto l’industria dell’Ingegneria Civile allo sviluppo e
all’affinamento di numerose tecniche di miglioramento dei terreni (ground o soil improvement nella
letteratura internazionale). Considerando il ruolo ormai consolidato della modellazione numerica
nell’Ingegneria Geotecnica, e per facilitarne l’applicazione nel caso di interventi di ground improvement,
ciascuna tecnica di miglioramento è accompagnata da una descrizione degli approcci suggeriti da
specialisti del settore per una progettazione efficace che combini la necessità di ottenere risultati affidabili
pur mantenendo l’onere del calcolo entro limiti accettabili.
Introduzione
I principi attraverso i quali si manifesta il miglioramento delle condizioni del terreno sono
l’aumento della densità del terreno naturale attraverso applicazione preventiva di carichi statici
o dinamici, e la realizzazione di inclusioni rigide con apporto di materiale di elevata rigidezza (o
legante) che induce la cementazione del materiale naturale. A seconda delle aree geografiche
sono state sviluppate conoscenze e tecniche locali, funzione del particolare tipo di terreno
oggetto di studio e della disponibilità commerciale. Questa trattazione non ha pertanto la pretesa
di essere esaustiva nel panorama generale delle tecniche di miglioramento, ma di coprire le
principali anche dal punto di vista storico, oltre che di diffusione, completando il quadro con cenni
di approccio di calcolo suggerito per ciascuna tecnica.
I terreni compressibili (generalmente terreni a grana fine, normalconsolidati o debolmente
sovraconsolidati, spesso con elevato contenuto organico) presentano difficoltà intrinseche nel
comportamento meccanico. Tali complicazioni derivano: 1) dalla viscosità dello scheletro solido,
che ne rende il comportamento dipendente dal tempo e, conseguentemente, dalla velocità di
applicazione del carico, fenomeno che viene comunemente indicato come creep; 2)
dall’anisotropia, che è dovuta al processo di formazione naturale per deposizione di particelle
dalla forma allungata, che tendono a disporsi in piani orizzontali, il che si riflette sulla risposta
alle sollecitazioni; 3) dalla cementazione, indotta da legami elettro-chimici che s’instaurano tra i
minerali che costituiscono lo scheletro solido formato da particelle con elevato rapporto
superficie/volume. Il processo deformativo comporta una distruzione di tali legami e la
conseguente variazione delle proprietà meccaniche apparenti.
Quanto richiamato nel paragrafo precedente rende evidente come la scelta di un modello a
comportamento costitutivo elastico-lineare sia inadeguata come assunzione costitutiva per il
terreno, sebbene sia alla base della gran parte degli approcci analitici tradizionali nel campo del
ground improvement (e non solo).
Ulteriori complicazioni derivano dagli aspetti d’interazione mutua tra le inclusioni, che ne
alterano la risposta rispetto al caso di colonna singola, e che non possono essere trascurati senza
sacrificare l’attendibilità dell’analisi. Tuttavia, il numero spesso elevato di verticali colonne di
terreno trattate nel caso di interventi di tipica estensione, rende impraticabile la modellazione
esplicita di ciascuna delle inclusioni. Nelle varie Sezioni seguenti sono indicate strategie
progettuali di modellazione frutto di decenni di Ricerca nel campo della modellazione numerica.
In aggiunta, è opportuno ricordare che tutti i software commerciali dedicati all’analisi numerica
geotecnica offrono la possibilità di introdurre nel modello i cosiddetti embedded elements, che
superano la necessità di modellazione esplicita di inclusioni rigide o pali attraverso speciali
elementi monodimensionali. La semplificazione in termini di numero di elementi finiti necessari
è evidente, ma il prezzo da pagare è la necessità di produrre modelli della sola inclusione per la
simulazione di prove di carico finalizzate alla calibrazione dei parametri di ingresso degli
embedded elements.
Il processo di dissipazione delle sovrapressioni indotte dal carico comporta, sia pur in misura
ridotta grazie all’intervento di miglioramento, lo sviluppo di deformazioni che raramente
rimangono nell’ambito delle piccole deformazioni. La modellazione tramite il metodo degli
Elementi Finiti delle grandi deformazioni è ad oggi possibile, attivando le opzioni Updated mesh
o Geometrical non-linearity a seconda delle diverse nomenclature dei software commerciali.
L’uso di tale opzione comporta l’impiego di un approccio risolutivo di tipo Updated Lagrange(-
ian), che può comportare un aumento notevole del tempo di calcolo.
Si comprende facilmente, dunque, come la modellazione numerica debba essere vista come un
valido strumento che richieda una preparazione specifica sui modelli costitutivi e sulle tecniche
numeriche in genere.
Occorre tener presente che, specialmente nel campo del ground improvement, il problema in
questione presenta difficoltà notevoli, e l’uso della modellazione numerica può aiutare a far luce
su aspetti non analizzabili con gli approcci tradizionali, ma non ne costituisce affatto una
semplificazione. Un problema complesso, dunque, rimane complesso anche qualora sia
affrontato con l’analisi numerica (parafrasando un aforisma di Cino Viggiani).
Volendo azzardare una catalogazione delle tecniche di ground improvement disponibili, in alcuni
casi si pone in essere il solo addensamento del terreno naturale, e.g. nel caso del precarico con
drenaggio e la compattazione dinamica, trattate nella Sezione 1 e Sezione 2, rispettivamente. La
vibrocompattazione e la vibrosostituzione, trattate nella stessa Sezione 3 perché accomunate
dall’uso di strumentazione simile, nel primo caso comportano il solo addensamento. Nel secondo
caso l’addensamento è accompagnato dall’immissione di materiale granulare vibrato per la
realizzazione di colonne di ghiaia (stone columns). Anche nel grouting, oggetto della Sezione 4,
si può ottenere il solo addensamento (compaction grouting) o la sostituzione (fracking e jet
grouting) per la realizzazione di colonne cementate. La Sezione 5 è dedicata alle tecniche di deep
mixing col terreno naturale per ottenere colonne di materiale molto più rigido del terreno
naturale attraverso la miscelazione con calce o cemento.
Tecniche di miglioramento sviluppate in tempi recenti e di ampia diffusione, quali i pali RAP
(Rammed Aggregated Piers) e i Geopiers rientrano certamente tra le tecniche di realizzazione di
elementi rigidi inclusioni rigide ma non sono incluse nella presente trattazione in quanto la
procedura realizzativa non differisce nella sostanza da quella relativa ad altre tecniche
maggiormente documentate in letteratura.
Barron RA, 1944. The influence of drain wells on the consolidation of fine-grained soils, dissertazione.
Providence, US Eng. Office
Indraratna B & Redana IW, 1997. Plane-strain modeling of smear effects associated with vertical drains,
Journal of Geotechnical and Geoenvironmental Engineering, 123 n.5
Indraratna B & Redana IW, 1998. Laboratory determination of smear zone due to vertical drain
installation, Journal of Geotechnical and Geoenvironmental Engineering, 124 n.2
Indraratna B & Redana IW, 2000. Numerical modeling of vertical drains with smear and well resistance
installed in soft clay, Canadian Geotechnical Journal, 37(1)
2. Compattazione dinamica
La tecnica della compattazione dinamica (Dynamic Compaction, definita anche nella variante
Rapid Impact Compaction, in funzione delle modalità di prova) consiste nell’indurre un aumento
della densità del terreno attraverso l’applicazione di una sollecitazione impulsiva ottenuta
mediante il rilascio sulla superficie del sito di una massa battente. Si tratta probabilmente una
delle tecniche più antiche di miglioramento dei terreni, sostanzialmente economica rispetto ad
altri metodi di trattamento. La massa impegata e l’altezza di caduta sono variabili in funzione
della natura del terreno da trattare e del risultato atteso in termini di miglioramento. A titolo di
esempio, per il consolidamento dell’aeroporto di Nizza sono state impiegate masse di 140Kg
lasciate cadere da 22m di altezza. In
alcuni casi è un tipo di miglioramento
che può essere effettuato in prossimità
di edifici esistenti, se non
particolarmente sensibili alle vibrazioni
(Figura 2).
L’efficacia maggiore si raggiunge
nell’addensamento dinamico di terreni
granulari sciolti (Leonards et al, 1980). In
presenza di acqua interstiziale, la
sollecitazione dinamica induce la
liquefazione del terreno, consentendo,
alla fuoriuscita dell’acqua interstiziale, il
raggiungimento di densità elevate. Un
altro approccio prevede l’uso di energie
di compattazione meno elevate per Figura 2. Trattamento in prossimità di un edificio esistente (Watts &
evitare l’insorgenza della liquefazione, Cooper 2011)
ottenendo così un addensamento
minore associato, per contro, a costi di trattamento inferiori. Nei terreni a grana fine saturi la
sollecitazione dinamica induce impulsivamente un gradiente elevato che genera la formazione di
nuovi percorsi di filtrazione accelerando così la fuoriuscita dell’acqua e la conseguente
compattazione del terreno.
In alcuni casi, la compattazione dinamica è associata all’installazione di colonne drenanti per
agevolare la dissipazione delle sovrapressioni indotte. Sicuramente la compattazione dinamica di
terreni argillosi saturi richiede attenta supervisione in posto perché è molto probabile che in
ciascuna postazione trattata si verifichi un sollevamento del terreno circostante che potrebbe
rendere meno efficace il trattamento delle zone contigue.
Nonostante l’elevata appetibilità del metodo per la relativa semplicità dell’attrezzatura richiesta,
le vibrazioni indotte nel sottosuolo e il rumore generato durante il processo di compattazione
rendono questa tecnica applicabile prevalentemente al di fuori dai centri urbanizzati.
Dal punto di vista della modellazione numerica, la compattazione dinamica viene comunemente
affrontata sostituendo al terreno originario un materiale addensato equivalente dalle proprietà
meccaniche migliorate. La complessità dell’approccio risiede nella calibrazione delle proprietà
meccaniche del terreno trattato, che idealmente dovrebbe avvenire attraverso prove in posto su
un campo prova o attraverso la modellazione esplicita del fenomeno dinamico, anche su una
singola postazione di compattazione (es. Pan & Selby, 2002). Il terreno dovrebbe essere
modellato con opportuni modelli costitutivi che tengano conto della rigidezza alle piccole
deformazioni e della degradazione ciclica del materiale, quali, ad esempio, la versione speciale
del modello HS di Brinkgreve et al (2007).
Riferimenti bibliografici:
Brinkgreve RBJ, Kappert MH, Bonnier PG, 2007. Hysteretic damping in a small-strain stiffness
model, Numerical Models in Geomechanics NUMOG X Pande & Pietruszczak (eds).
Kérisel J, 1983. The history of geotechnical engineering up until 1700, Proceedings, 11th
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Leonards GA, Holtz RD & Cutter WA, 1980. Dynamic Compaction of Granular Soils, ASCE Journal
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Pan JL & Selby AR, 2002. Simulation of dynamic compaction of loose granular soils, Advances in
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Watts KS, Cooper A, 2011. Compaction of fills in land reclamation by rapid impact. Geotechnical
Engineering, vol 164 Issue GE3 pagg. 181-193.
3. Vibrocompattazione e vibrosostituzione
La vibrocompattazione (Vibro-compaction) non prevede l’inserimento di nuovo materiale, e
comporta l’incremento della densità del terreno in posto attraverso l’uso di un utensile vibrante.
È una tecnica estremamente conveniente in quanto non prevede apporto di materiale, ma ha
un’applicazione limitata ai terreni granulari non saturi. In caso di terreni saturi e in presenza di
elevate percentuali di limo, la vibrazione induce la liquefazione dinamica del terreno, causandone
il collasso e vanificandone l’effetto addensante. Nei terreni idonei, è possibile raggiungere
profondità di compattazione molto elevate (dell’ordine dei 50-60m).
Figura 3. Criterio per la scelta tra vibrocompattazione (vibro-compaction) e vibrosostituzione (vibro-replacement). In
ascissa la dimensione dei grani del terreno naturale, in ordinata la percentuale passante in peso (da Moseley & Kirsch,
2004)
A partire dagli anni ’50, è stata sviluppata una tecnica alternativa che prevede la vibrazione e
l’inserimento a secco della punta nel terreno, e dell’inserimento di materiale granulare soggetto
successivamente a vibrazione fino ad ottenerne una compenetrazione nel terreno circostante e
un elevato addensamento.
Tale metodo, in ragione dell’eliminazione dell’acqua del metodo tradizionale, viene
comunemente indicato come “vibrosostituzione a secco” (dry vibro-replacement). Il criterio di
scelta del metodo ottimale è illustrato in Figura 3.
In questo caso, dunque, l’utensile vibrante è impiegato per il solo spostamento laterale del
terreno e per la creazione della cavità che dovrà alloggiare il materiale granulare della colonna.
Grazie alle esperienze raccolte e al miglioramento della tecnica di vibrazione, il metodo si è
evoluto negli anni mediante l’introduzione di utensili ad alimentazione dall’alto, che consentono
il rilascio della ghiaia e la sua vibrazione nel corso dello sfilamento della punta evitando così la
chiusura accidentale della cavità altrimenti priva di sostegno.
Nell’attraversamento di terreni particolarmente soffici, è possibile impedire la dispersione del
materiale granulare della colonna nella matrice fine installando sul perimetro esterno della
colonna una maglia di geosintetico. La maggiore difficoltà realizzativa di tale colonna è
compensata dall’elevata densità raggiungibile anche in presenza di terreni dalle scadenti
proprietà meccaniche ed evitare l’eccessivo impiego di materiale. Nel caso di attraversamento di
terreni stratificati, è possibile limitare l’uso del geosintetico al solo tratto ai soli tratti molto
compressibile.
Alternativamente, in terreni coesivi, la cavità può
essere creata mediante getti d’acqua in pressione e
sostenuta dal fango risultante dalla miscelazione con
i detriti prodotti dallo scavo (vibroflottazione umida,
wet vibro-replacement). Con l’invenzione del
vibrocompattatore alimentato dall’alto, a partire
dagli anni ’70, è stato possibile produrre colonne di
ghiaia con legante (generalmente una miscela di
cemento e bentonite) che costituiscono inclusioni
rigide con elevata resistenza al taglio.
Lo stato dell’arte nella progettazione di
miglioramento di terreni attraverso colonne di ghiaia
è costituito da approcci empirici basati su studi di
Figura 4. Tipici meccanismi di rottura di colonne
Balaam & Booker (1981) e, in particolare, Priebe di ghiaia soggette a carichi verticali (Brauns,
(1995). Il principio generale su cui si basano i metodi 1978)
empirici è la definizione di un “fattore di
miglioramento” (improvement factor) dato dal rapporto tra il cedimento calcolato senza
miglioramento e quello stimato a seguito dell’intervento.
Lo studio del sistema colonna di ghiaia-terreno circostante
implica l’analisi un complesso fenomeno d’interazione
difficilmente schematizzabile attraverso metodi analitici,
specialmente considerando la possibile eterogeneità dei
terreni attraversati. Tipicamente, colonne di ghiaia
raggiungono il collasso per eccessive deformazioni orizzontali
della matrice fine in cui sono installate sviluppate a seguito
del processo di consolidazione primaria o di creep. Frequenti
modi di collasso sono lo spanciamento (bulging) della
sommità della colonna (Figura 4 a sinistra, e Figura 5) e il
punzonamento della base, specialmente nel caso in cui le
colonne siano flottanti e dunque non attestate su un
Figura 5. Meccanismo di rottura di
substrato competente (Figura 4, destra).
colonne di ghiaia (Hu, 1995)
Nel caso delle colonne di ghiaia, qualunque sia la tecnica
costruttiva impiegata, l’analisi numerica può essere impiegata per l’analisi di installazioni anche
complesse. È possibile prevedere la sostituzione delle proprietà meccaniche del continuo
originario con un continuo equivalente che abbia le caratteristiche medie migliorate calibrate
attraverso la modellazione di una sola colonna o di un gruppo limitato di colonne.
Nel caso in cui il trattamento sia limitato alla sola
impronta della fondazione, e che questa abbia
dimensioni contenute, è possibile ed auspicabile
inserire le colonne come elementi di volume
espliciti interagenti con il continuo circostante
attraverso opportune superfici di contatto o
interfacce, il che consente di introdurre
nell’analisi anche l’effetto drenante oltre
all’irrigidimento meccanico indotto
dall’inclusione del materiale granulare
addensato. Un esempio di modello completo del
sistema colonne-fondazione è rappresentato in
Figura 6. Figura 6. Colonne di ghiaia per sito sperimentale in
Turchia - Progetto DAS-NAG (Leoni et al., 2013)
Salvo esigenze particolari o trattamenti di
limitate estensioni, la modellazione di ogni singola colonna risulta un compito troppo oneroso
anche per moderni calcolatori di elevata potenza, specialmente perché la modellazione di terreni
soffici richiede l’analisi del transitorio del processo di consolidazione, in regime di grandi
deformazioni e con modelli costitutivi complessi che comprendano la modellazione del creep per
l’analisi della consolidazione secondaria che, come ormai assodato, contribuisce con lo sviluppo
di cedimenti anche in concomitanza della consolidazione primaria.
Tuttavia, l’analisi di una unità elementare (unit cell) è
considerata, per ragioni di simmetria, un’eccellente
soluzione al problema di ottimizzazione del calcolo: il
metodo consiste nel limitare l’analisi a un elemento
ripetitivo, quale ad esempio una fila di colonne (o due
o più file nel caso di disposizione a quinconce), in cui le
deformazioni laterali siano nulle sui lati del modello
per ragioni di simmetria, e dunque le parti al di fuori
della cella possano essere sostituite da condizioni al
contorno. In tal modo è possibile analizzare una parte
del modello che rappresenti il comportamento della
struttura nella sua interezza, con la sola esclusione
Figura 7. Cella elementare (unit cell) per
delle estremità, in cui la cella elementare cessa di l’analisi di un rilevato su terreno migliorato con
essere rappresentativa. Un esempio di applicazione stone columns (Gaeb et al, 2009)
della tecnica di riduzione a unità elementare è
mostrato in Figura 7.
Riferimenti bibliografici:
Balaam NP & Booker JR, 1981. Analysis of rafts and granular piles, International Journal for Numerical
and Analytical Methods in Geomechanics, Vol. 5, pp. 379–403.
Brauns J, 1978. Die Anfangstraglast von Schottersaulen in bindigem Untergrund. Bautechnik 8.
Hu W, 1995. Physical modelling of group behavior of stone column foundations, PhD Thesis, University
of Glasgow.
Leoni M, Leoni L, Abed A., 2013. Data Acquisition System and Numerical Analysis in Geotechnics (DAS-
NAG) Manunet 2010 Project. Final report.
Moseley MP & Kirsh K (eds), 2004. Ground Improvement, 2nd edition. Spon press, Taylor & Francis
Group
Priebe HJ, 1995. The design of vibro replacement, Ground engineering, December
4. Grouting
Nell’accezione generale, il termine grouting indica l’iniezione di un fluido nel terreno con
l’obiettivo di riempirne i vuoti, siano essi pori nel caso di terre sciolte, o fessure e discontinuità
nel caso di rocce. Tale operazione implica comporta un miglioramento delle proprietà
meccaniche del terreno (in quanto a coesione, angolo di resistenza al taglio) e una riduzione della
permeabilità. I fluidi in questione possono essere malta, sospensioni o soluzioni acquose,
composti chimici di varia natura quali poliuretano e acrilati. Tali sostanze sono iniettate da pistoni
o pompe a vite spostando aria o acqua interstiziale e conferendo così, successivamente
all’indurimento, nuove proprietà meccaniche al sottosuolo trattato.
Semprich e Stadler (2002) hanno catalogato gli interventi di grouting in funzione della natura del
terreno da trattare, dello scopo del trattamento (consolidamento o riduzione della permeabilità),
del carattere temporaneo o permanente del trattamento, del meccanismo di penetrazione del
fluido (a gravità o con spostamento del terreno) e, in conclusione, del fluido impiegato. In Figura
8 viene mostrato un tentativo di presentazione sinottica (estratto da Moseley & Kirsch, 2004),
delle varie tecniche di grouting che dovrebbe costituire una guida di riferimento per il progettista.
Figura 8. Classificazione delle tecniche di grouting (da Moseley & Kirsh, 2004)
È evidente che l’efficacia del grouting dipenda dalla facilità con cui il fluido prescelto riesca a
percolare nei vuoti del terreno, pertanto è opportuno scegliere il fluido, ed in particolare le
dimensioni delle particelle in sospensione, in funzione della permeabilità del mezzo.
Qualora la granulometria del mezzo non consenta l’utilizzo di grouting per permeazione
realizzato con iniezione a bassa pressione, esistono tecniche che realizzano un addensamento
del terreno per spostamento (displacement grouting, compaction grouting) o a seguito di
fratturazione (hydraulic fracturing, o fracking). In questi ultimi casi la pressione d’iniezione è
generalmente superiore ai 4MPa. Tuttavia, le due tecniche realizzano il miglioramento attraverso
processi differenti: nel caso del compaction grouting la malta è iniettata durante il ritiro della
sonda nello spazio tra la sonda e la perforazione d’iniezione applicando così uno sforzo radiale
alla cavità e provocandone l’allargamento evitando il raggiungimento delle condizioni ultime del
materiale. Nel corso del processo la malta tende a sviluppare resistenza, e il risultato finale è
costituito da colonne di buona consistenza.
Al contrario, il fracking induce la rottura nel materiale per trazione producendo nel terreno strati
prevalentemente orizzontali di materiale cementizio, che, a causa dell’espansione nella matrice,
inducono l’addensamento del terreno riducendone l’indice dei vuoti e la permeabilità. Si tratta
di una tecnica recente, che ha già visto numerose applicazioni per interventi di miglioramento
dei terreni al di sotto di fondazioni esistenti grazie alla versatilità della tecnica (es. Gottardi et al,
2009). Un’applicazione della tecnica di fratturazione del terreno è il sollevamento di edifici
soggetti a cedimenti differenziali o rotazioni. La tecnica consiste nella formazione di una zona
rigida di fondo, anch’essa attraverso il grouting, seguita da iniezioni di fracking poste tra la zona
cementata e l’edificio.
Attraverso la tecnica del jet grouting, di crescente diffusione anche come tecnica di
miglioramento del terreno, sono realizzate colonne di cemento di diametri anche elevati con
pressioni d’iniezione della malta dell’ordine dei 100 MPa, variabile in funzione della consistenza
del terreno da trattare. Il successo del jet grouting è anche dovuto alla molteplicità dei possibili
impieghi: oltre al miglioramento dei terreni può essere impiegato per il rinforzo delle fondazioni,
per l’isolamento idraulico di siti inquinati e per l’inserimento di reagenti chimici per la bonifica.
Figura 9. Modello agli Elementi Finiti per compensation grouting (Brunner, 2015)
Gottardi G, Cavallari L, Marchi M, 2009. Soil fracturing of soft silty clays for the reinforcement of a bell
tower foundation. Geotechnics of soft soils – Focus on ground improvement. Karstunen & Leoni (eds).
Taylor & Francis Group, London
Moseley MP & Kirsh K (eds), 2004. Ground Improvement, 2nd edition. Spon press, Taylor & Francis
Group.
Schaedlich B & Schweiger HF, 2014. Shotcrete model: Implementation, validation and application of the
shotcrete model. Internal report, Computational Geotechnics Group, TU Graz.
Semprich S & Stadler G, 2002. Grouting, in Smoltczyk U. (ed), Geotechnical Engineering, Geotechnical
Handbook, Ernst & Sohn: Berlin.
5. Deep mixing
Il deep mixing è un metodo di miglioramento del terreno in cui calce o cemento o una miscela di
leganti viene mescolata con il terreno in situ attraverso un utensile opportuno. I leganti
reagiscono con l’acqua naturalmente presente nel terreno e con i minerali che costituiscono lo
scheletro solido. La tecnica del deep mixing è oggi ampiamente usata per migliorare le condizioni
di stabilità di rilevati stradali e ferroviari e di fondazioni superficiali in genere. Originariamente il
metodo è stato sviluppato nei Paesi scandinavi per il miglioramento di terreni soffici,
principalmente argille debolmente sovraconsolidate anche con elevato contenuto organico, e si
è diffuso nel resto dell’Europa per la sua economicità, scarso impatto ambientale e sostenibilità.
Attualmente esistono tecniche di miscelazione a secco (dry method), che sono le più ricorrenti, e
tecniche umide in cui il legante è mescolato al terreno dopo essere stato a sua volta disciolto in
acqua (slurry).
Le profondità raggiungibili sono indicativamente limitate a 50m nel trattamento di tipo
colonnare, mentre per il miglioramento di volumi estesi di terreno di limitata potenza, si fa
ricorso alla controparte superficiale del deep mixing, lo shallow mixing (mass stabilization). In
quest’ultimo caso le profondità di trattamento sono decisamente inferiori, dell’ordine dei 10m,
e vien realizzato con utensili di diametro maggiore rispetto a quelli impiegati nel deep mixing
procedendo per colonne secanti per trattare interamente l’area destinata al miglioramento.
La permeabilità delle colonne di terreno migliorato dipende fortemente dalla natura del legante:
nel caso di calce e miscele calce/cemento la permeabilità è solitamente maggiore di quella del
terreno originario, con una permeabilità in situ aumentata dalla presenza di fessure prodotte dal
ritiro dovuto all’idratazione della calce o durante l’indurimento del cemento. Nel caso dell’uso
del cemento come unico legante, tuttavia, si nota una riduzione della permeabilità al punto che
le colonne non possano essere considerate come dreni.
I metodi di progettazione tradizionali sono basati su semplici soluzioni che assumono un
comportamento rigido-perfettamente plastico per il terreno, ed approcci empirici basati sulla
teoria dell’elasticità che forniscono stime dei cedimenti (Broms & Boman, 1977). Su tali
riferimenti sono basate le indicazioni normative vigenti a livello europeo.
L’efficacia dell’intervento di miglioramento con colonne di calce o cemento miscelate sul posto
dipende molto dalla condizione di confinamento fornita dal terreno circostante, dunque la
progettazione con deep mixing si configura come un problema di valutazione dell’interazione
colonna-terreno e dall’analisi dell’eventuale effetto di gruppo. In aggiunta, la realizzazione della
colonna induce un disturbo nel terreno circostante che implica una riduzione delle già modeste
caratteristiche meccaniche in prossimità della zona trattata. Pertanto, la valutazione delle
caratteristiche migliorate del terreno non può essere affrontata in modo soddisfacente con
approcci che prevedano forti semplificazioni, e, come sempre avviene in tali condizioni, la
modellazione numerica riveste un ruolo fondamentale.
Per le difficoltà sopra citate, sia di carattere meccanico
che geometrico, il modello di calcolo dovrebbe essere
tridimensionale e includere modelli costitutivi avanzati
che tengano conto della viscosità dei terreni soffici e
della loro tendenza alla perdita di struttura e
anisotropia inerente e indotta. Analogamente a quanto
osservato per le stone columns, esistono approcci che
consentono la semplificazione del problema (es. unit
cell, Figura 11), ma recentemente sono state sviluppate
tecniche di valutazione delle proprietà distribuite del
Figura 11. Modello di unità elementare (unit terreno migliorato (volume averaging) che consistono
cell) per rilevato su terreno migliorato con nella sostituzione della porzione di modello relativa al
deep mixing (Krenn & Karstunen, 2009)
terreno trattato, con un materiale fittizio i cui
parametri meccanici siano intermedi tra quelli della
colonna trattata e quelli del terreno naturale. Ad ulteriore semplificazione del problema, esiste
in diverse circostanze la possibilità di trasformare l’analisi 3D in un’analisi equivalente 2D.
I principi teorici del modello sono basati su idee introdotte da Schweiger & Pande (1986) e Lee &
Pande (1998). La caratteristica principale dell’averaging technique sta nel fatto che la
determinazione dei parametri di rigidezza equivalenti avvenga in modo analitico sulla base dei
parametri meccanici del terreno naturale e della colonna, anziché sulla base di modelli
preliminari in cui la (una) colonna è introdotta esplicitamente ed i suoi risultati confrontati con
misure in situ di una prova di carico.
L’efficacia del metodo è mostrata
ampiamente in letteratura tecnica, in
particolare in Vogler & Karstunen
(2007) in cui i risultati dell’analisi
numerica sono stati convalidati
attraverso il confronto con misure di
un rilevato sperimentale fondato su
argilla strutturata di Vantilla
(Finlandia) migliorata con deep
mixing. Un ulteriore esempio
applicato al caso di una fondazione
superficiale è mostrato in Figura 12. Figura 12. Averaging technique (Beker & Karstunen, 2013)
Riferimenti bibliografici:
Becker P, Karstunen M, 2013. Volume Averaging Technique in numerical modelling of floating dep mixed
columns in soft soils. Procededings of the International Conference on Installation Effects in Geotechnical
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Broms B & Boman P, 1977. Stabilization of soil with lime columns. Design Handbook, 2nd edition,
Stockholm: KHT, Jordoch Bergmekanik.
Krenn & Karstunen, 2009. Numerical modelling of deep mixed columns below embankments constructed
on soft soils. Geotechnics of soft soils – Focus on ground improvement. Karstunen & Leoni (eds). Taylor &
Francis Group, London
Lee J-S, Pande GN, 1998. Analysis of stone-column reinforced foundations. International Journal for
Numerical and Analytical Methods in Geometchanics, Vol.22, pagg 1001-1020.
Schweiger HF & Pande G, 1977. Numerical analysis of stone columns supported foundation. Computers &
Geotechnics, pagg. 347-372.
Vogler U & Karstunen M, 2007. Numerical modelling of deep mixed columns with volume averaging
technique. In Pande & Pietruszcak (eds) Proceedings of the 10th international Symposium on Numerical
Models in Geomechanics (NUMOG X), Rhodel, Greece, Balkema: London, pagg 495-503.
Considerazioni conclusive
Con il passare degli anni e l’avanzamento tecnologico i metodi di miglioramento del terreno
hanno raggiunto un notevole livello di maturità, costituendo un affidabile e valido supporto
qualora sia necessario migliorare le caratteristiche del sottosuolo per incrementarne la resistenza
al taglio o, più frequentemente, ridurne la compressibilità per limitare i cedimenti assoluti e
differenziali attesi nella struttura a breve e lungo termine.
Sia che la tecnica di miglioramento scelta preveda o meno l’apporto di nuovo materiale nel
sottosuolo, i principi di funzionamento si basano inevitabilmente sull’addensamento del
materiale esistente o sulla formazione di inclusioni rigide. In ogni caso, per consentire una
corretta progettazione dell’intervento, è necessario prevedere una verifica qualitativa e
quantitativa delle condizioni post-intervento che consenta di identificare i parametri meccanici
del terreno migliorato.
In parallelo, il livello di maturità raggiunto dalla modellazione numerica geotecnica consente di
utilizzare software di calcolo di elevata affidabilità, corredati di modelli costitutivi adeguati, per
poter supportare il progetto con simulazioni numeriche che rivestono fondamentale importanza
proprio nei casi in cui le molte variabili e incertezze del problema rendano opinabile il calcolo
semplificato proposto dai metodi tradizionali.
Con l’analisi numerica è possibile prevedere scenari differenti, analizzare diversi approcci e
considerare intervalli di valori assegnati alle proprietà meccaniche rilevanti (possibilmente
individuati attraverso un’analisi di sensibilità) e portare la progettazione geotecnica ad un livello
superiore rispetto a quello degli albori dell’Ingegneria Geotecnica.
Oltre a modelli costitutivi adeguati (fino a poco tempo fa definiti avanzati, definizione ormai
inadeguata considerando il loro impiego di routine e la loro distribuzione di massa nelle librerie
dei software commerciali - per inciso, un modello lineare elastico con criterio di rottura di Mohr-
Coulomb NON è un modello adeguato per analisi di deformazioni) ed elementi speciali quali
embedded elements, la modellazione numerica di interventi di ground improvement ha a
disposizione strategie suggerite e ampiamente verificate e documentate da numerosi Autori,
quali la modellazione di unit cells e averaging technique, per limitare sempre più le
semplificazioni geometriche del modello ed avvicinarsi il più possibile alle reali condizioni di
sforzo e di deformazione.
Nonostante gli approcci tradizionali rivestano ancora un ruolo fondamentale nella fase di
predimensionamento e di valutazione di massima del comportamento del terreno migliorato,
nonché come importante termine di confronto, la modellazione numerica dev’essere considerata
un supporto indispensabile per la progettazione geotecnica, in particolare nel caso dei interventi
di miglioramento del terreno in cui l’interazione tra i vari elementi rende incerta la
semplificazione tipica degli approcci analitici.