Sei sulla pagina 1di 2

In Italia si torna a parlare di infrastrutture e regolamenti pubblici.

La ricostruzione del ponte di Genova in tempo record ha puntato i riflettori sulle deroghe ai regolamenti
necessarie per il cantiere, ovvero il paradosso ben noto delle norme che al posto di facilitare, ostacolano
l’attività economica.

A ben vedere però le infrastrutture sono solo la punta dell’iceberg. Molte disfunzionalità sono riconducibili
a tutti i lavori che passano per il nodo cruciale della gara d’appalto, e non solo a costruzioni di eccezionale
portata come il ponte. La gara d’appalto, che sulla carta dovrebbe essere quel meccanismo essenziale per
una allocazione efficiente delle risorse pubbliche, in Italia è da sempre associato a burocrazia infinita,
corruzione e inefficienza.

Se al lettore gli appalti sembrassero di poco conto o l’ultimo dei problemi italiani, si ricorda che secondo
l’OECD, In Italia il 20% della spesa pubblica è gestita tramite gare d’appalto, una spesa che da sola
contribuisce al 10% del PIL nazionale, un numero che pur essendo più basso della media OCSE rimane assai
rilevante.

Non sorprende quindi che per contribuire allo stimolo economico in risposta all’emergenza sanitaria,
l’ANAC (Autorità Nazionale AntiCorruzione) abbia redatto un documento di linee guida per la
semplificazione e l’efficientamento delle gare, ora necessarie più che mai. Tra le raccomandazioni più
importanti vi sono la digitalizzazione delle procedure d’acquisto (una su tre è ancora su cartaceo), la
professionalizzazione e formazione dei buyer pubblici e la qualificazione delle stazioni appaltanti, ovvero la
definizione di requisiti di ‘virtuosità’ per gli enti pubblici che affidano appalti (per es. l’obbligo dei comuni
non-capoluogo di affidarsi a stazioni appaltanti aggregatrici per le committenze).

Riuscire a implementare queste linee guida sarebbe già un grande passo in avanti, soprattutto per quanto
riguarda la dimensione ‘tempo’, uno dei punti critici in Italia. Per rendere più efficiente l’utilizzo dei fondi
pubblici, che di questi tempi non abbondano, sarebbe però necessario porre attenzione anche sul
meccanismo di selezione del vincitore.

In Italia molte gare vengono ancora svolte unicamente sulla base del miglior prezzo, o come vengono
chiamate in economia, aste al primo prezzo, dove l’azienda che si offre di fornire il prodotto o servizio al
costo più basso si aggiudica la committenza. Questo formato d’asta nonostante venga esplicitamente
sconsigliato dalle direttive Europee e non tenga conto di tutti gli altri fattori ugualmente importanti come
tempo, qualità del servizio/prodotto ecc. viene ancora utilizzato per la sua apparente semplicità.
La semplicità però rimane solo teorica, dal momento che per molte aste al primo prezzo viene applicata un’
“eliminazione automatica delle offerte anomale”, la quale non solo rende il processo meno chiaro ma
produce anche distorsioni patologiche.

L’eliminazione automatica, riconfermata anche dallo sblocca-cantieri, si pone l’obbiettivo di limitare il


celebre fallimento del mercato chiamato ‘maledizione del vincitore’, dove il miglior offerente dell’asta non
è l’azienda più efficiente bensì l’azienda che sottostima in maniera maggiore il costo della committenza e
che quindi avrà più difficoltà a completarla. Nel caso italiano però, la cura fa più danni della malattia visto
che l’eliminazione sistematica di un alto numero di offerte spinge le imprese a non rivelare fedelmente il
proprio costo ma ad alzare artificialmente il prezzo per paura di essere eliminate come offerenti anomale.
In un report della banca d’Italia (cap. 12) si legge come un’asta così modificata “ …sul piano pratico si risolve
solitamente in una sorta di estrazione casuale del vincitore in cui tutti i partecipanti hanno la stessa
probabilità di vittoria”. Un risultato paradossalmente opposto al motivo per cui l’asta d’appalto è impiegata
in primo luogo: un aumento dell’efficienza.

I problemi provocati dall’eliminazione automatica non sono solo di efficienza ma anche di legalità: Con
l’esclusione automatica delle migliori offerte è infatti più facile pilotare la gara d’appalto per delle aziende
colluse. È sufficiente che alcuni membri del cartello inviino offerte artificialmente basse, con il solo obiettivo
di occupare tutti gli slot ‘anomali’, così che al colluso designato come vincitore dal cartello, basti offrire un
prezzo medio leggermente più basso del prezzo indicativo per aggiudicarsi la committenza. E in un paese
dove i reati di turbativa d’asta aggravata, stanno tornando a crescere, questa motivazione non può
rimanere in secondo piano.

Per concludere, ora è necessario più che mai porre attenzione sul modo in cui i fondi pubblici vengono
utilizzati e il codice degli appalti è un tassello importante nel determinare l’(in)efficienza pubblica.

È sicuramente vero che il codice è stato oggetto di numerose riforme e modifiche negli ultimi anni, che ne
hanno determinato la frammentazione in una fonte del diritto difficile da consultare (l’ultima versione
entrata in vigore nel 2016 è stata modificata l’anno seguente - d. lgs. 56/2017 e poi ulteriormente corretta
con lo ‘sblocca cantieri’ - l. n. 55/2019), ma gli aspetti da migliorare sono ancora numerosi. Perciò anche se
il modello Genova riuscisse a semplificare i processi per le infrastrutture eccezionali, difficilmente potrà
mettere una toppa a tutti i buchi nel codice dei contratti, per il quale ulteriori riforme rimangono ahimè
necessarie.

Potrebbero piacerti anche