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CAPITOLO 3

C O S A S I IN TEN D E
PER
P ER IO D IZZ A Z IO N E
T A T TIC A

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Prima di introdurre la mia Periodizzazione Tattica, è bene
chiarire cosa si intende con il concetto di ‘periodizzazione’.
Il termine in questione sta a significare l’organizzazione e la
pianificazione annuale dell’allenamento.
Per Neto (1999) “la Periodizzazione comprende la divisione dell’anno di
allenamento in periodi particolari di tempo con obiettivi ben definiti”.

Per Castelo (1994) “è necessario costruire un modello tecnico-tattico di


gioco a partire dall’osservazione e dall’analisi delle squadre più
rappresentative ad un livello più alto”.

In sostanza, la suddivisione dell’allenamento in vari cicli allo


scopo di gestire le sedute di allenamento (tempi, mezzi,
metodiche...) più facilmente; avere il ‘picco’ di forma nel
momento più opportuno; alternare fasi di carico a fasi di
scarico per arrivare al top all’appuntamento più importante
della stagione.
Questo modello di pianificazione, nato in ambito sovietico e
che deve la sua origine alle intuizioni di L.P. Matveev, con la
suddivisione a blocchi del programma di allenamento annuale,
era ottimo per la preparazione di atleti Olimpici i quali, in
genere, (ed in particolare nel periodo di nascita della teoria, fra
gli anni ’50 e ’60), avevano un unico appuntamento importante
durante la stagione nel quale farsi trovare preparati: le
Olimpiadi o i Campionati mondiali o i Campionati europei.
Gli ottimi risultati prodotti dagli atleti di URSS e Germania
dell’Est alle Olimpiadi, convinsero molti della validità di queste
teorie, che ebbero successive evoluzioni nel lavoro di J.V.
Verchosanskij.
Tuttavia, coloro che importarono le teorie degli autori del
blocco di oltre cortina nel campo occidentale e, segnatamente,

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all’interno dell’organizzazione del lavoro dei giochi di squadra
quali il calcio, non tennero in dovuta considerazione:
• il fatto che, come detto, la preparazione era rivolta al
raggiungimento della massima forma in un determinato
periodo dell’anno, solitamente compreso fra le 2 e le 3
settimane, mentre un campionato di calcio dura 8-9 mesi;
• l’assoluta mancanza di una periodizzazione applicata agli
sport di squadra.

La suddivisione ‘a blocchi’ dell’allenamento è ancora presente


all’interno del mondo del calcio.
Alves (2006) citando (Carvalhal, 2001) afferma che “la Periodizzazione
tradizionale nel calcio ha le seguenti caratteristiche: lavoro fisico come
aspetto primario della preparazione; circuiti di lavoro sulla forza che poi non
si effettuano allo stesso livello di volume ed intensità per il resto dell’anno;
assenza quasi completa della definizione di un modello di gioco della squadra
e scarso impegno nell’aumento del lavoro della dimensione tecnico-tattica;
scarso equilibrio nel rapporto lavoro/recupero; valorizzazione eccessiva del
volume di lavoro rispetto all’intensità”.

Se pensiamo infatti alla suddivisione di un macrociclo annuale


di una squadra di calcio, abbiamo ancora:
• un periodo preparatorio;
• un periodo agonistico;
• un periodo transitorio.

Periodo preparatorio
E’ il periodo all’interno del quale si ‘gettano le basi’ per la
stagione a venire. In questo periodo, si allena la squadra dal
punto di vista fisico, con carichi di lavoro crescenti e si
comincia il lavoro tecnico e tattico per la costruzione e
l’applicazione del sistema di gioco scelto dall’allenatore. E’
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talmente grande l’importanza che viene attribuita dagli
allenatori, dai media e dai tifosi a questo periodo che spesso si
arriva a dire che è in questo periodo che si ‘vincono i
campionati’. Quasi che nel resto della stagione non si debba o
non si possa continuare a lavorare ed a progredire. Verso la
fine del periodo preparatorio i carichi di lavoro tendono a
diminuire di volume e ad aumentare di intensità: allenamenti
più brevi con esercitazioni a ritmo più alto, sia per le
componenti tecniche sia per quelle fisiche.

Periodo agonistico
E’ il periodo in cui si concentrano gli impegni delle coppe e del
campionato. Solitamente, in questo periodo, si procede
utilizzando lo stesso rapporto volume-intensità utilizzato nella
parte finale del periodo preparatorio, vale a dire con
allenamenti a volume ridotto (tempo e quantità del carico
impiegato) ma con intensità medio-alta. Verso la fine del
microciclo settimanale, il carico di lavoro subisce un ulteriore
decremento.

Periodo transitorio
E’ il periodo che separa la fine delle competizioni ufficiali dalla
ripresa dell’attività agonistica con il successivo ritiro
precampionato. In questo periodo i calciatori utilizzano una
parte del tempo a disposizione per smaltire le fatiche della
stagione appena conclusa ed un’altra per riprendere
l’allenamento fisico in modo da non presentarsi in condizioni
precarie alla ripresa degli allenamenti per la stagione seguente.
Durante i periodi in cui il gruppo lavora insieme, cioè nel
periodo preparatorio ed in quello agonistico, il calciatore deve
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allenarsi dal punto di vista fisico, tecnico, tattico e psicologico.
Quello che ci preme sottolineare è il metodo tradizionale di
approccio all’allenamento delle qualità fisiche-tattiche-tecniche-
psicologiche e l’innovazione proposta dalla Periodizzazione
Tattica.
Non ha più senso ripartire il lavoro fra periodo preparatorio e
periodo agonistico, modulando i fattori di intensità e carico.
Altrimenti torniamo all’applicazione del vecchio concetto di
periodizzazione di tipo sovietico.
Quello che invece prevede la Periodizzazione Tattica é:
• promuovere un lavoro basato sull’intensità, da intendersi
come l’intensità massima possibile che un giocatore può
dare in un determinato momento della stagione, vale a
dire secondo una ‘intensità alta relativa’;
• di conseguenza, non dare troppa importanza ad una
suddivisione fra fasi di carico e fasi di scarico del lavoro.

Mantenendo fin dal periodo preparatorio una lavoro a basso


volume ed intensità alta si andrà ad incidere immediatamente
sulle capacità tecnico, tattiche, fisiche e psicologiche della
squadra, favorendo nel contempo anche il recupero dei
giocatori e minimizzando la possibilità di incorrere in tutti gli
infortuni e microtraumi che, solitamente, si verificano nelle
squadre in questo periodo.

Nel calcio, bisogna evitare oscillazioni nella forma della


squadra e deve essere dunque anteposto al concetto di ‘picco
di forma’ quello di ‘stabilizzazione della forma’ (Silva, 1998;
Faria, 1999; Carvalhal, 2000).

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Ecco quindi che il periodo preparatorio non deve più avere
come obiettivo primario quello di migliorare le capacità
condizionali della squadra ma quello di migliorare il livello
globale del gioco della squadra, di introdurre e cominciare a
lavorare sul concetto di Modello di Gioco.
Uno introduzione al lavoro che proseguirà durante il periodo
agonistico. Fin dal primo giorno di ritiro, si va a lavorare sul
Modello di Gioco.

Una premessa. Il termine Periodizzazione Tattica compare per


la prima volta in Portogallo agli inizi degli anni ’90 grazie al
lavoro di uno scienziato dell'allenamento come il Prof. Vitor
Frade e trova il suo primo allievo di alto livello, il primo ad
applicare questa metodologia, nel famoso allenatore
portoghese Carlos Queiroz. Il lavoro dell’attuale tecnico della
nazionale portoghese ed ex secondo di Alex Ferguson al
Manchester United lascia una profonda traccia fra i tecnici
portoghesi e Queiroz è ancora ricordato come uno degli
innovatori delle teorie e metodologie di allenamento applicate
al calcio sia a livello professionistico sia a livello di settore
giovanile.

La forza dei metodi di Queiroz è tale che il portoghese non era


un semplice secondo per Alex Ferguson. Lo stesso passaggio
dal classico 4-4-2 al 4-2-3-1 del Manchester United delle ultime
stagioni è stato ispirato dal tecnico portoghese.

Ha detto di Queiroz Ryan Giggs: “ci allenava, ci preparava per


le partite, organizzava il team e decideva le cose che dovevamo
fare... mi ha impressionato fin dall’inizio.”

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C’è molto di Queiroz dietro i successi recenti del Manchester
United.

Come tutti gli innovatori (un pò come Arrigo Sacchi e Zdenek


Zeman in Italia), anche Queiroz vide le proprie idee osteggiate
dagli allenatori che si ispiravano ai vecchi metodi di
allenamento. Questi tecnici ‘bollavano’ i giovani allenatori che,
come Queiroz o Carlos Carvahal, avevano un background
universitario, come semplici preparatori fisici.

Come detto da Raùl Oliveira, allenatore e studioso portoghese,


“molti allenatori che stanno ancora applicando le teorie della
vecchia scuola non conoscono le nuove teorie ed introducono
la palla negli esercizi, ma questa non è la periodizzazione
tattica, questa è una periodizzazione tradizionale con la
palla...”.

La Periodizzazione Tattica, infatti, non divide l’allenamento in


una parte fisica + una parte tattica + una parte tecnica + una
parte psicologica, ma tutti questi aspetti vengono lavorati in
modo simultaneo, contemporaneamente.
Per Nuno Amieiro “la Periodizzazione Tattica è una metodologia di
allenamento che presuppone una logica metodologica propria...nella
Periodizzazione tattica non si concepiscono queste dimensioni [tattica,
tecnica, fisica e psicologica, N.d.A.] separatamente ma bensì in costante
interazione.”

Gli allenatori, sia che operino a livello dilettantistico sia che


lavorino a livello professionistico, hanno poche ore da dedicare
all’allenamento dei calciatori. Vuoi per una questione di tempi,
di spazi a disposizione o per mancanza di cultura del lavoro da

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parte dei calciatori, i giocatori non lavorano come gli atleti
delle discipline olimpiche.
Quindi, la parola chiave è ‘ottimizzazione’. Bisogna ottimizzare
gli spazi a disposizione, ottimizzare il tempo, ottimizzare i
materiali che si hanno a disposizione...
Per far questo, si deve ‘integrare’ il lavoro tattico con quello
fisico, tecnico e psicologico.
E la base di tutto il lavoro del microciclo settimanale deve
essere costituita dal lavoro tattico. Questo perchè il calcio è
uno sport collettivo, di squadra e, come tale, ha nella tattica il
suo punto cardine. L’organizzazione di squadra fa la differenza
non tanto fra il vincere ed il perdere ma sopratutto fra l’avere
possibilità di vittoria e non averle.
Nessuna squadra può vincere ad alti livelli se non è preparata
tatticamente.

Come arrivare a questo livello di preparazione? Lavorando


costantemente in situazioni specifiche, intendendo con questo
termine lavori che costringano il calciatore a pensare da un
punto di vista tattico. Come detto dal prof. Oliveira “la
dimensione tattica è al centro del nostro modello di
allenamento”.

Se, per esempio, utilizziamo un esercizio di tiri in porta per


allenare la conclusione, dovremo usarne uno che costringa a
pensare tatticamente i nostri giocatori e che, allo stesso tempo,
dia loro un allenamento psicologico e fisico.
Afferma il prof. Frade: “la tattica è molto importante, ma non
può essere più importante in alcuni momenti della settimana
piuttosto che in altri.”

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Infatti, se pensiamo ad un microciclo classico di una squadra di
Serie A, vediamo come gli aspetti tattici vengano allenati più
intensamente soltanto negli ultimi 2-3 giorni della settimana.
Invece, gli aspetti tattici, essendo la parte più importante del
gioco, dato che il calcio è soprattutto tattica, devono essere
allenati costantemente durante tutta la settimana.
E’ inutile dedicare alla tattica appena il 10 o 15% del tempo
totale impiegato durante la seduta di allenamento, quando
sappiamo che la tattica è l’elemento più importante del gioco.
Dobbiamo quindi utilizzare una metodologia di allenamento
che ci permetta di allenare gli aspetti tattici, siano essi
individuali, di reparto o collettivi, in maniera continuativa,
senza tralasciare gli aspetti del condizionamento fisico,
psicologico e tecnico.
Molte volte, quando si parla di utilizzare un metodo integrato,
gli allenatori e gli addetti ai lavori pensano che basti
semplicemente inserire il pallone all’interno dell’allenamento.
Questo deriva da una errata concezione della Periodizzazione
Tattica. Anche se la palla viene usata nel 90% dei casi durante
l’allenamento, c’è differenza fra allenarsi con la palla ed
allenarsi utilizzando il pallone per costruire tatticamente il
gruppo. Il segreto dietro la metodologia della Periodizzazione
Tattica non è l’utilizzo del pallone negli allenamenti ma
l’allenamento volto a raggiungere un determinato obiettivo
tattico.

Nella Periodizzazione Tattica, tutti gli esercizi sono costruiti


per centrare un obiettivo allenante di natura tattica, per
allenarsi a mettere in pratica i nostri principi di gioco…

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Per Oliveira, J. (1991) “non basta affermare che la tattica è importante, è
necessario che... la tattica sia il baluardo di tutta la metodologia adottata.”

Il lavoro fisico è una conseguenza del lavoro tattico svolto.


Infatti, se uno vuole allenare anche la resistenza organica
durante l’allenamento tattico, può organizzare una partitella
con obiettivi tattici allargando il terreno di gioco; se si vuole
allenare la potenza muscolare si giocherà in campi più ristretti,
dove i giocatori sono costretti a frequenti cambi di direzione.
Ma nella Periodizzazione Tattica l’elemento fisico non è mai
l’elemento preponderante della seduta di allenamento.
L’aspetto fisico dovrà essere monitorato ma non sarà mai la
parte principale della sessione di allenamento.

L’elemento fisico è presente, ma non rappresenta mai la parte


centrale della seduta di allenamento. Certo, si deve tenere
presente il carico fisico delle esercitazioni svolte con la palla ed
il lavoro fisico deve essere ad esse complementare.

Anche l’allenamento fisico deve essere tattico, in modo che


ogni azione tecnica o fisica sottintenda sempre un motivo
tattico.

Non basta correre, ma si deve correre bene, correre con un


obiettivo, correre per qualcosa...

E’ perfettamente inutile avere giocatori più forti fisicamente,


più veloci, più resistenti se, quando sono in possesso del
pallone, non sanno cosa farsene e se, quando devono
difendersi, non sanno come reagire davanti a determinate
situazioni.
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E’ inutile avere giocatori in grado di fornire alte prestazioni
fisiche, allenati con ripetute su 800-1.000 metri, con valori di
potenza aerobica straordinari, se poi non sanno come
muoversi in campo.

Per Tenney (2008) “il corpo di un atleta si adatterà sempre in maniera


specifica a quello che verrà richiesto. Se questo è il caso, allora perchè un
giocatore fa serie di corse tipo 10x120m durante l’allenamento? Perchè non
un 2v1, o 2v2 in transizione, su un campo lungo 40m, dove gli attaccanti
devono segnare più velocemente possibile? Questo è specifico e può essere
riportato nel gioco, mentre le serie 10x120m di corsa non si possono portare
affatto in partita.”

Per Bangsbo (2008) l’allenamento specifico “allena i muscoli specifici per il


calcio. In aggiunta, i giocatori fanno anche lavoro tecnico e tattico.”

Tutto questo ridimensiona fortemente anche il valore che si dà


all’uso dei test per valutare la condizione fisica dei giocatori...

Quanto volte sentiamo allenatori le cui squadre hanno


problemi rispondere alle domande della stampa con generiche
affermazioni del tipo ‘eppure i test indicano che non ci sono
scadimenti di forma?’

Questo perchè i test non servono...cosa importa infatti che un


giocatore dimostri la sua efficacia nei test se poi in campo è
impaurito e non sa cosa fare?

Per Mourinho (cit. in Oliveira et co, 2007) “test fisici?! E’ una questione di
convinzione. Io non ci credo... Non utilizzo programmi muscolari
individualizzati. La palestra e le macchine sono per il dipartimento medico. Il
cosiddetto allenamento integrato e la mia metodologia di allenamento non
hanno la minima relazione... se non l’uso del pallone!”

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Le squadre che utilizzano o hanno utilizzato la Periodizzazione
Tattica sembrano più in forma non perchè corrono più veloci
o sono più forti fisicamente ma perchè i loro giocatori sanno
esattamente cosa fare in ogni situazione.
Stare in forma andrà così a significare non più la condizione
fisica di ogni singolo elemento, ma la condizione generale della
squadra sotto il punto di vista del gioco, cioè del livello di
applicazione del Modello di Gioco.

Per Mourinho (2006) “Non credo, nel calcio di oggi, che ci siano squadre
preparate bene fisicamente ed altre no...ci sono delle squadre adattate o
meno al modo di giocare del loro allenatore. Quello che noi cerchiamo è che
la squadra sia in grado di adattarsi al tipo di sforzo che il nostro modo di
giocare richiede”.

Nell’allenamento integrato si utilizza il pallone per allenare le


componenti fisiche. Nella Periodizzazione Tattica si utilizza
invece il gioco per obiettivi tattici allenando nel contempo
anche le qualità fisiche.
Non si tratta quindi di disconoscere l’importanza
dell’allenamento delle componenti fisiche del gioco, quali
forza, resistenza e velocità, ma di inquadrarle in relazione alle
esigenze tattiche.
Una esercitazione tattica, che comprende molti salti, sprint,
cambi di direzione, è molto più specifica di un lavoro
decontestualizzato fatto in palestra.
Per Rui Faria (2007) “volendo giocare in una determinata maniera e
lavorando settimanalmente per questo, in un contesto interamente orientato
a questo, tutta la struttura fisiológica si adatta in maniera concreta e
specífica...per noi, l’adattamento specifico a partire dalle situazioni di gioco ci
permette di affrontare molto meglio la preparazione del giocatore...ognuno
sceglie il cammino che è più indicato per il proprio obiettivo finale. Il nostro è
che la squadra giochi come vogliamo, secondo il nostro modello di gioco.”

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I concetti come forza, velocità e resistenza, giova quindi
ripeterlo, non sono mai gli elementi primari delle sedute di
allenamento e del programma. Quello che conta è il ‘gioco’,
che ci indica lo stato di forma generale della squadra.
In sostanza, la periodizzazione classica prevede:
• l’esaltazione della componente fisica nel macrociclo,
mesociclo e microciclo di allenamento secondo la
dicitura per cui ‘i calciatori sono atleti’.
• La divisione del microciclo settimanale in allenamenti a
prevalenza tecnica, tattica, fisica e psicologica (si pensi
agli allenamenti quasi interamenti dedicati alla visione di
filmati sui prossimi avversari o alle lunghe ed estenuanti
conversazioni sulla partita appena svolta).
• La divisione del carico all’interno del microciclo
settimanale diminuendo l’intensità ed il volume mano a
mano che ci si avvicina alla partita di campionato.
• la necessità di utilizzare allenamenti non specifici rispetto
al calcio e, comunque, con poca interazione fra i membri
dello staff e quindi con un rapporto non idoneo fra
lavoro svolto a secco e lavoro con la palla.
• La nozione secondo cui il periodo agonistico è un
periodo di ‘conservazione’ e non di incremento della
forma della squadra.
Di contro, la Periodizzazione tattica prevede:
• Un lavoro contestualizzato.
• La tattica diventa il nucleo centrale del lavoro sia nel
macrociclo che nel mesociclo che nel microciclo.
• Richiede all’allenatore una elevata conoscenza del
modello di gioco che si vuole impiegare, in tutte le sue
fasi e la conoscenza delle esercitazioni più idonee per
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allenare le componenti tattiche, tecniche, fisiche e
psicologiche necessarie ad insegnarlo.
• Le sessioni del microciclo assumono tutte la stessa
importanza.
• Il lavoro è volto ad un costante miglioramento delle
qualità di una squadra durante tutto l’anno, senza
limitarsi al mantenimento del livello raggiunto.

Proprio quest’ultimo punto assume una rilevanza


fondamentale.
Come dice R. Oliveira (2008): “la più grande difficoltà
nell’applicazione della periodizzazione tattica è
perchè...dobbiamo adattare i nostri esercizi ed i nostri
allenamenti all’evoluzione del nostro modello di gioco ed
anche all’evoluzione dei nostri giocatori. Non esiste un
allenamento perfetto così che si possa dire ‘farò questo
allenamento per tutta la stagione’; dobbiamo sempre essere
preparati ad introdurre alcuni cambiamenti e pronti a valutare
gli effetti degli allenamenti sulla squadra”.
Alves, B. (2006) citando Jorge (1998), Konzag, (1991), Tschiene 1994),
sostiene che il processo di allenamento deve coniugare diversi aspetti (físico,
técnico, táttico, e psicológico).

Filipe Martins (2003) ha identificato l’esistenza di 3


metodologie di allenamento. Dell’allenamento a blocchi
proprio dell’URSS abbiamo già parlato.
Abbiamo poi il “Metodo Integrato”, nel quale gli aspetti tecnici
e tattici vengono lavorati insieme. Anche se questo metodo si
avvicina al gioco, ne resta ancora troppo lontano. Con il
Metodo Integrato lavoriamo con la palla, ma restiamo sempre
ancorati al vecchio modo di organizzare l’allenamento.
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Oliveira, J.G. (2004) afferma che una delle differenze fra la Periodizzazione
tattica ed il Metodo Integrato sta nel fatto che nella Periodizzazione tattica il
modello di gioco è costruito a partire dall’allenamento mentre nel Metodo
Integrato avviene l’opposto.
Secondo Alves B. (2006) nella Periodizzazione Tattica l’allenatore,
attraverso l’allenamento, crea il gioco che vuole che la sua squadra svolga
mentre nel Metodo Integrato l’allenatore smonta il gioco e lo trasporta
nell’allenamento per allenare alcuni comportamenti.
Per Carvalhal (2004) “esistono due tipi di allenamento con la palla; quello
integrato e quello periodizzato”. Nel primo la palla è presente ma in forma
subordinata... Noi sosteniamo un altro genere, nel quale la palla è presente
dal primo giorno di allenamento per modellare i giocatori, dal punto di vista
collettivo ed individuale secondo la nostra idea di gioco. Ed anche quando la
palla non è presente il nostro obiettivo è sempre il nostro modo di giocare.

L’allenamento integrato è soltanto un allenamento analitico


con la presenza della palla. Un allenamento cioè dove le varie
parti, fisiche, tattiche, tecniche, psicologiche, vengono allenate
separatamente per essere poi ricomposte soltanto
successivamente.
Inoltre, con Metodo Integrato, si intende, come detto,
l’allenamento fisico con la palla. E’ quindi ancora una volta
l’aspetto fisico a prendere il sopravvento.
Invece, la “Periodizazzione Tattica” permette di allenarsi
attraverso il gioco insegnando il modello di gioco che si ha in
mente.
Per Marisa Gomes (2008) “la Periodizzazione tattica non ha niente a che
vedere con il Metodo Integrato perchè:
• il Metodo Integrato non contempla nè sviluppa un modello di gioco;
• il Metodo Integrato si orienta sugli stessi obiettivi ‘fisici’ della
Periodizzazione classica ma anche, con l’integrazione della balla,
attraverso il suo uso”.

Modello di gioco
Come abbiamo visto, fino ad ora abbiamo sottolineato
l’importanza del concetto di ’Modello di gioco’. Prima di
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proseguire ritengo opportuno dare una definizione di Modello
di gioco.
Per Modello, secondo il Dizionario Italiano Devoto-Oli, si
intende:
“L’oggetto o il termine atto a fornire un conveniente sistema di punti di
riferimento ai fini della riproduzione e dell’imitazione”.

Per Modello di gioco si deve intendere (Severino, 2008):


“l’insieme di principi (dai quali derivano i sub-princípi) di comportamento
della squadra, che ne definiscono l’organizzazione, dando ad essa una propria
identità tenendo presenti i 4 momenti principali di gioco – fase difensiva,
transizione offensiva, fase offensiva e transizione difensiva. Il Modello sarà
quindi il modo in cui un allenatore vuole che la sua squadra debba giocare,
attaccando (attacco di posizione, contrattacco…), difendendo (pressing,
pressione uomo a uomo…), facendo transizione.”

Per Oliveira (cit. da Marisa Gomes, 2008) il Modello di gioco spiega “come
dobbiamo giocare: come dobbiamo attaccare, come dobbiamo difendere e
come dobbiamo fare le transizioni.”

Il Modello di Gioco deve quindi definire il sistema di relazioni


esistenti fra i membri della squadra in ogni situazione di gioco.
Non si deve confondere il Modello di gioco con il Sistema di
gioco, cioè con la disposizione in campo dei giocatori (4-4-2,
4-3-3...)
“Non adottiamo un modello di gioco, creiamo un modello di gioco” (Oliveira,
cit. da Marisa gomes, 2008).

Per Carlos Queiroz (1986) “i modelli técnico-táttici devono


descriveremetodicamente e sistematicamente un sistema di relazioni che si
stabiliscono fra i diversi elementi di una determinata situazione di gioco,
determinando in modo chiaro i compiti ed i comportamenti técnico- táttici
che un allenatore vuole dai suoi giocatori, in accordo con il loro livello di
capacità.”

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Per Carvalhal (2002) “il modo in cui rendere operativo il modello di gioco è
quello di utilizzare esercizi specifici...questi devono essere fatti con intensità
e concentrazione, sempre subordinati al modello di gioco adottato”.

Pensiamo alla tradizionale stagione di una squadra


professionistica. Abbiamo una preparazione nel ritiro
precampionato che si volge con sessioni di allenamento
doppie, per circa 30-45 giorni. In questo periodo, l’accento è
posto sulle qualità fisiche quali la potenza aerobica, la capacità
e potenza lattacida, la velocità, la forza...Questo è anche il
menù di molte squadre dilettantistiche.
Negli ultimi anni, qualcuno ha cominciato ad introdurre il
pallone, dando vita all’allenamento integrato. Ma, ripeto,
sempre dando priorità all’aspetto fisico.
Poi si passa all’aspetto tattico, ancora una volta allenato ‘a
blocchi’ e decostentualizzato dal resto del lavoro. Si schierano
3 o 4 difensori contro 4-5 attaccanti, si fa circolare la palla, si
provano le coperture difensive...e poi si passa ad altro.
Esercizio utile, per carità (magari come lavoro di recupero
nell’allenamento seguente ad una partita), ma soltanto come
didattica generale, che non viene legato all’idea di gioco che
l’allenatore vuole insegnare alla squadra e che non interessa nè
gli aspetti tecnici, nè psicologici, nè fisici.
Così, vediamo squadre senza una propria identità.
Il Modello di Gioco di una squadra è invece proprio ciò che la
deve caratterizzare, in quanto ha il suo presupposto nell’idea di
gioco di un allenatore.
Presupposto perchè poi, nella realtà, il Modello di Gioco che
un allenatore ha in mente deve tenere presenti altri fattori che
andranno ad influenzare quello che sarà il risultato pratico, cioè
il Modello di Gioco effettivamente realizzato.

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