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Lydia Cabrera e le piante magiche

Guarigione e culto della natura a Cuba

Lo studio e la divulgazione del ricchissimo patrimonio delle religioni afrocubane è legato a doppio
filo a Lydia Cabrera, antropologa, scrittrice e storica. Madre del recupero ma anche di un'autentica
scoperta delle tradizioni del suo paese, Lydia Cabrera nasce il venti maggio 1899 1 in una delle
famiglie più in vista della capitale. Il padre, Raimundo Cabrera, è una figura di primo piano nella
vita culturale e sociale. Dopo aver combattuto nella prima giovinezza per l'indipendenza di Cuba,
intraprende con successo la professione legale e si ritaglia uno spazio importante anche nella
pubblicistica, fondando periodici e scrivendo numerosi racconti. Proprio su una rivista del padre,
Cuba y America, esordirà la giovanissima Lydia con i suoi primi articoli. Negli anni del tramonto
diventa presidente dell'influente Sociedad Economica de amigos del Pais.
Durante l'infanzia,Lyidia entra in contatto con diversi servitori di colore che lavorano alle
dipendenze della sua famiglia e che le regalano un primo amore per le usanze e le leggende del
loro ambiente religioso. Altro evento decisivo per la sua formazione è la collaborazione già da
adolescente con la Sociedad de Folklore Cubano, in cui opera il cognato Fernando de Ortiz, forse il
vero padre degli studi antropologici a Cuba.
Animata in seguito dalla volontà di diventare pittrice, Lydia parte per Parigi nel 1922, dove conosce
il movimento surrealista di cui subisce la decisiva influenza. L’incontro col clima culturale parigino,
dove sull'onda delle avanguardie artistiche è riservata una grande importanza all'arte africana e
tribale, è per lei fondamentale. A una prima esperienza artistica, maturata con il diploma all’ Ecole
du Louvre subentra poi l' interesse per le lettere e la riscoperta delle tradizioni della sua isola.
Dopo sedici anni ritorna stabilmente a Cuba e avvia le sue ricerche etnografiche, che la porteranno
a pubblicare i suoi libri più significativi sulla religiosità cubana. Nel 1960 le conseguenze del colpo
di stato con cui Fidel Castro prende il potere sull'isola la portano a scegliere l'esilio a Miami, dove
continuerà la sua attività di ricerca pubblicando nuove opere e ristampandone altre fino alla morte
nel 1991.
Il percorso intellettuale di Lydia Cabrera è sterminato, con circa cento opere edite, delle quali
almeno ventitré riguardano il folklore magico e religioso di Cuba.
Il primo libro pubblicato da Lydia Cabrera è Cuentos negros de Cuba, silloge di ventidue racconti
sul folklore cubano in cui però la mano originale dell'autrice si fa sentire. I Cuentos negros furono
editi da Gallimard nel 1936 in francese 2 per iniziativa di Francis de Miomandre, critico letterario
fortemente impressionato dalle doti della scrittrice cubana. Alle favole sugli animali che per gran
parte compongono il libro, l’autrice aggiunge una vena surreale e onirica, regalo che il suo vissuto
parigino le trasmise, con grande anticipo su quello che sarà poi il movimento letterario del
realismo fantastico. Nel 1940 vide le stampe la seconda edizione in spagnolo.
Gli anni della sua Bildung parigina terminano nel 1938, quando la Cabrera fa ritorno in patria. Per
1
Curiosamente Lydia Cabrera ha sempre affermato di essere nata l'anno successivo, anche contro le evidenze
anagrafiche. Così si spiega l'oscillazione della data natale in diversi studi e articoli scientifici.
2
Lydia Cabrera, Comtes nègres de Cuba, Gallimard, Paris, 1936.
la verità il soggiorno parigino ebbe un' interruzione prolungata già nel 1930, che servì alla studiosa
cubana per stringere legami con le fonti viventi dei suoi lavori della maturità, vecchi negros o
creoli devoti alla Regla Lukumi o alla Regla de Palo.
Dieci anni dopo il suo ritorno, la scrittrice cubana pubblica Eggue o Vichichi Nfinda13, un ampio
saggio sulle piante nelle religioni afrocubane. Eggue e Vichichi Nfinda sono rispettivamente nella
lingua degli Yoruba e dei Bantu i termini che indicano le piante. Questo lavoro della Cabrera
presenta una certa importanza perché chiarisce definitivamente il disguido terminologico
inaugurato da Romulo Lachatanerè4, ovvero l 'uso indistinto di santeria per indicare ogni forma
religiosa afrocubana, quando la parola indica in realtà la regla Lukumi o regla de Ocha, la
devozione yoruba trasmessa sotto il velo di una commistione alla religione cattolica. Lydia Cabrera
rileva al contrario come siano ben diverse tra loro le due culture religiose prevalenti: La Regla
Lukumi, osservata presso la popolazione di colore di lingua Yoruba, originaria dell'Africa
occidentale, non è da confondersi con la Regla Palo o Palo Monte, praticata in origine dai
discendenti degli africani di lingua bantu, che mantiene al centro del suo sistema di credenze il
culto dei morti.
Pietra miliare e personale capolavoro della Cabrera, che rifulge tra le circa cento opere della
studiosa cubana è invece El Monte, ricchissima disamina della religiosità dei negros cubani, dato
alle stampe nel 1954.
El Monte5 raccoglie gli sforzi più significativi della Cabrera nel delineare la fisionomia della Regla
Lukumi o Regla de Ocha, la religione afrocubana maggiormente diffusa. In realtà il libro contiene
molte informazioni anche sulla Regla de Palo, e testimonia tramite le parole della cerchia di
informatori dell'antropologa non solo gli elementi comuni tra le due tradizioni, ma anche la fluidità
degli scambi e dei rapporti tra gli appartenenti all'una o all'altra Regla. El Monte, termine spagnolo
difficilmente traducibile, ma che si potrebbe rendere con selva, indicando tutto ciò che appartiene
alla natura ed è insieme dimora e sorgente delle forze sottili della terra, è un' opera che si
struttura come un immenso mosaico di racconti. Le sue tessere sono le testimonianze di prima
mano di vecchi cubani, neri e creoli, che dipanano i collegamenti tra le pratiche magiche e
religiose dei loro culti e della loro vita con la flora e la fauna dell'isola re-incantate dall'arrivo dei
loro antenati in ceppi, a seguito dei colonizzatori spagnoli. Si può infatti parlare di un re-
incantamento dell'isola di Cuba, perché la cosmologia e i riti degli africani, principalmente di
origine bantu e yoruba, furono associate ai luoghi, alle piante e agli animali di questo lembo del
Nuovo Mondo, cercando di stringere un nuovo legame simpatico tra gli uomini e la regione che
erano costretti ad abitare in schiavitù 6. Cardine di questo patto tra l'uomo e la terra furono gli
Orisha, le divinità della religione yoruba travasate nella Regla de Ocha. Tali dei, così simili all'uomo
nelle loro passioni, dimorano nel cuore della selva7:
3
Lydia Cabrera, Eggue o Vichichi Nfinda, in REVISTA BIMESTRE CUBANA 60, 1947, pp. 47-120. Questo lungo
articolo è nella struttura e nei contenuti un 'anticipazione del capolavoro El Monte.
4
Vedi Romulo Lachatanerè, Manual de Santeria, editorial Caribe, La Habana, 1942.Su Lachatanerè e la sua opera si
veda Jorge Castellanos, Pioneros de la etnografía afrocubana: Fernando Ortiz, Rómulo Lachatañeré, Lydia Cabrera,
Ediciones Universal, Miami, 2003, pp. 153-186.
5
El Monte: Igbo Finda Ewe Orisha, Vititinfinda. Notas sobre las religiones, la magia, las supersticiones y el folklore
de los negros criollos y del pueblo de Cuba, Ediciones CR, La Habana ,1954; traduzione italiana a cura di Laura
Rodriguez Piante e Magia, Rizzoli, Milano, 1984.
6
Alcuni studiosi ormai ritengono che la tradizione Lukumi abbia subito profonde innovazioni e mutamenti nel culto
e nella prassi rituale almeno a partire dagli inizi del ventesimo secolo. E' l'opinione che David Brown presenta nel
suo volume Santeria Enthroned.: Art, Ritual, and Innovation in an Afro-Cuban Religion, University of Chicago
press, Chicago, 2003.
7
El Monte, traduzione italiana Piante e Magia, p. 7.
Il negro quando va nella foresta, penetra nel profondo “cuore della Selva”, è convinto di entrare
in contatto diretto con forze soprannaturali che lì, nei loro domini, lo circondano: ogni lembo
della foresta, per la presenza invisibile o a volte visibile di dei e spiriti, è sacro. “La Selva è sacra”,
perché li abitano, “vivono”, le divinità. “I Santi stanno più nella Selva che in cielo”. Principio della
vita, “siamo figli della Selva perché lì è cominciata la vita; dalla Selva nascono i Santi e di lì nasce
anche la nostra religione”, mi dice il vecchio erborista Sandoval...

Invece per i neri di etnia bantu, le cui antiche patrie corrispondevano all'incirca agli attuali Congo e
Angola, il patto con la natura si sigillava nella nganga, recipiente magico riempito di terra, erbe e
sostanze naturali cariche di energie sottili in cui viene ad abitare il nfumbe, lo spirito del morto8:

Nel cimitero giacciono le spoglie dei morti, mentre negli alberi della Selva s'insedia il loro spirito
che, come dicono gli spiritisti, si è disincarnato. Cimitero e Selva sono equivalenti e si
complementano: nell'uno e nell'altra vi sono i ftimbi e le forze che saranno gli esecutori invisibili
delle magie, buone o cattive, che intraprenderà lo stregone. La nganga, che può essere ereditata,
o che il neofito riceve dal padrino, dopo I'iniziazione e un apprendistato di vari anni, è costruita,
"montata" o "caricata" dallo stregone, con morto, kiyumba, alberi della Selva, liane, rlfita o
bikanda (erbe), terra e animali. Per associazione si chiama nganga o nkiso e prenda (idolo,
feticcio), anche il recipiente in cui lo stregone conserva le forze soprannaturali che gli servono,
concentrate nelle ossa, nei tronchi, nelle piante, nella terra, nelle pietre e negli animali.

Il metodo seguito da una geniale dilettante come la Cabrera che, pur priva di una formazione
accademica strictu sensu riesce a rinnovare profondamente gli studi etnografici sulla religiosità
cubana, è semplice ma efficace.
Del resto anche gli altri due grandi pionieri degli studi etnografici a Cuba, Fernando Ortiz e Romulo
Lachatanerè, non provenivano dal milieu accademico: Ortiz era un avvocato mentre
Lachatanerè un farmacista. La studiosa cubana crea intorno a sé una rete di informatori di prima
mano con cui entra in confidenza cercando di spogliarsi dei panni della dame dell'alta società
dell'isola, sacrificando in tale impresa anche il rigore logico tipico degli antropologi dell'epoca che,
secondo l'autrice, risulterebbe esiziale a contatto con la freschezza delle fonti. Una messa tra
parentesi, un' epochè-in altre parole-di schemi o strumenti concettuali classificatori, che pone al
centro dell'indagine la narrazione, con il suo ritmo discontinuo e impreciso. Il laboratorio
etnografico della Cabrera è costituito quindi dai vecchi paleri e praticanti lukumi cubani, e la stella
polare della sua ricerca la resa più fedele e neutra possibile delle loro credenze, a costo anche di
eventuali e spesso inevitabili inesattezze, in un mondo culturale da sempre dominato dall'oralità.
Una frase della prefazione di El Monte condensa in una battuta il metodo seguito dalla studiosa
cubana:«...Esto es, aprender a pensar como ellos»9. In questo modo la cifra stilistica della Cabrera,
sull'onda delle seminali ma non certo sempre rigorose testimonianze dei neri cubani, rimane
sospesa tra analisi antropologica e descrizione di un vissuto religioso in parte intraducibile nelle
categorie scientifiche moderne, ma riportato con estrema fedeltà.
E' un metodo che si pone in forte contrasto con i lavori di Fernando Ortiz e degli antropologi di
metà novecento: Lydia Cabrera nella sua esposizione, più simile a un racconto che ad un'analisi
critica, sceglie di non effettuare una separazione netta tra piano mitico, storico e rituale-
devozionale per rimanere fedele al melange originario di culto e
d esperienza proprio dei santeri cubani. In questa rottura della scrittrice cubana con il modus
operandi prevalente dei suoi colleghi è possibile vedere un nuovo avanzamento negli studi sulle
8
El Monte, trad. it. Piante e magia, p. 119.
9
El Monte, Editorial Letras Cubanas, 1993, p.11.
tradizioni afrocubane: non manca infatti chi recentemente ha valutato lo stile di indagine della
Cabrera come un notevole precedente dei metodi della più moderna antropologia10.
El Monte è un libro diviso in due parti: nella prima intorno ai racconti dei viejos cubani l'autrice si
diffonde sul culto degli Orisha e sui loro attributi seguendo uno spettro di indagine molto ampio,
in cui l'opinione personale dei praticanti, come prevede la metodologia della Cabrera, non è
affatto subordinata al racconto mitico o ai dati più condivisi sulle cerimonie rituali Yoruba. Per la
seconda metà la protagonista è invece la flora di Cuba, habitat privilegiato, come abbiamo potuto
vedere, del magico e del numinoso.
Ben 555 piante vengono elencate con i relativi usi rituali e le divinità cui appartengono. Il catalogo
di alberi e piante tuttavia, oltre ad essere un elemento fondamentale per apprezzare la concretezza
della spiritualità afrocubana e il legame indissolubile che conserva con il mondo vegetale, è anche
un vero e proprio digesto di etnomedicina. Infatti accanto alle voci delle piante più venerate nella
Regla Ocha e nella Regla de Palo, troviamo illustrato il loro impiego medico e terapeutico
accompagnato dal nome scientifico e dalle denominazioni in lingua congo e lukumi 11:

Datura suaveolens (H.B.K.) Datura Campana


Lukumi : Aggogci Congo: Kusuambo Ngdnga

Appartenente a Obatala.
Si usa per l'omiero di questo orisha, per i lavaggi e le purificazioni delle case e per ibora
omitutu, lavarsi. Il succo è buono per la bronchite: facilita l'espettorazione. Il decotto della
radice e della corteccia cura i postumi dell'ubriacatura, ma non deve essere ingerito durante le
sbronze. Con i fiori si fabbricano achuike', sigarette antiasmatiche. (Si fanno seccare al sole, si
triturano e si avvolgono nelle cartine comperate in farmacia).
Le foglie cotte, in linimenti, sono molto usate a Cuba contro le infiammazioni. Si dice che la
datura sia ottirna per le emorroidi irritate e dolorose, e per allontanare gli influssi malefici da
una persona o da una casa. Nella magia ha molte applicazioni. Per togliere il ndiambo: bagni
con foglie di datura, di semprevivo (Helicrysum bracteatum), di basilico e di cotone. Bastano
quattro bagni di seguito per liberarsi dal malocchio.

La prescrizione medica, come è prevedibile, lascia il passo velocemente all'uso magico. Domina,
nei rimedi come nella magia, il principio della signatura rerum. Uno tra numerosi esempi: l'erba
mangiamosche ha una linfa rossa, quasi sanguigna, il che la rende perfetta per le operazioni di
attacco magico. La vis necandi della pianta ne fa un ottimo strumento di offesa, utile per
danneggiare i nemici12. Tuttavia molte voci, specie quelle che riguardano le piante più rinomate
nei culti afrocubani, contengono racconti, leggende, e pareri dei viejos secondo la generosa
miscela cui Lydia Cabrera abitua il lettore. Tale è l'importanza di questo erbario magico e medico
del Nuovo Mondo e così estesa la rassegna delle proprietà delle piante che un etnomusicologo,
Morton Marks, ha avanzato l'idea che dietro ogni Orisha si estenda una particolare categoria
farmacologica e botanica13. Così, in una farmacia vegetale verniciata dal colore religioso-a giudizio
10
Finora lo studio critico su Lydia Cabrera in lingua inglese di maggior rilievo è il libro di Edna M. Rodriguez-
Mangual, Lydia Cabrera and the Construction of an Afro-Cuban Cultural Identity,University of North Carolina
Press,Chapel Hill, 2004. L'autrice difende i lavori della Cabrera che ritiene precursori dell' “osservazione partecipante”
propria delle tendenze etnografiche più recenti.
11
El Monte, trad. it. Piante e magia, pp. 403-404.
12
Ibidem, p. 370.
13
Vedi Morton Marks, Exploring El Monte: Ethnobotany and the Afro-Cuban Science of the concrete , in En torno a
Lydia Cabrera, a cura di Isabel Castellanos and Josefina Inclán, Ediciones Universal, Miami, 1987, pp. 227-244.
Marks per la sua ipotesi farmacologica si basa, oltre che su El Monte, sull'opera di Edward S. Ayensu, che raccoglie
di chi scrive un'ipotesi con buoni spunti ma fortemente riduzionista- si rivelerebbe il segreto del
vincolo tra natura e divinità del pantheon yoruba.
Lydia Cabrera dopo l'esilio in Florida pubblicherà un altro contributo importante per lo studio
dell'etnomedicina cubana, La Medicina Popular De Cuba14, che termina, seguendo l'indirizzo già
presente nell'opera principale, con un dizionario botanico di 777 piante.
Il settimo capitolo del volume introduce le figure, così importanti per la medicina popolare cubana,
dei curanderos e degli hyerberos, a cui si è sempre rivolto il popolo dell'isola. Tra i primi erano
molto numerosi i cosiddetti celestiales, cioè guaritori legati a un santo particolare e specializzati
nella cura di un determinato fenomeno morboso. Per esempio san Vito si occupa dell'epilessia,
mentre sant'Antonio, sincretizzato con Osain, dio Yoruba delle erbe e della medicina par
excellence, guarisce le infiammazioni. Agli hyerberos invece spettava spesso il ruolo di venditori e
fornitori, spesso ambulanti, di foglie, piante e radici medicamentose. A loro si rivolgevano oltre che
i curanderos stessi quella parte della popolazione che aveva più dimestichezza con la botanica.
Anche se non raggiunge più i vertici di El Monte, la produzione continentale di Lydia Cabrera
presenta ancora momenti di grande interesse. Con la pubblicazione della Sociedad Segreda
Abakua15, la poligrafa cubana getta uno sguardo su un versante dei culti cubani di ascendenza
africana fino ad allora quasi ignoto. Gli appartenenti a tale culto, originario della popolazione Iwo
del sud della Nigeria, detti ñáñigos, coltivano in segreto le loro pratiche, mantenendo tra loro uno
stretto vincolo di fratellanza. Peraltro parte dei loro rituali presenta elementi di straordinaria
affinità con quanto ci è pervenuto dei misteri dell'età classica.
Nel 1977 esce la Regla Kimbisa del Santo Cristo del Buen Viaje16, monografia che tratta la
diramazione più recente del Palo Monte cubano, sorta dall'iniziativa di Andrè De Dolores Petit, che
coniugò la sua religione con elementi spiritisti e derivati del culto cattolico. Sempre sulla religione
della cultura bantu è il lavoro edito due anni più tardi, Reglas de Congo: Palo Monte Mayombe 17, il
suo scritto senza dubbio più importante sulla Regla Palo. Qui la documentazione etnobotanica è
certo più modesta, poiché i racconti dei paleri riguardano soprattutto le tecniche magiche, i legami
simpatici fra animali, piante e cose e la preparazione della nganga. Il libro offre anche una
digressione, more solito attinta dalle preziosissime fonti orali della Cabrera, sui mpungu, ovvero le
forze divine del pantheon congo, molto simili agli Orisha dei santeri.
Difficile valutare nel complesso il legato di una figura così importante per lo studio delle religioni
afrocubane. Opere come El Monte sono ancora pienamente à la page, anche sul piano
accademico, e sulle pagine della Cabrera si sono formate nuove file di studiosi tra i quali si possono
citare Natalia Bolivar Arostegui, Jose Millet e Isabel Castellanos. Forse il dato che si impone è la
molteplicità di fronti di studio che gli scritti di Lydia Cabrera incrociano: la letteratura, gli studi
religiosi, l'etnografia, l'etnobotanica ma anche la storia sociale dei margini del popolo cubano, che
ha custodito gelosamente l' identità segreta e speciale della più grande isola dei Caraibi.

Glossario

oltre seicento piante note nei Caraibi per le loro proprietà magiche e curative. Si veda Edward S. Ayensu, Medicinal
Plants of the West Indies, Reference Publications Inc., Algonac, Michigan, 1981.
14
Lydia Cabrera, La medicina popular de Cuba. Médicos de antaño, curanderos, santeros y paleros de hogaño ,
Ediciones CR, Miami, 1984.
15
Id., La sociedad secreta Abakua, Ediciones CR, Miami, 1969.
16
L. Cabrera, Regla Kimbisa del Santo Cristo del Buen Viaje, Ediciones Universal, Miami, 1977.
17
Id., Reglas de Congo: Palo Monte Mayombe, Ediciones Universal, Miami, 1979.
Regla Lukumi: la religione di origine africana più diffusa a Cuba. Trae le sue radici dai culti
dei popoli Yoruba , provenienti dall'Africa occidentale, in una regione corrispondente in
gran parte all'attuale Nigeria. Molto più nota come Santeria.

Regla de Palo: culto delle popolazioni di etnia bantu, giunte a Cuba e ai Caraibi dall'Angola
e dall'Africa centrale. SI basa sul culto dei morti e degli spiriti della natura. Genericamente il
praticante è chiamato palero.

Orisha: divinità principali della Regla Lukumi, ad esse si dedicano le principali pratiche
rituali. Furono create dal dio supremo Olorun.

Mpungu: divinità della Regla de Palo i cui attributi in parte si sovrappongono a quelli degli
Orisha.

Nganga: detta anche prenda, è Il calderone magico della Regla de Palo, in cui risiede lo
spirito del morto o Nfumbe. Contiene piante, animali ed oggetti dotati secondo le credenze
bantu di una loro vitalità sottile.

Babalawo: alto sacerdote lukumi che pratica Ifà, il sistema divinatorio dell'orisha Orunmila.
Letteralmente babalawo significa padre di ciò che è santo o sacro.

Omiero: bevanda sacra della Santeria, preparata con decine di erbe diverse. E' usata sia nei
rituali iniziatici che per purificazioni, e a seconda dell'orisha o del rito presenta differenti
preparazioni.
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