Dimitri Corradini
27 gennaio 2021
Introduzione
Gli esopianeti, o pianeti extrasolari, sono pianeti che non appartengono al sistema
solare[1]. Lo studio di tali corpi ha avuto inizio solo relativamente di recente, e
rappresenta un campo prolifico dell’astrofisica odierna. Tale ricerca, oltre a fornire
interessanti dati sulle generali caratteristiche dei pianeti e sul modo in cui si formano,
è affascinante anche per l’astrobiologia, permettendo di studiare la possibilità che la
vita si sia sviluppata in un pianeta lontano dalla Terra.
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Figura 1: Mappa degli esopianeti individuati da Kepler, dove ogni piccolo simbolo
giallo rappresenta un esopianeta. A sinistra è indicato il sole, mentre a destra è
visibile il centro della Via Lattea. Immagine tratta dal sito della NASA[5].
Figura 2: Mappa di alcuni esopianeti individuati da OGLE, dove ogni piccolo sim-
bolo giallo rappresenta un esopianeta individuato con il metodo del transito, mentre
i simboli bianchi rappresentano pianeti scoperti grazie al microlensing. A sinistra
è indicato il Sole, mentre a destra è visibile il centro della Via Lattea. Immagine
tratta dal sito della NASA[5].
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2 Metodi osservativi
A causa delle loro piccole dimensioni, e non emettendo radiazioni intense, gli eso-
pianeti sono generalmente scoperti e studiati in maniera indiretta, principalmente a
causa degli effetti che hanno sulla gravitazione e la luminosità dell’astro che orbitano.
2.2 Transito
Il metodo del transito sfrutta la variazione di luminosità dovuta al passaggio di un
corpo planetario davanti al disco della sua stella. Tale variazione è in percentuale
minima, ma risulta ad oggi piuttosto facile osservare con precisione eventi di questo
tipo. In base a quanto impiega il pianeta per entrare nel disco della stella, alla
durata e alla profondità del transito (ovvero a quanto varia la luminosità osservata),
è possibile giungere a considerazioni sull’orbita e sulle dimensioni del pianeta, e si
possono ottenere indicazioni di massima circa la composizione della sua atmosfera.
Chiaramente tutto ciò è possibile nel solo caso in cui ci sia un allineamento quasi
esatto tra il piano orbitale e l’angolo di osservazione, che è in generale un caso
piuttosto raro. Inoltre, spesso sono scambiati per transiti eventi che con essi non
hanno nulla a che vedere, e il numero di falsi positivi è piuttosto alto[6]. Il satellite
Kepler della NASA faceva prevalentemente uso di questa tecnica.
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Figura 3: Esempi di dati tipici su transito e velocità radiali in una stella dotata di
un pianeta. Credit: Treccani
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3 Caratteristiche degli esopianeti
La caratterizzazione degli esopianeti è di solito operata attraverso la misura della loro
massa e delle proprietà della loro atmosfera, deducibili dalle proprietà gravitazionali
e spettrali del corpo. L’età di un esopianeta è di solito stimabile attraverso modelli
teorici dell’evoluzione del sistema stellare di cui fa parte. Considerata la maggiore
facilità di osservazione di pianeti più grandi e massivi, non sorprende il fatto che la
grande maggioranza dei pianeti osservati sia costituita da corpi gassosi: tra questi,
quasi 1500 sono corpi nettuniani, simili ovvero a Nettuno e Urano per massa e, a
volte, per composizione. Quest’ultima caratteristica, tuttavia, è spesso difficile da
determinare per via delle spesse nubi, che assorbono buona parte delle radiazioni.
In qualche caso, quando è stato possibile osservare l’atmosfera, sono state trovate
possibili tracce di vapore acqueo[9]. La maggioranza di questi pianeti si trova oltre
la cosiddetta snow line, nelle zone periferiche dei sistemi stellari; tuttavia non manca
qualche eccezione, nella forma dei cosiddetti nettuniani caldi, orbitanti in prossimità
della loro stella. Altre tipologie comuni sono quelle dei pianeti gioviani (e i rispettivi
gioviani caldi ), di massa paragonabile a quella di Giove e fino ad arrivare, per i più
grandi, al limite inferiore delle nane brune (« 15MJ ). La formazione dei gioviani
caldi non è ancora stata compresa appieno; in particolare, è oggetto di dibattito
se essa avvenga in situ o ex situ, anche se la teoria più efficace sembra quella che
essi si formino nelle regioni esterne[10]. La terza categoria più osservata non ha
analogo nel nostro sistema solare, ed è pertanto forse la più interessante: si tratta
delle cosiddette Super Terre, corpi rocciosi e/o gassosi, di massa superiore rispetto al
nostro pianeta (2-10 MC ). Si tratta di una categoria potenzialmente molto variegata,
della quale per ora sappiamo poco. Vi sono poi alcune scoperte relative a pianeti
rocciosi con massa uguale o inferiore rispetto a quella della Terra; a causa delle
difficoltà osservative, e forse di una loro maggiore rarità, il numero di oggetti di
questo tipo ad oggi conosciuti è inferiore a 200.
4 Abitabilità
Si parla in generale di abitabilità per indicare la possibilità che un pianeta ospiti
la vita. Le condizioni affinché ciò avvenga sono solitamente assunte simili a quelle
che possiede la Terra: pianeta roccioso, presenza di acqua liquida, atmosfera stabile,
assenza di radiazioni stellari eccessivamente intense. Inoltre, la stella che ospita tali
pianeti non può essere troppo giovane, poiché si presume necessario che trascorra un
certo periodo di tempo prima della comparsa della vita. La maggioranza dei pianeti
extrasolari osservati non corrisponde certamente a questa definizione, e anzi solo
una minima percentuale di questi si può considerare simile al nostro pianeta. Per
permettere una più chiara classificazione in questo senso, è stato sviluppato l’ Earth
Similarity Index (ESI), un indice che si propone di quantificare la somiglianza degli
esopianeti alla Terra. Tuttavia non è detto che un indice più alto implichi maggiore
abitabilità, come spiegato in numerosi articoli[11]. Nel seguito sono approfondite
alcune delle caratteristiche più importanti per la caratterizzazione (finora ipotetica)
dell’abitabilità.
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4.1 Massa e composizione
La massa di un pianeta determina la gradazione con cui esso è in grado di attrarre
a sé gas per costituire un atmosfera. Inoltre, tanto minore è il raggio di un pianeta,
quanto più facilmente esso termina la sua attività geologica, a causa della perdi-
ta di energia dovuta a un rapporto superficie/volume maggiore. La composizione
della vita su altri pianeti si deve ritenere simile alla nostra, in quanto gli elementi
costituenti della biologia terrestre sono i più comuni elementi reattivi nell’univer-
so. Inoltre, è inevitabile che un pianeta che ospiti la vita debba possedere grandi
quantità di acqua. In analogia con la Terra, l’apporto di acqua liquida al pianeta
dovrebbe con ogni probabilità provenire da regioni remote del sistema stellare, do-
ve essa è rimasta allo stato solido. La presenza di comete potrebbe dunque essere
importante per lo sviluppo della vita.
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Figura 4: L’immagine mostra la zona abitabile delle stelle (distanze su asse x) in
relazione alla loro tipologia (masse solari sull’asse y). Credit: ESO (European
Southern Observatory)
che la formazione di pianeti potrebbe essere molto meno comune in questi sistemi[7],
ma anche che non è da escludere l’abitabilità di alcuni di essi[8].
5 Prospettive future
Lo studio degli esopianeti nei prossimi anni fornirà certamente altre immense quan-
tità di dati all’astrofisica, che con ogni probabilità permetterà di arrivare a una
comprensione accurata dei fenomeni di formazione dei sistemi stellari, e di come
essi si presentino in generale. Il telescopio James Webb, il cui lancio è previsto per
quest’anno, avrà tra gli altri obiettivi anche la ricerca di esopianeti[12]. In ultimo,
il progetto Breakthrough Starshot ha ideato un concept per una sonda interstellare
che potrebbe essere inviata verso l’esopianeta a noi più vicino, orbitante nella zo-
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na abitabile di Proxima Centauri, a circa 4 anni luce dalla Terra. Tale progetto è
ovviamente ipotetico, e ad oggi ben lontano dall’essere realizzato[13].
Riferimenti bibliografici
[1] Definizione ufficiale IAU di esopianeta, https://www.iau.org/science/
scientific_bodies/commissions/F2/info/documents/
[2] Wolszczan, A., Frail, D. A planetary system around the millisecond pulsar
PSR1257 + 12. Nature 355, 145–147 (1992).
[4] Przemek Mróz et al., Two new free-floating or wide-orbit planets from
microlensing, A& A, 622 A201 (2019).
[6] Francois, F. et al., The false positive rate of Kepler and the occurrence of planets,
The Astrophysical Journal 766(2) (2013).
[8] Welsh, W., Orosz, J., Carter, J., Fabrycky, D. Recent Kepler Results On Circum-
binary Planets. Proceedings of the International Astronomical Union, 8(S293),
125-132 (2012).
[10] Dawson, Rebekah I.; Johnson, John Asher Origins of Hot Jupiters. Annual
Review of Astronomy and Astrophysics. 56, 175–221 (2018).
[11] Armstrong, D. J. et al., The host stars of Kepler’s habitable exoplanets: su-
perflares, rotation and activity”. Monthly Notices of the Royal Astronomical
Society. 5 (3), 3110–3125 (2015).