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Con polis i Greci intendono una realtà geografica e politica che possiamo descrivere
con la formula della città-stato: città perché il centro di una realtà come l’Atene del V
e del IV secolo a.C. è costituito dal nucleo urbano, dentro le mura; stato perché ha le
caratteristiche di autosufficienza, tipiche di una comunità politica autonoma, come
indicato da Aristotele nella Politica1, idea però comunemente accettata nel contesto
ellenico.
In realtà lo spazio politico della città di Atene ricomprende non solo il nucleo
urbano, ma pure la chora2, cioè il territorio che circonda la città verso il mare, con il
Pireo, il porto di Atene che di fatto costituisce un quartiere della città, per più versi
quello più cosmopolita e filo-democratico3.
1
Aristotele, Politica, III, 1275b20: “[…] per stato intendiamo un numero di cittadini sufficiente ad assicurare una vita
indipendente”.
2
Sui diversi modi di intendere la chora, M. H. Hansen, Polis. Introduzione alla città-stato nell’antica Grecia, trad. it.
Università Bocconi Editore, 2012, pp.76-77.
3
“Le Pirée devient durant le V siécle une grande ville proche d’Athénes, mais plus populaire, plus ouvriére par la
population de marins, de pêcheurs, de commerçants, d’ouvriers de l’arsenal et du port qui qui s’y mêle aux étrangers
de passage, aux esclaves venues de toute la Méditerranée et du Pont. Ville très cosmopolite et dynamique, elle
devient le pôle économique de la cité athénienne”, così P. Cabanes, Petit Atlas Historique de l’Antiquité grecque, Paris,
Armand Colin, 2002, p.70. Da questa realtà deriva la polemica anti-democratica contro la molteplicità e il miscuglio
delle lingue e degli abbigliamenti presenti al Pireo ed ad Atene, ad esempio in Senofonte (Pseudo), Il sistema politico
degli Ateniesi, a cura di Enrico Ferri, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2014, I,10-11. La confusione di atteggiamenti e di
ruoli fra cittadini, meteci, stranieri e schiavi è un tipico argomento della polemistica anti-democratica che ritroviamo,
ad esempio, in celebri pagine de La Repubblica, VIII 562-3. Alla fine della Guerra del Peloponneso la riscossa
democratica guidata da Trasibulo parte dal porto d’Atene, grazie ai “sostenitori del Pireo” contro i “sostenitori della
città”; si vedano le ultime pagine del capitolo sulla guerra del Peloponneso di C. Mossé e A. Scnapp-Gourbeillon, Précis
d’histoire grecque. Du début du deuxième millénaire à la bataille d’Actium, Paris, Armand Colin, 1990.
2
fatta da politai, cittadini. Dentro e fuori le mura abitano anche gli schiavi, gli stranieri
di passaggio, gli stranieri residenti anche da diverse generazioni, i meteci, con figli e
nipoti spesso nati e vissuti ad Atene, come nel caso di Nicia, il celebre logografo,
“scrittore di discorsi”. Questi individui che lavorano e vivono in Atene e sono
addirittura seppelliti nei suoi cimiteri, non sono politai, cittadini. I politai stanno alla
base della democrazia che non è, come sembra dire il suo stesso nome, “potere del
demos” (potere del popolo), quanto piuttosto “potere dei cittadini”, una politai-cratia.
Anche se per individuare i cittadini noi prendessimo in considerazione tutti gli
Ateniesi nati liberi, dovremmo escludervi le donne e i ragazzi prima del compimento
dell’efebia, del servizio militare, che non possono considerarsi cittadini in senso
pieno, cioè “assoluto”, per usare la definizione di Aristotele 4, sulla quale torneremo
più avanti.
Prima di analizzare questi aspetti, vale la pena ricordare che l’insieme dei cittadini,
che possiamo anche definire popolo, demos5, non solo sta alla base della democrazia,
ma sono essi stessi la democrazia. L’Atene democratica, per esprimersi in linguaggio
moderno, non è rappresentata solo da un insieme di istituzioni o di leggi, ma
soprattutto dall’insieme dei suoi cittadini. La formula equivalente a “lo stato di
Atene”, ad esempio, è οι Αθηναίοι ,“gli Ateniesi”, inteso come insieme dei cittadini
che esercitano la sovranità e l’espressione “la costituzione di Atene” si rende con la
formula “Athenaion politeia”, “Il sistema politico degli Ateniesi”, cioè l’insieme
delle regole, dei principi e delle magistrature che regolano la vita politica degli
Ateniesi. Questo elemento non è di poco conto: lo stato di Atene sta lì dove sono i
cittadini di Atene e finché ci saranno gli Ateniesi, come un insieme coeso capace di
autoregolarsi e difendersi, esisterà Atene.
4
Politica, Politica, III,1275a
5
Nell’accezione democratica demos sta ad indicare l’insieme dei cittadini, si veda ad esempio l’epitafio pericleo in
Tucidide, II,36-46, dove l’Olimpio parla sempre in prima persona plurale, con il pronome noi, presentando il demos
come l’insieme degli Ateniesi e la democrazia come regime della comunità politica. La democrazia è invece presentata
come regime di parte,della parte peggiore della comunità dai suoi nemici, ad esempio nelle celebri allegorie del
demos in Platone, Repubblica, VI, 488a e ss; Trasimaco in Platone, Repubblica,I,338d-339a e Callicle in Platone, Gorgia,
438b ss e484a.
6
Eraclito in Plutarco, Moralia, 404D
3
estorto ai sacerdoti di Delfi dagli inviati di Temistocle, gli Ateniesi sono invitati a
lasciare la città, la protezione delle mura di pietra e a difendersi dietro il “muro di
legno”, le duecento triremi della flotta da guerra 7. Gli uomini sulle navi e le altre
componenti della popolazione non in grado di combattere si rifugiano presso città
alleate, soprattutto isolane ed Atene sarà lasciata al suo destino, conquistata e data
alle fiamme dalla cavalleria di Mardonio.
Quando un ufficiale corinzio, durante una riunione dei comandanti della flotta alla
vigilia della battaglia di Salamina, ingiunge a Temistocle il silenzio, in quanto non
aveva più una città da rappresentare, si sente rispondere che finché esisteranno 200
triremi in assetto di guerra esisterà Atene8. Scenario simile durante la guerra del
Peloponneso, quando dopo il colpo di stato oligarchico, la flotta ateniese di stanza a
Samo proclama di essere un tutt’uno con Atene, in quanto la maggioranza degli
Ateniesi si trovava lì e rappresentava la potenza della città.
Il sistema politico degli ateniesi del v secolo, il sistema democratico, è il solo che
valorizza in senso pieno la cittadinanza, il solo ad essere fondato sull’insieme dei
cittadini; gli altri due regimi diffusi nel mondo ellenico, la monarchia o tirannide e
l’aristocrazia o oligarchia, si basano sul governo di uno solo o di alcuni (i nobili, i
migliori o i ricchi, i pochi)9. Alla base della democrazia c’è la convinzione che il
governo della città riguardi tutti i cittadini e che, pertanto, tutti debbano governare,
cioè condividere alcuni momenti essenziali: la determinazione delle scelte politiche e
l’attuazione delle stesse, l’amministrazione della città e, infine, la difesa della
comunità nelle tre armi: la fanteria, la cavalleria e la marina. Solo in democrazia la
cittadinanza in senso pieno, in senso “assoluto” (che comporta il coinvolgimento di
tutti i cittadini nei vari momenti della vita pubblica) interessa tutti i cittadini, almeno
quelli che vogliano partecipare alla gestione della città.
Il sistema politico è una creazione successiva che si definisce in base ai soggetti della
comunità che la costituiscono e ne assumono la direzione: uno (monarchia); alcuni
(oligarchia); tutti (democrazia).
Meteco e schiavo sono esterni alla comunità politica, in quanto barbari, non liberi o
greci di altre città e con essi una serie di figure intermedie come il liberto, lo schiavo
emancipato: né schiavo, né cittadino 12.
10
Politica, III, 1275a , 22-25.
11
Eventi che si sviluppano dopo la disastrosa spedizione in Sicilia e che Tucidide commenta nell’ultimo libro, l’ottavo,
delle sue Storie. Sul colpo di stato del 404, si veda la ricostruzione storica di C. Bearzot, Come si abbatte una
democrazia. Tecniche di colpo di Stato nell’Atene antica, Roma-Bari, Laterza, 2013, pp. 109-170 e ss.
12
Sulle varie figure di residenti non cittadini, si veda il recente studio di C. Bearzot, I Greci e gli altri. Convivenza e
integrazione, Roma, Salerno Editore, 2012, pp.73-138 e ss.
5
Ma le differenze politiche ci sono anche all’interno di una stessa comunità, non solo
in quelle oligarchiche fondate sul criterio dell’inuguaglianza, ma pure in quelle
democratiche fondate sul criterio dell’uguaglianza. Il metro della differenza è dato
dal livello di partecipazione alla decisione politica ed alla gestione degli affari
comuni.
13
Diogene Laerzio, Vite di filosofi, I, 33; Talete, DK, 11 A I
14
Erodoto, I, 131: “I Persiani non pensano come i Greci che gli Dei abbiano la stessa natura degli uomini
[anthropophyeas]”.Sulla hominis figura degli Dei, legata alla ratio ed alla virtus ritenute caratteristiche tipicamente
umane, si vedano le considerazioni di Cicerone in De natura deorum, I, 48. Nota Jean-Pierre Vernant che “[…] tra
l’umano e il divino [per i Greci] non esiste quella radicale frattura che separa per noi l’ordine della natura dal
sovrannaturale”, in L’uomo greco, a cura di J.-P. Vernant, trad. it. Roma-Bari, Laterza, 1991. Si veda l’introduzione del
curatore sulla differenza tra uomini e dei; il passo citato è a p. 7.
15
Senofonte, Elleniche, II, 2, 23.
16
Si veda il commento di M. Scott, Delfi. Il centro del mondo antico, trad. it. Roma-Bari, Laterza, 2015, p.108.
17
“[…] in effetti c’è chi, pur essendo cittadino in una democrazia, spesso non è cittadino in un’oligarchia”, così si
esprime Aristotele all’inizio del libro terzo della Politica.
6
Socrate questa tesi: “uno stato nasce perché ciascuno di noi non basta a sé stesso, ma
ha molti bisogni […]. Così per un certo bisogno ci si vale dell’aiuto di uno, per un
altro di quello di un altro: il gran numero di questi bisogni fa riunire in un’unica sede
molte persone che si associano per darsi aiuto e a questa coabitazione abbiamo dato il
nome di stato”18. Anche Lucrezio, nel V libro del De Rerum Naturae presenta la
formazione delle città come un graduale processo di concentrazione ed incivilimento,
che garantisce una vita autonoma e gradevole.
La cittadinanza non è solo e non è tanto uno status, ma è pure una funzione. Mentre
lo status di cittadino almeno in democrazia lo hanno tutti ad Atene i nati da padre e
madre ateniesi, la funzione l’anno solo alcuni, in relazione al sesso, all’età, al censo,
al pieno godimento dei diritti politici.
All’inizio del libro terzo della Politica, Aristotele precisa che “il cittadino non è tale
perché abita in un certo luogo ,perché anche i meteci e gli schiavi hanno in comune il
domicilio”, né lo sono “I ragazzi che per l’età non sono ancora iscritti nelle liste e i
vecchi che sono esenti dagli incarichi”19, come pure gli “uomini privati dei diritti
politici ed esiliati”20. Aristotele precisa che i ragazzi, gli esiliati, quanti sono privati
dei diritti politici non sono cittadini in senso pieno, “in senso assoluto”, condizione
data, come più sopra riportato, “dalla partecipazione alla funzione di giudice e alle
cariche”, cioè alle magistrature “come per il giudice e il membro dell’assemblea”.
Queste due ultime funzioni erano esercitabili senza limiti di tempo, come pure le
cariche militari, e senza obbligo di produrre un rendiconto a fine mandato21.
Non solo esiste una separazione tra cittadino e non cittadino (straniero, barbaro) ma
anche all’interno dello status di cittadino esistono una serie di variazioni, di gradi. Per
motivi diversi, quello che Aristotele chiama “il cittadino in senso assoluto” è
rappresentato solo da una minoranza di cittadini, che a loro volta spesso sono una
piccola parte della popolazione cittadina, costituita in buona parte da stranieri
(meteci) e schiavi.
Una figura che rappresenta uno stato borderline fra la cittadinanza e la non
cittadinanza è data dalle donne ateniesi, cioè figlie di genitori ateniesi. Eva Cantarella
18
Platone, Repubblica, II, 369, b-c. Nel terzo libro de Le leggi, Platone descrive il processo di formazione della polis
come la costituzione di comunità sempre più vaste ed articolate, a partire dalle origini fondate sul patriarcato, in un
processo che è pure di civilizzazione insieme umana, politica e giuridica. Platone, Le leggi, III, 676a e ss.
19
Aristotele, Politica, III, 1275 a 15.
20
Ivi, 1275a 21.
21
Pericle fu nominato stratega per 15 anni - Plutarco, Vita di Pericle,16, mentre Eschine in Contro Ctesifonte, I, 17
sostiene: “In questa città […] nessuno è esente dal rendiconto tra coloro che si sono in qualche misura occupati degli
affari pubblici”. Eschine avvia il procedimento contro Ctesifonte perché aveva proposto di conferire a Demostene una
corona, mentre la legge vietava di concedere onori a un magistrato prima che quest’ultimo facesse il rendiconto della
sua amministrazione, situazione in cui si trovava Demostene.
7
Le donne, infatti, sembravano poter avere un ruolo politico solo nella irrealtà della
commedia26 e dell’utopia27. Il loro status di cittadine sembrava essenzialmente legato
al loro ruolo di madri legittime di legittimi cittadini. Le donne hanno una funzione
civica importante in ambiti diversi. Sono loro a gestire la casa e l’economia
domestica; a loro si deve la procreazione dei futuri cittadini, hanno un ruolo nel culto
tradizionale28 e nei culti misterici, ma non hanno alcun ruolo politico e/o militare.
22
Demostene, Contro Neera, 122: “Abbiamo le cortigiane per il nostro piacere, le concubine per la cura quotidiana del
nostro corpo e le mogli per la procreazione di prole legittima”.
23
L’espressione è di Pierre Vidal-Naquet e posta come titolo all’introduzione de Il cacciatore nero, trad. it., Roma,
Feltrinelli, 2006.
24
Aristotele, Politica, 1, 1260 a 30.
25
Tucidide, II, 45.
26
Si veda, ad esempio, il modello comunistico di società e di relazioni prospettato da Aristofane nell’ Ecclesiazuse,
anche in materia sessuale, ivi, 944-945.
27
Platone, ne La Repubblica, 540 c riserva “tanto agli uomini quanto alle donne” un ruolo di governo nella sua città
ideale.
28
Il processo contro Neera e Stefano, per usurpazione della cittadinanza, tra le accuse principali riporta quella di aver
dato Fano, la figlia della cortigiana e lei stessa tale, in moglie all’arconte re Teogene. Fano aveva in tal modo assunto il
ruolo e le funzioni religiose e civiche della basilinna, la regina moglie dell’arconte re, compiendo anche un grave reato
di empietà. Sulla persona di Neera e la sua vicenda processuale, si veda la plastica ricostruzione di Claude Mossè,
“Neera, la cortigiana”, in Grecia al femminile, a cura di N. Loraux, trad. it., Roma-Bari, Laterza, 1993, pp.199-227. Sui
ruoli religiosi delle donne, “Le sacerdotesse. Requisiti, funzioni, poteri”, di Elisabeth Sinclair Holderman, in Le donne in
Grecia, a cura di Giampiera Arrigoni, Roma-Bari, Laterza, 2008, pp. 299-330.
29
Aristotele discute nel primo libro della Politica, mettendole sullo stesso piano, come due esempi di inferiorità
riconosciuta, della natura dello schiavo e della donna: “Così pure nelle relazioni del maschio verso la femmina, l’uno è
per natura superiore, l’altra inferiore, l’uno comanda, l’altra è comandata”, ivi, I,1254,b10-15
30
Con la concessione della cittadinanza ai cittadini di Platea, agli schiavi che combatterono nella battaglia navale delle
Arginuse, a ex schiavi comePasione, il ricco banchiere. Il decreto di concessione della cittadinanza ai Plateesi lo riporta
Demostene, in Contro Neera, 104, sulle Arginuse, D.Musti, Storia greca, cit., pp. 434-6.
8
Il ragazzo e l’anziano invece non lo sono in senso pieno per una condizione specifica:
il primo perchè immaturo, il secondo non lo è più in quanto l’età avanzata non gli
permette di esercitare alcune funzioni tipiche del cittadino, come quelle militari.
Da quanto detto emerge chiaramente che il cittadino “in senso assoluto”, può essere
solo l’ateniese maschio nato libero da padre e madre ateniesi, che non sia stato
colpito da misure come l’atimia e l’ostracismo e che abbia un’età compresa fra i 30 e
i 60 anni: una serie di importanti magistrature, come quella di giudice e di buleuta, si
possono ricoprire solo a partire dai 30 anni.
In realtà oltre i limiti appena ricordati (sesso, età, condizione libera, ecc.) esistono
almeno altri due motivi che ostacolano il godimento pieno dei diritti di cittadinanza o
quella condizione che Aristotele definisce “il cittadino in senso assoluto”: si tratta di
ragioni di tipo militare ed economico.
Spesso i due piani si intrecciano, nel senso che solo un determinato censo è
compatibile con una determinata arma e un certo grado militare, come già appare
evidente nella divisione della popolazione operata da Clistene. La seconda classe di
reddito è quella dei Cavalieri, insieme sinonimo di corpo militare e di alto reddito.
31
Le nuvole di Aristofane hanno tra i protagonisti il giovane Filippide che copre di debiti il proprio padre Strepsiade per
la costosissima passione di cavalli. La spesa necessaria per armare un cavaliere erano quattro volte superiori a quelle
per un oplita, cfr. Senofonte, L’arte della cavalleria, a cura di G. Cascarino, p. 16 e ss. Cfr. Aristotele, Politica, 1289b 35.
32
Aristotele, Politica, VI, 1321a 15, p. 213, sostiene che “la fanteria leggera e la marina sono forze del tutto popolari”.
Il programma su base censitaria moderata organizzato da Teramene, dopo il governo dei Quattrocento, prevedeva di
“Governare lo stato con i cittadini in grado di difenderlo con un cavallo quanto con uno scudo”, Elleniche, II, 3, 48, cioè
con la classe dei cavalieri e dei benestanti.
9
Pierre Vidal Naquet ricorda che “gli opliti ateniesi provvedono da sempre al proprio
equipaggiamento, quindi sono in grado di pagarlo. È un equipaggiamento pesante che
richiede l’intervento di un servitore. Sono cittadini censiti nelle prime tre classi della
gerarchia stabilita da Solone; costituiscono un esercito di piccoli proprietari: la
repubblica degli opliti è una repubblica di contadini”33.
Forse sarebbe meglio precisare di piccoli e medi proprietari terreni. Ancora all’epoca
di Aristotele, nel IV secolo, la cittadinanza coincide con l’iscrizione nelle liste dei
demi, dei giovani diciottenni34.
La storia dell’Athenaion Politeia, cioè del sistema politico degli ateniesi, si identifica
in buona parte con la storia della democrazia ateniese del V e del IV secolo, almeno
secondo la rappresentazione dei Greci stessi da Euripide ad Aristotele, da Demostene
a Plutarco36, che fanno risalire ad epoche e personaggi mitici la nascita della
democrazia.
Questa storia della democrazia ateniese non si può rappresentare come un processo
unitario, costante e pacifico: è ostacolato da difficoltà di ordine interno che si
traducono in cambi istituzionali di regimeo che vedono la giovane democrazia
ateniese costretta a confrontarsi nel giro di poco più di 10 anni con l’esercito e la
flotta dell’ impero achemenide che dominava su tutta l’Asia, sopportando da sola,
33
P. Vidal-Naquet, Il cacciatore nero, cit., p. 109. Platone oppone Maratona e Platea a Salamina, Leggi, IV, 707, a-d.
34
Aristotele, La Costituzione degli ateniesi, XLII, 1.
35
Sul rapporto tra cariche elettive e reddito dei cittadini, C. Mossé, Pericle. L’inventore della democrazia, trad. it.,
Roma-Bari, Laterza, 2006, p.70 e ss.
36
Si veda, ad esempio, la figura di Teseo che ne Le Supplici, v.400 e ss., di Euripide appare come una sorta di “re
democratico”; secondo Demostene Teseo instaurò la democrazia, Contro Neera,75; Plutarco definisce Teseo “il
fondatore della gentile e celebrata Atene”, “Vita di Teseo”,1.
10
come a Maratona37, o con un ruolo predominante, come a Salamina 38, lo scontro con i
Persiani.
Ci furono altri motivi di crisi per la giovane democrazia ateniese legati a contrasti fra
Greci; alcuni mutamenti istituzionali come quelli su ricordati avvennero durante il
quasi trentennale conflitto che la oppose a Sparta39.
Un terzo importante indice dello sviluppo in senso democratico del sistema politico
degli ateniesi, fu dato dal fatto che una serie di cariche e di incarichi riservati agli
appartenenti alle prime due classi di reddito venivano gradualmente estese a tutta la
popolazione42.
Questi diversi indici di sviluppo democratico della vita politica ateniese possono
essere riconsiderati attraverso la trasformazione delle “categoria” di cittadinanza o, se
si preferisce, dello status e delle funzioni di cittadino. In altri termini l’evoluzione
37
Gli Ateniesi, in uno scontro dialettico con i Tegeati, sostengono che “noi soli fra tutti i Greci, combattendo contro il
Persiano, vincemmo 46 popoli”, in Erodoto, IX, 27. Come è noto, a Maratona combatterono anche 600 opliti di Platea,
che marciarono pandemei, “in massa”, al comando di Arimnesto per essere vicini ai loro alleati. Ma questa presenza fu
presto dimenticata, ad esempio da Lisia e Demostene che nelle orazioni funebri avevano sostenuto che a Maratona gli
ateniesi avevano combattuto da soli. Sui Marathonomachoi, “i vincitori di Maratona” e la “leggenda di Maratona”, si
veda R.A.Billows, Maratona. Il giorno in cui Atene sconfisse l’Impero, trad. it. Milano, Il Saggiatore, 2010, in particolare
pp.11-22.
38
Sul ruolo di Atene nella battaglia si veda il recente libro di B. Strauss, La forza e l’astuzia. I Greci, i Persiani, la
battaglia di Salamina, trad.it., Roma-Bari, Laterza, 2007.
39
Motivi di ordine interno ed internazionale a volte si collegarono fra di loro, come nel caso dell’invasione del 490
fermata a Maratona che vedeva la presenza di Ippia, il figlio di Pisistrato, nell’esercito persiano.
40
E’ quanto avvenne con la riforma di Efialte che vide ridursi le competenze e le attribuzioni del tribunale
dell’Aeropago, organo elitario costituito da ex arconti a vantaggio dell’assemblea, dei tribunali e del consiglio dei
Cinquecento, cfr. Aristotele, La Costituzione degli Ateniesi, XXV.
41
Contro questa politica ci fu una costante polemica da parte oligarchica, con l’accusa che la diaria giornaliera di due o
tre oboli elargiti ai più poveri, li spingeva all’ozio e ad intervenire nella gestione del potere senza avere la dovuta
competenza. Come nota il Musti, i vari misthoi e il theoricon (“erogazione per gli spettacoli”) erano avversati perché
agli occhi dei ricchi apparivano come sussidi e non indennizzi, D. Musti, Demokratía, cit., p. 219 e ss.
42
Aristotele, La Costituzione degli Ateniesi, XXVI, ricorda, ad esempio, che cinque anni dopo la morte di Efialte, i nove
arconti potevano essere sorteggiati anche tra gli zeugiti.
11
dell’idea di cittadinanza vede l’affermarsi in modo graduale del principio alla base
della democrazia, che si può riassumere in questi termini: il soggetto politico è la
comunità dei cittadini nel suo insieme, che è la sola legittimata a governarsi.
Proprio a partire da questi presupposti, che la città appartiene a tutti i cittadini che
devono amministrarla e difenderla e che per questo vanno valutati, per circa un
secolo si sviluppa ad Atene un graduale processo di integrazione e di diffusione della
partecipazione non solo sul piano politico, ma pure economico e culturale ed, in
senso lato, sociale.
Possiamo sin d’ora anticipare i risultati di questa disamina col dire che nell’arco di
circa un secolo, dalla riforma di Clistene del 508 a.C. agli anni della restaurazione
della democrazia dopo la guerra del Peloponneso, se non assistiamo ad una crescita
del numero dei cittadini, vediamo una crescita dei cittadini in “senso assoluto”, cioè
del numero dei politai che hanno competenze estese in termini di gestione della cosa
pubblica e partecipazione alla vita politica della comunità, sia in ambito civile che
militare; una realtà che potremmo sintetizzare con una formula: tutti i cittadini si
occupano di tutti gli aspetti della vita della polis, delle scelte politiche, della loro
attuazione e della loro tutela.
Il modo abituale in cui nell’ Atene del V secolo si diventava cittadini era per nascita:
il figlio di padre e madre ateniesi era considerato cittadino ateniese e questa
43
Tucidide, II, 37.
12
condizione, da sola, una volta diventato adulto ed iscritto nei registri della demo dal
padre, gli assicurava tutti i diritti, con relativi oneri, propria della condizione di
cittadino. Ne è una riprova quell’istituto noto con il nome di dokimasia attraverso il
quale si verificava che il polites eletto ad una magistratura avesse i titoli necessari per
ricoprirla.
Oltre questo modo “naturale”, per nascita, diventare cittadino ne esisteva un altro più
propriamente politico che poteva interessare singoli o comunità intere, secondo due
criteri, spesso tra loro combinati: necessità della polis e meriti dei neopolitai.
Socrate nei Memorabili di Senofonte, dialogando con Glaucone fa un elenco dei modi
in cui un cittadino poteva essere utile alla sua città, cercando di “rendere più ricca la
città”48.
I principali obiettivi che ogni cittadino che ne sia capace deve perseguire, ricorda
Socrate, sono quelli di aumentare le entrate e ridurre le spese non necessarie 49,
accrescere la potenza militare della città in termini offensivi e difensivi, operare al
fine di sfruttare al meglio le miniere d’argento e consolidare commerci e scambi che
assicurano i rifornimenti di cereali, dei quali Atene aveva un costante bisogno per la
scarsa produzione interna.
Sono fini essenzialmente di ordine economico e militare e sono gli stessi che spesso
troviamo alla base delle concessioni della cittadinanza per meteci, stranieri o
addirittura schiavi, che si guadagnarono il prestigioso status di cittadini ateniesi
soprattutto per i servigi resi alla città con le loro generose elargizioni e la loro fedeltà
nei momenti di crisi e il loro valore militare messo al servizio del popolo di Atene.
Lo status di cittadino, come più volte ricordato, si esercita con una piena
partecipazione alla gestione e all’amministrazione della polis, dal momento delle
deliberazioni politiche a quello della difesa sulla terra e sul mare. Partecipare
attivamente alla vita politica della città non è un obbligo giuridico ma morale ed uno
dei segni distintivi della democrazia.
In uno famoso passo di Pericle, riportato da Tucidide (II, 40) leggiamo: “riuniamo in
noi la cura degli affari pubblici quella degli affari privati […] e consideriamo non
ozioso ma inutile chi non si interessa per nulla di queste cose”. Pisistrato, secondo
Aristotele50, aveva consigliato agli ateniesi di “occuparsi dei loro affari privati
lasciando a lui il governo della cosa pubblica”, al contrario di quanto avviene in
democrazia dove la partecipazione è sollecitata e premiata51.
La ricostruzione della storia di Atene, dei suoi cambiamenti istituzionali che già
contemporanei come Aristotele fecero dalle mitiche origini fino alla vigilia della
conquista macedone è stata definita, a ragione, “un’invenzione”, “l’invenzione di
Atene”52, cioè una ricostruzione idealizzata di un processo che vede il graduale
48
Senofonte, Memorabili, III, 6,7-14.
49
Ivi, III, 6, 4-6.
50
La Costituzione degli Ateniesi, XV, 5. In questa stessa pagina Aristotele ricorda che Pisistrato, si preoccupò di
disarmare il popolo con uno stratagemma. Al contrario, la democrazia ateniese si dotò del primo esercito di popolo
della storia, arruolato direttamente attraverso le 10 tribù.
51
Aristofane, Ecclesiazuse, v. 378, ricorda che all’assemblea, una volta che si aprivano i lavori, venivano stese alle
entrate delle corde tinte con il minio per segnare i ritardatari, che perdevano il misthos.
52
Mi riferisco al noto studio di Nicole Loraux, L’invention d’Athènes (1981), che ha per sottotitolo “Storia dell’orazione
funebre nella ‘città classica’” dove si mostra come, attraverso l’orazione funebre, gli Ateniesi “inventino” Atene, cioè
14
È un dato di fatto, però, che soprattutto a partire dalla riforma di Clistene del 508 a.C.
alla vigilia della guerra del Peloponneso, nel periodo del consolidamento prima e
massima estensione poi della potenza ateniese, assistiamo ad un processo di graduale
democratizzazione di cui sono testimonianza le varie riforme (metabolai) politiche,
che favoriscono e allo stesso tempo testimoniano il graduale processo di
democratizzazione della società, che si svolge secondo alcune precise direttive,
spesso tra loro interagenti. Per un verso cresce il numero degli ateniesi che si
dedicano alla politica e partecipano alla vita della città per due motivi essenziali:
cresce il benessere generale, soprattutto nei 50 anni che vanno dalla vittoria contro i
persiani (478) alla guerra del Peloponneso (431) grazie all’arche, alla talassocrazia di
Atene, potenza egemone del Mediterraneo orientale. In seconda istanza, attraverso i
misthoi, cioè le indennità, elargite ai partecipanti ai tribunali prima e all’assemblea
poi53, migliaia di cittadini, soprattutto i Teti, gli ateniesi più poveri, sono stimolati ad
intervenire attivamente nella vita politica della città.
Con la crescita del numero dei cittadini coinvolti cresce pure la possibilità di essere
eletti a cariche come il giudice o il buleuta perché quasi tutte le magistrature, nel
periodo considerato, sono attribuite tramite sorteggio, né con il criterio del censo né
con quello del merito, a partire dal principio che tutte le cariche che non richiedevano
competenze specialistiche potevano essere ricoperte da tutti54.
creino un modello di città ideale, armoniosa, solidale, senza conflitti interni. Platone, ironizzando su questo genere
letterario e politico, nel Menesseno, 235 c, scrive che grazie all’abilità degli oratori, “poco ci mancava che
m’immaginassi di abitare nelle Isole dei Beati”.
53
Tribunali ed assemblea sono le due istituzioni più rappresentative della democrazia, le istituzioni supreme come
nota Aristotele, Politica, III, 1275a 30, che definisce giudici e membri dell’assemblea quelli “che hanno il potere più
alto”.Ne è una riprova il fatto che giudici e partecipanti all’assemblea non devono rendere conto delle loro decisioni e
non hanno limiti nel ricoprire tali magistrature in quanto rappresentano il corpo civico che giudica e delibera.
54
Aristotele nella Retorica,I,8,30 definisce la democrazia come il sistema politico dove “le magistrature sono
sorteggiate”. L’anonimo autore dei Dissoi logoi (“ragionamenti duplici”) 7,1, riporta i tipici argomenti di parte
antidemocratica contro questa pratica, che sarebbe inadeguata per scegliere incarichi che richiedono specifiche
competenze e che non possono essere affidati al caso.
15
volta, come viene per l'incarico di buleuta. Tra le poche deroghe a questa regola
rientrano, per evidenti motivi, le cariche militari che sono elettive e la mansione di
giudice nei tribunali. In questo secondo caso la rieleggibilità si spiega per due diversi
ragioni: se ogni anno e nel corso degli anni si sarebbero dovuti rinnovare i membri
dell'Eliea, le giurie popolari che contavano diverse migliaia di giudici 55, nel corso di
poco tempo Atene sarebbe rimasta priva di giudici; in seconda istanza, i tribunali
rappresentavano con l’ecclesia il popolo ad Atene ed il potere popolare in atto, in
azione, e porre dei limiti alla partecipazione a queste due magistrature 56 avrebbe
significato porre dei limiti allo stesso potere del popolo ed al suo esercizio57.
Un altro aspetto del sistema democratico, che Aristotele mette al secondo posto tra i
provvedimenti più democratici posti in atto da Solone, serviva a rafforzare il potere
del popolo, anzi di ogni cittadino a difesa dell'interesse generale. Si tratta della
"facoltà data a chiunque di vendicare gli offesi"58 cioè il diritto che ogni cittadino
aveva di promuovere un’azione penale, anche su questioni che riguardavano
l’usurpazione dello status di cittadino, come testimonia la celebre orazione di
Demostene “contro Neera”. In quel caso il procedimento avviato da Apollodoro,
figlio del celebre Pasione, nato schiavo e poi inserito nel corpo cittadini per i servizi
resi allo stato, quindi secondo il diritto pubblico era un poietos, cittadino ascitizio,
cioè “adottato”.
Aristotele, riferendosi agli anni della lega Delio-attica scrive che “i tributi, le tasse e
gli alleati [tributi degli alleati] bastavano a mantenere più di ventimila uomini”, tra
questi 6000 giudici e 1500 magistrati, metà nella città e gli altri presso gli alleati 59.
Anche se bisogna prendere con cautela queste affermazioni perché nell’elenco di
quanti “erano a carico dello Stato” Aristotele ricomprende anche persone come i
giudici e molti magistrati che non ricevevano un salario ma un indennizzo, occorre
considerare l’alto numero dei cittadini che, nel V secolo e negli anni di Aristotele,
partecipava alla vita di un’Atene. Un contemporaneo di Aristotele, Senofonte,
sostiene per bocca di Socrate che la città era “composta da più di diecimila
famiglie”60, cioè da un numero relativamente esiguo di cittadini.
55
Atene da Aristofane viene descritta come la città dei Tribunali, dove in modo permanente ci sono “i giudici in
seduta”, Nuvole, v. 207. Già al tempo di Solone, attribuendo a quest'organo popolare il ruolo di corte d'appello per
alcune decisioni dell'Assemblea e la facoltà di dare l'interpretazione autentica di certe leggi contestate, si “dava al
popolo la massima forza", Aristotele, La Costituzione degli Ateniesi, IX, 1.
56
Uso questo termine, nell'accezione in cui lo usa Aristotele, Politica, III
57
Queste due magistrature, dai tempi di Solone, La Costituzione degli Ateniesi, VII, 3, erano estese a tutto il popolo,
anche ai Teti.
58
Aristotele, La Costituzione degli Ateniesi, IX, 1.
59
Ivi, XXIV, 3.
60
Senofonte, Memorabili, III, 6, 14.
16
Questo processo che Aristotele documenta sul piano politico e istituzionale si svolge
anche sul piano militare grazie al graduale affermarsi, a partire da Temistocle 62, di un
programma di espansione sul mare, attraverso la costruzione di una possente flotta
militare, inesistente fino agli anni di Maratona63.
61
Aristotele, La Costituzione degli Ateniesi, XLI, 2.
62
Plutarco, Vita di Temistocle, 4.
63
Erodoto non fa mai menzione della flotta ateniese nella descrizione degli eventi della prima guerra persiana., per il
semplice motivo che Atene non fu in grado di mettere in mare una flotta capace di contrastare le navi persiane
guidate prevalentemente da fenici, i migliori marinai del tempo.
64
Erodoto, VIII, 48, parla della presenza a Salamina di 378 triremi greche di cui 180 ateniesi.
65
Aristofane, Le vespe, v.700.
66
Tucidide, II, 63.
67
Senofonte, Memorabili, I, 2,40 e ss.
17
Questo dominio imperiale che si ebbe per un po’ meno di 50 anni, dalla fine delle
guerre persiane (478 a.C.) all’inizio della guerra del Peloponneso (431 a.C.), per un
verso rappresentò il lato oscuro della democrazia ateniese, poiché fondato e
legittimato sulla sua potenza a discapito delle libere scelte degli altri greci, degli
stessi alleati democratici di Atene68. Per un altro verso in questi anni si ebbe l’epoca
d’oro della democrazia ateniese, la massima espansione della sua potenza, della sua
ricchezza, dello sviluppo interno e del prestigio internazionale.
Questo sviluppo “imperiale” è in gran parte dovuto al ruolo assunto dal popolo tanto
sul piano politico che militare. Una realtà ben descritta in un noto e prezioso
documento conosciuto come l’Athenaion Politeia del Vecchio Oligarca, un anonimo
libello di parte oligarchica fino a qualche decennio fa attribuito a Senofonte.
L’Athenaion Politeia inizia dicendo di “non lodare il fatto che gli Ateniesi scelsero
questa forma di governo”, cioè la democrazia, perché fondata sugli uomini di basso
rango, ma subito dopo sostiene: “… giustamente lì gli indigenti e il popolo valgono
più dei nobili che dei ricchi, perché è il popolo che fa muovere le navi e conferisce
forza alla città, i timonieri, i corniti [caporematori], i pentecontarchi [comandanti in
seconda], i proreti [manovratori], gli artigiani che lavorarono alla costruzione delle
navi – costoro sono quelli che conferiscono la potenza alla città, molto più degli
opliti, dei nobili e delle persone di rango. Poiché dunque queste cose stanno così,
sembra essere giusto che a tutti spettino di diritto le cariche attribuite mediante il
sorteggio e per votazione e che sia permesso parlare a chi vuole tra i cittadini”69.
Questo libello, che vorrebbe essere una dura requisitoria contro la democrazia
periclea, è un testo paradossale perché involontariamente ne fa l’elogio: è il popolo
più umile e numeroso, quel popolo che la polemistica anti-democratica vuole
ignorante, irrazionale ed emotivo, quello che ha conferito “la potenza alla città” e ha
fatto dell’insieme degli Ateniesi i “signori del mare”.
71
Una descrizione dettagliata della trireme ateniese e del suo equipaggio si trova in V. D. Hanson, Una guerra diversa
da tutte le altre, trad. it., Milano, Garzanti, 2008, pp. 303-346.
72
Platone, Protagora, 322b.