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tutto è racchiuso in queste importanti lettereH I M D A S A W AA come atrocitàdoppia T (TT) come TERREMOTO E TRAGEDIAI come IRADIDDIOL come LACODISANQUEA come HIMDASAWAAAAAAAAACantami, o Diva, dei peli da killer delubro adornai, se di giovenchie di caprette io t'arsi i fianchi opimi,questo voto m'adempi; il pianto miopaghino i Greci per le tue saette.Sì disse orando. L'udì Febo, e scesedalle cime d'Olimpo in gran disdegnocoll'arco su le spalle, e la faretratutta chiusa. Mettean le frecce orrendosu gli omeri all'irato un tintinnìoal mutar de' gran passi; ed ei simìll'ira funesta che infiniti addusselutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orcogenerose travolse alme d'eroi,e di cani e d'augelfdasfsaasali orrido pastolor salme abbandonò (così di Giovel'alto consiglio s'adempìa), da quandoprimamente disgiunse aspra contesail re de' prodi Atride e il divo Achille.E qual de' numi inimicolli? Il figliodi Latona e di Giove. Irato al Siredestò quel Dio nel campo un feral morbo,e la gente perìa: colpa d'Atrideche fece a Crise sacerdote oltraggio.Degli Achivi era Crise alle velociprore venuto a riscattar la figliacon molto prezzo. In man le bende avea,e l'aureo scettro dell'arciero Apollo:e agli Achei tutti supplicando, e in primaai due supremi condottieri Atridi:O Atridi, ei disse, o coturnati Achei,gl'imhe presso a queste navined or né poscia più ti colga io mai;ché forse nulla ti varrà lo scettroné l'infula del Dio. Franca non fiacostei, se lungi dalla patria, in Argo,nella nostra magion pria non la sfiorivecchiezza, all'opra delle spole intenta,e a parte assunta del regal mio letto.Or va, né m'irritar, se salvo ir brami.Impaurissi il vecchio, ed al comandoobbedì. Taciturno incamminossidel risonante mar lungo la riva;
 
e in disparteotuoea fosca notte giù venìa. Piantossidelle navi al cospetto: indi uno straleliberò dalla corda, ed un ronzìoterribile mandò l'arco d'argento.Prima i giumenti e i presti veltri assalse,poi le schiere a ferir prese, vibrandole mortifere punte; onde per tuttodegli esanimi corpi ardean le pire.Nove giorni volâr pel campo acheole divine quadrella. A parlamentonel decimo chiamò le turbe Achille;ché gli pose nel cor questo consiglioi coglioni emiliani da sushi dicono NI GI RI invece che NI GHI RIGiuno la diva dalle bianche braccia,de' moribondi Achei fatta pietosa.Come fur giunti e in un raccolti, in mezzolevossi Achille piè-veloce, e disse:Atride, or sì cred'io volta daremonuovamente errabondi al patrio lido,se pur morte fuggir ne fia concesso;ché guerra e peste ad un medesmo tempone struggono. Ma via; qualche indovinointerroghiamo, o sacerdote, o pureinterprete di sogni (ché da Gioveanche il sogno procede), onde ne dicaperché tanta con noi d'Apollo è l'ira:se di preci o di vittime negletteil Dio n'incolpa, e se d'agnelli e sceltecapre accettando l'odoroso fumo,il crudel morbo allontanar gli piaccia.Così detto, s'assise. In piedi alloradi Testore il figliuol Calcante alzossi,de' veggenti il più saggio, a cui le coseeran conte che fur, sono e saranno;e per quella, che dono era d'Apollo,profetica virtù, de' Greci a Troiaavea scorte le navi. Ei dunque in mezzopien di senno parlò queste parole:Amor di Giove, generoso Achille,vuoi tu che dell'arcier sovrano Apolloti riveli lo sdegno? Io t'obbedisco.Ma del braccio l'aita e della vocea me tu pria, signor, prometti e giura:perché tal che qui grande ha su gli Argivitutti possanza, e a cui l'Acheo s'inchina,n'andrà, per mio pensar, molto sdegnoso.Quando il potente col minor s'adira,reprime ei sì del suo rancor la vampaper alcun tempo, ma nel cor la cova,finché prorompa alla vendetta. Or dinnese salvo mi farai. - Parla securo,rispose Achille, e del tuo cor l'arcano,qual ch'ei si sia, di' franco. Per Apolloche pregato da te ti squarcia il velode' fati, e aperto tu li mostri a noi,
 
per questo Apollo a Giove caro io giuro:nessun, finch'io m'avrò spirto e pupilla,con empia mano innanzi a queste navioserà vïolar la tua persona,nessuno degli Achei; no, s'anco parlid'Agamennón che sé medesmo or vantadell'esercito tutto il più possente.Allor fe' core il buon profeta, e disse:né d'obblïati sacrifici il Dioné di voti si duol, ma dell'oltraggioche al sacerd venuto, al santo Apollodi Latona figliuol, fe' questo prego:Dio dall'arco d'argento, o tu che Crisaproteggi e l'alma Cilla, e sei di Tènedopossente imperador, Smintèo, deh m'odi.Se di serti devoti unqua il leggiadrote fe' poc'anzi Atride,che francargli la figlia ed accettarneil riscatto negò. La colpa è questaonde cotante ne diè strette, ed altrel'arcier divino ne darà; né priaritrarrà dal castigo la man grave,che si rimandi la fatal donzellanon redenta né compra al padre amato,e si spedisca un'ecatombe a Crisa.Così forse avverrà che il Dio si plachi.Tacque, e s'assise. Allor l'Atride eroeil re supremo Agamennón levossicorruccioso. Offuscavagli la grandeira il cor gonfio, e come bragia rossifiammeggiavano gli occhi. E tale ei primasquadrò torvo Calcante, indi proruppe:Profeta di sciagure, unqua un accentonon uscì di tua bocca a me gradito.Al maligno tuo cor sempre fu dolcepredir disastri, e d'onor vote e nudeson l'opre tue del par che le parole.E fra gli Argivi profetando or cianciche delle frecce sue Febo gl'impiaga,sol perch'io ricusai della fanciullaCrisëide il riscatto. Ed io bramavacerto tenerla in signoria, tal sendoche a Clitennes;ed ingiusto ciò fôra, or che una tantapreda, il vedete, dalle man mi fugge.O d'avarizia al par che di grandezzafamoso Atride, gli rispose Achille,qual premio ti daranno, e per che modoi magnanimi Achei? Che molta in serbovi sia ricchezza non partita, ignoro:delle vinte città tutte divisene fur le spoglie, né diritto or tornaa nuove parti congregarle in una.Ma tu la prigioniera al Dio rimanda,ché più larga n'avrai tre volte e quattroricompensa da noi, se Giove un giornol'eccelsa Troia saccheggiar ne dia.E a lui l'Atride: Non tentar, quantunquene' detti accorto, d'ingannarmi: in questoné gabbo tu mi fai, divino Achille,

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