Sei sulla pagina 1di 10

Veronica Gavagna

LA TRADIZIONE EUCLIDEA
NEL RINASCIMENTO

Uno degli aspetti più caratteristici del Quattrocento fu l’intensa at-


tività volta al recupero di codici antichi, in particolare greci, che diven-
ne addirittura febbrile dopo la metà del secolo, quando la caduta del-
l’Impero Romano d’Oriente impose con drammatica urgenza la neces-
sità di salvare le ultime vestigia di un’epoca che stava definitivamente
tramontando. Gli umanisti italiani, protagonisti di questi fermenti, nu-
trivano un vivo interesse non solo per scritti filosofici, storici o lettera-
ri in genere, ma cercavano assiduamente anche codici scientifici e so-
prattutto matematici: grazie al loro impegno, alla fine del Quattrocen-
to il corpus matematico greco poteva dirsi quasi interamente ricostitui-
to. I manoscritti matematici che arricchivano le nuove biblioteche
umanistiche non vi giacevano tuttavia inoperosi, ma venivano studiati
e talvolta utilizzati per l’insegnamento; già all’inizio del secolo ad
esempio, il celebre umanista Vittorino da Feltre pretendeva che i pro-
pri allievi studiassero gli Elementi in greco. 1
Il processo di riappropriazione e di diffusione della cultura classi-
ca subì una notevole accelerazione dalla metà del Quattrocento con
l’invenzione della stampa a caratteri mobili: non solo il libro diventava
accessibile a prezzi molto più contenuti di un manoscritto, ma dava a
un’intera comunità la possibilità, prima sconosciuta, di condividere lo
stesso testo. Gli Elementi di Euclide – pietra angolare su cui era co-
struito l’intero edificio geometrico – furono la prima opera matemati-
ca ad essere pubblicata e vennero stampati a Venezia nel 1482 dal tipo-
grafo tedesco Erhard Ratdolt. 2 Questa edizione, comparsa alla fine di

1
Per un quadro della relazione fra Umanesimo e matematica si veda E. GARIN, Il
ritorno dei filosofi antichi, Bibliopolis, Napoli 1994; P.L. ROSE, The Italian Renaissance
of Mathematics, Droz, Genéve 1975.
2
Preclarissimus liber elementorum Euclidis perspicacissimi in artem Geometriae in-
cipit quam felicissime ... Campani commentationes, Venetiis, Erhardus Ratdolt Augu-
stensis impressor solertissimus. Per essere più precisi, nel 1478 venne stampato a Tre-
viso un manuale di aritmetica pratica di scarso rilievo. Sulla tradizione euclidea la let-

1
VERONICA GAVAGNA

un secolo che aveva attribuito una preminenza assoluta alla cultura


greca, stampata nella città che il Cardinale Bessarione – uno dei più in-
fluenti umanisti del Quattrocento 3 – aveva scelto come destinataria
della sua ricchissima collezione di manoscritti greci e latini proprio in
virtù della sua “grecità”, era tuttavia paradossalmente basata su un te-
sto squisitamente medievale: la recensio degli Elementi redatta da
Campano da Novara. 4 In questa redazione, composta fra il 1255 e il
1261, Campano aveva utilizzato diverse fonti euclidee, fra cui la diffu-
sissima edizione del XII secolo attribuita a Roberto di Chester, basata
su una traduzione dall’arabo affiancata da fonti latine, la meno nota
edizione coeva attribuita a Johannes de Tinemue e pure una traduzio-
ne dal greco portata a termine nella Sicilia normanna del XII secolo.
Oltre a rifondere queste fonti, Campano tentò di chiarire alcuni punti
che giudicava particolarmente oscuri ed aggiunse nuovi risultati, so-
prattutto nell’ambito dell’aritmetica euclidea, tratti dall’Arithmetica di
Giordano Nemorario e dal commento di Anaritius (al-Nayrı̄zı̄) agli
Elementi. 5 L’apparente paradosso – la recensio di Campano era del
tutto estranea alla sensibilità umanistica – si spiega supponendo che la
scelta del tipografo Ratdolt sia stata dettata principalmente da motivi
commerciali; pur non essendo la migliore in circolazione, infatti, si
trattava della versione più diffusa nell’Occidente Latino da oltre due
secoli. Peraltro, anche un matematico di grande valore come Giovanni
Regiomontano, che aveva a lungo frequentato la cerchia di Bessarione
e aveva avuto accesso ai suoi codici greci, dovendo approntare la stam-

teratura è piuttosto ampia, per cui ci limitiamo a segnalare la sintesi di J. MURDOCH,


Euclid: Transmission of the Elements, in Dictionary of Scientific Biography, C. Scriber’s
sons, New York 1970-1990, t. IV (1971) pp. 437-459 e A. DJEBBAR, S. ROMMEVAUX, B.
VITRAC, Remarques sur l’histoire du texte des Éléments d’Euclide, «Archive for History
of Exact Sciences», 2001 (40) pp. 221-295.
3
Sulla figura di Bessarione si veda C. BIANCA, Da Bisanzio a Roma. Studi sul car-
dinale Bessarione, Roma, Roma nel Rinascimento 2000, e i numerosi contributi di L.
LABOWSKY, fra cui segnaliamo Bessarion’s Library and the Biblioteca Marciana. Six Ear-
ly Inventories, Roma 1979.
4
Per una biografia scientifica di Campano da Novara si rimanda a A. PARAVICINI
BAGLIANI, Campano da Novara e il mondo scientifico romano duecentesco, in Medicina
e scienze della natura alla corte dei Papi nel Duecento, Centro italiano di studi sull’Alto
Medioevo, Spoleto 1991, pp. 85-115.
5
Sulle fonti della recensio di Campano, si veda l’introduzione all’edizione critica
curata da H.L.L. BUSARD, Campanus of Novara and Euclid’s Elements, Franz Steiner
Verlag, München 2005; in particolare, per un’analisi dei libri aritmetici si rimanda a
S.ROMMEVAUX, La proportionalité numerique dans le livre VII des Éléments de Campa-
nus, in «Revue d’histoire des mathématiques», 5 (1999), pp. 83-126.

2
LA TRADIZIONE EUCLIDEA NEL RINASCIMENTO

pa degli Elementi, inserita nel suo celebre Programma editoriale, iniziò


a lavorare proprio sulla versione di Campano. È possibile che Ratdolt,
che aveva lavorato nella tipografia di Regiomontano e in qualche mo-
do ne aveva raccolto l’eredità scientifica, abbia optato per Campano
anche in virtù della scelta del suo maestro. 6

Dopo la pubblicazione del 1482, la reazione degli ambienti umani-


stici non si fece attendere a lungo e, non casualmente, la risposta al-
l’Euclide di Campano trovò la sua forma più compiuta proprio a Vene-
zia, il più importante centro editoriale europeo e una delle sedi più im-
portanti dell’Umanesimo italiano. Fra il 1495 e il 1498 il celebre tipo-
grafo Aldo Manuzio aveva infatti pubblicato l’intero corpus aristotelico
nell’originale greco, seguendo il programma indicato dall’umanista e
filologo Ermolao Barbaro, alla cui cerchia apparteneva anche il piacen-
tino Giorgio Valla, a cui era stata affidata la seconda cattedra di uma-
nità della Scuola di San Marco. L’interesse di Valla verso la matemati-
ca è attestato non solo dalle letture pubbliche che teneva su Euclide e
Vitruvio, ma anche dalla monumentale enciclopedia De expetendis et
fugiendis rebus opus, che uscì postuma nel 1501. Nell’ampio spazio ri-
servato alle matematiche – aritmetica, musica, geometria e astronomia
– Valla, seguendo un disegno dai contorni ancora piuttosto enigmatici,
propose, spesso per la prima volta in traduzione latina, numerosi passi
di autori classici, presumibilmente tratti dai codici greci della sua am-
mirata biblioteca. 7 Un posto di assoluto rilievo venne naturalmente as-
segnato a Euclide e agli Elementi, di cui Valla tradusse dal greco oltre
un centinaio di proposizioni, 8 in aperta critica alla redazione di Cam-
pano, verso la quale l’umanista indirizzò un severo giudizio:

6
A questo proposito si rimanda a M. FOLKERTS, Regiomontanus’ Approach to Eu-
clid, in M. FOLKERTS, The Development of Mathematics in Medieval Europe, Ashgate
2006; sulla figura di Regiomontano si veda invece M. MALPANGOTTO, Regiomontano e
il rinnovamento del sapere matematico e astronomico nel Quattrocento, Cacucci, Bari
2008.
7
Dal momento che Valla non aveva l’abitudine di citare le fonti che stava utiliz-
zando, si è resa necessaria un’attenta ricognizione del De expetendis per l’individuazio-
ne degli autori e delle opere. Per i libri matematici l’analisi è stata condotta da R. TUC-
CI nella tesi di dottorato Giorgio Valla e i libri matematici del “De expetendis et fugien-
dis rebus”: contenuto, fonti, fortuna, a.a. 2007-2008. Sull’umanista piacentino si veda
anche G. GARDENAL, Giorgio Valla e le scienze esatte, in V. BRANCA (cur.), Giorgio Val-
la tra scienza e sapienza, Olschki, Firenze 1981, pp. 9-54.
8
Per un elenco delle proposizioni euclidee del De expetendis si veda R. TUCCI in
Giorgio Valla e i libri matematici, cit.

3
VERONICA GAVAGNA

qui constat multos Euclidis locos tum praeteriisse, tum non commode in-
terpretatum et sua non satis examinate subdidisse, in multis tamen fate-
mur acute interpretatum, sed errorum nunc non bene dictorum nobis es-
se cura debet (De expetendis..., Lib. XI, Cap. 3)

L’enciclopedia valliana offriva dunque agli studiosi l’unica tradu-


zione latina a stampa di diversi frammenti di opere classiche e costitui-
va un punto di riferimento insostituibile per i matematici del primo
Cinquecento, che dovettero attendere diversi decenni per poter di-
sporre della prima traduzione delle opere di Apollonio (1537), Archi-
mede (1544), Teodosio e Menelao (1558), Pappo (1588), per non cita-
re che gli autori più importanti. Per Euclide i tempi furono più rapidi:
già nel 1505 Bartolomeo Zamberti pubblicava a Venezia la traduzione
integrale dal greco degli Elementi e di altre opere del corpus euclideo:
Phaenomena, Optica, Catoptrica, Data 9. Erede spirituale di Valla, Zam-
berti si proponeva di restituire al testo euclideo la sua originalità, gra-
vemente compromessa da Campano «interpres barbarissimus» adot-
tando come criterio ispiratore l’assoluta fedeltà al testo greco:

Elementa igitur huiusmodi a Campano non interpretata communi iudicio,


sed barbarie excecata ... et adeo ut non elementa sed accommodatius cha-
os appellari possint intuentes ... sed sicut apud graecos scriptum inveni-
mus sic fideli solertia et cura sumus interpretati. Si quid autem ex nostra
dictum officina comperies illud omne in Campani errores quos auctorita-
te graeca refellimus. Nos dixisse existimato nam: multa ipse sub silentio
pretermisit.

Sebbene a Zamberti vada ascritto il merito di aver dato alle stam-


pe la prima traduzione completa dal greco, pure il legame con il De ex-
petendis è molto più stretto di quanto non appaia a prima vista, dal
momento che le proposizioni euclidee dell’enciclopedia valliana si ri-

9
Euclidis megarensis philosophii platonii mathematicarum disciplinarum Ianitoriis:
habent in hoc volumine quicumque ad mathematicam substantiam aspirant: Elemento-
rum libros xiii cum expositione Theonis insignis mathematici quibus multa quae deerant
ex lectionem graeca sumpta addita sub nec non plurima subversa et prepostere: voluta in
Campani interpretatione: ordinata digesta et castigata sunt. Quibus etiam nonnulla ab il-
lo venerando Socratico philosopho mirando iudicio structa habent adiuncta. Deputatum
scilicet Euclidi volumen xiiii cum expositione Hypsi. Alex. Itidemque et Phaeno. Specu.
et Perspe. Cum expositione Theonis ac mirandus ille liber Datorum cum expositione Pap-
pi mechanici una cum Marini dialectici protheoria. Ba. Zamber.Vene. Interprete, edibus
Ioannis Tacuini, 1505.

4
LA TRADIZIONE EUCLIDEA NEL RINASCIMENTO

trovano pressoché ad verbum nella stampa del 1505, ad eccezione di


alcuni errori che sono stati emendati. 10

La recensio di Campano e l’edizione di Zamberti rappresentavano


due modi diversi, e per certi aspetti complementari, di avvicinarsi ad
un’opera classica. La redazione medievale era il lavoro di uno studioso
che non si poneva il problema di rimanere aderente alla lettera eucli-
dea, ma aspirava a restituire al testo un significato matematico coeren-
te, premurandosi di chiarire i passi più oscuri, di colmare eventuali la-
cune e di arricchire l’esposizione utilizzando anche fonti contempora-
nee; per contro, la traduzione rinascimentale, rivendicando l’assoluta
superiorità del testo greco, vi rimaneva fedele senza eccessive preoccu-
pazioni circa possibili incongruenze matematiche. Questo spiega il mo-
tivo per cui Zamberti aveva inframmezzato la sua traduzione con nu-
merose ed aspre critiche indirizzate a Campano – evidenziate dal tito-
lo Interpres – che non riguardavano questioni matematiche, ma rima-
nevano confinate ad un ambito più filologico e linguistico; l’umanista
veneziano, per esempio, accusava Campano di modificare l’ordine ori-
ginale delle proposizioni, di aggiungere lemmi o corollari estranei alla
tradizione greca, di accogliere degli inammissibili arabismi nella tradu-
zione latina o ancora di inserire commenti che rendevano più oscuro il
significato del testo anziché chiarirlo. Fu Luca Pacioli ad assumersi
l’onere di difendere il matematico medievale da queste gravi accuse,
pubblicando nel 1509 una nuova edizione dell’opera euclidea la quale
– come spiegava il frate di Sansepolcro – benché fosse «a Campano in-
terprete fidissimo tralata» era resa ormai irriconoscibile dalla trascura-
tezza dei pessimi trascrittori che si erano avvicendati nel tempo. Nel
frontespizio, Pacioli spiegava che, per restituire il testo alla sua integri-
tà, era stato sufficiente emendare gli errori, correggere oltre un centi-
naio di figure e aggiungerne altre. 11 In realtà gli interventi furono as-

10
Per un dettagliato confronto fra le due opere si rimanda a R. TUCCI, Giorgio
Valla e i libri matematici, cit.
11
Euclidis megarensis philosophi acutissimi mathematicorumque omnium sine con-
troversia principis opera a Campano interprete fidissimo tralata. Que cum antea librario-
rum detestanda culpa mendis fedissimis adeo deformia essent: ut vix Euclidem ipsum
agnosceremus. Lucas paciolus theologus insignis: altissima Mathematicarum disciplina-
rum scientia rarissimus iudicio castigatissimo detersit: emendavit. Figuras centum et un-
detriginta que in alijs codicibus inverse et deformate erant: ad rectam symmetriam con-
cinnavit: et multas necessarias addidit. Eundem quoque plurimis locis intellectu difficilim
commentariolis sane luculentis et eruditissimis aperuit : enarravit : illustravit. Ad hec ut

5
VERONICA GAVAGNA

sai meno importanti di quanto non lasci intendere l’autore: le correzio-


ni che riguardano le figure si limitano all’aggiunta di lettere o di valori
numerici associati a qualche segmento e le poche figure nuove accom-
pagnano generalmente un commento di Frate Luca; per ciò che con-
cerne il testo, egli non corregge realmente gli errori, ma inserisce in ge-
nere qualche breve chiarimento. 12

Nella figura del frate di Sansepolcro convergono due aspetti che


caratterizzano la storia degli Elementi di questo periodo: da una parte
la trasmissione del testo – generalmente a stampa – secondo criteri più
o meno rigorosi, dall’altra parte la progressiva diffusione dell’opera eu-
clidea in ambienti non accademici, dovuta alla circolazione di parafra-
si e volgarizzamenti. Luca Pacioli incarna entrambi gli aspetti, essendo
curatore di un’edizione latina “dotta” e al contempo un instancabile
divulgatore della geometria euclidea. 13 In effetti, l’interesse verso gli
Elementi traspare già dal titolo della sua opera maggiore, la Summa de
arithmetica, geometria, proportioni et proportionalita del 1494, che evo-
ca direttamente il libro V, e si conferma successivamente con la stam-
pa del De divina proportione, sulla teoria dei poliedri regolari illustrata
nei libri XIII-XV degli Elementi. In alcuni passi dei suoi scritti, inoltre,
Pacioli sostiene di aver curato una traduzione in volgare dell’opera eu-
clidea; allo stato attuale delle conoscenze, tuttavia, non è noto alcun
manoscritto che l’abbia conservata. I pur numerosi excerpta degli Ele-
menti presenti nella Summa non sono riconducibili ad un’ipotetica tra-
duzione di Pacioli, perché dipendono da alcuni passi della Praticha di
geometria, tràdita dal manoscritto Palatino 577 della Biblioteca Nazio-
nale di Firenze e databile attorno al 1460. 14 L’abitudine di far intro-

elimatior exiret Scipio vegius mediol. vir utraque lingua: arte medica: sublimioribusque
studijs clarissimus diligentiam: et censuram suam prestitit.
12
Per un’analisi dell’Euclide pacioliano si veda M. FOLKERTS, Luca Pacioli and
Euclid, in E. GIUSTI (cur.) Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento, Petruzzi, Cit-
tà di Castello 1998, pp. 219-231 (ristampato in M. FOLKERTS, The Development of Ma-
thematics, cit.).
13
Basti ricordare, ad esempio, la prolusione al libro V degli Elementi che tenne
l’11 agosto del 1508 nella Chiesa di San Bartolomeo a Venezia, di fronte a una folla di
cinquecento persone.
14
La corrispondenza fra alcuni passi della Summa e il Palatino 577 non si limita
agli excerpta euclidei, ma si estende a varie parti, soprattutto di carattere geometrico,
come mostra E. PICUTTI nel suo articolo Sui plagi matematici di Luca Pacioli, «Le
Scienze», 1989, n.246, pp. 72-79; sulla fonte dei passi euclidei della Summa, si veda an-
che M. FOLKERTS, Luca Pacioli and Euclid, cit. pp.222-225.

6
LA TRADIZIONE EUCLIDEA NEL RINASCIMENTO

durre alcuni temi di geometria o di aritmetica da una serie di definizio-


ni, di enunciati e talvolta di dimostrazioni di provenienza euclidea, era
comunque piuttosto diffusa nei più importanti trattati d’abaco e testi-
monia la volontà di dare un fondamento teorico alla propria esposizio-
ne. Inoltre, il ritrovamento in città quali Pisa, Firenze, Siena, Brescia e
Milano di alcuni codici che contengono traduzioni in volgare degli Ele-
menti, complete o più spesso parziali, lascia supporre l’esistenza di una
buona circolazione di questi volgarizzamenti, 15 che subì tuttavia una
battuta d’arresto con la pubblicazione della prima edizione a stampa in
volgare degli Elementi. Pubblicata a Venezia nel 1543 per opera di
Niccolò Tartaglia, 16 la traduzione, arricchita da numerosi commenti
dell’autore, era basata sia sul testo di Campano che su quello di Zam-
berti .

Per tornare alla tradizione del testo latino a stampa, che avevamo
lasciato all’Euclide pacioliano del 1509, dobbiamo osservare che la
stretta affinità di questa edizione con la recensio di Campano ne ridi-
mensionava fortemente il carattere di novità e la capacità di dare una
risposta all’esigenza, sempre più diffusa, di disporre di un testo real-
mente affidabile. Jacques Lefévre d’Ètaples (Jacobus Faber Stapulen-
sis) decise allora di pubblicare nel 1516 un’edizione degli Elementi
giustapponendo la redazione di Campano a quella di Zamberti, nel va-
no tentativo di compensare le manchevolezze dei due testi. 17 Anche se

15
Sulle traduzioni volgari degli Elementi, si veda P. PAGLI, Volgarizzazioni mano-
scritte degli Elementi di Euclide, in R. FRANCI, P. PAGLI, A. SIMI, (cur.), Il sogno di Ga-
lois, Centro Studi della Matematica Medioevale, Siena, 2003, pp. 53-90; Le volgarizza-
zioni degli Elementi di Euclide anteriori all’edizione a stampa, in P. FREGUGLIA, L. PEL-
LEGRINI, R. PACIOCCO (cur.) Scienze matematiche e insegnamento in epoca medioevale,
ESI, Napoli 2000, pp. 203-223; G. DERENZINI, C. MACCAGNI, “Euclide volgare, cioè e
primi libri tre”, in Studi vinciani in memoria di Nando de Toni, Brescia 1986, pp. 51-72.
16
Euclide megarense philosopho: solo introduttore delle scientie mathematice: dili-
gentemente reassettato et alla integrita ridotto per il degno professore di tal scientie Ni-
colo Tartarea Brisciano, Venezia 1543 (rist. anastatica della ristampa del 1567 curata da
P. PIZZAMIGLIO, Brescia 2007).
17
Euclidis Megarensis Geometricorum elementorum libri XV. Campani Galli tran-
salpini in eosdem commentariorum libri XV. Theonis Alexandrini Bartholamaeo Zam-
berto Veneto interprete, in tredecim priores, commentariorum libri XIII. Hypsiclis Ale-
xandrini in duos posteriores, eodem Bartholamaeo Zamberto Veneto interprete, commen-
tariorum libri II, Parisiis in officina Henrici Stephani, 1516. Stapulensis cerca di enfa-
tizzare la corrispondenza fra le proposizioni delle redazioni di Campano e di Zamber-
ti, ma nel caso di divergenze inconciliabili, come nel caso dei libri XIV e XV, sceglie
di pubblicare le due edizioni una di seguito all’altra. Si noti che Stapulensis, accoglien-

7
VERONICA GAVAGNA

l’edizione di Stapulensis ebbe una certa fortuna e conobbe numerose


edizioni fino al 1558, aveva il solo merito di rendere accessibili en-
trambe le versioni, lasciando però al lettore il compito di scegliere,
proposizione per proposizione, quella che riteneva più soddisfacente.
Particolarmente critico nei confronti di Campano, di Zamberti e an-
che di Stapulensis, il messinese Francesco Maurolico negli anni Trenta
tentò davvero di rifondere criticamente le due tradizioni per dar luce
ad una nuova redazione «ex traditione Maurolyci», della quale ci sono
stati tramandati solo i libri V, VII-X, XIII-XV. 18 Il matematico sicilia-
no, estraneo a qualsiasi preoccupazione di carattere filologico, 19 seguì
abbastanza fedelmente la traduzione latina di Zamberti nell’architettu-
ra logica e nel lessico, ma nelle dimostrazioni mostrò una spiccata au-
tonomia, accogliendo di volta in volta quella che riteneva migliore e
proponendo soluzioni originali quando non le riteneva soddisfacenti.
Ad eccezione dell’edizione dei libri XIII-XV, che vennero pubblicati
in un volume miscellaneo nel 1575, le redazioni dei libri restanti rima-
sero però inedite e non ebbero alcuna influenza nella comunità mate-
matica. 20

do l’opinione di Zambertì che attribuisce la paternità degli enunciati degli Elementi a


Euclide e delle dimostrazioni a Teone, premette ad ogni proposizione l’espressione
«Theon ex Zamberto». Tale convinzione si trasmise anche ad altri autori, fra cui, ad
esempio, Oronce Finé e Pierre de la Ramé.
18
Così scriveva Maurolico nel 1556 in una lettera indirizzata al Vicerè Juan de
Vega: «Celebris erat in euclideis libris apud nos Campani traditio; transtulit inde Zam-
bertus Theonis editionem. Jacobus Faber hos in unum iunxit; utique melius facturus
si e duobus unum opus coaptasset, ne idem bis repeteret. Nam, cum uterque peccas-
set, uterque corrigendus erat. Campanus enim, ingenio ac professioni confisus, multa
in diffinitionibus perperam mutavit, nonnunquam aliquid ad usum adiicit. Zambertus,
dum omnia fideliter transfert, ignarus negocii ne quidem mendas graeci exemplaris
animadvertit, totusque in Campanum et ultra modestiae terminos excandescit, atque
ibi ut plurimum eum carpit, ubi reprehendendus non est» (R. MOSCHEO, I Gesuiti e le
matematiche nel secolo XVI. Maurolico, Clavio e l’esperienza siciliana, Società Messine-
se di Storia Patria, Messina 1998).
19
Sul peculiare approccio ai Classici da parte di Maurolico, si rimanda a P.D.
NAPOLITANI, Le edizioni dei Classici: Commandino e Maurolico, in W. MORETTI, L. PE-
PE (cur.), Torquato Tasso e l’Università, Olschki, Firenze 1997, pp.119-141.
20
Per un’analisi dell’edizione mauroliciana, si veda V. GAVAGNA, Gli Elementi di
Euclide «ex traditione Maurolyci», in corso di stampa negli Atti del Convegno Archi-
mede e le sue fortune, Siracusa-Messina, 2008. L’edizione dei libri XIII-XV venne pub-
blicata a Venezia nel volume Opuscula mathematica (1575), tuttavia tutte le redazioni,
comprese quelle dei libri V e VII-X sono disponibili nel sito dell’edizione elettronica
dell’opera matematica di Francesco Maurolico (http://www.maurolico.unipi.it).

8
LA TRADIZIONE EUCLIDEA NEL RINASCIMENTO

L’editio princeps del testo greco degli Elementi, pubblicata a Basilea


nel 1533 da Simone Gryneus non riuscì a imporsi come edizione di rife-
rimento, sicché fin oltre la metà del secolo si assistette ad un continuo
succedersi di edizioni che, pur presentando qualche cambiamento, ri-
manevano nell’alveo della tradizione di Campano o di Zamberti. 21 In
Francia questo fenomeno assunse dimensioni davvero notevoli: fra il
1536 e il 1566 nella sola Parigi vennero pubblicate almeno dieci edizio-
ni, parziali o complete degli Elementi: tre edizioni di Oronce Finé pro-
gressivamente accresciute (1536, 1544, 1551), due edizioni di Pierre de
la Ramée (1545 e 1549), due di Pierre Forcadel (1564, 1566), una di
Jacques Peletier (1557) e una di Stephanus Gracilis (1557) e infine
l’edizione in sedici libri di François Candalle (1566). 22 A queste si af-
fiancarono testi strettamente legati all’opera euclidea, che esprimevano
aspre critiche verso le edizioni esistenti – è il caso di Jean Borrel (Ioan-
nes Buteo) e del suo Annotationum liber in errores Campani, Zamberti,
Orontij, Peletarij, Io.Penae intepretum Euclidis (1559) – o analizzavano
l’architettura logica degli Elementi per metterne in evidenza i difetti –
come Pierre de la Ramée nel Prooemium mathematicum (1569). Questa
intensa produzione letteraria si spiega con la necessità, divenuta pres-
sante quando l’umanista Finé fu chiamato ad insegnare matematica al
Collège Royal nel 1530, di disporre di buoni testi per l’insegnamento e,
proprio per questo motivo, molte delle edizioni francesi comprendeva-
no solo i primi sei libri degli Elementi, dedicati alla geometria piana,
materia dei corsi universitari. 23 È il caso, ad esempio, del volume In sex
priores libros geometricorum Elementorum Euclidis di Finé, o di In Eu-
clidis Elementa geometrica demonstrationum libri sex di Peletier: men-
tre il primo proponeva gli enunciati in greco e le dimostrazioni in latino
modellate sulla traduzione di Zamberti, il secondo mostrava un atteg-
giamento più critico, che privilegiava la traduzione dell’umanista vene-
ziano per gli aspetti linguistici, ma accoglieva molte delle Campani addi-
tiones e sollevava obiezioni sui fondamenti geometrici degli Elementi. 24

21
Una rassegna delle varie edizioni si trova in P. RICCARDI, Saggio di una biblio-
grafia euclidea, Gamberini e Parmeggiani, Bologna 1887.
22
Il sedicesimo libro comprende 31 proposizioni in cui si stabiliscono relazioni
quantitative fra spigoli, facce, superfici e volumi di poliedri regolari reciprocamente in-
scritti.
23
Per un quadro del fenomeno si veda F. LOGET, Héritage et réforme du quadri-
vium au XVIe siècle, Actes du Colloque «La Pensée numérique», 7-10 septembre
1999, http://www.peiresc.org/New%20site/Actes.Dhombres/Loget.pdf
24
Per esempio, Peletier rifiuta il principio di sovrapposizione sul quale si basa la

9
VERONICA GAVAGNA

Accanto alle edizioni latine, greche, greco-latine – fra le quali me-


ritano una menzione anche quelle curate da Scheubel nel 1550 e da
Dasypodius nel 1564 – dalla metà del Cinquecento iniziarono a com-
parire le edizioni a stampa nelle principali lingue moderne: italiano
(Tartaglia, 1543), tedesco (Scheubel 1558, limitata ai libri VII-IX, Xi-
lander 1562, libri I-VI), francese (Forcadel, 1564, libri I-VI; 1565 libri
VII-IX), inglese (Dee-Billingsley, 1569). Solo con l’edizione latina degli
Elementi pubblicata da Federico Commandino nel 1572 e la recensio
del gesuita Cristoforo Clavio del 1574, l’incredibile proliferazione di
edizioni euclidee di ogni tipo trovò alla fine un freno. Mentre l’opera
di Clavio, per l’acume dei commenti e la ricchezza delle citazioni di-
ventò il manuale sul quale si formarono intere generazioni di studio-
si, 25 l’Euclide di Commandino, tradotto da un nuovo codice greco con
acribia filologica e competenza matematica, rappresentò per oltre due
secoli l’unico vero testo di riferimento degli Elementi.

dimostrazione della proposizione I.4, nota anche come primo criterio di congruenza
dei triangoli, in cui si afferma che due triangoli sono congruenti se sono uguali due la-
ti omologhi e l’angolo fra di essi compreso. Trattandosi di una proposizione del tutto
evidente, egli suggerisce di assumerla come definizione di angoli uguali: «Quod respi-
ciens Euclides, angulorum aequalitatem proponere, atque eadem opera definire voluit:
ut hoc Theorema pro Definitione haberemus. Nemo enim significantius explicabit an-
gulorum aequalitatem quam si dixerit duos angulos aequales fieri, quum duo latera
unum angulum continentia, duobus alterum angulum continentibus fiunt aequalia et
bases quae latera connectunt» (p. 16).
25
Euclidis Elementorum libri XV, accessit XVI de solidorum regularium compara-
tione, Romae apud Vincentium Accoltum 1574 (nuove edizioni nel 1589 e nel 1603),
Sull’opera geometrica di Clavio si veda S.ROMMEVAUX, Clavius, un clé pour Euclide au
XVIe siècle, Vrin, Paris 2005; F.A.HOMANN, Christopher Clavius and the Renaissance of
Euclidean Geometry, «Archivum Historicum Societatis Iesu», 52 (1983); P.PALMIERI,
Clavius’ and Galileo’s Foundational Studies of Euclid’s Theory of Proportions, «Archive
for History of Exact Sciences», 2001, pp. 555-597.

10

Potrebbero piacerti anche