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I FATTORI DI PRESTAZIONE:

LE CAPACITA’ CONDIZIONALI E LE CAPACITA’ COORDINATIVE

Tutte le regole e i principi dell’impostazione del carico o del sistema degli esercizi hanno lo scopo
prioritario di migliorare la capacità di prestazione, accertabile nei risultati.
PRESTAZIONE può essere definita come l’unità tra esecuzione e risultato di un’azione o di una serie di
azioni motorie sportive, che si esprime in un risultato misurabile, o accertabile, attraverso determinate
procedure di valutazione.
Il complesso dei presupposti (o prerequisiti) per le prestazioni fisiche o sportive, che un individuo possiede,
può definirsi capacità di prestazione fisica o sportiva.
Per realizzare la capacità di prestazione occorre la disponibilità della persona, insieme a qualità di carattere,
di intelligenza e di comportamento. La capacità di prestazione e la disponibilità alla prestazione, con le altre
componenti (capacità, abilità, conoscenze) formano i fattori che determinano la prestazione. Non esiste una
capacità di prestazione universale, in altre parole valida per tutti gli sport; questo è dovuto sia alla ricchezza
delle sollecitazioni dell’ambiente naturale e sociale, sia alla molteplicità ed eterogeneità degli elementi e
delle strutture costitutivi dell’organismo umano.
Il processo biologico portante è l’adattamento degli organi ad un carico regolare di attività motoria che
sfrutta il potenziale dell’organismo in toto.
Le capacità motorie sono di due tipi: a) capacità condizionali, b) capacità coordinative.

LE CAPACITA’ CONDIZIONALI
Le capacità condizionali sono quella classe di capacità fisiche, determinate da fattori energetici. Esse
sono: *la FORZA (veloce, massima, resistente), *la VELOCITA’ o RAPIDITA’ (di reazione, di
accelerazione,massima e resistenza alla velocità), *la RESISTENZA (di breve, di medio, di lungo periodo).
Da un punto di vista puramente funzionale la forza va considerata come la prestazione biologica di base
dell’apparato motorio attivo.

1. LA FORZA

La forza rappresenta l’energia prodotta dai muscoli per vincere oppure opporsi a una resistenza
esterna. Essa dipende non soltanto dalla massa muscolare (un muscolo sarà tanto più forte
quanto maggiore è il diametro delle fibre che lo compongono), ma anche dalla capacità del
sistema nervoso di stimolare molta tensione nel muscolo stesso.
Senza addentrarci troppo in concetti anatomo-fisiologici riguardanti il sistema muscolare, appare
tuttavia opportuno procedere con le due principali classificazioni della forza muscolare:
1. in base all’effetto interno che essa produce;
2. in base all’effetto esterno che essa produce.

1. Per EFFETTO INTERNO della forza intendiamo riferirci al lavoro muscolare prodotto,
vale a dire, al tipo di contrazione messo in atto.
I tipi di contrazione con i quali viene espressa la forza sono:
contrazione concentrica (superante): le inserzioni tendinee estreme del muscolo (i capi
articolari interessati) si avvicinano. Si verifica cioè l’accorciamento del muscolo, così il
carico viene superato oppure sollevato, producendo quello che viene definito “lavoro
positivo” (es. nella Pallavolo: l’azione muscolare degli arti inferiori durante il salto a muro senza
contromovimento, cioè direttamente verso l’alto nel caso del “muro a lettura”);
contrazione eccentrica (cedente): è l’opposto della precedente. Le inserzioni tendinee
estreme del muscolo si allontanano durante la contrazione, il muscolo cerca di opporsi al
carico e gli cede lentamente. Si verifica cioè l’allungamento del muscolo, producendo
quello che viene definito “lavoro negativo”;
contrazione combinata (pliometrica): la più complessa ma anche la più frequente e
determinante nella pallavolo, quindi degna di maggiore attenzione. È il risultato della
combinazione dei due tipi di contrazione appena analizzati, che si realizza quando a una
veloce contrazione eccentrica segue immediatamente una rapidissima contrazione
concentrica (contromovimento). Ciò comporta l’utilizzo di un’ulteriore percentuale di
forza a carico della “componente elastica” dei muscoli, consentendo di sviluppare, come
prodotto finale, una contrazione concentrica e quindi superante ancora più potente di
quella che si potrebbe sviluppare in condizioni normali. Pertanto, i movimenti caratterizzati da un
“prestiramento” (fase eccentrica) saranno sicuramente quelli più efficaci per esprimere un livello di
forza molto elevato nel più breve tempo possibile (es. nella Pallavolo: lo stacco nella schiacciata
per gli arti inferiori oppure il colpo di attacco per gli arti superiori).
contrazione isometrica (statica): pur essendoci notevole tensione muscolare, la distanza
tra i capi tendinei estremi non varia, in quanto il carico non viene vinto, né si cede a esso.
Non avvengono pertanto modificazioni nella lunghezza del muscolo, producendo quello
che viene definito “lavoro nullo” con l’energia che si disperde in calore (es. il
mantenimento della posizione di semipiegamento a carico degli arti inferiori).

2. In base all’EFFETTO ESTERNO che la forza produce, distinguiamo:


forza massimale: è il grado di forza più elevato, riferito al singolo muscolo, che il
sistema neuro-muscolare può esprimere attraverso una contrazione volontaria; per
poterla sviluppare è necessario che i muscoli lavorino ai limiti delle proprie possibilità.
forza veloce: è la capacità del sistema neuro-muscolare di vincere resistenze non
massimali attraverso un’elevata velocità di contrazione; si tratta, in sostanza, di
combinare la forza e la velocità (potenza). Questa è il tipo di forza più richiesta nelle
attività dei Giochi Sportivi e non richiede un particolare aumento della massa muscolare.
forza resistente: si manifesta quando è necessaria una tensione muscolare non elevata,
ma protratta nel tempo, opponendosi alla fatica. In questo caso, oltre l’intervento muscolare,
risulta necessario il supporto organico, ovverosia la funzionalità cardiocircolatoria e respiratoria.

Lo sviluppo della forza muscolare: mezzi e metodi di allenamento


Fino ai 12-13 anni di età, la forza ha uno sviluppo parallelo sia nei maschi sia nelle femmine, poi
si diversifica nettamente a vantaggio dei maschi (per la produzione di ormoni androgeni), con un
incremento anche delle masse muscolari. Intorno ai 18-20 anni, tra maschi e femmine, si ha una
differenza media di forza del 35-40% e si va progressivamente esaurendo il naturale incremento
della stessa.
1) Un allenamento generale della forza generale (trofismo muscolare) può essere iniziato
già intorno ai 7-8 anni (utilizzo del carico naturale in posizioni del corpo poco
impegnative).
2) Un allenamento specifico della forza generale può essere iniziato, con le opportune
cautele, già intorno ai 14 anni di età (costruzione con carichi medio-bassi).
3) Un allenamento specifico della forza speciale (massimale-veloce-resistente) non può
iniziare prima del completamento dello sviluppo delle strutture osteo-articolari, 17-20 anni
di età (costruzione con sovraccarichi medio-alti e massimali).

Per quanto concerne, invece, i mezzi e i metodi di allenamento della forza muscolare
distinguiamo:
a) metodi a carico naturale;
b) metodi con sovraccarico.
Addentrandoci nelle due metodiche vediamo subito che al loro interno variano decisamente:
a) tipo di contrazione e tensione muscolare chiamata in causa;
b) organizzazione delle serie e delle ripetizioni di ogni esercizio;
c) risposte adattive dell’organismo.

 FORZA MASSIMALE:
I contenuti si basano sull’utilizzo di carichi tali per cui la resistenza da superare consenta al
massimo 12 ripetizioni (tra il 70% e il 100% della personale forza massima) e sull’utilizzo di
contrazioni di tipo isometrico, contro resistenze che richiedono sforzi di tipo massimale.
I metodi più noti utilizzano sovraccarichi e tra questi ricordiamo:
. metodo piramidale (aumento progressivo del carico nella stessa seduta, fino ad arrivare al
massimale);
. metodo delle ripetizioni (poche ripetizioni di intensità massimale; 70.75% dalle 10 alle 12
ripetizioni, 80.85% dalle 6 alle 8 ripetizioni, 90.95% dalle 2 alle 4 ripetizioni, 100% 1 ripetizione).

 FORZA VELOCE:
I contenuti si basano su esercitazioni e carichi che risultino leggermente inferiori alle normali
espressioni della forza (piccoli sovraccarichi per azioni di salto o attrezzi più leggeri o più pesanti
per i lanci) e con carichi simili alle condizioni di gara di specifiche attività sportive.
I metodi utilizzano carichi che oscillano tra il 20% e il 60% del massimale, con un’alta velocità di
esecuzione, u per un numero non elevato di ripetizioni (dalle 6 alle 10) e tempi di recupero ampi;
da evitare il lavoro in condizioni di stanchezza.

 FORZA RESISTENTE:
I contenuti si basano su carichi che oscillano tra il 40% e il 70%, con un numero elevato di
ripetizioni (dalle 20 alle 40-50), ad una velocità di esecuzione moderata.
I metodi utilizzano carichi medio-elevati con espressione prolungata della forza (elevato numero di
esecuzioni di un esercizio specifico) e si basano sulle caratteristiche di durata, intesità, recuperi e
sul tipo di dispendio energetico proprio dell’attività svolta (esecuzioni prolungate di salto nella
pallavolo).

Nei metodi a carico naturale lo stimolo allenante è fornito dal peso del proprio corpo e in base a
questo si impostano i relativi esercizi. L’eventuale uso di attrezzi serve solamente per modificare
la posizione del corpo e non come sovraccarico (ad esempio, per rendere più difficoltosa
l’esecuzione di un esercizio per gli addominali, si può utilizzare una panca tenendola inclinata o
mettendosi in sospensione alla spalliera, oppure, come altri esempi, la corsa in salita e quella
sulla sabbia ecc. ecc.).
In questo tipo di esercitazioni non è sempre facile calcolare l’impiego della forza, come, ad
esempio, nei salti (si può infatti richiedere di saltare al massimo sia in alto che in lungo, ma
chiaramente non si potrà mai richiedere di saltare precisamente all’ 80% del massimo!).
Diversamente, per altri distretti muscolari e relativi esercizi, si potranno calcolare più facilmente
le varie percentuali, ad esempio, per un atleta che riesce ad eseguire 20 ripetizioni consecutive di
piegamenti sulle braccia quello sarà il suo massimale. A ben guardare, però, quest’ultimo
costituisce il massimale di Forza Resistente, mentre sarà sempre molto difficile, se non
impossibile, lavorare con precisione sulla Forza Veloce e sulla Forza Massimale.
Un’altra caratteristica peculiare degli esercizi a carico naturale è la difficoltà di isolare i muscoli
più deboli per poterli sviluppare più efficacemente.
Per comodità di esposizione, considereremo quasi tutti questi esercizi come di Preatletismo
Generale e Specifico, indicatissimi per l’avviamento alle esercitazioni di forza nei giovani e per
il riscaldamento degli atleti evoluti.
Ad ogni buon conto, un capitolo a sé rivestono invece gli esercizi a carico naturale per i distretti
muscolari del tronco, quali i dorsali e gli addominali, che rimangono sicuramente i più adatti
per il rafforzamento di questa muscolatura, tanto in età giovanile quanto in quella adulta;
rientrano ovviamente in questa sede anche tutti i salti e gli esercizi isometrici effettuati
anch’essi a carico naturale.
Le metodiche con i sovraccarichi non devono essere considerate necessariamente successive o
antitetiche rispetto a quelle svolte a carico naturale: ad esempio, la possibilità di utilizzare pesi
molto bassi, inferiori come intensità alle corrispondenti esercitazioni senza sovraccarico, consente
ad individui dotati di scarse capacità di forza di migliorarsi sino a poter utilizzare anche l'altra
metodica di lavoro. Le conoscenze di biomeccanica, unite all'esperienza ed alla fantasia degli
allenatori, hanno consentito di elaborare un elevato numero di esercitazioni, permettendo un
intervento localizzato sulla muscolatura che si vuole potenziare: tale intervento può essere mirato
sulla muscolatura principale o su quella sinergica di ciascun movimento complesso. Un altro
vantaggio del lavoro con sovraccarichi è dato da una più stabile e migliore acquisizione delle varie
capacità muscolari, e in un tempo ridotto, rispetto alle esercitazioni a carico naturale. Ciò dipende
dalla specificità dell'intervento sui gruppi muscolari interessati e dalla maggiore facilità di
combinare esattamente i parametri di quantità ed intensità dei carichi. L'utilizzazione di
sovraccarichi consente, per ciascun esercizio, la determinazione precisa del carico di lavoro rispetto
al massimale e quindi la maggiore facilità di previsione degli effetti del lavoro stesso. Altro
elemento importante è rappresentato dal miglioramento delle capacità di differenziazione, in
conseguenza del raffinato controllo neuro - muscolare necessario per l'esecuzione di esercizi con
percentuali di carico differenti, anche in rapporto alla corrispondente esercitazione a carico
naturale.
Nell'ambito dei mezzi utilizzati, è necessario considerare gli effetti delle esercitazioni con bilancieri
e manubri rispetto a quelli indotti dalle macchine di vario tipo. Queste ultime consentono di
eseguire esercizi con escursione guidata e controllata del movimento, e sono assai valide nella fase
iniziale dell'allenamento e per la riabilitazione di persone infortunate, in special modo le macchine
isocinetiche (dotate di volani, frizioni o meccanismi pneumatici che determinano una velocità
costante nell'esecuzione dell'esercizio). Inoltre, nell'utilizzazione di carichi elevati, il lavoro con le
macchine riduce notevolmente il rischio di traumi ed infortuni.
Volendo invece agire sul miglioramento delle capacità di controllo fine del gesto e sul maggior
coinvolgimento delle capacità volitive, soprattutto degli atleti, è preferibile l'utilizzazione del
bilanciere "libero", utilizzando però esercitazioni tecnicamente ben conosciute e percentuali di
carico adeguate. E’ importante sottolineare, infine, la differenza esistente fra l'allenamento del
sollevatore di pesi e quello di una persona normale, che incrementa la forza per potersi dedicare
con migliori risultati alla propria attività quotidiana: il primo ha come obiettivo la massimizzazione
della prestazione nelle alzate classiche al bilanciere (slancio e strappo); il secondo utilizza i
sovraccarichi come un mezzo per migliorare la propria efficienza fisica e prevenire gli infortuni,
incrementando in particolare la forza generale o forza di base, insieme alla propria potenza
muscolare.
2. LA VELOCITA’:
La velocità è la qualità motoria che permette di effettuare uno o più movimenti nel minor tempo
possibile.
Questa qualità dipende dal rendimento del sistema nervoso che deve essere in grado di inviare rapidamente
gli impulsi alla muscolatura. Sono più veloci coloro che dispongono nel loro patrimonio muscolare più fibre
bianche, quelle che fisiologicamente riescono meglio a contrarsi in forma esplosiva. Altro fattore è costituito
dalla presenza di un buon quantitativo di sostanze energetiche. Va infine considerata la capacità di
coordinazione che porta ad eseguire progressivamente i gesti con una tecnica corretta e sempre più
automatica, quindi adatta ad essere velocizzata.
Possiamo distinguere tre modi di essere veloci:
d) Velocità di reazione: è la velocità con cui si risponde ad uno stimolo. La reattività nei gesti dipende
dalla velocità con cui il segnalatore acustico, quello ottico e tattile, invia il messaggio al cervello e
dalla rapidità con cui quest’ultimo elabora il comando di risposta. La velocità di reazione fa parte del
ns patrimonio ereditario: può essere affinata e leggermente migliorata.
e) Rapidità del singolo movimento: consiste nell’effettuare un unico gesto alla massima velocità. Tale
velocità cresce con l’aumentare delle riserve energetiche presenti nel muscolo e con la capacità di
utilizzarle tutte contemporaneamente.
f) Frequenza del singolo movimento: è anche detta velocità di traslocazione; può essere distinta in
velocità ciclica (100 m nell’atletica, 50 m nel nuoto, 200 m nel ciclismo su pista), il gesto cioè si
ripete uguale dall’inizio alla fine della prova. Se i movimenti sono più di uno, ma differenti tra loro,
la velocità viene qualificata come aciclica (pugile o tuffatore). Questo tipo di velocità è
maggiormente allenabile in quanto si può intervenire sia sul perfezionamento del gesto tecnico che
sul potenziale muscolare.

3. "LA RESISTENZA"

È la capacità dell’organismo di sopportare uno sforzo prolungato, controllando e superando i


disagi della fatica.
La classificazione della capacità di resistenza può avvenire secondo diversi criteri:

1. criterio di specificità rispetto agli obiettivi e alla disciplina sportiva praticata:


4) la resistenza generale è il punto di partenza per qualsiasi forma di allenamento e dipende
dal corretto funzionamento degli organi interni: cuore, polmone, fegato e reni;
5) la resistenza speciale è riferita, invece, a una prestazione sportiva ben definita.

2. criterio topografico rispetto alla percentuale della massa muscolare totale impegnata:
6) resistenza generale se superiore a 1/7 (un settimo) del totale;
7) resistenza locale se inferiore.

3. criterio relativo alla durata:


c) resistenza di lunga durata: attività aerobica con prevalente impegno degli apparati
cardiocircolatorio e respiratorio. Il tempo di durata dell'impegno organico e muscolare
supera i 10 minuti per proseguire anche per 2-3 ore e anche più. Dote detta di "endurance", con
risposta cardiaca di 140-160 pulsazioni al minuto. La resistenza di lunga durata può essere
suddivisa, a seconda della possibilità di protrarre l'impegno organico e muscolare, in:
- resistenza di lunga durata I (10-35 minuti);
- resistenza di lunga durata II (35-90 minuti);
- resistenza di lunga durata III (90-360 minuti);
-resistenza di lunga durata IV (oltre 360 minuti);
d) resistenza di media durata: coinvolge sia il meccanismo aerobico che quello anaerobico-
lattacido. Il lavoro può durare tra i 2-10 minuti circa;
e) resistenza di breve durata: attività con predominante impegno del meccanismo
anaerobico-lattacido. Richiede un buon sviluppo della resistenza alla forza e alla velocità.
Il lavoro può essere protratto per circa 45-120 secondi.

4. criterio metabolico:
f) meccanismo anaerobico alattacido, che sviluppa potenze elevatissime ma di entità
globale d’energia assai limitato;
g) meccanismo anaerobico lattacido, che porta appunto alla formazione finale di acido
lattico;
h) meccanismo aerobico, che si svolge in presenza costante di ossigeno.
I tre meccanismi bio-energetici differiscono notevolmente tra loro per capacità e potenza:
i) il meccanismo anaerobico alattacido è connotato dalla capacità minore, ma dalla
potenza più elevata;
j) il meccanismo anaerobico lattacido presenta, rispetto al precedente, capacità superiore
ma potenza pressoché dimezzata;
k) il meccanismo aerobico, infine, evidenzia la capacità maggiore e una potenza
decisamente ridotta.
Sono da tenere ben presenti alcune variabili al fine della migliore comprensione dei mezzi e dei
metodi di allenamento specifici, le quali risultano molto correlate con la capacità di resistenza:
l) il massimo consumo di ossigeno, cioè la più grande quantità di ossigeno che si riesce a
consumare nell'unità di tempo, quale fedele misuratore della massima potenza aerobica;
m) la soglia anaerobica, cioè il passaggio dalla produzione di energia attraverso il processo
aerobico verso la produzione di energia anche per via anaerobica con il meccanismo
lattacido;
n) il quoziente respiratorio, vale a dire il rapporto tra il volume di anidride carbonica
eliminato e il volume di ossigeno consumato.

Gli effetti che la resistenza, a livello molto generale, può produrre sugli apparati respiratorio e
cardio-circolatorio sono:
g) aumento del volume del muscolo cardiaco;
h) aumento della quantità di sangue che il cuore espelle a ogni contrazione;
i) aumento della quantità di globuli rossi e di emoglobina in circolo, con una conseguente
migliore capacità di trasportare ossigeno;
a) aumento dell’afflusso di sangue ricco di ossigeno agli organi impegnati nel lavoro;
b) diminuzione della frequenza cardiaca, sia a riposo sia sotto sforzo, con il grande
vantaggio di raggiungere il limite dello sforzo in un tempo maggiore;
c) diminuzione del tempo di recupero dopo lo sforzo, ovvero la respirazione e l’attività
cardiaca tornano alla normalità molto più velocemente.

Evoluzione e sviluppo della resistenza: mezzi e metodi di allenamento:


Anche in questo caso, ovviamente, l’età influenza notevolmente la capacità di resistenza. Il
massimo consumo di ossigeno cresce in armonia con il volume cardiaco La frequenza cardiaca
nell’età giovanile è mediamente più elevata che nell’età adulta; infatti, l’adattamento al carico in
soggetti giovanissimi si realizza attraverso un aumento della frequenza cardiaca piuttosto che
della gittata sistolica, anche se si è osservato che nei ragazzi bene allenati la risposta adattiva è
del tutto simile a quella degli adulti.
La potenza aerobica è la stessa nei bambini rispetto agli adulti, anzi a volte addirittura superiore;
nelle donne i valori della stessa potenza aerobica sono strettamente confrontabili con quelli dei
maschi fino ai 10 anni, periodo in cui può già iniziare un progressivo allenamento specifico alla
resistenza generale.
Il massimo incremento naturale della resistenza avviene intorno ai 15-16 anni.
Nei Giochi Sportivi, ad esempio, è necessario avere atleti di grande potenza, di notevole capacità di
accelerazione e di grande coordinazione, per potersi muovere in spazi strettissimi. Pertanto, nella
Pallavolo e Pallacanestro la resistenza appare definibile come la capacità di resistere a una serie
innumerevole di azioni esplosive, avendo a disposizione tempi di recupero in cui il gioco è
interrotto o condotto a bassa velocità.

Alcune prime indicazioni metodologiche:


a) quando si lavora sulla resistenza tenere sempre presente l’interconnessione con la
capacità di forza;
b) esercitazioni a carattere generale vanno rivolte alla preparazione muscolare dell’atleta,
mentre solo le esercitazioni a carattere speciale migliorano la capacità di resistenza;
c) progressivamente e cronologicamente si procederà con esercitazioni di carattere speciale
volte ad agire dapprima sulla potenza aerobica e in seguito sul meccanismo anaerobico
lattacido.

I metodi di allenamento derivano dalla scelta di carichi finalizzati a stimolare in modo


specifico gli adattamenti di tipo metabolico, cardiocircolatorio, muscolare, tecnico-coordinativo
relativi alle diverse discipline. Sia i metodi sia le procedure hanno origine dall’utilizzo, variamente
definito in base agli obiettivi da raggiungere, degli elementi del carico: quantità, intensità, densità.
1. METODO CONTINUO (O DI DURATA):
consiste nel percorrere distanze determinate nel tempo stabilito (endurance e Marathon training).
Questo metodo trova la sua applicazione più frequente in tutte le discipline di resistenza di media
e lunga durata e per lo sviluppo della resistenza generale. Il controllo della frequenza cardiaca
(140-150 pulsazioni/min.) consente di mantenere il carico entro i limiti voluti. Il Fartlek è un lavoro
di durata con inserimento di brevi tratti di accelerazione (max 160 pulsazioni/min.).
2. METODO A INTERVALLI:
ogni allenamento a intervalli è una combinazione tra fasi di carico e fasi di recupero. Si deve
stabilire la lunghezza della distanza, la velocità con cui vengono percorse le distanze (durata e
intensità del carico), il numero delle ripetizioni e delle serie (volume del carico), la lunghezza e
l’impostazione delle pause (densità del carico).
3. METODO DELLE RIPETIZIONI:
si suddivide la distanza di gara in alcune frazioni, che debbono essere affrontate con ritmi superiori
a quelli di gara. Progressivamente si riducono le pause, cercando di mantenere sempre alta la
velocità.
8) LA MOBILITA’ ARTICOLARE:
La mobilità articolare è la capacità di portare i movimenti delle articolazioni al massimo grado di
escursione.
La mobilità articolare può essere migliorata con l’esecuzione di esercizi attivi, esercizi passivi e con lo
stretching.

LE CAPACITA’ COORDINATIVE

La coordinazione è la capacità che permette di eseguire qualsiasi movimento semplice o complesso


che sia, nel modo più efficace, ovvero più aderente possibile al modello elaborato mentalmente.
Le capacità coordinative quindi organizzano e regolano il movimento; hanno la loro base nella capacità
funzionale del sistema senso motorio (organi di senso, sistema nervoso e muscolare). Il sistema senso
motorio, e le sue possibilità, dipendono dal grado di sviluppo delle diverse funzioni psico-fisiche, la più
importante tra queste è definita cinestesica, o analizzatore motorio (organo sensoriale del muscolo che
permette la coscienza delle variazioni delle tensioni muscolari durante i movimenti).
Possiamo distinguere degli analizzatori esterni o esterocettori (ottico, acustico e tattile) e analizzatori
interni o enterocettori (vestibolare e cinestesico).

4. Capacità coordinative generali:


a) Capacità di apprendimento motorio (assimilazione e acquisizione di movimenti in precedenza non
posseduti che devono essere stabilizzati);
b) Capacità di controllo motorio (controllo del movimento secondo lo scopo previsto per raggiungere il
risultato programmato);
c) Capacità di adattamento e trasformazione del movimento (cambiamento, trasformazione e
adattamento del programma motorio alla modificazione improvvisa della situazione o condizione
esterna senza che il movimento cambi).

5. Capacità coordinative speciali:


a) Capacità di accoppiamento e combinazione dei movimenti (collegamento di abilità motorie già
acquisite);
b) Capacità di coordinazione oculo-muscolare (oculo-manuale, oculo-podalica);
c) Capacità di differenziazione (adeguamento degli stimoli ad un cambiamento del gesto rispetto alla
situazione esterna);
d) Capacità di equilibrio (statico o dinamico);
e) Capacità di orientamento (spazio-temporale);
f) Capacità di ritmo (organizzazione dei movimenti con intensità e tempi idonei perché l’azione risulti
fluida e armoniosa, tempismo esecutivo);
g) Capacità di reazione (risposta s stimoli con un’azione motoria rapida ed adeguata; semplice:
conosciuta; complessa: sconosciuta);
h) Capacità di trasformazione (modificazione del piano d’azione elaborato dal sistema nervoso).

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