Tutte le regole e i principi dell’impostazione del carico o del sistema degli esercizi hanno lo scopo
prioritario di migliorare la capacità di prestazione, accertabile nei risultati.
PRESTAZIONE può essere definita come l’unità tra esecuzione e risultato di un’azione o di una serie di
azioni motorie sportive, che si esprime in un risultato misurabile, o accertabile, attraverso determinate
procedure di valutazione.
Il complesso dei presupposti (o prerequisiti) per le prestazioni fisiche o sportive, che un individuo possiede,
può definirsi capacità di prestazione fisica o sportiva.
Per realizzare la capacità di prestazione occorre la disponibilità della persona, insieme a qualità di carattere,
di intelligenza e di comportamento. La capacità di prestazione e la disponibilità alla prestazione, con le altre
componenti (capacità, abilità, conoscenze) formano i fattori che determinano la prestazione. Non esiste una
capacità di prestazione universale, in altre parole valida per tutti gli sport; questo è dovuto sia alla ricchezza
delle sollecitazioni dell’ambiente naturale e sociale, sia alla molteplicità ed eterogeneità degli elementi e
delle strutture costitutivi dell’organismo umano.
Il processo biologico portante è l’adattamento degli organi ad un carico regolare di attività motoria che
sfrutta il potenziale dell’organismo in toto.
Le capacità motorie sono di due tipi: a) capacità condizionali, b) capacità coordinative.
LE CAPACITA’ CONDIZIONALI
Le capacità condizionali sono quella classe di capacità fisiche, determinate da fattori energetici. Esse
sono: *la FORZA (veloce, massima, resistente), *la VELOCITA’ o RAPIDITA’ (di reazione, di
accelerazione,massima e resistenza alla velocità), *la RESISTENZA (di breve, di medio, di lungo periodo).
Da un punto di vista puramente funzionale la forza va considerata come la prestazione biologica di base
dell’apparato motorio attivo.
1. LA FORZA
La forza rappresenta l’energia prodotta dai muscoli per vincere oppure opporsi a una resistenza
esterna. Essa dipende non soltanto dalla massa muscolare (un muscolo sarà tanto più forte
quanto maggiore è il diametro delle fibre che lo compongono), ma anche dalla capacità del
sistema nervoso di stimolare molta tensione nel muscolo stesso.
Senza addentrarci troppo in concetti anatomo-fisiologici riguardanti il sistema muscolare, appare
tuttavia opportuno procedere con le due principali classificazioni della forza muscolare:
1. in base all’effetto interno che essa produce;
2. in base all’effetto esterno che essa produce.
1. Per EFFETTO INTERNO della forza intendiamo riferirci al lavoro muscolare prodotto,
vale a dire, al tipo di contrazione messo in atto.
I tipi di contrazione con i quali viene espressa la forza sono:
contrazione concentrica (superante): le inserzioni tendinee estreme del muscolo (i capi
articolari interessati) si avvicinano. Si verifica cioè l’accorciamento del muscolo, così il
carico viene superato oppure sollevato, producendo quello che viene definito “lavoro
positivo” (es. nella Pallavolo: l’azione muscolare degli arti inferiori durante il salto a muro senza
contromovimento, cioè direttamente verso l’alto nel caso del “muro a lettura”);
contrazione eccentrica (cedente): è l’opposto della precedente. Le inserzioni tendinee
estreme del muscolo si allontanano durante la contrazione, il muscolo cerca di opporsi al
carico e gli cede lentamente. Si verifica cioè l’allungamento del muscolo, producendo
quello che viene definito “lavoro negativo”;
contrazione combinata (pliometrica): la più complessa ma anche la più frequente e
determinante nella pallavolo, quindi degna di maggiore attenzione. È il risultato della
combinazione dei due tipi di contrazione appena analizzati, che si realizza quando a una
veloce contrazione eccentrica segue immediatamente una rapidissima contrazione
concentrica (contromovimento). Ciò comporta l’utilizzo di un’ulteriore percentuale di
forza a carico della “componente elastica” dei muscoli, consentendo di sviluppare, come
prodotto finale, una contrazione concentrica e quindi superante ancora più potente di
quella che si potrebbe sviluppare in condizioni normali. Pertanto, i movimenti caratterizzati da un
“prestiramento” (fase eccentrica) saranno sicuramente quelli più efficaci per esprimere un livello di
forza molto elevato nel più breve tempo possibile (es. nella Pallavolo: lo stacco nella schiacciata
per gli arti inferiori oppure il colpo di attacco per gli arti superiori).
contrazione isometrica (statica): pur essendoci notevole tensione muscolare, la distanza
tra i capi tendinei estremi non varia, in quanto il carico non viene vinto, né si cede a esso.
Non avvengono pertanto modificazioni nella lunghezza del muscolo, producendo quello
che viene definito “lavoro nullo” con l’energia che si disperde in calore (es. il
mantenimento della posizione di semipiegamento a carico degli arti inferiori).
Per quanto concerne, invece, i mezzi e i metodi di allenamento della forza muscolare
distinguiamo:
a) metodi a carico naturale;
b) metodi con sovraccarico.
Addentrandoci nelle due metodiche vediamo subito che al loro interno variano decisamente:
a) tipo di contrazione e tensione muscolare chiamata in causa;
b) organizzazione delle serie e delle ripetizioni di ogni esercizio;
c) risposte adattive dell’organismo.
FORZA MASSIMALE:
I contenuti si basano sull’utilizzo di carichi tali per cui la resistenza da superare consenta al
massimo 12 ripetizioni (tra il 70% e il 100% della personale forza massima) e sull’utilizzo di
contrazioni di tipo isometrico, contro resistenze che richiedono sforzi di tipo massimale.
I metodi più noti utilizzano sovraccarichi e tra questi ricordiamo:
. metodo piramidale (aumento progressivo del carico nella stessa seduta, fino ad arrivare al
massimale);
. metodo delle ripetizioni (poche ripetizioni di intensità massimale; 70.75% dalle 10 alle 12
ripetizioni, 80.85% dalle 6 alle 8 ripetizioni, 90.95% dalle 2 alle 4 ripetizioni, 100% 1 ripetizione).
FORZA VELOCE:
I contenuti si basano su esercitazioni e carichi che risultino leggermente inferiori alle normali
espressioni della forza (piccoli sovraccarichi per azioni di salto o attrezzi più leggeri o più pesanti
per i lanci) e con carichi simili alle condizioni di gara di specifiche attività sportive.
I metodi utilizzano carichi che oscillano tra il 20% e il 60% del massimale, con un’alta velocità di
esecuzione, u per un numero non elevato di ripetizioni (dalle 6 alle 10) e tempi di recupero ampi;
da evitare il lavoro in condizioni di stanchezza.
FORZA RESISTENTE:
I contenuti si basano su carichi che oscillano tra il 40% e il 70%, con un numero elevato di
ripetizioni (dalle 20 alle 40-50), ad una velocità di esecuzione moderata.
I metodi utilizzano carichi medio-elevati con espressione prolungata della forza (elevato numero di
esecuzioni di un esercizio specifico) e si basano sulle caratteristiche di durata, intesità, recuperi e
sul tipo di dispendio energetico proprio dell’attività svolta (esecuzioni prolungate di salto nella
pallavolo).
Nei metodi a carico naturale lo stimolo allenante è fornito dal peso del proprio corpo e in base a
questo si impostano i relativi esercizi. L’eventuale uso di attrezzi serve solamente per modificare
la posizione del corpo e non come sovraccarico (ad esempio, per rendere più difficoltosa
l’esecuzione di un esercizio per gli addominali, si può utilizzare una panca tenendola inclinata o
mettendosi in sospensione alla spalliera, oppure, come altri esempi, la corsa in salita e quella
sulla sabbia ecc. ecc.).
In questo tipo di esercitazioni non è sempre facile calcolare l’impiego della forza, come, ad
esempio, nei salti (si può infatti richiedere di saltare al massimo sia in alto che in lungo, ma
chiaramente non si potrà mai richiedere di saltare precisamente all’ 80% del massimo!).
Diversamente, per altri distretti muscolari e relativi esercizi, si potranno calcolare più facilmente
le varie percentuali, ad esempio, per un atleta che riesce ad eseguire 20 ripetizioni consecutive di
piegamenti sulle braccia quello sarà il suo massimale. A ben guardare, però, quest’ultimo
costituisce il massimale di Forza Resistente, mentre sarà sempre molto difficile, se non
impossibile, lavorare con precisione sulla Forza Veloce e sulla Forza Massimale.
Un’altra caratteristica peculiare degli esercizi a carico naturale è la difficoltà di isolare i muscoli
più deboli per poterli sviluppare più efficacemente.
Per comodità di esposizione, considereremo quasi tutti questi esercizi come di Preatletismo
Generale e Specifico, indicatissimi per l’avviamento alle esercitazioni di forza nei giovani e per
il riscaldamento degli atleti evoluti.
Ad ogni buon conto, un capitolo a sé rivestono invece gli esercizi a carico naturale per i distretti
muscolari del tronco, quali i dorsali e gli addominali, che rimangono sicuramente i più adatti
per il rafforzamento di questa muscolatura, tanto in età giovanile quanto in quella adulta;
rientrano ovviamente in questa sede anche tutti i salti e gli esercizi isometrici effettuati
anch’essi a carico naturale.
Le metodiche con i sovraccarichi non devono essere considerate necessariamente successive o
antitetiche rispetto a quelle svolte a carico naturale: ad esempio, la possibilità di utilizzare pesi
molto bassi, inferiori come intensità alle corrispondenti esercitazioni senza sovraccarico, consente
ad individui dotati di scarse capacità di forza di migliorarsi sino a poter utilizzare anche l'altra
metodica di lavoro. Le conoscenze di biomeccanica, unite all'esperienza ed alla fantasia degli
allenatori, hanno consentito di elaborare un elevato numero di esercitazioni, permettendo un
intervento localizzato sulla muscolatura che si vuole potenziare: tale intervento può essere mirato
sulla muscolatura principale o su quella sinergica di ciascun movimento complesso. Un altro
vantaggio del lavoro con sovraccarichi è dato da una più stabile e migliore acquisizione delle varie
capacità muscolari, e in un tempo ridotto, rispetto alle esercitazioni a carico naturale. Ciò dipende
dalla specificità dell'intervento sui gruppi muscolari interessati e dalla maggiore facilità di
combinare esattamente i parametri di quantità ed intensità dei carichi. L'utilizzazione di
sovraccarichi consente, per ciascun esercizio, la determinazione precisa del carico di lavoro rispetto
al massimale e quindi la maggiore facilità di previsione degli effetti del lavoro stesso. Altro
elemento importante è rappresentato dal miglioramento delle capacità di differenziazione, in
conseguenza del raffinato controllo neuro - muscolare necessario per l'esecuzione di esercizi con
percentuali di carico differenti, anche in rapporto alla corrispondente esercitazione a carico
naturale.
Nell'ambito dei mezzi utilizzati, è necessario considerare gli effetti delle esercitazioni con bilancieri
e manubri rispetto a quelli indotti dalle macchine di vario tipo. Queste ultime consentono di
eseguire esercizi con escursione guidata e controllata del movimento, e sono assai valide nella fase
iniziale dell'allenamento e per la riabilitazione di persone infortunate, in special modo le macchine
isocinetiche (dotate di volani, frizioni o meccanismi pneumatici che determinano una velocità
costante nell'esecuzione dell'esercizio). Inoltre, nell'utilizzazione di carichi elevati, il lavoro con le
macchine riduce notevolmente il rischio di traumi ed infortuni.
Volendo invece agire sul miglioramento delle capacità di controllo fine del gesto e sul maggior
coinvolgimento delle capacità volitive, soprattutto degli atleti, è preferibile l'utilizzazione del
bilanciere "libero", utilizzando però esercitazioni tecnicamente ben conosciute e percentuali di
carico adeguate. E’ importante sottolineare, infine, la differenza esistente fra l'allenamento del
sollevatore di pesi e quello di una persona normale, che incrementa la forza per potersi dedicare
con migliori risultati alla propria attività quotidiana: il primo ha come obiettivo la massimizzazione
della prestazione nelle alzate classiche al bilanciere (slancio e strappo); il secondo utilizza i
sovraccarichi come un mezzo per migliorare la propria efficienza fisica e prevenire gli infortuni,
incrementando in particolare la forza generale o forza di base, insieme alla propria potenza
muscolare.
2. LA VELOCITA’:
La velocità è la qualità motoria che permette di effettuare uno o più movimenti nel minor tempo
possibile.
Questa qualità dipende dal rendimento del sistema nervoso che deve essere in grado di inviare rapidamente
gli impulsi alla muscolatura. Sono più veloci coloro che dispongono nel loro patrimonio muscolare più fibre
bianche, quelle che fisiologicamente riescono meglio a contrarsi in forma esplosiva. Altro fattore è costituito
dalla presenza di un buon quantitativo di sostanze energetiche. Va infine considerata la capacità di
coordinazione che porta ad eseguire progressivamente i gesti con una tecnica corretta e sempre più
automatica, quindi adatta ad essere velocizzata.
Possiamo distinguere tre modi di essere veloci:
d) Velocità di reazione: è la velocità con cui si risponde ad uno stimolo. La reattività nei gesti dipende
dalla velocità con cui il segnalatore acustico, quello ottico e tattile, invia il messaggio al cervello e
dalla rapidità con cui quest’ultimo elabora il comando di risposta. La velocità di reazione fa parte del
ns patrimonio ereditario: può essere affinata e leggermente migliorata.
e) Rapidità del singolo movimento: consiste nell’effettuare un unico gesto alla massima velocità. Tale
velocità cresce con l’aumentare delle riserve energetiche presenti nel muscolo e con la capacità di
utilizzarle tutte contemporaneamente.
f) Frequenza del singolo movimento: è anche detta velocità di traslocazione; può essere distinta in
velocità ciclica (100 m nell’atletica, 50 m nel nuoto, 200 m nel ciclismo su pista), il gesto cioè si
ripete uguale dall’inizio alla fine della prova. Se i movimenti sono più di uno, ma differenti tra loro,
la velocità viene qualificata come aciclica (pugile o tuffatore). Questo tipo di velocità è
maggiormente allenabile in quanto si può intervenire sia sul perfezionamento del gesto tecnico che
sul potenziale muscolare.
3. "LA RESISTENZA"
2. criterio topografico rispetto alla percentuale della massa muscolare totale impegnata:
6) resistenza generale se superiore a 1/7 (un settimo) del totale;
7) resistenza locale se inferiore.
4. criterio metabolico:
f) meccanismo anaerobico alattacido, che sviluppa potenze elevatissime ma di entità
globale d’energia assai limitato;
g) meccanismo anaerobico lattacido, che porta appunto alla formazione finale di acido
lattico;
h) meccanismo aerobico, che si svolge in presenza costante di ossigeno.
I tre meccanismi bio-energetici differiscono notevolmente tra loro per capacità e potenza:
i) il meccanismo anaerobico alattacido è connotato dalla capacità minore, ma dalla
potenza più elevata;
j) il meccanismo anaerobico lattacido presenta, rispetto al precedente, capacità superiore
ma potenza pressoché dimezzata;
k) il meccanismo aerobico, infine, evidenzia la capacità maggiore e una potenza
decisamente ridotta.
Sono da tenere ben presenti alcune variabili al fine della migliore comprensione dei mezzi e dei
metodi di allenamento specifici, le quali risultano molto correlate con la capacità di resistenza:
l) il massimo consumo di ossigeno, cioè la più grande quantità di ossigeno che si riesce a
consumare nell'unità di tempo, quale fedele misuratore della massima potenza aerobica;
m) la soglia anaerobica, cioè il passaggio dalla produzione di energia attraverso il processo
aerobico verso la produzione di energia anche per via anaerobica con il meccanismo
lattacido;
n) il quoziente respiratorio, vale a dire il rapporto tra il volume di anidride carbonica
eliminato e il volume di ossigeno consumato.
Gli effetti che la resistenza, a livello molto generale, può produrre sugli apparati respiratorio e
cardio-circolatorio sono:
g) aumento del volume del muscolo cardiaco;
h) aumento della quantità di sangue che il cuore espelle a ogni contrazione;
i) aumento della quantità di globuli rossi e di emoglobina in circolo, con una conseguente
migliore capacità di trasportare ossigeno;
a) aumento dell’afflusso di sangue ricco di ossigeno agli organi impegnati nel lavoro;
b) diminuzione della frequenza cardiaca, sia a riposo sia sotto sforzo, con il grande
vantaggio di raggiungere il limite dello sforzo in un tempo maggiore;
c) diminuzione del tempo di recupero dopo lo sforzo, ovvero la respirazione e l’attività
cardiaca tornano alla normalità molto più velocemente.
LE CAPACITA’ COORDINATIVE